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ACASAMOOD NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
---- LIMITED EDITION ----
Photo: Fabrizio Pato Donati
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ACASAMOOD
NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO ---- LIMITED EDITION ----
72 EDITOR’S LETTER
Aut. Trib. Bergamo n°19 del 22.06.04 Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci
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GRAZIE, TU SFOGLI, CONTINUI AD ALIMENTARTI DELLA GIOIA DI SCOPRIRE, DI CAPIRE, DI AGGIUNGERE, DI VIVERE, E DI EVOLVERE. GRAZIE A TE CONTINUIAMO A “PRODURRE” BELLEZZA SU CARTA.
venerucci@editaperiodici.it Progetto grafico ed impaginazione: Paolo Biava
COME UN’ARTIGIANA, OGNI GIORNO AUSPICO A RIPRODURRE
Editing: Tommaso Revera
SU CARTA E POI A DIVULGARE, IL CONTRIBUTO DI ILLUMINATI COMPAGNI DI VIAGGIO.
Ufficio pubblicità e relazioni esterne: Tel. 035.270989 - 335 6028408
INSIEME ALLA CURA DELL’INIZIATIVA, MOSTRA, INSTALLAZIONE, OGGETTO, IDEA, RESTRINGO IL CAMPO ALL’EMOZIONE
Hanno collaborato Valentina Colleoni - Paolo Bussi Credits: Paolo Stroppa, Christopher Smith, Li Hui, Renate Ariadne Van Der Togt, Tyler Mitchell, Eli Durst, Lynn Davis & Patti Smith, Tino Gerbaldo, Neri&Hu
DELLE IMMAGINI.
ACASAMOOD SI COMPONE DA SOLO ED È UN PUZZLE, UN COLLAGE, UN INSIEME, UN INCOLLO DI VISSUTO IN PRIMA PERSONA E, DUNQUE, UNICO E IRRIPETIBILE.
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta senza autorizzazione dell’editore.
A CASA MOOD È LA MIA ESPRESSIONE: È QUANTO SONO.
Edita Periodici srl 24121 Bergamo Via Bartolomeo Bono, 10 Tel. 035.270989 Fax. 035.238634 25100 Brescia Via G. Renica, 63 Tel. e Fax 030.2808528 www.EDITAPERIODICI.it
IN COPERTINA FRONT: TYLER MITCHELL - UNTITLED REAR: HUGO SCOTT - ELVIS IMPERSONATOR - PHOTOGRAPHY - 24HX20W ARTICOLO COMPLETO A PAG. 08
PATRIZIA VENERUCCI
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NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
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ACASAMOOD
NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
ATELIER CHAIR
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33 29 CONSPIRACY OF WORD AND IMAGE
RED HOOK LABS
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17 BURANO VENEZIA
ORO ORO ORO ORO
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INVISIBLE ROOMS
LA STORIA DI NINA
BALTHUS
VICTOR PAPANEK.1939
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Per averti pagherei un milione anche più anche l'ultima Malboro darei perché tu sei oro oro oro un diamante per un sì oro oro oro per averti così distesa pura ma tu ci stai perché accetti e ci stai? E così tu cadi giù io non ti voglio già più inaccessibile non sei non con gli dei tu sei senza dei Oro oro oro quanto oro ti darei oro oro oro per averti così distesa pura ma tu ci stai perché accetti e ci stai? Perché non ti elevi su di noi e resti lì celeste così io ti vorrei immune dal sesso perché ti daresti anche adesso Per averti pagherei un milione anche più anche l'ultima Malboro darei perché tu sei Oro oro oro un diamante per un sì oro oro oro per averti così distesa pura ma tu ci stai perché accetti e ci stai? oro oro oro quanto oro ti darei oro oro oro per averti così distesa pura ma tu ci stai perché accetti e ci stai?
