IN COPERTINA Piazzalunga apre a Milano e festeggia con la X edizione di ‘Together for life’
° Nuova Audi Q3 da Bonaldi
° 80a Assemblea Confartigianato
° Cena in Rosa per Fondazione Veronesi
° Fabrizio Rosati, la sanità che rincuora
° Giulio Marchesi, Ordine Avvocati
° Carlo Foglieni: il congresso di AIGA
° In
° L’Audi in Formula 1: debutto per il 2026
° Alla città il Cardinale in piedi di Manzù
° Progetto Restauri di Fondazione Creberg
° Joy Island il Natale perfetto per la famiglia
° Red Party 2025 di Fondazione ARMR
cima al Pirellone con Associazione SOS
EDITA PERIODICI srl
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BERGAMO MAGAZINE
Santa Lucia e buona vista ai giudici
La sua storia è controversa e si intreccia con tante leggende che la vedono protagonista all’inizio del Cristianesimo.
Siamo nel 283 d.C. e i seguaci di Gesù, ormai diffusi in tutta Italia come nel resto del continente, sono costretti a vivere nascosti e perseguitati, catturati, torturati e infine trucidati, magari per dare qualche orribile spettacolo al popolo.
Lucia nasce in una famiglia benestante di Messina e per lei, fin da bambina, era previsto un matrimonio con un pretendente (innamorato dei suoi bellissimi occhi...) che però lei si rifiutò di sposare.
Edizione cartacea distribuita nelle edicole e per abbonamento postale. Versioni digitali sfogliabili su:
Aut. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992 www.qui.bg.it
Marketing e pubblicità Valentina Visciglio valentina.visciglio@qui.bg.it
Fotografie di:
Federico Buscarino
Sergio Nessi
Matteo Marioli
Paolo Stroppa
Daniele Trapletti
Hanno collaborato: Anna Donatini
Maurizio Maggioni
Daniela Sangalli
Giorgio Paglia
Haim Reitan
Luca Ruggeri
Stampa: Euroteam Nuvolera (Bs)
Informazioni 035.270989
Stampato con inchiostri a base vegetale.
Per chiedere la guarigione della madre gravemente malata, si recò a Catania in preghiera sulla tomba di Sant’Agata, martirizzata una trentina di anni prima sotto le persecuzioni volute dall’imperatore Decio.
La Santa appare a Lucia nel sonno e le predice il futuro chiedendole di dedicarsi alla diffusione del Vangelo di Cristo.
La madre miracolosamente guarisce e Lucia segue la via indicata da Sant’Agata. Si spoglia dei suo beni per portare conforto ai perseguitati nascosti nelle catacombe presso i quali, secondo la leggenda, si recherebbe con una candela sulla testa potendo così utilizzare le mani per portare cibo e acqua ai cristiani ricercati.
Il pretendente, rifiutato e deluso, per vendetta la denuncia alle autorità romane che la arrestano e la mettono a morte per decapitazione, dopo il suo rifiuto di convertirsi agli dei di Roma da dove Diocleziano aveva iniziato la più feroce persecuzione verso i cristiani.
Qui la storia si tinge dei colori della fantasia e racconta che Lucia si strappò gli occhi per regalarli allo spasimante deluso, qualcuno invece racconta che le verranno strappati per tortura, comunque pare che un angelo le restituirà occhi più belli di prima.
Già il suo nome deriva da luce e quindi, anche per questo motivo, non è stato difficile eleggerla a protettrice della vista.
Ma la nostra Santa è anche, insieme a S.Alessandro, protettrice di Bergamo e, infaticabile com’era nel dare soccorso ai derelitti, è stata infine scelta per portare i regali ai bambini di alcune zone d’Italia e d’Europa, nella notte magica del 13 dicembre. Quanta nostalgia di tornare bambino per rivivere l’emozione di quella notte, durante la quale, nel prendere sonno, ero certo di sentire il campanello dell’asino di S. Lucia che si rifocillava con il fieno e l’acqua che gli avevo lasciato sulla finestra. Adesso non lo sento più… alla Santa protettrice della vista non scrivo più letterine con i miei desideri ma spero tanto che, con i suoi poteri, possa aguzzare la vista a chi deve far rispettare la legge.
Donne e uomini di cui oggi si parla tanto anche se sarebbe meglio non conoscere mai se non in vacanza. Non che mi siano antipatici i magistrati ma, se hai a che fare con loro vuol dire che hai qualche gatta da pelare. Sarebbe inoltre meglio che non avessero la visibilità che, spesso anche loro malgrado, gli viene riservata sui media. Spettacolarizzare la Giustizia e metterla in discussione, sia da una parte politica, sia da quella avversa, a seconda di chi sia indagato, rende sempre meno fiduciosa la gente comune in chi ha il potere di toglierci la libertà e deve essere sempre, invariabilmente sopra le parti. Se davvero fosse rispettata questa basilare regola, non ci sarebbe bisogno di questa riforma nè del referendum che in fondo si basa proprio sulla sfiducia che si avverte verso l’indipendenza di chi giudica.
Vito Emilio Filì
in questo numero
S TORY
Piazzalunga apre a Milano e festeggia i dieci anni di Together For Life
pag 4
SOLIDARIETÀ
Serata in Rosa per la delega zione di Ber gamo dell’As sociazione Veronesi pag
EVENTI
80a Assemblea Pubblica di Confertigianato Imprese Bergamo
pag 9
CONGRESSO
Carlo Foglieni, al 10° Congresso nazionale dell’Associazione
Italiana Giovani Avvocati pag 26
S
Interni presenta Villa Dellago
GIUSTIZIA
Giulio Marchesi, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo
pag 18
pag 42
RICERCA
Vittoria Guadalupi e Beppe Mazzoleni per il Red Party ARMR 2025
SFIZI
Pasticceria San Francesco: dal 1966 la qualità artigianale
RESTAURI
Fondazione
Creberg prosegue il progetto Grandi Restauri
pag 60
MOSTRA/3
I dipindi fantastici del grande cantautore Paolo Conte
pag 72
pag 29
SPORT
Audi in Formula 1 dalla prossima stagione
AUTO
La nuova Audi Q3 presentata da Bonaldi Gruppo Eurocar
pag 12
ALUTE
Fabrizio Rosati, cardiochirurgo agli Spedali Civili: la Sanità che rincuora
pag 48
SAPERE
Accademia
Carrara premiata come miglior edificio italiano
pag 54
MOSTRA/1
Una cena in cima al Pirellone per l’Associazione SOS presieduta da Umberto Tibaldi pag 38
nella stagione invernale
Jack Vetrianno alla Permanente di Milano
pag 64
G IOIELLI
Presi per il collo al Brafa di Bruxeless
pag 74
DONAZIONE
La statua del Cardinale In Piedi di Giacomo Manzù
pag 58
MOSTRA/2
Matt Mullican: That Person’s Heaven
pag 66
SOGNO
Joy Island il Natale perfetto per tutta la famiglia
pag 78
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PIAZZALUNGA MILANO
INAUGURA LA NUOVA SEDE DI MILANO E CELEBRA 10 ANNI DI “TOGETHER FOR LIFE”
Ph. Devid Rotasperti
Ph. Gianluca Micheletti per Peo Comunicazione
VENERDÌ 24 OTTOBRE HA SEGNATO UNA GIORNATA
SPECIALE PER PIAZZALUNGA, UN’AZIENDA CHE DA OLTRE QUARANT’ANNI TRASFORMA LA PASSIONE PER LA LOGISTICA INTERNA IN COMPETENZA, AFFIDABILITÀ E VICINANZA ALLE IMPRESE.
La nuova sede di Milano apre le sue porte: nata dall’acquisizione di Tranai Srl, storico concessionario e centro assistenza attivo in città dal 1977, la filiale milanese porta logistica, automazione e assistenza ancora più vicine al cuore produttivo della Lombardia. È un passo strategico che rafforza la presenza di Piazzalunga sul territorio, amplia l’offerta di servizi e consolida la rete di soluzioni integrate per le imprese, senza mai perdere di vista la qualità e la continuità dei rapporti con i clienti. Quaranta anni fa tutto iniziava con Luigi Piazzalunga, con una piccola officina e una passione enorme per la meccanica e il servizio. La crescita dell’azienda ha sempre seguito un percorso naturale, dove l’esperienza e la cura per le persone hanno accompagnato l’evoluzione dei mercati e delle tecnologie. L’ingresso di Luana Piazzalunga e del marito Giuseppe Castagneto ha portato energia nuova e una visione manageriale che ha permesso all’azienda di strutturarsi pur restando fedele alla sua natura familiare. Oggi, con la terza generazione rappresentata dal figlio Mattia Castagneto, Piazzalunga è un gruppo solido, con sedi a Sorisole (Bergamo) e Buccinasco (Milano), 85 dipendenti e un fatturato di 20 milioni di euro. Una realtà che combina la concretezza e la solidità di una famiglia con la professionalità e l’organizzazione di un’azienda manageriale.
La nuova sede milanese non è solo uno spazio fisico: è la rappresentazione concreta di un’evoluzione organizzativa e tecnologica. Dall’assistenza tecnica alla consulenza logistica, dai carrelli elevatori nuovi e usati alle soluzioni automatizzate per la movimentazione e lo stoccaggio, Piazzalunga Milano porta competenza e vicinanza direttamente ai clienti, garantendo rapidità, efficienza e continuità. “Milano è un centro nevralgico per il sistema produttivo lombardo e nazionale – ha raccontato Luana Piazzalunga – essere presenti in modo diretto significa rafforzare la nostra capacità di supportare le imprese nella trasformazione dei loro processi interni. Questa operazione si inserisce in un percorso più ampio di evoluzione manageriale: nei prossimi tre anni prevediamo una crescita del 10%, con l’inserimento di nuove risorse, senza mai perdere il filo che lega l’azienda alle persone e al territorio”.
La storia di Piazzalunga non si misura solo con i numeri o con le sedi, ma anche con il cuore che mette nelle persone e nella comunità. La serata del 24 Ottobre scorso ha acceso questo lato dell’azienda: la decima edizione della Charity Dinner Together for Life ha celebrato proprio dieci anni di impegno concreto a favore di FFC Ricerca. Nata nel 2016 su iniziativa di Luana Piazzalunga, referente della Delegazione FFC Ricerca di Villa d’Almè, l’iniziativa ha saputo coinvolgere con forza ed energia il tessuto imprenditoriale bergamasco. In dieci anni, imprenditori e cittadini hanno raccolto quasi 900.000 euro, offrendo “respiro” alla ricerca scientifica e dimostrando quanto la comunità possa fare la differenza quando si muove unita. “Gli imprenditori bergamaschi danno respiro alla ricerca”: questo motto sintetizza lo spirito di Together for Life. Non è solo un evento, ma un gesto concreto, un modo per unire business e solidarietà, competenza e cuore, innovazione e generosità. Ogni edizione è stata una storia a sé, fatta di incontri, emozioni e impegno, che ha trasformato la passione per la ricerca in risultati tangibili.
PIAZZALUNGA MILANO
Venerdì 24 ottobre, quindi, Piazzalunga ha raccontato due storie che si intrecciano: quella di un’azienda familiare che cresce e si evolve senza perdere la propria identità, e quella di un impegno civile e sociale che coinvolge imprenditori, collaboratori e cittadini, trasformando la solidarietà in azione concreta. “Questa giornata racconta chi siamo e cosa vogliamo costruire – ha aggiunto Giuseppe Castagneto, Co-CEO di Piazzalunga –da un lato innovazione e vicinanza alle imprese, dall’altro sostegno concreto alla ricerca.
Entrambi i percorsi nascono dalle stesse fondamenta: passione, visione e cura per le persone”. Dalla prima officina di Luigi alla nuova sede di Milano, dalla raccolta fondi per la ricerca alla vicinanza quotidiana alle imprese, Piazzalunga scrive una storia fatta di radici solide e sguardo verso il futuro. Una storia in cui tecnologia, persone e solidarietà convivono e si sostengono a vicenda, con la stessa energia di sempre.
Sede di Bergamo
Tel: 035 573648 Via Nicola Calipari, 5Sorisole (BG)
Sede di Milano
Tel: 02 48 405913
Via del Commercio, 21Buccinasco (MI)
piazzalunga@piazzalunga.it
PIAZZALUNGA MILANO
L’80ª Assemblea Pubblica di Confartigianato Imprese Bergamo ha richiamato una partecipazione straordinaria di imprenditori, autorità e rappresentanti del mondo economico e istituzionale, riuniti alla Fiera di Bergamo per celebrare gli 80 anni di fondazione dell’Associazione (1945–2025). Un appuntamento denso di emozione e significato, alla presenza del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che ha rappresentato non solo un omaggio alla storia e ai valori dell’artigianato bergamasco, ma anche il primo importante momento pubblico della presidenza di Lorenzo Pinetti.
Sotto il titolo “Costruttori di Cultura e Valori del territorio”, l’evento ha offerto l’occasione per riflettere sul ruolo dell’impresa artigiana nella società contemporanea e sulle sfide che attendono le nuove generazioni, protagoniste del futuro dell’artigianato. Al termine di una suggestiva performance musicale eseguita da due allievi del Politecnico delle Arti di Bergamo, l’Assemblea è stata introdotta dal direttore Stefano Maroni, che ha esordito sottolineando come l’appuntamento non sia solo una ricorrenza storica, ma un momento per guardare avanti con fiducia, riconoscendo le sfide superate e tracciando un percorso verso il futuro.
“Confartigianato Bergamo - ha dichiarato - è stata e continuerà ad essere “casa e guida” per oltre 10 mila imprese, oltre a confermare il suo ruolo di importante attore sociale molto attento alle esigenze economiche e sociali del territorio”. L’Assemblea è entrata nel vivo con la prima relazione del presidente Lorenzo Pinetti, che ha esordito esprimendo gratitudine ai predecessori Giacinto Giambellini e Angelo Carrara per aver lasciato una realtà solida e riconosciuta a livello provinciale, regionale e nazionale. Ha quindi ricordato gli otto valori su cui si fonda l’Associazione e che continueranno a guidarla e a ispirarla: “Impresa diffusa a valore artigiano”, “Intelligenza artigiana”, “Valore delle persone”, “Famiglia”, “Territorio, Responsabilità sociale e sviluppo sostenibile”, “Rispetto, etica e fiducia”, “Competenza”, “Metodo, Organizzazione e innovazione”.
L’ARTIGIANATO DEL FUTURO HA BISOGNO DEI GIOVANI
QUESTO IL MESSAGGIO EMERSO IN OCCASIONE DELLA 80^ ASSEMBLEA PUBBLICA DI CONFARTIGIANATO IMPRESE BERGAMO CHE HA AVUTO LUOGO LO SCORSO 18 OTTOBRE ALLA FIERA DI BERGAMO
LORENZO PINETTI
Il presidente ha poi voluto lanciare un messaggio forte sul futuro dell’artigianato: riconnettere i giovani al mondo delle imprese artigiane.
“Oggi il futuro dell’artigianato passa dai giovani – ha dichiarato Lorenzo Pinetti –. Dobbiamo aiutarli a scoprire che essere artigiani non è un mestiere del passato, ma una scelta di libertà, creatività e realizzazione personale. Lavorare come artigiano oggi significa saper utilizzare stampanti 3D, software di progettazione, tecnologie green e materiali innovativi. Significa coniugare la cura del dettaglio con la visione del futuro, mantenendo vivo quel legame autentico tra impresa, persona e territorio che è da sempre il cuore dell’identità artigiana”. Quattro le grandi sfide indicate dal presidente che caratterizzeranno il futuro prossimo: formazione, digitalizzazione, internazionalizzazione e sostenibilità, requisiti imprescindibili per competere e crescere. Sono poi intervenute per un saluto alcune delle numerose autorità istituzionali presenti in sala: la sindaca Elena Carnevali, il presidente della Provincia Pasquale Gandolfi e l’assessore regionale alle Infrastrutture e Opere pubbliche Claudia Terzi. Prima del gran finale, il videomessaggio di Gilberto Bonalumi, Advisor dell’ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, già senatore della Repubblica, il premio “Un artigiano è per sempre” assegnato a 7 imprese associate da 80 anni e il talk, condotto e moderato dalla giornalista Mediaset Martina Maltagliati, sul tema “Valore artigiano: saper fare cultura del lavoro per la competitività del made in Italy” a cui hanno partecipato Gianmarco Beltrami, responsabile Relazioni Istituzionali DALLARA Automotive, Stefano Micelli, professore di Management – Università Ca’ Foscari di Venezia, il presidente Lorenzo Pinetti, e Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato Imprese.
L’evento si è chiuso con il taglio della torta celebrativa per gli 80 anni e la visita alla mostra interattiva “L’artigianato che verrà. Visioni dal presente al futuro”, un percorso multimediale e immersivo dedicato all’evoluzione del saper fare artigiano.
Il 30 Ottobre scorso lo showroom Audi di Bonaldi – Gruppo Eurocar Italia di via Gemelli 30 si è trasformato in un palcoscenico di emozioni. Ad irrompere tra il pubblico la nuova Audi Q3, accompagnata da una performance canora e musicale curata da Mho Events e da un’esibizione di danza del duo Hand to hand. La nuova Audi Q3 ha rapito l’attenzione dei presenti già conquistati dall’esperienza immersiva che ha unito arte, tecnologia e innovazione. Questa nuova vettura rappresenta il manifesto del movimento d’avanguardia Audi, che non si limita a innovare i prodotti ma anticipa e interpreta i cambiamenti sociali, urbani e tecnologici, trasmettendo uno stile di mobilità che guarda al domani.
Nuova Audi Q3
Da sinistra: Andrea Bassoli, Audi Manager di Bonaldi, Gianmaria Berziga, Direttore Generale di Bonaldi - Gruppo Eurocar Italia con la presentatrice della serata Manuela Boselli
“La risposta del mercato bergamasco è straordinaria: la nostra clientela riconosce in Audi un marchio capace di innovare con coerenza e visione – ha spiegato Andrea Bassoli, Audi Manager di Bonaldi – Gruppo Eurocar Italia. Con la nuova Q3, Audi ridefinisce il concetto stesso di avanguardia: intelligenza artificiale, design emozionale e sostenibilità si fondono in un’esperienza di guida evoluta e intuitiva”.
Tecnologia, comfort e sostenibilità
Il SUV compatto dei quattro anelli si distingue per un design sportivo e dinamico, interni completamente rinnovati e un sistema di infotainment basato su Android Automotive OS, con assistente vocale AI integrato con ChatGPT capace di riconoscere comandi naturali come “alza la temperatura” o “abbassa il finestrino”. La vettura offre inoltre sistemi di assistenza alla guida di ultima generazione, fari Matrix LED digitali e cruise control adattivo per una sicurezza ai vertici del segmento.
