Studiosissime Ludere. Dieci anni di "studiosi" giochi in Unimi_Vol.2

Anno 2022 - Report 05

STUDIOSISSIME LUDERE Dieci anni di ‘studiosi’ giochi in UniMi A cura di: Claudia Lambrugo

VOLUME 2 UNA SPLENDIDA JOINT VENTURE ERC LOCUS LUDI DEL GIOCO PERDUTO E DELLE SUE ISTRUZIONI IL GIOCO, PONTE SULLE CULTURE IL PROGETTO LALLACT E LA TROTTOLA I LUOGHI DELLA TROTTOLA TROTTOLE E SANTUARI DA ROMA E DINTORNI DUE ECCEZIONALI GIOCATORI DI TROTTOLA IN BRONZO LA TROTTOLA NELL’ARTE

SENTIRE LA NATURA GIOCANDO QUANDO IN GIAPPONE UNA TROTTOLA SPICCO’ IL VOLO “GIOCOSE” COLLABORAZIONI COLLABORAZIONI

Notootto - Una iniziativa del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali - Università degli Studi di Milano

2

NOTOOTTO Progetti & Persone del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali

VOLUME 2

http://www.bac.unimi.it/ecm/home http://www.bac.unimi.it/ecm/home/documentazione-visiva 3

Editoriale Prof. Alberto Bentoglio Direttore Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali Questo numero di NotoOtto presenta i risultati di un progetto di ricerca interdisciplinare sul gioco, il ludus della lingua latina, che partito dall’iniziativa di un gruppo di studiosi del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali, ha coinvolto progressivamente ricercatori di altri Dipartimenti, in sinergia con musei ed enti territoriali, e in feconda cooperazione con teams di ricerca di altri Atenei, italiani e stranieri, egualmente impegnati ad esplorare la tematica ludica.

Il gioco infatti è dimensione ineliminabile del vivere sociale di bambini e adulti, nonché campo di sperimentazione ideale per le forme di interazione tra cultura materiale e immateriale; svolge un ruolo cruciale per lo sviluppo di facoltà intellettive e di doti fisiche ed è strumento privilegiato per il contatto e l’osmosi tra culture differenti. Si tratta dunque di una tematica tutt’altro che banale o poco ‘seria’, anzi al centro di vivi interessi culturali e pedagogici.

Le pagine che seguono, magistralmente coordinate da Claudia Lambrugo e sapientemente confezionate da Valentino Albini, raccontano i primi dieci anni di un lavoro intenso, ma a suo modo lieve e giocoso, sul ludus, tra ricerca e terza missione.

Alberto Bentoglio

Notootto - Una iniziativa del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali - Università degli Studi di Milano Ideazione e impaginazione grafica; foto di copertina: Valentino Albini

Immagine a pag.40 : fotografia di Valerio Gardoni

4

Anno 2022 - Report 05

Contenuti Una splendida joint venture : UniMI e progetto ERC (Université de Fribourg, CH) ERC Locus Ludi Veronique DASEN

Del gioco perduto e delle sue istruzioni Chiara Torre; Claudia Lambrugo

Il gioco, ponte sulle culture Chiara Torre - Alessandro Pace

Il progetto LALLACT e la trottola Claudia Lambrugo

I luoghi della trottola Agnese Lojacono

Trottole e santuari da Roma e dintorni Luca Dal Monte

Due eccezionali giocatori di trottola in bronzo Giovanni Colzani

La trottola nell’arte Irene Sozzi

Sentire la natura giocando Edoardo Buroni

Quando in Giappone una trottola Spiccò il volo Rossella menegazzo

“Giocose” Collaborazioni Raimon Graells i Fabregat , Alessandro Pace ; Miguel F.Pérez Blasco

“Giocose” Collaborazioni Lucia Floridi - Cecilia Nobili

“Giocose” Collaborazioni Museo del Giocattolo e del bambino Museo del Giocattolo e di Pinocchio

5

Una splendida joint venture Claudia Lambrugo UniMI e il progetto ERC Locus Ludi. The

Véronique Dasen, in collaborazione con Ulrich Schädler, tra 2014 e 2015 al “Musée Suisse de jeu” a La Tour-de-Peilz, al “Musée Romain de Nyon”, quindi al “Musée Romain de Vallon”, e nel 2019 a Lione nella sede prestigiosa del “Lugdunum Musée et théâtres romains”

Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity (Université de Fribourg, CH, prof.ssa Véronique Dasen)

Fig. 1. Véronique Dasen (al centro in piedi) con Ulrich Schädler, direttore del “Musée Suisse de jeu” a La Tour-dePeilz (terzultimo da destra in piedi), Claudia Lambrugo e altri studiosi intervenuti al convegno VENI, VIDI, LUDIQUE. Jeux et multiculturalité dans l’Antiquité gréco-romaine, organizzato da Dasen e Schädler a La Tour-de Peilz, “Musée Suisse de Jeu”, 20-22 Ottobre 2014.

Fin dal 2014 il nostro gruppo di studio sul gioco avvia un fruttuoso dialogo con Véronique Dasen dell’Università di Fribourg (CH), la cui attività di ricerca da decenni si concentra, con risultati di grande rilievo, sull’universo infantile nel mondo antico e sul gioco, esplorato nella sua valenza culturale e materiale.

La collaborazione diviene nel 2017 una vera e propria joint venture: con il progetto ERC Advanced Grant,

Locus Ludi. The Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity (https://locusludi.ch/), diretto dalla stessa Véronique Dasen, le occasioni di dialogo scientifico, di scambio e collaborazione per mostre, convegni, giornate di studio, volumi e incontri - anche molto conviviali - si moltiplicano (vd. di seguito, pp. 3843).