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Christopher Smith Untitled, 2016 Photography 24hx20w
UN’ESPLORAZIONE DELL’ESTETICA CULTURALE CONTEMPORANEA
RED HOOK LABS Per la prima volta in Italia, tra i principali eventi collaterali del Photo Vogue Festival, Red Hook Labs di Jimmy Moffat, dal 15 al 18 novembre, è stata portata in mostra a BASE, grazie alla collaborazione con @guccibeauty, Labs New Artists II, un’esplorazione dell’estetica culturale contemporanea attraverso le opere di venticinque fotografi internazionali emergenti. Un gruppo di fotografi provenienti da tutto il mondo, non rappresentati da gallerie o agenzie, selezionati da una giuria di professionisti della moda e della fotografia: questo è stato Labs New Artists II. Un’esposizione senza precedenti per artisti emergenti e un’occasione per mostrare – prima a New York, poi a Oslo e successivamente a Milano – le proprie opere al grande pubblico, a professionisti del settore e collezionisti. Un progetto continuativo grazie anche al supporto di ogni giurato che, come un mentore, segue per un anno, il per-
corso artistico di uno dei fotografi selezionati. Per la tappa milanese della mostra, la collaborazione con @guccibeauty ha previsto inoltre il coinvolgimento di uno degli artisti di quest’edizione – Chase Middleton – nella realizzazione di un servizio fotografico che reinterpreta le fragranze “Gucci Bloom” e che è stato pubblicato su vogue.it. La mostra ha contemplato oltre ottanta lavori visionari realizzati sperimentando nuove tecniche estetiche in ambito fotografico per presentare al pubblico un processo provocatorio di creazione dell’immagine. L’esposizione si è inserita perfettamente nella programmazione di BASE, un grande acceleratore di industrie culturali e creative, una vera e propria Learning Machine in continuo divenire, laboratorio di apprendimento, co-progettazione e formazione permanente nei suoi 12.000 mq dedicati alla contaminazione culturale tra arti, imprese, tecnologia e innovazione sociale.
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Li Hui Untitled, 2017 Photography 22h x 14w
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Gli artisti in mostra Antone Dolezal (USA), Eli Durst (USA), Peyton Fulford (USA), Matthew Genitempo (USA), Rudi Geyser(Sudafrica), Li Hui (Cina), Andrew Jacobs (USA), Brendan George Ko (Canada), Kovi Konowiecki (USA), Maria Lokke (USA), Daniel Jack Lyons (USA), Pat Martin (USA), Chase Middleton (Australia), Tyler Mitchell (USA), Diego Moreno (Messico), John Francis Peters (USA), Luis Alberto Rodriguez (Germania),Scandebergs (UK), Marcus Schäfer (UK), Hugo Scott (UK), Christopher Smith (UK), Renate Ariadne Van Der Togt (UK), Drew Vickers (USA), Juyan Wang (UK), Logan White (USA).
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Renate Ariadne Van Der Togt Untitled 07, 2018 Photography 30h x 20w
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Tyler Mitchell Untitled
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la Giuria di labs new artists ii Azu Nwagbogu, direttore di African Artists’ Foundation (A.A.F.) e Lagos Photo Festival; Jennifer Pastore, Photography Director di WSJ Magazine; Fabien Baron, fondatore e CCO di Baron & Baron; Camilla Lowther, fondatrice e direttrice di CLM; Raul Martinez, Corp. Creative Director di Condé Nast; Michael Famighetti, editor di Aperture magazine; Doug Lloyd, founder e CCO di LLoyd and Co; Becky Lewis, VP Senior Agent di Art + Commerce/IMG Worldwide; Ashleigh Kane, Arts & Culture Editor di Dazed; Alessia Glaviano, Senior Photo Editor di Vogue Italia e L’Uomo Vogue; Chiara Bardelli Nonino, Photo Editor di Vogue Italia; Chris McGuigan, fondatore e direttore di Mini Title; Stephen Frailey, Chair of Photography Department della School of Visual Arts, Co-Chair e SVA MPS Fashion Photography Program; Siobhan Bohnacker, Senior Photo Editor di The New Yorker; Genevieve Fussell, Senior Photo Editor di The New Yorker; Jaime Perlman, fondatore e direttore creativo di Jaime Perlman; Studio Ltd Nick Bryning, Senior Agent, CLM US; Julie Anne Quay, fondatrice e CEO di V Files; Sara Hemming, Co-fondatrice e CCO di Nataal; Elizabeth Renstrom, Senior Photo Editor di VICE; Stewart Searle, VP & Founder, Management & Production, Founding Partner, Great Bowery; Leslie Simitch, Executive Vice President di Trunk Archive Kim Sion, Creative Consultant; David Strettell, fondatore e direttore di Dashwood Books; Ferdinando Verderi, Creative Director e Partner di Johannes Leonardo; Jimmy Moffat, fondatore di Red Hook Labs, Cofounder, di Art+Commerce e Co-chair, SVA MPS Fashion Photography Program. Red Hook Labs è una Public-Benefit Corporation con sede nel quartiere Red Hook di Brooklyn e Downtown di Los Angeles che si occupa di formazione artistica nelle scuole pubbliche e nei community center, mettendo in contatto diretto giovani e adolescenti con le
