De Carneri Parassitologia medica e diagnostica parassitologica




a cura di
Olga Brandonisio, Fabrizio Bruschi, Claudio Genchi, Edoardo Pozio
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Realizzazione editoriale: Epitesto, Milano
Composizione: Garon, Cremona
Disegni: Duccio Mannucci, Firenze.
Copertina: 46xy
Immagini di copertina: copyright, Dennis Kunkel Microscopy , Inc.
Prima edizione: gennaio 2013
Ristampa
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Stampato da Grafica fbm via Cattaneo 3/5, Gorgonzola (MI) per conto della C.E.A. Casa Editrice Ambrosiana, viale Romagna 5, 20089 Rozzano (MI)
La prima edizione di Parassitologia generale e umana di Ivo de Carneri vide la luce nel 1961. Il testo fu progressivamente aggiornato dall’autore per ben undici edizioni fino al 1993, anno della sua improvvisa e prematura scomparsa e quindi aggiornato per accogliere le nuove conoscenze di un disciplina sempre più ampia e complessa quale la Parassitologia, che coinvolge la medicina umana e veterinaria e varie branche della biologia (dalla biologia cellulare a quella molecolare, all’immunologia, dall’entomologia alla zoologia).
Oggi il libro vede una nuova edizione dedicata agli aspetti più prettamente medici e in una veste in molte parti rinnovata. Infatti, senza tradire lo spirito con cui de Carneri si apprestò allora a redigere un trattato di Parassitologia e malattie parassitarie, discipline spesso trascurate negli studi universitari e, più in generale, da annoverare tra le così dette neglected diseases che affliggono milioni di persone nei Paesi poveri e in via di sviluppo, si è voluto offrire un testo più adeguato alle moderne esigenze didattiche e di conoscenza. In particolare, la parte sistematica è stata in molti punti ridotta mentre si è cercato di ampliare la parte più direttamente connessa alle manifestazioni cliniche, al controllo e al trattamento delle patologie causate da parassiti. Pur consci della difficoltà di riunire in un trattato di facile consultazione e lettura tutte le conoscenze di una disciplina che spazia dalla epidemiologia alla patogenesi e al segno clinico, quasi mai patognomonico, dalla terapia e controllo alla farmacoresistenza, e che riguarda un numero assai elevato di agenti eziologici (basti pensare agli artropodi e alle malattie trasmesse), confidiamo di avere contribuito con questo lavoro a una migliore conoscenza dei parassiti e delle malattie da essi causate. Il libro è utile sia agli studenti dei corsi di laurea in scienze biomediche, sia a medici, veterinari, biologi, infettivologi, tropicalisti ed epidemiologi che vogliano avvicinarsi alla Parassitologia in generale o ad alcune tematiche specifiche.
Il libro è frutto della collaborazione di numerosi colleghi che, gentilmente, hanno accettato di dare il proprio contributo su base volontaria: i diritti del libro saranno ceduti alla “Fondazione Ivo de Carneri”, organizzazione senza scopo di lucro fondata per lo sviluppo di progetti di cooperazione sanitaria e scientifica nel campo delle malattie parassitarie e tropicali nei Paesi in via di sviluppo e che è coinvolta nella gestione del Laboratorio di Sanità Pubblica costruito dalla Fondazione stessa sull’isola di Pemba, in Tanzania. Pertanto, a nome della Fondazione e nostra desideriamo ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con le loro conoscenze alla stesura di nuovi capitoli o alla revisione di capitoli presenti nelle precedenti edizioni.
Per rendere il testo più agile, i capitoli che riguardano la storia della Parassitologia italiana, i concetti base dell’epidemiologia dei parassiti e delle malattie parassitarie come pure le immagini di anatomia patologica sono consultabili nel sito dedicato al libro.
Olga Brandonisio
Fabrizio Bruschi
Claudio Genchi
Edoardo Pozio
Mario Albonico
Università degli Studi di Torino
Claudio Bandi
Università degli Studi di Milano
Olga Brandonisio
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Enrico Brunetti
Università degli Studi di Pavia
Fabrizio Bruschi
Università di Pisa
Wilma Buffolano
Università degli Studi di Napoli Federico II
Simone Cacciò
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Guido Calleri
Ospedale Amedeo di Savoia, Torino
Pietro Caramello
Ospedale Amedeo di Savoia, Torino
Francesco Castelli
Università degli Studi di Brescia
Lorena Chiumiento
Università di Pisa
Giuseppe Cringoli
Università degli Studi di Napoli Federico II
Stefano D’Amelio
Sapienza Università di Roma
Luigi Di Matteo
Azienda Ospedaliera della provincia di Pavia, sezione di Voghera
Carlo Filice
Università degli Studi di Pavia
Albis Gabrielli
World Health Organization, Ginevra, Svizzera
Simona Gatti
IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia
Claudio Genchi
Università degli Studi di Milano
Maria Angela Gomez-Morales
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Luigi Gradoni
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Marina Gramiccia
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Maria Teresa Manfredi
Università degli Studi di Milano
Michele Maroli
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Antonio Montresor
World Health Organization, Ginevra, Svizzera
Edoardo Pozio
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Luciano Sacchi
Università degli Studi di Pavia
Lorenzo Savioli
World Health Organization, Ginevra, Svizzera
Massimo Scaglia
Università degli Studi di Pavia
Giorgio Traldi
Università degli Studi di Milano
Si ringraziano i Dottori Barbara Castagna, Silvia Fabiani, Fabio Macchioni e Barbara Pinto per il contributo nella revisione dei capitoli su trematodi, cestodi e nematodi.
Prefazione
Sezione A - Biologia dei parassiti
Capitolo 1 - Biologia dei parassiti 3
(Claudio Genchi, Luciano Sacchi, Claudio Bandi)
1.1 Proprietà dei parassiti 3
1.2 Antichità del parassitismo 6 1.3 Preadattamento 8
1.4 Adattamento trofico, fisiologico e morfologico 9
1.5 Incontro del parassita con l’ospite 10
1.6 Alterazione del comportamento dell’ospite 11
1.7 Zoonosi 12
1.8 Azione patogena dei parassiti 13
1.9 Simbiosi batteriche in organismi di rilevanza parassitaria 15
Capitolo 2 - Immunoparassitologia e nozioni di immunopatologia nelle infezioni parassitarie 17 (Fabrizio Bruschi, Maria Angela Gomez-Morales)
2.1 Ruolo degli anticorpi 17
2.2 Immunità cellulo-mediata 20
2.3 Regolazione della risposta immune 21
2.4 Meccanismi effettori 21
2.5 La risposta immunitaria ai protozoi 23
2.5.1 Infezioni da protozoi intramacrofagici 24
2.5.2 Malaria 24
2.5.3 Tripanosomosi africana 24
2.5.4 Amebosi
2.5.5 Giardiosi
2.5.6 Criptosporidiosi
2.6 Risposta immunitaria agli elminti
2.6.1 Schistosomosi
2.6.2 Echinococcosi
2.6.3 Filariosi
2.6.4 Trichinellosi
2.8.1 Malaria
2.8.2 Schistosomosi
Capitolo 3 - Approccio sindromico alle malattie parassitarie
(Pietro Caramello,
3.1.4 Parassiti
3.1.5 Clinica
3.1.6 Approccio diagnostico
3.1.7 Terapia
3.1.8 AIDS
3.2.1 Patogenesi
3.2.5 Clinica
3.2.6 Approccio diagnostico
3.2.8 AIDS
3.3.1 Patogenesi
3.4
3.3.3 Epidemiologia,
3.4.1 Patogenesi
3.5 Eosinofilia polmonare e altre localizzazioni parassitarie polmonari
3.5.1 Patogenesi
3.6 Eosinofi
3.6.1 Patogenesi
3.6.6 Approccio
3.7
3.7.1 Patogenesi
3.7.2 Approccio
3.7.3 Epidemiologia,
3.7.4 Parassiti
3.7.5 Approccio
3.7.6 Terapia
4.1.5 Meflochina
4.1.6 Alofantrina
4.1.9 Proguanile, clorproguanile
4.1.10 Atovaquone
4.1.11 Qinghaosu, derivati e terapie di combinazione
4.1.12 Tetraciclina e doxiciclina
4.1.13 Nuovi farmaci in studio
4.2 Antiprotozoari intestinali
Amebosi, giardiosi, criptosporidiosi, tricomonosi
4.2.1 Metronidazolo
4.2.2 Nitazoxanide
4.2.3 Diloxanide furoato
4.2.4 Paromomicina
4.3 Antiprotozoari tissutali 64
• Tripanosomosi africana (Trypanosoma brucei rhodesiense e Trypanosoma brucei gambiense)
4.3.1 Eflornitina
4.3.2 Melarsoprol
4.3.3 Pentamidina 66
4.3.4 Suramina
• Tripanosomosi americana o malattia di Chagas (Trypanosoma cruzi)
4.3.5 Nifurtimox
4.3.6 Benznidazolo 68
• Leishmaniosi viscerale, cutanea e muco-cutanea (Leishmania spp.)
