Sicilia, il sociale sprecato

Page 1

IL SOCIALE SPRECATO

SICILIA IL SOCIALE SPRECATO

Il paradosso di una regione ultima in troppe classifiche legate al welfare, che però proprio nel Terzo settore esprime eccellenze a livello nazionale. Come ricucire lo strappo?

Le strade ci sono. A partire dalle esperienze

GEOGRAFIE MERIDIANE f/b 04
GEOGRAFIE MERIDIANE
SICILIA
f/b

SICILIA IL SOCIALE SPRECATO

GEOGRAFIE MERIDIANE f/b 04

GEOGRAFIE MERIDIANE

Inchiesta sul welfare del Mezzogiorno

04. SICILIA IL SOCIALE SPRECATO

a cura di Gilda Sciortino

In collaborazione con

Editing e grafica: Vita Società Editoriale S.p.A. impresa sociale www.vita.it

Via Giovanni Bovio, 6 - 20159 Milano © 2023

direttore: Stefano Arduini

grafica e impaginazione: Matteo Riva e Antonio Mola

revisione: Antonietta Nembri

focus-book

GIÀ PUBBLICATI:

i book sono scaricabili gratuitamente da vita.it

01. SARDEGNA. IL SOCIALE ISOLATO a cura di Luigi Alfonso 02. PUGLIA. IL SOCIALE BIFRONTE a cura di Emiliano Moccia 03. BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA a cura di Luca Iacovone

INDICE

Rompere lo status quo: ecco la sfida del Terzo settore siciliano di Stefano Arduini

CAPITOLO 1.

Il welfare ramengo di una regione sempre uguale a se stessa

→ Il sociale? È finito su un binario morto pag. 10

CAPITOLO 2. Change makers: l’innovazione made in Sicily

→ Clac - Cantieri culturali alla Zisa

Qui l’economia è creativa pag. 27

→ Don Bosco 2000

I migranti? Per noi sono un investimento pag. 31

→ Eclettica

La street factory siciliana nata per sport pag. 35

→ Energ-Etica

Gli orti inclusivi che sanno di Mediterraneo pag. 39

→ Fondazione Èbbene

Generare comunità con la prossimità pag. 43

→ Fondazione di comunità Me.S.S.In.A

Il distretto dell’economia sociale pag. 47

→ Moltivolti

Il gusto della diversità abita a Ballarò pag. 51

CAPITOLO 3.

Pensieri meridiani: tre parole per cambiare orizzonte

→ 1. Key word: interdipendenza di Alessandra Sciurba pag. 57

→ 2. Key word: impatto sociale di Giuseppe Notarstefano pag. 67

→ 3. Key word: creare valore di Raffaele Bonsignore pag. 73

5 GEOGRAFIE MERIDIANE

Rompere lo status quo: ecco la sfida del Terzo settore siciliano

Scriveva Luigi Pirandello: «Ogni cosa finché dura porta con sé la pena della sua forma, la pena d’esser così e di non poter essere più altrimenti». Questo aforisma del drammaturgo agrigentino premio Nobel per la letteratura ben si attaglia al racconto del welfare siciliano che mette a fuoco questa nuova pubblicazione della serie Geografie Meridiane promossa da Vita nell’ambito del progetto “Vita a sud”. La nostra Gilda Sciortino fin dall’inchiesta che apre il volume dimostra, numeri alla mano, la contraddizione fra un tessuto sociale spesso e attivo e pessime statistiche nel campo del sociale e del welfare a partire dai dati sullo spopolamento e su occupazione e disoccupazione. Contraddizione ancora più acuta se si conoscono alcune delle esperienze sociali più significative dell’isola. Nel capitolo 2 trovate sette ritratti di altrettante organizzazioni sociali che a ben vedere possono, anzi, sono

6 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO → EDITORIALE

già considerate prototipi da prendere a modello e da esportare ben al di là dei confini dell’Isola. Il caso della Fondazione comunitaria di Messina ideata e sviluppata da Gaetano Giunta è forse la punta dell’iceberg, ma di certo non è un caso unico. Tutt’altro. Questa ricchezza e varietà è un tratto distintivo della regione, almeno rispetto alle prime tre tappe percorse dalle serie “Geografie Meridiane”: Sardegna, Puglia e Basilicata. Come si spiegano allora i pessimi dati degli indicatori su benessere e stato sociale? La responsabilità della politica è indubbia e grave, come denunciamo nel primo capitolo. Ma forse non c’è solo questo. Il sociologo Salvatore Cacciola propone una chiave di lettura interessante: «Sembra che il sociale interessi solo chi lo fa, ma non diventa mai una priorità anche perché i modelli non vengono condivisi. I fondi che arrivano da realtà come Fondazione Con il Sud o dall’impresa sociale Con i Bambini creano percorsi di sopravvivenza. La nostra è vera resilienza, resistenza, ma certo non possiamo parlare di sviluppo». Ovvero il Terzo settore esprime un’alta qualità, ma non si propone un’alternativa reale.

La professoressa Alessandra Sciurba aggiunge un altro tassello: «... Il limite di tutte queste esperienze è quello di liberarsi dal ruolo di mera riduzione del danno che le attività messe in campo dalla società civile finiscono inevitabilmente per avere, quando non esiste un sistema istituzionale in grado di

7 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

accogliere questi contributi». E ancora: «La distanza fra il pubblico e il privato sociale contribuisce a rendere anche le più grandi fatiche, le idee più innovative, i progetti più intelligenti, microcosmi separati fra di loro e dal resto del mondo».

Se la fotografia è questa la domanda è se il mondo del sociale e il Terzo settore vogliono essere elemento di rottura oppure elemento conforme rispetto allo status quo. Il professor Giuseppe Notarstefano nel suo contributo lancia la sfida dell’impatto sociale, per raggiungere il quale il non profit non può esimersi dal giocare anche un ruolo politico attivo (ben inteso: politico, non partitico). Vorrà e sarà in grado di farlo? Il nodo da sciogliere alla radice è esattamente questo.

8 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Il welfare ramengo di una regione sempre uguale a se stessa

Tutte le statistiche rivelano come la Sicilia abbia urgenza di modificare un modello sociale che produce povertà ed esclusione. Eppure il Terzo settore continua a rimanere ai margini

9 → CAPITOLO 1

Il sociale? È finito su un binario morto —

Una Sicilia tanto splendente quanto oscura, tanto capace di esprimere modelli di buone prassi quanto incapace di metterli a sistema. Una Sicilia che crea e distrugge allo stesso tempo, quasi a volere dimostrare che qui non cresce nulla, nonostante nelle intenzioni sembra si voglia diversamente. Una Sicilia che subisce gli stigmi che le imprime il brand mafioso, così come tristemente gattopardiana se, poi, guardando con la giusta luce, ci accorgiamo che tutto si ferma alla superficie. Bei progetti, belle iniziative, percorsi che, se non creano comunità, si sciolgono come neve al sole avendo fatto desiderare il cambiamento, generando, invece, delusione e, quindi, involuzione.

L’idea più ricorrente che si possa avere della Sicilia è che si tratta di una terra nella quale si potrebbe vivere solo di turismo, una terra nella quale basta imbandire una tavola in qualunque angolo dei suoi 391 comuni ed ecco che salta fuori la tipica accoglienza della più grande isola per superficie e popolazione del mar Mediterraneo. Mare che dall’1 gennaio al 31 dicembre 2022 ci ha portato 79.016 migranti in fuga da Libia,

10 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Tunisia, Turchia, Libano, Algeria, Siria, Grecia e Cipro alla ricerca di una vita più giusta e libera. Una terra certamente accogliente, nella quale oggi sono 250mila gli stranieri residenti stabilmente, con 41 insediamenti informali di migranti legati alla stagionalità, impiegati per esempio nell’ex cementificio di Campobello di Mazara del Vallo, a Cassibile, Caltabellotta, Marsala, Alcamo, solo per fare qualche esempio.

Una storia così carica che fa spesso fatica a mettersi in moto, a collegarsi, che appare poco flessibile e molto pesante. Un impatto tra globale e locale, glocal, che ha prodotto una serie di conseguenze, prima tra tutte un impoverimento complessivo culturale, che ha generato anche spopolamento, abbandono soprattutto delle aree interne, squilibri demografici, processi tipici della globalizzazione, quindi anche creazione e rigonfiamento delle periferie, invecchiamento della popolazione, chiusura di servizi. In questo quadro si innesta l’endemico arretramento delle infrastrutture della regione, che in Sicilia è particolarmente acuto e che non si risolverà certo con la costruzione di un Ponte.

Sempre meno abitanti e sempre più anziani

Che la Sicilia sia oggi terra sempre più depauperata lo dicono i dati che raccontano di come non solo le aree interne stiano morendo perché pian piano si vanno svuotando, ma anche per l’età sempre più avanzata della popolazione. Lo conferma

11 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

l’Istat: oltre 31mila siciliani ogni anno abbandonano la loro terra, come se in meno di dieci anni scomparisse l’intera provincia di Ragusa (314.950 i cittadini che la abitavano al primo gennaio 2021). Ma a spopolarsi non sono solamente le aree interne, quanto anche le città metropolitane: Palermo (- 91.237), Catania (- 24.370) e Messina (- 16.050).

«La Sicilia oggi è abbandono prima di tutto delle terre», afferma con tono preoccupato Luciano D’Angelo, presidente del “Consorzio Network dei Talenti” e consulente di sviluppo territoriale «e ce lo dicono i 182 paesi sui 400 in cui si ha un decremento demografico dell’80%. Nel Nord d’Italia sono i comuni montani a spopolarsi, qui in Sicilia invece si va via dalle pianure, dalle montagne, dal Belice e perfino dalle grandi città. Il tema dell’abbandono è legato a quello della chiusura degli esercizi commerciali.