Eli Durst Pile, 2017 Photography 20h x 25w industrie creative per creare opportunità di stage e di lavoro. Labs è composto da: Studios, Gallery e School. Ciascuna realtà di Red Hook Labs si combina perfettamente per creare uno spazio dinamico e diversificato dove i più talentuosi artisti emergenti, accanto ai più affermati, lavorano, creano, espongono, insegnano, imparano e collaborano. Photo Vogue Festival. Dal 15 al 18 novembre 2018 si è tenuta la terza edizione della rassegna che negli ultimi anni si e imposta sulla scena nazionale ed internazionale come importante evento di diffusione della cultura fotografica e occasione di confronto su tematiche estremamente attuali quali, ad esempio, il potere dello sguardo femminile in campo artistico (The Female Gaze , 2016) e la valenza politica delle immagini di moda ( Fashion & Politics , 2017). base è un proGetto di contaminazione culturale tra arti, imprese, tecnoloGia e innovazione sociale. Nato nel 2016 all’interno degli edifici ex industriali dell’ex-Ansaldo, si traduce oggi in 12.000 mq di laboratori, spazi per esposizioni, spettacoli, workshop, conferenze, con una grande sala studio e una residenza d’artista. BASE è una Learning Machine, un grande organismo per l’apprendimento e laboratorio di formazione permanente al servizio della città, dei professionisti delle industrie creative e del quartiere. BASE è una macchina che apprende a sua volta mettendo in dialogo comunità creative diverse per assorbire, condividere e ri-trasformare reciproci contenuti e contaminazioni in ambiti differenti, dalla scrittura all’illustrazione, dalla musica all’arte, al design e altro ancora.
WWW.BASE.MILANO.IT
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ATTEGGIAMENTO RESPONSABILE NEI CONFRONTI DELL’UMANITÀ
VICTOR PAPANEK.1939
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AL VITRA MUSEUM IL PIONIERE DEL DESIGN SOSTENIBILE, VICTOR PAPANEK Sono incluse anche opere di una ventina di autori contemporanei - tra cui Forensic Architecture, Jim Chuchu e Tomás Saraceno, che si fanno carico delle posizioni già espresse da Victor Papanek - nella prima grande retrospettiva dedicato al lavoro e alle convinzioni etiche del designer austriaco, scomparso vent'anni fa. Fino al 20 marzo 2019, al Vitra Design Museum di Weil am Rhein.
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È un evento espositivo senza precedenti Victor Papanek: The Politics of Design, la prima retrospettiva dedicata al designer, autore e attivista di origini austriache, considerato il pioniere di un design dall’approccio più consapevole verso le questioni sociali ed ecologiche. A ospitarla è il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, in Germania, che ha promosso questo appuntamento affidandone la curatela ad Amelie Klein e Alison J. Clarke – quest’ultima lavora per la Victor J. Papanek Foundation – University of Applied Arts Vienna – a vent’anni dalla scomparsa dell’autore, avvenuta negli Stati Uniti d’America. Proprio in questo Paese, Papanek aveva cercato riparo nel 1939 in seguito all’avvio della persecuzione nazista in Austria.
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Dopo essersi inizialmente dedicato alla carriera “canonica” come designer industriale, a partire dagli anni Sessanta, ha maturato un atteggiamento di una critica verso il consumismo, sostenendo e argomentando le sue convinzioni in opere come Design for the Real World, del 1971, ancora oggi un punto di riferimento per il settore. Snodandosi tra quattro sezioni tematiche, la mostra analizza in profondità la vita e il lavoro di Papanek; un risultato reso possibile anche grazie alla possibilità, mai concessa prima, di attingere ai materiali di proprietà della Fondazione Papanek. Proprio per questo, il percorso espositivo include una significativa selezione di documenti che non sono mai stati esposti prima, tra cui taccuini, lettere, mobili, pezzi della collezione etnologica di Papanek; esposte anche oltre 1000 diapositive che il designer ha utilizzato per le sue lezioni.