4.3.7 Stibogluconato sodico
4.3.8 Altri farmaci per il trattamento delle leishmaniosi
4.3.9 Miltefosina 70
• Toxoplasmosi (Toxoplasma gondii)
4.4.1 Benzimidazolici
4.4.2 Triclabendazolo
4.4.3 Ivermectina
4.4.4 Praziquantel
4.4.5 Dietilcarbamazina
4.4.6 Metrifonato
4.4.7 Niclosamide
4.4.8 Oxamniquina
4.4.9 Piperazina
4.4.10 Pirantel pamoato
4.1.1 Chinino
4.4.11 Levamisolo
4.5 Nuovi target nel trattamento delle filariosi
Capitolo 5 - Farmacoresistenza in parassitologia 79 (
Pietro Caramello, Marco Albonico, Guido Calleri
)
5.1 Fattori predisponenti la farmacoresistenza 80
5.1.1 Pressione selettiva 80
5.1.2 Impatto economico 80
5.1.3 Diagnosi non corretta 80
5.1.4 Errato dosaggio 81
5.1.5 Farmaci contraffatti 81
5.1.6 Chemioterapia di massa 81
5.1.7 Resistenza e globalizzazione 81
5.2 Resistenza ai farmaci antimalarici 81
5.2.1 Clorochina 81
5.2.2 Amodiachina 81
5.2.3 Sulfadossina-Pirimetamina 82
5.2.4 Chinino 82
5.2.5 Meflochina 82
5.2.6 Ar temisinina e derivati 82
5.2.7 Test per valutare la sensibilità ai farmaci antimalarici 82
5.3 Resistenza ad altri farmaci antiprotozoari 83
5.3.1 Leishmaniosi 83
5.3.2 Tripanosomosi africana 84
5.3.3 Giardiosi e tricomonosi 84
5.4 Resistenza ai farmaci antielmintici 85
5.4.1 Schistosomosi 85
5.4.2 Elmintosi intestinali 86
5.5 Strategie per prevenire o rallentare il fenomeno della farmacoresistenza 87
5.5.1 Sv iluppo di nuovi farmaci 87
5.5.2 Corretta prescrizione 87
5.5.3 Qualità del farmaco 87
5.5.4 Uso di farmaci in combinazione 87
5.5.5 Uso alternato di farmaci 87
5.5.6 Trattamento selettivo 88
5.5.7 Frequenza del trattamento 88
5.5.8 Monitoraggio della resistenza 88
Capitolo 6 - Leishmaniosi viscerale, cutanea e mucocutanea 91 (Luigi Gradoni, Marina Gramiccia)
Capitolo 12 - Infezioni da amebe anfizoiche
(Simona Gatti, Massimo Scaglia)
Capitolo 13 - Entamebosi
(Simona Gatti, Massimo Scaglia) Agente
Capitolo 14 - Infezioni da coccidi
(Edoardo Pozio) Agente
Capitolo 15 - Criptosporidiosi
(Edoardo Pozio) Agente
Capitolo 16 - Toxoplasmosi
(Wilma Buffolano)
Sezione C - Trematodi, cestodi e nematodi
Capitolo 20 - Malattie da trematodi 175
I platelminti (Phylum Platyhelminthes)
Classe Trematoda
Capitolo 21 - Schistosomosi 177 (Lorenzo Savioli, Albis Gabrielli) Agente eziologico
Capitolo 23 - Fasciolopsiosi e paragonimosi
(Claudio Genchi, Albis Gabrielli)
Fasciolopsiosi (Fasciolopsis buski)
Gastrodiscoides hominis
Altre infezioni intestinali da trematodi (Heterophyes sp., Haplorchis sp., Metagonimus sp., Nanophyetus sp.)
(Paragonimus spp.)
Capitolo 22 - Infezioni epatiche da trematodi 184 (Claudio Genchi)
Fasciolosi
Biologia
Dicroceliosi
Lotta e prevenzione
Epidemiologia
Epidemiologia
Clinica
Capitolo 24 - Malattie da Cestodi
Capitolo 27 - Teniosi
(Edoardo Pozio)
Capitolo 28 - Cisticercosi e neurocisticercosi
(Fabrizio Bruschi)
Capitolo 29 - Dipilidiosi
(Fabrizio Bruschi, Lorena Chiumiento)
Capitolo 33 - Anisakidosi
(Stefano D’Amelio)
Capitolo 30 - Imenolepiosi
(Fabrizio Bruschi, Lorena Chiumiento)
Capitolo 34 - Ascariosi
(Marco Albonico, Antonio Montresor)
Capitolo 31 - Malattie da nematodi
Capitolo 32 - Ancilostomosi
(Marco Albonico, Antonio Montresor)
Marco Albonico, Antonio Montresor)
Capitolo 36 - Filariosi linfatiche
Capitolo 38 - Altre filarie e aspetti della simbiosi
filaria-Wolbachia
(Claudio Bandi, Claudio Genchi)
Loa loa
Mansonella ozzardi
Mansonella perstans
Mansonella streptocerca
Filariosi zoonotiche: Dirofilaria spp.
Wolbachia, simbionte batterico
dei nematodi filaridi
Capitolo 39 - Enterobiosi (ossiuriosi) 257 (Luigi Di Matteo)
Agente eziologico
Capitolo 40 - Strongiloidosi
(Marco Albonico, Antonio Montresor)
Agente eziologico
Capitolo 41 - Infezioni zoonotiche da larve di nematodi
(Claudio Genchi)
Definizione ed eziologia
Larva migrans viscerale (LMV, Toxocarosi)
e clinica
lotta e prevenzione
Larva migrans cutanea (LMC)
Capitolo 42 - Tricuriosi
(Marco Albonico, Antonio Montresor)
eziologico
e prevenzione
Capitolo 43 - Trichinellosi 273 (Edoardo Pozio, Fabrizio Bruschi)
Capitolo 44 - Angiostrongilosi e altre malattie da nematodi
(Edoardo Pozio)
Angiostrongylus cantonensis
Angiostrongylus costaricensis
Capillaria hepatica
Capillaria philippinensis
Capillaria aerophila
Trichostrongylus spp.
Sezione D - Malattie causate da artropodi
Capitolo 45 - Malattie causate da artropodi
(Claudio Genchi, Giorgio Traldi)
Capitolo 46 - Malacopoda
(Claudio Genchi, Giorgio Traldi)
46.1 Infestazioni da linguatule
Capitolo 47 - Chelicerata
(Claudio Genchi, Giorgio Traldi)
Rhipicephalus sanguineus
47.1.2 Sottordine Mesostigmata
47.1.3 Sottordine Prostigmata
Capitolo 48 - Antennata
(Claudio Genchi, Maria Teresa Manfredi
Giorgio Traldi, Michele Maroli) Classe
48.1
48.3
e malattie trasmesse - scheda
e malattie trasmesse - scheda
Epidemiologia, lotta e prevenzione 313
48.3.2 Sottordine Brachycera 314
48.4 Siphonaptera 321
siphonaptera: Pulicosi e altre malattie trasmesse - scheda
e clinica
lotta e prevenzione
Sezione E - Diagnostica in parassitologia
Capitolo 49 - Accertamento diagnostico dei parassiti ematici 327 (Olga Brandonisio)
49.1 Raccolta dei campioni ematici 327
49.1.1 Campioni ematici per la diagnosi di malaria 327
49.1.2 Campioni ematici per la diagnosi di tripanosomosi africana 327
49.1.3 Campioni per la diagnosi di tripanosomosi americana 328
49.1.4 Campioni ematici per la diagnosi di filariosi 329
49.2 Allestimento di strisci sottili e di preparati a goccia spessa 329
49.3 Osservazione microscopica dei preparati ematici 331
49.3.1 Diagnosi microscopica di malaria 331
49.3.2 Diagnosi microscopica di tripanosomosi africana 331
49.3.3 Diagnosi microscopica di tripanosomosi americana 333
49.4 Caratteri morfologici delle diverse specie di Plasmodium
49.4.1 Plasmodium falciparum
49.4.2 Plasmodium vivax
49.4.3 Plasmodium
49.5 Conteggio dei plasmodi della malaria 338
49.6 Tecniche per l’identificazione di microfilarie 339
49.6.1 Esame microscopico e tecniche di concentrazione 339
49.7 Identificazione di antigeni 342
49.7.1 Identificazione di antigeni circolanti di plasmodi della malaria 342
49.7.2 Identificazione di antigeni circolanti di filarie 342
49.8 Diagnosi molecolare 342
Capitolo 50 - Accertamento diagnostico dei parassiti enterici 345 (Olga Brandonisio)
