Vincenzo Pira Dae s'anima

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Vincenzo Pira

“Dae s‟anima” Pessamentos e poesias dae Durgali a su mundu

2016 1


A Ornella, po tottu cussu chi alu li deppo narrere.

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Chircande a

Deu

“Unu entu chi sulat furiosu che leat sas predas dae monte. Ma Deu non che fit in su entu. Apustis de su entu, unu terremotu. Ma peri in su terremotu non che fit Deu. Apustis de su terremotu unu ocu mannu, ma Deu non che fit in su ocu. Apustis de su ocu, leviu leviu, unu enticheddu lenu. Comente l’at intesu, Elias, cucutzà sa conca chin su gabanu, bessit a pompiare a innedda dae sa uca de sa ruta”. (Dae sa Bibbia, 1° Libru de sos Res, cap. 19) “Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio”. (Lev Nikolàevič Tolstòj)

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Vincenzo Pira è nato a Dorgali nell‟inverno del 1956, poco prima della grande nevicata. Laureato in sociologia e antropologia. Parte per il Brasile nel 1976. Collabora per otto anni in progetti di sviluppo sostenibile delle comunità indigene nell‟Amazzonia, in difesa dei diritti di sopravvivenza fisica e culturale di queste popolazioni. Tale esperienza è documentata in alcune pubblicazioni in portoghese, nella lingua indigena makuxi e in due libri pubblicati in Italia: “Sterminio o resistenza – La questione indigena in Brasile”, Quaderni ASAL, EMI, Bologna, 1980 e Kanaimè, un volontario tra gli indios del Brasile, ASAL, 1986, Roma. Ha lavorato anche in Africa, America Latina e Medio Oriente. In un cammino di riscoperta e valorizzazione della propria cultura di origine ha pubblicato “L‟Antenna sul nuraghe” http://issuu.com/vissente/docs/l_antenna_sul_nuraghe e “Mastros de paraula mastros de vida” http://issuu.com/vissente/docs/mastrosdeparaula. Sui temi di cittadinanza globale ha pubblicato “Futuro Glocale e obiettivi del Millennio”, con le edizioni La Meridiana. Sposato, due figli, vive a Roma, lavora nel mondo della cooperazione internazionale. Continua a viaggiare, per lavoro e diletto, in tante parti del mondo, mantenendo le sue radici a Dorgali e guardando i germogli di ogni dove.

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Introduzione Sono nato a Dorgali e qui ho passato i primi i vent‟anni della mia vita. Il succedersi e ripetersi delle stesse cose, che la natura e il tempo imponevano, faceva nascere in me la necessità di mettersi in viaggio per ricercare qualcosa di nuovo da conoscere, altrove, con cui confrontarsi. Imparare una lingua è imparare a conoscere. A conoscere in un certo modo. A imparare alcune cose e non altre; a legare i nomi ai loro significati. Nella lingua e nel suo modo di comunicare un popolo esprime a propria anima. Il senso del tempo e dei tempi. L‟identità e le identità, il riconoscere gli altri per conoscere sé stessi. I racconti, sentiti fin dalla prima infanzia, restano impressi nella memoria come segno originale del proprio essere. Lo scoprire e conoscere nuove culture ti impone a confrontare il tuo pensiero nato localmente con l‟immensità del globale con la paura di non avere più radici o di perdere quelle che ti hanno lasciato in eredità. Parlare in sardo appartenere a questa terra. Non ho mai avuto la tentazione di abdicare a questo anzi sento un profondo senso di fierezza e orgoglio. Ma non ho sentito neanche l'esigenza di ostentare ciò. Considerando che, come per altre cose in cui credo, la coerenza e l'autenticità nasca dall'essere e non dall'apparire, forzando un'identità artificialmente costruita che finisce per essere 5


caricatura. E il primo aspetto che mi appassiona è lo scoprire nelle poesie dorgalesi parole e concetti ormai in disuso ma che servono a rivivere nella memoria comportamenti, riti, modo di pensare e di interpretare il mondo elaborato dalla storia di Dorgali e che non voglion morire. E chiedo alla poesia: “fammi rivivere nell‟attualità perché porto un valore che non deve essere perso. Crea memoria, riscopri radici, perché solo così possono nascere nuovi germogli, nuovi fiori e nuovi frutti”. Ma anche andare oltre. La sfida dell‟oggi ad ogni livello e settore è appunto quella di saper coniugare il locale con il globale. Per quanto riguarda la mia piccola storia personale, sono stato via da Dorgali, per tanti anni, sentendomi cittadino del mondo e ad un tratto, ho sentito l‟esigenza di ritrovare radici e conoscenze a cui non ho mai dato l‟attenzione che meritavano. Sento l‟esigenza di impossessarmi di una eredità che credo mi appartenga perché costruita da persone che condividono quel marchio incancellabile che è il legame di sangue e di cultura originale da cui non ci si può disfare. Sardo e cittadino del mondo. Per la storia personale di tanti noi, che ci siamo portati per il mondo un legame ombelicale con Dorgali, tornarci con la mente, e ancor più con il corpo, è sempre un rito che sa di magia e di sacralità. E come si va nei luoghi marcati dal mito e dal sacro ci si prepara mettendo in gioco tutto il proprio essere. Quanto è difficile 6


sentirsi sempre un po‟ stranieri sia in Sardegna sia in continente o nel mondo. Partire da un‟isola non è come viaggiare in continente. La distanza che pone il mare è altra cosa e solo chi lo deve attraversare ne conosce la distanza. Col tempo cresce la voglia di identità condivisa. Per questo sto cercando strumenti e vivendo esperienze che possano coniugare con sapienza gli aspetti di appartenenza locale con problemi, anche di identità, che non possono che essere affrontati globalmente. Ho iniziato a studiare la storia e la letteratura della Sardegna e in particolare quella dei poeti e cantadores e, quasi per gioco, ho ri - iniziato a scrivere, da dilettante, per imparare e dialogare su queste tematiche. A scuola, alla mia generazione non hanno insegnato a scrivere o a comporre né in italiano e tanto meno in sardo. Non ci hanno insegnato come si compone un racconto, un romanzo o una poesia. Non ci hanno insegnato le tecniche della composizione in nessuna lingua. Chi imparava a cantare o comporre poesie o canti in sardo lo doveva all‟ovile, alla cantina o al focolare non alla scuola. Non è eccessiva l‟affermazione che soprattutto nella poesia è contenuta l‟essenza della nostra identità. I riferimenti primordiali di quello che siamo, il timbro originale di chi ha costruito la nostra forma comunitaria di essere. In esse, come anche nei proverbi tradizionali (ditzos) sto ricercando quei segni che contraddistinguono da sempre la 7


cultura dei sardi. Ad iniziare dalla lingua per arrivare a conoscere alcuni modelli del modo di pensare, a qualcosa che non è del tutto definito ma che fa parte del modo di essere che qualcuno ha denominato “inconscio collettivo” o miti di fondamento del modo di essere e di vivere meglio. Alcuni poeti, anche a Dorgali, stanno cercando di fare questo. Come ci ha insegnato Paolo Pillonca : “Sa limba est comente una „emina, si s‟abbizat ca la chircas chin istima, si rendet, non si cuat”. Sperimentare un nuovo modo di comunicare, ricercare e aggiornare l‟espressione per renderla universale. Parlare a sa cussorza e a su mundu, anche in sardo. E quindi valorizzare il parlare ma anche lo scrivere. Scrivere significa strappare il passato al passato, proiettandosi nel futuro, ossia davanti a noi, la fonte del senso che tutti ci dicono essere dietro di noi. Per troppo tempo abbiamo creduto che il passato dominasse sul presente e che la storia singolare o collettiva non fosse altro, che lo sviluppo del passato. Per quanto riguarda la scrittura, questa visione è riduttiva, perché difetta della scommessa sul futuro. Del cercare e costruire qualcosa di nuovo e di migliore. Coniugando l‟appartenenza locale alla relazione con tutto il mondo. Di tutto queste si parla nella Scuola di poesia dorgalese. Di questo si occupano i “Tessidores” che ne fanno parte, dando un contributo a quanto proponeva Tiziano Terzani : “Mi piaceva pensare che i 8


problemi dell'umanità potessero essere risolti un giorno da una congiura di poeti: un piccolo gruppo si prepara a prendere le sorti del mondo perché solo dei poeti ormai, solo della gente che lascia il cuore volare, che lascia libera la propria fantasia senza la pesantezza del quotidiano, è capace di pensare diversamente. Ed è questo di cui avremmo bisogno oggi: pensare diversamente”. Che cos‟è la poesia ? „Ite est sa poesia ? A ghite servit ? Si può imparare ad essere poeti o poeti si nasce? Che cosa ha di particolare la poesia sarda e dorgalese ? “Sos mastros de iscola nos imparant a iscrìere, a letzere, a contare e, unu pacu, peri a pessare. A pessare ene, a pessare cosas bellas e a imparare a las narrere. Sos mastros de muru ischint a fraicare, achent sas domos. Sos mastros de linna ischint a fachere ennas, ventanas, mesas, cradeas, zumpedos, baules. Donnia mastru ischit s‟arte sua. E tra issos b‟est sempere calicunu chi est su menzus, chi imparat de prus. Chi chircat sempere de achere menzus su chi achet. Ma cando allegamus de cosas de sa vida semus obrigaos tottu cantos a imparare, in carchi modu, a essere mastros. A fachere ene su dovere de educare sos fitzos e sas fitzas, dand‟ esempiu de comente si depet cumportare comente omine e comente „emina, comente si depet bivere in mesu de sos ateros. 9