Una gamma versatile e già richiestissima
Proposta nelle versioni Business, Business Advanced e S line edition, la nuova Audi Q3 è disponibile con motorizzazioni TDI, TFSI, mild-hybrid e plug-in hybrid con potenze da 150 a 272 CV, trazione anteriore o integrale quattro. La nuova Audi Q3 è già richiestissima: oltre 200, infatti, le vetture vendute prima ancora del lancio ufficiale, di cui quasi due terzi per versioni benzina e ibride. Numeri importanti che testimoniano l’attesa e il successo di questa nuova vettura.
Gianmaria Berziga, Direttore Generale di Bonaldi - Gruppo Eurocar Italia
“Grazie agli oltre 200 ordini siglati, Audi Q3 è già diventata il modello di punta della sua categoria. Caratterizzata da un livello di innovazione senza pari, abbina un design più muscolare rispetto al precedente modello, gli interni sono radicalmente rinnovati e il grado di digitalizzazione non è mai stato così elevato – ha commentato Gianmaria Berziga, Direttore Generale di Bonaldi - Gruppo Eurocar Italia. Se a tutto questo aggiungiamo una gamma motori ampliata (mild-hybrid,diesel,benzina,hybrid plug-in) per andare incontro a ogni esigenza, un prezzo sensibilmente più basso della precedente e l’estetica bellissima… Ecco che siamo di fronte a qualcosa di straordinario. Benvenuta Audi Q3!”
Bonaldi - Gruppo Eurocar Italia a Bergamo, Treviglio, Lecco e Sondrio
GALA IN ROSA PER L’ONCOLOGIA FEMMINILE
ph. Sergio Nessi
IL 6 NOVEMBRE SCORSO, PRESSO IL
RISTORANTE ANGOLO CON VISTA SI È
SVOLTO IL CONSUETO APPUNTAMENTO ORGANIZZATO DALLA DELEGAZIONE
DI BERGAMO DELLA FONDAZIONE
UMBERTO VERONESI
La Delegazione di Bergamo di Fondazione Veronesi, guidata da Marta Savona con le delegate Virna Bassani,Martina Brambilla, Giulia Cirelli, Eleonora Gallo e Marta Torriani ha organizzato anche quest’anno il Gala in rosa a sostegno della ricerca scientifici sui tumori femminili. La serata si è svolta giovedì 6 novembre presso il ristorante Angolo con Vista. Un’occasione importante non solo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione ma anche per devolvere i fondi raccolti a supporto della ricerca. Un ringraziamento particolare va ai numerosi sponsor dell’evento e alle aziende e agli Enti che hanno accompagnato la Delegazione durante le numerose iniziative dell’anno trascorso : 11th Group, 21 Make it Count, Stucchi Spa, SghsLaw Firm, Temp Job Agenzia per il Lavoro, Daema srl, Panificio Rota Biasetti, Tennis Club Bergamo, Tennis Club Città dei Mille, Le Yogine di Silvia Lucchini, Istituto Aeronautico Antonio Locatelli, Rotary Club Bergamo Terra di San Marco. Un ringraziamento a all’Azienda Agricola Lupo per aver gentilmente donato i cadeaux che sono stati distribuiti agli ospiti a fine serata e a Allegrini Cosmetic Solutions per gli omaggi che hanno animato la lotteria di raccolta fondi.
I VALORI DELLA TUA CONTABILITÀ
Confartigianato Imprese Bergamo è il partner contabile di oltre 3.000 aziende che ci hanno scelto per la nostra professionalità, trasparenza ed etica. Crediamo che rispetto, fiducia e valori non siano solo principi, ma fondamenta su cui costruire relazioni solide e durature. Con il nostro Servizio Contabilità ti offriamo molto più di una gestione precisa e regolare: ti accompagniamo con consulenze su misura e informazioni strategiche per aiutarti a far crescere il tuo business in sicurezza e serenità.
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KAISERKÜCHE LA NATURA CHE SA DI FESTA. UN DONO RAFFINATO, NATURALE E DISTINTIVO. GOURMET ARTIGIANALE: DAL CAMPO AL VASO
C’è un fascino antico nel poter aprire un vaso di ciliegie in pieno inverno, o una giardiniera colorata che profuma d’estate. Nella nostra tenuta storica, sui Colli di Bergamo Alta, coltiviamo e raccogliamo frutta e ortaggi in piena stagione, al giusto grado di maturazione, e li trasformiamo in giornata per custodirne i profumi, il colore e la genuinità. Come facevano un tempo i contadini, che sapevano conservare la natura nel suo momento più generoso. Nascono così le specialità sottovetro Kaiser Küche autentiche, raffinate e naturalmente buone. Ogni vaso racconta il territorio, una raccolta, una tradizione che si rinnova. Un piccolo scrigno di sapori che regala emozioni vere, perfetto per le feste o come dono di gusto e sincerità. Scopri la nostra collezione Natalizia e le confezioni regalo personalizzate curate in ogni dettaglio.
INTERVISTA CON GIULIO MARCHESI, PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BERGAMO
Il pretesto per questa chiacchierata è stato un errore sul numero di settembre dove avevamo indicato come Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo un’altra persona. Con una certa ironia il “vero” presidente, l’Avv. Giulio Marchesi, mi ha scritto per far presente l’errore e non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di incontrarlo, giusto adesso che si parla tanto della riforma della Giustizia.
Scorrevo tra le attività di formazione che l’AIGA, Associazione Giovani Avvocati, propone ai suoi iscritti e mi sono soffermato su alcuni di questi corsi che prevedono tecniche di persuasione retorica e costruzione del personaggio, comunicazione non verbale e voce, storytelling, gestione del racconto, presenza scenica, gestualità... Ma è ancora attuale tutto ciò?
“Ricordo un noto scrittore Gianrico Carofiglio, che è stato magistrato e scrive del ‘linguaggio giuridico’ mettendolo un po’ in discussione. Ed a ragione, perché avvocati e magistrati mediamente parlano e scrivono male. Con formule un po’ ridondanti, quasi sacramentali, come se esprimersi in un certo modo avesse una qualche funzione. In realtà ci sono molti esempi che la stessa cosa scritta in tre pagine si può condensare senza perdere nulla del significato, magari aumentandone l’efficacia, in una sola pagina. Siamo abituati a mettere incisi, frasi subordinate che arrivano al settimo grado di subordinazione… Abbiamo l’abitudine di scrivere troppo e, soprattutto, aggiungiamo quello che man mano ci viene in mente. Mentre invece bisognerebbe avere la capacità di capire che, probabilmente, due terzi di quello che si è scritto è superfluo. Io cerco di farlo evitando inutili giri di parole…”.
IL PRESIDIO DELLA DEONTOLOGIA
Giulio Marchesi, qui fotografato davanti al palazzo sede della Corte di Cassazione, è nato nel 1965, avvocato dal 1993 e sposato dal 1992 con Gabriella Fumagalli anche lei laureata in Giurisprudenza.
Per un po’ di tempo ho seguito trasmissioni tipo ‘Un giorno in pretura’ e non era difficile trovare avvocati molto scenografici, molto coinvolgenti, teatrali appunto...
“Mi permetta di prendere un po’ le distanze da quelle trasmissioni che vengono evidentemente spettacolarizzate. E poi, dobbiamo dire, c’è una grande differenza tra il processo civile e quello penale dove c’è ancora l’oralità e l’avvocato che arringa ha ancora un suo peso. Il processo civile, che è molto più tecnico e meno astratto, ormai è stato ridotto esclusivamente alla forma scritta. Non ci sono più udienze. Oggi è giovedì e se lei fosse sceso al piano di sotto dieci anni fa non sarebbe riuscito a passare dal corridoio... Adesso c’è il vuoto totale. In realtà le udienze ormai si svolgono pressoché interamente tramite scambio di note scritte. Sono rare le occasioni in cui si accede direttamente al confronto con il magistrato”.
Meglio o peggio?
“Peggio perché, se è vero che alcune fasi possono essere assolte in questo modo, onestamente il principio di fondo che io ‘parte del processo’ devo poter guardare in faccia chi mi giudica, almeno qualche volta, credo sia sacrosanto. Accade di fare un processo in cui il giudice non lo hai mai visto. E questo per me non è giusto. La riforma Cartabia, nel tentativo un po’ spasmodico di centrare l’obiettivo del PNRR per il giugno 2026, si è inventata di tutto nel tentativo di semplificare la vita ai magistrati. Come, ad esempio, aumentare le competenze dei ‘poveri’ giudici di pace che non hanno una struttura per sopportarle. Però, aumentando la loro competenza, si alleggeriscono di cause i tribunali nel tentativo di centrare questi famosi obiettivi. Credo che il sacrificio che si è imposto ai diritti dei cittadini sia molto elevato. Va bene prendere i soldi del PNRR ma ci sono anche dei principi e dei diritti e, una volta derogati e sacrificati, ne diventa difficile il recupero”.
Come avvocato di che cosa si occupa?
“La cosa di cui mi occupo principalmente adesso sono gli aspetti legati alla digitalizzazione. Ho sempre avuto una passione personale per l’informatica pur avendo fatto studi classici. Questa passione mi ha avvicinato nei primi anni duemila alla sperimentazione che il Ministero della Giustizia attuava all’epoca. Era l’embrione del Processo Telematico che, dal 2015, è diventato il processo per tutti. Nel senso che oggi la causa civile si fa solo ed esclusivamente tramite telematica così come un processo tributario o amministrativo: tutti i processi del nostro ordinamento si fanno ormai in forma telematica. Quindi utilizzando strumenti telematici, sia per formare gli atti sia per depositarli presso le cancellerie dove sono gestiti passando da un grado all’altro telematicamente”.
Quindi tutta la procedura interna al Tribunale viene svolta telematicamente e questo è un grosso snellimento...
“Quando ho iniziato, gli avvocati erano abituati a carta e penna ma oggi nessuno rinuncerebbe più a questo tipo di procedura e di comodità. Quello che manca è la conoscenza. Il processo telematico si basa sulla conoscenza del Codice dell’amministrazione digitale, una norma del 2005 non molto conosciuta ma che in realtà regola praticamente tutto quello che facciamo, ivi compreso l’utilizzo del nostro telefonino, insieme poi ad altri regolamenti europei che man mano si sono aggiunti, come quello sulla privacy e più recentemente quello sull’IA. In particolare, mi occupo del mondo digitale dal punto di vista della compliance del diritto. Questa attualmente è la mia principale attività”.
Mi faccia un esempio.
“Per esempio, assumere il ruolo di DPO (Data Protection Officer) per gli enti pubblici oppure svolgere consulenza agli stessi - ma anche alle aziende private - per la cosiddetta transizione digitale che, per gli enti pubblici è un obbligo e per le aziende sostanzialmente anche. Oggi come oggi è impossibile sopravvivere se non si è digitalizzati. Ma com’è ovvio questo porta con sè una serie di problemi di sicurezza, dalla gestione dei dati, alla difesa dalla pirateria informatica legata ai reati che oggi si possono commettere tramite il suo utilizzo. È di questi giorni la vicenda orribile dei deep nude fake che oggi sono reati puniti con 5 anni di reclusione. Noi veniamo da un mondo in cui pensavamo che tutto fosse vero finché non veniva dimostrato essere falso. Adesso entriamo in un mondo dove tutto è falso a meno che non sia dimostrato il contrario. Con una fatica immane, anche nell’attività processuale. Mi trovo a dover dimostrare che il sole sorge ad est e tramonta ad ovest, perché qualcuno monta un video che fa vedere che il sole sorge al contrario. Da questo punto di vista la conoscenza delle tecniche informatiche per proteggersi come la crittografia, la firma digitale, le autenticazioni e chi più ne ha più ne metta, sono cose che dovrebbero essere molto più conosciute anche dai cittadini. Cosa che non è”.
IL PRESIDIO DELLA DEONTOLOGIA
“Noi veniamo da un mondo in cui pensavamo che tutto fosse vero finché non veniva dimostrato essere falso. Adesso entriamo in un mondo dove tutto è falso a meno che non sia dimostrato il contrario”.
Giulio Marchesi, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo con la moglie Gabriella Fumagalli anche lei laureata in Giurisprudenza.
Insieme fin dal liceo, hanno due figlie, Francesca, 30 anni, che vive e lavora a Parigi come copywriter, e Federica, 26 anni, avvocato nello studio paterno.
Cosa può fare l’Ordine degli Avvocati per una maggiore conoscenza dei pericoli legati alla digitalizzazione?
“L’Ordine è impegnato a fondo sugli aspetti della formazione nelle scuole, dove cerchiamo di responsabilizzare i giovani sulle conseguenze di certe loro azioni. Abbiamo portato una scolaresca a visitare il carcere. All’entrata la consegna dei cellulari e degli smartwacht, perquisizione e identificazione. Oltrepassato il fossato che immette ai bracci delle celle si sono sentiti smarriti, spogliati, annichiliti. Li abbiamo così condotti nelle celle dei carcerati, ci siamo chiusi dentro e li abbiamo indotti a pensare di doverci trascorrere degli anni. Erano scioccati. E forse hanno capito che certi comportamenti che loro considerano superficialmente, possono portare a conseguenze terribili come la carcerazione. Deve però entrare in gioco l’educazione della famiglia e i valori che si trasmettono ai giovani. In particolare, il rispetto dell’altro o dell’altra. Spesso e volentieri, chi attua certi comportamenti pensa sia goliardia, una ragazzata... Ci vuole maggiore cultura del rispetto. Contro i femminicidi servono le condanne al carcere a vita? È efficace il braccialetto elettronico? Sembra di no. Dobbiamo creare una linea difensiva più a monte e fare in modo che, per le giovani generazioni, l’uso della violenza nei confronti dell’altra o dell’altro diventi un tabù. Questo non è semplice. Una volta c’erano barriere più forti nella famiglia, nella religione. Oggi abbiamo più libertà. Però, libertà è uguale a responsabilità. Spesso manca ai giovani la parte della responsabilità. Poter fare tutto non significa doverlo fare per forza, nè non interrogarsi su quello che si sta facendo”.
A cosa serve l’Ordine degli Avvocati?
“È il presidio della deontologia. La giustificazione dell’esistenza oggi dell’Ordine degli Avvocati è questa. L’ordine professionale, voluto dalla Legge ed a cui si accede tramite un esame di Stato, dovrebbe garantire la qualità della preparazione dei professionisti. Onestamente vediamo molti giovani che accedono alla professione dopo un percorso teorico che non so quanto li prepari all’aspetto pratico. La pratica forense, che una volta era di due anni, è stata accorciata a 18 mesi e li puoi svolgere anche sei mesi prima della laurea. Il percorso di formazione diventa sempre più breve e c’è un problema di preparazione. Nell’esercizio dell’attività esiste un codice deontologico da rispettare ma riceviamo numerosi esposti per la condotta degli iscritti su cui siamo sempre vigili.
L’Ordine, oltre a svolgere il compito della conservazione e all’aggiornamento dell’albo, è anche tenuto, ed è un servizio alla popolazione, all’esame delle istanze di gratuito patrocinio per chi si trova in condizioni di non potersi permettere di pagare la parcella di un avvocato. Su questo fronte devo dire che negli ultimi anni siamo sommersi dalle richieste a cui cerchiamo di fare fronte grazie alla disponibilità di tutti i colleghi”.
Separazione delle carriere dei Magistrati: cosa ne pensa?
“L’avvocatura nel suo insieme è favorevole alla separazione delle carriere. Io, non essendo un penalista, sento meno la vicenda. Però concettualmente ritengo sia corretta perchè il tema del giusto processo davanti ad un giudice imparziale, credo lo capisca chiunque. In un processo disegnato come processo di parti, ci devono essere due parti e un giudice che sta sopra le parti. Se uno appartiene allo stesso ordine, come tipo di magistratura, del giudicante, con la teorica possibilità di passare da un ruolo all’altro e, avendo un unico CSM come organo disciplinare dove concorrono i voti di tutti questi soggetti... beh, questo, concettualmente, è un errore. Si poteva forse attuarla con un po’ più di delicatezza? Forse sì. Però si è scelta la strada della Legge Costituzionale e quindi si è posto il tema in modo molto forte”.
Che sarà sottoposto a referendum... “Il referendum confermativo costituzionale non ha un quorum di validità e quindi la decisione è molto più in bilico. Dipende da chi riuscirà a fare un battage più convincente. Perchè è un tema molto tecnico, lontano dalla realtà e dai problemi delle persone. Concordo sul fatto che non modificherà minimamente l’efficienza della giustizia. È una questione di principio. Concettualmente giusta, anche se si sarebbe potuta attuare con una modifica dell’ordinamento giudiziario”.
Intervista con FABRIZIO ROSATI
LA SANITÀ CHE RINCUORA
Tommaso Revera
LE SLIDING DOORS DELLA VITA: COME UN INCIDENTE DI PERCORSO AL LICEO PUÒ DETERMINARE UN LUMINOSISSIMO FUTURO PROFESSIONALE. CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO IL DOTT.
FABRIZIO ROSATI, SPECIALISTA CARDIOCHIRURGO NONCHÉ COORDINATORE DEL PROGRAMMA
DI CARDIOCHIRURGIA ROBOTICA DEGLI SPEDALI CIVILI DI BRESCIA
Un paio di mesi fa la Cardiochirurgia degli Spedali Civili di Brescia ha superato il traguardo dei 100 interventi di cardiochirurgia robotica mini-invasiva per la rivascolarizzazione miocardica a cuore battente, diventando così il primo centro in Italia per numero di procedure eseguite. L’Unità Operativa, diretta dal Prof. Stefano Benussi e coordinata per l’attività robotica dal Dott. Fabrizio Rosati, ha raggiunto questo risultato in meno di tre anni, consolidando Brescia come punto di riferimento nazionale nella cura della malattia coronarica. Un risultato che è il frutto anche di una stretta collaborazione multidisciplinare tra Cardiochirurgia, Emodinamica (diretta dal Dott. Salvatore Curello) e CardioRianimazione (guidata dal Dott. Sergio Cattaneo). Un traguardo lusinghiero che ci ha spinto a parlarne di persona direttamente con l’artefice di questo risultato: il Dott. Fabrizio Rosati. Essendo stata la sorella Federica una colonna portante della nostra redazione, metterci in contatto con lui è stato facile: in un paio di giorni ci ritroviamo nel suo studio, scala 7, piano 2 degli Spedali Civili. Di primo acchito, oltre alla scoperta (graditissima) di condividere la stessa fede calcistica (i poster affissi alle sue spalle parlano inequivocabilmente di un passato glorioso) e alla sua vocazione esterofila (in particolare per Francia e Canada, luoghi in cui ha studiato e lavorato), mi colpiscono intraprendenza e preparazione, dote quest’ultima non banale per un medico della sua età. Nel corso dell’intervista, poi, una volta rotto il ghiaccio, emerge con chiarezza l’entusiasmo, la passione e il trasporto con cui quotidianamente svolge questa professione che è esattamente ciò che ognuno di noi, purtroppo, non ritrova più (o quasi) nel tradizionale rapporto medico-paziente.
