Felice come Cavallotti

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RICCARDO BARGELLINI, artista e comunicatore visivo, dal 1999 conduce ABC - Atelier di attività espressive per gli ospiti dell’Unità Funzionale di Salute Mentale del Centro Basaglia di Livorno, che promuove numerosi progetti collettivi, con mostre all’attivo in tutta Europa.

Per pensare all’Italia quando ancora non c’era, ci voleva anche parecchia follia e di gran parte dei personaggi ritratti in questo libro è rimasta solo una minima traccia nel nome di qualche via: nel caso di molte donne, neppure quella. Ma quanto sono state grandi quelle piccole storie! Insieme alle più belle piazze della nostre città è qui riscoperta anche qualche via secondaria, con la proposta di alcuni nuovi volti da celebrare, carismi femminili alle fondamenta della nostra identità.

M ANUELA SAGONA, grazie al suo tratto inconfondibile – deformante eppure nitido, da icona contemporanea – ha all’attivo numerosissime collaborazioni, fra cui la copertina del disco Figlio del nulla di Bobo Rondelli. RICCARDO SEVIERI – autore, fra l’altro, del logo di Valigie Rosse – è uno degli artisti che meglio rappresenta l’Atelier, tanto per la sua persona che per la sua opera, da cui emana un umorismo allo stesso tempo tragico e tenero, sempre spiazzante. Grandissimo bevitore di caffé, ne berrebbe uno l’ora, e non lascia l’Atelier se non gli hanno dato il suo «bombino», parola che troverete in fronte anche a molti eroi dell’Unità d’Italia. PARDO (PAOLO EDOARDO) FORNACIARI, quarantottino, PhD in Filologia Mediolatina, ama dividere la sua attenzione tra edizioni critiche di testi medievali ed articoli satirici per «Il Vernacoliere», di cui è il vaticanista. Produce due damigiane l’anno di un vino (il Cantabruna) dalla gradazione indeterminata, ma sufficiente; canta Georges Brassens in livornese ed ha fondato il «Coro Garibaldi d’Assalto».

49 personaggi stradali d’Italia

FELICE come CAVALLOTTI

I ritratti contenuti nel volume prevedono un disegno preparatorio di Bargellini, caratterizzazione del segno ad opera di Sagona, finitura decorativa di Sevieri.

€ 14.00

FELICE come CAVALLOTTI

Di quante vie conoscete il nome senza sapere nulla della persona che ci sta dietro? Per esempio, lo sapete che l’autore dell’Inno della Nazionale è morto a ventidue anni e l’Italia quando l’ha scritto non c’era nemmeno? Di certo, ripassarsi tutta la storia d’Italia per andare in centro e capirci qualcosa è chiedere troppo, ma sbirciare negli sguardi delle grandi donne e dei grandi uomini (spesso in verità piccolissimi, umili, sfortunati, ma coraggiosi fino all’estremo) che hanno segnato la nostra identità può essere anche divertente. Questo è l’unico proposito di questo libro, insieme ad una proposta di aggiornamento dei nomi delle vie, dove – non è un caso – mancano i nomi di tantissime donne.


FELICE come CAVALLOTTI 49 personaggi stradali d’Italia Testi Pardo Fornaciari Illustrazioni Riccardo Bargellini, Manuela Sagona, Riccardo Sevieri