Sas fèminas de Durgali, dae sempere, ischint a fachere su pane carasau, su moditzosu, sas casadinas, sa coccone de pistiddu. Achent a pappare donnia die peri si non sont panetteras o cochineeras laureàs. Medas cosas non s‟imparant andande a iscola ma achende in domo, in cuile, in buttega, in sa inza. Sas prus de sas cosas s‟imparant pompiande, iscurtande sos mannos, pessandelas e fachendalas medas vortas. At a essere capitau a donniunu de nois a si dimandare chie soe ? Dae nue enzo ? Puite soe naschiu? Cales sont sas cosas che contant in sa vida ? In donnia locu b‟at appiu sempere mastros de su achere e mastras de vida. Chi imparant a sos ateros comente si achet su ene, comente s‟allegat chin grabu, comente si depent istimare sas pessones e sas cosas. Imparare donnia orta a seperare su ene dae su male; a seperare su bellu dae su letzu, su prus bellu dae su prus letzu. Cuminzande a seperare naschit sa bellesa e sas cosas e pessones prus bellas. Naschint sas grobes, sa mùsica, sas poesias”. “Il più umile canto popolare, se un raggio d‟umanità vi splende, è poesia, e può stare a fronte di qualsiasi altra e sublime poesia” diceva Benedetto Croce. Si diventa poeta, e buon poeta, nella misura in cui si riesce a concepire l'idea del bello e di renderlo sensibile ad altri. Il fine cui tende la poesia è di signoreggiare il cuore e la fantasia, ovvero l'una e l'altra insieme, rendendo sensibile ad altri il bello concepito dal poeta. 10


Il mezzo con cui la poesia ottiene questo fine è il diletto. Parole messe insieme con musicalità, armonia, emozione per far star bene. Scelta di parole per andare oltre, oltre quello che si sente con l‟udito per arrivare all‟anima e al cuore. Il ruolo del poeta deve essere quello di definire le cose di cui l'esistenza umana ha veramente bisogno ed in particolare quelle che attengono ai luoghi della natura, della terra che ormai sfruttiamo da millenni e che rischia di distruggersi davanti ai nostri occhi. Protestare, dando fondo a tutte le nostre parole, contro il saccheggio della realtà, che è poi lo sgomento della nostra epoca. Descrivere l'orrore e la pace dell‟anima. Scegliere quelle metafore per far sentire, sollecitando tutti i sensi contemporaneamente, la forza del messaggio che si vuole trasmettere. La metafora stessa dello scrivere : “Arande in fotzos biancos surcos chin semenes nieddos un’aradu lèviu chi non lassat fertas ma apenas lusingas ”. Ogni terra ha i suoi poeti. La Sardegna tra queste. Poesie nate in una cultura che tradizionalmente ha fatto del silenzio e della riservatezza il suo scudo protettore: “Allega pacu po non faddire meda”. Che ha sempre diffidato della scrittura: 11


“Nde morit prus sa pinna chi non sa balla”. Cultura che ha ritualizzato, a modo suo, momenti fondamentali della vita: il nascere, l‟innamorarsi, l‟amicizia, il godere, il morire. E trova gli strumenti adeguati per poter esprimere adeguatamente questo: non con nude parole improvvisate ma con il canto, la poesia, la musica, il ballo. Che rispondono a regole condivise e permettono di vincere, nel rito, l‟inadeguatezza personale, l‟ignoranza, la vergogna, il timore di non essere all‟altezza. Diventa bene comune di tutti e non un privilegio aristocratico degli eletti per diritto divino. Di poter esprimere i propri sentimenti senza paura di sminuire la propria virilità e mantenere il giusto equilibrio di uomo lavoratore della campagna e di uomo di comunità e di cultura. Tentare di evitare la dicotomia tra natura e cultura ma cercare una equilibrata sintesi e simbiosi che non esasperi più rigidamente la divisione dei compiti di lavoro o la separazione dei ruoli basati sul genere – compiti che sono da donna e compiti dell‟uomo. Problema ancora irrisolto nelle nostre famiglie: la modernità richiede pari opportunità e che se la donna lavora anche fuori casa l‟uomo può occuparsi della cura dei figli e delle faccende domestiche. I nostri modelli di riferimento tradizionali fanno fatica ad accettare socialmente ciò. La culture egemoni, hanno storicamente teso a cancellare ogni cultura locale considerandole subalterne. 12


Col disprezzo degli usi e costumi, con il deridere la lingua riducendola a dialetto, a parlata chiusa nel locale, imponendo modelli e strumenti di comunicazione estranei alla comunità. E la cultura locale entra in crisi, perde la fiducia in sé stessa, sopravvive nascosta, accettando le trasformazioni dei sincretismi, quasi vergognosa, quando i suoi membri perdono il senso di appartenenza di orgoglio. E la cultura si difende rifugiandosi nella folklorizzazione, nel mostrare aspetti pittoreschi in processi di spettacolarizzazione. Riti che non evocano più la vita ma la mercificazione dei miti di riferimento. In contrapposizione a ciò sorge un movimento spontaneo di resistenza e di difesa dell‟identità originaria. Un rifiuto a „folklorizzare‟, „mercificare come spettacolo pittoresco di varietà‟ la propria identità culturale. Non una semplice nostalgia della riscoperta, spesso a fini di mercato turistico, della produzione arcaica, ma una riproposizione rinnovata della memoria collettiva e un uso vitale, vivo, utile al presente, per capire e migliorare la propria esistenza. A chi si pensa e a chi ci si rivolge nel comporre le poesie? E quindi in quale lingua ? In sardo o in italiano ? Le origini erano l‟oralità, l‟improvvisazione e l‟uso esclusivo del sardo. Una produzione che è patrimonio di tutti; non occorre aver frequentato i licei o le università per fare poesia. Nasce anzi spontaneamente per incorniciare i momenti 13


della vita quotidiana: il lavoro, i momenti di divertimento, le situazioni importanti della esistenza. Il legame con la terra in cui si è nati, il legame con la famiglia, gli affetti, l‟amicizia, l‟amore, il dolore, l‟allegria. Antioco Casula, Montanaru, poeta di Desulo (1878 – 1957), amico di Dorgali e di tanti dorgalesi, ci propone queste parole : It’est sa poesia?… Est sa lontana bell’immagine bida e non toccada, unu vanu disizu, una mirada, unu ragiu ’e sole a sa fentana, Unu sonu improvisu de campana, sas armonias d’una serenada o sa oghe penosa e disperada de su entu tirende a tramuntana. It’est sa poesia?… Su dolore, sa gioia, su tribagliu, s’isperu, sa oghe de su entu e de su mare. Sa poesia est tottu, si s’amore nos animat cudd’impetu sinceru, e nos faghet cun s’anima cantare. Sono bella poesia la spontaneità delle espressioni estemporanee che accompagnano la quotidianità - le nenie (anninnia), i canti funebri (attittos) i canti della trebbia o della tosatura, le serenate notturne o i canti della baldoria, i canti delle donne durante i lavori domestici. Molto si è perso nella vita quotidiana. In molti casi non esistono più le attività 14


lavorative che venivano accompagnate dai canti, in altri la lingua sarda ha perso la funzione primaria a favore dell'italiano con tutte le conseguenze comunicative che ciò comporta. L'apprendimento della arte estemporanea si affida ai sistemi tradizionali tipici delle culture dell'oralità: imparare praticamente a fare poesia, come si impara a suonare la musica anche se non si sa leggere il pentagramma. Comporre rispettando le regole metriche e la rima senza averlo imparato dai libri ma a orecchio. Ciò non significa che non sia possibile far riferimento alla cultura classica (greca, romana e sarda) che è patrimonio conosciuto e molto citato dei poeti. Come anche l‟ispirazione a poeti loro contemporanei che compongono in altre lingue (latino, italiano o spagnolo) attingendo a parole “sardizzate” che meglio danno il senso del concetto che si vuole esprimere. Contaminazione positiva tra diverse lingue che è sempre avvenuto e porta a una migliore sintesi comunicativa tra locale e globale senza perdere troppo della identità originaria e favorendo una più universale comprensione. Riscoprire e proporre il ruolo dei costruttori di cultura come fondanti una nuova educazione che valorizzi oltre all‟utile anche il bello e il diletto. L‟utile perché in questo tempo di profonda crisi investire nella cultura è anche una scelta economica. Valorizzare il territorio rendendolo più bello e più accogliente. Ma anche elaborare un nuovo concetto di sviluppo, di crescita 15


umana e comunitaria, che vada oltre la crescita economica. Che metta come valore prioritario le persone e i loro diritti, costruire una vita di qualità per ogni persona. Nessuno deve sentirsi solo o escluso in qualsiasi parte del pianeta viva. E un impegno a rispettare la natura e l‟ambiente come eredità ricevuta ma che deve essere preservata e migliorata per le generazioni future. Si trascura colpevolmente di iniziare i ragazzi, gli adolescenti, ai poteri e alle ricchezze del linguaggio, laddove educare dovrebbe consistere, in maniera assolutamente prioritaria, nell'elaborare per tutti, uomini e donne, un linguaggio veramente comune; fatto di valori condivisi, di rispetto, di capacità di confronto, del nn aver paura di conservare ciò che è giusto e innovare dove serva. Questa carenza ostacola in sostanza l'azione della poesia, è un disastro per il nostro rapporto col mondo o con gli altri esseri: arrivo a dire che essa equivale a un vero genocidio culturale praticato a spese dei più giovani fra noi. E soprattutto continuare a rimanere umani, anzi costruire per le nuove generazioni una umanità e un ambiente migliore in cui vivere. E anche la poesia può contribuire a diffondere bellezza e diletto nel mondo. Anche dalla Sardegna, anche da Dorgali. Nella loro modestia spero che queste pagine contribuiscano a questo.