Come è nata la tua vocazione per la professione medica?
“Da piccolo, avendo il nonno aviatore e il papà maresciallo dell’Aeronautica, sognavo di diventare un pilota di aerei. L’evento ‘spartiacque’ che ha avuto un ruolo determinante nella scelta della mia carriera professionale è stata una bocciatura, in terza superiore al Liceo Mascheroni, uno degli istituti più prestigiosi della città. Avevo avuto qualche problema di salute in seconda superiore che mi aveva un po’ ostacolato nel processo di apprendimento ma, onestamente, in quegli anni non mi spaccavo certo la schiena sui libri. È stata un’esperienza che non ho vissuto male ma certamente l’ho interpretata come un segno che mi ha spinto negli anni successivi a mettermi di buzzo buono. Quando mi sono ritrovato in quarta/quinta superiore, nonostante un’immutata passione per l’Aeronautica, ho iniziato a pensare alla medicina perché dopo il Liceo ero certo di dover proseguire. Inizialmente ragionai per esclusione ma poi decisi di mettere a frutto la mia naturale propensione ovvero coniugare la teoria alla pratica studiando la ‘macchina’ che utilizziamo tutti i giorni”.
Quando, invece, hai maturato la convinzione di specializzarti in Cardiochirurgia?
“Sono entrato a Medicina consapevole del mio interesse verso la chirurgia dal momento che mi è sempre piaciuto lavorare con le mani seguendo le orme sia di mio nonno che scolpiva, dipingeva e modellava, sia di mio padre, un grande appassionato di bricolage. Poi, tra il secondo e il terzo anno di studi, una volta intrapresi gli studi sulla fisiologia del cuore, mi convinsi appassionandomi sin da subito a questo particolare branca della medicina”.
Da quanti anni sei agli Spedali Civili?
“Mi sono laureato nel 2011, specializzato nel 2017 e sono qui agli Spedali Civili di Brescia dal 2019. Prima di ‘stanziarmi’ a Brescia ho avuto il piacere di specializzarmi un anno a Bordeaux e due anni presso una delle più prestigiose Università del Canada, la Queen’s University: due esperienze incredibili che mi hanno permesso di arricchire e consolidare la mia personale autonomia con i “ferri in mano”.
Negli ultimi anni l’aritmologia del cuore ha acquisito un’importanza sempre più crescente, sbaglio?
“Già quando studiavo l’ho sempre ritenuta molto importante. Non a caso la mia tesi di laurea l’ho dedicata alla fibrillazione atriale, un argomento trasversale tra cardiochirurgia e aritmologia, un disturbo destinato a dilagare visto che l’incidenza aumenta con il progredire dell’età proprio come avviene per il diabete. Si tratta di una malattia che mi ha sempre incuriosito, per cui ho studiato molto e che qui agli Spedali Civili trattiamo a livello chirurgico come centro di eccellenza a livello nazionale. È certamente una chirurgia di nicchia per la quale, però, si può osare spingendosi anche oltre all’ablazione tradizionale”.
Oltre alla fibrillazione atriale, quali altre patologie curate?
“Ci occupiamo di tutte le cardiopatie dell’adulto: dalle patologie valvolari (valvola aortica e valvola mitrale che sono le più ‘gettonate’ ma anche la valvola tricuspide), chirurgia coronarica e, in associazione ai nostri colleghi dell’Elettrofisiologia, eseguiamo procedure ibride di ablazione, trattiamo di concerto all’Emodinamica le valvole transcatetere (TAVI) negli anziani ed, infine, collaboriamo con la chirurgia vascolare per i trattamenti complessi dell’arco aortico. Affrontiamo, inoltre, più del 65% di tutte le patologie valvolari con approccio mini-invasivo, copriamo tutte le malattie dell’adulto in regime anche di urgenza-emergenza ad eccezione dell’attività trapiantologica se non assicurando l’assistenza ventricolare prima dell’invio del paziente in strutture attrezzate come a Bergamo, Verona o Milano”.
Quanto la tecnologia, oltre ad un’accresciuta formazione professionale, ha contribuito allo sviluppo della Cardiochirurgia?
“Oltre allo sbarco del robot in sala operatoria, che normalmente utilizziamo ed è, ad oggi, la novità più entusiasmante, c’è da dire che, pur essendo giovane - risale, infatti, agli anni ’50 l’introduzione della circolazione extracorporea, una tecnica che sostituisce temporaneamente le funzioni di cuore e polmoni durante interventi cardiochirurgici - la Cardiochirurgia è esplosa beneficiando di una spinta tecnologica molto importante. Un importante input verso l’innovazione che ha portato dapprima alla miniaturizzazione degli strumenti con cui operare e, successivamente, ad un’ottimizzazione delle capacità di cura della terapia intensiva grazie a cui poter eseguire interventi via via sempre più complessi con risultati sempre migliori”.
Il tuo stato d’animo prima di entrare in sala operatoria? Rituali o gesti scaramantici? “La solidità tecnica mi dà una grossa mano a gestire l’emotività ma questo aspetto, nel mio lavoro, è un qualcosa da allenare sempre così come le capacità relazionali avendo a che fare durante gli interventi con colleghi, specializzandi e personale infermieristico. Sei il comandante della nave: quando le cose vanno bene è facile ma quando ci si trova a gestire complicanze o patologie vitali è necessario mantenere il controllo e saper riconoscere il limite tra sicurezza e incoscienza e, magari, chiedere aiuto. È una responsabilità che inevitabilmente sento ma la gratifica che ne consegue da un’operazione ben riuscita è qualcosa che va ben oltre”.
Rispetto alle tue esperienze all’estero, in cosa ti piacerebbe vederla diversa la sanità italiana?
“I medici italiani sono validi, richiesti e molto preparati. Grazie alla tecnologia robotica introdotta qui agli Spedali Civili nel 2022, ho il privilegio di insegnare in tante facoltà italiane e straniere e questo mi permette di confrontare strutture e laboratori di ricerca a disposizione degli studenti. Devo ammettere che sotto questo punto di vista abbiamo un sacco di potenziale che ancora non viene completamente sfruttato”.
Con la robotica quali malattie curate?
“Abbiamo intrapreso la cardiochirurgia robotica mini-invasiva alla fine del 2022 su una nicchia di pazienti per la rivascolarizzazione miocardica a cuore battente. Ci piacerebbe allargare il suo utilizzo, così come avviene in altre realtà, anche per gli interventi valvolari per esempio ma, purtroppo, esistono delle limitazioni per via di una regolamentazione europea che ci limita un po’”.
Il tuo personale auspicio per la medicina dei nostri figli?
“Sarà una medicina sempre più personalizzata che soppianterà definitivamente il concetto, già obsoleto, del ‘one size fits all’ (una misura per tutti, ndr) ma l’utilizzo dell’IA senza il controllo dell’uomo in ambito medico può generare insidie. Andremo incontro, certamente, ad una maggiore integrazione tra uomo e macchina e tra uomo e computer ma starà a noi gestire questo delicato equilibrio. Se così non dovesse essere, rischiamo di trovarci davanti ad un grosso problema etico. Quando un intervento non sortirà gli effetti sperati, con chi ce la si prenderà? Con l’ingegnere che ha programmato la macchina? Con chi l’ha prodotta? O con il medico che ha eseguito l’intervento? È difficile, infine, insegnare alle macchine l’empatia e la condivisione delle emozioni che sono e devono continuare ad essere due elementi imprescindibili della relazione medico-paziente”.
CARLO FOGLIENI
INTERVISTA CON L’AVVOCATO
CARLO FOGLIENI, PRESIDENTE NAZIONALE DI AIGA, ASSOCIAZIONE ITALIANA
GIOVANI AVVOCATI CHE HA
TENUTO IL SUO DECIMO
CONGRESSO A BERGAMO
DAL 13 AL 15 NOVEMBRE
Carlo Foglieni è un avvocato bergamasco, classe 1980, sposato, noto per il suo impegno nell'Associazione
Italiana Giovani Avvocati (AIGA), di cui è diventato Presidente Nazionale nel novembre 2023. È iscritto all'albo degli avvocati di Bergamo dal 2012 e si occupa prevalentemente di diritto penale e diritto dell’Ambiente. La sua carriera legale comprende ruoli di rilievo, come consulente della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illeciti connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari, e nel quadriennio 2019-2023 ha ricoperto il ruolo di Consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo.
Presidente Foglieni, partiamo dall’attualità: l’intelligenza artificiale sta entrando anche nella giurisdizione. Che tipo di trasformazione produrrà sul lavoro dell’avvocato? I colleghi più giovani sono davvero pronti a gestirla?
“L’intelligenza artificiale è già un dato con cui il mondo della giustizia deve confrontarsi. Non è un fenomeno da subire né da demonizzare, ma da regolare e indirizzare. Può rendere alcune fasi del procedimento più rapide, migliorare la ricerca delle fonti, ridurre attività ripetitive: se ben utilizzata, può favorire efficienza e trasparenza. Ma resta imprescindibile che la decisione finale, la valutazione dei fatti e la costruzione della strategia difensiva rimangano in capo alla persona, con le sue responsabilità e la sua sensibilità. Su questo terreno i giovani avvocati hanno un vantaggio naturale, perché più abituati alle tecnologie e ai linguaggi digitali. Occorre però investire in formazione specifica e predisporre regole chiare che evitino derive automatistiche. Come AIGA abbiamo avviato un lavoro strutturale su questi temi, con un obiettivo preciso: fare in modo che l’innovazione sia alleata dei diritti, non fonte di nuove disuguaglianze”.
La professione forense è attraversata da cambiamenti profondi. Quale ruolo deve assumere la giovane avvocatura in questa fase?
“La giovane avvocatura non può limitarsi a registrare ciò che accade: deve contribuire a orientare la direzione del cambiamento. La professione è segnata da trasformazioni tecnologiche, da una diversa domanda di servizi legali, da condizioni economiche spesso difficili per chi inizia. In questo contesto, i giovani avvocati sono chiamati a introdurre metodi di lavoro nuovi, a investire su competenze trasversali, a proporre modelli organizzativi più moderni senza smarrire l’impianto deontologico. L’AIGA, in questi anni, ha provato a dare strumenti in questa direzione, puntando su formazione di qualità, attenzione alla sostenibilità dei percorsi professionali, difesa della dignità del lavoro forense. La sfida è trasformare un contesto complesso in un’occasione di crescita, in cui il merito venga realmente riconosciuto e la tutela dei diritti della persona resti al centro della funzione difensiva”.
Il Congresso ordinario di Bergamo coincide con la conclusione del suo mandato. Se dovesse tratteggiare il bilancio di questi due anni alla guida dell’AIGA, quali elementi metterebbe in evidenza?
“Il Congresso di Bergamo rappresenta il momento naturale per tirare le somme di un biennio molto intenso. Ritengo di aver contribuito, insieme a una squadra ampia, a rendere l’AIGA un punto di riferimento stabile e riconosciuto dell’avvocatura giovane, interlocutore ascoltato da istituzioni e politica. Sono stati anni in cui abbiamo insistito sul tema delle condizioni dei praticanti e dei colleghi nei primi anni di attività, sull’accesso alla professione, sul ruolo dell’avvocato nei processi di riforma della giustizia. Ma il risultato di cui mi sento maggiormente soddisfatto è la crescita associativa: una rete di sezioni più attiva, più coordinata, capace di iniziativa autonoma sui territori. Oggi l’AIGA è un soggetto nazionale strutturato, che difende con coerenza la propria autonomia e i valori che da sempre ne ispirano l’azione”.
CARLO FOGLIENI
PRESIDENTE NAZIONALE DI AIGA, ASSOCIAZIONE ITALIANA GIOVANI AVVOCATI
La nuova legge professionale è stata salutata come un passaggio chiave per l’ordinamento forense. A suo avviso il quadro è ormai definito o ci sono ancora passaggi cruciali da affrontare?
“La legge professionale costituisce un punto di arrivo importante di un percorso lungo, nel quale anche la componente giovanile ha fatto sentire la propria voce. Non possiamo però considerare conclusa la fase riformatrice: una legge vive nella sua attuazione. La delega dovrà essere esercitata coerentemente con i principi fissati, che riguardano l’equità nell’accesso, la valorizzazione del merito, il rilievo della formazione continua e la sostenibilità dell’esercizio professionale. È necessario vigilare su ogni passaggio, perché da quelle scelte dipenderà la possibilità per i giovani di entrare e restare nella professione con prospettive concrete. L’AIGA continuerà a seguire da vicino il percorso, mantenendo un atteggiamento propositivo ma fermo: una disciplina moderna deve rafforzare l’indipendenza dell’avvocatura e renderla in grado di rispondere alle esigenze di una società che cambia”.
È entrata nel vivo la campagna referendaria sulla separazione delle carriere in magistratura, rispetto alla quale l’AIGA sostiene il “Sì”. Perché ritiene che questo appuntamento possa incidere in modo così significativo sul sistema giustizia?
“La separazione delle carriere, a mio avviso, non è un tema di schieramento ma di assetto costituzionale del processo penale. Distinguere in modo netto chi esercita l’azione penale da chi giudica significa rendere più chiari i ruoli e rafforzare la percezione di imparzialità del giudice. È una scelta che mira a tutelare meglio tutte le parti del processo e ad accrescere la fiducia dei cittadini nell’istituzione giustizia. L’AIGA sostiene da tempo questa prospettiva, ritenendo che rafforzi, e non indebolisca, l’autonomia della magistratura, in un sistema di equilibri in cui anche l’avvocatura viene riconosciuta come componente essenziale. Votare “Sì” significa chiedere un’organizzazione del processo penale più trasparente e più coerente con i principi di terzietà e parità delle parti sanciti dalla Costituzione”.
“La giovane avvocatura non può limitarsi a registrare ciò che accade: deve contribuire a orientare la direzione del cambiamento.
La professione è segnata da trasformazioni tecnologiche, da una diversa domanda di servizi legali, da condizioni economiche spesso difficili per chi inizia”.
Uno sguardo al futuro dell’Associazione: che tipo di eredità sente di lasciare e quale indirizzo auspica per i prossimi anni?
“Per me questi due anni sono stati un’esperienza di lavoro collettivo molto forte. Ho avuto il privilegio di guidare un’associazione composta da colleghi che credono nella funzione sociale dell’avvocato e nella necessità di impegnarsi per migliorarne le condizioni di esercizio. Se oggi l’AIGA dispone di una struttura organizzata, di ascolto istituzionale ampio e di una rete territoriale coesa, è grazie a un impegno diffuso, che va dalle cariche nazionali alle singole sezioni. L’eredità che mi interessa lasciare è un metodo: confronto interno, capacità di proposta, presenza costante nel dibattito pubblico quando si parla di giustizia e diritti. Mi auguro che l’Associazione continui su questa strada, mantenendo al centro la tutela dei giovani, la dignità della professione e il ruolo dell’avvocatura come protagonista delle trasformazioni del Paese, non come semplice osservatore”.
Vittoria Guadalupi e Beppe Mazzoleni, presidente e vicepresidente della Fondazione ARMR Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare
RED PARTY 2025
“FARE DEL BENE È UN’ARTE. ANCHE LA RICERCA È UN ATTO CREATIVO”
La serata, condotta da Elisabetta Lanfranchi e Giuseppe Mazzoleni, vicepresidente della Fondazione, ha unito musica, convivialità e impegno sociale: dal raffinato aperitivo accompagnato dagli archi del Quartetto Elite alla cena placée con le note del sax del maestro Michele Goglio. Oltre trecento persone hanno preso parte alla decima edizione del Red Party – Nutrire la Ricerca, l’evento benefico promosso dalla Fondazione ARMR – Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare, che si è svolto sabato 25 ottobre negli spazi di Gres Art 671, a Bergamo. Una cornice d’eccezione, dedicata all’arte e alla cultura, che ha accolto una serata all’insegna della solidarietà e del sostegno concreto alla ricerca scientifica.
A dare il benvenuto è stato il Cav. Lav. Ingegner Carlo Pesenti, presidente della Fondazione Pesenti, che ha ospitato l’evento e sostenuto la serata benefica. Numerose le autorità presenti, tra cui la Sindaca di Bergamo Elena Carnevali, il Vice Sindaco Sergio Gandi. il Presidente della Fondazione Donizetti Giorgio Berta, il Prefetto Luca Rotondi, l’Assessore regionale Paolo Franco, il Senatore Sandro Sisler, la Presidente emerita e fondatrice di ARMR Daniela Guadalupi, la segretaria scientifica e coordinatrice delle ricerche dell’Istituto Mario Negri Ariela Benigni, e il delegato vescovile per le relazioni istituzionali monsignor Giulio Dellavite.
ph. Sergio Nessi
Fondamentale anche il contributo di Anna Valtellina e delle sue “Volontarie del sorriso”, da sempre al fianco della Fondazione nelle iniziative solidali.
Il ricavato della serata, pari a 51.000 euro, sarà destinato al finanziamento di borse di studio e progetti di ricerca presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in particolare per sostenere un career development, una borsa individuale e un grant di ricerca per giovani studiosi impegnati nello studio delle malattie rare.
Il Red Party si conferma un appuntamento simbolo per la Fondazione ARMR, capace di unire la comunità intorno a un obiettivo condiviso: trasformare la solidarietà in ricerca, la ricerca in cura, la cura in speranza.
RED PARTY 2025
Come ha sottolineato la presidente Vittoria Guadalupi: “Credo fortemente che il dono e il volontariato siano un’economia circolare, un modello in cui ciò che viene donato non si esaurisce, ma genera nuovo valore e ritorna alla comunità sotto forme diverse. In questo spirito, il tempo, l’impegno e la passione che i nostri volontari dedicano gratuitamente all’organizzazione di iniziative come questa serata diventano un investimento concreto nella ricerca scientifica e nel futuro di tutti. Attraverso il loro lavoro, diamo ai giovani ricercatori l’opportunità di proseguire i propri studi, affinché i risultati del loro impegno si traducano in nuove scoperte e in cure per le persone affette da malattie rare.
È un circolo virtuoso: il dono diventa ricerca, la ricerca diventa cura, la cura restituisce speranza. Siamo persone fortunate, e proprio per questo sentiamo la responsabilità di restituire parte di questa fortuna a chi è meno fortunato. Credo che questo sia il senso più autentico della solidarietà: un gesto che non si ferma, ma continua a generare vita, conoscenza e futuro. Grazie ad ognuna delle oltre trecento persone che, con il loro esserci, sono stati un anello di questa grande catena”.
