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IL DOPO CORONAVIRUS / 2 SUPER POTERI E NORMALI DOVERI

SUPER POTERI E NORMALI DOVERI

Confusione sul ruolo dell’amministratore durante l’emergenza sanitaria. La legge non conferisce speciali competenze e la legge sulla privacy va rispettata. Ecco come deve agire il professionista

Carlo Pikler

Momento difficile per tutti questo della pandemia. Forse la paura, forse anche la vecchia e mai persa abitudine di voler considerare l’amministratore come il soggetto obbligato a occuparsi di qualunque vicenda accada all’interno del condominio, fosse anche la malattia del singolo condomino. Ancora una volta stava per passare l’assunto secondo il quale i compiti dell’amministratore si sarebbero dovuti estendere anche alle questioni che riguardano in via esclusiva fatti privati dei condòmini. Una teoria che l’amministratore conosce bene, e che ben calza con l’altra, che sostiene come chi amministra gli stabili debba essere un tuttologo e tuttofare, in grado di conoscere tutto di tutto e di tutti, possedere l’onniscienza, e anche essere in grado di gestire ogni situazione in qualunque circostanza.

Superpoteri

Probabilmente, proprio in relazione a questi superpoteri che l’amministratore ha acquisito nel corso del tempo, il professionista si è trovato anche a essere protagonista di una diatriba dottrinaria nel corso dell’emergenza coronavirus. Così, in questo periodo, illustri giuristi e gior- nalisti, aderendo alle due teorie dell’amministratore supereroe, lo hanno addirittura visto come il soggetto in grado, con i suoi poteri (super), di poter sconfiggere il covid-19. Egli appare stavolta come il destinatario di obblighi improbi da dover gestire, alla stregua dei migliori giustizieri: dovrebbe verificare le argute manovre dei cittadini che, spaventati dal subire eventuali ricoveri o quarantene da contagio, si trovano rintanati nelle proprie abitazioni. Ed ecco allora l’Amministratore supereroe che li scova, perché viene a conoscenza della notizia da un pari cittadino che in maniera codarda, anziché fare la segnalazione alla polizia, ne demanda il compito al nostro superuomo, il quale, nell’immediato, contatta le pubbliche autorità, ordina la sanificazione delle parti comuni e, per tutelare la salute degli altri condòmini, va anche a comunicare a tutta la compagine condominiale il nome e il cognome del concittadino contagiato dal coronavirus.

Le conseguenze

Laddove poi, l’amministratore non ottemperasse a questi obblighi imposti da una legge (credo divina visto che non ve ne è traccia terrena), egli si troverebbe

implicato in faccende gravissime di natura penale… anni e anni di reclusione per essere venuto meno a questa legge scritta da una mano che non appartiene agli uomini. In questa bellissima storia di eroi e di superpoteri, veniva rimarcato che la privacy nel periodo emergenziale che stiamo vivendo non può essere considerata come scusa per non ottemperare ai propri doveri. Anzi, chiamarla in causa è una ulteriore aggravante e, quindi, per il povero amministratore che pensava di non dover diffondere dati, tanto più quando questi sono particolari, saranno ulteriori anni e anni di reclusione. A metter fine a questa bellissima storia di fantadiritto, ci ha pensato in maniera definitiva Federprivacy che ha dettato le linee guida da seguire in caso di covid-19 in condominio.

Le reali competenze

La teoria portata avanti da Federprivacy, più volte sposata dallo scrivente assieme all’avvocato Rosario Dolce, parte dall’analisi concreta, terrena e reale del Codice civile e delle leggi speciali che si applicano nell’ambito condominiale. Le attribuzioni dell’amministratore sono segnate, specificatamente, nell’articolo 1130 del Codice civile. Secondo questa teoria, molto meno suggestiva dell’altra, l’amministratore, ahimè, è un comune cittadino che svolge un ruolo predeterminato dalle

leggi, circoscritto, al quale deve attenersi. Egli deve disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse collettivo, per assicurarne il miglior godimento a ciascuno dei condòmini e deve compiere gli atti conservativi sulle parti comuni per tutelare i condòmini e i terzi che vi transitano. Inoltre, l’amministratore è assoggettabile alle norme del testo unico sulla sicurezza del lavoro posto che il condominio è parificato ad un ambiente di lavoro.