50.1 Introduzione 345
50.2 Raccolta dei campioni fecali 345
50.3 Esame macroscopico 346
50.4 Esame microscopico a fresco 346
50.4.1 Valutazione delle dimensioni dei parassiti al microscopio 347
50.5 Tecniche di fissazione 348
50.5.1 Formalina 348
50.5.2 SAF (sodio acetato-acido acetico formaldeide) 348
50.5.3 Fissativo di Schaudinn 348
50.5.4 PVA 349
50.6 Tecniche di concentrazione 349
50.6.1 Concentrazione per sedimentazione 349
50.6.2 Concentrazione per flottazione 350
50.6.3 Concentrazione delle larve di Strongyloides stercoralis col metodo di Baermann 350
50.7 Colorazioni permanenti 351
50.7.1 Colorazione di Giemsa 351
50.7.2 Colorazione tricromica 351
50.7.3 Colorazione con ematossilina ferrica 352
50.7.4 Colorazioni per oocisti acido-alcol resistenti 353
50.7.5 Colorazione estemporanea di Heine per Cryptosporidium 354
50.7.6 Colorazione cromotropa (tricromica modificata) per microsporidi 354
50.8 Conteggio delle uova di elminti 355
50.8.1 Conteggio secondo Kato 356
50.9 Coltura di larve di nematodi intestinali e di protozoi 356
50.9.1 Coltura delle larve di nematodi su piastra di agar
50.9.2 Coltura dei protozoi intestinali
50.10 Identificazione microscopica dei protozoi intestinali
50.11 Identificazione di coproantigeni
50.11.1 Entamoeba histolytica
50.11.2 Giardia duodenalis
50.11.3 Cryptosporidium
50.12 Diagnosi molecolare
50.12.1 Cryptosporidium spp.
50.12.2 Entamoeba histolytica/E. dispar
50.12.3 Giardia duodenalis
50.12.4 Microsporidi
50.12.5 Strongyloides stercoralis
50.13 Altri campioni per la diagnosi di parassitosi intestinali
50.13.1 Aspirato duodenale
50.13.2 Aspirato da retto-sigmoidoscopia
Capitolo 51 - Tecniche FLOTAC 367 (Giuseppe Cringoli)
Capitolo 52 - Sierodiagnosi 375 (Olga Brandonisio)
52.1 Utilità delle sierodiagnosi
52.2 Raccolta dei campioni
52.3 Interpretazione dei risultati delle sierodiagnosi 376
52.3.1 Sierodiagnosi e infezione acuta
52.3.2 Sierodiagnosi nel follow-up
52.3.3 Affidabilità dei test sierodiagnostici 376
52.4 Sierodiagnosi per leishmaniosi 376
52.5 Sierodiagnosi per tripanosomosi africana 377
52.6 Sierodiagnosi per tripanosomosi americana 378
52.7 Sierodiagnosi per amebosi 378
52.8 Sierodiagnosi per toxoplasmosi 378
52.9 Sierodiagnosi per malaria 381
52.10 Sierodiagnosi per echinococcosi 381
52.11 Sierodiagnosi per cisticercosi 382
52.12 Sierodiagnosi per schistosomosi 382
52.13 Sierodiagnosi per fasciolosi
52.14 Sierodiagnosi per opistorchiosi
52.15 Sierodiagnosi per toxocarosi 383
52.16 Sierodiagnosi per trichinellosi 384
52.17 Sierodiagnosi per strongiloidosi 384
52.18 Sierodiagnosi per anisakidosi 385
52.18.1 Diagnosi di infezione da Anisakis 385
52.18.2 Diagnosi di allergia da Anisakis 385
52.19 Sierodiagnosi per filariosi linfatiche 386
52.20 Sierodiagnosi per filariosi sottocutanee 386
Capitolo 53 - Tecniche per la diagnosi di parassiti non ematici/ non enterici 388 (Olga Brandonisio)
53.1 Diagnosi di leishmaniosi 388
53.1.1 Raccolta dei campioni 388
53.1.2 Esame microscopico 389
53.1.3 Esame colturale 390
53.1.4 Tecniche di biologia molecolare 392
53.2 Tecniche diagnostiche per Trichomonas vaginalis 393
53.2.1 Raccolta dei campioni 393
53.2.2 Esame microscopico 393
53.2.3 Esame colturale 393
53.2.4 Ricerca di antigeni 394
53.2.5 Tecniche di biologia molecolare 394
53.3 Tecniche per la diagnosi di amebe a vita libera 394
53.3.1 Raccolta dei campioni 394
53.3.2 Esame microscopico 394
53.3.3 Esame colturale 395
53.3.4 Tecniche di biologia molecolare 397
53.4 Identificazione di parassiti in espettorato e BAL 397
53.5 Identificazione di parassiti nelle urine 397
53.5.1 Ricerca dei parassiti nell’urina 397
53.6 Esame del liquido idatideo 399
53.7 Identificazione di parassiti in preparati istologici 399
53.8 Ricerca di lar ve di Trichinella spp nel tessuto muscolare scheletrico 402 53.8.1 Esame trichinelloscopico 402
53.8.2 Esame mediante digestione artificiale 403
Indice analitico 404
Approfondimenti online: www.testtube.it – Sezione di Medicina
Professionale
Parassitologia: cenni storici
Concetti base di epidemiologia
Schemi di trattamento delle infezioni parassitarie (tabella)
Farmaci utilizzati in terapia antiparassitaria (tabella)
Glossario
claudio genchi, luciano sacchi, claudio bandi
La parassitologia, oltre a una branca delle malattie infettive umane e animali, può essere considerata un capitolo dell’ecologia, cioè della scienza che studia le interazioni tra gli esseri viventi e l’ambiente e che si occupa delle associazioni biologiche, in altre parole dei rapporti biotici che intercorrono tra specie diverse, viventi in stretta relazione tra loro. Una o entrambe le specie coinvolte in una relazione di parassitismo possono trarre benefici dall’associazione e una o nessuna delle due può risultarne danneggiata. Queste relazioni sono definite simbiotiche. Il termine simbiosi fu introdotto nel 1879 da Anton de Bary per descrivere l’associazione tra funghi e alghe nei licheni. L’autore intendeva attribuire al termine il suo preciso significato etimologico (vita in comune), in modo da comprendere tutte le situazioni che possono verificarsi quando due o più organismi passano una parte o l’intera esistenza in stretta associazione. Le associazioni simbiotiche possono essere suddivise in commensalismo, simbiosi mutualistica (o mutualismo) e parassitismo (fig. 1.1). Nel commensalismo un partner trae beneficio dall’associazione e l’altro di solito non viene danneggiato. Commensali sono per esempio Entamoeba coli e, probabilmente, alcune specie di flagellati ospiti innocui dell’intestino umano. Tuttavia il recente incremento di individui immunodepressi, per infezione da HIV, terapie immunosoppressive o per altra causa, può fornire anche a specie normalmente commensali o addirittura a vita libera l’occasione di parassitare l’uomo esercitando un’azione patogena. Un particolare tipo di commensalismo è la foresi: così si definisce una simbiosi in cui degli individui di una specie sono trasportati da individui di un’altra specie più mobile, che li ospitano generalmente sui propri tegumenti senza esserne danneggiati. La
simbiosi
(associazione tra due specie)
commensalismo
beneficio per una specie senza danno per l’altra
simbiosi mutualistica
beneficio per entrambe le specie
parassitismo
beneficio per una specie, danno per l’altra
Figura 1.1 le diverse tipologie di associazioni simbiotiche.
foresi offre alla specie trasportata il vantaggio di colonizzare nuovi territori e facilita l’interscambio genetico nell’ambito della specie stessa. Ciascuno di noi trasporta sulla superficie cutanea dei microrganismi, in numero superiore a quello delle cellule del corpo, e questo può essere considerato un rappresentativo esempio di foresi.
Nella simbiosi mutualistica entrambe le specie traggono beneficio dall’associazione. Essa, in alcuni casi, non produce solo una situazione di mutuo beneficio, ma consente anche l’affermazione di nuove capacità metaboliche. È questa la situazione che si riscontra nelle associazioni in cui il simbionte è un’alga unicellulare fotosintetica, integrata a livello morfologico e funzionale con le cellule di ospiti appartenenti a diversi possibili gruppi sistematici (per esempio protozoi, cnidari e molluschi); questi possono così utilizzare direttamente i prodotti della fotosintesi operata dal simbionte, il quale, a sua volta, sfrutta i cataboliti azotati dell’ospite. Determinate specie di insetti (per esempio le blatte) sono in grado di utilizzare i prodotti terminali del metabolismo, come l’acido urico, grazie alla presenza di batteri
simbionti endocellulari. Ed è appunto a livello endocellulare che la simbiosi mutualistica (endocitobiosi) raggiunge i gradi più profondi di integrazione, non limitandosi a coinvolgere gli aspetti metabolici e fisiologici. Esistono infatti alcuni modelli di simbiosi endocellulare in cui i batteri simbionti vengono trasmessi alla progenie per via transovarica e sono integrati nei processi ontogenetici dell’ospite. Esempi in tal senso riguardano insetti di interesse parassitario, fra cui cimici, pidocchi (Buchner, 1966) e scarafaggi (Sacchi et al., 1996). Solo di recente lo studio dell’endocitobiosi batterica si è esteso ai nematodi filaridi di interesse medico e veterinario (Bandi et al., 2001). Vi sono elementi che fanno ritenere che tra l’ospite e i procarioti simbionti si sia realizzato un processo di integrazione funzionale: i batteri si comportano in modo semiautonomo dal punto di vista dell’espressione genica, in quanto alcune loro attività metaboliche sono controllate dalla cellula ospite. Un simile processo di integrazione citologica e genetica di procarioti simbionti, oltre un miliardo di anni fa, avrebbe portato nella cellula eucariotica alla formazione degli organuli muniti di DNA (mitocondri e cloroplasti). In altri termini, la simbiosi seriale tra procarioti con diverse specializzazioni morfo-funzionali fornirebbe la spiegazione di uno dei principali eventi evolutivi: la nascita della cellula eucariotica. Il parassitismo è una simbiosi antagonistica in cui il parassita vive a stretto contatto con un altro organismo di specie diversa, l’ospite, e da esso trae i propri mezzi di sussistenza, con beneficio per il parassita e danno per l’ospite.