ECOGRAFIA: MEGLIO NON AVERE DUBBI
Che cos’è l’ecografia?
L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari sonde appoggiate sulla pelle del paziente, consente di visualizzare organi, ghiandole, vasi sanguigni, strutture sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. Durante l’esecuzione dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano.
L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni, infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. Le ecografie sono, invece, molto utilizzate per lo studio del collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie, prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti).
L’ecografia non prevede emissione di radiazione di tipo X. Può essere, pertanto, effettuata con una certa frequenza qualora si rilevi la necessità di eseguire ripetute indagini in presenza di patologie note a scopo di monitoraggio.
CHIAMA E CI SEI
Via Torino 13, Bergamo - Tel: 035 236048 - www.studiomediciassociatibergamo.it
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PRIMA LA SALUTE INFORMAZIONI & CURIOSITÀ
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Dr. Haim Reitan Direttore Sanitario Studio Medici Associati
RIVEDERE IL FUTURO
MACULA TODAY 2025, QUANDO LA SCIENZA RIDONA LA VISTA: MASSIMI ESPERTI IN OFTALMOLOGIA A CONFRONTO
Genetica, Visione Artificiale e Nuove Tecnologie per Combattere la Cecità”. È il titolo della decima edizione del Macula Today, evento di respiro internazionale tenuto il 17 novembre scorso a Roma che ha riunito i massimi esperti in oftalmologia sulle soluzioni più avanzate per contrastare la cecità. Solo la degenerazione maculare legata all’età, per non parlare di altre specifiche patologie, colpisce oggi più di un milione di italiani e il focus di quest’anno è stato su genetica oculare, visione artificiale, protesi retiniche e corticali e nuove tecnologie di imaging applicate all’oftalmologia. Per questo la ‘Macula & Genova Foundation Ets’, presieduta dal professor Andrea Cusumano, organizza annualmente questo convegno internazionale sullo stato dell’arte delle più innovative e pioneristiche tecnologie che si prefiggono di restituire la visione ai non vedenti.
Cosa aspettarsi dalla nuova ricerca Andrea Cusumano ha presentato una nuova tecnologia di ottiche adattive che permette per la prima volta di osservare cellule della retina invisibili con gli strumenti oggi disponibili: diagnosi molto più precoci delle distrofie retiniche e selezione più precisa dei pazienti per le terapie emergenti.
Aniz Girach, ha parlato delle prime terapie geniche per la malattia di Stargardt, la forma più comune di maculopatia giovanile. I dati preclinici mostrano riduzione dei composti tossici che distruggono la retina, e i primi studi clinici sono già avviati. È la più concreta possibilità terapeutica mai sviluppata per questa patologia.
Michael B. Gorin ha raccontato di come la ricerca internazionale stia sviluppando terapie sia mirate a singoli geni sia “gene-agnostic”, potenzialmente applicabili a un vasto numero di pazienti con distrofie retiniche, puntando non solo a rallentare la degenerazione, ma anche a recuperare funzioni visive in stadi avanzati.
Richard H. Kramer ha annunciato due nuovi farmaci che potrebbero ripristinare la sensibilità alla luce nelle degenerazioni retiniche: ricercatori americani hanno sviluppato una molecola fotosensibile e un farmaco che blocca l’acido retinoico, entrambe in arrivo nei trial clinici per la retinite pigmentosa.
Benedetto Falsini informerà su nuove evidenze che mostrano che nelle distrofie retiniche ereditarie si verifica un rimodellamento interno della retina finora sottovalutato. Questo processo riduce la risposta alle terapie mirate ai fotorecettori. Immagini avanzate ed esami elettrofisiologici permettono oggi di misurarlo e identificare nuove finestre terapeutiche.
Eduardo Fernández ha illustrato gli esiti di una ricerca internazionale che dimostra che microelettrodi impiantati nella corteccia visiva possono evocare percezioni visive stabili in persone non vedenti, permettendo di riconoscere lettere, forme e oggetti attraverso stimolazione elettrica controllata. È il risultato più avanzato finora verso una protesi visiva cerebrale “chiavi in mano”. L’Intelligenza Artificiale può rivoluzionare, per Emiliano Giardina, la diagnosi genetica delle distrofie retiniche: l’AI è in grado di classificare varianti genetiche, correlare genotipo e fenotipo e prevedere la risposta alle terapie: ne nasce una medicina di precisione su misura per ogni paziente IRD.
Daniel Palanker ha parlato degli aggiornamenti su un microchip fotovoltaico sottoretinico in grado di restituire la visione centrale ai pazienti con maculopatia atrofica. L’impianto PRIMA, un array fotovoltaico impiantato sotto la retina, ha permesso ai pazienti con maculopatia atrofica di recuperare capacità di lettura, scrittura e riconoscimento delle forme. La tecnologia sfrutta occhiali AR che proiettano immagini direttamente sul chip sottoretinico. I nuovi modelli promettono acuità visive fino a 20/80.
Per Serge Picaud, optogenetica e sonogenetica aprono nuove vie per restituire la vista ai non vedenti. Le terapie optogenetiche hanno già dimostrato di ripristinare forme visive funzionali in pazienti non vedenti, mentre la sonogenetica punta ad attivare neuroni attraverso ultrasuoni in soggetti che hanno perso completamente l’occhio.
Marco A. Zarbin ha illustrato un nuovo filone di ricerca che mostra che il distacco di retina provoca danni sinaptici permanenti a fotorecettori e cellule bipolari. Gli inibitori ROCK riducono queste alterazioni e potrebbero migliorare il recupero visivo dopo interventi di reattacco. Lo stesso meccanismo è coinvolto nei traumi cranici, aprendo a sviluppi anche in neurologia. (ValeriaPanzeri)
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CONVERGENZE PARALLELE
Leggendo tutti i report finanziari delle banche e soprattutto gli indici della borsa, sia quella di Milano sia soprattutto quella di New York, possiamo notare che l’economia italiana versa in buone condizioni e, se per caso ve ne fosse bisogno di ricordarlo, mettendo in sicurezza i conti delle entrate e delle uscite, come in ogni buona e sana famiglia, l’economia italiana si sta riprendendo gradualmente grazie alle ultime due leggi finanziarie. Non saranno finanziarie che spingeranno velocemente verso l’alto gli indici positivi, non taglieranno di molto le tasse, ma soprattutto non le aumenteranno e non verremo presi per le orecchie dalla UE, che sempre è lì, con il fucile puntato.Certo che se nei prossimi due anni il governo riuscisse a rifare tutti i contratti fermi da almeno 10/15 anni, se riuscisse ad abbassare, non tanto, ma almeno di altri 2 punti l’Irpef per il ceto medio, ed investire di più in sicurezza, sanità e scuola, allora tutto potrebbe andare meglio e si potrebbe cominciare a vedere la fine del tunnel. Questo comporta però la fine della guerra in Ucraina, questa maledetta guerra su commissione ed interposti interessi che vede il mondo occidentale contrapposto a se stesso, fratelli contro fratelli, come nelle due precedenti guerre mondiali.
Allora erano momenti di cambiamento epocale, la prima una guerra contro l’aristocrazia e la sovranità monarchica, la seconda un’attestazione di ideali nazionalistici nella contrapposizione tra Marx e tutti gli altri.
Ora invece vediamo solo una attestazione del capitalismo che spinge per creare un mondo instabile in cui si possa guadagnare in ogni modo vadano le cose, soprattutto dopo il fallimento della globalizzazione (come era prevedibile).
Forse non si tiene conto che il mondo è rotondo e che se tenti di scalarlo, magari cadi dall’altra parte.
Lo abbiamo visto con la guerra in medio oriente e come è stata decisa la sua fine (a dir il vero non è totalmente conclusa), ci vorrà un anno ancora perché le cose si assestino e si giunga ad un vero armistizio costruttivo; però il primo risultato c’è stato: il popolo palestinese non è più sotto sterminio, Hamas deve fare i conti con gli altri partiti, le organizzazioni internazionali si leccano le ferite e ridisegnano i loro compiti e soprattutto il mondo, con i suoi militari, è pronto a mantenere la pace prima della ricostruzione (che farà contenti tutti).
Il presidente Siriano, ex terrorista islamista, non troppo ex, è stato ricevuto alla Casa Bianca: mai successo! L’Iran tace e ogni tanto alza la testa, ma poi torna nei ranghi e i volenterosi divisi in Europa sono invece d’accordo sul malloppo da dividersi nel nord africa. Ecco, rimane solo l’Ucraina, dove la guerra finirà in primavera dopo la prova generale di questo imminente inverno, e allora potremo pensare ad un momento di crescita e prosperità. Da troppo tempo la gente muore inutilmente, le prove generali sono state fatte da entrambe le parti, non ci possono essere vincitori assoluti senza stermini da terza guerra mondiale che nessuno vuole, a nessun costo.
POLITICANDO
di Maurizio Maggioni
“Forse non si tiene conto che il mondo è rotondo e che se tenti di scalarlo, magari cadi dall’altra parte”.
Tutto ciò ha fatto variare alcune concezioni generali come la reintroduzione del servizio militare obbligatorio in molti paesi, il doversi armare per mantenere la pace, creare consorzi per essere all’altezza del momento, ma soprattutto mollare le stupidate green, l’eccessiva promiscuità ideale e non, e tanto altro. Finalmente si affrontano molti problemi senza più pensare di avere solo ragione e mai torto.
Prima Trump con il suo pragmatismo un po’ cafone ma molto realistico, poi Madami il nuovo sindaco musulmano della Grande Mela, insomma il mondo sta cambiando velocemente meno che in Italia.
Anche in Gran Bretagna si avverte il cambiamento, il Re toglie il mantello al fratello Principe indegno e il ministero del tesoro che non paga le armi per la guerra al fronte russo perché non rende…Insomma, i Windsor rivedono i concetti fondamentali .
Da noi parliamo ancora di fascismo facendo ridere i polli, non parliamo di marxismo perché nemmeno la sinistra lo è più, forse solo D’Alema, certo non Gori, Bonaccini o la Schlein, di cui si può dire di tutto men che essere marxisti; basti pensare alla loro provenienza e cosa adesso rappresentano. Ma se la sinistra non cambia paradigma e non inizia ad interessarsi veramente
di ciò di cui la nazione ha bisogno, se non matura nelle sue convinzioni, allora nemmeno la destra potrà migliorarsi.
Si deve trovare una convergenza parallela, come diceva Andreotti, pur rimanendo ognuna delle due parti sul proprio binario di credo e di concezione ideologica, si devono trovare quelle convergenza che permettano una crescita reale e cospicua oltre a quei cambiamenti epocali che sono necessari per migliorare e crescere. Quali potrebbero essere queste convergenze? Certamente il salario minimo a 10 euro, la sanità integrata in modo corretto, la giustizia modernizzata partendo dalla separazione delle carriere dei magistrati sino ad arrivare alla vera e finale attuazione della riforma Vassalli e modificando quella della Cartabia, programmando l’immigrazione controllata e necessaria, ricollocando coloro che non hanno diritto ad essere sul nostro territorio e/o delinquono cronicamente, passando dalla costruzione di nuove carceri per sopperire alla vergogna attuale; questo il minimo sindacale di coordinamento tra le due forze politiche maggiori.
Non si può pensare di governare con soggetti che pensano alla rivoluzione o ad abolire la povertà, avendo indebitato per i prossimi 30 anni i nostri figli e nipoti; però dobbiamo anche essere liberi e pronti a dire dei NO a questa Europa Unita, che di unito ha solo l’interesse di pochi a discapito dei tanti.
Per fortuna che le decisioni non passano a maggioranza ma all’unanimità, perché già ci stanno prendendo in giro a suon di centinaia di miliardi di euro, limitando sempre di più la nostra libertà. Quella libertà che 80 anni fa abbiamo ottenuto battendo delle idee sbagliate, che ci avrebbero portato ad una dittatura mondiale, come pronosticato da Isaac Asimov. O no???
Giulio Andreotti
SOS
DALLA TERRAZZA BERLUSCONI
Si è svolta mercoledì 22 ottobre la cena di gala dell’Associazione S.O.S. Solidarietà in Oncologia e Sociale presso la Terrazza Berlusconi di Palazzo Lombardia con la presenza di 90 persone tra imprenditori e istituzioni del tessuto bergamasco e lombardo.
La serata, realizzata grazie alla collaborazione dell’Assessorato Casa e Housing Sociale della Regione Lombardia, ha visto uno speech istituzionale dell’assessore regionale Paolo Franco, il quale ha declinato le politiche abitative messe in campo dalla Regione Lombardia.
L’evento è stato dedicato alla presentazione della X edizione del Premio per la Ricerca Oncologica, di cui a breve aprirà il bando di concorso, nonché alla raccolta fondi necessaria per sostenere le borse di studio del Premio stesso e le altre attività che l’associazione svolge, con particolare focus sul nuovo progetto di una “Casa per ragazzi con sindrome di Down”.
PRESENTATA LA X EDIZIONE DEL PREMIO PER LA RICERCA ONCOLOGICA
DELL’ASSOCIAZIONE S.O.S. SOLIDARIETÀ IN ONCOLOGIA E SOCIALE
ph. Tiziano Manzoni
“Uno degli obiettivi principali dell’associazione - come ha sottolineato il presidente Umberto Tibaldi durante l’apertura della serata –è sostenere e incentivare la ricerca scientifica in ambito oncologico: il premio nasce proprio per supportare giovani ricercatori oncologici under 35, incentivandoli a proseguire le loro ricerche. Oggi ci è possibile presentare i nostri progetti in una location istituzionale prestigiosa come questa del Palazzo Lombardia, grazie alla disponibilità dell’assessore Paolo Franco che ci ha accolto e che segue le nostre attività ormai da tempo, al quale va il nostro grande e sincero ringraziamento”.
“Fare gli onori di casa questa sera – ha commentato l’assessore alla Casa e Housing Sociale Paolo Franco – mi permette di ricordare a tutti che Palazzo Lombardia è casa per tutti i lombardi, anche per noi bergamaschi. Qui possiamo affrontare temi delicati e importanti come la ricerca scientifica anche grazie a una serata conviviale, ricordando sempre l’importanza della collaborazione tra mondo pubblico e privato. La mia presenza non è solo per sostegno e gratitudine per il lavoro svolto da questa associazione, ma anche perché con il mio assessorato mi occupo di un tema centrale come è quello dell’alloggio per chi viene nella nostra regione per curarsi o per assistere i malati. La collaborazione con l’Associazione SOS si tradurrà presto in un protocollo d’intesa proprio per dare supporto a queste persone”.
Il tema della casa è al centro anche del nuovo progetto dell’Associazione SOS dedicato al sostegno dei ragazzi con sindrome di Down: “desideriamo creare un ambiente sicuro e stimolante per questi ragazzi – racconta il dott. D'Alessio, vicepresidente e vera anima dell’associazionesupportandoli nel loro cammino verso l'autosufficienza e una vita indipendente. La casa sarà un luogo dove i ragazzi si sentiranno al sicuro, liberi di crescere e di fare esperienze nuove in un ambiente protetto ma stimolante. in più, la convivenza in un contesto familiare aiuterà ognuno di loro a sviluppare competenze sociali importanti”.
Il desiderio di coinvolgere imprenditori e istituzioni nelle attività dell’Associazione nasce proprio dal fatto che i progetti per i prossimi anni sono molti e sempre più impegnativi, ma i traguardi raggiunti nel tempo ne testimoniano il grande valore. “Sono molto emozionato oggi nel presentare la decima edizione del Premio per la Ricerca Oncologica, continua D’Alessio. Oggi il sogno che avevo come giovane medico sta diventando realtà, ed è grazie a chi ha avuto il coraggio di aiutarci per aiutare gli altri. Ci auguriamo, con il vostro sostegno, di poter annunciare presto un premio di consistenza superiore agli altri anni con lo scopo di fare la differenza nella vita e nel lavoro di uno dei migliori ricercatori che abbiamo in Italia”.
Come ha concluso il prof Angelo corti, presidente della commissione scientifica del Premio, si tratta di “un importante lavoro quello svolto dai giovani ricercatori, che individuano nuovi metodi diagnostici e terapeutici, cercando di chiarire i meccanismi alla base della malattia oncologica. La ricerca non può andare molto lontano senza il supporto di chi crede nella scienza”.
L'associazione S.O.S. Solidarietà in Oncologia e Sociale sostiene ed incentiva la ricerca scientifica in ambito oncologico e promuove progetti di umanizzazione delle cure. Lo scopo è quello di aiutare chi affronta momenti di fragilità, offrendo un supporto concreto a livello psicologico, sociale e assistenziale. Da qualche anno, il raggio d’azione dell’associazione si è ampliato per includere progetti per persone fragili, perché insieme possiamo fare la differenza.
SOS solidarietà in oncologia e socialevia Simone Elia 13 - Torre Boldone (BG) C.F. 95207830167 info@sosoncologia.it www.sosoncologia.it
VILLA DELLAGO
IL DESIGN ABBRACCIA LA NATURA
Progetto dello Studio
JM Architecture www.Jma.it completato nel 2022
Torri del Benaco, Italy
Progettata dallo studio milanese JM Architecture con l’obiettivo di ridurre al minimo i movimenti del terreno, la villa dissolve i confini tra interno ed esterno offrendo viste spettacolari sul lago grazie alle grandi aperture vetrate che scandiscono i quattro lati. Lo studio ha sviluppato un concept capace di sfruttare al meglio la pendenza naturale del sito. La casa si articola in un piano principale e in un seminterrato parzialmente aperto verso il lago, dove arredi, finiture e complementi si fondono in modo coerente con l’architettura e con l’ambiente naturale. Ogni dettaglio è pensato per far sì che la residenza sia un tutt’uno con il paesaggio. Le vetrate del piano principale permettono di godere del panorama da ogni ambiente, creando spazi in cui la luce naturale esalta una palette dominata da tonalità calde. Il piano inferiore, modellato seguendo la dolcezza del terreno, conserva un carattere più intimo pur mantenendo un legame diretto con l’esterno grazie a due patii che valorizzano il giardino e offrono scorci suggestivi sul lago.
AFFACCIATA SULLE RIVE VERONESI DEL LAGO DI GARDA, IN LOCALITÀ TORRI DEL BENACO, VILLA DELLAGO È UN ESEMPIO DI ARCHITETTURA CONTEMPORANEA CHE CONIUGA LEGGEREZZA, TRASPARENZA E ARMONIA CON IL PAESAGGIO.
Gli interni sono il frutto della sinergia tra Interni e JM Architecture e sono caratterizzati da arredi su misura e materiali pregiati: boiserie in rovere, bagni impreziositi da superfici in marmo e una cucina a vista che integra le attrezzature tecniche con discrezione ed eleganza . Gli arredi, scelti tra i migliori marchi del settore, leggeri e sobri, amplificano la luminosità degli spazi e creano un equilibrio armonioso tra design e natura.