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Dae s‟anima De su pasadorzu eternu ido s‟ispricu donnia sero, sos ocros si prenant de luche e sos montes pintant sas umbras. Una rìa longa in su chelu m‟amustrat un‟andala solitària in ue poder acatare arrastos de isiones mai „istos. Ocros chi no ischint a pranghere cando su dolore s‟istichit in s‟anima e sas lavras narant sas lusingas de su coro. Sèculos de precadorias iscrient un‟istòria chi a bell‟a bellu s‟amustrat a un‟anima sidia.

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Dall‟anima Dell‟eterno riposo vedo l‟immagine ogni sera, occhi pieni di luce e i monti che dipingono le ombre. Una lunga fila nel cielo mi indica un sentiero solitario dove poter trovare tracce di sogni mai visti. Occhi che non sanno più piangere quando il dolore si nasconde nell‟anima e le labbra raccontano le carezze del cuore. Secoli di preghiere scrivono una storia che pian piano si svela a un‟anima assettata.

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Sero, sero Torro che a donnia sero in sa domo in ue soe naschiu sicuru de acatare unu coro in ue amparare. Fadau dae paraulas de istima istichias in amentos de mùtria; non sont sas predas sas prus mudas in domo. Ocros ischios lusingant s‟ispera de animas chi chircant locu in d‟una terra sinnà dae mare e dae muridinas. Solu a su sero m‟est craru su ostinu: in s‟anima non b‟at lacanas, ma assuadura de liberdade.

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Verso sera Torno ogni sera alla casa in cui sono nato certo di ritrovare un cuore in cui rifugiarmi. Fatato da parole d‟amore nascoste in ricordi nostalgici; non sono le pietre che fan più silenzio là in casa. Occhi sapienti accarezzano l‟attesa di anime che cercano spazio in una terra recinta dal mare e da muri secchi di pietre. Solo alla sera mi è chiaro il destino: nell‟anima non vi son frontiere, ma solo libidine di libertà.

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Innedda Cant‟est innedda cust‟innedda de bisos non crompios chi irvettan sa die cando s‟eternidade s‟abeliat de sas fainas de su tempus. No, no est innedda cust‟innedda peri chene fruttos balet sa galania „e su frore su „isione „e su semene s‟ispettatia „e s‟istajone noa po podere sempere torrare a cumentzare.

Tradotta dall‟italiano da Gonario Brocca a cui va per questo e per altro il mio ringraziamento.

Carta molto

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Lontano Com‟è lontano questo lontano di sogni incompleti di attesa del giorno quando l‟eternità si innamora delle opere del tempo. No, non è lontano questo lontano anche senza frutti vale la bellezza del fiore l‟intenzione del seme l‟attesa della nuova stagione per poter sempre ricominciare.

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Leviesa Sa poesia de su chi non s‟idet in s‟anima de su tempus benidore. De su tempus e de s‟eternu. Che pruereddu leviu „olant sas paraulas e s‟ ident che raiu „e sole cando tott‟in tundu est iscuru. Che rete d‟aranzolu tessia in su nudda chi s‟irfilat a donnia leàda de entu. Sa mùtria e sa tristura non pesant prus nudda. Léviu léviu imparo a bolare che buffurarzu a primu manzanu.

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Leggerezza La poesia di quel che non si vede che ancora è nel futuro Del tempo e dell‟eterno. Come pulviscolo lieve volano le parole e si intravedono in un raggio di sole quando tutt‟intorno è buio. Come la rete del ragno ricamata nel nulla che si sfila a ogni soffio del vento. Il silenzio e la tristezza non pesano più nulla. Lieve lieve imparo a volare come un passaro di primo mattino.

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Durgali Cando appo torrar a bidere s‟ispricu d‟abba in ue soe naschiu locu galanu dae tottu est ischiu menzus non b‟at po imparare a bivere. Po medas annos m‟at pesau imparandemi sa bramosia su travallu e s‟allegria de s‟eressia sua app‟amirau. Riconnotu at meda zente de itzas suas sa belesa nùdricas de pacu richesa ma de zèniu prus valente. Dae pitzinnu a sa etzesa su mundu intreu appo connotu irmenticande s‟ abolotu e de tramperis sa pretesa. Zai su tempus est colande soe alu innedda dae chentu de torrare conca a bentu su disitzu est aumentande. Ti de de po

regalo custu cantu itzu prodigu e disitzosu torrar a bidda isperanzosu non connoschere prus su prantu.

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Dorgali Quando potrò rivedere lo specchio d‟acqua in cui son nato posto più bello tutti lo sanno non può esistere per conoscere la vita. Per tanti anni mi ha allevato insegnandomi la bramosia il lavoro e l‟allegria della sua gente ho ammirato. Conoscon tutti la beltà delle tue figlie cresciute in povertà ma nel più prezioso sentire. Da ragazzo alla vecchiaia il mondo intero ho visitato dimenticando ogni trambusto e dei parolai le pretese. Il tempo sta passando sono ancora lontano dal centenario e a riandar controvento il desiderio sta tornando. Ti regalo questo canto da figliol prodigo desideroso da te tornare speranzoso per non conoscere più il pianto.

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Amentos Paraulas furàs a s‟iscuru che fotzas de atonzu chi „olant lèvias, che pessamentos pèrdios. Canta tristura donnia sero ispettande e timende sa fine „e sa die lusingà dae su sole. E torrat sa notte.

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Ricordi Parole rubate dal buio come foglie dâ€&#x;autunno che volano leggere come pensieri perduti. Quanta tristezza ogni sera aspettando e temendo la fine del giorno accarezzato dal sole. E ritorna la notte.

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Amentos de atonzu Paraulas che sinnos pessamentos perdios che fotzas de atonzu chi olant chin leviesa. Canta tristura donnia sero ispettande e timende sa fine „e sa die lusingĂ dae su sole. Torrat sa notte chin sinnos de novas isperas. Cantos amentos custâ€&#x;atonzu ti dolent in conca. Cantas lacrimas as contau donnia notte ispettande luchinzos po ispapatare sa vida?

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Ricordi dâ€&#x;autunno Parole come segni pensieri persi come foglie dâ€&#x;autunno che volan leggiadre. Quanta tristezza ogni sera aspettando e temendo la fine del giorno accarezzata dal sole. Torna la notte con segnali di nuove speranze. Quanti ricordi questâ€&#x;autunno ti fan male alla mente. Quante lacrime hai contato ogni notte aspettando raggi di luce per risvegliare la vita ?

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ADIOSU

(Pessande a Luigi Tenco)

Sa pròpria andaledda, bianca che sale, su tricu alu a creschere e sas tancas de arare. Mirande donnia die si proet o si b‟est su sole, po ischere si cras si bivet o si morit. E una bella die che piantas tottu e t‟icandas. T‟icandas a innedda a chircare ateros mundos pedinde perdonu a sa terra chi lassas, comente in d‟unu isione. E poi milli camminos chi parent fumu in d‟unu mundu de luches in ue non ti connosches. Bivende chent'annos in d‟una die, dae sos montes de Ghivine a sos chelos chene ine. Chene cumprendere nudda chin gana de amorare. Chene ischire a facher nudda in d‟unu mundu chi ischit tottu e chene unu sisinu po podere torrare. Adiosu.

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Addio (per Luigi Tenco) La solita strada, bianca come il sale il grano da crescere, i campi da arare. Guardare ogni giorno se piove o c‟è il sole per saper se domani si vive o si muore. E un bel giorno lasciar tutto e andar via andar via lontano a cercare altri mondi chiedendo perdono alla terra che lasci come in un sogno. E poi mille strade che sembran di fumo in un mondo di luci dove non ti riconosci. Vivendo cent‟anni in un giorno dai monti di Ghivine ai cieli senza fine. Senza capir nulla con il desiderio d‟amare. Senza saper far nulla in un mondo che sa tutto e senza un centesimo per poter ritornare. Addio.