Il parassita non si limita a nutrirsi a spese dell’ospite, ma utilizza quest’ultimo come propria nicchia ecologica e gli affida in parte o in toto il compito della regolazione dei rapporti di entrambi con l’ambiente esterno. La decisione di considerare una specie come commensale o come parassita si basa essenzialmente sulla patogenicità. Tuttavia, in molti casi risulta difficile individuare l’azione patogena esercitata sull’ospite e per tale motivo in un corso di parassitologia vengono tradizionalmente presi in considerazione anche degli organismi che vivono in realtà da commensali; è questo il caso di Entamoeba gingivalis e Trichomonas tenax , che abitano nella cavità boccale dell’uomo e per i quali non è facile stabilire il limite di demarcazione tra commensalismo e parassitismo. I parassiti sono per definizione patogeni, di fatto o potenzialmente. Essi però non sempre danneggiano
l’ospite in maniera grave, e neppure ne provocano necessariamente la morte (ciò si risolverebbe in un danno per i parassiti stessi). Del resto, gli ospiti non si comportano affatto passivamente ma, tramite vari meccanismi di difesa, sono spesso in grado di controllare il numero dei parassiti (vedi Cap. 2) e di ridurne gli effetti dannosi. Nel corso dell’evoluzione, tra le due specie può anche stabilirsi un equilibrio biologico, con diminuzione della virulenza del parassita ed eliminazione nella specie ospite dei geni che determinano una maggiore sensibilità. In termini generali, le interazioni ospite-parassita svolgono un ruolo importante nella regolazione delle popolazioni, nel mantenimento del polimorfismo genetico e, più in generale, nell’evoluzione delle specie ospiti sia a livello biologico sia, per quanto riguarda l’uomo, a livello dell’organizzazione socioeconomica. Un parassita può vivere sulla superficie dell’ospite come ectoparassita (per esempio le zecche); oppure come endoparassita nelle cavità corporee (per esempio nel tubo gastroenterico, negli alveoli polmonari, nella vescica urinaria e nella cavità peritoneale) o nei tessuti, sia in posizione extracellulare, come le larve di Toxocara canis, sia in posizione endocellulare, come le leishmanie, i plasmodi della malaria e, tra i nematodi, Trichinella spp.
Molti autori definiscono infezioni le parassitosi provocate da microparassiti, quali virus, batteri, funghi e protozoi, e infestazioni quelle sostenute da macroparassiti metazoi, come gli elminti e gli artropodi. Gli agenti eziologici delle infezioni si moltiplicano nell’ospite, mentre, di norma, nel caso delle infestazioni la carica parassitaria aumenta solo a seguito dell’introduzione di nuovi parassiti. Non mancano tuttavia eccezioni: per esempio, Strongyloides stercoralis che, soprattutto negli immunodepressi, può dare luogo a massicce e pericolose reinfestazioni. In questo libro si è deciso di utilizzare il termine infezioni per tutte le affezioni causate da parassiti che si localizzino e si riproducano in organi e tessuti interni dell’ospite, riservando il termine di infestazione alle parassitosi esterne, come di norma nella letteratura scientifica internazionale. Inoltre nel descrivere le malattie si è concordato di adeguarsi alla nomenclatura suggerita dallo SNOAPAD (Standardized Nomenclature of Animal Parasitic Diseases; Kassai et al., Veterinary Parasitology, 1988, 29, pp. 299-326) che, come nel caso delle malattie infettive, utilizza il suffisso “osi” per tutte le malattie parassitarie al posto dei suffissi “asi” e “osi”, spesso utilizzati arbi-
trariamente: esempio, tripanosomiasi e fasciolosi, indicate nel testo come tripanosomosi e fasciolosi Sotto l’aspetto dell’adattamento più o meno completo alla vita parassitaria, si può parlare di parassitismo facoltativo e di parassitismo obbligato. Il parassitismo facoltativo è proprio degli organismi che conducono normalmente vita libera ma che, se penetrano nell’ospite, si comportano da parassiti. Per esempio, certe amebe a vita libera del genere Naegleria, che vivono di norma negli stagni di acqua dolce, inalate dai nuotatori penetrano nel cervello attraverso i bulbi olfattivi provocando letali meningoencefaliti. Altrettanto vale per Acanthamoeba spp . negli individui immunodepressi. Altro esempio di parassitismo facoltativo riguarda le larve di ditteri che normalmente si accrescono su materia organica in decomposizione e le lesioni che esse sono in grado di provocare.
Nel parassitismo obbligato il parassita dipende almeno per un certo periodo della propria vita da un ospite, senza il quale non è in grado di completare il proprio sviluppo. Alcuni parassiti obbligati, come le femmine ematofaghe delle zanzare, restano in contatto con l’ospite solo per brevi periodi di tempo e conducono per il resto vita libera (parassiti temporanei). Altri, più profondamente adattati ai loro ospiti, sono legati a essi o per una fase della loro vita (parassiti periodici, come gli adulti di Ancylostoma duodenale, nematode le cui larve compiono le prime mute nel terreno) o per tutta la vita (parassiti permanenti, come Trichinella spp.).
Vari parassiti si sono adattati a compiere cicli biologici anche complessi colonizzando serie di ospiti diversi; spesso la trasmissione avviene attraverso le catene alimentari. Un parassita è definito monoxeno quando può completare il proprio ciclo biologico in un’unica specie ospite; eteroxeno (dixeno, polixeno) quando compie lo sviluppo necessariamente in due o più ospiti appartenenti a specie diverse. Per esempio, Entamoeba histolytica e Ascaris lumbricoides sono parassiti monoxeni; Plasmodium vivax è un parassita dixeno (uomo e anofele); il botriocefalo Diphyllobothrium latum è polixeno in quanto parassita in successione un crostaceo copepode, un pesce d’acqua dolce e l’uomo (fig. 1.2).
L’ospite in cui un parassita si riproduce sessualmente viene indicato come definitivo (nel caso del botriocefalo l’ospite definitivo è l’uomo); gli ospiti in cui il parassita deve compiere una o più fasi di sviluppo larvale prima di raggiungere l’ospi-
cisti mature unico ospite: uomo
Entamoeba histolytica a
cisti e trofozoiti nelle feci
2° ospite intermedio: piccoli pesci di acqua dolce
3° ospite intermedio: pesce grande ospite definitivo: uomo e altri mammiferi
1° ospite intermedio: copepodi
b
Diphyllobothrium latum
coracidio
uovo nelle feci
Figura 1.2 ciclo vitale di un parassita monoxeno (Entamoeba histolytica, a) e di uno polixeno (Diphyllobothrium latum, b)
te definitivo sono detti intermedi (per il botriocefalo sono un crostaceo e un pesce). Gli artropodi che trasmettono il parassita vengono definiti vettori: per esempio, alcune specie di zanzare del genere Anopheles fungono da vettori della malaria e di alcune filariosi; le mosche tse-tse fungono da vettori delle tripanosomosi africane. Si parla di trasmissione ciclica quando il parassita si accresce o si moltiplica nel vettore. Esistono anche vettori in cui il parassita non si moltiplica, ma viene da questi semplicemente trasmesso all’ospite: tale modalità di trasmissione è detta meccanica, come è il caso dell’infezione da Trypanosoma evansi da parte dei
tafani. Infine, l’ospite paratenico è un ospite in cui la larva del parassita può installarsi e sopravvivere (senza evolvere ad altri stadi) in attesa di raggiungere l’ospite definitivo. L’ospite paratenico è spesso utile o addirittura necessario per il completamento del ciclo biologico di un parassita, in quanto può colmare un gap ecologico tra l’ospite intermedio e l’ospite definitivo. Sono di esempio i topi e i rettili che fungono da ospiti paratenici per il trematode digeneo Alaria canis. Essi, se si nutrono di girini, ospiti intermedi del parassita, possono trasferire l’infezione ai loro naturali predatori (cani e volpi), che fungono da ospiti definitivi. I gamberi d’acqua dolce sono ospiti paratenici per il nematode Angiostrongylus cantonensis e, se ingeriti, facilitano il trasferimento di tale parassita all’uomo, ospite definitivo.