Villa Dellago reinterpreta il classico modello della villa sul lago trovando un equilibrio raffinato tra architettura e paesaggio. Materiali pregiati, dettagli accurati e un dialogo costante con il contesto trasformano lo spazio in un’esperienza abitativa immersiva e armoniosa.
Un telaio in alluminio bianco definisce il perimetro del padiglione, mentre la facciata del blocco del bagno padronale è rivestita da doghe in composito legno-plastica con finitura in rovere, che richiama le sfumature naturali dell'ambiente circostante . Sul lato sud, la piscina si inserisce come naturale prosecuzione del profilo dell’edificio, rafforzando la continuità visiva tra architettura e acqua.
4 ANELLI IN FORMULA 1
AUDI IN PISTA DALLA PROSSIMA STAGIONE
La casa automobilistica tedesca Audi farà il suo debutto in Formula 1 come team e produttore di motori a partire dalla stagione 2026. L'Audi F1 Team si è costituito tramite l'acquisizione integrale del gruppo Sauber, con i motori sviluppati da Audi Formula Racing GmbH.
Adam Baker sarà l'amministratore delegato, Jonathan Wheatley il team principal e Mattia Binotto il direttore tecnico.
Nell'agosto 2022 Audi ha annunciato la sua intenzione di entrare nel campionato di Formula 1 come produttrice di motori a partire dalla stagione 2026. Nell'ottobre dello stesso anno ha confermato la sua partnership con Sauber Motorsport, acquisendo una partecipazione nella società. L'accordo prevede la ridenominazione della squadra e la fornitura dei motori.
Nel giugno 2023, il pilota svizzero Neel Jani è stato nominato pilota di simulatore per la squadra, mentre dal 2025 il tedesco Nico Hülkenberg si unirà alla Sauber con un contratto pluriennale che lo vedrà gareggiare in Formula 1 per Audi a partire dalla stagione 2026. Compagno di squadra di Hülkenberg nel 2025 e 2026 sarà Gabriel Bortoleto, campione della Formula 2 nel 2024.
Il team Audi sarà supportato dalla compagnia petrolifera britannica BP, che fornirà il carburante, e da Castrol, che sarà il fornitore ufficiale di lubrificanti. Entrambi i marchi fungeranno anche da sponsor.
Il 30 luglio 2025 viene annunciato un accordo di sponsorizzazione con Revolut a partire dalla stagione 2026, l'azienda britannica diventerà title sponsor del team tedesco.
Con l’avvicinarsi dell’inverno e il calo delle temperature, le condizioni atmosferiche diventano particolarmente sfidanti per la sicurezza alla guida, mettendo alla prova veicolo e conducente. Pianificare un viaggio in inverno, dunque, significa prepararsi a basse temperature e a diverse normative nazionali sugli pneumatici. Non è sempre facile districarsi tra le complesse normative sugli pneumatici invernali e, per aiutare gli automobilisti, Goodyear ha pensato ad una pratica guida aggiornata al 2025.
L’importanza delle gomme invernali e all-season
Gli pneumatici invernali svolgono un ruolo cruciale nella guida con temperature fredde, offrendo un'aderenza affidabile e spazi di frenata più brevi quando le temperature scendono sotto i 7 °C. Sono progettati con mescole di gomma e battistrada speciali per evacuare l'acqua, ridurre l'aquaplaning e mantenere la trazione su neve e ghiaccio, assicurando una maggiore aderenza sull’asfalto, migliorando la stabilità e garantendo una trazione superiore. Queste caratteristiche sono essenziali in frenata e nelle curve, soprattutto su superfici fredde, bagnate o ghiacciate. Allo stesso tempo, la sicurezza non dipende solo dal veicolo: il comportamento responsabile del conducente resta determinante
La tua guida agli pneumatici invernali in Europa
Con i nuovi aggiornamenti legislativi per il 2025, è essenziale conoscere le attuali normative in vigore. In Italia, i requisiti per gli pneumatici invernali si basano sulla segnaletica stradale, con obblighi in vigore dal 15 novembre al 15 aprile e in condizioni invernali 2. Sono consentiti pneumatici con marcatura 3PMSF (o M+S) e battistrada di almeno 1,6 mm. Le catene devono essere presenti a bordo del veicolo se non si montano pneumatici da neve quando si guida su strade con obbligo di pneumatici invernali. I veicoli per il trasporto di persone sono autorizzati a utilizzare pneumatici chiodati, che possono migliorare l'aderenza su strade ghiacciate o innevate.
Decodifica dei simboli degli pneumatici invernali Gli pneumatici invernali sono solitamente contrassegnati con il simbolo M+S e/o con il simbolo "Alpine" (3-Peak Mountain Snow Flake, o 3PMSF). Uno pneumatico con marcatura M+S presenta un disegno del battistrada, una mescola di gomma e una struttura studiati per offrire prestazioni migliori su fango e neve rispetto agli pneumatici standard. Gli pneumatici con il simbolo 3PMSF hanno superato un test di aderenza sulla neve specifico e soddisfano gli standard ufficiali delle Nazioni Unite (Regolamento n. 117). Molti paesi europei ora richiedono pneumatici omologati 3PMSF per la guida invernale, a dimostrazione dei loro comprovati vantaggi in termini di sicurezza. Le gamme di pneumatici invernali e all-season di Goodyear riportano il marchio 3PMSF, garantendo agli automobilisti l'accesso a prodotti che soddisfano i più elevati standard di prestazioni e sicurezza in condizioni invernali.
QUEST’INVERNO GUIDA IN SICUREZZA
DA GOODYEAR I CONSIGLI PER UNA GUIDA
SICURA NEI MESI PIÙ FREDDI DELL’ANNO
ANCHE ALLA LUCE DELLE ATTUALI NORMATIVE
SUGLI PNEUMATICI INVERNALI
La guida di Goodyear
Per aiutare i conducenti a ottenere il massimo dalle prestazioni dei pneumatici Goodyear, l’azienda ha realizzato la guida Manutenzione pneumatici invernali 101, che offre consigli pratici e immediati per mantenerli in perfette condizioni ed assicurarne sempre la massima efficienza su strada.
Non lasciare la sicurezza al caso: prepara i tuoi pneumatici quest'inverno
CONSERVAZIONE STAGIONALE
• Pulizia prima dello stoccaggio: lavare i pneumatici con acqua calda e sapone e lasciarli asciugare completamente per eliminare sporco e contaminanti.
• Conservare in sacchetti ermetici: riporre i pneumatici in sacchetti opachi ed ermetici per evitare che la mescola si secchi. Prima di sigillare, rimuovere quanta più aria possibile. Se ciò non fosse possibile, conservarli in un luogo buio.
• Ambiente interno e climatizzato: è meglio conservare i pneumatici al chiuso, lontano dalla luce solare, dall'umidità e dalle temperature estreme. Evitare il contatto diretto con il cemento: utilizzare una barriera protettiva come il legno o conservare su rastrelliere per pneumatici commerciali per impedire l'accumulo di umidità eccessiva.
• Impilatura corretta: per gli pneumatici non montati, impilarli fianco a fianco oppure conservarli singolarmente in sacchetti. Assicurarsi che gli pneumatici siano posizionati verticalmente, con il fianco rivolto verso il basso.
“Goodyear si impegna a sviluppare pneumatici bilanciati che offrano non solo prestazioni invernali eccezionali, ma che soddisfino anche altre priorità dei clienti, come il chilometraggio e l’efficienza del carburante - ha dichiarato Ben Glesener, Senior Director Technology Consumer EMEA di Goodyear. Tuttavia, consapevoli che una guida sicura è il risultato di un insieme più ampio di fattori, Goodyear da sempre supporta i propri clienti anche dopo l’acquisto con preziosi consigli pratici perché la sicurezza stradale è e deve essere una responsabilità condivisa”.
ROTAZIONE DEI PNEUMATICI
La rotazione regolare dei pneumatici, ossia lo scambio delle gomme tra posizioni diverse dalla parte anteriore a quella posteriore (e viceversa) sullo stesso lato, è fondamentale per garantire il corretto livello di usura e prolungarne la durata. Goodyear consiglia di ruotare i pneumatici invernali in base alle linee guida del produttore del veicolo, tenendo conto del chilometraggio percorso dall’auto o, in alternativa, del cambio di stagione.
MAGGIORE SICUREZZA ALLA GUIDA IN INVERNO
Tanto importante quanto la scelta e la gestione dei pneumatici nei mesi invernali è il ruolo del conducente che, aldilà dal livello di abilità alla guida, è chiamato ad affrontare la stagione fredda con cautela e una buona dose di preparazione, con suggerimenti come quelli indicati di seguito:
•Montare in anticipo i pneumatici invernali: passare ai pneumatici invernali quando le temperature scendono sotto i 7°C per garantire aderenza e controllo ottimali.
•Controllare la profondità e la pressione del battistrada: ispezionare regolarmente il battistrada e mantenere la pressione corretta, poiché sia un gonfiaggio insufficiente che eccessivo possono ridurre l'aderenza e la sicurezza, in particolare quando il freddo può abbassare la pressione degli pneumatici. Se non si ha a portata di mano un manometro per la pressione dei pneumatici, ci si può rivolgere al rivenditore di pneumatici più vicino. Solitamente, la pressione corretta dei pneumatici si trova all'interno della portiera del conducente o all'interno del tappo del serbatoio.
•Cercare marcature affidabili: assicurarsi che i pneumatici abbiano il simbolo 3PMSF, a conferma della loro idoneità e delle prestazioni testate in condizioni invernali estreme.
•Regolare la propria guida: guida in modo fluido e tieni conto di spazi di frenata più lunghi. Anche i pneumatici migliori necessitano di velocità ridotte e manovre delicate per garantire la massima sicurezza, soprattutto se le condizioni diventano estreme, con temperature inferiori a 3°C o addirittura ghiaccio o neve.
CONTROLLO DELL’USURA E SOSTITUZIONE DEI PNEUMATICI
•Controllare la profondità del battistrada: i pneumatici invernali perdono efficacia al di sotto dei 4 mm di profondità del battistrada. Controllare regolarmente l'usura del battistrada e assicurarsi che non vi siano crepe visibili, rigonfiamenti o oggetti incastrati che potrebbero comprometterne le prestazioni.
•Utilizzare i pneumatici adatti alla stagione: non appena la temperatura scende sotto i 7°C, è opportuno sostituire i pneumatici con quelli invernali. Allo stesso modo, quando le temperature superano i 7°C, è opportuno sostituire i pneumatici con quelli estivi o quattro stagioni.
•Sostituire i vecchi pneumatici: se i pneumatici sono molto usurati, danneggiati o hanno più di sei anni, è il momento di investire in un nuovo set per prestazioni invernali affidabili.
LA NOSTRA ESPERIENZA
Sui nostri veicoli aziendali abbiamo avuto il privilegio di testare il pluripremiato Goodyear Vector 4Seasons Gen-3 , pneumatico all-season dotato della tecnologia Dry Handling per spazi ridotti di frenata ed una migliore maneggevolezza sull’asciutto, Aqua Control Technology come resistenza all’aquaplaning e Snow Grip Technology per una migliore tenuta di strada sulla neve. A giudicare dalle prestazioni, un'ottima opzione per prestazioni tutto l'anno con condizioni meteorologiche mutevoli tra cui sole, pioggia, nevischio e persino neve leggera.
Per saperne di più riguardo la gamma invernale di Goodyear e sui pneumatici 4 stagioni, visita il sito: www.goodyear.eu
PASTICCERIA SAN FRANCESCO
DAL 1966 LA QUALITÀ ARTIGIANALE
Pasticceria San Francesco, situata a Bergamo in Via IV Novembre 2, è un laboratorio artigianale attivo dal 1966. Offre dolci fatti in casa, torte personalizzate, panettoni artigianali, e prodotti dolciari di alta qualità. Inoltre, bar-caffetteria con colazioni genuine: brioche fresche, succhi biologici e bevande tradizionali. Utilizza solo ingredienti genuini e freschi, molti a km 0. La mission dello staff è quella di offrire non solo il meglio di prodotti di caffetteria e pasticceria ma anche preparazioni salate, stuzzichini e un’accurata selezione di birre, vini locali e grappe di qualità. “Dal 1966, la Pasticceria San Francesco è un punto di riferimento per chi cerca dolcezza, tradizione e qualità a Bergamo - ci ha raccontato il titolare, Danilo Bonora. Situata ai piedi di Città Alta, la nostra pasticceria è un luogo accogliente dove ogni dolce racconta una storia di passione e maestria artigianale. Nel nostro laboratorio interno, prepariamo con cura e dedizione torte personalizzate, mignon, brioche fresche, panettoni artigianali e dolci tipici bergamaschi, utilizzando solo ingredienti freschi e di qualità. Ogni prodotto è realizzato con processi di lievitazione naturale, per garantire un gusto autentico e genuino. Oltre alla pasticceria, offriamo anche un servizio di bar caffetteria, dove è possibile gustare un ottimo caffè, cappuccini, spremute d’arancia e succhi di frutta biologici, accompagnati da dolci freschi e salati. Per eventi speciali, mettiamo a disposizione il nostro servizio di catering, con prodotti dolci e salati preparati artigianalmente. La nostra filosofia è semplice: offrire solo il meglio della pasticceria tradizionale, con un servizio attento e professionale, in un ambiente familiare e accogliente. Vi aspettiamo per condividere insieme la dolcezza della nostra tradizione”.
Prime colazioni
Perfetta per la colazione o una pausa golosa, la pasticceria propone: pasticceria artigianale e dolci tipici bergamaschi, brioche fresche, mignon e pasticcini, torte su ordinazione per eventi.
Cake design artigianale
Pasticceria San Francesco è specializzata nella realizzazione di pasticceria artigianale, pasticcini secchi, uova pasquali, briosche e mignon per tutti i gusti.
I pasticceri di San Francesco Pasticceria mettono inoltre a disposizione la propria esperienza offrendovi il servizio di cake design artigianale per torte personalizzate in base a ogni esigenza.
Pasticcini e pasticceria secca
Presso la Pasticceria San Francesco verrete accolti in una location curata nel minimo dettaglio nella quale potrete degustare pasticcini, pasticceria secca, dolci tipici e solo il meglio della pasticceria italiana. Con impegno e dedizione massima, lo staff di Pasticceria San Francesco è al vostro fianco da oltre 50 anni per fornirvi prodotti dolciari preparati con amore, ingredienti freschi e materie prime accuratamente selezionate. La pasticceria è sinonimo di qualità e valorizzazione di prodotti dolciari italiani nel rispetto della tradizione.
Consegna a domicilio e servizio catering
Pasticceria San Francesco è al vostro fianco offrendovi inoltre il servizio di consegna a domicilio di dolci, torte di compleanno e confezioni regalo a base di praline. Lo staff vi offre il servizio di catering per eventi a base di prodotti dolci o salati preparati artigianalmente.
Pasticceria San Francesco Via IV Novembre, 2 Bergamo Tel. 035 259522 pasticceriasanfrancesco@virgilio.it - www.pasticceriasanfrancesco.com
Premio Italiano di Architettura 2025: LA CARRARA MIGLIOR EDIFICIO D’ITALIA
ANTONIO RAVALLI ARCHITETTI RICEVE IL PREMIO ITALIANO DI ARCHITETTURA 2025 PER IL "MIGLIOR EDIFICIO" DELL'ULTIMO TRIENNIO IN ITALIA PER L'AMPLIAMENTO E VALORIZZAZIONE DI ACCADEMIA CARRARA DI BERGAMO.
Il Premio, promosso da Triennale Milano in collaborazione con il MAXXI –Museo nazionale delle arti del XXI secolo, è il più importante riconoscimento per l’architettura in Italia. Il progetto di Antonio Ravalli Architetti per Accademia Carrara ha raggiunto due obiettivi importanti: la riorganizzazione di accessi e circolazione interna del museo e la realizzazione di nuovi servizi ai visitatori, come giardino e caffetteria. Il corpo lineare, che si insinua tra la facciata occidentale e il basamento di pietra che mediava tra l'edificio e il paesaggio antistante, è al tempo stesso un portico, una rampa, un elemento di distribuzione, un sistema di nuovi spazi affacciati sulla città. La sua forma, volutamente incerta, si adatta al contesto e all'edificio esistente incorporando elementi e materiali diversi: pietra, acqua, legno, metallo e resti archeologici. Con queste parole la giuria del Premio Italiano di Architettura 2025 ha consegnato il riconoscimento "Miglior Edificio", nell'ultimo triennio in Italia, all'architetto Antonio Ravalli per il progetto realizzato per Accademia Carrara di Bergamo, commissionato da Fondazione Accademia Carrara nel 2021, donato nel 2022 al Comune di Bergamo, e coadiuvato da una commissione scientifica internazionale.
Un ripensamento totale, negli spazi interni ed esterni, orientato a una maggiore flessibilità e migliore fruibilità, al passo con gli standard dei più importanti musei in Italia e nel mondo. Un percorso in due tappe: nel 2023, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura, la conclusione della prima corposa parte di lavori di riallestimento interno, con un nuovo ordinamento dei piani, uno interamente dedicato alla collezione permanente, l'altro alle mostre temporanee; nel 2024 grazie a un percorso coperto che collega in modo armonico i diversi livelli, l'apertura de I Giardini PwC, uno spazio riqualificato di oltre 3.000 metri quadrati, arricchiti di un bistrot. Questi importanti interventi architettonici, sostenuti da investimenti straordinari, hanno dato avvio alla "nuova Carrara": un museo consapevole del proprio ruolo culturale e sociale, che sa guardare al futuro, partendo dalla valorizzazione del proprio patrimonio storico-artistico e paesaggistico, capace di proporre al pubblico la miglior esperienza di visita. Nell'idea di Antonio Ravalli Architetti l'intero progetto intende innestarsi in modo armonico sulla storica struttura di fine Settecento, evocando la classicità pacata dei grandi musei, come The National Gallery di Londra, esprimendo al contempo un equilibrio raffinato tra rigore e morbida eleganza. Un gesto architettonico che interpreta la storia con linguaggio contemporaneo, restituendo naturalezza e insieme vitalità. L'opera è stata realizzata dal Comune di Bergamo con l'importante contributo di Regione Lombardia e Fondazione Accademia Carrara.
SVELATO IN PIAZZA GIACOMO CARRARA IL “GRANDE
CARDINALE IN PIEDI” DI GIACOMO MANZÙ, OPERA
DONATA DA FONDAZIONE BANCA POPOLARE DI BERGAMO ALLA CITTÀ.
