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La rendicontazione sociale piace al Terzo settore
Fra i primi 100 Ets per raccolta del 5 per mille, sei su 10 redigono un bilancio di impatto. È il dato che emerge dalla ricerca Milano School Management con Vita
Gli enti del Terzo settore che nel 2022 hanno pubblicato il loro bilancio sociale sono in crescita. Tra i primi 100 enti di Terzo settore — Ets (nel quadriennio 2018-2021) per raccolta del 5 per mille, sono stati il 57,5%. A dirlo la seconda ricerca, realizzata da Vita e dalla Milano School of Management — Misom dell’Università di Milano, che è stata presentata nel corso dell’incontro La rendicontazione sociale degli enti del Terzo settore, tenutasi lo scorso 8 febbraio a Milano, nella sede della Fondazione Università di Milano.
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Questa seconda edizione dello studio, oltre ad analizzare i contenuti dei bilanci sociali come definiti dal Decreto ministeriale 4 luglio 2019 ha potuto anche verificare la dinamica temporale dell’aderenza alle linee guida indicate dallo stesso decreto per l’intero quadriennio, nonché verificare come gli Ets che da più anni presentano la rendicontazione sociale delle proprie attività (experienced reporter) abbiano percentuali più alte, per esempio, nell’applicazione della misurazione degli impatti sociali (45,8% contro il 37,9% generale) o nell’andamento numerico dei propri beneficia- ri (44,2% contro il 40%). A sottolineare come nel confronto tra gli experienced reporter e tutti gli altri Ets i primi mostrino trend di crescita e di performance percentualmente migliori è stato nella sua illustrazione dei dati Stefano Romito, ricercatore del Misom. Romito ha anche sottolineato la crescita generale della capacità di dettagliare le informazioni.
Nel 2018, per esempio, le informazioni relative alle retribuzioni del personale dell’Ets erano dettagliate solo nel 8,9% dei casi mentre nell’ultimo anno analizzato il dato era presente nel 58,5% dei documenti.
In crescita anche l’attenzione al monitoraggio della soddisfazione dei dipendenti che segna un +12,8 punti percentuali.
Misurazioni e impatti, c’è da fare
Resta ancora limitata la misurazione dei risultati e la valutazione degli impatti sociali, anche se «il dato è in crescita nel quadriennio (37,9% partendo dal 17,9 del 2018) e tuttavia», ha precisato il ricercatore «nel 37,9% del
Bilanci e impatto, quattro anni di crescita IL NON PROFIT CHE AMA LA TRASPARENZA
Misurazione dei risultati Bilancio sociale
57,5% 84,6% 58,5%
Enti di Terzo settore che hanno pubblicato il Bilancio sociale nel 2022 (anno fiscale 2021) sul totale dei 100 con maggiore raccolta di 5 per mille negli anni 2018-2021
Ets che forniscono il numero dei beneficiari
Informazioni sulla retribuzione dei dipendenti (era 8,9% nel 2018)
Enti e analisi di materialità*
La quasi totolità ha coinvolto gli stakeholder * Coerenza tra gli scopi dell’ente e le aspettative degli stakeholders campione che riporta di aver svolto la valutazione troviamo specificata la tecnica di valutazione utilizzata solo nel 20% dei casi».
Anche sul fronte del feedback dai beneficiari dell’attività dell’Ets la raccolta di questo dato è fatta solo dal 22,7% del totale. Per quanto riguarda gli obiettivi quasi 7 enti su 10 (il 69,7%) fa riferimento a un documento di pianificazione strategia «un dato in forte crescita nell’ultimo anno», ha chiosato Romito sottolineando gli oltre 19 punti di crescita.
Le organizzazioni che fanno ricorso al volontariato dedicano a esso quasi sempre una sezione ad hoc del proprio bilancio, ma avverte Romito «dovrebbe far riflettere un dato: si sono ridotte rispetto allo scorso anno le organizzazioni che segnalano la soddisfazione dei volontari».
Per quanto riguarda il personale degli Ets — sezione presente nella quasi totalità dei documenti analizzati — vengono riportati da oltre il 90% i dati relativi alla composizione della forza lavoro e il genere, mentre altre informazioni quali l’andamento pluriennale sulla variazione della forza lavoro stessa è limitato a circa la metà dei rendiconti come per le retribuzioni dei lavoratori, anche se si osserva nel quadriennio un aumento esponen-
Valutazione dell’impatto sociale
Grado di raggiungimento degli obiettivi
La seconda edizione della ricerca quantitativa permette di leggere più approfonditamente l’aderenza dei bilanci sociali alle linee guida del Dm 4 luglio 2019, entrate pienamente a regime nel 2021. La professoressa Clodia Vurro, coordinatrice, nel sottolineare il miglioramento dei dati forniti spiega: «Una ragione banale è il fatto che l’entrata in vigore del Dm ha obbigato gli enti a estendere l’ampiezza della rendicontazione, approfondendo temi legati ai contenuti richiesti dal decreto».
Poco più della metà degli Ets pubblicano la valutazione d’impatto. «È sicuramente un tema su cui migliorare. Molti citano di aver fatto la valutazione senza specificare l’approccio e comunque su specifici progetti. È un tema di sperimentazione, non c’è ancora uno standard e fare ricorso al Social Return on Investment - Sroi è una delle modalità, ma non l’unica».
Lei ha definito il bilancio sociale un percorso… ziale degli enti che danno informazioni su quest’ultimo punto, passati da poco meno del 10 per cento al 58,5%. In generale su questo capitolo si può osservare la crescita dell’attenzione verso il benessere dei propri dipendenti.