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Amus a essere Sètios a pès a focu iscaentaos dae milli fainas acatamus sinnos de identidade chircande sinzales de istima. Mutzos a primu manzanu sa mùtria nos vinchet che maladia de un‟eressia chi non cherimus sanare. Galu chircamus in custas vidas de traschia chene manza de annuzu zèniu e connoschessia. Custa est sa terra chi nos ant dau itza de affocoriu e assuttura in ue amus acatau sentidu e sabedoria. Allegamus a su mundu chin dirittu e fieresa chin sos frutos de travallu chin ant cambiau s‟istoria. A su nessis sa nostra.

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Quel che saremo Seduti intorno al fuoco accaldati da mille lavori troviamo segni d‟identità cercando segnali di affetto. In lunghi silenzi dal primo mattino la malinconia ci avvolge qual malattia ereditata nel tempo da cui non vogliamo guarire. Ancora cerchiamo in questa vita tormentata ove non v‟è mai noia carattere e conoscenza. Questa è la terra che ci han dato figlia di siccità e arsura ove abbiam trovato sapienza e conoscenza. Parliamo al mondo con diritto e fierezza con i frutti del lavoro che han cambiato la storia. Almeno la nostra.

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Ischidande Unu sonnu profundu chi che canzellat su tempus e ti che leat a innedda po chircare un‟imposta. Miradas arcanas chi atun sol‟ispantu umbras de animas mortas in ispera de attitu. Timende sos misterios chin no acatan crarore isperande in sa prominta de una paraula zentile. Anima suferente iscarvatà in su profundu ispettande dae sempere sinzales de luche. Peso chitto a s‟impuddile po m‟ammentare unu isione alanzande cussorzas de vida perdias in sa notte.

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Risveglio Un sonno profondo che cancella il tempo e ti porta lontano a cercare risposte. Sguardi arcani che danno spavento ombre di anime morte che aspettano lâ€&#x;ultimo canto. Temendo i misteri che non portano chiarore aspettando la promessa di una parola gentile. Anima sofferente scaraventata nel profondo aspettando da sempre segnali di luce. Mâ€&#x;alzo presto al mattino per ricordar un sogno guadagnando spezzoni di vita persi nella notte.

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Cuju ses ? Cuju ses ? Soe itzu de su entu „e susu chi cando sulat pulit su mare e che innedat s‟anneu de s‟istade. E tue cuju ses? Soe itzu de duos isteddos sont a miliones in su chelu ma sos mio sont sos prus luchentes. E tue cuju ses ? De su sole e de sa luna. Si sont zoviaos sero sero e m‟ant dau su mentzus chi aiant : su sole sa „orza sa luna s‟istima. E tue cuju ses ? Soe itzu de una zenìa de seculos de patimentu de chentu mammas e de carchi babbu. Pesau in praiches assoliàs e in s‟umbra de padentes in ue s‟abba est vida e sa disamistade morte. Soe itzu de una terra beneìta chi m‟at sinnau s‟anima chin custa limba meravillosa e m‟imparat dae sempere sas novas de sa vida.

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Di chi sei figlio ? Di chi sei figlio ? Son figlio del maestrale che quando soffia pulisce il mare e allontana il tormento dell‟estate. E tu di chi sei figlio? Son figlio di due stelle a milioni brillano in cielo ma le mie son le più lucenti. E tu di chi sei figlio ? Del sole e della luna si son incontrati al tramonto e mi han donato il meglio che avevano: il sole la forza la luna l‟amore. E tu di chi sei figlio ? Son figlio di un‟etnia di secoli di patimento di cento mamme e di qualche padre cresciuto in pietraie assolate e all‟ombra di boschi dove l‟acqua è vita e l‟inimicizia è morte. Son figlio di una terra benedetta che ha segnato la mia anima con questa meravigliosa lingua e m‟insegna da sempre le novità della vita.

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A tie Maria Gabriella In tempus de prantu in Durgali ses naschìa patinde chene ispantu a innedda ses partìa. In nùmene de su Santu battisau t‟ant Marìa sinzolandeti che rosa e po Deus fitza e isposa. Azetta custu cantu de una idda tott‟unìa de Durgali ses su antu mamma santa ses mutìa. E po chie bivet affrantu una vida addolorìa ammustrati affetuosa po sa zente bisonzosa. Chin dolu e pessamentu de una vida in povertade iscritt‟as in testamentu su bisonzu de s‟Unidade; ma po ottenere gradimentu e po bivere in amistade sa morte chin amore as pedìu a su Redentore.

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Per te Maria Gabriella In un tempo di pianto sei nata a Dorgali soffrendo senza paura sei partita lontano. Nel nome del Santo ti han chiamato Maria scegliendoti come una rosa per Dio figlia e sposa. Accetta questo canto di un paese a te unito di Dorgali sei il vanto e ti chiama mamma santa. Per chi vive affranto in una vita nel dolore mostrati con affetto alla gente nel bisogno. Con dolore e preoccupazione di una vita in povertĂ hai scritto nel testamento il bisogno di UnitĂ ; ma per essere gradito e per vivere in amicizia la morte con amore hai chiesto al Redentore.

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Amorande a tott‟annu Beru est chi t‟abaeras solu po sos frores. Prus sas chimas de sas raichinas ischis a istimare. Fotzas de atonzu de zallu e de rujore ma cando lompet s‟ierru no ischis prus su ite achere. Ispera in beranu e godit s‟istade che a cando po sa prima orta che culumba cumentzande a bolare as imparau comente amorare.

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Innamorati tutto l‟anno È vero che t‟incanti solo al sogno dei fiori. Più i germogli delle radici hai imparato ad amare. Foglie d‟autunno di giallo e di rosso ma poi arriva l‟inverno e non sai più che fare. Aspetta primavera goditi l‟estate come quando per la prima volta come una colomba che impara a volare hai appreso l‟arte d‟ amare.

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Su mare de idda Cant‟est bellu a che lu idere dae innedda dae sos artos montes predrosos cando su brunetinu de su chelu che tocat sas abbas de Ilune e non t„abitzas in ue finit o in ue cumintazat sa erta atta dae sas ateras abbas chi essint dae padentes attundeche ganas de vida e sinnos de friscura. No mi sècuro dae Ghivine a Toddeìto in sas andalas de praiche in ue siant sos rastros cuaos o sos sinnos in s‟arena dae Cartoe a Osala chi sas mareas c‟ant lavau comente achet su tempus chin sas promintas de eternu. Su monte t‟est babbu chin sa gana de su zustu e sa marina t‟est mamma chin mira a s‟imensu. T‟ant imparau su disitzu de paridade su bisonzu de liberdade, e s‟obricu de torrare a n‟ue ti potas ispricare e po sempere annodidare.

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Dorgali e il suo mare Quant‟è bello ammirarlo da lontano dagli alti monti pietrosi quando l‟azzurro del cielo bacia le acque di Ilune e non t„accorgi dove finisca o dove inizi la ferita dalle altre acque che escono dai boschi portando fame di vita e segni di freschezza. Non m‟accorgo da Ghivine a Toddeìto nei sentieri di roccie dove trovare le orme nascoste o i segni nella sabbia da Cartoe a Osala che le maree han cancellato come fa il tempo con le promesse d‟eterno. Il monte ti è padre con la fame di giustizia e la marina è mia madre con lo sguardo all‟ immenso. Ti hanno insegnato il desiderio di uguaglianza la necessità di libertà, e l‟obbligo di ritornare dove potersi specchiare e per sempre riconoscersi.

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Anarchicu durgalesu A Pascale Fancello Crodatzu Cadderi fieru e sognadore naschiu in locu isconnotu po su zustu as fattu votu d‟essere balente lottadore. De connoschessias chircadore chin s‟anima in abolotu lassau as su locu notu e su primu amore. Tropu dies de itianu de una vida intristìa de unu inchidore metzanu. Bramande s‟armonìa chircà in locu lontanu po su ene de cada zenìa.

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Anarchico dorgalese (per Pasquale Fancello Crodatzu) Cavaliere fiero e sognatore nato in luogo poco noto per il giusto l‟hai giurato di essere valente lottatore. Cercator di conoscenze con l‟anima in subbuglio hai lasciato la tua terra e il tuo primo amore. Troppi giorni inutili in una vita di tristezza per un vincitore mediocre. Bramando tempi d‟armonia cercati in posti lontani per il bene dell‟umanità intera.

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A tie App‟a fachere de sa vida mia un‟ ispricu po poder ammirare cantu ses bella. App‟a fachere de su coro miu sa domo de sa bellesa tua. T‟app‟a istimare cantu sas nues su chelu cantu sos frores su eranu cantu s‟istade s‟abba frisca. App‟a cantare su lumene tou in tottue. App‟a iscurtare sas paraulas tuas comente su mare iscurtat dae sempere s‟istoria „e sa vida de custa galana zenìa.

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Per te Farò della mia vita uno specchio per poter ammirar quanto sei bella farò del mio cuore la casa della della tua bellezza. T‟amerò quanto le nuvole il cielo quanto i fiori la primavera quanto l‟estate l‟acqua fresca. Canterò il tuo nome ovunque. Ascolterò le tue parole come il mare ascolta da sempre la storia della vita di questa bella etnìa.

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Asos Ammentos de cando una pitzinna amoradora tâ€&#x;at picau dae su brotzolu e tâ€&#x;at imparau sa vida. Dae tando mai tâ€&#x;irmenticas sa cara prena de asos e los chircas che meichina chi sanat donnia dolore.