Prefazione

Ecco uno di quei libri che andrebbe fatto leggere nelle scuole! Anzi, l’abbiamo pensato proprio apposta… Certo, appena si esce dal modo di dire possono venire in mente tante altre cose. Per esempio, che a scuola forse la storia non era la nostra materia preferita, a volte neanche quella più educativa: infatti ci siamo scordati quasi tutto, a parte i nomi sparsi di Cesare, Napoleone, i Babilonesi, le Repubbliche Marinare con la presenza inspiegabile di Amalfi. E poi l’unico concetto che ci è rimasto stabilmente in testa è un altro modo di dire, cioè che la storia si ripete. Verità magnifica e purtroppo amara, che infatti si può tradurre in diversi suggerimenti, da «studiate, così avrete una coscienza più piena degli eventi e non vi farete fregare», fino a «lasciate perdere tanto hanno fregato anche i vostri avi: non c’è alcuna ragione di dannarsi troppo per non cambiare nulla». D’altra parte, l’idea che un determinato libro vada fatto leggere nelle scuole, magari era germogliata in un bar, dove vi eravate per caso ritrovati a sparare sentenze, cioè a dire che un libro che era sembrato bello a voi, andava fatto leggere a tutti, per legge! È la grande contraddizione del mondo: perché un giorno la vita possa assomigliare a come la immaginiamo dentro di noi, bisogna fare i conti con gli altri. Certamente è un pensiero nobile voler proporre un libro anziché la guerra; ma il vero problema è che questo regalo non è così originale, e anche chi impone dogmi e leggi ha avuto da sempre l’idea di raccoglierli dentro i libri, oltre a quella di creare dei luoghi dove farli leggere a tutti fin da bambini. Le scuole, per l’appunto: ma anche i nomi delle vie. La questione si fa complessa, in questo bar... Ordinate un altro caffè, il cameriere vi guarda strano – o così almeno credete – e già cominciate a rendervi conto che appena uscirete fuori, il vostro grande progetto di rivoluzione sociale basato sulla lettura obbligata del libro che avete appena letto finirà nel primo cestino disponibile. A parte tutto, diciamoci la verità: quanti libri avete letto sulla rivoluzione? Se la trama degli eventi collettivi potesse davvero cambiare grazie a ogni idea geniale che ci viene in mente, quella bella frase sul fatto che la storia si ripete non sarebbe più una legge. Invece ci appare sempre più valida quella sentenza di Tomasi di Lampedusa, cioè che chi detiene il potere e lo manovra, quando cambia tutto lo fa perché nulla cambi, nella sostanza. 5


Ma non è andata sempre così: ci sono infatti pensieri (e soprattutto azioni!) che magari non hanno centrato il bersaglio, ma senza dubbio non sono finiti nel cestino e neanche mascheravano finalità di subdola conservazione... Alla televisione del bar c’è la nazionale di rugby che nessuno ha visto giocare, ma ha fatto un figurone in qualche torneo: e quando uno sportivo si distingue in una competizione, tutti cantano la stessa canzone. A qualcuno piace, a qualcuno no, ma quella canzone c’è. Chi l’ha scritta aveva solo ventidue anni quando è morto combattendo per la Repubblica, e invece quattordici anni dopo di lui nacque il Regno d’Italia... C’è gente veramente incredibile dietro alla nostra identità. Per carità, milioni di altri personaggi meriterebbero di comparire in questo libro che ne raccoglie quarantanove, un po’ per caso e un po’ per omaggio a Ernest Hemingway. Donne e uomini che oltre a sognare si sono dati un gran daffare: chi a studiare gobbo sul tavolino e la mente al cielo, chi a rimuginare, chi a picchiare sodo, chi buttandosi coi figli in braccio contro le baionette pur di non tradire i compagni, cioè, alla fine, noi stessi: il barista, sua moglie ai tabacchi, voi che ordinate il terzo caffè, la nazionale di rugby in televisione, uno del tavolo accanto che sta risolvendo per la quarta volta la crisi del Medio Oriente e comincia a tracciare il ritratto del prossimo presidente degli Stati Uniti. Eppure, a pensare l’Italia quando ancora non c’era ci voleva anche parecchia follia. La maggior parte delle grandi storie che vi stiamo per raccontare non sono finite bene per i loro protagonisti: sia questo di insegnamento per la vostra piccola autostima! La storia di questo libro, invece, nasce in un mercatino dell’usato, dove abbiamo trovato, fra i tanti, un volume in due tomi dal titolo Italiani per la libertà, pubblicato nel 1967 dalle edizioni Il calendario del Popolo, a cura di Giulio Trevisani e Carlo Salinari. Sfogliando il volume, ci è venuto naturale associare i vari personaggi descritti alle vie e alle piazze della città: Livorno, nel caso di Valigie Rosse. Poi è cresciuta anche la voglia di lavorare a questa idea, integrando la scelta con i personaggi femminili, come al solito rari. Anche l’odonomastica, cioè il complesso dei nomi delle piazze e delle vie delle nostre città, tradisce le donne: è fortemente connotato in senso maschilista. Abbiamo così deciso di riequilibrare la rappresentanza di donne nella storia del nostro paese, e soprattutto nella storia del progressismo. Solo alla fine ci siamo accorti che, fra i quarantanove ritratti proposti, questa deve essere una delle poche raccolte in cui due donne sono capitate anche una dopo l’altra, 6