In Sicilia, a differenza che nel resto d’Italia non si spopolano solo le aree interne: si spopolano le grandi città: Palermo, Catania, Messina

Ci sono paesini dell’entroterra in cui vanno sparendo gli uffici postali, le banche e, quando questo accade, è il deserto in senso più assoluto. Realtà di 800/900 abitanti in cui esiste un solo panificio il cui titolare non può andare in pensione perché lascerebbe senza pane l’intera comunità. Sono gli stessi paesi che, una volta abbassate tutte le saracinesche all’ora

12 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

di chiusura, piombano nel silenzio più assoluto: non esistono luoghi di aggregazione non solo per quei pochi giovani che hanno deciso di rimanere coraggiosamente, ma nemmeno per la stessa popolazione anziana». «Neanche tanto tempo fa se qualcuno pensava alla Sicilia la associava alla mafia, mentre oggi sento sempre più spesso persone dire di volere venire a trascorrere le proprie vacanze qui. Sarà stato per Montalbano, per i Florio, non so. Qualcosa, comunque, è cambiato». Per Pino Toro, presidente di Ail e protagonista della storica primavera di Palermo, però, da qui a dire che la Sicilia potrebbe vivere di turismo ne deve passare di acqua sotto i ponti. «Un vero rinascimento potrà avvenire solo se si creeranno reali posti di lavoro. Non possiamo affermare che siamo una regione che potrebbe vivere solo di turismo perché, per esempio, i voli aerei sono carissimi e, quando si atterra, molto spesso buona parte di ciò che si potrebbe visitare è chiuso e quindi improduttivo. Al di là delle cartoline questa è una “nazione” nella quale ci sono i problemi che si vivono nelle grandi metropoli: le periferie, il degrado, il disagio sociale. Non basta dire che la nostra è una regione affascinante per la sua secolare bellezza, perché è la terra in cui alla mafia si contrappone l’antimafia, nella quale abbiamo fulgidi esempi di magistrati che hanno sacrificato la loro vita per tutti noi. Se volessimo raccontare la Sicilia dopo 31 anni dalle stragi dovremmo mettere la lente sul sistema di welfare e sullo

13 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

sviluppo associativo. La sanità in Sicilia è stata e in parte lo è ancora una delle casseforti più importanti, anche del malaffare, ma orientata maggiormente sul privato. Il problema è che in ospedale siamo tutti uguali ma, quando usciamo, se non puoi pagarti i farmaci, se non ti puoi permettere una badante, cosa fai? Noi ci sentiamo isolati, dove sono le reti tra Terzo settore e istituzioni pubbliche?».

La resilienza che non diventa sviluppo

Un sistema che non fa sistema nonostante i numerosi e anche virtuosi esempi di buone prassi che raccontano di un’economia locale resiliente che non riesce, appunto, a operare lo scatto necessario. Un consolidato di testimonianze che incide pochissimo nell’intera rete di servizi che va a ramengo perché molto banalmente non esiste una governance e un coinvolgimento sistemico.

«Se non sei incluso nel processo, rimani residuale con iniziative anche di pregio ma che non producono valore aggiunto, ma solo, se va bene, assistenza e sussistenza. Tante le esperienze molto interessanti, ma figlie uniche di madre vedova, che non riescono a fare sistema. Certo l’eccellenza esiste», sostiene il sociologo Salvatore Cacciola «ed è anche notevole un po’ in tutti i comuni dell’Isola ma, una volta conclusi i progetti, una volta esauriti i fondi che avevano cominciato a fare la differenza, ecco che si svela un welfare disarticolato

14 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

che io riassumo in una frase per me emblematica: “Dal deserto alle tende”. Sembra che il sociale interessi solo chi lo fa, ma non è mai una priorità perché i modelli non vengono condivisi. I fondi che arrivano da realtà come Fondazione Con il Sud o come l’impresa sociale Con i Bambini sono fondamentali ma generano percorsi di sopravvivenza. La nostra è vera resilienza, resistenza, ma non possiamo parlare di sviluppo sociale».

Il welfare in Sicilia manca di una cornice condivisa. Spesso poi le risorse, seppur insufficienti, che lo Stato trasferisce alla Sicilia risultano molto difficili da spendere. Un paradosso,ma è così. «In primis», spiega l’assessore regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro, Nuccia Albano «per una serie di farraginosità nel sistema dei distretti socio sanitari e dei dipartimenti della Regione. Ciò è dovuto, per esempio, al fatto che i distretti non hanno un’autonomia giuridica propria e la legge individua come capofila il Comune capoluogo o con il numero più consistente di abitanti. La maggior parte di questi, però, si trova al limite del dissesto finanziario, per cui le risorse trasferite dallo Stato alla Regione non riescono a essere spese per diversi vincoli di legge di finanza pubblica. In più, i Comuni capofila, che soffrono di una costante carenza di personale, non riescono a mantenere il passo. Stesso problema nell’ambito dei dipartimenti regionali. Le emergenze in Sicilia, come nel resto del meridione, però, sono tante, ma è sbagliato continuare a pensare a un modello di welfare assistenziale».

15 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Chi investe nel sociale?

Chi investe oggi nel sociale in Sicilia? «Fondazione Con il Sud negli ultimi 10 anni ha destinato alla Regione almeno 50 milioni di euro» calcola Pippo Di Natale, portavoce del Forum del Terzo Settore Sicilia «ma potrei sbagliarmi per difetto. Mi piace fare un esempio su tutti di un progetto ben sostenuto: Verbumcaudo, a Polizzi Generosa, nel cuore delle Madonie, dove la cooperativa che gestisce il feudo confiscato a Michele Greco, il “Papa” di Cosa Nostra, ha recentemente dato vita al “Bosco della Restanza”. Sono diverse le buone prassi, gestite dal Terzo settore, di cui raccontare a fronte di interventi assolutamente insignificanti da parte delle istituzioni pubbliche. Il nodo è come proseguire quando termina il finanziamento. Far ricadere i costi di gestione esclusivamente sulle spalle delle associazioni significa non avere visione. Se avessimo una pubblica amministrazione più lungimirante coinvolgerebbe da subito il Terzo settore nei progetti che attingono al Pnrr, grazie al quale in Sicilia arriveranno 46 milioni di euro per il contrasto alla dispersione scolastica».

La quadra, però, non si trova nemmeno nei rapporti fra pubblico e quella parte di Terzo settore più imprenditoriale, la cooperazione e l’impresa sociale.

Salvatore Litrico, presidente di Confcooperative/Federsolidarietà Sicilia: «I dati ci raccontano una Sicilia che conta su un movimento molto importante, forse tra i primi d’Italia;

16
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

credo siamo la terza o seconda regione per numero di cooperative sociali, dopo Lombardia e Lazio. Abbiamo una fortissima base sociale, un fortissimo numero di addetti, ma la cosa più importante è il milione di euro di fatturato che ci consente di offrire lavoro a circa 12mila addetti. Chiaramente con una notevole difficoltà strutturale perché il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione è sempre di non meno di otto mesi». Un mondo, quello cooperativo che, in Sicilia, vorrebbe fare da pungolo alla pubblica amministrazione.

La cooperazione sociale in Sicilia dà lavoro a circa 12mila persone. Un sistema messo in costante pericolo dal ritardo dei pagamenti delle PA

«Il nostro vero problema», asserisce Salvatore Fiolo, coordinatore di Legacoopsociali Sicilia «è l’integrazione socio-sanitaria, che oggi ha ambiti suddivisi tra diversi dipartimenti regionali. Nessuno vuole cedere il suo pezzo, così per esempio rimaniamo con una legge, la 22 del 1986, che avrebbe bisogno di restyling perché non più rispondente alle esigenze. Andrebbe rivista da entrambi i punti di vista. Nel 2017 si tentò un’integrazione, ma senza successo».

«Rappresentiamo piccole realtà che producono benessere», rincara Stefania Campanella, della direzione di Legacoopsociali Sicilia, «ma in Sicilia il sociale oggi va scomposto e

17
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

ricomposto, consapevoli che innovare non vuol dire distruggere, ma prendere ciò che di buono ci porta il passato scoprendolo sotto una nuova luce».

La fatica delle organizzazioni di volontariato Basta percorrere la Sicilia vivendo ogni provincia per toccare con mano le differenze, non solo di tipo geografico, ma anche storico e culturale. Sono quelle che emergono quando a parlare è quell’esercito di persone che presta il proprio tempo per rispondere alle emergenze, anche solo quotidiane. Un mondo che esprime in parte la difficoltà evidenziata a monte e cioè quella di un sistema che non riesce a fare sistema. Specchio di una realtà è il sistema dei Centri di servizio al volontariato con i suoi tre coordinamenti provinciali, e poco più di 216mila volontari, 426 circa ogni 10mila abitanti.

«Il volontariato in Sicilia storicamente può contare su un tessuto solido, ma dopo la pandemia il rapporto con i giovani è diventato più difficile» spiega Giuditta Petrillo, responsabile del Csv Palermo. «A quelli che hanno comunque sviluppato creatività noi parliamo di futuro, mentre loro ci chiedono l’ora, l’adesso. Senza contare il fatto che il codice del Terzo settore ha cercato di professionalizzare i nostri servizi a scapito dell’impegno spontaneo, senza troppi legami»

«Con l’iscrizione al Runts (il Registro unico del Terzo settore)», prosegue Santi Mondello del Csv Messina

18 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

«inevitabilmente vedremo diminuire il numero dei volontari perché molte associazioni non ce la faranno a mettersi in regola. Piccole realtà composte, per esempio, da anziani per i quali la firma digitale, lo Spid sono qualcosa di inarrivabile. Un altro mondo. Già abbiamo perso 30 soci e altri sono certo che li seguiranno». «Catania come Palermo continua ad avere una presenza più vivace in termini di volontariato», conferma Salvo Raffa, del Csv Etneo «le reti territoriali sono numerose e questo fa la differenza. Ma nel resto della regione il quadro cambia profondamente».

Terra di mafia

Un tessuto che ha difficoltà a esprimere tutte le sue potenzialità, complice anche uno stigma che da sempre legge ed elegge la Sicilia quale terra di mafia, a cui solo da pochi anni investori nazionali si stanno avvicinando sposando iniziative e progetti di rigenerazione urbana. Uno stigma contro il quale anche la Chiesa ha tuonato. Basti ricordare l’anatema lanciato da Giovanni Paolo II contro la mafia dalla Valle dei templi il 9 maggio 1993: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio».

Da allora di strada se n’è fatta tanta e le 18 diocesi siciliane, ognuna secondo il proprio stile e adeguandosi al territorio, hanno lavorato in questa direzione. Per Monsignor Antonino Raspanti, presidente della

19 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

C’è una “massa centrale” della popolazione siciliana che ancora oggi non vuole fare scelte nette per paura di subirne le conseguenze

Conferenza episcopale siciliana, «il punto più delicato è quello che attiene alla grande “massa centrale” della popolazione siciliana che talvolta rimane grigia, col ventre un po’ molle, suscettibile di corruttibilità, non sempre capace di prendere posizione e fare scelte nette. Una grossa fascia centrale che non riesce a trovare una linearità di comportamento, rifugiandosi nell’indeterminatezza per non volersi schierare o per timore di patire conseguenze negative». Cosa fare? «È una lotta che deve avvenire giorno dopo giorno, anno dopo anno, territorio dopo territorio, innescando azioni che non siano intepretate come una bacchetta magica ma che diventino gesti esemplari, modelli che invitino all’emulazione positiva. Non si possono più piazzare bandiere nel deserto perché, quando facciamo nomi come quello di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, dei Beati Pino Puglisi e Rosario Livatino, dobbiamo ricordare i messaggi che ci hanno lasciato come insegnamento».