VITRA DESIGN MUSEUM, WEIL AM RHEIN ‒ FINO AL 10 MARZO 2019. LA PIÙ GRANDE RETROSPETTIVA MAI ORGANIZZATA SUL LAVORO DEL DESIGNER NATURALIZZATO AMERICANO PONE LE BASI PER UN’ANALISI SISTEMATICA DELLA SUA ETEROGENEA PRODUZIONE. SOLLECITANDO QUESTIONI ETICHE E SOCIALI CHE, PUR A DISTANZA DI CINQUANT’ANNI, NON SONO MAI STATE COSÌ PRESSANTI
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MULTIPROPRIETÀ CASA A TORRE A BURANO, LAGUNA DI VENEZIA
CASETTA IN CAMPIELLO CAPEOE – BURANO VENEZIA Ci sono pochissimi posti al mondo che si possono definire contemporaneamente speciali e incantati… Tra queste rarità vi è senza dubbio l’isola di Burano nella laguna di Venezia, in tutto qualche centinaio di casette coloratissime che si affacciano su canali, campielli, vicoletti e prati verdi che danno sulla laguna. Ogni nuova mattinata Burano viene abbracciata da tantissimi turisti da tutto il mondo. E alla sera, quando l’isola si svuota, gli abitanti e i bambini si incontrano nelle piazzette e negli slarghi, le donne conversano sull’uscio delle case ricamando i famosissimi merletti, e i ristoranti e le trattorie fanno sentire il profumo delle loro pietanze a base di pesce. Essendovi soltanto case di piccole dimen-
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sioni a Burano non è possibile aprire alberghi, per cui sono pochissimi i fortunati che hanno provato il piacere di passare una notte qui. Tra i privilegiati vi è Philippe Starck, il più famoso designer vivente, che ha comprato e ristrutturato abitazioni di ex-pescatori, intuendo abilmente quanto esclusivo sia questo posto, e quanto ancor più lo diventerà nei prossimi anni, destinato a incrementare ulteriormente il suo già alto livello di eccellenza turistica. In questo contesto si colloca l’iniziativa di recupero e valorizzazione di una delle casette di ex pescatori di Burano, eseguita dalla società Maisondecharme srl, operante nel settore del fractional turistico di qualità. La casetta a torre in Campiello Capeoe si
trova nel centro dell’isola di Burano a un minuto a piedi dall’approdo del vaporetto e a pochi metri da un suggestivo canale. Si tratta di un piccolo edificio a torre, ex abitazione di pescatori, completamente ristrutturato con doppio affaccio sia sul campiello, sia sulla calle retrostante.L’abitazione unifamiliare è composta da un piano terra con angolo cottura e servizio igienico, un piano primo con letto matrimoniale, un piano sottotetto e un ulteriore piano terrazza posto sul tetto, da cui si gode una straordinaria vista a 360° sui tetti di Burano, sul canale, sulla laguna, su Torcello, verso i campanili di Venezia in lontananza e, nelle giornate di vento, persino le montagne venete.
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COORDINAMENTO E ALLESTIMENTO A CURA DI RAPHAEL BOUVIER E MICHIKO KONO
BALTHUS FONDATION BEYELER, BASILEA FINO AL 1° GENNAIO 2019 A CURA DELL’ ARCH.PAOLO BUSSI
Il "re dei gatti", come si autoproclamò nel 1935 in un raro autoritratto, Balthasar Klossowski de Rola, meglio conosciuto come Balthus, è senza dubbio l'artista dei contrasti e dei paradossi. La sua è un'arte dall'ineguagliabile eleganza, personalissima, delicata e nervosa allo stesso tempo, che si manifesta in dipinti a volte rasserenanti a volte taglienti, amalgamando reale e fantastico, inquietante e giocoso, erotico e casto. La mostra "Balthus", presentata dalla Fondation Beyeler di Basilea, raggruppa le opere più importanti del grande artista, con capolavori che arrivano dal Metropolitan Museum of Art e dal Museum of Modern Art di New York, dal Centre Pompidou di Parigi, dall'Hirshhorn Museum di Washington e dalla Tate di Londra. L'evento vuole replicare il grande successo della retrospettiva di Roma del 2015, esattamente 15 anni dopo la morte dell'artista, per poi arricchire il Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid da febbraio 2019. Estasiato dalla imparagonabile luce di Pero della Francesca, sollecitato da Masaccio e Tiziano, arricchito da Courbet, Matisse e Cézanne, incuriosito dalla Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) e dal Surrealismo, Balthus visse il 900 lasciando la propria persona nell'ombra, celata nei castelli e nelle ville che possedeva tra Roma, Parigi, Berna e Ginevra, circondato solo dal silenzio, lontano da interviste e dai fotografi.