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Baci Ricordi di quando una ragazza innamorata ti ha preso dalla culla e ti ha insegnato la vita. Da allora mai scordi la faccia piena di baci e li cerchi come rimedio che cura ogni dolore.

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Su locu miu Su no ma de

locu in ue soe naschiu b‟est ca in su mundu b‟at locu b‟est, cale prominta iscusorzos eternos.

Domos, caminos e gurgos chin nuscos de urros allutos aparitzan in donnia mementu su cras de sa vida. Pessamentos anticos istichios in muridinas urrutas mutint imbetzes a memoria s‟ispittinzu de sos annos. Durgali, cantu t‟istimo…

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Il mio posto Il posto in cui sono nato non esiste perchĂŠ al mondo vâ€&#x;è spazio ma come promessa di eterni tesori. Case, viottoli e strade che odorano di forni fiammanti preparano in ogni momento il domani della vita. Antichi pensieri nascosti in muraglie cadenti richiamano invece il ricordo del logorio degli anni. Tanta è la stima, Dorgali !

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Disitzos In d‟unu disitzu soe de pache po su mundu zirande tott‟intundu mai enzat a mancare po lu pòdere contare chi s‟esempiu de chie travallande donnia die abalorat sa vida chin passiessia e irfida o chin tanta amargura de piacheres picaos a fura chin fèminas amorosas prus friscas de sas rosas chin gana e sentimentu mai manchet su frumentu e su pane quotidianu chi crescat donnia eranu de sas fitzas sa bellesa chin salude a sa etzesa auguramus alegria e chentu cartos de ulìa mai manchet s‟abba currente donu de s‟Eternu a sa zente donniunu apat domo menzus de sae como travallu dinnu a cada itzu e mai manchet su disitzu de mudare in custa terra chi non si idat prus sa gherra donnia ene a sa Sardigna locu galanu de zente digna sos mannos mios anticos in Durgali fint amicos in su sartu fint pastores e bivian che sennores e un imperzu m‟ant lassau chi mai siat irmenticau chi nessunu colet gana sutta „e Bardia galana. In d‟unu disitzu soe.

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Auguri Quanti desideri : solo pace per il mondo facendo un girotondo mai venga a mancare per poterlo raccontare con l‟esempio di chi lavorando tutti i giorni da senso alla vita con pazienza e con la sfida o con tanta amarezza di piaceri rubati con donne innamorate più fresche delle rose con voglia e sentimento mai ci manchi il frumento e il pane quotidiano in abbondanza anche in verano delle figlie la belleza e la salute quando invecchia auguriamo l‟allegria e quintali di olive mai manchi l‟acqua corrente dono dell‟Eterno alla gente ognuno abbia la sua casa migliore dell‟attuale lavoro degno a ogni figlio e mai manchi il desiderio di cambiare questa terra che non si veda più la guerra ogni bene alla Sardegna meraviglia di gente degna e gli avi miei più antichi a Dorgali eran amici là nei monti eran pastori e vivevan come signori e un impegno mi han lasciato che io mai ho dimenticato che nessuno soffra fame all‟ombra della bellezza di Bardia. Questi i miei desideri.

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Itaca e Sardigna Cando cumintzas a biatzare disitzati chi duret meda, oro, timanza e seda de Bisanzio as‟a istimare. Muntones de isiones as a pessare non timas sas abbas nechidàs ca sas tantas penas acatàs dae su coro as‟ a poder inneddare. Lassa chi t‟intren in manos contos, libros e papiros impara peri sos suspiros de sos savios e marranos. E si su sufrimentu est in totue dolorosu ista sempere disitzosu de donnia isperimentu. Sardigna t‟at dau su mare e unu iatzu tribolau in cussu c‟as imparau ch‟est sa richesa de abalorare.

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Itaca e Sardegna All‟inizio del tuo viaggio augurati che duri a lungo oro, incenso e seta di Bisanzio potrai amare. A tanti i sogni penserai non temere le tempeste e le tante pene trovate dal cuore allontanarai. Lascia che ti arrivino racconti, libri e carte sia di savi o opportunisti. E se la sofferenza è sempre dolorosa lascia spazio al desiderio e a ogni esperimento. Sardegna t‟ha dato il mare e un viaggio tribolato in quel che hai da imparare è la ricchezza che hai trovato.

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Colores in

biatzu

A Salvatore Fancello, giovane artista dorgalese, morto in guerra, con altri soldati che avevano lo stesso umore ma la divisa di un altro colore. In sa costa de mare erva zalla brusà colores de chelu in sa tanca pintà. Chin manzas de erveches biancas che su manzanu montes frittos che nie s‟oro de su eranu. De ocu ruju s‟aneddu che ocrosos istracos brunetinas sas lavras che mare nechidau. Carena bianca che latte rosa de maju ifriscà ulias ispricu de nues anzande abba arzentà. Pilos nieddos che piche Umbra iscura de s‟eternu Arva longa canuda Luchente che isteddu. Mele ranchiu irruiau che sa uca tua un‟urtimu asu po acatare pasu. 57


Colori in viaggio Nella riva del mare erba gialla bruciata colori del cielo in un campo colorato. Macchie di bianco, pecore al mattino monti freddi di neve lâ€&#x;oro della primavera. Fuoco rosso lâ€&#x;anello come occhi stanchi blu scuro le labbra come il mare tempestoso. Corpo bianco come il latte rosa fresca di maggio ulivi specchi di nubi partorendo acqua argentata. Capelli neri di pece ombra scura dellâ€&#x;eterno barba lunga imbiancata lucente come una stella. Miele amaro arrossato come la tua bocca un ultimo bacio per trovare riposo.

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Mammais Lacanas apertas tra sa terra e su chelu po unu coro chi si che cheret bolare. Vidas colàs in su travallu impastàs chin eternas precadorias. Paràulas iscrittas in pandelas vias e in caras de sabedoria. B‟at dies chi su pessamentu de sa zente mia mi achet male a pettorras po un‟innedda chi solu s‟istima e s‟ammentu iu podent binchere.

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Mamme Aperte frontiere tra la terra e il cielo per un cuore che vuole volare. Vite spese nel lavoro impastate con eterne orazioni. Parole scritte in vessilli di vita e in volti di sapienza. Vi son giorni che il pensiero della mia gente mi fa male al petto per un lontano che solo lâ€&#x;amore e il vivo ricordo possono vincere.

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Montes Cantu m‟ant apertu s‟anima sos montes chi che ido dae domo : Bardia coronau dae marinu comente achent sa nues in su chelu e pintat a bidda chin colores novos. L‟atzuan a mudare su locu sa maestade de Tului, e sa durcura de sos pès cartaos de inzas in ue si joviant milli sapores fattos a binu dae manos de mastros. E dae innedda Mont‟Albo, s‟Ortobene e s‟Orgolesu saludande a Corrasi in d‟unu cumbidu de iddas chi briant che sorres istimas.

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Montagne Quanto hanno aperto la mia anima le montagne che vedo da casa : Bardia incoronato da nubi marine a contorno del resto del cielo e dipinge il paese con nuovi colori. Aiutano ad ornare la terra la maestĂ di Tului e la dolcezza dei suoi piedi calzati da vigne dove si incontrano mille sapori riuniti in un vino da mani da maestro. E in lontananza Montâ€&#x;Albo, lâ€&#x;Ortobene e lâ€&#x;Orgolese salutando il Corrasi in un invito a paesi che brigano come amate sorelle.

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Sandàlia Soe naschiu in d‟una terra antica in ue cada preda chi si moffet contat un‟istòria ‟e soledade. Seculos de mùtria contant su patimentu de zente remitana ispittìa dae su tempus. In custa terra antica bivet istichìa sa gana e liberdade e s‟anima de una zenìa nechidà chi est mutinde a sa muda un‟atera zustissia.

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SandĂ lia Son nato in una terra antica dove ogni pietra che si muove racconta una storia di solitudine Secoli di triste silenzio raccontano la sofferenza di tanta misera gente calpestata dal tempo. In questa terra antica vive nascosta la voglia di libertĂ e lâ€&#x;anima di un popolo in rivolta che clama nel silenzio una diversa giustizia.

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Pasca Chi siat Pasca in sa idda in ue soe naschiu, siat Pasca in tottu sa Sardigna, terra chi istimo e chi m'at dau cumprendoriu. Siat Pasca in tottu su mundu, ca Pasca est su eranu de sa luche, sa pache e non sa gherra, s'eternu chi inchet su tempus, sa vida chi inchet sa morte, po sempere. Resurrexit sicut dixit, precae po custu a Deu e gasi siat.

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Pasqua E sia Pasqua Là dove son nato sia Pasqua nella Sardegna intera terra che amo e che mi ha dato il capire. Sia Pasqua nel mondo intero perché Pasqua è primavera di luce la pace e non la guerra l‟eterno che vince sul tempo la vita sulla morte per sempre. E‟ risorto come aveva promesso. Pregate Dio per questo e così sia.