Probabilmente solo pochi tra i parassiti altamente specifici (plasmodi malarici, ossiuri, pidocchi, forse Trichuris trichiura) hanno accompagnato l’uomo nel corso della sua evoluzione, mentre la maggior parte dei suoi attuali parassiti (ne sono state descritte oltre 200 specie, 50 delle quali più frequenti delle altre) è stata acquisita in tempi recenti da vari animali selvatici e soprattutto dagli animali domestici, con cui l’uomo ha avuto più contatto. Le varietà o sottospecie del cestode Hymenolepis nana e del nematode Ascaris lumbricoides che parassitano l’uomo sono quasi indistinguibili, da un punto di vista morfologico, dai corrispondenti cestode del topo e nematode del maiale, da cui probabilmente derivano. Plasmodium falciparum è verosimilmente il risultato dell’adattamento dei plasmodi degli uccelli ai primati in Africa, mentre Plasmodium vivax si sarebbe sviluppato più recentemente in Asia sudorientale dove esso, o i suoi precursori, sono passati dalle scimmie all’uomo. Tutti i trematodi sono stati acquisiti per contatto con ambienti acquatici. L’incidenza delle parassitosi nella società umana ha avuto un notevole incremento circa 9000 anni fa, a partire dal periodo neolitico, a seguito dell’addensarsi delle popolazioni in comunità agricole – fatto questo di fondamentale importanza, che nei millenni successivi ha determinato, per esempio, il diffondersi della malaria. L’uomo è il responsabile della diffusione di molte parassitosi in nuove regioni, per esempio dell’intro-
duzione in America tropicale di Schistosoma mansoni con la tratta degli schiavi africani (15-18 milioni per il Brasile), di Trichinella spiralis nel continente americano e in Nuova Zelanda con l’importazione di suini infetti (fig. 1.3) e di Leishmania infantum in sud America con l’importazione di cani infetti. La mancanza di scheletro e di altre parti resistenti nei principali parassiti (protozoi ed elminti) spiega la rarità delle loro testimonianze fossili. Tra i pochi fossili rinvenuti ricordiamo i molluschi parassiti individuati sulle braccia di crinoidi del paleozoico e una pulce, assai simile agli attuali ectoparassiti degli insettivori, rinvenuta nell’ambra baltica eocenica. Uova di nematodi come Trichuris trichiura e Ascaris lumbricoides e di alcune tenie sono state trovate in prossimità del fiume Reno nelle latrine di accampamenti romani risalenti al I secolo a.C. Uova di trematodi come Schistosoma haematobium sono state rilevate in mummie egizie del 1100 a.C. e uova di Schistosoma japonicum in mummie cinesi di 2000 anni fa. Lo studio comparato di alcuni gruppi di parassiti caratterizzati da una stretta specificità parassitaria ha fornito indicazioni sull’origine geografica dei loro ospiti, attualmente distribuiti nei mari e nei continenti del globo, e ha permesso di seguirne le migrazioni e di valutare l’età geologica della loro differenziazione. Sono stati sottolineati il sincronismo e la relazione causale esistenti tra la speciazione degli ospiti e di certi loro parassiti (cospeciazione). In questo campo la parassitologia comparata si è rivelata importante complemento dell’anatomia comparata e della paleontologia. Quasi sempre, infatti, i parassiti evolvono più lentamente dei loro ospiti e tra i primi è possibile notare relazioni filogenetiche che non sono più apprezzabili tra i secondi. Sotto questo aspetto lo studio delle specie parassite sta diventando importante per chiarire la filogenesi sia dei parassiti sia degli ospiti. Un interessante esempio è dato dalle tenie degli struzzi africani e dei nandù sudamericani. Questi uccelli sono parassitati dalla stessa tenia, appartenente al genere Houttuynia, che non si trova in nessun’altra specie aviaria. Tale fatto ci autorizza a ritenere che gli struzzi africani e i nandù sudamericani siano discesi da un antenato comune vissuto nel Terziario nella Pangea. La successiva separazione delle due masse continentali destinate a essere divise dall’Oceano Atlantico creò la barriera geografica responsabile dell’innesco dei processi evolutivi che avrebbero portato gli uccelli ospiti a
luigi Gradoni, marina Gramiccia
agente eziologico
numerose specie appar tenenti al genere Leishmania
Distribuzione aree tropicali, subtropicali e temperate di 88 paesi del nuovo e vecchio mondo, dei quali 16 economicamente sviluppati, italia compresa
incidenza di forme cliniche in italia
sintomatologia
leishmaniosi viscerale
leishmaniosi cutanea leishmaniosi mucocutanea
circa 1 per 100 000 abitanti
Febbre, pallore, epatosplenomegalia, pancitopenia e ipergammaglobulinemia lesioni cutanee papulari, nodulari o ulcerative, singole o multiple, in parti esposte lesioni cutanee ulcerative seguite da distruzione delle cartilagini oronasali con interessamento della mucosa faringolaringea
Diagnosi clinica non possibile
Diagnosi di laboratorio
terapia
lotta e prevenzione
Agente eziologico
Dimostrazione dei parassiti su tessuti (microscopia, coltura e pcr); sierodiagnosi nelle forme sistemiche (iFat, elisa, Dat, Western blot)
sali dell’antimonio pentavalente (meglumina antimoniato e stibogluconato sodico) per tutte le forme cliniche; amfotericina b liposomiale e miltefosina per le forme viscerali
controllo del serbatoio e prevenzione dalle punture del vettore per le entità zoonotiche; trattamento farmacologico radicale del paziente e controllo dei vettori endofili per le entità antroponotiche
L’unico stadio presente nei mammiferi è la forma intracellulare di amastigote, mentre nei flebotomi vettori è presente la forma di promastigote (fig. 6.1). L’assunzione del parassita con il pasto di sangue da parte di femmine ematofaghe di flebotomo
comporta la rapida trasformazione dell’amastigote in promastigote per allungamento del corpo cellulare e formazione di un flagello. L’amastigote è una forma rotondeggiante o ovoidale di dimensioni variabili da 2,5 1,5 µm a 6,8 4,5 µm a seconda della specie. Questo stadio si ritrova all’interno
del fagolisosoma di cellule del sistema fagocitico mononucleare. Il promastigote invece è una forma libera che presenta una dimensione media del corpo cellulare di 15 µm ed è caratterizzato da un cinetoplasto in posizione anteriore, in prossimità del quale emerge un flagello libero. I promastigoti metaciclici costituiscono le forme infettanti per l’ospite mammifero e sono presenti nella porzione anteriore dell’intestino e della faringe del flebotomo. Sono forme non in divisione caratterizzate da un corpo cellulare molto piccolo e da un lunghissimo flagello ad alta attività motoria.
Le specie di Leishmania (sottogenere Leishmania) di interesse medico sono: L. donovani, L. archibaldi (il cui stato tassonomico è attualmente in discussione), L. infantum, L. tropica, L. major, L. aethiopica, L. amazonensis, L. venezuelensis, L. mexicana; le specie di Leishmania (sottogenere Viannia) di interesse medico, presenti esclusivamente nel continente latinoamericano, sono: L. guyanensis, L. panamensis, L. braziliensis, L. peruviana, L. shawi, L. naiffi, L. lainsoni e L. lindenbergi
Biologia
Il ciclo del parassita inizia quando una femmina di specie di flebotomi competenti (ditteri della famiglia Psychodidae appartenenti ai generi Phlebotomus nel Vecchio Mondo e Lutzomyia nel Nuovo Mondo) assume un pasto di sangue da un mammifero infetto che presenta nel sangue circolante o nel derma macrofagi contenenti amastigoti (fig.
6.2). La cellula ospite degenera e il parassita si trasforma in un promastigote mobile. La trasmissione avviene quando, prima di una nuova assunzione di sangue da parte dell’insetto, i promastigoti infettanti sono rigurgitati e depositati nel derma di un mammifero suscettibile. Il tempo richiesto per il completamento del ciclo nel vettore dipende dalla specie di flebotomo e di Leishmania, e dalla temperatura ambientale (in Italia il ciclo di L. infantum in Phlebotomus perniciosus è di circa 6-10 giorni). Il ciclo prosegue nell’ospite mammifero quando i promastigoti depositati vengono a contatto con cellule macrofagiche. Con il coinvolgimento di recettori specifici sia del parassita sia della cellula ospite, avviene l’adesione e l’internalizzazione del promastigote in un vacuolo parassitoforo; questo si fonde con un lisosoma per dare origine al fagolisosoma, sede di moltiplicazione di Leishmania. In questo momento il protozoo è rotondeggiante, ha ritratto il suo flagello e si è trasformato in amastigote. L’infezione si propaga quando macrofagi massivamente parassitati (circa 50-150 parassiti) si rompono e liberano amastigoti che sono così ingeriti da altri macrofagi. L’evoluzione dell’infezione dipende dalla specie di Leishmania considerata e dal suo tropismo, cioè dalla tendenza dei parassiti a rimanere localizzati nel derma, a disseminarsi in tessuti interni ricchi di macrofagi (linfonodi, milza, fegato e midollo osseo) o a propagarsi dalla cute alle mucose e cartilagini facciali. I meccanismi di sopravvivenza di Leishmania all’interno del
Figura 6.2 schema del ciclo biologico delle leishmanie che possono parassitare l’uomo. nei vettori (A), femmine ematofaghe di flebotomi, le leishmanie vivono come promastigoti (a) nel lume del primo tratto dell’intestino. nei mammiferi (B) i protozoi vivono come amastigoti nelle cellule del sistema reticoloendoteliale (b1), da cui escono (b2), solo dopo averle consumate, per invaderne altre. b3 = lesioni cutanee e mucocutanee; b4 = leishmaniosi viscerale; c = globulo rosso.
capitolo 6 leishmaniosi viscerale, cutanea e mucocutanea
macrofago costituiscono un modello biologico di riferimento per molti microrganismi intracellulari, e comprendono: l’inibizione dell’enzima NOsintetasi inducibile (mediante il quale il macrofago sintetizza ossido nitrico) e della generazione di metaboliti intermedi di ossigeno (O 2 e H2O2); la modulazione dell’apoptosi macrofagica che, se ridotta, permette una maggiore sopravvivenza della cellula infetta, mentre se aumentata facilita una rapida diffusione dell’infezione in vari tessuti; la modulazione della produzione di mediatori immunologici, attraverso l’induzione da parte di Leishmania di citochine (IL-10 e TGF β) che deprimono la risposta cellulo-mediata, e la soppressione di citochine (IL-12) attivanti tale risposta; l’inibizione della presentazione antigenica da parte dei macrofagi. A dispetto delle varie azioni di tipo regolatorio e immunosoppressivo prodotte da Leishmania, sembra chiaro che l’effetto letale sull’ospite sia un evento raro nella coevoluzione ospite/parassita, dove la norma sembra la persistenza di un piccolo numero di organismi senza la manifestazione di un’evidente malattia clinica.
e pi demiologia
Le leishmaniosi sono endemiche in ambienti tropicali, subtropicali e temperati di 101 Paesi. La prevalenza globale è di circa 12 milioni di casi, con un’incidenza annuale di forme cutanee di 1,5-2 milioni di casi e di forme viscerali di 500000 casi. Raramente le infezioni da Leishmania sono diffuse in modo uniforme su un territorio. Una caratteristica comune a tutte le specie è la tipica distribuzione a focolaio, nel quale le infezioni umane e animali si concentrano e dove nuovi casi appaiono in modo costante negli anni. Tale fenomeno è dovuto alla particolare biologia degli insetti vettori, cui sono dovute anche la stagionalità della trasmissione nella maggior parte delle aree subtropicali e temperate e la predominanza di infezioni contratte nelle ore notturne. Un criterio per la trattazione dei complessi aspetti epidemiologici della leishmaniosi è quello che raggruppa ciascuna specie parassitaria, la patologia dominante correlata, le specie di ospiti serbatoio e vettore e la relativa distribuzione geografica in numerose “entità nosogeografiche”. Tra le più importanti si ricordano le seguenti:
Leishmaniosi viscerale antroponotica (LVA) – È causata da L. donovani nel subcontinente indiano
(nord-est dell’India e stati confinanti del Bangladesh e del Nepal). La malattia, conosciuta localmente con il termine di kala-azar, è trasmessa da uomo a uomo tramite un vettore sinantropico (Ph. argentipes) e non presenta serbatoi animali. Ciò è reso possibile dall’elevata frequenza di infezioni ematiche e dalla possibilità di sviluppare una disseminazione dermica del parassita (leishmaniosi dermica post kala-azar, PKDL). Normalmente la patologia è endemico-sporadica, ma si possono verificare anche gravi epidemie di durata decennale con oltre 200000 casi annui. In Africa orientale (Sudan, Etiopia, Kenya, Somalia) e nel sud della Penisola arabica è presente una LVA causata da L. donovani che coesiste con una forma zoonotica dovuta a L. infantum e con una forma intermedia, dagli aspetti epidemiologici ancora da chiarire, dovuta a L. archibaldi. Qui l’infezione è trasmessa da Ph. martini e Ph. orientalis, vettori non sinantropici legati a particolari ambienti, quali termitai e boscaglie di Acacia.