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Balthus, Thérèse, 1938
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Le Cerisier, 1940
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Balthus, La Rue, 1933
Balthus, La Partie de cartes, 1948 - 1950
Balthus, Le Chat au miroir III, 1989-1994
Balthus, Passage du Commerce-Saint-André, 1952–1954
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Amava la solitudine e la pace, era schivo e solitario come i suoi amati gatti: in un anno poteva iniziare quattro o cinque dipinti, per poi finirli nei tre o quattro anni successivi, anche se alcuni committenti non videro mai la propria opera terminate. Balthus nacque a Parigi in un giorno molto particolare, il 29 febbraio del 1908 (anche se alcuni sostengono nel 1912 o nel 1904), anno bisestile, e continuò a considerare il suo compleanno ogni quattro anni: giustamente, considerando che dipinse le ultime opere con lo smalto di un ventenne. Le prime tracce di un immenso talento artistico vennero scovate nientemeno che da Rainer Maria Rilke, (definito da alcune Balthus, 1948 Foto Irving Penn malelingue il vero padre dell'artista) che nel 1920 tentava di consolare il giovanissimo Balthasar Klossowski, già soprannominato da tutti gli amici di famiglia "Balthus", sopraffatto dalla tristezza per la fuga della sua amata gatta Mitsou. Per affievolire il dolore della perdita, Balthus aveva infatti disegnato e consegnato agli amici di famiglia alcune piccole tavole, nelle quali raccontava la storia della sua gatta, dal ritrovamento di qualche anno prima fino alla dolorosa scomparsa. Il padre Erich era una stimato storico dell’arte di origine polacca e gli incontri con gli intellettuali dell'epoca erano frequenti nella villa di famiglia, dove si respirava arte, intelletto e cultura in ogni dove, tanto che anche il fratello Pierre divenne pittore e scrittore. Le testimonianze dei pochi amici che Balthus frequentò in età adulta, tra cui Giacometti, Fellini e Guttuso, raccontano un uomo semplice, umile e divertente, che non amava la fama e la vita mondana, odiava le biografie e chiedeva solo di essere giudicato per la propria arte e le proprie opere. Balthus era sempre insoddisfatto di ogni sua opera, tanto che intervenne anche negli anni successivi per modificarne alcune: tra le più conclamate esposte alla Fondation Beyeler è presente La Rue (1933). In questa tela, figlia de la Bathers at Asnières di Georges Seurat e del bilancia-
mento maniacale di Piero della Francesca, i personaggi sembrano bloccati in un palcoscenico teatrale dalla combinazione indefinita, drastica e cruenta con atteggiamenti enigmatici, in particolare nella coppia a sinistra, dove si sfiora un precoce gioco erotico non molto consensuale.La tensione seduttiva creata dal passaggio tra l'adolescenza infantile e l'età adulta è uno degli aspetti ricorrenti della poetica di Balthus, come si nota nella splendida Thérése del 1938: mistero, noia, ambiguità, sfrontatezza compaiono nel superbo volto della giovane ragazza, magnetica e inquietante nella sua altezzosa bellezza. Nel novembre del 2017 un altro dipinto con lo stesso soggetto, Thérèse revant sempre del 1938, suscitò una protesta pubblica al Metropolitan Museum of Art di New York, dove attraverso una petizione online si richiedeva che l'opera venisse nascosta o rimossa a causa delle forti connotazioni erotiche. Nonostante le polemiche, i responsabili del museo decisero fortunatamente di non toccare l'opera. In altre tele con protagoniste fanciulle giovani e spensieratamente sensuali, Balthus compare con il preferito e tanto amato alter ego, ovvero il solito gatto, proprio per segnalare una presenza estranea,felina e demoniaca, che rompe volontariamente la composizione armoniosa per farci tornare alla mente la vera essenza del soggetto, quasi a sottolinearne l'immunità e l'innocenza. Nelle cinquanta opere trovano spazio anche l'incredibile espressione del ragazzo pronto a sferrare il colpo risolutore ne La Partie de cartes del 1948-50, dove ritroviamo una carrellata di splendidi ocra derivati ancora da Piero della Francesca, in una atmosfera quasi caravaggesca. Non manca anche il quadro acquistato da Picasso nel 1941, Les Enfants Blanchard, dove la inconsueta posizione della fanciulla che disegna rimanda ad una combinazione volutamente non convenzionale, straniante nella sua inadeguatezza, con variazioni di chiari e scuri decisi e misteriosi. Mai un artista è arrivato ad un grado di complessa ambiguità come Balthus. Le sue opere ancora oggi fanno discutere, creano dibattiti e polemiche infinite fino a provocare censure e chiusure di mostre. Non credo che ci siano artisti così spiccatamente atemporali, indefinibili in nessun contesto o corrente artistica, perennemente attuali, inesorabilmente moderni ma estremamente classici, con la capacità di duettare con opere che appartengono a secoli differenti e con la certezza di essere, già ora, fonte di ispirazione per i secoli a venire.
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KATHMANDU, NEPAL. 1992/2018 HERMAN HESSE, JOURNEY TO THE EAST
LYNN DAVIS & PATTI SMITH.