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Precadoria Pache a sa terra mandae e a su popolu reposu, o Signore piedosu sos iscramores iscurtae, pache a sa terra mandae. Bola culumba de amore e varda su destinu nostru perdiu amus su celeste giardinu ca semus fitzas de su pecadore. Cossola sos afflitos pranghende po sa gherra cufforta sos poveritos remitanos in custa terra. Babbu nostru de su chelu sempere santu su lumene ostru chin su Itzu e s‟Ispiridu Santu meres poderosos de donnia cosa. Bos precamus po su pane de cada die siat chiarzu si non podet ser limpidu. Non pedimus petta de bitellu ma apenas d‟abba po su sicau. Non pos mèritos nostros ma po s‟ermosura de s‟Imaculada. Sa curpa de sos mannos pecadores su mundu est isperdende. Pedimus perdonu como e galu de prus in s‟ora de sa morte nostra. Gasi siat. Amèn. E mi aco sa ruche, chin sa manu destra in su lumene de su Babbu mannu de Zesu Cristu su Itzu e de s‟Ispiridu Santu cussitzeri. Amèn 67


Preghiera Vi chiediamo tanta pace e un po‟ di riposo, o Signore pietoso le nostre suppliche ascoltate e la pace in terra mandate. Vola colomba d‟amore e custodisci il nostro destino perso abbiamo il celeste giardino perché siam figli di un peccatore. Consola gli affliti che piangono per la guerra conforta i sofferenti abbandonati in questa terra. Padre nostro dei cieli sempre sia santo il vostro nome con il Figlio e lo Spirito Santo a cui spetta l‟onnipotenza. Vi preghiamo per il pane di ogni giorno sia scuro se non può essere candido. Non chiediamo carne di vitello ma solo un po‟ d‟acqua per la terra arida. Non per i nostri meriti ma per la bellezza dell‟ Immacolata. Le colpe dei grandi peccatori stan distruggendo il mondo. Chiediamo perdono Ora e ancor più Nel momento della nostra morte. Così sia. Amèn. E mi segno con la croce, con la mano destra nel nome del Gran Padre di Gesù Cristo, il Figlio e dello Spirito Santo Paraclito. Amèn 68


Ammentati (Cussitzos de Gianni Rodari) Bâ€&#x;at cosas chi depes fachere donnia die : pesare chito, travallare, pasare, aparitzare sa mesa donnia mesudie. Bâ€&#x;at cosas de achere a de notte : cunzare sos ocros, e drommire, amentare unu isione uricas surdas a donnia parĂ ula maca. Bâ€&#x;at cosas, imbetzes, chi non depes fachere mai : ne a de die ne a de notte ne in mare ne in terra per esempiu sa gherra.

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Promemoria Gianni Rodari Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare, preparare la tavola, a mezzogiorno. Ci sono cose da fare di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere sogni da sognare, orecchie per non sentire. Ci sono cose da non fare mai, nĂŠ di giorno nĂŠ di notte, nĂŠ per mare nĂŠ per terra: per esempio, la guerra.

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Poeta tessidore Sa maledade de sos omines at istratzau terras e chelos. In pacu tempus tottu si châ€&#x;urruet. Unu poeta solitĂ riu, chircat de tessere una tela noa chin sonos de veridade e chin filos de eternidade. Zunghende tramas istratzas chin paraulas de vida mantenet bĂŹa sâ€&#x;ispera de una terra chene males.

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Il poeta tessitore La malvagità degli uomini ha stracciato terre e cieli. In poco tempo tutto cade. Un poeta solitario cerca di tessere una nuova tela con suoni di verità e con fili d‟eternità. Legando trame stracciate con parole di vita tiene viva la speranza di una terra senza mali.

72


SU CANTU DE SU TERACU PASTORE (Ammentos de Fabrizio De Andrè) In nue frorit su romasinu b'at una untana iscura a nue andat su destinu unu ilu de tristura. Cale est sa manu zusta non mi l'ant mai imparau cale est su numene eru alu non mi l'han contau. Cando sa luna perdet sa lana e su putzone sa gana donnia anzelu in cadenas e donnia cane appedat. Pica sa tristura in manos e ghettachela a frumene esti de otzas su dolore e prenalu de prumas. In donnia fotza dae neco a mare c'appo lassau carchi pilu in donnia eliche un'iscrittu de sas resorzas mias. S'amore de domo s'amore de biancu istiu no l'appo mai connotu no l'appo mai traiu . Babbai astore, mammai patzarzu in pittu de sa suludra sos ocros chene undu accumpanzan sa luna. Notte notte notte sola sola che su ocu de domo pone sa conca in su coro miu e a pacu a pacu lassalu morrere.

Canto Del Servo Pastore 73


(Fabrizio De Andrè) Dove fiorisce il romasino c‟è una fontana scura per dove va il destinu con un filo di tristezza. Quale è la direzione giusta ancora non lo so quale è il mio vero nome me lo devono ancora dire. Quando la luna perde la lana e il passero la strada ogni angelo è alla catena e ogni cane abbaiat. Prendi la tristezza in mano e buttala nel fiume vesti di foglie il tuo dolore e riempilo di piume. In ogni foglia da qui al mare ho perso qualche pelo in ogni albero uno scritto fatto col mio coltello. L‟amore fatto in casa l'amore vestito di bianco non l‟ho mai vissuto e neanche mai tradito Mio padre è un falco, mia madre un pagliaio ai piedi del monte lo sguardo senza fine accompagna la luna . Notte notte notte sola sola come il mio focolare metti la testa sopra il mio cuore e a piano piano lascialo morire.

74


PASTORES Capidanni. Tempus de tramudare. Moffent, su tatzu lentu, sos pastores andande in chirca de menzus laores dae sos artos montes a mare. Sentimentos e cantos a s„andare atzuan a irmenticare sos dolores isperanzas, ammentos e valores acumpanzan su disutzu e su precare. Dae innedda ammento custa zente lamentos de lontananza chin‟amore de esules chi biven‟ tristemente. Cantu dolet s‟ammentu in malumore de su nostalgicu ponner a mente de Sardigna su prus bellu viore.

75


Pastori Settembre. Tempo di transumanza. Muovono le greggi lente, i pastori. Alla ricerca di miglior raccolti dagli alti monti al mare. Sentimenti e canti nel cammino aiutano a scordare dolori speranze, ricordi e valori accompagnano il desiderio ed il pregare. Da lontano ricordo questa gente lamenti di lontananza con amore di esuli che vivono nella tristezza. Quanto fa male il ricordo quanto malumore del nostalgico voler ricordare della Sardegna il piĂš bel fiore.

76


ULISSE Appo cumenzau dae pitzinnu a biatzare in su mundu ma de Sardigna su sinnu arrumbau m‟est in fundu. Dae terras predosas de pacos colores supportande dolores de zentes zelosas. Imparande dae tottu pitzinnas e betzas dae bellas e leztas s‟amore isconnottu. Lompet s‟umbra iscura e t‟acatat istracu chene pache, teracu de ninfas de tristura. Oje no appo domo affocau in sos ammentos bivo in sos lamentos e chene pache dromo.

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Ulisse Ero ancora ragazzo in viaggio nel mondo ma il segno del sardo mi è rimasto profondo. Da terre pietrose di opachi colori sopportando dolori di genti gelose. Imparando da tutte giovani e vecchie da belle e da brutte lâ€&#x;amor sconosciuto. Arriva lâ€&#x;ombra scura e ti trova stanco senza pace, servo di ninfe madri di tristezza. Oggi non ho rifugio affogato nei ricordi vivo nel lamento e senza pace dormo.

78


Terra mia Domos a orulu de andalas mai protzetàs arrastos de predas ispittias de unu tempus irmenticau. Imbrollos chi s‟istoria ripetet chin sinnos de inchidas faziles. Làbaros divinos ruches e mesu lunas atùas dae meres novos. Dan elemusinas ma no assicuran diritos. In medas, disamparaos son arribaos dae appresu e dae innedda pedinde accorru. Eris comente oje disterraos novatos chircan isperantzas ma acatan solu ispantu. Dae cussorza aperta a bidda fraicà e unu cras terra comune.

79


Terra mia Case a contorno di vicoli mai disegnati tracce di consumate pietre di un tempo scordato. Inganni che la storia ripete con segni di facili vittorie. Vessilli divini croci e mezze lune portati da nuovi poteri elargiscono elemosine ma non garantiscono diritti. In tanti, disperati sono arrivati da vicine e lontane sponde clamando rifugio. Ieri come oggi nuovi esiliati cercano speranze trovano paure. Da campagna amica a paese costruito e, in futuro, terra comune.

80


S‟urtimu cantu E nos pediat a cantare sas grobes de Sardigna in d‟una terra indigna locu „e ifferru de brusare. Chene gana de precare cuss‟ anima maligna non b‟aiat sorre benigna po nos poder attittare. Imbolaos in sa serra respirande malasorte e entos pudidos de gherra. Tocà nos est sa morte urtimu cantu „e sa terra de chie pranghet prus forte.

81


L‟ultimo canto E ci chiedeva di cantare le canzoni della Sardegna in una terra indegna posto d‟inferno da bruciare. Senza voglia di pregare quell‟anima maligna non era madre benigna per poterci ricordare. Buttati nella montagna respirando malasorte e venti putridi di guerra. Ci è toccata la morte ultimo canto della terra di chi piange più forte.