Nessuna deroga

L’amministratore, laddove venisse a conoscenza di un caso di coronavirus non può comunicare dati personali dei soggetti contagiati agli altri condòmini. Si tratta, infatti, di dati particolari e come tali devono essere trattati. Non esistono deroghe sul punto, il diritto alla privacy è pienamente efficace in questi frangenti e ogni trattamento deve essere effettuato in maniera anonima, in modo che nessuno possa riuscire a risalire al soggetto interessato, neppure in maniera indiretta. Unica deroga ai principi generali dettati dal Gdpr in relazione al trattamento dei dati sanitari cosiddetti «particolari» è prevista dall’articolo 9 del Regolamento europeo secondo il quale alla lettera «c) il trattamento è necessario per tutelare un interesse vitale dell’interessato o di un’altra persona fisica qualora l’interessato si trovi nell’incapacità fisica o giuridica di prestare il proprio consenso». Questa deroga, però, riguarda il trattamento circoscritto alla figura dell’amministratore, il quale può trattare questi dati al fine di aprire il fascicolo da tenere nel Ras (Registro anagrafe e sicurezza) e svolgere, così, l’intervento di sanificazione. Se, viceversa, l’amministratore comunicasse agli altri condòmini il nominativo del soggetto contagiato, si esporrebbe a eventuali azioni risarcitorie da parte di questo e contestualmente rischierebbe di subire sanzioni amministrative importanti da parte del Garante per trattamento illecito dei dati personali. Per giunta, quando si tratta di dati sanitari, le sanzioni e le condanne ai risarcimenti sono ancora più severe.

La procedura

Avuta la conoscenza dell’avvenuto contagio, l’amministratore dovrà invece seguire con estrema attenzione la fase di scelta della ditta sanificatrice, verificando con accuratezza i corretti documenti della stessa. Tali imprese andranno selezionate tra quelle iscritte nel registro delle ditte di cui al testo unico approvato con R.D. 20.9.1934, n. 2011, e successive modificazioni, o nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 82 (G.U. n. 27 del 3 febbraio 1994) che disciplina, per l’appunto, le attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione. I provvedimenti statali, in periodo d’urgenza, sono tutti orientati sulla necessità di effettuare opere di sanificazione dei luoghi al fine di tentare di limitare il contagio pandemico. Il condominio è anche un luogo di lavoro e accessibile a terzi.

La sanificazione

Il ministero della Sanità in merito alla pulizia e sanificazione in azienda dichiara che «l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni di svago. Nel caso di presenza di una persona con

Covid-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dell’area…». Quindi, unendo tutte le informazioni sopra dette, possiamo ben dedurre come l’amministratore, nel caso in cui sia certo (e lo possa poi dimostrare) della presenza di un caso di coronavirus in un condominio, debba procedere con un intervento di sanificazione. Tale intervento dovrà essere considerato urgente. L’urgenza dell’intervento fa sì che questo non abbia bisogno di una successiva ratifica, ma solamente che l’intervento sia portato a conoscenza dell’assise condominiale mediante una semplice presa d’atto. In caso di contestazione in sede di approvazione di rendiconto, l’amministratore potrà agire in giudizio per ottenere il riconoscimento della legittimità del proprio operato.

Il costo

Ovviamente, nel caso in cui non fosse accertata l’urgenza, il costo dei lavori andrebbe a gravare direttamente sull’amministratore. Importante è anche una sentenza i cui principi si possono applicare per analogia, della Corte di Cassazione, la numero 24654 del 3/12/2010, secondo la quale è stato riconosciuto all’amministratore il potere di intervenire per effettuare interventi di derattizzazione a fronte di particolari urgenze, anche senza la preventiva approvazione dell’assemblea. La sentenza in questione imponeva l’obbligo per l’amministratore di avvisare i condòmini dell’ora e del giorno dell’intervento. Oggi, che l’amministratore non potrebbe recarsi presso il condominio in quanto obbligato a lavorare in smart working, appare opportuno procedere all’affissione di un tale cartello per il tramite della medesima ditta incaricata. Il motivo della preventiva affissione è che la compagine condominiale deve essere messa al corrente che in quell’orario di quel dato giorno si useranno sostanze che potrebbero essere nocive, sconsigliando di farsi trovare negli ambienti comuni.

Forma ufficiale

Per evitare che l’amministratore si trovi poi nella situazione di vedersi contestata la spesa, è bene che la comunicazione di presunto caso di covid-19 se la facesse pervenire per scritto, meglio ancora se in forma ufficiale per il tramite delle autorità preposte. Insomma, all’amministratore non è stato conferito il mandato alla tutela della salute dei singoli condòmini, ma «appena» quello di tutelare, mantenere e rendere sicure le parti comuni dell’edificio. Per poterlo veder vestire i panni del supereroe bisogna ancora attendere. E chissà se vorrà ricoprire ancora il ruolo dell’amministratore.

Carlo Pikler

Avvocato, responsabile del Centro Studi Privacy and Legal Advice, esperto in materia di tutela e trattamento dati e diritto condominiale.

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