Messaggi che hanno dato ai siciliani le gambe per camminare e poi correre lontano dai compromessi, lontano dal malaffare, ma anche e soprattutto dall’ignavia.

20 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

La Sicilia sociale in cifre

21
→ FOCUS

Numeri

POPOLAZIONE

4.833.705 31 dicembre 2020

-31.585 rispetto al 2019

59,7% della popolazione vive nelle province di Palermo, Catania e Messina

Residenti in calo 500mila i residenti che la Sicilia ha perso tra il 2012 e il 2021

Chi perde di più

-91.237 Palermo

-24.370 Catania

-16.050 Messina

la fuga dei cervelli

80mila

i laureati che si sono trasferiti al Nord negli ultimi 10 anni

il depauperamento demografico

- 1.500.000 di persone. Questo il numero degli abitanti che, in base alle previsioni, saranno persi dalla Sicilia da oggi al 2066

Popolazione per genere

48,5% uomini

51,5% donne

Età media

44,2 anni contro 45,4 della media nazionale

Popolazione straniera

186.195 residenti

con una riduzione di 3.518 unità (-1,9%) rispetto al censimento 2019

LAVORO

20° posto (su 20 regioni) per tasso di disoccupazione (pari al 19,7%)

20° posto

nella quota di giovani tra i 15 e i 34 anni che né studiano né lavorano (i cosiddetti Neet - Not in Education, Employment or Training) che si attesta al 36,3% rispetto al 21,8% della media nazionale.

17° posto

per beneficiari del sussidio di disoccupazione Naspi (il 4,3% della popolazione tra i 15 e i 64 anni)

22
sotto la lente spopolamento e lavoro
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
2019

Numeri sotto la lente welfare WELFARE

Tasso di povertà assoluta delle famiglie Tasso di povertà relativa delle famiglie

10%

18° posto fra le regioni italiane per efficacia e capacità di risposta del sistema di welfare (welfare index 2022)

40% della popolazione a rischio povertà ed esclusione sociale

oltre 20% di dispersione scolastica: quasi il doppio alle media nazionale

1° regione in Italia per incidenza della povertà alimentare minorile

18,3% nel 2021

2° regione in Italia per disuguaglianza di reddito

2° posto per la spesa in reddito e pensione di cittadinanza con 36 euro mensili pro capite (rispetto alla media nazionale di 12,7 euro),

ultimo posto in Italia per spesa previdenziale media sulla popolazione over 65, pari a 862 euro (era 853 euro l’anno precedente), a fronte della media nazionale di 1.115 euro

15° posto per spesa in interventi e servizi sociali (80 euro pro capite rispetto alla media nazionale di 152 euro)

Tasso di occupazione (15-64 anni)

23
nel 2021
Sicilia 41,1% Calabria 42% Media UE Campania 41,3% Puglia 46,7% 68,4% Donne Sicilia 29,1%
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
uno dei tassi di povertà più alti d’Italia
24 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO Numeri sotto la lente Terzo settore Istat 2020 ISTITUZIONI NON PROFIT ENTI SICILIANI ISCRITTI AL REGISTRO UNICO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE (al 3 maggio 2023) DIPENDENTI 2.104 Associazioni di Promozione Sociale 1.575 Organizzazioni di volontariato 3.068 Imprese sociali (Cooperative) 238 Altri enti del Terzo Settore 8 Enti filantropici 6.993 Totale Associazione riconosciuta e non riconosciuta 19.428 Italia 309.723 13.776 Italia 170.129 Cooperativa sociale 1.721 Italia 14.984 22.003 Italia 461.468 Fondazione 274 Italia 8.295 2.486 Italia 105.856 Altra forma giuridica 19.428 Italia 30.497 4.290 Italia 132.730 Totale 22.799 Italia 363.499 42.555 Italia 870.183 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Change makers: l’innovazione made in Sicily

Questa è una terra ricchissima di sperimentazioni sociali di successo.

Abbiamo scelto sette casi esemplari che vi stupiranno, ma potevano essere molti di più

25 → CAPITOLO 2

L’economia creativa della Zisa —

Clac. A Palermo c’è un quartiere dove le relazioni seguono percorsi inusuali. E se a dare loro vita è un incubatore capace di utilizzare anche i linguaggi della cultura contemporanea, allora nascono imprese in cui l’identità di un tessuto urbano si identifica con quello della comunità di riferimento —

27
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Ai Cantieri culturali alla Zisa, la cultura è la base progetti di comunità economicamente sostenibili

Chi entra nei Cantieri culturali alla Zisa tocca con mano cosa significa fare rigenerazione urbana attraverso le persone

Qualcuno prova ancora ad affermarlo, ma il concetto che la cultura non produca economia è ampiamente sfatato da esempi molto pratici e più vicini a noi di quel che si possa pensare. Basta, infatti, fare una passeggiata in alcuni luoghi della città di Palermo come i Cantieri culturali alla Zisa ex Officine Ducroit, dove potere fermarsi e respirare il senso di comunità che prende vita grazie al Cre.Zi. Plus, progetto ideato da Clac, impresa sociale attiva da anni a Palermo. Uno spazio rigenerato di archeologia industriale, nato anche grazie al sostegno di Fondazione Con il Sud, dal quale partire alla volta di “Traiettorie Urbane”, progetto sostenuto da un soggetto del mondo dell’energia come Edison, che sta offrendo ai più giovani la possibilità di creare processi di rigenerazione urbana e umana attraverso l’utilizzo di linguaggi al passo coi tempi di oggi.

Un’operazione non certo facile da realizzare, ma che da sogno è diventata realtà, trasformando uno dei 23 padiglioni che un tempo ospitavano il mobilificio Ducrot, fiore all’occhiello dell’imprenditoria siciliana, in un luogo che la cultura e l’arte la vive in maniera contemporanea.

«Fin dall’inizio ci siamo occupati di progettazione culturale

28
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

per interventi con una forte componente di community based» spiega Filippo Pistoia, presidente di Clac. «Questo prendeva corpo in un periodo, il 2003, in cui Palermo aveva bisogno di un’iniezione di contemporaneità. Soprattutto negli ultimi anni l’attenzione si è invece spostata sugli interventi di rigenerazione urbana come quelli che hanno creato luoghi fortemente identitari come il Cre.Zi Plus, ma anche lo “Stato dell’Arte”, altro percorso che prende vita in un magazzino confiscato alla mafia dove, grazie al rapper Christian Picciotto, la musica è diventata per i ragazzi occasione per coltivare i loro sogni stando lontano dalle cattive tentazioni».

Una modalità di intervento tutta giocata in una logica sistemica tesa a creare non solo innovazione, ma anche veri e propri spin off.

«Ogni qualvolta un ente aggiunge la sua sostenibilità economica, costruiamo nuove soggettività giuridiche che possano diventare indipendenti, pur restando sotto la governance di Clac. Questo è successo a Sant’Erasmo, borgata marinara di Palermo che sta pian pian rinascendo, dove abbiamo creato uno spin off che si chiama “Mare memoria Viva” a cui è affidato l’Ecomuseo del Mare; è successo anche con U’game, una sorta di “gioco” rivolto alla fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale, che applica tecniche e metodologie proprie del game design e della gamification».

Formula che si è ripetuta molte altre volte. Non a caso Clac

29
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

di fatto oggi è diventato un incubatore di progetti di comunità.

La dimostrazione concreta? I fatturati che nel tempo sono sempre più cresciuti. Il 2015 è stato un anno di punta con un bilancio da 1,5 milioni di euro, ma in media Clac ormai anno dopo anno non scende mai sotto i 600mila euro.

Tanto più che il motore non si è mai fermato, anzi ha sempre ingranato la marcia successiva. Come quella che ha portato alla nascita di ”Averna Spazio Open” che ha come donors una multinazionale del beverage. Ma le esperienze sono molteplici. Tutte realtà che nascono e crescono ai Cantieri Culturali alla Zisa, luogo che racchiude decine di organizzazioni, centri di cultura e arte straniere, eccellenze nell’ambito della formazione come l’Accademia di Belle Arti e il Centro sperimentale di Cinematografia.

«Siamo veramente orgogliosi di quel che abbiamo costruito negli anni», conclude Pistoia «perché chi ci viene a trovare, qui al Cre.Zi Plus, sente concretamente cosa vuol dire rigenerarsi attraverso le connessioni umane».

Clac Ets

Cre.Zi. Plus, pad 10 Cantieri Culturali alla Zisa

via Paolo Gili, 4 – 90138 Palermo Tel. 328.6280306

Sito: www.clac-lab.org

Email: info@clac-lab.org

Settore d’intervento: rigenerazione culturale

30 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

I migranti? Per noi sono un investimento —

Don Bosco 2000. Prendere in carico totalmente la persona offrendole un percorso educativo che fornisca gli strumenti per costruire percorsi di inclusione. Così l’accoglienza non diventa solo leva di riscatto sociale, ma il primo tassello per costruire percorsi professionali e di imprenditoria sociale —

31
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Almeno 10mila le persone accolte in 23 anni nei centri realizzati nelle province di Enna e Caltanissetta

La gioia, la passione per quel che si fa, l’amore, quando sono veri si leggono sul volto di chi vive questi sentimenti e li trasmette a coloro che ha attorno a sé. Basta, quindi, volgere lo sguardo verso tutti quei bambini, ragazzi, donne e famiglie che hanno avuto e hanno la fortuna di incontrare la grande famiglia dell’associazione “Don Bosco 2000” per capire che la visione di un grande santo come Don Bosco, il cui sistema educativo era la chiave per superare le ingiustizie e le disuguaglianze del tempo, qui è applicata e vive quotidianamente.

Nel 1998 un gruppo di cooperatori ha cominciato a gestire un “oratorio laico” che ha fatto dell’accoglienza la sua missione quotidiana

Almeno 10mila coloro i quali sono stati accolti durante i 23 anni di vita dell’associazione nei suoi centri di accoglienza che in Sicilia sorgono nei comuni di Aidone, Piazza Armerina, Ragusa, Santa Margherita di Belice, Pietraperzia e Barrafranca, insieme alla Colonia Don Bosco di Catania, al polo di inclusione sociale di Caltanissetta e ai locali confiscati alla mafia nel comune di Villarosa. Senza contare le altre sedi operative a Tambacounda (Senegal), Kekuta Kunda (Gambia) e Kayes (Mali).