Leishmaniosi viscerale zoonotica (LVZ) – È l’entità più diffusa, comprendendo numerose regioni del Nuovo e del Vecchio Mondo, inclusa l’Italia. Il parassita è L. infantum (precedentemente noto nel Nuovo Mondo come L. chagasi) e l’infezione ha origine zoonotica. Il serbatoio naturale è probabilmente costituito da canidi selvatici (lupo, sciacallo e volpe), ma il cane domestico riveste il ruolo principale per la malattia umana. Questo animale manifesta una forma cronica viscero-cutanea a lunga incubazione che è infettante per i flebotomi vettori anche in assenza di segni clinici manifesti. Nel Vecchio Mondo la distribuzione comprende tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (con oltre un migliaio di casi clinici l’anno) e un’ampia fascia di territorio dal Medio Oriente alla Cina. Numerose specie di flebotomi del sottogenere Larroussius sono implicate nella trasmissione (es. Ph. perniciosus, Ph. ariasi, Ph. neglectus, Ph. perfiliewi ecc.). In America Latina, dove il parassita è stato importato in tempi storici, il paese più colpito è il Brasile, ma focolai discontinui sono presenti in molti altri stati, dal nord dell’Argentina fino al sud del Messico. Il vettore principale è Lu. longipalpis In tutto l’areale di distribuzione la malattia ha sempre andamento endemico-sporadico, senza epidemie. Nei Paesi più poveri colpisce quasi esclusivamente bambini sotto i 5 anni di età, mentre nel sud Europa oltre il 50% dei casi è rappresentato da
adulti. Nell’individuo immunocompetente la resistenza clinica all’infezione da L. infantum è molto elevata (alta prevalenza di infezioni asintomatiche) mentre a seguito di fattori immunosoppressivi (infezione da HIV, terapie anti-rigetto in organotrapiantati, trattamento di immunopatologie ecc.) questo parassita si comporta da agente opportunista. In Italia nel corso degli anni ’90 i casi clinici sono andati aumentando fino a oltre 200 nei primi anni del 2000 (fig. 6.3).
Leishmaniosi cutanea sporadica da L. infantum (LCS)– Casi sporadici di manifestazioni cutanee dovute a L. infantum, spesso causate da genotipi diversi da quelli responsabili di una forma viscerale, sono descritti all’interno dell’areale di distribuzione della LVZ, soprattutto nel Mediterraneo occidentale e nell’America centrale. In Italia sono frequenti in molte regioni sia insulari che peninsulari. È molto probabile che sia i serbatoi che i vettori siano i medesimi della LVZ. I parassiti mostrano una tendenza a visceralizzare nei soggetti immunodepressi e nei bambini di età inferiore a un anno.
Leishmaniosi cutanea antroponotica (LCA) –
È causata da L. tropica in aree urbane di un territorio che va dal sud-est della Turchia al nord-ovest dell’India. Focolai molto attivi si riscontrano storicamente in alcune città di Siria (Aleppo, Damasco), Iraq (Bagdad) e Afghanistan (Kabul). Piccoli
di casi
focolai discontinui di tipo rurale sono invece presenti in Africa del nord, Israele e alcune isole della Grecia (unica segnalazione della specie in Europa). A sud del Sahara è stata segnalata solo in Etiopia e Kenya. La patologia cutanea è caratterizzata da forme croniche persistenti o recidivanti che assicurano una trasmissione interumana tramite un vettore sinantropico, Ph. sergenti o specie affini. La presenza di possibili serbatoi animali è stata ipotizzata per alcuni focolai rurali nei quali la malattia ha carattere sporadico.
Leishmaniosi cutanea zoonotica da L. major (LCZ)– Questa forma è caratteristica di vasti territori aridi e predesertici del Vecchio Mondo, dove il parassita vive normalmente in alcune specie di roditori selvatici e l’uomo costituisce l’ospite occasionale. A differenza della LCA, l’uomo infetto non può costituire a sua volta fonte d’infezione, in quanto le lesioni cutanee tendono a risolversi rapidamente. In tutti gli stati dell’Africa del nord, Medio Oriente, Asia centrale e India il serbatoio principale è costituito da roditori gerbillidi (Psammomys obesus e Rhombomys opimus) e il vettore è Ph. papatasi o una specie affine. Segnalazioni sempre più frequenti di LCZ da L. major vengono riportate anche da numerosi stati africani a sud del Sahara occidentale. Qui il serbatoio è costituito da roditori di boscaglia dei generi Arvicanthis e Tatera e il vettore è Ph. duboscqi.
Figura 6.3 andamento dei casi di leishmaniosi viscerale umana in italia dal 1986 al 2006 (repar to di malattie trasmesse da vettori e sanità internazionale, istituto superiore di sanità).
i platelminti ( p hy lum p latyhelminthes)
I platelminti sono metazoi di forma generalmente allungata e piatta, a simmetria bilaterale (fig. 20.1). Gli adulti sono dotati di un’unica cavità; gli organi interni sono immersi in un tessuto connettivale, detto parenchima, rivestito da un sacco muscolo-cutaneo che garantisce all’animale protezione, forma e movimento. L’intestino manca o è costituito da una cavità gastrovascolare che, partendo da un’apertura orale, termina in uno o più rami ciechi. I cataboliti solubili che si accumulano nel parenchima vengono escreti attraverso protonefridi, canalicoli che iniziano con
una cellula cava, dotata di ciglia all’interno, detta cellula a fiamma, e confluiscono nei vasi acquiferi. Questi si aprono all’esterno, in corrispondenza di uno o più pori escretori. Il sistema nervoso è costituito da gangli cerebrali e da plessi e cordoni longitudinali da cui si diramano fibre trasversali. I platelminti sono quasi tutti ermafroditi e producono uova ricoperte da un guscio, nella maggior parte dei casi opercolato.
I platelminti che interessano la parassitologia umana e comparata appartengono alle classi Trematoda e Cestoda.
Sono parassiti obbligati, di norma eteroxeni, che alternano una generazione sessuata e una o più fasi di moltiplicazione larvale (pedogenesi).
Clonorchis sinensis ( no a 2 cm)
Fasciola hepatica ( no a 4 cm)
Fasciolopsis buski ( no a 7,5 cm)
Paragonimus westermani (fino a 1,2 cm)
Opisthorchis felineus ( no a 1,2 cm)
Dicrocoelium dendriticum ( no a 1,4 cm)
Schistosoma
S. mansoni ( fino a 1,4 cm)
S. japonicum ( fino a 2,2 cm)
S. haematobium ( fino a 2 cm)
Figura 20.1 morfologia e dimensioni massime degli stadi adulti dei più importanti trematodi parassiti dell’uomo. (piekarski, springer-Verlag, Heidelberg)
Classe tre matoda
La classe Trematoda si divide in due sottoclassi principali: Monogenea, che comprende parassiti a ciclo diretto, e Digenea, con parassiti a ciclo indiretto che richiedono uno o più ospiti intermedi. Alla prima appartengono esclusivamente ectoparassiti dei pesci, mentre la seconda riveste un ruolo importante in medicina umana e veterinaria.
sottoclasse digenea
I trematodi digenei, detti comunemente distomi, sono tutti endoparassiti e vivono nei dotti biliari, nel tratto alimentare e polmonare e nel sistema vascolare dell’ospite definitivo. Sono caratterizzati dall’alternanza tra una moltiplicazione sessuata, allo stadio adulto, con produzione di uova, e una moltiplicazione asessuata, allo stadio larvale nell’ospite intermedio, con formazione di una o più generazioni “figlie”.