«Sempre più enti capiscono che questo documento innesca un processo di miglioramento e consapevolezza interna. Tale percorso apporta benefici quanto più è trasversale rispetto alle diverse aree dell’ente e multisciplinare. È attraverso il confronto con gli stakeholder che il bilacio sociale diviene uno strumento di gestione».
Come valuta la scarsa attenzione al tema ambientale?
«È un’area da sviluppare. Per molti enti la responsabilità ambientale è legata solo all’efficientamento energetico e all’utilizzo dell’energia. È sicuramente uno degli aspetti che necessitano di maggior attenzione in futuro».
Per quanto riguarda l’analisi di materialità, ovvero la coerenza fra gli scopi dell’ente e le aspettative degli stakeholder (come si può vedere nella tabella di pagina precedente), il dato è in crescita di oltre 10 punti rispetto all’anno precedente e in questa azione quasi tutti hanno indicato di aver coinvolto gli stakeholder nella definizione e valutazione dei temi rilevanti. Nell’illustrazione dei dati emerge infine, il tema della responsabilità ambientale per la quale, rimarca Romito «c’è pochissima attenzione nei documenti. Non è una policy diffusa nonostante oggi sia un tema molto sensibile».
Non solo un adempimento Nel corso della presentazione dello scorso febbraio Clodia Vurro, coordinatrice dell’Area sostenibilità e Terzo settore Misom e curatrice della ricerca ha richiamato l’attenzione sull’essere il bilancio sociale un percorso virtuoso.
«Si è potuto osservare in molti casi come si stia passando da una mera attenzione alla conformità del bilancio sociale alle richieste della norma al comprendere come la rendicontazione sia un vero e proprio processo di gestione, un’opportunità» ha sottolineato Vurro, «per innescare un percorso di consapevolezza da parte dell’ente del proprio ruolo e della propria capacità di gestire le risorse».
Il bilancio sociale in quest’ottica di rendicontazione diviene uno strumento trasversale per definire gli obiettivi e relazionare i risultati, ma anche per comunicare la propria azione agli stakeholder interni ed esterni.
Dai primi dati della ricerca del resto emerge come gli enti che si sono dotati di un sistema di gestione — come i vari Iso — (meno del 30% del campione analizzato) abbiano risultati più performanti nelle diverse aree del bilancio sociale: dalla descrizione di obiettivi e attività ai diversi aspetti relativi a dipendenti e volontari.
La ricerca può essere richiesta a vita@vita.it
Esg in Italia?
Cominciano col riconoscere che esistono stakeholders
Arriva il V Rapporto di Sda Bocconi sustainability Lab con Dynamo Academy su Esg e Corporate social investment
Passare dal dire al fare. Mostrando l’azione concreta delle imprese italiane sotto il profilo della sostenibilità sociale e dei principi Esg. Con uno sguardo e un paragone a quanto succede fuori dall’Italia. È questo l’intento con cui Dynamo Academy e Sda Bocconi sustainability lab hanno presentato i risultati della ricerca Corporate social investment e Esg – Global impact at scale, giunta alla quinta edizione.
Il campione utilizzato dalla ricerca include 213 grandi aziende italiane, con fatturati superiore ai 50 milioni di euro e che effettuano la rendicontazione non finanziaria — Dnf, seguendo lo standard di rendicontazione Global reporting initiative — Gri. Emergono numeri molto interessanti sullo stato dell’arte dell’impegno verso la comunità e il territorio. E una “esse” che così diventa sempre più rivolta verso l’esterno. Senza con ciò trascurare la comunità aziendale.
imprese italiane, considera comunità e territorio come effettivi stakeholder di riferimento e contribuisce con donazioni in denaro, beni e servizi o progetti e partnership che generano valore.
Gli investimenti complessivi del campione sono pari a 635 milioni di euro, con valore aggiunto medio distribuito per comunità e territorio per azienda pari a 3,27 milioni, investendo il 2,7% del proprio utile ante imposte. Si tratta, spiega la ricerca, di valore economico direttamente generato e distribuito, e in particolare include contributi ad associazioni, ong e istituti di ricerca, fondi a sostegno delle infrastrutture per la comunità, costi diretti dei programmi sociali, inclusi eventi artistici e educativi.
«Si afferma sempre più un modello di filantropia attiva che vede nelle organizzazioni sociali partner attivi da coinvolgere e supportare, al fine di co-creare valore e generare un cambiamento duraturo nel modus operandi», spiega Francesco Perrini , direttore del Sustainability lab. «L’obiettivo», spiega il professore, «più in generale, è di comprendere quali sono le maggiori opportunità per le imprese per creare valore sostenibile sempre più concreto, misurabile e rendicontabile. Ciò in linea con il concetto di transformative sustainability: nella transizione in corso le imprese innovano i propri modelli di business sempre più sostenibili, con un approccio integrato alla strategia, al fine di massimizzare le opportunità che possono creare valore».
In media le imprese considerate impegnano in Esg il 2,7% del proprio utile ante imposta
Da questo punto di vista, il 78% delle imprese considerate dal campione preso in esame, indicativo delle medie
«Questa ricerca», gli fa eco Serena Porcari , presidente e ceo di Dynamo Academy, «consente una fotografia del nostro Paese e un confronto con l’indagine internazionale Cecp. Il benchmark dà indicazioni alle imprese italiane per incrementare l’impatto nelle comunità. Un’indicazione riguarda la necessità del reporting della “esse”, sia per trovare metriche condivise sia per valorizzare le azioni messe in campo. L’altro aspetto», conclude Porcari, «è l’opportunità di lavorare su diversity, equity e inclusion, con azioni concrete nelle aziende»
Nicola Varcasia