CONSPIRACY OF WORD AND IMAGE patti smitH Patricia Lee Smith nasce a Chicago nel 1946. Considerata una leggenda vivente, Patti Smith ha letteralmente rivoluzionato il mondo del rock nei primi anni ’70 diventandone un’indiscussa protagonista, interprete carismatica di quel momento particolare ripreso in fotografia da un altro talento Americano, nonché suo amico, il fotografo Robert Mapplethorpe. Nel 1979, dopo quattro album significativi e un singolo - Because the Night, celebre pezzo scritto da Bruce Springsteen - entrato nelle top list di tutti i tempi, scompare per dieci anni dalle scene. La poetessa, musa per artisti come Bono e Michael Stripe solo per citarne alcuni, vera eroina del rock, si ritira nel Michigan per un’avventura diversa e intima come moglie del cantante Fred "Sonic" Smith degli MC5, e madre di due figli. Quando ritorna in pubblico, precocemente vedova, è un'artista matura, eclettica, cantante, poetessa, fotografa, idolatrata ovunque, senza confini, si dedica alla scrittura (come affermerà lei stessa in più interviste, la sua vera passione, un lavoro vero e proprio coltivato diligentemente negli anni trascorsi lontana dal palco). E anche in questa veste conferma la sua capacità di vicinanza e racconto, con una serie di fortunate pubblicazioni che percorrono 40 anni di storia della musica e arte americana: da “Seventh Heaven” del 1972 a “Just Kids” del 2010 fino ai recenti “M Train” del 2015 e “Devotion” del 2017. Per la rivista Rolling Stone, la cantante è la 47ima artista migliore di sempre nella storia della musica mondiale.
PHOTO_COURTESY LYNN DAVIS & PATTI SMITH
La loro amicizia risale agli anni ’70, quando Lynn Davis, durante il suo primo soggiorno newyorkese, fotografò per la rivista Esquire Patti Smith. Successivamente la loro conoscenza fu incoraggiata dalla comune vicinanza a Robert Mapplethorpe, fino a diventare più vicine con l’insorgere della malattia che colpì l’artista. In varie occasioni in questi 30 anni hanno spesso divagato sull’idea di poter fare qualcosa insieme, magari un libro. L’anno scorso, in occasione di una mostra di Lynn Davis sugli iceberg nella galleria di Philip Johnson’s Glass House in Connecticut, partecipò anche Patti Smith e si ritrovarono. É stato naturale riprendere l’idea di una collaborazione che potesse mettere insieme le immagini della fotografa e le parole della musicista. Entrambe si sono lanciate nel progetto con molto entusiasmo. Fino ad oggi la Davis ha realizzato cinque grandi fotografie e Patti Smith le ha completate con delle sue composizioni.
lYnn davis Fotografa americana, coetanea di Patti Smith, ha attraversato come lei gli anni ’70 dedicandosi ad una visione artistica che medita sul potere estetico e simbolico del mondo naturale e artificiale.Attraverso questo approccio, le fotografie di Davis smaterializzano il mondo nelle sue forme più elementari: acqua, terra, pietra, luce e aria. L'acqua e il ghiaccio sono diventati poi gli elementi centrali dell'esplorazione della Davis. Il suo interesse per gli iceberg- risale agli anni'80, quando fece il suo primo viaggio a Ilulissat, una piccola città che si affacciava su un ghiacciaio in Groenlandia, e continuò per oltre due decenni e sei spedizioni. Attraverso la sua visione la complessità, la vitalità e la purezza di ciò che sembrano essere materiali semplici diventano portali di riflessione. Il rapido scioglimento degli iceberg dell'Artico, e la loro trasformazione, aggiunge ulteriore significato ai cicli che il suo lavoro esplora. L'artista ha conseguito il Bachelor of Fine Arts al San Francisco Art Institute nel 1970, prima di frequentare la Berenice Abbott di New York. Lì, nel 1979, ha ricevuto la sua prima grande mostra presso l'International Center of Photography insieme al suo amico Robert Mapplethorpe. Le fotografie di Davis sono state esposte nei principali musei e gallerie negli Stati Uniti e nel mondo; le sue fotografie fanno parte delle collezioni del Museum of Modern Art di New York, del County Museum of Art di Los Angeles del Museum of Contemporary Art di Chicago, del Museum of fine Arts di Houston e del J. Paul Getty Museum. Nel 2005, è diventata la prima fotografa a ricevere un Academy Award dall'American Academy of Arts and Letters. L'artista vive e lavora a Hudson, New York.