senza essere distanziate di chissà quante pagine. A pensarci bene, abbiamo preso spunto dai nomi delle vie, ma vogliamo anche proporre qualche nuovo nome per le nostre strade. Per portare a termine questa operazione, si poneva però un problema non da poco: trovare una persona che conoscesse e sapesse descrivere le lotte per l’Unità d’Italia e (soprattutto) in favore delle classi umili e sfruttate del popolo italiano, che non sono cose da raccontare a cuor leggero. Ci siamo così rivolti a Pardo Fornaciari - storico appassionato e non neutrale - che ha accettato il compito di buttare giù questi ritratti coraggiosi col suo tono tra l’ironico e lo scanzonato. Foscolo è Fegataccio; Garibaldi è Orecchio mozzato; Barontini il Che Guevara livornese. Non dimentichiamoci che siamo in un bar... Basta sfogliare questo libro per capire che la tematica è fortemente a rischio di cadere sotto i colpi della retorica; per questo anche alle illustrazioni serviva dare un taglio altrettanto divergente, se non proprio militante. Comunque, luminoso. Per questo la fase di messa a punto dei disegni ha visto coinvolti due artisti outsider dell’Atelier ABC di Livorno. Manuela Sagona, con sicura maestria, ne caratterizza il segno. Riccardo Sevieri invece, cona la sua magica sintesi, tatua senza riverenza le varie figure, e restituisce prossimità e confidenza a questi personaggi lontani e talvolta sconosciuti: in un certo senso degli outsider anche loro. Riccardo Bargellini ha inventato, stimolato e coordinato questa impresa di incidere sui volti dei personaggi – come le rughe della Magnani – la curvatura folle che hanno saputo dare alla nostra storia nazionale.

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GOFFREDO MAMELI cantante ribelle

Goffredo Mameli respirò aria repubblicana fin da bambino, grazie alla mamma Adelaide, fiera della storia di Genova Repubblica Marinara. Destinato agli studi, non finì mai l’università, ma si dette alla poesia e soprattutto all’attività politica, cospirando per l’Unità italiana e la Repubblica. In effetti, Mameli era stato contattato da Nino Bixio su sollecitazione di Giuseppe Mazzini allo scopo di radunare forze fresche attorno al progetto repubblicano e unitario. Dal 1846 cominciò a scrivere canzoni, che venivano intonate nei circoli universitari e rivoluzionari genovesi: è del novembre 1847 Il Canto degli Italiani, musicato da Michele Novaro, che poi sarebbe diventato l’inno della Repubblica italiana. Nel 1848, a ventun anni, organizza un battaglione di volontari che contribuiscono alla guerra contro gli austriaci in Lombardia. Dimostra una grande valentia militare, nonostante la giovane età, e per questo Garibaldi lo chiama a Roma l’anno dopo col grado di capitano, a difendere la Repubblica Romana assalita dagli eserciti francese, borbonico e papalino. Scrive l’inno della Repubblica Romana Se il Papa è andato via e pochi giorni dopo, ferito a una gamba, muore per la cancrena a neanche ventidue anni. Se il Papa è andato via buon viaggio e così sia. Al Campidoglio! il Popolo dica la gran parola: daghe i Romani vogliono, non più triregno e stola! Se il Papa è andato via buon viaggio e così sia.

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Non morirem d’affanno perché fuggì un tiranno perché si ruppe il canapo che ci legava al pie’. Se il Papa è andato via buon viaggio e così sia. Viva l’Italia e il Popolo e il Papa che va via se andranno in compagnia viva anche gli altri re. Se il Papa è andato via buon viaggio e così sia. Addio, Sacra Corona finì la Monarchia or ch’è sovrano il Popolo mai più ritorni un re.