IL GRANDE CARDINALE IN PIEDI
Il Grande Cardinale in piedi, una delle opere più significative di Giacomo Manzù, è stato posato in piazza Giacomo Carrara, dove trova la sua collocazione permanente. L’imponente scultura in bronzo, realizzata tra il 1985 e il 1988, è stata donata a Bergamo, terra natale dell’artista, dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo – Ente Filantropico: un gesto di mecenatismo che restituisce alla comunità uno dei capolavori più intensi del maestro, collocandolo nel cuore del distretto culturale che unisce Accademia Carrara, GAMeC e Museo Diocesano Adriano Bernareggi. Acquistata dagli eredi Manzù, l’opera proviene da Ardea (Roma), dove lo scultore visse gli ultimi anni della sua vita. È stata collocata nell’area verde lungo il margine sinistro della piazza, tra le sedute esistenti e in prossimità del percorso pedonale principale. La posizione scelta consente una fruizione diretta e raccolta dell’opera, senza compromettere le visuali prospettiche verso l’Accademia Carrara né interferire con i flussi di attraversamento della piazza. La scelta di questa collocazione valorizza un luogo simbolico, punto d’incontro tra arte classica e moderna, offrendo a cittadini e visitatori l’occasione di ammirare da vicino una delle creazioni più maestose e intense di Manzù. La cerimonia di svelamento e di consegna simbolica alla città si è svolta alla presenza di Giulia Manzù, presidente della Fondazione Manzù e figlia dell’artista, della sindaca di Bergamo Elena Carnevali, dell’assessore alla Cultura Sergio Gandi e dell’assessore alla Rigenerazione Urbana Francesco Valesini, insieme al presidente della Fondazione Banca Popolare di Bergamo – EF Armando Santus.
UNA NUOVA TAPPA PER MANZÙ A BERGAMO
Il Grande Cardinale in piedi (1985–1988, fusione in bronzo) rappresenta una figura monumentale, alta oltre tre metri, avvolta in un piviale stilizzato e con la mitra sul capo. Appartiene alla celebre serie di cardinali e vescovi che Manzù iniziò a scolpire alla fine degli anni Trenta, trasformando l’esperienza diretta della liturgia romana in un ciclo che l’avrebbe accompagnato per tutta la vita. Quest’opera, in particolare, fu realizzata negli ultimi anni di attività dello scultore (1985–1988). Secondo le ricerche di Barbara Cinelli – storica dell’arte ed esperta di Giacomo Manzù, curatrice del primo catalogo digitale dedicato all’artista –, la scultura nacque dall’assemblaggio – tramite saldature e successiva patinatura – di porzioni fuse dall’artista nella sua fonderia di Campo del Fico. Rimasta a lungo presso gli eredi, oggi arriva nella città natale di Manzù, in una collocazione che ne valorizza il significato artistico e simbolico. Con questa donazione, Bergamo arricchisce ulteriormente il proprio “museo diffuso” dedicato a Manzù, che già annovera opere come il Monumento al Partigiano in piazza Giacomo Matteotti, gli Amanti nel cortile della GAMeC e il Cardinale nei giardini del Palazzo della Provincia. “Negli ultimi anni - ha detto Giulia Manzù, figlia dell’artista - è stata mia intenzione costante riannodare i fili delle radici che legano a Bergamo la figura di mio padre. È dunque con molto orgoglio che con mio fratello Mileto possiamo oggi vedere in un luogo simbolico, tra l’Accademia Carrara e la
Galleria d’Arte Moderna, il Grande Cardinale di Giacomo Manzù. Grazie alla donazione di Fondazione Banca Popolare di Bergamo il Grande Cardinale esce dall’atelier di Ardea, dove i miei genitori l’hanno custodito per molti anni, e diviene il simbolo tangibile di un rinnovato legame tra l’artista e la sua città”. “Per la città di Bergamo - ha dichiarato Elena Carnevali, sindaca di Bergamo - il Grande Cardinale in piedi di Giacomo Manzù rappresenta un dono particolarmente prezioso, non solo per il valore artistico intrinseco dell’opera, ma anche per la sua forza evocativa, che continua a parlarci della dimensione interiore dell’essere umano, del potere e della spiritualità. Ringrazio la Fondazione Banca Popolare di Bergamo, e il suo Presidente Armando Santus per aver consegnato alla città un’opera straordinaria di uno dei massimi interpreti dell’arte del Novecento, che si inserisce pienamente nel percorso a cielo aperto delle sculture di Giacomo Manzù già presenti in diversi luoghi pubblici della nostra città. La collocazione del Grande Cardinale in piedi in piazza Giacomo Carrara porta l’arte nel tessuto vivo della città, permettendole di parlare ogni giorno a pubblici diversi, in un’area che si configura sempre più come luogo di connessione tra cultura e natura. L’Amministrazione comunale crede, e oggi lo riconferma, nel ruolo dell’arte come leva di rigenerazione urbana e culturale, capace di dare nuova vita agli spazi pubblici e rafforzare l’identità della nostra città come luogo in cui la cultura è parte integrante del vivere quotidiano”. Armando Santus, presidente di Fondazione Banca Popolare di Bergamo - EF: “Desideriamo offrire alla città non solo una grande opera d’arte, ma anche un segno di riconoscenza verso il luogo da cui tutto è cominciato. L’Accademia Carrara rappresenta infatti il punto sorgivo di ogni successivo sviluppo artistico dentro la nostra comunità: senza la Carrara non ci sarebbero stati né Giacomo Manzù né, più tardi, la GAMeC. La collocazione in piazza Carrara è una scelta felice, decisa insieme al Comune di Bergamo, che ringrazio per la collaborazione e la sensibilità dimostrata. È il luogo ideale per illuminare le radici stesse della nostra storia artistica e mettere in dialogo l’arte classica con quella moderna e contemporanea”. Sergio Gandi, assessore alla cultura “Oggi Bergamo celebra un momento di profondo significato civico e culturale. Con lo svelamento del Grande Cardinale in piedi di Giacomo Manzù, dono generoso della Fondazione Banca Popolare di Bergamo alla città, rendiamo infatti omaggio ad un artista che con la sua opera ha saputo dare forma universale all’anima della nostra terra. Collocata nel cuore di un distretto che unisce le più importanti istituzioni artistiche della città, il Grande Cardinale in piedi si offre così allo sguardo di tutti come simbolo di bellezza e di interiorità, come invito a sostare, a contemplare, a ritrovare, nella forza silenziosa del bronzo e nella verticalità assorta della figura, un messaggio di dignità e di umanità che parla a ciascuno di noi. Bergamo accoglie il Grande Cardinale in piedi come un nuovo custode della propria anima culturale, un punto di riferimento che testimonia la grandezza dell’artista e, insieme, la volontà collettiva di rendere l’arte accessibile, quotidiana, condivisa.”
Nella fotografia, il giorno della posa della grande opera in piazza Giacomo Carrara, da sinistra, Francesco Valesini Assessore alla Riqualificazione
Urbana, Giulia Manzù figlia dell’artista, Elena Carnevali Sindaca di Bergamo, Sergio Gandi Assessore alla Cultura e Armando Santus Presidente della Fondazione Banca Popolare di Bergamo
IL RITORNO DELLA VOCAZIONE
Dopo l’esposizione a Palazzo Creberg, prosegue il processo di riconsegna di 11 dei 14 dipinti restaurati da Fondazione Creberg nel corso del 2025 a cui si sommano le 3 pale alzanesi di Giambettino Cignaroli in mostra ad Alzano Lombardo fino al 30 novembre 2025. Il 17 novembre 2025 è stata ricollocata alla sua sede originaria, la chiesa diSan Pietro Apostolo di Trescore Balneario, l’importante opera “Vocazione di San Pietro” eseguita nell’ambito della collaborazione tra Ricci e Polazzo. Con questo intervento, salgono a 129, dal 2007 ad oggi, le opere recuperate da Fondazione Creberg nell’ambito del Progetto “Grandi Restauri”: dipinti, pale d’altare, predelle, polittici, opere per la devozione privata appartenenti a chiese della Diocesi e a Musei del territorio (per un totale di 168 dipinti,considerando le singole opere componenti i polittici).
“La nostra attività nell’ambito del progetto “Grandi Restauri” – ha spiegato Angelo Piazzoli, presidente di Fondazione Creberg – non si configura quale semplice “sponsorizzazione” che prevede l’erogazione agli Enti destinatari dei fondi messi a disposizione. Noi ci prendiamo in carico l’intervento “in toto”: dal supporto alle richieste di autorizzazione alla copertura assicurativa, dall’imballaggio al trasporto, dalla logistica alla selezione del professionista che effettuerà l’intervento, dai sopralluoghi durante le fasi di restauro alla ricollocazione del bene culturale, dalla comunicazione delle varie fasi di ogni intervento all’intensa attività espositiva e divulgativa nei confronti del pubblico, che da anni ci segue con grande attenzione e passione. Si tratta di un lavoro impegnativo che comporta molto tempo e lavoro oltre a rilevanti risorse ma che offre, a noi e a chi ci segue, una profonda consapevolezza di cosa sia la conservazione dei beni culturali per fini di pubblica fruizione - ha sottolineato Angelo Piazzoli. Fondazione Creberg è vicina alle Soprintendenze e alle Istituzioni perché ha a cuore la “tutela”, parola chiave presente nell’art. 9 della Costituzione Italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”
“In quest’occasione – ha concluso il Presidente – siamo molto lieti di essere di nuovo accanto alla Parrocchia di San Pietro a Trescore Balneario che, dopo il restauro avvenuto lo scorso anno del San Pietro liberato dall’angelo di Sebastiano Ricci, ci ha chiesto un ulteriore sforzo, concretizzato nel ripristino di un’importante dipinto eseguito a quattro mani da Ricci e Polazzo, che il tempo e le problematiche di conservazione avevano profondamente danneggiato”.
LA BOTTEGA DI SEBASTIANO RICCI (Belluno 1659 – Venezia 1734) e FRANCESCO POLAZZO (Venezia, 1682 – Venezia, 1753)
Sebastiano Ricci è stato un personaggio dalla professionalità estremamente sfaccettata: ufficialmente pittore e disegnatore iscritto regolarmente alla “fraglia” - Corporazione di arti e mestieri - ma all’occorrenza anche restauratore, caricaturista, consulente e mercante di opere d’arte, oltreché scenografo e impresario di teatro. Di origini bellunesi e cosmopolita nello spirito, fu a capo di una bottega molto prolifica e duttile alla quale partecipa il nipote Marco e altri collaboratori, tra i quali Francesco Polazzo. Egli diede una svolta decisiva alla grande pittura decorativa e di storia con importanti innovazioni in chiave rococò, ancor prima del celebrato Tiepolo al quale, di fatto, apre la strada. La sua carriera si estende tra la fine del XVII secolo e i primi decenni del successivo, uno dei momenti più importanti per le sorti della cultura visiva del Settecento. Un’attività che copre un periodo lungo più di cinquant’anni e testimonia perfettamente la svolta dell’arte veneziana a cavallo dei due secoli con l’evoluzione di una sensibilità artistica di calibro internazionale che si aggiorna continuamente in rapporto al gusto estetico dei più rilevanti centri europei come Firenze, Venezia, Vienna, Londra e Parigi. Sebastiano Ricci viene messo a bottega a Venezia molto giovane ma la sua reale formazione avviene a Bologna al principio degli anni Ottanta del Seicento. Ben presto lo si trova a Parma a lavorare per Ranuccio II Farnese e infine a Roma, sotto la sua stessa protezione, con frequenti viaggi di lavoro anche tra Milano e Pavia. Dopo il secondo matrimonio e la sistemazione in pianta stabile a Venezia, Ricci consolida, commissione su commissione, la carriera di pittore, certo favorita dal curriculum farnesiano. La fama del bellunese varca ben presto i confini italiani: nel 1702 Sebastiano si trova Vienna, al servizio del futuro imperatore Giuseppe I d’Asburgo (1678-1711) e poi a Londra, invitato a partire con lui dal nipote Marco. Artista di elevato livello culturale, una volta arricchitosi e ammirato da tutti decide di investire i suoi guadagni nell’acquisto di terreni agricoli nell’entroterra veneto e in un appartamento alle Procuratie Vecchie dove crea un frequentato cenacolo di artisti ed eruditi. Anche grazie al suo savoir-faire, Ricci fu uno dei pochi pittori dell’epoca ad ottenere il privilegio di trattare direttamente con i propri committenti, da Ranuccio II Farnese duca di Parma al Gran Principe di Toscana Ferdinando de Medici ai Colonna di Roma.
L’OPERA RESTAURATA
Vocazione di San Pietro olio su tela, 310 x 197 cm
Il dipinto, oggi collocato in controfacciata, fa parte di un gruppo di tre opere eseguite da Sebastiano Ricci e bottega per ornare il presbiterio della chiesa di San Pietro apostolo di Trescore. Delle tre tele, che hanno il Santo dedicatario della chiesa come protagonista, non si conosce il contesto di committenza. In origine si trovavano sulla parete del coro, e vedevano al centro il grande telero orizzontale della Consegna delle chiavi mentre ai lati stavano La chiamata di Pietro (o Vocazione di San Pietro) e il San Pietro liberato dall’angelo (anch’esso restaurato da Fondazione Creberg, nel 2024) tutti eseguiti tra il 1708 circa e sicuramente entro il 1715, anno di consacrazione dell’altare.
Francesco Polazzo frequenta la bottega del Ricci sul canale di Cannaregio, probabilmente già dal 1709. “L’ho conosciuto per il lungo tratto di circa 20 anni; e lo pratticai frequentemente quasi ogni giorno per il corso di due anni circa prima la sua morte”. Le parole del Polazzo, pronunciate durante una deposizione giurata testimoniano questa familiarità. Negli anni della frequentazione della bottega riccesca, Polazzo è un pittore già formato, fortemente influenzato da Giambattista Piazzetta, difficile pensare che vi fosse presente come semplice apprendista anche perché nel frattempo aveva ricevuto interessanti commissioni anche dalla bergamasca, forse proprio grazie alle raccomandazioni del Ricci che stava lavorando per Clusone, Gorle e Trescore Balneario.
Dopo l’esposizione al pubblico a ingresso libero e l’attività divulgativa effettuata nel mese di Ottobre grazie alle visite guidate a Palazzo Creberg, il dipinto sarà visibile nella chiesa di San Pietro apostolo di Trescore Balneario negli orari di apertura.
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FUOCHI DI PAGLIA 228 di Giorgio Paglia
FIGLI DELLE STELLE
Alle fine di ottobre un oggetto misterioso interstellare si è avvicinato al Sole e si è reso ben visibile agli strumenti degli astronomi di tutto il mondo. Si tratta di 3I/Atlas, in teoria una cometa, di 45 km di diametro, che però ha delle caratteristiche anomale ancora poco conosciute dai fisici. Ad esempio è composta da una grande quantità di nichel, ma non c’è alcuna traccia di ferro, come invece in tutte le altre comete. Poi, stranamente, è ricca di anidride carbonica, acqua, monossido di carbonio e molecole azotate. Il comportamento più strano è stato osservato nella sua coda, dove avviene l’emissione di un composto sconosciuto, e dalla presenza di una anticoda, formata da particelle dirette verso il Sole. Se questo oggetto dovesse modificare la sua traiettoria o addirittura accelerarla, significherebbe che è governato da un’intelligenza aliena, o che sfrutta leggi fisiche ancora a noi sconosciute. Nei prossimi due mesi ne sapremo di più dalla stessa NASA, sempre che abbia intenzione di divulgare pubblicamente la verità. Cometa o astronave che sia, si apre nuovamente il dibattito tra scienziati e scettici sulla possibilità che nell’universo ci siano altre civiltà oltre a quella umana. Nello spazio ci sono centinaia di miliardi di galassie, le quali contengono ognuna almeno cento miliardi di stelle e intorno a quasi tutte le stelle ruotano dei pianeti (è una scoperta recente). Quindi il calcolo delle probabilità ci toglierebbe ogni dubbio sulla possibile esistenza della vita su altri pianeti intergalattici. Consideriamo poi che noi attualmente conosciamo solo il 5% della materia ordinaria (stelle, pianeti, buchi neri, gas, ecc.) di cui è composto l’universo, il restante 95% è formato da materia oscura (27%) e da energia oscura (68%), di cui non sappiamo praticamente niente, se non che esiste. Qui subentra un altro ragionamento, che non è scientifico, ma piuttosto politico e religioso. Ammettere che l’uomo non sia l’unica forma vivente tra le stelle, significherebbe sminuire il potere delle elite del nostro pianeta e annullare il significato religioso, divulgato dalle varie dottrine fideistiche, che esista un unico Dio abbia creato solo l’essere umano a sua immagine e
somiglianza. Con tutto quanto ne conseguirebbe. Ma ora attenzione alla scienza, perché c’è una cosa certa e straordinaria che riguarda il nostro organismo. L’universo si è formato circa 13,8 miliardi di anni fa. Gli elementi chimici, compresi quelli che compongono il nostro corpo, sono stati creati all’interno delle stelle, che non sono nient’altro che enormi reattori nucleari, in un processo chiamato nucleo sintesi.
Nel nucleo di tutti i nostri atomi umani, ci sono gli stessi protoni(particelle subatomiche a carica elettrica positiva che costituiscono il nucleo di un atomo e che determinano l’identità chimica di un elemento) che si sono formati al momento della creazione dell’universo e che sono stati poi incorporati negli atomi di idrogeno (l’elemento più leggero e abbondante dell’universo) all’interno delle stelle. Questi si sono fusi con altri protoni e neutroni per formare elementi più pesanti, come carbonio, ossigeno e azoto. Questi elementi sono poi stati espulsi nello spazio quando le stelle sono esplose o sono morte. Ed ecco che i protoni sono arrivati a formare il sistema solare e la Terra stessa. Ci siamo! Questi stessi protoni, vecchi di 14 miliardi di anni, praticamente immortali e quasi indistruttibili, sono stati incorporati negli atomi che compongono il nostro corpo. E attenzione, questi protoni (particelle stabili) al momento della nostra morte, e con la susseguente decomposizione del corpo, vengono assorbiti da altri organismi come piante, animali e umani per costruire le loro strutture molecolari biologiche. Così il numero totale dei protoni nell’universo rimane costante nel tempo. Affascinante vero? In pratica noi siamo un’antichissima polvere di stelle e, come qualcuno aveva intuito già migliaia di anni fa, torneremo ad essere polvere universale. Nel ciclo infinito della conservazione della materia e dell’energia.
Alla prossima e in alto i cuori leggeri. Anche su: Twitter:@Fuochidipaglia Instagram:@fuochidigio
JACK VETTRIANO
Fino
MILANO MUSEO DELLA PERMANENTE
al 25 gennaio 2026, il Museo della Permanente a Milano ospita una retrospettiva dedicata a Jack Vettriano (1951-2025), artista scozzese da poco scomparso, molto amato e apprezzato dal pubblico italiano e internazionale per le sue opere dal gusto cinematografico e malinconico.