Gli stessi materiali della Collezione Sambon, dopo la mostra di Milano del 2012, dedicata al gioco infantile nel mondo antico, tornano ‘in scena’ in occasioni internazionali, quali le mostre curate dalla stessa

Fig. 2. La locandina della mostra VENI, VIDI, LUDIQUE. Jouer avec l’Antiquité, (10 Ottobre 2014 – 19 Aprile 2015) 6

Un bel panorama di Fribourg

Ricordi di una gita ‘di lavoro’ sul lago di Morat (luglio 2019): Claudia Lambrugo e Véronique Dasen

Chiara Torre all’ingresso della mostra LUDIQUE! Jouer dans l’Antiquité, curata da Véronique Dasen a Lione, presso il Ricordi di una gita ‘di lavoro’ sul lago di Morat (luglio 2019) Alessandro Pace, membro del team ERC Locus Ludi, con An- “Lugdunum Musée et théâtres Romains” (20 Giugno – 1 Dicembre 2019) dreas Tour

Un’occasione conviviale nell’estate 2021: Véronique Dasen con Claudia Lambrugo, Alessandro Pace del team ERC Locus Ludi, e Chiara Bianchi

Chiara Torre e Claudia Lambrugo in visita a Fribourg (ottobre 2019) 7

ERC Locus Ludi Veronique DASEN - University of Fribourg The Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity... and UniMI!

soon associated with an anthology. Gaming equipment, often neglected as ‘small finds’, and not properly identified in museum reserves, have now come to light thanks to the team’s surveys, such as that led by Eftychia Alevizou in northern Greece, especially in Pella, also on famous archaeological sites, such as Pompei, soon published by Alessandro Pace with methodological reflections about the identification and interpretation of counters, fritilli and similar gaming objects. We made a number of unexpected discoveries, such as the earliest depiction of a math lesson on an

The ERC research project Locus Ludi. The Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity (https:// locusludi.ch/) is a very intense and rewarding adventure at many levels, human and scientific (fig. 1).

Human because of an international team composed of scholars from Italy - especially Milano - Belgium, France, Germany and Greece, and of a large circle of associated scholars, as in Milano (figg. 2-3).

Fig. 1. Logo of the ERC Locus Ludi Project

Since its start the project has been fostering pluridisciplinary exchanges between archaeologists, historians, philologists, and anthropologists thanks to regular workshops and webinars. Our extensive collection of data is providing for the first time a global view of the changing cultural value of play and games in past societies between ca 800 BCE and 600 CE, promoting on contemporary issues in game studies.

Among more specific publications, the commented translation of the lexicographer Pollux with comparanda by Salvatore Costanza, many essays by Marco Vespa constructing new visions of ancient play,

abacus similar to the pente grammai boardgame, revealing significant cognitive connections between game and reckoning practices that can be used in modern education (Sciences et Avenir 2022 https:// bit.ly/38l35b1) For example, Thomas Daniaux discovered the first Roman rigged die loaded with mercury. A strong focus is also put on images and their metaphoric dimension that reveals the agency of discreet actors of the past, children and women (Hanna Ammar on Greek children on Attica vases, Alexandra Attia on symposium games), revising misconceptions (Véronique Dasen, “The Biter” and Ganymedes).

8

Thanks to the collaboration with the Swiss Museum of Games in La Tour-de Peilz, many wide audience events take regularly place, also at open days at Fribourg University and in schools (figg. 4-8).

The four most popular ancient boardgames were reconstructed scientifically by Ulrich Schädler to be played on the computer or the smartphone: Pente Grammai, XII Scripta/Alea, Three Men’s Morris, Latrunculi https://bit.ly/3PhNgCA The latest set with three games of astragaloi makes familiar with the polysemy of knucklebones, between play and oracular practices that challenge our modern notions of luck and chance. We also aim at reconstructing the ergonomy of games and their methodological issues thanks to the outstanding

20 juin – 1er décembre 2019, Gent, Snoeck, 2019; V. Dasen, U. Schädler (dir.), Dossier Jouer dans l’Antiquité. Identité et multiculturalité, in "Archimède.

Archéologie et histoire ancienne" 6 (2019); V. Dasen, D. Bouvier (eds), Héraclite: Le temps est un enfant qui joue, Collection Jeu/Play/Spiel 1, Liège, Presses Universitaires de Liège, 2020; V. Dasen, M. Vespa (dir.), Dossier: Bons ou mauvais jeux ? Pratiques ludiques et sociabilités, in "Pallas" 114 (2020); V. Dasen (ed.), Dossier Locus Ludi : Les dés atypiques, "Instrumentum: bulletin du Groupe de travail européen sur l’artisanat et les productions manufacturées dans l’Antiquité", 52, 2020, 26-46; V. Dasen, Th. Haziza (dir.), Dossier Jeux, normes et transgressions, in "Kentron. Revue pluridisciplinaire du monde antique"

animations of ancient images, based on Vesuvian paintings, such as the Erotes of the “Casa dei Cervi” (figg. 9-10), Greek reliefs or vases by Panoply (https://locusludi.ch/ animating-antiquity/).

Bibliography, animations and further resources are available open access on our website locusludi.ch.

36 (2021); B. Carè, V. Dasen, U. Schädler (eds), Back to the Game: Reframing Play and Games in Context. XXI Board Game Studies Annual Colloquium, Lisbon, Associação Ludus, 2021; Th. Daniaux, V. Dasen (dir.), Locus Ludi. Quoi de neuf sur la culture ludique antique?, in "Pallas" 119 (2022); V. Dasen, Le Cannibale. Enquête sur une sculpture antique, Paris, Institut National d’Histoire de l’Art, 2022; A. Pace, Ludite Pompeiani. Nuove prospettive sulla cultura ludica dell’antica città, Firenze, All’Insegna del Giglio, in press.

Cited in this paper: S. Costanza, Giulio Polluce, Onomasticon: excerpta de ludis. Materiali per la storia del gioco nel mondo grecoromano, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2019; V. Dasen (dir.), Ludique. Jouer dans l’Antiquité, Catalogue de l’exposition Lugdunum-musée et théâtres romains, 9

ERC Locus Ludi Veronique DASEN - University of Fribourg Fig. 2 The ERC Locus Ludi Team. The team of the ERC Locus Ludi in Fribourg at the “Institut du monde antique et byzantine” (IAB), June 2021.

Fig. 3. The team of the ERC Locus Ludi at the end of an International Conference held at the "Swiss Museum of Games" in La Tour-de-Peilz (CH)

Fig. 4. "Gouter ludique" 15.6.2022 (flyer).

Fig. 5. Thomas Daniaux and Barbara Carè with children testing Greek and Roman games at the university of Fribourg “goûter scientifique” 10

Fig. 6. 9th September 2018, "Château des jeux" in La Tour-dePeilz (flyer)

Fig. 7—14.1.2020 serious games with Ulrich Schädler and students of the Cycle d'orientation (CO) de la Gruyère in Bulle

Fig. 9 “Play Hide and Seek in Herculaneum”, the animation realized by Steve Simons and Sonya Nevin (Panoply) for Lo-

Fig. 8. Château des jeux in La Tour-de-Peilz ; Hanna Ammar at play with visitors, september 2018

cus Ludi.