Una realtà realmente “senza confini” alla quale ha dato vita un gruppo di laici cooperatori che nel 1998 ha cominciato a gestire un oratorio laico salesiano a Piazza Armerina, centro in

32 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

provincia di Enna. «Le suore erano andate via perché le vocazioni erano diminuite» racconta Agostino Sella, presidente di “Don Bosco 2000”, «così abbiamo deciso di partire da quell’esperienza per fare dell’accoglienza la nostra missione quotidiana». Il risultato? Da allora le strutture si sono moltiplicate.

«Sono cresciute insieme al bisogno» aggiunge Sella. «Oggi abbiamo 11 centri per migranti nell’area centrale dell’isola, tra Enna e Caltanissetta, più esattamente a Piazza Armerina e Aidone, dove oltre alle nostre consuete attività di accoglienza facciamo anche tanto altro. Ad Aidone, per esempio, abbiamo una squadra di calcio multietnica di promozione composta da giovani siciliani e migranti dei centri Sprar dello stesso comune. Non c’è bisogno di dire che si chiama “Don Bosco 2000”».

Un realtà che racconta quel che di bello e concreto si può fare quando si opera avendo cura delle persone. Ma soprattutto pensando in un’ottica che abbandona la logica assistenzialistica per dare spazio a percorsi che creano futuro.

Nell’hub di integrazione lavorano i ragazzi migranti che sono ospiti delle strutture di “Don Bosco 2000”; è così che prendono i primi contatti con il senso di essere un’impresa sociale. L’Ostello Don Bosco, per esempio, è una struttura ricettiva turistica sul litorale catanese della Playa, il cui staff multietnico gestisce un servizio di accoglienza turistica a 360 gradi. Factory Aidone, invece, si trova nel comune di Aidone ed è un centro multimediale dedicato all’accoglienza turistica e culturale degli

33
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

studenti. Quando si parla di “Don Bosco 2000”, però, oggi si parla anche di social fashion.

«Beteyà è la nostra startup di abbigliamento sostenuta da Fondazione Con il Sud, nata dall’incontro tra giovani siciliani e migranti africani. In lingua mandinga vuol dire “bello e buono”. L’atelier di trova a Villarosa, in provincia di Enna, in un bene sottratto alla mafia e riconvertito in laboratorio artigianale, dove si racchiudono i valori che contraddistinguono il brand Beteyà ossia: integrazione, legalità e sostenibilità».

Una circolarità, quella che caratterizza “Don Bosco 2000”, che racconta di un viaggio in perenne compagnia delle singole persone, tenute unite come davanti al fuoco di un camino per mettersi in loro ascolto, decisa a fare fronte alle emergenze di un tempo che nega attenzione e cura.

Associazione “Don Bosco 2000”

Largo San Giovanni 6 – 94015 Piazza Armerina (EN)

Tel. 375.7008912

Sito: www.donbosco2000.org

Email: info@donbosco2000.org

Settore d’intervento: accoglienza e cooperazione circolare

34 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

La street factory siciliana nata per sport

Eclettica. Dallo sport è partito il viaggio che a Caltanissetta ha dato vita a una “street factory” sulla cui pista sono nati giovani campioni di pattinaggio, scongiurando il pericolo di isolamento tipico di quei contesti urbani che non offrono opportunità per i giovani. Un caso unico in tutta Europa —

35
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Con il pattinaggio agonistico non solo si sono portati atleti a livelli nazionali, ma si è rigenerata la comunità

Fortunatamente c’è ancora chi sogna, e lo fa in grande. Per Alessandro, Federica, Francesco e Silvia trovare il modo affinché i loro coetanei non fossero costretti ad andare via da Caltanissetta, dalla Sicilia, per mettere a frutto altrove i loro talenti era diventato un cruccio.

Nella Street Factory non c’è solo il pattinaggio. Si possono

praticare anche Street Basket

(tre contro tre) e Street Rugby

(versione senza placcaggi)

Come trovare la quadra? Dando vita a un vero e proprio incubatore grazie al quale coltivare le proprie passioni, a partire dallo sport. Nasce così “Street Factory Eclettica”, un progetto non semplice da raccontare, che si alimenta continuamente attraverso la vitalità di chi ne fa parte, primi tra tutti i ragazzi della cittadina dell’interno siciliano. «L’idea di Eclettica risponde alla carenza di strutture in grado di offrire servizi ai più giovani», spiega il presidente, Alessandro Ciulla. «Se vuoi rigenerare una comunità, infatti, devi partire dall’abc, dai bambini, insegnando loro a comportarsi adeguatamente. Lo sport è una grande palestra in tal senso».

È, quindi, nell’estate del 2016 che, dopo aver liberato lo spazio da cumuli di spazzatura e fatto interventi di manutenzione di base, si mette in moto una macchina che oggi raduna centinaia tra bambini, ragazzi, famiglie, ogni giorno felici di

36 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

trascorrere i loro pomeriggi in una comunità che sa molto di famiglia. In soli 3 anni “Street Factory Eclettica” raggiunge l’equilibrio economico e dà finalmente il via alla “Scuola di pattinaggio agonistico”. Una sorta di amarcord per chi ha qualche anno in più, dal momento che in questo stesso posto sorgeva lo storico impianto di pattinaggio di Caltanissetta, in cui si andava a fare stridere le rotelle dei pattini sul cemento. L’unica scuola, Eclettica , non solo della Sicilia, ma forse anche del Centro – Sud perché, nonostante il pattinaggio nel mondo faccia grandi numeri, nel nostro Paese e soprattutto nel Meridione gli impianti sono un miraggio e quelli esistenti versano in condizioni disastrose.

«Al nostro esordio, nel 2019, siamo riusciti a presentarci alle fasi nazionali con un paio di atleti, uno dei quali è poi diventato campione italiano. Nel 2021, invece, ci piazziamo quarti nell’under 12 e sesti nel 2022, ma davanti a grandi città. In questi 3 anni, inoltre, abbiamo conquistato 3 titoli italiani, tantissime medaglie nazionali e internazionali, ribaltando le classifiche con giovanissimi atleti come Desirè Messina, appena 13 anni, che per due anni consecutivi ha portato a casa il bronzo».

Tantissimi i ragazzi che hanno seguito l’esempio di chi è andato avanti con determinazione. Non solo nel pattinaggio.

«Qui hanno trovato la loro identità, ma anche un lavoro nell’indotto. Ragazzi approdati da noi a 15 anni che non avevano idea di cosa fosse il mondo e che oggi non si fermano più,

37
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

come Dj Balza che ha cominciato proprio con noi. Per parlare di musica e cultura posso dire che siamo tappa fissa di “Stand Up Comedy”, come anche sede del torneo internazionale di Risiko. Se manterremo la posizione, potremmo essere presenti con il nostro logo e forse anche citati nelle prossime scatole ufficiali del gioco».

Un luogo, questa particolare “factory siciliana”, in cui contaminarsi fa crescere, creando cultura ed educando alle vere relazioni. «Oggi questo è un posto in cui puoi dimenticare il cellulare e nessuno te lo toccherà. Chi vive qui», conclude il presidente «la considera casa propria perché le persone hanno compreso lo spirito che anima questo spazio. Un modello diventato caso studio anche al Nord e oggetto di tesi di laurea che raccontano di come creare comunità attraverso iniezioni di fiducia. Abbiamo lavorato tanto per costruire un luogo che rispondesse alle esigenze di tutti. Prova ne è che tutto quello che si trova all’interno di Eclettica è frutto dell’artigianato oppure del riuso, dalla panchina alla biglietteria sino all’appendiabiti. Per noi rigenerare significa costruire il bene comune».

Street Factory eCLettica

Via Rochester – 93100 Caltanissetta (CL)

Tel. 0934.29420

Sito: www.streetfactory.it

Email: info@streetfactory.it

Settore d’intervento: sport e rigenerazione urbana

38 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Gli orti inclusivi che sanno di Mediterraneo —

Energ-Etica. In provincia di Catania, c’è una cooperativa che si occupa da anni di ragazzi con spettro autistico, aiutandoli a sviluppare competenze da spendere nel mercato del lavoro. Grazie alla collaborazione costruita con la rete della Fattorie sociali e le aziende partner del network —

39
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Cinque ragazzi con spettro autistico fanno orticultura terapeutica nella fattoria sociale di Energ-Etica

Il cuore dell’attività è costituito da dieci orti a tema.

Il primo è dedicato al primo agrume comparso sulla terra, ovvero il cedro

Mettere in moto tutti i sensi attraverso un percorso che recupera e valorizza le specificità del Mediterraneo. Una proposta fortemente rigenerativa non solo per il territorio, quella che offre la cooperativa sociale “Energ-Etica” di Misterbianco, in provincia di Catania, realtà che ha deciso di occuparsi di inclusione socio-lavorativa per giovani e adulti affetti da autismo, pensando per loro laboratori sociali in orticoltura. Grazie, poi, all’assegnazione da parte del comune di un ettaro di terreno confiscato alla mafia, dal 2016 gestisce gli “Orti del Mediterraneo”, fattoria sociale nella quale i giovani di cui si prende cura sono impegnati in un’attività agricola di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti con marchio etico e biologico.

Trascorrere una giornata in questa piccola oasi terrestre, infatti, significa inebriarsi con i profumi della terra siciliana.

«Quello che abbiamo creato con l’Università di Catania, in particolare il D3A (Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione Ambiente), e il Cnr di Catania», spiega Claudia Cardillo, presidente di “Energ-Etica” «sono dieci orti a tema. Si parte dal primo agrume comparso sulla terra che è il cedro

40 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

per passare al chinotto, al bergamotto e al limone, solo per fare qualche esempio; una quarantina di specie, la maggiore parte delle quali ormai sconosciute come il pummeto, il più antico agrume coltivato dall’uomo, il giuggiolo o l’albicocco scidditaro. Poi ci sono le aromatiche per i percorsi sensoriali dedicati ai più piccoli che non vorrebbero più andare via nel momento in cui scoprono anche il giardino delle farfalle».

Un luogo magico dove cinque ragazzi con spettro autistico lavorano la mattina sui campi, mentre nel pomeriggio insieme ad altri partecipano ad attività di formazione che consentono loro di affinare le tecniche legate all’orticultura terapeutica moltiplicatrice degli effetti benefici del verde.