La mostra, curata da Francesca Bogliolo, organizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci di Pallavicini s.r.l., in collaborazione con Jack Vettriano Publishing e il coordinamento di Beside Arts, propone oltre 80 opere, tra cui nove olii su tela, una serie di lavori su carta museale a tiratura unica, il ciclo di fotografie scattate nello studio dell’artista da Francesco Guidicini, ritrattista ufficiale del Sunday Times, le cui creazioni sono presenti alla National Portrait Gallery di Londra e un video in cui Vettriano parla di sé e della sua evoluzione stilistica.
La vicenda di Jack Vettriano, all’anagrafe Jack Hoggan, sembra uscita dalle pagine di un romanzo vittoriano. Nato nella contea di Fife, sulla costa scozzese del Mare del Nord, in una famiglia legata all'estrazione del carbone, Hoggan inizia a lavorare precocemente, fin dai dieci anni, per contribuire alle finanze familiari e a 16 anni lascia la scuola per impiegarsi come apprendista tecnico minerario. Solo a ventun anni comincia a dipingere da autodidatta, dopo aver ricevuto un set di pennelli e acquerelli in regalo per il suo compleanno. Quasi quindici anni più tardi, nel 1988, riesce a esporre in un ambiente artistico professionale, alla Royal Scottish Academy a Edimburgo; durante questa sua mostra d’esordio, nel primo giorno d'esposizione, entrambi i suoi dipinti sono venduti. Trasferitosi a Edimburgo, assume il nome d’arte Vettriano, mutuato dal cognome della madre, figlia di un emigrante italiano della provincia di Frosinone.
La sua carriera, osteggiata dalla critica d’arte ufficiale, che probabilmente non gli perdonava la sua formazione da autodidatta e che lo accusava di riproporre una estetica leggera, ha avuto tuttavia grande successo tra gli appassionati di pittura che gli riconoscono una grande capacità di creare atmosfere evocative in grado di suscitare emozioni intense e l’abilità nel catturare momenti di elevata sensualità. A testimonianza dell’apprezzamento del pubblico, uno dei suoi lavori più famosi, Il maggiordomo che canta (The singing butler), nel 2004, è stato battuto da Sotheby’s per quasi 750.000 sterline. La scena raffigura una coppia danzante, che si muove in modo leggiadro sulla battigia in una giornata uggiosa e ventosa, protetta dagli ombrelli aperti da una cameriera e da un maggiordomo che, nell’immaginazione di Vettriano, intona la melodia di Fly me to the moon di Frank Sinatra.
La mostra presenta oltre 80 opere dell’artista scozzese da poco scomparso, le cui atmosfere noir evocano situazioni sensuali.
I suoi quadri evocano atmosfere noir, spesso con tematiche romantiche e nudi in primo piano; il suo stile peculiare richiama situazioni sensuali e dimensioni scenografiche. Il tema dell’amore è spesso presente nelle sue opere; un amore romantico e allo stesso tempo inquieto, dove donne dalla conturbante bellezza e uomini eleganti, intrecciano i loro rapporti in lussuose camere d’albergo, in club esclusivi, o in sale da ballo.
MATT MULLICAN That Person’s Heaven
A cura di Stefano Raimondi. Una produzione The Blank Contemporary Art
La mostra segna il ritorno in Italia di uno dei più importanti artisti contemporanei e apre la 15° edizione del Festival ArtDate
Matt Mullican presenta una nuova grande opera installativa, a metà tra ipnosi e consapevolezza, realizzata in collaborazione con Aquafil S.p.A. e Radici Pietro Industries & Brands S.p.A.
PALAZZO DELLA RAGIONE
Fino al 18 gennaio 2026
In occasione del suo 15° anniversario, The Blank, ha presentato, nello storico Palazzo della Ragione di Bergamo, That Person’s Heaven, una mostra personale dell’artista americano Matt Mullican, a cura di Stefano Raimondi. La mostra apre il Festival d’Arte Contemporanea ArtDate, sostenuto da Regione Lombardia e dal Comune di Bergamo, che si sviluppa con oltre quaranta appuntamenti nella città di Bergamo e che quest’anno ha come tema portante il silenzio. Fino al 18 gennaio 2026, l’artista, le cui opere sono incluse nelle collezioni dei più importanti musei al mondo - tra cui il MoMA e il Whitney Museum of American Art di New York, la Tate di Londra e il Centre Pompidou di Parigi - torna a esporre in un’istituzione italiana dopo la retrospettiva al Pirelli Hangar Bicocca (2018), realizzando una nuova grande installazione concepita appositamente per gli spazi di Palazzo della Ragione. Fin dagli anni settanta Matt Mullican (1951, Santa Monica, California. Vive e lavora a New York e a Berlino) ha sviluppato un complesso sistema di simboli, pittogrammi e codici cromatici che strutturano l’organizzazione e la condivisione della conoscenza, del linguaggio e del significato: il verde indica il materiale, l’azzurro la quotidianità, il giallo le idee, bianco e nero simboleggiano il linguaggio e il rosso il soggettivo. Questa mappa cromatica è diventata il suo modo di dare forma a un cosmo personale, una griglia in grado di interpretare ogni aspetto dell’esperienza umana. Il titolo della mostra fa riferimento a That Person, un personaggio specifico che Mullican incarna durante le sue sessioni ipnotiche, un alter ego che non coincide pienamente con l’artista, ma che ne abita il corpo e ne usa la voce. È un’entità che si esprime con gesti infantili, con un linguaggio apparentemente privo di filtro, a tratti caotico, a tratti sorprendentemente lucido. E proprio in stato di ipnosi è realizzata l’opera che nella sua totalità si presenta come una monumentale griglia quadrata di 16x16 metri, composta da trentadue lavori di uguali dimensioni, realizzati metà in bianco e nero e metà in rosso. L’artista utilizza la trance ipnotica come strumento per esplorare stati di coscienza alterati e produrre esperienze performative uniche. In questo contesto, il silenzio non rappresenta un vuoto, ma un elemento strutturale che amplifica l’intensità dell’indagine interiore. Il silenzio diventa luogo di sospensione in cui emergono immagini, simboli e memorie inconsce, assumendo così un ruolo attivo, facilitando l’accesso a dimensioni percettive profonde e difficilmente raggiungibili in condizioni ordinarie. La pratica ipnotica di Mullican dimostra
come l’arte possa farsi veicolo di esplorazione della mente attraverso linguaggi non verbali. L’artista afferma: Tutto è nella mente. Tutte le immagini sono mentali. Il lato in bianco e nero è dipinto da quella persona. Quella persona è ciò che divento in trance ipnotica. Il copione è dipinto. Il copione è mentale. Il soggetto è il tempo. Il soggetto è ciò che faccio dopo essermi svegliato e prima di andare al lavoro. Riguarda i dettagli e le emozioni quotidiane. Riguarda il soggetto delle nostre emozioni che fanno cose che non ricorderemo di aver fatto. Il lato destro riguarda il quadro generale ma non è necessariamente reale. Riguarda il paradiso, Dio, i demoni e gli angeli prima della nascita e dopo la morte. Non ci sono parole sul lato destro! È tutto astratto! Sono parti diverse della stessa storia. Rispondono alle domande: Dov’ero prima di nascere? Perché mi accadono cose mentre vivo la mia vita? Dove vado dopo la morte?
In questo contesto, la pratica ipnotica si configura come un cortocircuito. Se la griglia è lo strumento per ordinare e razionalizzare, l’ipnosi introduce l’elemento dell’imprevedibile. È un’apertura al caos che mette in tensione l’intera architettura concettuale dell’artista. Emerge da questo lavoro una forza primordiale, come se quei segni contenessero una verità più autentica rispetto a quella raggiungibile da svegli. Il processo ipnotico diventa così una metafora della condizione artistica in generale. Per Mullican l’arte non nasce tanto da un atto volontaristico, quanto da una disponibilità a lasciarsi possedere da immagini, linguaggi e visioni.
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PIETER PAUL RUBENS GIOVAN CARLO DORIA A CAVALLO
Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei presentano il quarto appuntamento di quest’anno del format PTM Andata e Ritorno, il progetto che trasforma le “partenze” collegate alle richieste di prestito in “arrivi” di opere ospiti: un’occasione per accogliere nelle sale della Pinacoteca capolavori che consentano di approfondire temi legati non solo al percorso espositivo permanente ma anche, più in generale, alla storia della pittura e del collezionismo in città, offrendo al pubblico la possibilità di ammirare importanti opere provenienti da altri musei italiani e internazionali.
Ospite eccellente in questa occasione è il celebre Ritratto di Giovan Carlo Doria a cavallo di Pieter Paul Rubens, dipinto proveniente dalla Galleria Nazionale della Liguria (Musei Nazionali di Genova), che costituiva il fulcro della celebre collezione di Giovan Carlo Doria, di cui il Ministero della Cultura ha recentemente acquisito due importanti tasselli che hanno impreziosito la raccolta della Galleria Nazionale della Liguria stessa e che sarà esposto temporaneamente nella sala 1 della Pinacoteca Tosio Martinengo, dal 28 ottobre fino al 15 febbraio 2026. L’opera giunge a Brescia in occasione della partenza del San Giorgio e il drago, capolavoro assoluto della pittura del Quattrocento bresciano, in prestito alla mostra “San Giorgio. Il viaggio di un santo cavaliere dall’Oriente a Genova”, di cui l’opera delle Collezioni bresciane è anche l’immagine del manifesto ufficiale dell’evento, allestito negli spazi del Teatro del Falcone all’interno del complesso del Palazzo Reale di Genova.
L’arrivo del dipinto di Rubens rappresenta un’occasione straordinaria per presentare al pubblico bresciano, per la prima volta, un’opera del maestro di Anversa, massimo esponente del Barocco internazionale e tra i più influenti pittori dell’Età moderna. Il maestoso ritratto di Giovan Carlo Doria, nobile mecenate genovese, testimonia la potenza espressiva e la straordinaria capacità narrativa di Rubens, che unì monumentalità classica e sensibilità moderna in un equilibrio perfetto di forza e grazia. Il Ritratto di Giovan Carlo Doria a cavallo è una delle immagini più potenti e rappresentative della ritrattistica barocca europea.
L’opportunità di ospitare un capolavoro del Seicento europeo assume un valore ancora più significativo poiché, in concomitanza con la presenza del Ritratto di Giovan Carlo Doria a cavallo, la Pinacoteca Tosio Martinengo accoglie anche la prima monografica italiana dedicata a Matthias Stom: “Matthias Stom. Un caravaggesco nelle collezioni lombarde”. Gli studi più recenti concordano nel riconoscere che Stom, anch’egli originario delle Fiandre, si formò proprio nella bottega rubensiana, per poi sviluppare in Italia un linguaggio autonomo, affermandosi come ultimo baluardo del naturalismo caravaggesco.
“L’arrivo a Brescia dell’imponente Ritratto equestre di Giovan Carlo Doria di Rubens rappresenta un momento di grande prestigio per la nostra città e per il suo sistema museale. Questo capolavoro del Barocco europeo, esposto per la prima volta al pubblico bresciano, testimonia la capacità di Fondazione Brescia Musei di costruire relazioni qualificate con istituzioni culturali di primo piano. Il progetto PTM Andata e Ritorno si conferma, ancora una volta, una formula vincente: non si tratta solo di prestiti, ma di veri e propri dialoghi tra capolavori che arricchiscono il percorso della nostra Pinacoteca e offrono ai cittadini e ai visitatori occasioni straordinarie di approfondimento. La presenza del dipinto di Rubens, infatti, assume un valore ancora più significativo grazie alla compresenza in Pinacoteca della mostra dedicata a Matthias Stom, altro maestro fiammingo formatosi proprio nella bottega rubensiana. Brescia conferma di saper valorizzare il proprio patrimonio attraverso una progettualità culturale ambiziosa e una capacità di fare rete che ci proietta con autorevolezza nel panorama museale italiano ed europeo”. Laura Castelletti, Sindaca di Brescia
Pieter Paul Rubens
Non mancano, nella storia collezionistica bresciana, tracce significative del legame con l’artista fiammingo. Un suo dipinto raffigurante Ercole che lotta contro il leone di Nemea era infatti conservato nella galleria della famiglia Avogadro, e diverse opere anticamente attribuite a lui o alla sua scuola arricchivano le raccolte di illustri famiglie locali, tra cui quelle dei Lechi. Grazie al lascito di Paolo Tosio, poi, la Pinacoteca conserva oggi un bozzetto con una Testa di vecchia, probabilmente ricavato da un prototipo del maestro a opera di un esponente della sua bottega. A completare questo dialogo con Rubens, si aggiunge la ricca collezione di stampe di traduzione custodite nelle raccolte civiche, testimonianza concreta del duraturo interesse verso le sue invenzioni artistiche.
A cura di Manuel Carrera, Davide Dotti, Anna Villari
L’esposizione si focalizzerà sui primi quindici anni del Novecento, quando nuovi linguaggi e inedite sensibilità si impongono nel panorama culturale europeo e italiano, influenzando la pittura, la scultura, la grafica pubblicitaria, la moda, la fotografia e le arti applicate.
LIBERTY
La mostra presenterà oltre 100 capolavori tra dipinti di Vittorio Matteo Corcos, Gaetano Previati, Plinio Nomellini, Ettore Tito, Amedeo Bocchi, Cesare Tallone, sculture di Edoardo Rubino, Leonardo Bistolfi e Liberto Andreotti, affiches di Giovanni Battista Carpanetto, Leonardo Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, ceramiche di Galileo Chini, fotografie d’epoca e spezzoni cinematografici.
L'ARTE DELL'ITALIA
MODERNA
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, tra gli ambienti artistici internazionali, inizia a diffondersi il Liberty, una tendenza stilistica che influenza diversi ambiti creativi e produttivi: pittura, scultura, architettura, grafica, moda, fotografia, arti applicate e perfino il nascente mondo del cinema.
Questo nuovo gusto, tra acceso entusiasmo per la modernità e riscoperta di pratiche artigianali spinge anche gli artisti italiani a interpretare, e ad adattare al clima culturale del nostro paese, le novità dell’arte internazionale. Sulla scia dell’Art Nouveau in Francia, del Modern Style in Inghilterra, dello Jugendstil in Germania, della Sezession in Austria, in Italia s’impone il cosiddetto stile nuovo o stile floreale, caratterizzato da forme sinuose ed eleganti linee serpentine ispirate al mondo naturale, che diventa grande fonte di ispirazione formale.
Al Liberty, Palazzo Martinengo a Brescia dedica un’ampia retrospettiva in programma dal 24 gennaio al 14 giugno 2026, che porterà il visitatore a immergersi nei temi e nelle atmosfere di un’epoca di profondi cambiamenti, tanto nell’arte quanto nella società.
L’esposizione, curata da Manuel Carrera, Davide Dotti, Anna Villari, organizzata dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, col patrocinio della Provincia di Brescia, del Comune di Brescia e della Fondazione Provincia di Brescia Eventi, s’inserisce nel filone d’indagine, promosso dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, sulle espressioni artistiche fiorite a cavallo dei secoli XIX e XX e prosegue cronologicamente il percorso intrapreso lo scorso anno con la fortunata rassegna dedicata alla Belle Époque, visitata da oltre 75.000 persone
La mostra presenta una selezione di oltre cento capolavori, provenienti da collezioni private, e quindi poco note al pubblico, e da importanti istituzioni museali quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la Galleria Nazionale di Parma e i Musei Civici di Udine. La scelta delle opere esposte in Palazzo Martinengo tiene conto anche della partecipazione degli artisti alle grandi esposizioni tenutesi in Italia tra la fine del XIX e i primi due decenni del XX secolo: dalle prime Biennali di Venezia all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902; dall’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Milano del 1906 fino alla grande Esposizione Internazionale di Roma del 1911 che celebra i cinquant’anni dall’Unità d’Italia. Si avrà così la possibilità di rileggere importanti opere dell’arte italiana attraverso una nuova prospettiva, e al contempo di riportare alla luce opere meno o affatto note al pubblico e in qualche caso del tutto inedite. Il dialogo tra pittura e scultura, grafica, fotografia e l’allora nuovissimo linguaggio cinematografico, a cui sarà dedicata un’intera sezione con un focus sul fenomeno nascente del “divismo”, offrirà al pubblico la possibilità di entrare da prospettive inusuali in uno dei periodi più fertili della storia dell’arte europea tra Ottocento e Novecento.
Il percorso espositivo, articolato in otto sezioni tematiche, si dipana tra i dipinti di Vittorio Matteo Corcos, Gaetano Previati, Plinio Nomellini, Ettore Tito, Amedeo Bocchi, Cesare Tallone e altri ancora, e le sculture in bronzo e in marmo di Edoardo Rubino, Leonardo Bistolfi e Libero Andreotti. Sarà inoltre possibile comprendere il clima artistico e culturale dell’Italia Liberty grazie alla selezione di elegantissimi abiti femminili realizzati negli atelier dei sarti più famosi, di coloratissime affiches che pubblicizzavano grandi magazzini di moda, liquori, giornali, spettacoli teatrali e località turistiche, disegnati da insigni illustratori come Giovanni Battista Carpanetto, Leonardo Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, e di raffinatissime ceramiche artistiche dai decori ispirati alla natura, figlie della geniale creatività di Galileo Chini.
PAOLO CONTE O R I G I N A
“Il disegno è uno dei miei due vizi capitali, più antico di quello per la musica e le canzoni”
“PAOLO CONTE. Original” è la più ampia mostra mai dedicata in Italia e all’estero al grande musicista italiano amato in tutto il mondo e svela, attraverso oltre 140 opere, l’anima pittorica del celebre cantautore. Un’occasione unica per scoprire il lato più intimo e inedito di un artista che ha fatto della libertà espressiva il suo segno distintivo. Dal 5 novembre, Palazzo Mazzetti di Asti presenta una mostra inedita e dal grande fascino:“PAOLO CONTE. Original”, la prima grande mostra dedicata al grande poeta, cantautore e compositore italiano e alla sua espressione artistica nata ancora prima della musica: la pittura. Paolo Conte è uno degli artisti più amati del nostro tempo, icona indiscussa della storia della canzone d’autore, acclamato dai più prestigiosi palcoscenici internazionali, dal Blue Note di New York alla Philharmonie Berlin, dall’Olympia di Parigi al Teatro alla Scala di Milano. Che si tratti della sua musica o dei versi delle sue canzoni o dei suoi disegni, alla base del suo processo creativo c’è un aspetto fondamentale e immediatamente riconoscibile: il suo stile unico, inconfondibile, fedele solo a se stesso. In questa direzione si muove la mostra, la più ampia mai realizzata: 143 lavori su carta, eseguiti con tecniche diverse e in un arco di tempo di quasi settant'anni. Paolo Conte ha coltivato per tutta la vita una riservata passione per l’arte visiva, formandosi come pittore e disegnatore. Dopo aver esposto nel 2000 al Barbican Hall di Londra e in diverse città italiane fino al 2007, nel 2023 Paolo Conte è invitato a esporre alla Galleria degli Uffizi, confermando il suo legame profondo con l’immagine.