Fig.10 Presentation of the work of Steve Simons and Sonya Nevin (Panoply) at Fribourg University 11

ERC Locus Ludi Veronique DASEN - University of Fribourg

Fig. 13. The exhibition Ludique! Jouer dans l’antiquité, June 20 -December 1, 2019 Lyon, “Lugdunum. musée et théâtres romains”

Fig.11. Cover of the catalogue for the exhibition Ludique! Jouer dans l’antiquité; June 20-December 1, 2019 Lyon, "Lugdunum, Musée et théâtres romains"

Fig.12. The exhibition Ludique! Jouer dans l’antiquité, June 20-December 1, 2019 Lyon, "Lugdunum, Musée et théâtres romains" 12

Fig. 15. The cover of the volume Quoi de neuf sur la culture ludique antique ?, in “Pallas” 119 (2022), with a drawing based on the idea of a Polish student, drawn by a Belgium artist, published in a French Journal for a European project based in Switzerland!

13

Del gioco perduto e delle sue istruzioni Chiara Torre - Claudia Lambrugo cavalcare una lunga canna (fig. 1). L’immagine del fanciullo che si plasma i giocattoli da sé ritorna nel Vangelo apocrifo dello pseudo-Tommaso (II secolo d.C.): Gesù modellava uccellini con il fango profanando il riposo del sabato e incorrendo così nel rimprovero di Giuseppe. La stessa immagine si ritrova anche in un

Chiara Torre Alla ricerca del gioco perduto In una civiltà preindustriale come quella antica la gran parte del gioco infantile era di tipo spontaneo, non regolato e non sorvegliato, giocato prevalentemente in

Fig. 1. Volatili trainano bighe guidate da bambini: dettaglio del mosaico pavimentale dall’appartamento padronale sud della Villa romana del Casale di Piazza Armerina (da Wikimedia Commons)

passo autobiografico del retore greco Luciano (II secolo d.C.), molto abile, da ragazzino, a plasmare animali, cavalli e uomini con la cera che estraeva (indebitamente) dalle tavolette per la scuola. Celebre è la descrizione (in un passo di Minucio Felice, III secolo d.C.) dei bambini che, sul lido di Ostia, giocano a rimbalzello con ciottoli levigati. Michele Psello (XI secolo d.C.), parlando del comportamento di un bambino idrocefalo, nota che al posto della trottola o del tiro a segno, degli astragali o dei dadi, predilige i

ambienti esterni a quelli domestici con materiali ed oggetti deperibili e di fortuna. Dunque, un gioco per noi quasi completamente perduto. Alcune testimonianze letterarie tuttavia ci permettono di intuirne la sua presenza.

Il filosofo Epitteto (I-II secolo d.C.), ad esempio, osserva come i più piccoli trovino gusto a modellare e a distruggere, impastando cenere e cocci di argilla. Nelle Nuvole di Aristofane (V secolo a.C.) Strepsiade ricorda nostalgicamente quando insieme al figlioletto modellavano casette e piccole barche e costruivano carretti in cuoio e ranocchi con la buccia dei melograni.

Il re spartano Agesilao giocava insieme ai suoi figli montando a cavallo sopra un bastone e il medesimo aneddoto è riferito a Socrate. Orazio (I secolo a.C.) nelle Satire elenca tra i giochi infantili l’uso di fabbricare casette, attaccare topi ad un carrettino e

giochi da bambina: con statuette e modellini (eidōlois

kai… homoiōmasin) fabbrica (pēgnytai) una camera da letto e plasma (schēmatizei) una figurina di sposa (to tēs nymphēs eidōlon), la adagia sul letto e le gonfia il ventre con pagliuzze per simulare la gravidanza e il parto.

14

Sul gioco spontaneo dei bambini e sulla child’s agency nel mondo classico

Ma il gioco spontaneo infantile per antonomasia è rappresentato dalle noci, con cui si poteva giocare in svariati modi. Così li descrive, non senza disappunto, un albero di noce parlante, nell’omonimo poemetto pseudo-ovidiano (I secolo d.C.?): «Il bambino schiude con colpo secco le mie noci, tenendole dritte / o le colpisce con il dito, in orizzontale, una o due volte. In quattro noci, non di più, è tutto il suo gioco d’azzardo, quando a suo turno ne aggiunge una sola a tre impilate una sull’altra. Le fa scivolare su una tavoletta inclinata e spera che, tra molte noci, quella designata tocchi la sua. E c’è chi indovina se il numero (di noci nel pugno) è pari o dispari, per poter intascare le noci che ha azzeccato come un augure. E con l’argilla si traccia la figura di un triangolo, come la lettera greca e la costellazione del delta: lo si divide in settori e le noci, qui racchiuse, tante ne tocca il bastone, tante ne guadagna. E si pone a una certa distanza un vaso cavo, dove far cadere una sola noce lanciata da agile mano.

Felice l’albero che è nato in un campo custodito e può offrire i suoi frutti solo al suo padrone! E non ode il chiasso degli uomini, il fracasso delle ruote e non è vicino a una strada polverosa».

Gli studiosi hanno più volte sottolineato come ogni società, antica e moderna, tenda a fare un uso premeditato e abilmente guidato del gioco e dei manufatti ad esso legati (bambole, palle, cavallini, soldatini, automobiline ecc.) per avviare i bambini, nelle diverse età dello sviluppo biologico e cognitivo, al graduale apprendimento delle regole sociali e civili. In mano agli adulti, che di fatto sono gli artefici della maggior parte dei giocattoli, il gioco è quindi uno strumento potente attraverso il quale il piccolo uomo o la piccola donna viene avviato al ruolo che la società degli adulti ha previsto.

Si pensi alla piccola Gertrude del Manzoni nelle cui manine passarono solo bambole in abiti monacali (figg.

2-3): «Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano; poi santini che rappresentavan monache; e que’ regali erano sempre accompagnati con gran raccomandazioni di tenerli ben di conto come cosa preziosa, e con quell’interrogare affermativo: ‘bello eh?’» (A. Manzoni, I promessi sposi, BUR Grandi Classici, Milano 2021, capitolo IX, p. 210).

Nondimeno, già gli antichi, e Platone tra loro (Leggi 7.794a), riconoscevano che i bambini, specialmente tra i tre e i sei anni di età, plasmano il proprio gioco e il mondo che li circonda, facendo leva su una fervida immaginazione e su una straordinaria capacità inventiva. Come ben teorizza Sally Crawford in un articolo edito nella rivista “Childhood in the Past” (2009), ogni oggetto è infatti potenzialmente un giocattolo nelle mani del bambino. La sfida per lo studioso è dunque quella di individuare, con la corretta metodologia, l’eventuale toy stage nella vita di un oggetto e di saper leggere l’impatto che l’attività ludica spontanea di un infante ha sull’ambiente.