Importante il collegamento con la Rete delle Fattorie sociali, la casa di progetti come questo, grazie alla cui sinergia si è potuto nel tempo instaurare rapporti di collaborazione con le aziende agricole non solo siciliane. “Orti del Mediterraneo” il marchio di prodotti che stanno andando a ruba anche oltre lo Stretto, dove ormai arrivano puntuali olio e farina di canapa, pappa reale, marmellate di mandarini addolcite con un miele bio che definire buono non rende assolutamente l’idea.

Ma c’è di più. «Con il nostro supporto nella progettazione», prosegue Cardillo «il Comune di Misterbianco ha vinto un bando europeo e abbiamo riqualificato un altro pezzo di terreno con uliveto, sul quale realizzeremo la prima struttura siciliana destinata ad attività di agricoltura sociale. Nell’edificio

41
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

che sorgerà ci sarà un laboratorio, dove quello che facciamo ora in 57 metri quadrati lo realizzeremo in 200 metri quadrati; in più avremo un’aula didattica e un appartamento per il “dopo di noi” dove i ragazzi sperimenteranno il tema dell’autonomia. Tutto questo dovrebbe partire subito dopo l’estate 2023».

«Un lavoro di grande sinergia», aggiunge in conclusione Salvatore Cacciola, presidente della “Rete Fattorie Sociali Sicilia”, ma anche volontario della stessa cooperativa, «che vede collaborare il Terzo settore con le imprese tradizionali. La sfida è l’integrazione per cominciare a dialogare anche con il profit, non perdendo di vista eticità e obiettività. Noi ci consideriamo sociale rigenerativo che abbandona il concetto di residuale per guardare a quello di protagonismo attivo. Lavoriamo affinché molto semplicemente la vita dei nostri ragazzi sia assolutamente normale, per nulla straordinaria».

Coop. Soc Energ-Etica Catania

Fattoria sociale Orti del Mediterraneo

Via Pascoli, 8 – Misterbianco (CT)

Tel. 328.1627438

Sito: www.ortidelmediterraneo.eu

Email: energeticact@gmail.com

Settore d’intervento: inclusione socio-lavorativa per giovani/ adulti affetti da autismo

42 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Generare comunità con la prossimità —

Fondazione Èbbene. Se si volesse raccontare come la logica di rete possa favorire la crescita sostenibile dei territori e delle persone, si dovrebbe guardare al percorso di questa realtà che, in diverse province dell’Isola, crea relazioni co-costruendo progetti di vita e promuovendo welfare generativo —

43
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Centri e Hub di Prossimità oltre al contrasto alla povertà puntano all’empowerment delle persone

In futuro questa realtà spingerà ancora di più sull’acceleratore delle sperimentazioni da “esportare” anche in altre regioni

Accoglienza, Ascolto, Accompagnamento, Autonomia, sono le quattro A dalle quali partire per raccontare Èbbene, Fondazione nazionale di partecipazione nata nel 2012 in Sicilia per realizzare nuove forme di protagonismo delle persone e delle comunità basate sulla relazione, sulle economie sostenibili, sulla valorizzazione del territorio, coinvolgendo e includendo ogni persona. Solo per dare un’idea del percorso compiuto sino a oggi, basti pensare che, durante i primi 10 anni di attività, ha accolto nei suoi 3 hub di prossimità, 15 centri e 28 nodi di rete, tra Palermo, Catania, Vittoria (Rg), Lentino (Sr), Canicattì e Messina, quasi 100mila persone e realizzato 300 progetti di contrasto alle povertà e alle mafie, interventi di inclusione sociale e lavorativa, welfare di prossimità, rigenerazione e riqualificazione degli spazi.

«Nella nostra matrice», spiega la presidente, Elisa Furnari «c’è l’attenzione ai più fragili, ma nel tempo abbiamo compreso che la prossimità coinvolge tutte le persone ed è generativa per le comunità e i territori». Promossa da alcune esperienze di punta della cooperazione sociale, della ricerca sociale e dell’associazionismo, Èbbene ha utilizzato l’esperienza fondazionale per mettere insieme la competenza dell’imprenditoria sociale

44 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

nella strutturazione e gestione di progetti e l’impegno sociale del volontariato, sviluppando e sperimentando un approccio metodologico che rendesse più efficaci e sostenibili gli interventi di welfare. Il contrasto alle povertà, la rigenerazione delle periferie e dei territori è senza ombra di dubbio il primo fronte di impegno sviluppato da Èbbene che, nel suo essere Fondazione di Comunità, il termine “comunità” lo declina al plurale: nei luoghi, nei centri e negli Hub di Prossimità.

Nella prossimità, poi, ha trovato la sua più naturale declinazione. «Per noi, la prossimità vuol dire relazione con l’altro, ma soprattutto tra persone non più legate da logiche di aiuto, bensì di sostegno reciproco; relazione tra persone e comunità per garantire uno sviluppo sostenibile; tra persone, organizzazioni e istituzioni per costruire in maniera coordinata uno sviluppo del Paese all’interno del quale il welfare di prossimità non sia un costo bensì il motore di un’economia che parte dal talento delle persone, anche degli “ultimi”, per approdare a esperienze di impresa ed economia sostenibili».

Prossimità sono le persone, che insieme verificano le risorse personali e collettive, costruiscono la mappatura delle risorse pubbliche e private presenti sul territorio e la costruzione di relazioni e di reti, curano l’accompagnamento dei singoli individui e del gruppo familiare nella fruizione delle disponibilità e nella co–costruzione del proprio progetto di vita. Una logica di rete, quella che Fondazione Èbbene ha rafforzato negli ultimi

45
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

anni sperimentando in maniera articolata l’approccio su una varietà di territori, che si può sicuramente considerare la chiave della crescita sostenibile, delle piccole e grandi città, dei territori, delle periferie, delle persone. «Costruire reti», conclude Furnari «significa dialogare e contaminarsi con un bouquet di organizzazioni che, pur mantenendo la propria identità, diventano connettori di un approccio che ha un unico comun denominatore: l’empowerment delle persone e il protagonismo delle comunità, intesi come valore aggiunto che trasversalmente aggiungono qualità a processi di sviluppo locale e welfare generativo. L’idea per il futuro è quella di essere un terreno di sperimentazione per il welfare, affidando alla filantropia un ruolo di incubatore “fuori dal mercato” che, attraverso risorse prevalentemente private, può modellizzare interventi efficaci da rilasciare sul territorio. La grande peculiarità di Èbbene, che ne fa un’esperienza unica, è aver guardato l’Italia da Sud e dal Sud avere sperimentato e diffuso progetti e interventi che ora trovano casa in altre regioni».

Fondazione Èbbene

Via Pietro Carrera, 23 – 95123 Catania

Tel. 800 082834

Sito: www.ebbene.org

Email: info@ebbene.it

Settore d’intervento: welfare di prossimità

46 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Il distretto dell’economia sociale —

Fondazione di comunità Me.S.S.In.A. Affacciato sullo Stretto questo ente filantropico ha sperimentato un modello di successo per lo sviluppo comunitario e la crescita dell’economia del territorio. Dal contrasto della povertà, al diritto alla casa fino ai progetti di comunità energetiche e transizione ecologica

47
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
La fondazione punta a modelli di sviluppo locale che connettono transizione ecologica e inclusione sociale

Sono i risultati che solitamente dimostrano quanto un’idea, una visione, possa cambiare quel piccolo cosmo nel quale viviamo e che spesso ha solo bisogno di qualcuno che se ne prenda veramente cura. Un esempio può essere rappresentato dal risanamento e dalla rifunzionalizzazione di dieci aree ambientali e architettoniche/monumentali di grande pregio, come anche dai percorsi di startup e di consolidamento di oltre 200 imprese e micro-imprese, fra cui alcune rigenerate dai lavoratori; due esempi su tutte le Ceramiche Siciliane Pattesi e il Birrificio Messina. Un merito che va dato in tal senso a una realtà come Fondazione Me.S.S.In.A., Fondazione delle Comunità del Mediterraneo Sostenibili e Solidali per l’Inclusione e l’Accoglienza, che dalla visione è riuscita a passare alla concretezza dei fatti. Non si esagera affermando che si può considerare un modello concreto e operativo di economia sociale e solidale, che non ha pari non solo in Sicilia, dove ha sede, ma in tutta Italia, sempre che vogliamo rimanere dentro i confini nazionali, le cui connessioni investono e abbracciano l’innovazione tecnologica e l’inclusione dei più fragili. Gaetano Giunta è colui il quale ben 13 anni fa ha pensato e fatto nascere la Fondazione

La Fondazione ha sempre operato sostenendo ed elaborando strategie complesse di cambiamento dei territori secondo logiche ecosistemiche

48 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

di Comunità di Messina, trasformatasi recentemente in Fondazione MeS.S.In.A. , dimostrando una capacità poco comune di guardare non lontano, ma lontanissimo.

«In questi anni la fondazione ha sempre operato» spiega Giunta «sostenendo ed elaborando strategie complesse di cambiamento sui territori, secondo logiche ecosistemiche capaci di trasformare i paradigmi economici e sociali della conoscenza, ma anche quelli energetici, tecnologici e di governance».

Molto concreti i percorsi e i casi da poter prendere per spiegare il modello pensato e applicato. A parte gli esempi portati all’inizio, si può parlare di sinergie con istituti di ricerca nazionali e internazionali e la realizzazione di prototipi, come le comunità energetiche solidali, capaci di redistribuire energia secondo algoritmi sociali, con l’obiettivo di contrastare la povertà energetica. A oltre 700 persone sono stati, poi, rivolti negli ultimi dieci anni i programmi della fondazione, garantendo loro un percorso di alternative e possibilità di scelta su casa, socialità, lavoro, conoscenza. Chi conosce il territorio messinese e quel che si è consumato al suo interno sino a neanche tanto tempo fa, ricorderà le baraccopoli di Fondo Saccà e Fondo

Fucile i cui abitanti - 650 persone - sono stati fortunatamente coinvolti dal programma di riqualificazione urbana Capacity, che ha consentito loro di andare vivere in appartamenti, rompendo una condizione che non poteva e non doveva essere più

49
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

tollerata. Negli ultimi anni, poi, si è cominciato a operare anche in altre zone della Sicilia e, in ultimo, sull’altra sponda del Mediterraneo, a Betlemme, in Palestina e in Tunisia, con l’idea nel breve e medio termine di creare e far crescere un sistema di ecosistemi territoriali che operano secondo questi approcci trasformativi.

Realtà, quelle in cui si sta lavorando, nelle quali poter riscontrare un comune denominatore?