Gli adulti misurano da pochi millimetri a pochi centimetri, hanno il corpo appiattito in senso dorso-ventrale e ricoperto da un tegumento sinciziale, spesso munito di spine. I digenei possiedono due ventose, una orale e una ventrale, che permettono loro di aderire ai tessuti. Dalla ventosa orale si diparte il faringe e l’intestino, diviso in due rami ciechi semplici, come nel caso di Opisthorchis (fig. 20.2) oppure suddivisi in ramificazioni (per esempio Fasciola). L’assorbimento di glucosio, degli aminoacidi e di altri composti nutritivi a basso peso molecolare avviene attraverso il tegumento. L’emoglobina e altre sostanze ad alto peso molecolare sono digerite dall’intestino. Solo le specie appartenenti alla famiglia Schistosomatidae presentano sessi separati, mentre le altre sono ermafrodite: è possibile sia l’autofecondazione, sia la fecondazione crociata. L’apparato riproduttivo del maschio è formato da due testicoli con due dotti deferenti. L’apparato genitale femminile è costituito da un unico ovaio, dal quale si diparte l’ovidotto. L’ovidotto si espande distalmente per formare l’ootipo, dove la cellula uovo
si circonda del vitello secreto dalle ghiandole vitellogene e dove avviene la formazione del guscio. Nella maggior parte delle specie, a eccezione degli schistosomi, l’uovo, generalmente di colore giallobrunastro, è fornito di un opercolo. Gli stadi larvali si sviluppano nel corpo di molluschi gasteropodi polmonati che fungono da ospiti intermedi; in alcune specie esiste un secondo ospite intermedio. I parassiti adulti producono uova che raggiungono l’ambiente esterno con la massa fecale o con le urine, a seconda della propria localizzazione. Il ciclo biologico continua con una serie di trasformazioni larvali all’interno di uno o più ospiti intermedi che ne permettono la moltiplicazione e quindi la diffusione. L’ingestione diretta dell’ospite intermedio o la liberazione nell’ambiente di una larva infettante comporta la trasmissione della parassitosi all’ospite definitivo. In talune specie di trematodi (parassiti adulti solo degli animali), sono le stesse larve libere nell’ambiente a provocare forme patogene (solitamente dermatiti) nell’ospite umano che ne viene a contatto.
Ventosa orale Faringe
Intestino
Ventosa ventrale
Vitellogeno
Utero Ovaio
Ghiandola di Mehlis
Canale escretore
Figura 20.2 schema generale della struttura interna di Opisthorchis felineus. (modificato da Voegel, in minning e coll., J.a bar th, leipzig).
Claudio Genchi, Giorgio Traldi
Nel phylum Arthropoda vanno annoverati alcuni tra i più efficienti vettori di patogeni, quali virus, batteri, protozoi ed elminti. Per alcuni di questi l’artropode è necessario per completare il ciclo vitale (per esempio Leishmania spp. e i filaridi parassiti dell’uomo e degli animali), in altri casi l’artropode funge da vettore meccanico. Inoltre gli artropodi possono essere parassiti obbligati o facoltativi ed essere causa di patologie cutanee, quali la scabbia e la pediculosi, patologie sistemiche, quali le allergie agli acari domestici (acari della polvere), o parassitosi immaginarie (sindrome di Ekbom; delusory parasitosis); quest’ultima è una grave psicosi in cui il paziente ritiene di essere vittima di un’infestazione da insetti o acari, che trova tra le sue cause la paura, diffusa in alcune persone, nei confronti di piccoli organismi striscianti o volanti in grado di parassitare l’uomo.
Più dell’80% delle diverse specie di esseri viventi conosciuti appartengono al phylum degli artropodi. Essi si sono adattati a tutti gli ambienti di vita e sono in grado di interferire in diversi modi con la salute dell’uomo dando luogo a patologie non sempre di facile diagnosi.
Gli artropodi sono invertebrati caratterizzati da simmetria bilaterale e organizzazione metamerica (fig. 45.1). Il corpo è rivestito da un esoscheletro cuticolare più o meno chitinizzato e presenta appendici articolate appaiate, anch’esse ricoperte dalla cuticola. Gli artropodi sono caratterizzati da una cavità corporea, l’emocele, che contiene l’emolinfa e i vari organi.
L’esoscheletro non è elastico. Gli artropodi durante l’accrescimento lo sostituiscono più volte (mute).
Nei casi in cui l’artropode, dopo la muta, assume un aspetto molto diverso, si parla di metamorfosi completa (modificazione radicale della struttura del corpo). Il sistema di crescita tramite metamorfosi, tipico degli insetti superiori, offre loro il vantaggio di occupare, nelle varie fasi della vita, le nicchie ecologiche più diverse. L’arresto temporaneo dello sviluppo di un artropode in una qualsiasi fase del suo ciclo biologico si definisce diapausa. L’organizzazione degli arti toracici è illustrata nella Figura 45.2. Gli arti dei segmenti cefalici assumono aspetto e funzioni specializzate: antenne (sensorie), cheliceri, mandibole e mascelle.
Cuore
Antenna
Ganglio sopraesofageo Catena nervosa ventrale con gangli in ogni metamero Canale digerente
Occhio
Labrum
Mandibole
Mascelle
Secondo paio di mascelle
Zampe segmentate del lato sinistro
Trocantere
Il sistema nervoso è costituito da una catena gangliare ventrale caratterizzata da una coppia di gangli per metamero. Nella maggioranza degli artropodi terrestri la respirazione avviene mediante trachee, tubi il cui rivestimento chitinoso presenta negli insetti degli inspessimenti disposti a spirale. Le trachee si aprono all’esterno con degli opercoli che convogliano l’aria fino alle singole cellule dei vari organi grazie a una rete capillare. Tale sistema
diretto di trasporto dell’ossigeno ha come conseguenza una limitazione delle dimensioni di questi animali. La maggioranza degli artropodi ha sessi separati; alcune specie possono riprodursi per partenogenesi.
In questa sezione sono descritti i gruppi di maggiore importanza in parassitologia umana e le patologie da essi causate e/o trasmesse. Data la vastità di questo phylum e le caratteristiche dei diversi raggruppamenti tassonomici, non è stato possibile riassumere in modo schematico le varie patologie e si è preferito trattare i diversi gruppi di artropodi di interesse medico-parassitologico in base alla classificazione tassonomica, indicando, quando possibile, la malattia da essi causata. Il phylum Arthropoda può essere diviso nei tre subphyla: Malacopoda, Chelicerata e Antennata (fig. 45.3).
malacopoda
chelicerata Antennata Arachnida pentastomida
scorpioni
Araneidi
Acaridi crostacea
insecta
Figura 45.3 Schema delle categorie tassonomiche di rilevanza parassitologica trattate nella sezione.
Olga brandonisio
Nel sangue periferico dell’uomo è possibile ritrovare i plasmodi della malaria, le babesie, i tripanosomi africani e americani, e le forme larvali delle filarie (microfilarie).
Le leishmanie agenti di leishmaniosi viscerale non sono generalmente reperibili nel sangue periferico a scopo diagnostico, tranne talvolta nei soggetti con coinfezione HIV-Leishmania.
49.1 RaCC olta dei C am pioni emati C i
Il sangue venoso periferico addizionato con un anticoagulante (EDTA) è idoneo per la ricerca dei parassiti ematici e consente di applicare metodi di concentrazione per le microfilarie e i tripanosomi. Comunque, in particolare per l’accertamento diagnostico della malaria e della babesiosi, è preferibile utilizzare sangue capillare prelevato dal polpastrello, in genere del dito anulare, o dal tallone nei bambini al di sotto di sei mesi, dopo disinfezione della cute con alcol.
I campioni ematici, se possibile, andrebbero raccolti prima dell’inizio della terapia specifica.
49.1.1 Campioni ematici per la diagnosi di malaria
In caso di sospetta malaria o babesiosi è essenziale che l’esame venga effettuato il più presto possibile. Nella malaria i parassiti sono più numerosi nel sangue periferico qualche ora dopo l’inizio dell’accesso febbrile, ma possono essere presenti in qualsiasi momento durante l’infezione. In caso di sospetto clinico, poiché la parassitemia può fluttuare nel tempo, vanno effettuati almeno 2-3 prelievi al giorno per 2-3 giorni prima di escludere la diagnosi.
49.1.2 Campioni ematici per la diagnosi di tripanosomosi africana
La malattia del sonno (causata da Trypanosoma brucei rhodesiense e Trypanosoma brucei gambiense) va sospettata, dopo aver escluso la malaria, nei soggetti provenienti dall’Africa equatoriale, che presentino sintomatologia febbrile, generalmente entro un mese dal soggiorno in aree endemiche. Nel primo periodo (stadio emolinfatico) i parassiti vanno ricercati nel sangue periferico
Il numero di tripanosomi nel sangue nell’infezione da T.b. gambiense può variare da più di 10000/mL a meno di 100/mL, rendendo in quest’ultimo caso la diagnosi difficile anche con i metodi diagnostici più sensibili. I parassiti sono invece più numerosi nel sangue nell’infezione da T.b. rhodesiense.
Per aumentare la sensibilità dei metodi diagnostici per la malattia del sonno è necessario:
• effettuare più prelievi successivi, anche nella stessa giornata, preferibilmente durante l’accesso febbrile;
• impiegare tecniche di concentrazione (vedi paragr. 49.3.2);
• ridurre al massimo il tempo che intercorre fra la raccolta del campione e l’esame, per evitare l’immobilizzazione e la successiva lisi dei tripomastigoti, che possono sopravvivere solo per poche ore nel campione ematico, al riparo dalla luce e dal calore.
La mancata dimostrazione del parassita non esclude comunque necessariamente la diagnosi.
Bisogna inoltre sottolineare che i campioni contenenti i tripanosomi africani sono potenzialmente infettivi, per cui nel maneggiarli è necessario adottare misure di prevenzione come l’uso di guanti. Le tecniche per la diagnosi microscopica di tripanosomosi africana sono descritte nel Paragrafo 49.3.2.