Proprio alla raccolta di dati, sia letterari, sia archeologici, sulle espressioni spontanee del gioco infantile nel mondo greco e romano e sulla child’s agency, è stata dedicata una speciale ricerca, dal titolo

Claudia Lambrugo «Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano….»

Children’s self-made toys and spontaneous play in Classical Antiquity, svolta dalla scrivente presso Fig. 2. La piccola Gertrude manzoniana gioca con bambole in l’Université de Fribourg (CH) nell’inverno 2020-2021, in abiti monacali; illustrazione di Francesco Gonin (da Wikimedia Commons)

collaborazione con il progetto ERC Advanced Grant 2017-2022, Locus Ludi. The Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity, diretto da Véronique Dasen, e con finanziamento del Swiss National Science Foundation (SNSF, Scientific Exchanges, Grant Number: IZSEZO_195383/1)

Chiara Torre Giochi riuniti (con istruzioni)

Fig. 3. Strumenti liturgici giocattolo per futuro piccolo prete; inizi XX secolo. Fribourg, Musée d’Arte e d’Histoire. Fotografia di Claudia Lambrugo 15

In un passo del terzo libro dell’Ars amatoria, con evidente allusione all’analogia “retorica” tra le regole della seduzione amorosa e le dinamiche del gioco, il poeta Ovidio (I secolo a.C. - I secolo d.C.) elenca in successione alcuni giochi da tavola, diffusi nella

società mondana e galante della Roma augustea. «Mi vergogno a raccomandare sciocchezze senza valore: ad esempio, che la ragazza sappia i nomi dei lanci degli astragali e conosca i tuoi punti, caro il mio dado, una volta che tu sia stato lanciato.

Lei dunque ora lanci tutte e tre i dadi, ora invece valuti con attenzione quali di essi lasciare in gioco e quali astutamente richiamare. Ancora, non da stupida sappia

giocare al gioco dei soldatini, quando una pedina viene persa, se, isolata, è stretta tra due nemici o il combattente, bloccato, combatte privo del compagno e ancora a gara ripercorre il tragitto già intrapreso. E dalla reticella si riversino fuori le biglie levigate, ma nessun’altra devi muovere se non quella che solleverai.

E c’è poi quel gioco ripartito in tante linee quali sono i mesi dell’anno che fugge. Una tavoletta infine tiene tre

Fig. 4. Quadretto, dipinto su marmo, raffigurante Aglaia e Ileara giocatrici di astragali; da Ercolano. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (da Wikimedia Commons) 16

Per saperne di più:

sassolini per ciascun giocatore, dove si vince mettendoli tutti in fila. Fai pure mille giochi: è brutto per una ragazza non saper giocare e, giocando, spesso ci si procura l’amore» (figg. 4-5).

Il poeta sintetizza icasticamente i giochi attraverso alcuni particolari. I suoi versi sono presentati come un breve foglietto di istruzioni (parva … monere) a corredo di un “contenitore poetico” (una ekphrasis compendiaria) di quei giochi ai quali la ragazza non può rinunciare in quanto indispensabile corredo per la vita in società e le relative conquiste amorose. La “scatola di giochi riuniti”, evocata poeticamente da Ovidio, ricorda dunque le tabulae lusoriae, multiple e portatili, di non grandi dimensioni, effettivamente esistenti in commercio nella Roma antica, come quella menzionata in un epigramma di Marziale (I secolo d.C.), che su un lato recava la trama del gioco dei dodici segni e dall’altro la scacchiera per il gioco dei soldatini.

C. Torre, Studiosissime ludere: giochi di abilità e azzardo nelle fonti letterarie, in C. Lambrugo, F. Slavazzi, con A.M. Fedeli (a cura di), Tra alea e agòn:

giochi di abilità e di azzardo. I materiali della Collezione Archeologica “Giulion Sambon” di Milano, Sesto Fiorentino 2015, pp. 15-23; C. Lambrugo, «Dal giorno viene la notte, dal bambino viene l’adulto». Ludus infantile e paideia nel mondo classico, in V. Caminneci (a cura di), Cura ut valeas nel corpo e nello spirito, Roma 2018, pp. 13-43; C. Torre, «Io da vecchio mi ricordo chi fossi da bambinetto, che cosa facessi, come giocassi, come corressi di qua e di là»: prospettive sul gioco infantile di età greco-romana, in F. Paolucci, L. Camin (a cura di), A misura di bambino. Crescere nell’antica Roma, catalogo della mostra (Firenze 2022), Livorno 2022, pp. 51-59

Fig. 5. Dadi in osso e in calcedonio (in primo piano) della Collezione Archeologica “Giulio Sambon”. Milano (Soprintendenza ABAP). Fotografia di Valentino Albini 17

Il gioco, ponte sulle culture Chiara Torre - Alessandro Pace che sulla barca la tabula lusoria (ossia la tavola da gioco, fig. 1) è già allestita con le pedine di due colori (per il ludus latrunculorum, una specie di “dama”), i dadi sono pronti a scivolare nella turricula. Questi oggetti da gioco definiscono dunque lo spazio ristretto dell’imbarcazione che scivola sulla Garonna, per portare Trigezio da Sidonio. Uno spazio che si contrappone volutamente, nella sorvegliata costruzione dell’epistola, alle sconfinate distanze protese verso gli estremi geografici (le colonne d’Ercole, la frontiera del Danubio, il Nilo, le Sirti africane), cioè a quegli spazi barbarici e insieme fabulosi, che Sidonio cita ironicamente nella lettera, indicandoli quali destinazioni di viaggi, passati o immaginari, dello stesso Trigezio, un tempo infaticabile Ercole, ma ora irriconoscibile nella sua pigrizia.

Chiara Torre Barbarus vs. ludus Se i testi degli autori latini non di rado ci parlano dei barbari, molto più raramente descrivono i loro giochi: ciò potrebbe dipendere da un tratto specifico attribuito ai barbari stessi, vale a dire la loro estraneità alla dimensione dell’otium.

In Sidonio Apollinare il gioco sembra delimitare lo spazio di un tempo libero e di svago, al quale è ammessa solo la classe aristocratica gallo-romana.