«Non ci sono comuni denominatori perché sono tutte molto diverse tra di loro. Questa diversità, però, ci aiuta a capire come i modelli di sviluppo locali, connessi da una parte alla transizione ecologica e dall’altra all’inclusione di fasce vulnerabili, funzionano e si adattano alla evoluzione del mondo. Naturalmente», conclude il fondatore e co-organizzatore del piano strategico di Fondazione Me.S.S.In.A. «il paradigma può essere declinato sui territori. Quando, invece, adatti i modelli a realtà che non differiscono l’una dall’altra, fermo restando che non è mai facile, impari ben poco. Quindi, a cosa servirebbe?».

Fondazione di Comunità di Messina

Parco Sociale di Forte Petrazza

Camaro Superiore – 98151 Messina

Tel. 090.9023226

Sito: www.fdcmessina.org/

Email: info@fdcmessina.org

Settore d’intervento: promozione dello sviluppo umano

50 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Il gusto della diversità abita a Ballarò —

Moltivolti. A Palermo, a pochi passi dal popolare mercato, c’è un luogo dove il cibo diventa strumento di dialogo tra le persone e le culture. Un piccolo cosmo che crede in un mondo in cui ognuno abbia il diritto di realizzare i propri sogni, indipendentemente dalla terra in cui ha emesso il primo vagito —

51
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
Coworking, luogo di formazione e allo stesso tempo un bar ristorante nell’ottica dell’economia circolare

Nasce sotto le stelle l’idea che anima “Moltivolti”, impresa sociale che oggi è un progetto pensato e strutturato per offrire dignità, cittadinanza e valore alla diversità. Il tutto a partire dal cibo, ciò che da sempre unisce e distende i conflitti.

«È successo tutto dieci anni», racconta Roberta Lo Bianco, uno dei soci fondatori, insieme a Claudio Arestivo, Giovanni Zinna, Arina Nawali, Roberta Lo Bianco, Jessica Riccobono e Lillo Gangi «quando ci siamo ritrovati un gruppo di amici in vacanza a Ziguinchor, nella parte a sud del Senegal. Ognuno di noi aveva una propria vita, impegnati anche nel sociale, ma eravamo profondamente insoddisfatti dal punto di vista lavorativo. Ci accomunava anche il fatto che eravamo desiderosi di creare un luogo che rispondesse alla nostra visione. Una notte inquieta, in cui tutto ci sembrò all’improvviso possibile. Comune, poi, il fatto che all’inizio non avevamo un euro, a dimostrazione che gli imprenditori non devono essere ricchi di famiglia per realizzare i loro sogni. Abbiamo presentato il progetto a Invitalia che lo ha subito accettato e da lì è cominciata la nostra avventura».

Questa impresa sociale nasce dall’intuizione di un gruppo di amici di ritorno dal Senegal. Non avevano soldi, ma un progetto molto chiaro

L’idea di fondo era quella di creare un ristorante

52 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

internazionale, un posto dove fare advocacy attraverso il cibo, proponendo la visione di un mondo nel quale il diritto a muoversi non fosse un privilegio di pochi: l’humus sul quale Moltivolti è cresciuto.

«Il cibo era ed è importante, ma per noi doveva essere il collante per tutte le altre attività. Per esempio il nostro coworking è stato pensato come luogo in cui i giovani, gli studenti, le piccole associazioni potessero trovare uno spazio in cui riunirsi perché a Palermo mancano i luoghi di aggregazione. Richiestissima anche la “camera a sud”, finanziata da Fondazione Con il Sud grazie al progetto “Moltivolti Comunity”, dove si fa formazione soprattutto, ma non solo, per persone con esperienza migratoria. Alla fine si fermano tutti al bar o al ristorante, dando forza al nostro approccio di economia circolare».

Il ristorante, ormai punto di riferimento per chiunque viva o metta piede a Palermo, è poi completato dal progetto di turismo sociale.

«Ogni anno ci sono almeno sei viaggi, per esempio in Vietnam, Colombia, Madagascar. La cosa particolare è che a fare da guide turistiche sono persone provenienti da quei Paesi ma che vivono in Italia. Sono loro stesse che prendono per mano il turista accompagnandolo alla scoperta della loro terra. Un incontro di culture che avviene anche nella nostra guest house “Sopra Moltivolti”, gestita da Julia e Memory, insieme alle quali si può andare alla scoperta delle particolarità del centro

53
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

storico, non potendo mancare un passaggio da “Barconi”, la gelateria multietnica che ha offerto a Malik, Leslie e Christine la possibilità di diventare imprenditori di sé stessi. Se, poi, si desidera trascorrere una serata all’insegna della musica, il posto giusto sarà “Altrove”, il bar dedicato alla libertà di movimento e al cibo internazionale sostenibile».

Dieci anni fa immaginavate tutto questo?

«Per nulla. La nostra impresa è cresciuta in maniera esponenziale», conclude Lo Bianco «tanto che oggi siamo una squadra di 35 persone, tra soci lavoratori e personale. Almeno il 40% dello staff è formato da giovani che vivevano nei centri di accoglienza, entrati da noi attraverso percorsi di politiche attive e inclusione sociale. Si sono impegnati a fondo e oggi i loro tirocini, le loro esperienze si sono trasformati in contratti di lavoro. Una bella anzi, una doppia responsabilità perché, per ragazzi con background migratorio, perdere un contratto di lavoro vuol dire perdere il permesso di soggiorno e tutto quello che consegue. Siamo e ci sentiamo per loro una famiglia, dalla quale non vogliamo che ricevano delusioni».

Moltivolti

Via G.M. Puglia, 21 – 90133 Palermo

Tel. 091.2710285

Sito: www.moltivolti.org

Email: info@moltivolti.org

Settore d’intervento: impresa sociale, integrazione multiculturale

54 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Pensieri meridiani: tre parole per cambiare orizzonte

Gli interventi della professoressa di filosofia del diritto Alessandra

Sciurba, del docente di statistica economica Giuseppe Notarstefano e del presidente di Fondazione Sicilia

Raffaele Bonsignore

→ CAPITOLO
3

Key word: interdipendenza

Oggi la grande sfida per la Sicilia è quella di riuscire a fare in modo che la grande innovazione sociale che produce non rimanga esclusivamente una testimonianza culturale, ma diventi pratica sociale e azione politica. Per centrare l’obiettivo occorre ridurre le distanze fra pubblico e privato sociale —

La Sicilia ha molti record negativi. È, ad esempio, la regio -

ne italiana su cui incide di più la povertà alimentare minorile, la seconda per diseguaglianze di reddito, col 40% della sua

57
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

popolazione a rischio di povertà ed esclusione, e il dato della dispersione scolastica (oltre il 20%) è quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Ancora, la disoccupazione è quattro volte maggiore rispetto a molte regioni del Nord, e chi invece un’occupazione ce l’ha, ha anche possibilità percentuali molto più elevate di farsi male o di perdere la vita sul posto di lavoro. Il lavoro sommerso, inoltre, rispetto al quale la Sicilia occupa di nuovo il secondo posto in Italia, e che colpisce sia le tantissime persone migranti schiacciate da politiche che agevolano l’irregolarità e lo sfruttamento, sia un numero crescente di persone con nazionalità italiana , flagella in tutti i settori principali un’economia già fragilissima. L’agricoltura e il turismo, che potrebbero e dovrebbero essere per questa Regione ambiti di sviluppo, innovazione e occupabilità sempre crescenti, sono infatti, tranne piccole eccezioni, luogo di grave sfruttamento della manodopera (anche, ma non solo, per i costi enormi che il lavoro ha nel nostro Paese e che al meridione diventano insostenibili) e di costante spreco e svalutazione delle competenze. Anche le fonti di energia rinnovabile, di cui la Sicilia è ricchissima, sono del tutto sottoutilizzate, col risultato che

È incredibile, ma la nostra regione produce meno energia da fonte solare rispetto a Lombardia e Piemonte. Eppure siamo ricchissimi di fonti rinnovabili

58
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

questa regione, incredibilmente, produce meno energia solare di Lombardia e Piemonte.

E poi c’è la distanza, molteplice e multidimensionale, funzionale alla conservazione dello status quo. È una distanza economica e sociale dal resto d’Italia, innanzitutto, che il progetto dell’autonomia differenziata regionale potrà solo incrementare. È una distanza imposta da una geografia diventata condizione esistenziale, che nessun ponte sullo Stretto, a prescindere dalla sua fattibilità od opportunità, potrà accorciare finché andare da Palermo a Messina, o da Trapani a Ragusa, sarà “un viaggio della speranza”, in assenza di strade ferrate o asfaltate facilmente e velocemente percorribili, e finché, quindi, ogni città resterà un’isola nell’isola, separata dalle esperienze che le altre portano avanti, nell’impossibilità dello scambio e dell’incontro. È una distanza, quindi, anche interna alla Sicilia stessa, e che segna allo stesso modo la relazione tra le persone e le istituzioni locali; una relazione virtuosa solo in pochi casi rispetto alle amministrazioni comunali, e inesistente, invece, da decenni, a prescindere dal colore politico dei governi, tra la popolazione e il Palazzo della Regione che appare una cattedrale nel deserto, avvolta da un mistero insondabile rispetto a procedure, attività effettivamente svolte, utilizzo delle risorse economiche, priorità, progettualità e visione politica.

59
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Nel contesto drammatico appena evidenziato, ad esempio, appare davvero una beffa l’incapacità o la mancanza di volontà nella gestione di tutti i fondi europei a cui la Regione avrebbe potuto accedere e che ha in gran parte perduto, sperperato o usato male, traducendoli in pochi interventi attuati dentro una prospettiva miope e sempre emergenziale, cosa che rischia di ripetersi identica con i fondi del Pnrr. E così, mentre le vie principali dei centri storici e le località turistiche siciliane traboccano di persone arrivate da ogni parte del mondo per godere del clima e della bellezza di questa terra, i vantaggi delle sue ricchezze vengono dispersi o spartiti tra pochi e, un passo più in là, nei vicoli antichi, nelle periferie senza l’ombra di un albero, o nelle campagne isolate, una parte significativa della popolazione è abbandonata alla sua vita di stenti quotidiani, di incuria ricevuta e restituita, di aspettative al ribasso e adattamento a una società in cui ciò che manca in termini di servizi, infrastrutture, opportunità è molto più di ciò a cui si può avere accesso. Il reddito di cittadinanza, con tutte le sue storture procedurali e le polemiche che ha suscitato, ha in parte contribuito al fatto che la Sicilia reggesse all’impatto della pandemia e delle misure di contenimento messe in atto per affrontarla. Staremo a vedere cosa accadrà con la sua eliminazione, quanto questa inciderà sull’aumento dell’insicurezza sociale da ogni punto di vista. Molto ci ha già detto, però, la campagna istituzionale che ne

60 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

ha accompagnato lo smantellamento, accusando questa misura di essere un deterrente all’occupazione e affermando quindi implicitamente come normale che le paghe dei lavoratori e delle lavoratrici siano così basse da entrare in competizione con un sussidio di poche centinaia di euro. Un messaggio che in Sicilia era già perfettamente normalizzato.