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GIOVANNI AMENDOLA primo antitotalitarista

Il napoletano Giovanni Amendola è l’esempio più tragico dell’inconcludenza della borghesia liberale italiana degli anni Dieci e Venti del Novecento, della sua incapacità di comprendere la dinamica delle forze sociali e di orientarsi di fronte alle forze politiche nuove, come il fascismo, uscite dal grande macello della Prima Guerra Mondiale. Figlio di un carabiniere, ad appena quindici anni si iscrisse al Partito Socialista e fu addirittura arrestato nel difenderne una sede durante la repressione del 1898. Intelligente e vulcanico, a Roma scrive per numerosi giornali di sinistra e si lega anche alla massoneria di Palazzo Giustiniani, dalla fisionomia nettamente anticlericale, a cui facevano capo numerosi esponenti socialisti (mentre l’altra, quella di Piazza del Gesù, pullulerà di caporioni fascisti). Filosofo oltre che giornalista, è in cattedra a Pisa; scoppiata la guerra, si schiera su posizioni interventiste. Abbandonato il socialismo, alle elezioni del 1919 viene eletto col partito della Democrazia Liberale; tutta la sua permanenza in Parlamento sarà un continuo muoversi da un gruppo liberaldemocratico all’altro, nel vano tentativo di armonizzare orientamenti e differenze inconciliabili tra loro, esercitato anche da ministro delle colonie. Acuto osservatore, sul suo giornale Il Mondo conia il termine «totalitarismo». Mentre la guerra civile imperversa, a Roma quattro fascisti lo aggrediscono per le sue posizioni avverse al governo Mussolini. Rieletto nel 1924, promuove la fallimentare «Secessione dell’Aventino», una linea di opposizione nonviolenta al governo dei violenti con la quale i parlamentari si rifiutano di partecipare alle sedute del Parlamento e contemporaneamente rifiutano qualsiasi partecipazione popolare allo scontro col fascismo, ancora in via di consolidamento. Il suo attendismo non gli giova: il 20 luglio del 1925 viene massacrato di botte a Pieve a Nievole, in provincia di Pistoia. Meno di un anno dopo muore a quarantaquattro anni esule in Francia, per le conseguenze della bastonatura. «Il totalitarismo è l’attuazione del dominio assoluto e dello spadroneggiamento completo e incontrollato nel campo della vita politica e amministrativa».

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DANIELE MANIN

dottissimo repubblicano I nonni di Daniele Manin erano veronesi ebrei, si chiamavano Medina: da convertiti presero il cognome di Manin, l’ultimo doge della Repubblica di Venezia. Il loro nipote prediletto fece onore all’antica schiatta maneggiando con gran disinvoltura le lingue classiche, assieme all’ebraico. Già a sedici anni (era nato a Venezia nel 1804) pubblicò un saggio sui frammenti greci del Libro del profeta Enoch; l’anno dopo si laureò in utroque iure e da avvocato continuò a pubblicare saggi dottissimi, soprattutto di diritto. Si legò ventenne ai circoli politici antiaustriaci e repubblicani, finché fu arrestato, insieme col Niccolò Tommaseo, con l’accusa di «perturbazione della pubblica tranquillità». Il 17 marzo 1848 il popolo insorto li liberò, e il 22 Daniele, col figlio Giorgio, dall’Arsenale (dove era stato ucciso un ufficiale austriaco) proclamò la Repubblica di San Marco. Non durò a lungo: il 22 agosto 1849 l’Impero austroungarico, aiutato dal colera, vinse la resistenza dei veneziani. Manin e i suoi dovettero andar esuli: la moglie Teresa gli morì sulla via di Parigi. In quest’ultima città Daniele continuò la sua attività risorgimentale, fondando il Partito Nazionale, che poi si sarebbe trasformato in Società nazionale italiana. Morì nel 1857: aveva appena saputo del fallimento della spedizione di Pisacane. Sepolto al cimitero di Montmartre, i suoi resti furono traslati nel 1868 in Piazza San Marco, a Venezia.

«Militi quanti siete, che da oltre Po, da oltre Mincio, da oltre Ticino qui siete venuti pel trionfo della causa comune, pensate, che, salvando Venezia, salverete i più preziosi diritti delle vostre terre native. Le vostre famiglie benediranno ai tanti sacrificii che vi siete imposti: l’Europa ammirata premierà la generosa vostra perseveranza; e nel giorno che Italia potrà dirsi redenta, erigerà fra i tanti monumenti, che qui stanno, del valore e della gloria dei nostri padri, un altro monumento, su cui starà scritto: I militi Italiani difendendo Venezia hanno salvata la indipendenza d’Italia. Dal Governo. Venezia, 12 agosto 1848».