Quando scrive all’amico Trigezio, per esortarlo a percorrere sul fiume le poche miglia che lo separano da Bordeaux e raggiungere così il convivium appositamente preparato per lui, Sidonio gli annuncia

Fig. 1. Tristano e Isotta giocano a scacchi in nave durante il viaggio verso re Marco di Cornovaglia; Évrard d’Espinques; Ahun ?

(Creuse); intorno al 1470; miniatura su manoscritto del Romanzo di Tristano attribuito a Luce de Gast; Parigi, Biblioteca Nazionale di Francia (da Art du jeu, jeu dans l’art de Babylone à l’Occident médiéval, catalogo della mostra, Paris 2012, n. 125, p.

124) 18

Alessandro Pace

Nel caso dei soldati inquadrati nelle truppe ausiliarie (auxilia), reclutate tra i peregrini (ovvero persone prive della cittadinanza romana), il gioco rappresentava spesso il primo contatto con un nuovo tipo di ambiente che li avrebbe nel tempo educati a uno stile di vita romano, a cui avrebbero pure contribuito altre pratiche, quali ad esempio la frequentazione delle terme, il contatto con la scrittura, un regime alimentare diverso. Proprio i soldati delle formazioni ausiliarie costituivano un incredibile strumento non solo militare, ma anche e soprattutto culturale, dato che al termine del loro servizio e ottenuta l’honesta missio diventavano cives romani; contribuivano così da reduci alla romanizzazione delle regioni d’origine con la diffusione delle nuove abitudini apprese durante i 25 anni trascorsi sotto le insegne di Roma: tra queste abitudini non dovette mai mancare il gioco (fig. 3).

Ludus e bellum Un ambito particolare in cui è stata declinata la ricerca sulla cultura ludica è quello del rapporto intercorrente tra gioco (ludus) e mondo della guerra (bellum). Sebbene nella percezione comune ludus e bellum appartengano a categorie antitetiche, nella realtà essi afferiscono a domini affini. D’altro canto, secondo la tradizione (Gorgia, In difesa di Palamede B 11a, 30DK), fu l’eroe greco Palamede, sotto le mura di Troia, a inventare i dadi (e non solo) per ingannare il tempo durante il lungo assedio. Questa osmosi è plasticamente osservabile, in senso diacronico e diatopico, nello stretto legame tra soldati e strumenti ludici. Questi ultimi infatti ricorrono frequentemente nelle sepolture dei guerrieri in diversi contesti culturali del Mediterraneo pre-romano, ostentati come oggetti di status e di rango.

In epoca imperiale questo stretto legame continua, sebbene secondo modalità diverse. Il gioco (e specialmente i giochi ‘da tavola’) accompagna spesso i milites stanziati ai quattro angoli dell’impero. Dalle sabbie infuocate del deserto, alle lande umide e fredde del limes settentrionale sono numerose le installazioni militari in cui è possibile documentare come il gioco costituisse un’attività che accompagnava nella loro quotidianità i soldati, tra i quali era specialmente diffuso, forse non casualmente, il ludus latrunculorum, ovvero il gioco “dei soldatini”.

Fig. 3. Tabula latruncularia e materiale ludico da Coria (Corbridge, Gran Bretagna) (©Corbdrige Museum)

Per saperne di più: C. Lambrugo, Giocare per terra e…per mare!, in C. Lambrugo, F. Slavazzi, con A.M. Fedeli (a cura di), Tra alea e agòn: giochi di abilità e di azzardo. I materiali della Collezione Archeologica “Giulion Sambon” di Milano, Sesto Fiorentino 2015, pp. 25-30; A. Pace, Miles ludens. Il gioco e i soldati nella Britannia romana , ibidem, pp. 43-49; C. Torre, «Barbarus ludens». I barbari e il gioco nelle fonti latine, in “Acme. Annali

Fig. 2. Una partita di calcio improvvisata sull’Alto Atlante: Italia vs. Marocco (maggio 2012). Non serve la lingua per capirsi, basta il pallone da calcio per far scattare immediatamente un’intesa tra culture diverse. Fotografie di Claudia Lambrugo

della Facoltà di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Milano” LXIX, 1 (2016), pp. 57-65; A. De Voogt,

Il ludus non rappresentava però solamente un mezzo per occupare il tempo durante i lunghi turni di guardia o per variare la monotonia della vita di guarnigione; esso costituiva bensì un formidabile strumento di coesione tra commilitoni, in quanto dispiegava il suo riconosciuto potenziale di ‘fluidificante sociale’ nel favorire la creazione di legami e di uno spirito di corpo tra individui spesso provenienti da ambiti geografici e culturali differenti (fig. 2).

Traces of Appropriation: Roman Board Games in Egypt and Sudan, in Jouer dans l’Antiquité. Identité et multiculturalité, Games and Play in Antiquity: Identity and Multiculturality (“Archimède” Dossier thématique 6, 2019), pp. 89-99; U. Schädler, Greeks, Etruscans, and Celts at play, ibidem, pp. 160-174; A. Pace, Playing with Batavians. Games an educational tool for a romano more vivere, in “Archimède” 7 (2020), pp. 317326 19

Il progetto LALLACT e la trottola Claudia Lambrugo Nel 2020 e 2021, grazie al finanziamento assegnatoci da UniMI nell’ambito del Bando SEED 2019 (Bando Straordinario per Progetti Interdipartimentali, “Un milione in più per la ricerca”) abbiamo dato il via al progetto LALLACT - Lexicon of Ancient Ludonims.

Ludic Activities and Cultural Tradition , il cui acronimo ‘giocoso’ si ispira a un’antica ninna nanna popolare latina, della quale sappiamo da Persio (III, 16): Lalla Lalla Lalla aut dormi aut lacta .

Il progetto prevede la stretta sinergia di diverse unità dipartimentali per un totale di circa una ventina di studiosi, per lo più afferenti al Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali e al Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici, ma anche appartenenti al Dipartimento di Filosofia. Le competenze disciplinari messe in campo, complementari e tutte indispensabili per il taglio interdisciplinare della ricerca, sono dunque quelle archeologiche, storico-artistiche, filologiche, linguistiche, letterarie e filosofiche. L’obiettivo del progetto a lungo termine è la creazione di un prototipo di Lexicon digitale del gioco, inteso come una raccolta, strutturata per lemmi e in forma di

ipertesto, dei nomi e delle testimonianze materiali e immateriali delle attività ludiche, con relativa discussione critica, partendo dal mondo classico, per estendersi alle epoche successive con riferimento al territorio italiano.