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MOSTRA PERSONALE DI VALERIO BERRUTI A CURA DI ARTURO GALANSINO
LA STORIA DI NINA PHOTO_TINO GERBALDO
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La meravigliosa chiesa medievale di San Domenico di Alba nel corso della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba torna ad essere un luogo dedicato all’arte contemporanea. È Valerio Berruti - che già nel 2011 ha esposto nella chiesa albese l’installazione site specific “La rivoluzione terrestre” - a presentare, nel periodo in cui la città di Alba diventa meta di un turismo internazionale, il suo ultimo progetto artistico. Berruti è un artista noto per le sue immagini essenziali ispirate al mondo sospeso dell'infanzia, il momento della vita in cui tutto deve ancora avvenire. L’artista utilizza diverse tecniche dall’affresco alla scultura passando per la videoanimazione formata da disegni uniti in sequenza. La personale “La storia di Nina”, a cura di Arturo Galansino, racconta la creazione del nuovo lavoro cinematografico di Berruti “La giostra di Nina”, un’opera che lega nuovamente il suo tratto lieve all’animazione mettendo in sequenza circa 3000 disegni così da farli diventare fotogrammi di un video. A differenza delle precedenti animazioni, presentate in loop, il nuovo cortometraggio animato ha una sceneggiatura articolata, tratta da un racconto di Filippo Bessone. I protagonisti del cortometraggio animato sono Nina, una piccola giostraia costretta a lavorare dall’arcigno nonno, e Geppo, un ragazzone dall’animo infantile che crea scompiglio tra i clienti della giostra di paese. Il provincialismo, la rassegnazione e la paura del diverso si trasformano in desiderio di rivalsa in questo piccolo concentrato di poesia. “È la prima volta che Sky Arte si lancia nella produzione di un film d’animazione. - ha dichiarato il direttore di Sky Arte Roberto Pisoni. Quello che ci ha persuasi fin dal primo incontro con Valerio Berruti è la sintonia sul progetto artistico complessivo: partire da una piccola storia, radicata nel territorio, e farla germogliare in direzioni inaspettate. “La giostra di Nina” è insieme un film d’artista e una favola dolce e selvaggia, un'animazione che rinuncia ai soft-
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ware digitali e un apologo sul mondo contemporaneo, una scultura pubblica e una serie di performance potenzialmente infinite”. La musica, unico elemento sonoro in questo cortometraggio senza parole, è un elemento fondamentale. Spetta a Ludovico Einaudi - straordinario compositore amato da Berruti e coinvolto dall’artista fin dalla stesura del progetto - legare movimento e armonia e sottolineare i momenti salienti dell’animazione. “Quando Valerio mi ha fatto vedere il bozzetto del progetto sono rimasto subito incantato dalla sua forza poetica e ho subito cominciato a fantasticare - ha affermato Ludovico Einaudi. La giostra è un’immagine simbolicamente molto forte ed anche una grandiosa forma di ispirazione creativa. Mi sono immaginato di dargli un’anima musicale con un tema circolare come se fosse una spirale infinita”. In occasione del finissage, avvenuto sabato 24 novembre, la Chiesa di San Domenico ha ospitato un dialogo tra Ludovico Einaudi e Valerio Berruti, uno speciale appuntamento in cui musica e arte si sono fuse. Durante l’incontro Ludovico Einaudi ha suonato dal vivo il tema scritto appositamente per “La giostra di Nina”. Per disegnare i fotogrammi che compongono l’animazione Berruti ha realizzato un’opera d’arte, ispirata alle tipiche giostre a carosello, del diametro di 7 metri plasmando personalmente ogni componente, scolpendo e affrescandone ogni dettaglio. “La giostra di Nina è essenzialmente una storia che parla di libertà: ho pensato di rappresentare degli uccellini al posto dei soliti cavalli perché, in qualche modo, ognuno dei protagonisti riuscirà a spiccare il volo” - ha dichiarato Valerio Berruti e ha proseguito: “Per la prima volta i più piccoli non sono il mio soggetto privilegiato, ma lo è uno dei principali simboli dell’infanzia. Questa mostra permette a tutti i bambini di diventare parte integrante della mia opera salendo sugli uccellini e completando così, con un atto performativo, la mia installazione”.