82


Po sempere Garriu de istima. E in su pessamentu prus de tottu tue, durche donu de sâ€&#x;Eternu. Entu impetuosu chi dae meda mi lusingat. Ammentos de contos de una vida chin tecus inue tottu si podet. Disitzos naschios e creschios comente frores prus galanos. Tempos perdios donos de cras isperanza de unu eranu eternu e de isperas de istades prossimas de bivere po sempere paris a tie.

83


Per sempre Tenerezza e nel mio pensiero, più di tutto te dolce dono dell‟eterno impetuoso vento che da tanto mi accarezza. Ricordi immensi di tante storie vissute insieme dove tutto è possibile. Sogni che sono diventati gesti che hai curato come fiori più preziosi. L‟immensità del tempo come dono futuro speranza di un‟eterna primavera di perenni attese di nuovi risvegli.

84


Vida Comente unu bufurarzu chin s„ala erta, tremende, cando tramuntana sulat furiosa. Comente chie travallat e non bidet frutos de su propriu suore caticau da chie non sentit su dolore anzenu. Alu po cantu amus a depere supportare custu trumentu in sâ€&#x;ispera de unu mundu nou chi sighimus a disitzare chin tassas de inu po nos poder alligrare ?

85


Vita Come un passero con l‟ala ferita tremando, quando la tramontana soffia furiosa. Come chi lavora e non vede frutti del proprio sudore calpestato da chi non sente l‟altrui dolore. Ancor per quanto dobbiamo pazientare questo tormento nell‟attesa di un mondo nuovo che continuiamo a desiderare con un po‟ di vino per poterci rallegarare ?

86


Ajutoriu Unâ€&#x; atzudu bos pedo po achere unu chircu chi intundet intrea donnia banda de su mundu. Chi servat de accorru a donnia remitanu e diat a cada unu isperas de vida digna. Po chie no at domo e po chie no at travallu non pedimos favores ma pretendimos diritos. Una terra in ue tottu acatent companzos e po tottu sa vida mai siant solitarios. Unâ€&#x;atzudu bos preco po alimentare sa gana de una terra prus zusta chin biddas accollozidoras.

87


Soccorso Un‟ aiuto vi chiedo Per fare un girotondo che intero circondi ogni parte del mondo. Che serva a rifugio ad ogni sfollato e dia ad ognuno speranze di dignitosa vita. Per chi non ha casa e per chi è senza lavoro non chiediamo favori ma pretendiamo diritti. Una terra ove ognuno ritrovi compagni e per tutta la vita non si senta mai solo. Un‟aiuto vi chiedo per alimentare la voglia di una terra più giusta con città più accoglienti.

88


Binu In sas costas assoliàs de Oddoene e Filieri frumenes de suore han fattu de una terra sidìa irmenticà dae su tempus unu locu de miraculu. Binnennadoras ischìas cantande e ridende trattant cada prudone che prenda de valore e battunt ganas de vida in ue b‟aiat disisperu. In donnia magasinu faìnas de manos mastras travallant chin sabedoria su fruttu de sa „ide ischidande s‟attesa de sas festas benidoras. Binu regale chi ch‟istichit sa miseria ponet su saviu a cantare e su etzu a ballare e bestit cada barraca che domo de sinnore. Cambiat in allegria donnia tristura aumentande s‟amistade. Iffusta dae sos menzus vinos de sas terras durgalesas bos torrat gratzias s‟anima mia. 89


Vino Nei declivi baciati dal sole di Oddoene e Filieri fiumi di sudore hanno irrigado una terra assettata dimenticata dal tempo in luogo di miracoli. Vendemmiatrici sapienti cantando e ridendo accarezzano ogni grappolo come gioiello di valore e portan la voglia di vivere dove vi era solo disperazione. In ogni cantina lâ€&#x;opera di mani maestre lavorano con sapienza il frutto della vite svegliando lâ€&#x;attesa delle feste future. Vino regale che nasconde la miseria obbliga il saggio a cantare e il vecchio a ballare e veste ogni capanna qual casa signorile. Cambia in allegria ogni tristezza rafforzando lâ€&#x;amicizia. Bagnata dai migliori vini delle terre dorgalesi vi dice grazie lâ€&#x;anima mia. 90


Tempus Cantu tempus at a depere colare innantis de nos videre ? Dimandalu a sas predas o dimandalu a su entu chircalu in sos cantos istichios in sâ€&#x;irmenticu unâ€&#x;imposta chi ti potat aggradare e ti mustret su camminu po nos poder acatare.

91


Tempo Quanto tempo deve ancora passare prima di vederci ? Chiedilo alle pietre o chiedilo al vento cercalo negli angoli nascosti nellâ€&#x;ignoto una risposta che ti possa piacere e ti mostri il cammino per poterci ritrovare.

92


Sa mamma „e su ucchiu Pacas paràulas naràs a s‟iscusiu un‟umbra iscura cunzau l‟at sos ocros. Po unu mementu sa tristura pariat prus levia perdia in d‟unu mare „e dolore. Unu luchinzu debile chi non daiat prus luche morindesiche a sa muda. Alaìant pacas lacrimas acras che achedu in sa cara martorià dae unu tempus maleitu. Sinnos de morte in patzinas de sufrimentu de contos anticos de un‟eressia caticà.

93


La madre dell‟ucciso Poche parole sussurrate un‟ombra scura gli ha chiuso gli occhi. Per un istante la tristezza sembrava più lieve persa in un mare di dolore. Un lucignolo fiacco che non dava più luce spegnendosi nel silenzio. Scendevano poche lacrime acri come l‟aceto nel volto martoriato da un tempo maledetto. Segni di morte in pagine di sofferenze di storie antiche di un‟eredità calpestata.

94


Sardigna Atonzos garrios de tramudas ierros de innedas e de nie beranos de amores incantaos istades de mares de pache. M‟illuinat sa „orza de s‟ammentu de umbras e lampos chi m‟ imbodiant po sempere de sa presessia tua.

95


Sardegna Autunni carichi di transumanze inverni di lontananza e di neve primavere di amori incantati estati di mari di pace. Mi stordisce la forza del ricordo di ombre e di fulmini che mâ€&#x;avvolgono per sempre della tua presenza.

96


Testamentu Torraemi a sa terra dae n‟ue soe enniu. po sa torrada prus longa. S‟Eternidade s‟amentet chin misericordia tottu sos rastros c‟appo lassau in su tempus.

97


Testamento Ridatemi alla terra da dove provengo per il ritorno piĂš lungo. Lâ€&#x;EternitĂ rammenti con misericordia ogni traccia che ho lasciato nel tempo.

98


Mùtria Ghenna de s‟eternu ispricu de vida e de morte locu „e s‟iscuru e ispera de luches.

99


Con l‟animo triste Porta dell‟eterno specchio tra la vita e la morte luogo dell‟oscurità e di attesa di luci.

100


Un‟ isteddu A Tore, frade miu. Pompiande su chelu in d‟una notte iscura sa luche de un isteddu iscorzat sas nues. Unu prantu addolimau in d‟unu mare de anneos ca sos frores prus bellos che irraichinat sa morte. In fundu de s‟anima un‟attittu amorosu po su chi depiat essere e no est prus istau. Frade miu.

101


Una stella

(per Salvatore, mio fratello)

Guardando in alto nel cielo nel buio della notte la luce di una stella squarcia le nubi. Un pianto addolorato in un mare di tormenti quando i fiori più belli sradica la morte. In fondo all‟anima dolci canti funerei per quel che doveva essere e non è più stato. Mio fratello.

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Pessamentos Appo connotu sa mùtria „e su tempus mementos de presessia e perdissiones triulau dae entos de traschia chircande miràculu „e resone. Ispotzau che a cando soe naschiu e grae de amentos e illusiones punzurrau irfidande sa cussiessia nostalgicu de anticas istajones. Perdiu appo s‟intentu in locu anzenu istropiau dae iscaramentos irgrabaos trist‟ est su pessamentu e s‟agonia in s‟istramànchiu po nos poder acatare. Umbras chi ispartinant timinzu e isperas de promintas novadoras ca est iscrittu in dònnia destinu : mancu sa morte est eterna.

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Pensieri Ho conosciuto il silenzio del tempo momenti di presenza e perdizione scosso da venti di tempesta cercando il miracolo della ragione. Spoglio come quando sono nato appesantito da ricordi ed illusioni provocato sfidando la coscienza nostalgico di antiche stagioni. Perso ho l‟intento in terre altrui ferito da richiami sgarbati triste è il pensiero e l‟agonia nel richiamo per poterci ritrovare. Ombre che spargono paure e attesa di promesse annunciatrici ché è scritto in ogni destino: neanche la morte è eterna.

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Istajones Bivende ierros de frittu in locos astraos dae zente malefica chi non connoschet istima. Fotzas inzallias in atonzos de anneu chi olant innedda in tancas chene lacanas. Isperande iscusorzos in sa vida de chie istimo aparitzande cussu chi su erenu achet a sas mendulas. Isiones de istade in padentes umbrosas sinnos beneidores de istajones de bundassia.