Per intanto, nell’ambito del finanziamento SEED 2019, il gruppo si è misurato con una voce ‘pilota’, concordemente individuata nella trottola/paleo (figg.

1-3), di cui si sono raccolte, riversandole in un database appositamente progettato, le testimonianze materiali, iconografiche e le citazioni letterarie su un arco di tempo molto esteso, dall’antichità all’epoca contemporanea.

Ne sono emersi numerosi e intriganti spunti di riflessione, che confluiranno a breve nel volume dal titolo A Turning World: a Multidisciplinary Approach to the Spinning Top (and other Toys and Games) , in preparazione a cura della scrivente. Un piccolo assaggio di alcuni contenuti è proposto nelle pagine che seguono.

I membri del Progetto LALLACT: Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali: Claudia Lambrugo (P.I.), Marina Castoldi, Clemente Marconi,

Fig. 1. Trottole in legno colorato 20

Chiara Torre, Giovanni Colzani, Luca Dal Monte, Agnese Lojacono, Irene Sozzi Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici: Edoardo Buroni (CUD), Guglielmo Barucci, Francesco Dedè, Mario Piotti, Laura Neri, Andrea Scala Dipartimento di Filosofia: Elio Nenci

Fig. 2. Il Gruppo LALLACT al termine di un seminario.

Fotografia Agnese Lojacono.

Fig. 3. J. G. Sowerby (1850–1914) e H. H. Emmerson (1831– 1895), Afternoon Tea: Rhymes for Children 1880

21

I luoghi della trottola Agnese Lojacono Negli studi sul mondo ludico, un importante ruolo è rivestito dalla ricerca sulle iconografie che permettono, in casi fortunati, di vedere il giocattolo in agency, quindi in azione nello spazio e nel tempo. Per quanto riguarda il mondo greco, fondamentali sono le rappresentazioni dipinte sui vasi a figure nere e a figure rosse sia di produzione attica, sia di produzione italiota. Nell’ambito del progetto LALLACT ( Lexicon of Ancient Ludonims. Ludic Activities and Cultural Tradition ) sono state identificate diciassette attestazioni di scene di gioco con la trottola, scene nelle quali l’oggetto ludico in questione è un paleo* a corpo cilindrico con

Fig. 1 Kylix attica a figure rosse, attribuita al Pittore di Tarquinia; 460 a.C. circa. Princeton University Art Museum, inv. 1945-182 (dal sito del museo)

terminazione conica o appuntita, azionato dai giocatori tramite una sferza ( mastix in greco antico), alloggiata nelle solcature del corpo.

Tra queste testimonianze, alcune in particolare offrono degli spunti per cercare di ricostruire i luoghi in cui si praticava il gioco. Interessante sotto questo aspetto risulta essere la kylix (coppa per bere) conservata a Princeton, attribuita al Pittore di Tarquinia (fig. 1). Il vaso in esame, datato intorno al 460 a.C., presenta nella parte esterna della vasca un giovane nudo di profilo verso sinistra intento a controllare la rotazione del paleo con una sferza che stringe nella mano destra. Sullo sfondo si possono notare appesi un aryballos (vasetto per olii profumati) e uno strigile che inquadrano immediatamente la scena in un contesto di ginnasio. Il gioco del paleo, che richiede infatti una discreta abilità, non è destinato ai più piccoli, ma viene praticato per lo più dagli adolescenti.

Poco lontano dal giovane si trova inoltre un albero,

Fig. 2. Coperchio di pisside attica a figure rosse; 450-400 a.C. Aten BS 58 (da J. H. Oakley, O. Palagia eds., Athenian potters and painter 22

elemento che ricorre anche in altre iconografie, a suggerire probabilmente lo svolgersi dell’attività ludica all’aperto.

Questa ipotesi trova suggestivamente conferma in un epigramma di Callimaco che descrive dei giovani che giocano per strada: «Quelli, dei bambini, giocavano con rapide trottole roteandole a colpi nell’ampio crocicchio» ( Antologia Palatina 7, 89).

Ma il gioco del paleo non è esclusivamente maschile; sono state infatti individuate numerose rappresentazioni di giovani donne intente a questo passatempo in una cornice però diversa, ossia quella dello spazio chiuso del gineceo, la parte della casa riservata alle attività femminili; lo si vede bene su due coperchi di pissidi provenienti da collezioni private ateniesi (fig. 2). In altri casi le fanciulle giocatrici indossano pesanti mantelli, quasi a suggerire, quale luogo del gioco, uno spazio aperto, forse il cortile della casa (fig. 3).

Fig. 3 Lekythos (vaso per olii profumati) attica a figure rosse, attribuita al Bosanquet Painter, 475-425 a.C. Boston, Collezione privata (da J. H. Oakley, W. D. E. Coulson, O. Palagia eds., Athenian potters and painters. The conference proceedings, vol. 1, 1997, p. 246, fig. 11)

ne, Museo Archeologico Nazionale, ex Collezione Vlasto, inv. rs, The conference proceedings, vol. 2, 2009, tav. 32a)

*Si intende generalmente come paleo una trottola che sia messa in moto e tenuta in rotazione tramite una frusta.

23

Trottole e santuari da Roma e dintorni Luca Dal Monte La ricca documentazione raccolta nel corso delle ricerche del progetto LALLACT (Lexicon of Ancient Ludonims. Ludic Activities and Cultural Tradition ), formata sia da Realien (manufatti veri e propri) che da attestazioni iconografiche, ha consentito di approfondire le conoscenze relative alle trottole del mondo romano in età repubblicana.

con la ritualità del passaggio di età dall’infanzia all’età adulta.

Le stesse osservazioni sono valide anche per altre trottole rinvenute in santuari di età repubblicana, come gli esemplari provenienti da Gabii e da Palestrina (fig.

3). Il collegamento di questi oggetti con la sfera votiva appare molto interessante, poiché a discapito della documentazione archeologica piuttosto lacunosa, suggerisce un’ampia diffusione di tali manufatti e un ruolo significativo delle trottole nell’immaginario di quel periodo.