DAL 5 NOVEMBRE, LA FONDAZIONE ASTI MUSEI E ARTHEMISIA PRESENTANO A PALAZZO MAZZETTI DI ASTI UN VIAGGIO SORPRENDENTE NELL’UNIVERSO CREATIVO DI PAOLO CONTE.
I suoi lavori conducono lo spettatore al centro stesso della sua poetica: elegante, malinconica, jazzata e ironica. In mostra, opere mai esposte, tra cui Higginbotham del 1957, a tempera e inchiostro, dedicata a uno dei primi grandi trombonisti jazz. Altro nucleo importante della mostra è costituito dalla selezione di tavole tratte dalle oltre 1800 di Razmataz, l’opera interamente scritta, musicata e disegnata da Paolo Conte. Ambientata nella Parigi vitale e autunnale degli anni Venti, Razmataz celebra – dietro la misteriosa scomparsa di una ballerina –l’attesa e l’arrivo in Europa della bellezza della giovane musica americana, il jazz. Razmataz svela la capacità di Paolo Conte di fissare sulla carta atmosfere e personaggi, in una libertà formale che richiama le avanguardie del primo Novecento, “un periodo – afferma l’artista – carico per me di sensualità, di una immediata danzabilità che lo contraddistingue”. Infine una terza sezione di opere su cartoncino nero in cui Paolo Conte si affida alla suggestione delle linee e dei colori in un omaggio garbato, talvolta venato di ironia, alla musica classica, al jazz, alla letteratura, all'arte. Specificità della mostra è inoltre il percorso espositivo: le opere si susseguono secondo una scelta scrupolosa e sorprendente, espressione del suo universo poetico assolutamente singolare. E questo non poteva che avvenire sotto la guida stessa del Maestro Paolo Conte, e del suo sguardo autentico, inimitabile, original, con una sola avvertenza: “Lasciare al pubblico – riprendendo le sue parole – la possibilità di immaginare con libertà massima”. La mostra è un’opportunità rara per scoprire il lato più visivo e nascosto di un artista immenso. La mostra, con il contributo concesso dal Ministero della Cultura - Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Regione Piemonte, Città di Asti, in collaborazione con Arthemisia con Fondazione Egle e Paolo Conte e REA Edizioni Musicali, con il contributo di Fondazione CRT, con il patrocinio della Provincia di Asti ed è curata da Manuela Furnari, saggista e autrice dei più importanti testi critici sull’opera di Paolo Conte.
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PROTAGONISTI ALLA BRAFA 2026 FINO AL 1° FEBBRAIO
Nella capitale dell’Art Nouveau impossibile non partire da un capolavoro firmato René Lalique, proposto da Epoque Fine Jewels: un choker Art Nouveau in oro, diamanti, smalto e vetro, realizzato a Parigi intorno al 1905. La collana, composta da sei placche pentagonali in vetro ambrato modellato, presenta fiori di cardo intrecciati e ricurvi aculei tempestati di diamanti, impreziositi da smalti gialli e bruni. Piccoli motivi floreali in vetro arancio, anch’essi ornati di diamanti, completano la composizione. Conservato nel suo astuccio originale della Place Vendôme, firmato “Lalique”, questo gioiello straordinario incarna lo spirito simbolico e naturalista dell’Art Nouveau, trasformando il collo in un palcoscenico di forza, eleganza e immaginazione visionaria.
Se l'arte di ogni tempo e angolo del pianeta caratterizza l'eclettica BRAFA Art Fair (25.1-1.2.2026 Bruxelles Expo) e ne fa una delle manifestazioni più godibili per i visitatori, oltre che per professionisti ed esperti, la gioielleria diventa un fil rouge emblematico. Dal torques celtico ai collari egizi, dalle perle rinascimentali alle creazioni Art Déco, il collier resta uno dei gioielli più antichi e universali, attraversando i secoli come simbolo di status, eleganza e identità.
"Decorare il collo è un gesto che accompagna l’uomo fin dalla preistoria" evidenzia Beatrix Bourdon, Direttore BRAFA Art Fair "Il collier, fragile difesa e potente ornamento, rivela la necessità universale di dare forma visibile al potere e alla bellezza. Una visita al BRAFA è sufficiente per cogliere tutta la ricchezza di queste proposte nella gioielleria di ogni tempo."
Affonda le radici nel XIX secolo la collana firmata Castellani, presentata da Véronique Bamps. Datata intorno al 1870, rievoca l’archeologia orafa con un girocollo di frange a foglie di vite dorate e grappoli d’uva in pasta di vetro bianca: un omaggio diretto all’eredità dell’arte antica, che dialoga con i modelli romani e pompeiani.
Decisamente audace il modello unico firmato The Old Treasury, realizzato in oro 18 carati, perle, diamanti e acciaio nel 1970. Un gioiello raro che incarna lo spirito sperimentale della gioielleria del secondo Novecento, capace di fondere preziosità e innovazione materica.
Sempre dagli anni Settanta proviene la preziosa chiusura per collana Cartier presentata da Cabinet of Curiosities –Honourable Silver Objects: oro giallo 18 carati, diamanti e onice si intrecciano in un gioiello di raffinata sobrietà, commissionato a suo tempo da una famiglia belga e oggi restituito allo sguardo del collezionismo internazionale.
Non meno rilevante la presenza italiana, che conferma la centralità del nostro Paese nell’arte del gioiello. La galleria Barbara Bassi di Cremona, fondata nel 1982, porta a Bruxelles collier e capolavori firmati Buccellati, Bulgari, Chaumet, oltre a una preziosa collezione di gioielli d’artista, vere sculture portabili firmate da Melotti, Arman, Pomodoro, Picasso. VKD Jewels di Aimée & Fleur van Kranendonk Duffels, con boutique a Milano, si distingue per collier e creazioni d’epoca di rara eleganza, esposte con uno sguardo attento alla loro dimensione culturale. Infine, Nardi - Venezia, icona di Piazza San Marco dal 1926, continua a incantare con i suoi collier e gioielli che coniugano arte orafa e tradizione veneziana.
BRAFA 2026 si conferma così come un appuntamento unico, in cui il gioiello, da semplice ornamento, si eleva a opera d’arte, testimone di memorie collettive e simbolo di un patrimonio che continua a ispirare.
BRAFA ART FAIR 2026
Fino al 1° Febbraio 2026 Brussels Expo, Pl. de Belgique 1, Bruxelles Orari: 11-19 (Giovedì fino alle 22) Info e biglietti: www.brafa.art
LUSSO ALL’ASTA
FARAONE CASA D’ASTE: 323 LOTTI IN ASTA IL 2 DICEMBRE TRA GLI HIGHLIGHT: GIOIELLI DI BUCCELLATI, CARTIER, BULGARI E DAVID WEBB, OROLOGI VINTAGE ROLEX E PATEK PHILIPPE, BORSE HERMÈS, CHANEL E GUCCI.
In un’epoca di grande incertezza economica, il lusso si conferma una solida forma di investimento e una scelta di valore culturale. I grandi marchi, le gemme rare e i gioielli d’epoca si confermano beni rifugio capaci di unire stabilità finanziaria e fascino estetico, mentre il collezionismo si arricchisce di una dimensione emozionale che celebra il tempo come valore da tramandare. È in questo scenario che Faraone Casa d’Aste, punto di riferimento nel panorama della gioielleria d’eccellenza, presenta la sua asta di fine anno, in programma il 2 dicembre presso l’headquarter di via Montenapoleone 9 a Milano e in live streaming tramite l’app MyFaraone e via telefono. Il catalogo, composto da 323 lotti, offre una selezione di gioielli, orologi vintage e borse iconiche, con una sezione conclusiva dedicata alla beneficenza all’Opera San Francesco.
GIOIELLI SEMPRE PIÙ RICERCATI
Tra i gioielli, spiccano le firme che hanno fatto la storia dell’alta gioielleria: Buccellati, Bulgari e Cartier, David Webb accanto a diamanti e gemme di eccezionale caratura. A marchio Gianmaria Buccellati una rara demi-parure “Solo Oro” in oro bianco e giallo 18 Kt, composta da collier de chien e orecchini pendenti trasformabili con decoro a rete e perle coltivate, oltre a un anello traforato e cesellato con diamante a cuscino di circa 10 carati, rifinito da diamanti mezza rosetta. Immancabile Bulgari con un collier “Gemme Nummarie” a maglia groumette in oro giallo e moneta romana dell’Impero di Costanzo Cloro (292–304 d.C.), un bangle Parentesi in oro 18 Kt, un collier groumette con tormaline cabochon rosa e verdi ct e un bracciale Marina B. collezione Cimin in oro giallo con quarzi multicolore. Cartier è in line-up con un collier “Lignes Essentielles” in oro bianco 18 Kt e diamanti per complessivi 7,50 ct, il celebre bracciale Love in oro giallo 18 Kt con pavé di diamanti, e un elegante Tank Française Lady in oro giallo, affiancato dal raro Ellipse anni ’70 nella versione large. L’arte orafa americana di David Webb si esprime in una raffinata demi-parure in oro bianco 18 Kt e platino con cristallo di rocca e diamanti per complessivi 2,40 ct, affiancata da un’altra demi-parure composta da orecchini e anello in oro giallo e smalto con iconico motivo ad intreccio, e da un paio di gemelli “zebra”. Tra le gemme spiccano un anello con zaffiro Ceylon ovale da 11,71 ct rifinito con diamanti rotondi per complessivi 2,70 ct, certificato CISGEM, un anello con rubino Burma ovale da 7,89 ct con diamanti per complessivi 3,40 ct, e uno con smeraldo Colombia ovale da 10,50 ct incastonato in oro bianco 18 Kt e rifinito da diamanti baguette e rotondi per 4,60 ct. Di rilievo anche l’anello Illario in platino con zaffiro a cuscino da 5,60 ct certificato SSEF e i diamanti taglio brillante da 3,21 ct, 3,90 ct e 4,53 ct, tutti corredati da certificati.
BORSE ICONICHE,
LUSSO DA INVESTIMENTO
OROLOGI VINTAGE
L’orologeria d’eccellenza si conferma un segmento ad altissimo valore d’investimento. La selezione Rolex annovera un rarissimo Comex Submariner ref. 16800 anni ’80 con incisione identificativa sul fondello, un GMT Master “Pepsi” ref. 1675 anni ’80, un Submariner 1680 anni ’70, un Chronograph monopulsante ref. 1215 anni ’40/’50 e un raffinato Prince ref. 2730 anni ’30. Da Patek Philippe arriva l’iconico Nautilus ref. 3700/1 dei primi anni ’70, corredato di attestato d’archivio e revisione recente. La sezione è comple tata da Vacheron Constantin, Omega e Tag Heuer, marchi che rappresentano l’equilibrio perfetto tra tradizione e rendimento collezionistico.
Le borse, sempre più considerate asset alternativi di lusso, si impongono per quantità e rarità: tra le Hermès, spiccano la Kelly 32 in coccodrillo Niloticus Noir del 1992, la Kelly Retourné 28 in Togo Gris Misty 2024, la Kelly Sellier 28 in Box Chocolate 1996 e la Birkin 35 in struzzo tortora 2007. Completano la selezione modelli storici come la Kelly 32 Box Marron Foncé 1990 e la Kelly Chourchevel Gold 1995, accanto a una Birkin 35 Togo Taupe 2011, tutti corredati di accessori e dustbag originali. La sezione Chanel offre vere icone firmate Karl Lagerfeld, come la Boy in camoscio effetto anticato, la Mademoiselle in lucertola anni ’90, la Camera bag in vitello matelassé dorato, la Mini Timeless in seta blu notte, oltre a modelli vintage in raso fucsia e blu notte, la 31 Rue Cambon metallizzata e la Vanity in vernice nera. Fendi, Gucci e altre maison completano un panorama che racconta la storia della moda come patrimonio tangibile di stile e valore.
JOY ISLAND
JOY ISLAND BY THE COCOON COLLECTION
IL NATALE PERFETTO PER TUTTA LA FAMIGLIA
Un’isola magica a forma di farfalla, spiagge di sabbia borotalco, acque turchesi e tramonti indimenticabili: Joy Island, gemma firmata The Cocoon Collection, si prepara ad accogliere gli ospiti in un’atmosfera natalizia dal fascino tropicale. Situata nell’atollo di Malé Nord, a soli 40 minuti di motoscafo dall’aeroporto internazionale, Joy Island è la meta perfetta per chi desidera festeggiare il Natale lontano dal freddo, immerso in uno scenario naturale da sogno. Durante le festività, l’isola si trasforma in un vero e proprio palcoscenico di emozioni e magia, con un ricco programma di serate tematiche ed eventi esclusivi pensati per tutte le età. Le celebrazioni iniziano con la suggestiva cerimonia di accensione dell’albero di Natale durante un White Party in riva al mare, tra musica soft, drink tropicali e un’atmosfera da sogno.
A seguire, gli ospiti potranno lasciarsi conquistare dal fascino misterioso di un elegante Masquerade Ball, vivere il gusto delle feste con una Christmas Gala Dinner dal sapore internazionale e assistere all’arrivo di Babbo Natale, un momento magico che renderà indimenticabile il soggiorno dei più piccoli. Non mancano poi momenti di divertimento e condivisione per tutta la famiglia, come l’entusiasmante caccia al tesoro, la suggestiva movie night sotto le stelle e l’imperdibile Tribal BBQ sulla spiaggia, tra fuochi, profumi speziati e musica dal vivo. A chiudere in bellezza l’anno, una scintillante festa di Capodanno, con musica live, danze sotto le stelle e spettacolari fuochi d’artificio che illumineranno la laguna per dare il benvenuto al nuovo anno nel cuore delle Maldive, insieme a chi si ama.
A Joy Island ogni membro della famiglia trova il suo spazio: i più piccoli saranno accolti nel colorato Kids Club “Kiddie Cove”, con attività creative, giochi, laboratori e animazione natalizia, mentre i genitori potranno rilassarsi nella raffinata Dream Spa, partecipare a sport acquatici o godersi un momento di tranquillità in spiaggia. Le sistemazioni sono pensate per accogliere ogni esigenza, con Family Beach Villa, Suite e Residence spaziose, immerse nella natura o sospese sull’acqua. Ambienti luminosi, accoglienti e arredati con eleganza, dove il comfort incontra la bellezza del paesaggio maldiviano.
Anche il gusto ha il suo spazio nel Natale di Joy Island: dai buffet internazionali di The Market, pensati per soddisfare ogni palato, ai piatti italiani de Il Basilico, fino alle suggestive cene sotto le stelle al Palm Beach o infine al Japanese Corner, ogni momento è un’esperienza da vivere insieme.
Sono Luca Ruggeri malato di SLA dal 2015.Non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.
L’ELEZIONE
(tratto da il gatto del presidente di Luca Ruggeri)
Arrivammo alle porte dell’estate e, con l’aumentare delle temperature, mi resi conto che Arrigo avrebbe cercato i punti più freschi della casa dove rilassarsi, “abbandonandomi” per qualche mese. Le mie giornate, trascorse prevalentemente guardando serie TV, furono improvvisamente interrotte da un messaggio sul mio cellulare inviato dalla segretaria dell’associazione AISLA Brescia, a cui ero affiliato. Desiderava un incontro faccia a faccia. Concordammo rapidamente un appuntamento e, pochi giorni dopo, la segretaria e la tesoriera dell’associazione giunsero a casa mia. Fu un incontro franco, durante il quale mi comunicarono senza fronzoli che la situazione dell’associazione era critica. Divisioni interne e questioni aperte, inclusa quella riguardante le imminenti elezioni del nuovo Consiglio direttivo, erano all’ordine del giorno. Il presidente uscente, stanco delle dispute, aveva deciso di non ricandidarsi. La segretaria mi propose di assumere questo ruolo, mentre cercavo il consenso inespresso di Arrigo con uno sguardo. Pur consapevole delle sfide imminenti, qualcosa in me mi spinse ad accettare l’incarico. La mia salute già precaria non scoraggiò la mia decisione e la segretaria con la tesoriera mi assicurarono il loro completo sostegno, dichiarandomi più volte la mia idoneità per quel ruolo. Il giorno delle elezioni, mentre si eleggeva il nuovo consiglio direttivo e il presidente, l’ansia era palpabile. Avvertii che potevano sorgere sorprese, con gruppi di associati che tentavano di eleggere un consiglio diverso. Fortunatamente, tutto si svolse senza intoppi e fui eletto presidente di AISLA Brescia.
L’ebook è disponibile su: https://www.librerie.coop/ libri/ 9791281546714il-gatto-del-presidentemultimage/
Il ricavato dalle vendite del libro è destinato all’Associazione Viva la Vita Italia
Forsenonècosìpazzo!
Continuiamoadisprezzarloaderiderlo, esì,nonèilmassimodellasimpatia anzi alcune sue dichiarazioni sono state proprioantipatiche.Stoparlandodi DonaldTrumpil presidentedegliStati Uniti,chenonstamaifermoenonc’è giornochel’informazionenelbeneo nelmale,nonparlidilui.Èunapersona pienadisè,moltoambiziosa,chevuole lasciareilsegnonellastoria. Nongodediunabuonaconsiderazione nelmondo,esiportadietrounabellissimamogliechenonsicapisceseè innamorata di lui o se ha un contratto percuideveseguirloosemplicemente perchéglipiaceessereladonnadell’uomopiùpotentealmondo! Comunque il chiacchiericcio mondiale è forte su questopunto!.
PeròdiamoaCesareciòcheèdiCesare, latreguainmediorienteèmeritosuo, luihapresoNetanyahoilpresidentedi Isdraeleeglihadettodismetterlacon questaguerraassurdaelohaobbligato a ritirare il suo esercito dalla Striscia di Gaza,ancheseèunatreguaattaccata aunfilosottile,ciòhapermessoagli ostaggiisdraelianiditornareacasa. OrahafattodapaceretraCambogiae Thailandia,ecistaprovandoafermare PutinmaquièmoltoduralohariconosciutolostessoTrump, anchesenonha ancoramollatolaspugna.. Comunque sel’antipaticoTrumpsi impegnaperportarelapacenelmondo elofasoloperentrarenellastoriaoper ricevereilpremioNobelperlapace,a menoninteressa,l’importanteècheci riesca!
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