In "Cielo, cielo... mi manca" Vania Elettra Tam mette a confronto la vita frenetica, al limite dell’isteria che la società contemporanea impone, provocando stati di ansia ed equilibrio precario, con la vita che ciascuno desidererebbe e meriterebbe condurre, ovvero una sana esistenza rilassata e giocosa a contatto con la natura.
Tutto però pare avvenire a livello inconscio, come in una sorta di viaggio onirico, in cui la natura è solo un’ombra… quasi un ricordo lontano o una chimera irraggiungibile. Oggetti di uso quotidiano, simboli di molte fobie e frustrazioni, riportano alla realtà del quotidiano e ci rammentano, semmai ve ne fosse bisogno, quanto l’uomo sia prigioniero di una sorta “d’incapsulamento” in spazi chiusi nei quali si è costretti a trascorre la maggior parte dell’esistenza, incappando in ostacoli e lottando contro problemi, per lo più generati da una malsana immaginazione, ma con il concreto desiderio di nobilitarsi e rifarsi ad antichi valori.