A fronte di tutto questo, sono moltissime le forme di resistenza e intelligenza sociale e culturale di comunità, gruppi, individui, abituati da decenni ad aspettarsi pochissimo dalle istituzioni e che agiscono spesso all’interno di un sistema non organizzato né normato di sussidiarietà, se non di vera e propria sostituzione, rispetto agli interventi pubblici in materia di accesso ai diritti e ai servizi, anche fondamentali. Dalla prospettiva che conosco meglio, quella della città di Palermo, potrei elencare decine di realtà che negli ambiti più disparati, dal centro storico alle periferie, lavorano sui territori per supplire alle mancanze di un sistema di welfare disorganizzato, privo di coordinamento e pensiero, o semplicemente assente. Sono associazioni di promozione sociale, cooperative, cliniche legali universitarie, ambulatori medici di prossimità, ma anche gruppi informali di studenti e studentesse, genitori, collettivi politici, parrocchie e oratori, spazi di co-working, circoli Arci, che ogni giorno ascoltano i bisogni del territorio e cercano di mettere a disposizione servizi,

61 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

risorse e competenze finalmente calibrati sulle necessità reali, all’interno di un’idea di mutualismo che spesso richiama quel concetto di mutuo soccorso agli albori dei movimenti di emancipazione sociale del XX secolo, tenendo insieme il piano dell’intervento materiale e quello dell’elaborazione di pensiero. La volontà espressa da chi porta avanti questi interventi, mi pare riassumibile in quel rifiuto, auspicato da Michel Foucault, della «spartizione dei compiti che spesso ci viene proposta: agli individui, di indignarsi e di parlare; ai governi di agire», mentre «la volontà degli individui deve inscriversi in una realtà di cui i governi hanno voluto tenere il monopolio, un monopolio che bisogna sradicare a poco a poco, giorno dopo giorno». Si tratta infatti, il più delle volte, di pratiche non meramente caritatevoli, inserite all’interno di una visione politica che guarda a un cambiamento strutturale nel modo di produrre e redistribuire risorse; pratiche che pongono temi di giustizia rispetto al concreto accesso ai diritti, che contrastano la marginalizzazione sociale, il razzismo, la discriminazione, e tutte le forme di povertà connesse con questi fenomeni, lavorando sul campo quotidianamente.

Si tratta di pratiche che, come accade in molti altri luoghi, sono capaci di generare un nuovo linguaggio, o risignificare parole e concetti già in uso. Ne è un esempio quello di “comune”, sempre più utilizzato per racchiudere

62
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

istanze comunitarie poliedriche, e rideclinato al plurale dei “beni comuni”, superando tanto l’individualismo proprietario e il modello competitivo del libero mercato, quanto le idee keynesiane su cui si basano le politiche pubbliche riformiste che si rivelano oggi più che mai inadeguate e insufficienti. Lo stesso concetto di “interdipendenza” è spesso assunto per richiamare la realtà ineluttabile di una responsabilità condivisa per cui “nessuno si salva da solo”, riscoprendo fino a che punto le scelte individuali o i comportamenti obbligati di tutte e tutti senza distinzioni hanno un impatto diretto sulla vita degli altri. Così come il concetto di “cura”

Questa regione è in grado di offrire pratiche sociali che dovrebbero rendere centrale la questione del cambiamento del modello di sviluppo

viene liberato da queste pratiche comunitarie dal suo confinamento meramente sanitario, e riabilitato a ricoprire quell’ampia e inclusiva definizione fornita da filosofe come Joan Tronto di «attività che include tutto ciò che noi facciamo per conservare, continuare e riparare il nostro “mondo” in modo da poterci vivere nel miglior modo possibile».

Guardando al solo centro storico di Palermo, scenario di profonde contraddizioni e conflitti, potenzialità e mescolanze in transizione, e ad alcuni luoghi ad esso prossimi, come

63
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

gli storici Cantieri Culturali della Zisa, oggi spazio di socialità e cultura restituito alla città, o la zona di via Messina Marine, con la costa Sud un tempo balneare poi devastata dalla speculazione edilizia mafiosa, dove si trovano il Museo Mare Memoria Viva e altre pratiche di intervento sociale, la mappa delle realtà che pensano e agiscono in questo modo, pur con le dovute differenze, è una costellazione fitta.

Meravigliosi spazi abbandonati dopo il “sacco di Palermo” pensato e messo in atto da una mafia non solo avida di guadagni facili in campo edile, ma anche consapevole di come l’urbanistica distrugga o crei i legami sociali, sono oggi in gran parte recuperati e accessibili, attraversati e riempiti di nuova bellezza. Per chi come me ha vissuto l’infanzia negli anni Ottanta, quando nel centro storico non arrivava nemmeno l’illuminazione pubblica, è un’altra città quella che oggi è possibile vivere. E questo cambiamento, che ha segnato la storia delle innumerevoli giunte del sindaco Leoluca Orlando, è nato e si è sviluppato soprattutto a partire da forme di riappropriazione della storia e dei luoghi che sono arrivate dalla gente della città. O, meglio, da una parte di questa.

Palermo e la Sicilia non sono più identificate come terra di mafia, ma il cambiamento culturale non è ancora diventato cambiamento sociale

64 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Perché se è vero che Palermo, e il discorso vale per la Sicilia intera, si è in misura significativa liberata dal marchio di essere esclusivamente terra di barbarie e mafia, è anche vero che il cambiamento culturale che sicuramente c’è stato non è mai diventato un profondo cambiamento sociale e politico capace di sopravvivere in maniera strutturata ai rivolgimenti istituzionali e coinvolgere davvero la popolazione intera.

Il grandissimo limite di tutte le esperienze di cui ho parlato, anche delle migliori, rimane infatti la loro difficoltà di liberarsi del ruolo di mera “riduzione del danno” che le attività messe in campo dalla società civile finiscono inevitabilmente per avere, quando non esiste un sistema istituzionale in grado di accogliere questi contributi, offrire loro supporto o fare loro veramente spazio, per consolidare il loro ambito politico di parola e azione. Manca, per fare solo alcuni esempi di temi importanti e indifferibili, del tutto lasciati all’iniziativa della società civile, un quadro legislativo sull’economia circolare, o su un sistema di cura delle dipendenze patologiche. In ambiti come questi, per quanto le iniziative delle associazioni provino a colmare i vuoti normativi e istituzionali industriandosi nei territori come possono, in assenza di risorse pubbliche è impossibile strutturare interventi solidi, sostenibili e di ampio respiro. Questa ulteriore distanza tra il pubblico e il privato sociale contribuisce a rendere anche le

65 SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

più grandi fatiche, le idee più innovative, i progetti più intelligenti, microcosmi separati tra loro e dal resto del mondo.

Distanza, insomma, è la parola chiave di questa breve e incompleta riflessione. Come ridurla, o addirittura abbatterla, questa distanza? Nessuna ricetta semplice può essere utile per una domanda così complessa, ma la direzione, come sempre, è quella che muove dal basso verso il vertice, dalla costruzione di comunità e reti capaci di creare un movimento di energie che diventa ineludibile per chi decide e amministra le risorse. In Sicilia esiste questo laboratorio, esiste questa tensione, esiste questo pensiero. In tempi difficili come quello che l’Italia sta vivendo, in cui l’eguaglianza e la coesione sociale sembrano l’ultima delle priorità per il governo nazionale, e sul Meridione si abbattono con impatto amplificato le nuove iniziative di riduzione di sussidi e diritti, la scommessa diventa ancora più alta, e urgente.

«La felicità pubblica non è qualcosa di programmato e calcolato, bensì, appunto, “capita” quando gli esseri umani agiscono di concerto in uno spazio di apparenza condiviso.

Ossia, sorprendendoli per il suo carattere di familiarità, è da loro scoperta e riscoperta ovunque e ogniqualvolta essi interagiscono “per la libertà di essere liberi”, sperimentando così la costitutiva qualità nascente dell’azione»

(Adriana Cavarero, Democrazia sorgiva)

66
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Key word: impatto sociale —

di Giuseppe Notarstefano docente di statistica economica (Lumsa)

Ragionare in termini di impatto sociale equivale a trovare un nuovo assetto operativo frutto dell’allineamento dei micro obiettivi che emergono dal basso, dai bisogni e dalle aspirazioni a una migliore qualità della vita con i macro obiettivi che costituiscono le coordinate di un cambiamento globale del modello di sviluppo —

La Sicilia è la chiave di tutto… scriveva un affascinato Johann

Wolfgang von Goethe, un turista a dire il vero ben differente da quelli che è possibile incontrare in queste settimane in

67
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

diverse città siciliane. Lui, acuto osservatore e appagato flaneur alla scoperta di siti e miti che hanno attraversato secoli di dominazioni, e questi, frenetici e voraci consumatori di una quantità esagerata di bellezze naturalistiche e culturali che irrompono baldanzose in un contesto urbano sempre più degradato e fatiscente, deprivato com’è da ogni sorta di infrastrutture materiali e immateriali. È così. In Sicilia «abbiamo tutto, ci manca il resto» per citare una della più sarcastiche battute di Pino Caruso, maestro della comicità siciliana. Posta sempre lì, al centro di quel mare Mediterraneo che ha giocato ruoli strategici nella lunga storia del mondo, l’isola è stata meta di attraversamenti appassionati, conquiste epiche, tumulti improvvisi e violenti come le eruzioni dei suoi vulcani, rimanendo sempre lì, ferma e precaria, instabile e pigra, al centro di quel mare, un tempo ricco di biodiversità, e oggi sacrario sommerso per innocenti vittime di disumane rotte di viaggi disperati. Come immobili e precari appaiono i suoi abitanti, per molti versi simili ad antiche cariatidi e polverosi telamoni che le arti, il cinema e la letteratura meglio di tante analisi sociologiche hanno saputo rappresentare. Una forza paziente e misteriosa svelata dall’emergenza e dalla necessità.