Altri campioni in cui si possono ritrovare i tripanosomi africani sono:
• l’aspirato dal nodulo cutaneo, che si forma precocemente nel punto di inoculo dei tripomastigoti da parte dell’insetto vettore, da esaminare a fresco e mediante colorazione di Giemsa;
• l’aspirato linfonodale, ottenuto da linfonodi eventualmente ingranditi (positivo in circa il 60% delle infezioni da T.b. gambiense) (fig. 49.1);
• il midollo osseo;
• il liquido cefalorachidiano (liquor), prelevato mediante puntura lombare.
Il parassita si può osservare nel sedimento del liquor nell’ultimo periodo (stadio meningoencefalitico). Il liquor deve essere esaminato entro 20 minuti dal prelievo, per evitare la lisi spontanea dei parassiti, e centrifugato a 900 g 10 minuti.
Nel liquor i tripanosomi possono essere evidenziati mediante esame a fresco e colorazione di Giemsa. L’esame del liquor è necessario per stabilire il regime terapeutico più appropriato, in quanto il coinvolgimento neurologico determina la scelta di farmaci che attraversano bene la barriera emato-encefalica, ma che sono potenzialmente molto tossici. Errori di stadiazione sono possibili e legati all’eventuale presenza di sangue contenente tripanosomi nel liquor.
In un individuo con tripanosomosi accertata l’aumento di leucociti, di proteine e di IgM nel liquor
deve essere considerata segno di coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC), anche in assenza di tripomastigoti nel liquor.
I campioni di sangue e di liquor dovrebbero essere esaminati durante la terapia e fino a 1-2 mesi dopo il suo termine.
49.1.3 Ca mpioni per la diagnosi di tripanosomosi americana
La diagnosi parassitologica della malattia di Chagas (causata da Trypanosoma cruzi) si effettua durante la fase acuta in prelievi di sangue periferico anticoagulato, mediante:
• esame microscopico (vedi paragr. 49.3.3);
• isolamento del parassita in terreni colturali come l’NNN a base di agar + sangue di coniglio;
• isolamento in animali di laboratorio (topo);
• PCR Nelle aree endemiche si effettua anche la cosiddetta xenodiagnosi, facendo pungere l’individuo ritenuto infetto da cimici del genere Triatoma, sicuramente indenni da tripanosomi perché allevate in laboratorio, e quindi ricercando i parassiti mediante dissezione dell’intestino dell’insetto dopo quattro settimane.
I tripomastigoti si possono anche osservare nel sedimento del liquido cefalorachidiano in caso di infezione del sistema nervoso centrale.
Gli amastigoti possono essere invece osservati, di solito post-mortem, in granulomi cutanei, linfonodi e miocardio.
Figura 49.1 diagnosi della fase ghiandolare della malattia del sonno. I linfonodi cervicali ingrossati ed elastici (a) vengono disinfettati con tintura di iodio e massaggiati gentilmente tra il pollice e l’indice della mano sinistra. Con l’altra mano si introduce verticalmente nel centro della ghiandola un ago da siringa, ruotando nelle due direzioni per 90° finché si riempie di fluido (b). Si estrae poi rapidamente l’ago, chiudendone la base con un dito guantato. l’ago va quindi inserito nella siringa col pistone a metà corsa (se la ghiandola è turgida, si procede direttamente al prelievo con siringa innestata). l’ago è svuotato su due vetrini portaoggetti, va lavato poi in una goccia di soluzione fisiologica posta su un altro vetrino, che come gli altri due va subito coperto con un vetrino coprioggetto. la ferita infer ta dall’ago va disinfettata con tintura di iodio e protetta con cerotto. l’immediato esame microscopico dei preparati mostra eventuali movimenti tra eritrociti, leucociti e cellule linfatiche, causati da tripanosomi (c), lunghi 2-3 volte più dei globuli rossi e non di rado parzialmente coperti dalle suddette cellule. Si può precedere al completamento dello striscio, alla sua fissazione con alcol metilico e alla colorazione di Giemsa (OmS, 1983).
Nella fase cronica della malattia il parassita, localizzato soprattutto nell’intestino, nel cuore o in altri tessuti profondi, è difficilmente osservabile all’esame microscopico del sangue periferico, se non durante eventuali riprese febbrili, mentre può essere talora identificato mediante PCR, coltura o xenodiagnosi.
49.1.4 Ca mpioni ematici per la diagnosi di filariosi
Per la ricerca microscopica delle microfilarie nel sangue periferico è necessario tenere conto della caratteristica periodicità di immissione in circolo di queste larve, che varia a seconda della specie e dell’area geografica di provenienza del soggetto. Il momento della giornata in cui viene prelevato il sangue, infatti, deve coincidere con le ore di attività del rispettivo vettore. In particolare si consiglia di prelevare il sangue:
• di giorno, fra le 10 e le 14, per Loa loa;
• di notte, dopo le 20, per Brugia o Wuchereria.
Al contrario, per la ricerca di antigeni circolanti di Wuchereria bancrofti non è necessario ricorrere al prelievo notturno.
Poiché le microfilarie sono concentrate nei capillari periferici, è preferibile il prelievo di sangue capillare. Il sangue venoso anticoagulato, di solito con EDTA, deve essere concentrato, con le tecniche descritte in seguito (vedi paragrafo 49.6.1).
49.2 allestimento di stRisCi sottili e di pRepaRati a goCCia spessa
L’accertamento diagnostico della malaria si basa sulla ricerca microscopica dei plasmodi nel sangue periferico, mediante l’allestimento di strisci sottili e, per concentrare i parassiti, di preparati a goccia spessa. Per la preparazione dei vetrini deve essere utilizzato preferibilmente sangue capillare, o in alternativa sangue venoso senza o con l’aggiunta di anticoagulanti (di solito EDTA). Questi ultimi comunque non devono essere lasciati a lungo a contatto con il sangue stesso, perché possono alterare la morfologia dei parassiti e la colorazione se il vetrino non viene allestito presto. Per ogni campione prelevato è necessario allestire almeno due strisci sottili e due preparati a goccia spessa.
Lo striscio sottile si esegue ponendo una piccola goccia di sangue al centro di un vetrino portaoggetti accuratamente sgrassato. È necessario toccare la goccia con il margine di un secondo vetrino e farla aderire al margine stesso, quindi con mano ferma strisciare il sangue, tenendo il secondo vetrino in posizione obliqua, con un angolo di 45° rispetto al primo (figg. 49.2 e 49.3). Se gli strisci sottili sono troppo spessi, le emazie si presentano sovrapposte, impedendo una corretta lettura.
La goccia spessa consiste in un preparato di sangue più concentrato, in cui le emazie vengono lisate. Le altre cellule del sangue e i parassiti eventualmente presenti sono circa 30 volte più concentrati rispetto a un’area uguale di uno striscio sottile. Questo aumenta la sensibilità del metodo, consentendo una più efficiente identificazione dei parassiti. La morfologia dei parassiti, tuttavia, può risultare alterata nella goccia spessa, per cui la diagnosi di specie dei plasmodi della malaria si effettua preferibilmente sugli strisci sottili.
La goccia spessa si esegue ponendo al centro del vetrino 1-2 gocce di sangue prelevato preferibil-
Figura 49.2 preparazione di uno striscio di sangue.
a. Si depone una piccola goccia di sangue su un vetrino por taoggetti ben pulito; si accosta alla goccia un secondo vetrino portaoggetti inclinato di 45°; il sangue si sparge lungo l’angolo così formato. b. Si striscia il sangue con movimento veloce e uniforme.
De Carneri
Parassitologia medica e diagnostica parassitologica a cura di Olga Brandonisio, Fabrizio Bruschi, Claudio Genchi, Edoardo Pozio
Collegandosi al sito www.testtube.it nella sezione di Medicina professionale sono disponibili:
• Storia della Parassitologia
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• Immagini di Anatomia patologica
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Questo libro è un’edizione completamente rinnovata e aggiornata, specificatamente dedicata agli aspetti medici, dell’affermato testo De Carneri - Parassitologia generale e umana, che nella sua lunga storia è ormai giunto alla 13ª edizione.
Vengono qui trattati i principali aspetti della Parassitologia umana e della Diagnostica parassitologica in funzione di un uso professionale, per i medici specializzandi e per gli studenti che frequentano corsi di Parassitologia nelle Facoltà di Medicina.
L’incidenza delle malattie parassitarie è a oggi tutt’altro che insignificante: nei Paesi poveri le parassitosi umane costituiscono un problema di difficile soluzione che incide in modo significativo sulla qualità e sulle speranze di vita; ma anche nei Paesi occidentali i numerosi viaggi in Paesi tropicali e i continui flussi immigratori favoriscono un efficace rimescolamento dei patogeni opportunisti, tra cui, in larga misura, organismi a eziologia parassitaria. Questo testo si colloca all’interno di questo scenario, con l’obiettivo di analizzare le diverse problematiche legate alle infezioni da parassiti. L’accurata trattazione delle patologie, la presentazione in schede, la nuova articolazione per agente eziologico/patologia in sottoargomenti (quali morfologia, biologia, epidemiologia, patogenesi, clinica, diagnosi, diagnosi differenziale e lotta e prevenzione) sono funzionali per una facile lettura e ricerca. Particolare attenzione è stata inoltre posta all’immunopatologia e alla tecniche diagnostiche per far fronte alla continua evoluzione delle malattie parassitarie.
• Glossario BRANDONISIO*DECARNERI PARASSIT (CEA Q
ISBN 978-88-08-18237-1
Gli argomenti che riguardano la storia della parassitologia italiana, i concetti base dell’epidemiologia dei parassiti e delle malattie parassitarie e le immagini di Anatomia patologica sono consultabili nel sito dedicato al libro.