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ELEONORA DE FONSECA PIMENTEL danza macabra

Eleonora fu impiccata il 20 agosto del 1799, dopo aver assistito al supplizio di tutti i suoi compagni. Il boia le negò persino un laccio per chiudere la gonna. L’aveva chiesto perché il suo corpo appeso alla forca non diventasse uno spettacolo per i maniaci, come invece purtroppo avvenne. Di antica famiglia nobile portoghese, Eleonora de Fonseca Pimentel era nata a Roma nel 1752. Intelligente e colta, poliglotta, si fece conoscere come poetessa fin dall’adolescenza. Da Napoli corrispondeva con Pietro Metastasio e con l’anziano Voltaire, che scrisse per lei anche un sonetto. Fece parte dell’Accademia dell’Arcadia finché, notata dai sovrani, divenne bibliotecaria della regina. Fu fatta sposare dal padre a ventisei anni con un nobile rozzo e violento; il primo bimbo le morì a otto mesi, del secondo e del terzo abortì per le percosse del marito; finalmente riuscì a divorziare. Era amica intima della sovrana: tutto si incrinò con l’arrivo dei francesi nel 1792. Eleonora si legò ai circoli giacobini, e Maria Carolina l’allontanò quando, l’anno successivo, sua sorella Maria Antonietta regina di Francia morì sulla ghigliottina. Eleonora scelse decisamente la Rivoluzione; fu incarcerata una prima volta, poi liberata; vestita da uomo organizzò la presa di Castel Sant’Elmo e il 22 gennaio 1799 partecipò alla proclamazione della Repubblica Napoletana. Divenne addirittura direttrice del Monitore Napoletano, la gazzetta ufficiale del nuovo stato, e si occupò dell’istruzione e propaganda degli ideali repubblicani. Al rientro dei Borboni, alla fine di giugno, Eleonora fu arrestata: in un primo tempo il re le concesse un salvacondotto per andare esule a Tolone, che tuttavia le venne in seguito revocato. Trascinata davanti al sanguinario procuratore Vincenzo Speciale, fu condannata e suppliziata in piazza del Mercato. Si narra che le sue ultime parole siano state un verso di Virgilio, «Forsan et haec olim meminisse iuvabit» (‘Forse un giorno farà bene ricordarsi di queste cose’). I lazzaroni dell’Esercito della Santa Fede del Cardinal Ruffo invece cantarono sinistramente: «A signora ’onna Lionora / che cantava ’ncopp’ ’o triato / mo abballa mmiez’ ’o Mercato». (‘La signora Donna Eleonora, /che cantava in teatro, / ora balla in mezzo al Mercato’).

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INDICE

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Goffredo Mameli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

Giovanni Amendola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Daniele Manin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Eleonora de Fonseca Pimentel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

Filippo Buonarroti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Maria Montessori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Ciro Menotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Cesare Battisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 Irma Bandiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

Eugenio Curiel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Pietro Gori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Aurelio Saffi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Fratelli Bandiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

Matilde Serao . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 Nino Bixio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Giordano Bruno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

Giuseppe Garibaldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Filippo Turati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

Don Giovanni VeritĂ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Grazia Deledda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

Ugo Foscolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 Don Giovanni Minzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 Ada Prospero Marchesini Gobetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62


Anna Maria Enriques Agnoletti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

Giuseppe Mazzini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 Galileo Galilei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 Ippolito Nievo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

Artemisia Gentileschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 Giuseppe Di Vittorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

Norma Parenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 Errico Malatesta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

Ilio Barontini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Bruno Buozzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Felice Cavallotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 Angelica Palli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 Giacomo Matteotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

Giuditta Tavani Arquati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 Francesco Domenico Guerrazzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Antonio Gramsci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 Andrea Costa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

Nazario Sauro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 Anita Garibaldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 Frida Misul . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

Cesare Beccaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 Anna Magnani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

Tommaso Campanella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 Maria Gaetana Agnesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

Piero Gobetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120

Carlo Pisacane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122


FUORICAMPO Collana di promozione della cultura

1. Dario Pontuale, Ho visto il film 2. Diego Bertelli - Silvia Rocchi, I giorni del vino e delle rose 3. Pardo Fornaciari, Felice come Cavallotti In preparazione: Francesco Mencacci, Le stelle benevole Andrea Inglese, La civiltĂ idiota


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