La struttura sociale isolana dopo la pandemia appare ancora più vulnerabile, stretta com’è tra invecchiamento demografico e ripresa dei flussi migratori di quote crescente della popolazione attiva con elevato livello di istruzione e,

68
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

L’effervescenza della Sicilia oggi si manifesta soprattuto nelle aree di marginalità da parte di soggetti poco inclini a istituzionalizzarsi

nonostante tutto (o forse proprio per questo), capace di generare ancora un’interessante e diffusa costellazione di iniziative e intraprese sociali, associazioni ed enti di volontariato, fondazioni e cooperative di comunità e ancora reti e centri di coordinamento, partenariati, consorzi, hub e piattaforme digitali che intrecciano e scambiano progetti iniziative e percorsi con una rapidità che spesso non riesce ad essere catturata dai pur numerosi osservatori presenti nell’isola e documentata dalle statistiche ufficiali. Una vivacità concreta e attiva, visibile in molte aree di marginalità, così nei piccoli centri delle aree interne come nelle città siciliane, attraversando trasversalmente quartieri e zone in una sorta di modello pervasivo e spazialmente distribuito di periferia. Una straordinaria effervescenza di progetti e soggetti caratterizzati da una marcata soggettività dotata di un interessante intuito verso la domanda di servizi sociali e beni comuni ma spesso poco propensi, se non in modo tattico, a lasciarsi coordinare in modo strategico e prospettico dalle diverse “centrali” e nodi organizzativi istituzionalmente incaricati di tale compito.

Ci sono però alcune sfide collettive che stanno

69
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

contribuendo almeno ad attivare l’esigenza e la consapevolezza di una narrazione comune e corale del cambiamento intercettato a livello locale e particolare: la prima è certamente quella della legalità e della lotta alla mafia e del deciso orientamento etico della quasi totalità di tali soggetti, anche se non mancano le eccezioni documentate dalla cronaca e spesso strumentalizzate da una politica che vorrebbe recuperare il proprio spazio di patronage sul sociale per finalità poco trasparenti volte al controllo del consenso.

La seconda riguarda la consapevolezza di essere un soggetto di sviluppo economico e sociale attraverso la pratica di modelli organizzativi inclusivi e sostenibili, che affiora e prende forma in quel paradigma di economia civile impegnato a riconnettere dal basso schemi di produzione ambientalmente e socialmente sostenibili in diversi settori di attività economica. Si tratta di modelli orientati da un lato alla rilocalizzazione di filiere produttive capaci di valorizzare maggiormente le risorse territoriali e dall’altro da processi innovativi e creativi basati su una più efficace attivazione del capitale umano e sociale.

E, infine, la terza sfida ha come vettore la sfida del digitale focalizzata sull’esplorazione di nuove pratiche partecipative e condivise nella produzione del valore.

Prendere sul serio tali sfide equivale a porre in essere un serio investimento nelle modalità operative della progettazione, avvalendosi degli stimoli offerti dal ridisegno normativo

70
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

del Terzo settore ma anche dalla crescente attenzione del framework delle politiche di sviluppo territoriale e urbano a livello comunitario, a partire da quello della valutazione di impatto che inizia a diventare un dispositivo prospettico di rilettura delle strategie progettuali e delle prassi quotidiane di questa vasta costellazione di soggetti e operatori.

Ragionare in termini di impatto sociale equivale a trovare un nuovo assetto operativo frutto dell’allineamento dei micro obiettivi che emergono dal basso, dai bisogni e dalle aspirazioni a “risalire le classifiche” della qualità della vita con i macro obiettivi che costituiscono le coordinate di un cambiamento globale del modello di sviluppo. Si tratta dunque di un compito significativamente culturale che agisce in profondità e produce effetti sistemici di trasformazione, rigenerando i meccanismi di scambio sociale e quelli distributivi a livello economico. La valutazione, pratica qualche volta percepita come adempimento formale e vincolo esterno alle organizzazioni, dovrà affermarsi in modo deciso favorendo la consapevolezza e la presa di coscienza collettiva di essere attori locali di un cambiamento globale.

Tale cambiamento ha bisogno di essere misurato non semplicemente in modo statico sulle risorse e le dotazio -

ni, ma soprattutto in modo dinamico sui processi e le capacità. Valutare vuol dire soprattutto riconoscere ciò che ha

71
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

valore e, in questa prospettiva, il valore che i siciliani devono imparare a ri-guardare è misurato dal desiderio di cambiamento che ribolle e fluisce in modo talvolta carsico in questa miriade di sperimentazioni e tensioni che altrimenti rischiano di rappresentare un dinamismo falsato, una paradossale rappresentazione di immobilità. Nel dialetto siciliano l’imperativo “muoviti” può assumere due significati: il primo è quello intuitivo di “mettiti in movimento”, mentre la seconda accezione molto diffusa nel linguaggio parlato equivale a dire “stai fermo lì dove ti trovi”.

La transizione è tale solo se è un movimento verso il futuro, da assumere come criterio di azione del presente. La valutazione di impatto è un formidabile strumento culturale che spinge in tale direzione, sostenendo scelte effettive e passi concreti da compiere. Il futuro poi, è un tempo da coniugare insieme, in modo comunitario.

Il senso di comunità va oltre la logica dei singoli, l’autoreferenzialità delle “bolle”, l’autoreferenzialità del clan e la difesa (talvolta violenta) dei propri interessi, oltre le visioni corte e anguste, schiacciate su un presente in cui non resta che difendere le rendite di posizione ed estrarne ogni utilità possibile. Lo sviluppo che può mettere in movimento realmente la Sicilia e i siciliani si declina con il “noi” e si coniuga al futuro.

SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Key word: creare valore

La Sicilia spesso non riesce a valorizzare a pieno il suo patrimonio a beneficio di chi ci abita e di tutti quelli che la visitano. È questo il nodo che dobbiamo sciogliere Negli ultimi anni le sollecitazioni dal mondo del volontariato e di chi si occupa dei più fragili sono cresciute. La Fondazione è pronta a fare la sua parte —

La Sicilia è una regione caratterizzata da tante “contraddizioni”: per un verso, è una terra “ricca”, in termini di patrimonio culturale, monumentale, pittorico e – più in generale – di bellezze

73
di Fondazione Sicilia
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

artistiche e naturalistiche; per altro verso, però, non sempre è riuscita a valorizzare la propria ricchezza, a beneficio dei suoi abitanti e di tutti coloro che, numerosi, la visitano ogni anno.

Le recenti tragedie che hanno afflitto l’intero mondo, dalla pandemia alla guerra in Europa, hanno certamente contribuito a peggiorare la situazione socio-economico-culturale della nostra terra che tuttavia non dobbiamo nascondercelo era stata pregiudicata dagli orientamenti recenti e non della politica nazionale, che non hanno valorizzato la Sicilia ma, semmai, l’hanno isolata dal resto dell’Italia e, quindi, inevitabilmente penalizzata, sotto tutti i punti di vista.

Ho, pertanto, accolto con grande favore e apprezzamento da cittadino della Sicilia, ancor prima che da presidente della Fondazione Sicilia l’intenzione, da parte dell’attuale Governo nazionale, di realizzare il “Ponte sullo Stretto”: opera che senz’altro favorirebbe un migliore collegamento tra la nostra isola e il resto dell’Italia, sotto tanti profili: dal turismo alle comunicazioni, dai trasporti ai contatti commerciali e agli spostamenti dei lavoratori, per citarne soltanto alcuni.

In questo “quadro” assai difficoltoso ma – proprio per questo – per certi versi molto stimolante, si innestano le iniziative intraprese dalla Fondazione che ho l’onore di presiedere.

Per fornire una visione esemplificativa delle nostre attività, basti segnalare le “aree d’intervento” della Fondazione:

Arte, Attività e Beni culturali;

74
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

– Educazione, Istruzione e Formazione;

– Ricerca scientifica e tecnologica;

– Volontariato, Filantropia e Beneficenza.

E devo subito segnalare che, sebbene la nostra Fondazione abbia storicamente destinato la gran parte delle risorse alla prima delle aree d’intervento (Arte, Attività e Beni culturali), essendo proprietaria di un patrimonio artistico ed architettonico straordinario, tuttavia, in questi ultimi anni, le richieste in tema di volontariato e, più in generale, di sostegno economico all’isola sono cresciute a dismisura; e la fondazione, come sempre, non si è tirata indietro. D’altra parte, il volontariato, la filantropia e la beneficenza fanno parte della mission della nostra fondazione, che ha dovuto prendere atto delle ulteriori difficoltà economiche che affliggono il nostro territorio.

Negli ultimi anni le richieste in tema di volontariato e di sostegno economico sono cresciute a dismisura e la Fondazione non si è tirata indietro

Tuttavia, non abbiamo affatto ridimensionato lo scopo della Fondazione Sicilia, che consiste nel valorizzare il proprio patrimonio, a beneficio di un numero sempre più consistente di fruitori, sia locali sia provenienti da tutte le parti del mondo.

Ciò avverrà attraverso la progressiva digitalizzazione dei nostri archivi e delle nostre collezioni.

75
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO

Nel prossimo futuro, la Fondazione si è impegnata a realizzare tutti i suoi obiettivi in partnership non solo con le altre fondazioni bancarie, ma anche con le Università ed i principali musei d’Italia e d’Europa, al fine di coinvolgere nelle nostre iniziative un numero sempre più alto di fruitori, con lo scopo di valorizzare sempre di più le “ricchezze” della nostra regione, contribuendo ad un suo rilancio in tutti i settori nevralgici: dall’economia al turismo culturale.

La pubblicazione, nell’ambito dell’iniziativa “Vita a Sud”, di questo focus book dedicato alla Sicilia, rappresenta certamente un’occasione per cogliere nuovi spunti e idee, sempre più al passo con l’inevitabile evoluzione della società in cui viviamo e operiamo, che possano consentirci un positivo adeguamento delle attività della Fondazione Sicilia, al servizio della nostra Isola e dei suoi abitanti.

Un dato è certo: la Fondazione che presiedo sarà attenta a tutte le indicazioni che emergeranno dall’analisi effettuata nell’ambito dell’iniziativa “Vita a Sud”, che ho molto apprezzato e gradito, proprio perché funzionale a verificare lo “stato di salute” della nostra regione, in un’ottica di miglioramento in tutti i settori d’intervento, con il comune obiettivo di contribuire a favorire il suo progresso e a colmare prima possibile il gap con il resto dell’Italia, sostenendo le eccellenze locali e contrastando le disuguaglianze ancora esistenti tra le varie città dell’isola e, all’interno di ogni comunità, tra i vari ceti sociali.

76
SICILIA. IL SOCIALE SPRECATO
6

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.