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Stagioni Vivendo freddi inverni di terre gelate da genti malvage che non conoscon lâ€&#x;amore. Foglie ingallite in autunni sofferti che volan lontano in spazi infiniti. Nellâ€&#x;attesa del bello nella vita di chi amo preparando quel che primavera fa con i mandorli. Sogni dâ€&#x;estate di boschi ombreggianti segni benevolenti di stagioni dâ€&#x; abbondanza.

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Po unu asu Una duminica de capidanni s‟atonzu al‟innedda su mare a testimonzu e sa prominta de paris po sempere in sa ona o mala sorte. Po unu asu mannu cantu s‟eternu. Ma cant‟est mannu s‟eternu? Prus pacu de sa bellesa chi m‟at imboddiau chin cussu asu.

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Per un bacio Una domenica in settembre, lâ€&#x;autunno ancora lontano il mare testimone di sempre. Promisi di non lasciarti mai nella buona o cattiva sorte. Per un bacio grande quanto lâ€&#x;eterno! Ma quanto dura lâ€&#x;eterno? Meno della bellezza con cui quel bacio mi ha avvolto.

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Tempus A de notte, cando s‟eternu inchet su tempus. Cand‟ifforas b‟at solu isperdissiu e a s‟andare non b‟at prus ispera. Tempus maleitu dae s‟inzustu ‟e sa zente. Tempus malu o tempus vonu non durat tottu su tempus. Ispetto chin passiessia su sonu „e sa càmpana chi apustis de s‟agonia sonet po sempere a toccu „e alegria.

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Tempo Di notte, quando l‟eterno vince sul tempo. Quando fuori v‟è solo perdizione e nel cammino non v‟è più speranza. Tempo maledetto dall‟ingiustizia della gente. Cattivo tempo o buon tempo non dura tutto il tempo. Aspetto con pazienza il suono della campana che dopo l‟agonia suoni per sempre al tocco d‟allegria.

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Tempus po tottu Bâ€&#x;at unu tempus po istimare e unu tempus po naschire unu tempus po partire e unu tempus po ispettare. Bâ€&#x;at unu tempus po briare e unu tempus po finire unu tempus po muttire e unu tempus po calliare. Bâ€&#x;at unu tempus po mòlere unu tempus de allegria e unu tempus de morrere. Bâ€&#x;at unu tempus de bria e unu tempus po pranghere ca est longa sa ria.

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Un tempo per tutto Vi è un tempo per amare e un tempo per nascere un tempo per partire e un tempo per aspettare. Vi è un tempo per litigare e un tempo per finire un tempo per chiamare e un tempo per zittire. Vi è un tempo per macinare un tempo per l‟allegria e un tempo per morire. Vi è un tempo per la lite e un tempo per piangere perché lungo è il tempo del lutto.

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Su pastore e su libru M'ant dau unu libru cumpanzu de seros frittos settiu in soru 'e su ocu mi iuchet in bolu a connoschere mundos novos in ue pache e bellesa sonâ€&#x; alimentu 'e s'anima.

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Il pastore e il libro Mi han dato un libro compagno delle fredde sere seduto vicino al fuoco mi porta in volo a conoscer nuovi mondi dove pace e bellezza sono alimento dellâ€&#x;anima.

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Poetande Arande in fotzas biancas surcos de semenes nieddos chin dunâ€&#x;aradu lèviu chi non lassat fertas ma apenas lusingas .

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Poetando Arando in bianchi fogli solchi con semi neri e un aratro lieve che non lascia ferite ma solo carezze.

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Remitanos Pasant sos montes in locos chene lacanas mirande sos isteddos luchinzos de chelu amustrande andalas de vida. Milli e milli remitanos pessant chi sa miseria issoro siat curpa de remitanos prus remitanos de issos. Non cumprendent chi non bâ€&#x;at prus ispera cando su pessamentu de sos meres lis prenat sa mente e los vinchet po sempere.

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Straccioni Riposano i monti in luoghi infiniti guardando le stelle che illuminano il cielo indicando sentieri di vita. Mille e mille straccioni pensano che la loro miseria sia colpa di altri straccioni più straccioni di loro. Non capiscono che non v‟è più speranza quando il pensiero oppressore gli riempie la mente e li sconfigge per sempre.

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Unu cantu de unu pastore perdiu in d‟una tanca manna de Sardigna Amentos de Giacomo Leopardi Ite aches tue, luna, in su chelu? Narami ite aches, callià o luna? Naschis su sero e andas, pompiande sas tancas; e apustis ti che cuas. Non che ses gal‟istraca de andare sempere in sa propria andaledda ? Galu istichìa, pèrdia, a pompiare custas vaddes ? Assimizat sa vida tua a sa vida de su pastore. Pesat chito su manzanu, moffet su tatzu in sas tancas, pompiande a innedda ateros tatzos, pasculos e funtanas; Poi istracu si pasat su sero: attera cosa mai no ispettat. Narami, o luna: a ghite alet sa vida de su pastore, e sa vida nostra po tene ? Narami : a n‟ue andat custu andonzu a curzu, in su camminu chene ine ? Etzu, biancu, malàidu, mal‟estiu e iscurtu, chin d‟unu pesu in palas, po montes e baddes, in predas a punta, in zassos d‟arena, in tremenes, 119


in su entu, collind‟abba, e cando lompet s'ora, cando astrat, fuit a innedda, fuit isalenau, che colat frumenes e poios, urruet, s‟arrizat, allestrat su passu, chene pasu e reposu, Istratzolau, ertu; a sa vine che lompet, fortzis, a n‟ue est s‟andaledda zusta. E in ue s‟est vista s‟istrachitudine ? Una nurra chi ponet a timere, cantu est manna, e una orta urrutu, s‟ichirmeticat tottu. Luna virzine, asi est sa vida mortale. Naschit s‟omine zai istracu, e timet sa morte dae su primu prantu. Sufrit dae derettu pena e abolottu a sa mamma e a su babbu lis tocat a lu cossolare po essere naschiu. Creschende, donnia tantu, zelat de pranghere ma non de essere omine: Atera cosa prus bella non podent facher sos mannos a sos fitzos. Ma puite si sighit a naschìre ? 120


Puite custa vida chi at bisonzu de cossolu? Si sa vida est malasorte, puite cust‟ispera ? A tie o luna ti naro gosi bivimus ispettande „e morrere. Ma tue non moris mai, e forzis cust‟allega non ti tocat. Peri tue, sola, eterna peregrina, apessamentà, forzis comprendes custu modu de bivere, patinde e suffrinde; Custa menera de morrere, irmenticande chie semus, maltrattande sa terra, perdende donnia cumpanzia. E tue zertamente comprendes su puite de sas cosas, bides su fruttu de su manzanu e de su sero, de cantu siat mudu e mannu s‟andonzu in su tempus. Tue ischis, de zertu a cale durche istima ridet su eranu, a chie l‟atzuat sa balentia, o acatat su ierru astrau. Ischis milli cosas, milli e prus, peri sas istichìas a unu poveru pastore. A bortas ti pompio, muda in sa tanca manna, e mi paret de che lompere a su chelu; Dao cara a sa roba andande a n‟ue cherzo ieo; cando pompio sos isteddos luchentes 121


mi naro in su pessamentu: a ghite torrat tottu custu ? Ite achet s‟avra chene ine, o cussu enticheddu lenu ? Ite cheret narrere custa soledade manna ? E zeo ? Chie soe ieo ? Oje resonande solu : mannu e cretiu, dae sos medas de familia; sempere achende, andande e beninde, dae chelu e dae terra, chene pasu. E tottu torrat. A ghite servat su „ene non beresesso a l‟ischire. Ma tue, de zertu, zovana immortale, connosches tottu. Custu ieo ia l‟isco e lu connosco Ca sos ziros eternos, non sont po mene, forzis, po calicun‟ateru. Po mene sa vida est male. Oi su tatzu miu pasande, oi biada „e tene, ca non connosches affannu! Cantu mi disitzo a essere che a tie! Non solu ca ses chene pena e andas chene cadena; e donnia prantu e donnia dannu, ti ch‟irmeticas derettu; Ma galu e prus ca non connosches tristura. Cando ti achent umbra, 122


in mesu de nues tue ses prachida e cuntenta; e bona parte de s‟annu che la colas chene pena. Ma cando peri ieo, mi seo in terra, unu fastidiu mi pesat in mente, unu isprone mi punghet e non be resesso a acatare pache. Non soe pedinde nudda, no appo, intas a como, resone „e pranghere. Cantu ses in bona sorte, non disco e non lu poto narrere. E zeo po pacu soe cuntentu, chin sa roba mia, e non naro nudda. Si podias allegare ti podia dimandare, narami: puite dromminde, chene pena, pasande unu pacu li bastat a donnia pecus ? Si ieo mi ponzo a pasare sa tristura si m‟ imbodiat. S‟ appapiu sas alas e potiu olare in sas nues contare sos isteddos unu a unu, o comente unu lampu sartande dae unu locu s‟atteru, ippi istau prus cuntentu, erveches amicas, prus alligru, candida luna. 123


O forzis si mâ€&#x;irballo, pompiande sa sorte de sos ateros, su pessamentu miu: forzis in carchi modu, in cale locu siat, in cuile o in sa rutta, est malasorte po chie est naschiu in sa die de su propriu nadale.

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