Ulteriori elementi meritevoli di menzione riguardano gli aspetti decorativi e sonori che caratterizzano talvolta questi oggetti. A tal riguardo, può essere richiamata una trottola da Orvieto databile nel IV-III secolo a.C. (fig. 4), che si distingue per la particolare decorazione, con pareti dipinte in modo elaborato, e per la presenza di alcuni sassolini contenuti al suo interno, identificabili come elementi destinati a produrre speciali effetti sonori durante la rotazione

Fig. 1. Paleo dal Santuario della Magna Mater. Roma, Museo del Palatino (da C. Gasparri, M.A. Tomei, Museo Palatino: le collezioni, Milano 2014, p. 142, fig. 18.40)

Tra i diversi esemplari provenienti dall’area di Roma e dintorni, databili tra la prima e la media età repubblicana (V-II secolo a.C. circa), si segnala in particolare il nutrito nucleo di trottole/palei rinvenuti in un deposito votivo ubicato presso il Tempio della Magna Mater sul Palatino (figg.1-2). Si tratta di esemplari in terracotta identificabili principalmente come palei, molto esemplificativi per le originarie funzioni oltreché per le diverse morfologie. Tali manufatti non sembrano infatti destinati all’attività ludica, ossia al concreto divertimento dei bambini, tendono piuttosto a rivestire una valenza simbolica e votiva, connessa con le divinità venerate nel Tempio e

Fig. 2. Trottola-paleo dal Santuario della Magna Mater. Roma, M Gasparri, M.A. Tomei, Museo Palatino: le collezioni, Milano 2014, p 24

Museo del Palatino (da C. p. 142, fig. 18.40b)

Fig. 3. Paleo rinvenuto in una stipe votiva da Palestrina. Palestrina, Museo Archeologico Nazionale Prenestino, inv. n. 0040126 (da Archivio del Ministero dei beni e le attività culturali, n. cat. 00401269)

Fig. 4. Trottola da Orvieto. Orvieto, Museo Archeologico Nazionale, n. inv. 777039 (da L. Cenciaioli, M. Saioni, Giochi da museo: giocattoli antichi e moderni, catalogo della mostra, Perugia, 7/12/2016 – 17/04/2017, 2016, pp. 20-21, n. cat. 9) 25

Due eccezionali giocatori di trottola in bronzo Giovanni Colzani Raffigurazioni di trottole, palei e giocatori sono note

scritte ci consegnino il quadro di un’immutata

con

e

popolarità di questo giocattolo, simili testimonianze

magnogreco, in particolare per quanto riguarda la

si fanno invece assai più rarefatte in ambito romano,

pittura vascolare (vd. Lojacono). Sebbene le fonti

segno

relativa

abbondanza

nel

mondo

greco

probabile

di

un

mutamento

dei

portati

semantici connessi alla trottola nel corso di questo periodo: a fronte del prevalere dell’aspetto ludico, a venir meno sono soprattutto le sue connotazioni liminali, legate cioè alla rappresentazione dei passaggi di stato dall’infanzia all’età adulta,

tipiche invece delle fasi precedenti.

Rispetto a questo quadro generale, del tutto eccezionali risultano due statuette

in

bronzo

provenienti

dall’area centro-italica e databili tra III

e

II

secolo

a.C.,

ciascuna

raffigurante appunto un giocatore di trottola (figg. 1-2).

Giovane e robusta l’una, pingue e fanciullesca

l’altra,

le

figure

ripetono con poche variazioni il medesimo

schema,

rappresenta interamente

un

nudo

che

ragazzo

in

una

posa

atletica, recante nella mano tesa verso l’osservatore un oggetto di forma

conica

che

è

possibile

identificare come un paleo.

La presenza di solchi sul corpo di quest’ultimo fungeva da guida per la frusta (o flagellum in latino), tramite cui si imprimeva alla trottola il

movimento

rotatorio,

secondo

un’impostazione

che

conosce

diversi

nei

materiali

confronti

archeologici e nelle testimonianze letterarie. Perduta in un caso, ma ben visibile nell’altro, proprio una frusta sinistra

era

stretta

dei

due

nella

mano

personaggi,

composta da un sottile bastone e da una corda legatagli attorno.

Fig. 2. Fig. 1. Statuetta di giocatore di trottola, in bronzo, h 36 cm; di provenienza ignota (probabilmente dall’Italia centromeridionale). München, Staatliche Antikensammlungen, inv. n. SL 25 (da R. Wünsche, F. Knauss (Hrsg.), Lockender Lorbeer: Sport und Spiel in der Antike, catalogo della mostra (München 2004-2005), 2004 München) 26

Fig. 2. Statuetta di giocatore di trottola, in bronzo, h 29 cm; rinvenuta presso Mentana. Roma, Museo Nazionale Romano, inv.

78277. Fotografia di Giovanni Colzani 27

La trottola nell’arte Irene Sozzi Non possediamo molte trottole di epoca medievale e moderna - probabilmente per la maggior parte costruite in legno -, mentre le raffigurazioni sono al contrario numerosissime lungo tutto l’arco cronologico e presenti in tutte le forme artistiche: miniature, incisioni, affreschi, dipinti su tela e su tavola, disegni…

Nella maggior parte dei casi i “trottolanti” sono putti

altri invece si sfidano in una battaglia di trottole, lanciandole le une contro le altre tramite cordini che imprimono il moto o direttamente con le mani; compare infine anche la trottola-dado, con cui si effettua invece un gioco d’azzardo governato dalle lettere scritte sulle diverse facce (solitamente significano “tutto”, “niente”, “metà” e “metti”), un oggetto simile a quello che compare nel dipinto di Chardin (fig. 3).

Le immagini di trottola non riguardano però solo il momento del gioco: compaiono spesso, infatti, anche negli emblemi e nelle illustrazioni allegoriche, dove rappresentano la precarietà della condizione umana

Figg. 1-2. Pieter Bruegel il Vecchio, Giochi di bambini, 1560.

Vienna, Kunsthistorisches Museum (da Wikimedia Commons)

oppure, soprattutto a partire dal XVII secolo, bambini: la trottola, o il paleo, è infatti il gioco infantile per antonomasia, tanto che nel famosissimo dipinto Giochi di bambini di Peter Bruegel il Vecchio ne compaiono addirittura quattro tipi diversi (figg. 1-2)! Oltre a catalogare le diverse forme esistenti di trottole, Bruegel ci mostra anche come giocare: alcuni bambini sembrano infatti impegnati in una sorta di gara di resistenza a chi riesce a far vorticare più a lungo il proprio paleo, continuamente accelerato da una sferza;

Fig. 3. Jean-Bapstiste-Simeon Chardin, Ritratto di AugusteGabriel Godefroy o Il bambino con la trottola (L’Enfant au Toton), entro 1738. Paris, Musée du Louvre

Fig. 4. Daniel Nikolaus Chodowiecki (disegno), VI. Andere Ve Kinder. c) Der Reifen, der Brummkreisel, der Kreisel, der Drac Bernard Basedow, Elementarwerk), 1774

Fig. 2.Dettaglio dei "trottolanti" nel quadro di Pieter Bruegel il Vecchio (da Wikimedia Commons) 28

Fig. 5. Giovanni Quinsa (attr.), Natura morta con frutta e brocca, seconda metà XVII sec., collezione privata

Fig. 6.