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Nella mostra albese è presente la grande installazione “La giostra di Nina”, alcuni fotogrammi che compongono il cortometraggio, un video d’arte estrapolato dal corto animato e un estratto del documentario ideato da Francesca Priori per Sky Arte che racconta l’intero progetto. Sky Arte, infatti, ha seguito questo progetto fin dall’inizio realizzando anche un intenso documentario in cui la narrazione è affidata alla voce dello stesso Berruti che ha ripercorso la complessa genesi del film a partire dalla creazione di “La Giostra di Nina”, l’opera monumentale che ha dato il via a questo progetto artistico originale, complesso e di lunga gestazione. Protagonisti del documentario anche il musicista Lu-
dovico Einaudi, autore della colonna sonora del cortometraggio, e lo storico dell’arte e curatore Arturo Galansino. «Il lavoro di Valerio è in grado di parlare al mondo intero tenendo i piedi piantati nelle Langhe ha commentato il curatore, nonché Direttore Generale dal 2015 della Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze, Arturo Galansino. Con La Storia di Nina le poderose navate gotiche di San Domenico sono state pervase dalla leggerezza di una favola e dalla gioia del pubblico invitato a farne parte. Sono felice di aver contribuito a questo poetico progetto culturale che è andato ad arricchire un evento internazionale così importante. Per l’occasione è stato pubblicato un libro pubblicato da Gallucci Editore dal titolo La
storia di Nina contenente un testo critico di Arturo Galansino, uno scritto di Roberto Pisoni, un testo di Francesca Priori e il manoscritto della partitura di Ludovico Einaudi. La mostra è stata promossa e realizzata da Città di Alba, Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero con il sostegno di Regione Piemonte, Lavazza e Film Commission. L’allestimento è stato realizzato con la preziosa collaborazione di Capellino design & partners. Il video presente in mostra è stato ideato e curato da Francesca Priori e realizzato da Studio Roundabout per Sky Arte con la collaborazione di Paolo Gai per i video e Tino Gerbaldo per le fotografie.
WWW.VALERIOBERRUTI.COM/LA-STORIA-NINA
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NEL QUADRILATERO DELLA MODA IL NUOVO TEMPORARY HOTEL DI MILANO FIRMATO DA NERI&HU
INVISIBLE ROOMS PHOTO_COURTESY NERI&HU DESIGN AND RESARCH OFFICE
Torna a Palazzo Morando Elle Decor Grand Hotel, un progetto dove l'Est incontra l'Ovest, disegnato dallo studio internazionale con base a Shanghai, ispirato dalle Città Invisibili di Calvino.
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“Abbiamo scelto di andare al di là della definizione tradizionale, e statica, di hotel inteso come una serie di elementi funzionali – hall, lounge, ristoranti, camere – e suggerire, attraverso la narrazione, nuove possibilità”, hanno affermato gli architetti Lyndon Neri e Rossana Hu, co-fondatori dello studio Neri&Hu Design and Research Office, con sedi a Shanghai e a Londra, nel presentare il progetto Invisible Rooms per il nostro Elle Decor Grand Hotel. Si sono ispirati al romanzo Le Città Invisibili di Italo Calvino, pubblicato per la prima volta nel 1972, testo diventato un cult per architetti e progettisti. “Un classico che abbiamo letto al college e ci ha colpito moltissimo”, hanno sottolineato.“Proprio come Marco Polo presentava a Kublai Khan le città esplorate divise per categorie, Invisible Rooms suddivide l’hotel in nove stanze, legate al concetto di ospitalità, mettendo in discussione la nostra attuale concezione di hotellerie”, ci hanno spiegato. Cosmopoliti e multiculturali, filippino di nascita Lyndon e taiwanese Rossana, si sono formati negli Stati Uniti, nelle università di Harvard, Princeton e Berkeley per poi fondare a Shanghai nel 2004 il loro studio, impegnato in importanti progetti in Cina e nel resto del mondo. Una firma dell’architettura e del design perfetta per dare forma alla terza edizione di Elle Decor Grand Hotel.
WWW.ELLEDECOR.COM
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TAF_Studio_portrait
WWW.ARTEK.FI
La direzione del museo nella prospettiva di favorire le creazioni di giovani designer svedesi si è rivolta a studi emergenti per il rinnovo delle aree comuni. Da questa collaborazione fra progettisti e aziende è nata la relazione tra TAF Studio ed #artek.
Artek è lieta di presentarvi la #sedia disegnata da TAF Studio per il ristorante e l’auditorium del #nationalmuseumdistoccolma. Atelier Chair fa parte infatti del grande progetto di ristrutturazione del museo, iniziato dopo la chiusura di quest’ultimo nel 2013, che si è concluso con la riapertura lo scorso 13 ottobre.
ATELIER CHAIR
SEDIA PROGETTATA PER IL RINNOVATO NATIONALMUSEUM DI STOCCOLMA
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LEILA BALI GIOIELLI
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