Kaspar Netscher, Interno con

una donna che insegna a leggere al figlio (“Istruzione materna”),

ergnügungen der chen (da Johann

1670 ca.

London, National Gallery 29

Sentire la natura giocando Edoardo Buroni

Fig. 1. Un allocco (da Wikimedia Commons)

Nella seconda edizione del Vocabolario milaneseitaliano (1839-1843) di Francesco Cherubini vengono riportati due giochi, varianti della trottola, i cui nomi, stando alle parole del compilatore del dizionario, sarebbero derivati dal suono prodotto dal loro moto circolare, per similitudine con i versi di alcuni animali.

Sotto uno dei significati della voce cocô si legge infatti: «Altra spezie di giuoco che si fa dai fanciulli con una pallottola di legno vota e avente un piccolo foro da una parte, la quale, slanciata per mezzo di una cordicella avvolta intorno a un perno che sta in fondo alla stessa palla, gira in terra come un paleo e fa un romore quasi simile al verso dell’allocco. Se non erro è quella specie di trastullo che i Francesi chiamano Ronflement du

diable» (fig. 1).

Queste invece le parole che accompagnano il lemma rànna: «Specie di paléo voto con un foro da un lato il quale, aggirato, romoreggia come un che russi forte – Il Ronflement du diable dei Fr. ha affinità con questo trastullo»; di conseguenza con giugà a la ranna si intendeva «Arrotare la specie di paléo così detta, od anche Preso un mezzo guscio di noce, il cui vano si cuopre con un pezzo di pergamena fermatavi sopra, e fattovi passare un filo di crine, e questo avvolto sopra un piombino (oss de pizz), si fa così girare dal fanciullo che lo tiene in mano, e nel vibrarsi per l’aria rende un suono quasi simile al gracidar della rana, dal che ha preso il nome».

30

Del primo sostantivo milanese Cherubini non proponeva un traducente italiano, mentre per il secondo riportava frullo, un altro nome che la lessicografia italiana di quei decenni riconduceva a una motivazione semantica derivante dai suoni del mondo animale (fig. 2): «Si dice il romore che fanno le storne e gli altri uccelli, levando il volo. […] V[oce] fatta per onomatopea», sosteneva il Vocabolario universale italiano pubblicato dalla Società tipografica Tramater di Napoli tra il 1829 e il 1840.

Legami con il mondo della natura e con i suoni in essa presenti non sono del resto rari nelle varie manifestazioni, anche linguistiche, delle tradizioni e delle culture popolari di cui le attività ludiche (non solo infantili) rappresentano una componente importante.

Fig. 2. Il frullo del colibrì (da Wikimedia Commons)

31

Quando in Giappone una trottola spiccò il volo Rossella Menegazzo Viaggio tra sacro e profano

legate a una sua importazione in epoca antica dalla Cina. Certo è che diversi esemplari, perlopiù del tipo buchigoma (trottola che gira venendo colpita o spinta) sono stati ritrovati nei siti archeologici della prima capitale imperiale Heijōkyō (710-794), corrispondente a Nara, e del palazzo dei Fujiwara (Fujiwaranomiya) nella provincia di Nara risalente alla fine del VII secolo.

Questo gioco nella forma odierna è citato nelle fonti imperiali di epoca Heian (794-1185), mentre nella fiorente vita cittadina di epoca Edo (1603-1868) diventa oggetto di intrattenimento e spettacolo lungo le strade, registrato tra i giocattoli tradizionali più diffusi insieme a piccole forme di figure animali derivate dallo zodiaco cinese, figure divine e semidivine, in bambù ma anche derivato da gusci di conchiglie a spirale (bai o baikai no koma). Alcuni scatti di grandi fotografi del dopoguerra documentano il suo successo popolare mostrando bambini dei quartieri più periferici di Tokyo che si sfidano in questo gioco su tavolini improvvisati (fig. 2).

E chi non ricorda la magica scena con la figura di Totoro che sopra una trottola gigante dai poteri soprannaturali si alza roteando verso il cielo portando con sé le due bambine nel film di animazione di Hayao Miyazaki “Il mio vicino Totoro” (fig. 3 vedi * sotto)?

Koma è il termine giapponese comunemente usato per indicare la trottola. La sua trascrizione è associata a due caratteri cinesi (kanji), 独楽, leggibili singolarmente seconda la fonetica giapponese anche come doku: “singolo”, “solo”, e raku: “divertimento”; quello stesso raku che conosciamo grazie alla diffusione ormai internazionale delle ceramiche raku e alla famiglia Raku che ne porta avanti la tradizione da sedici generazioni. Letteralmente koma è traducibile come “divertirsi da solo”, “divertimento in autonomia” riferendosi sia al fatto che il divertimento legato alla trottola è destinato a un unico fruitore, sia al movimento autonomo che caratterizza la trottola stessa.

La pronuncia koma offre però ulteriori spunti di riflessione legati forse alle sue origini che, seppur non certe, risultano di grande interesse. Nella sua trascrizione fonetica utilizzando il sillabario giapponese kana (hiragana e katakana) infatti il termine risulta omofono di 高麗, presente nelle prime fonti storiche giapponesi risalenti al IX secolo con riferimento alla penisola coreana. Ancora oggi sono presenti santuari shintoisti che portano il nome di Koma jinja. Mentre tra la nomenclatura esistente che va a specificare le numerose varietà di trottola, talvolta anche con riferimento al territorio (fig. 1), vi è il termine tōgoma 唐

Curiosità: A Nagoya si trova il Museo giapponese della trottola: Nihon koma hakubtsukan / Japan Spinning Top Museum / Japon Trompo Museo. Sito web: http:// www.wa.commufa.jp/~koma/ A Koderachō, nella provincia di Hyōgo, si trova il Museo del giocattolo: Nihon omocha hakubutsukan / Japan Toy Museum. Sito web: https://japantoy-museum.org/ Nel 2002 è stata fondata l’Associazione del gioco della trottola: Nihon koma mawashi k yōk a i . S i t o w e b : h t t p : / / yantya.yokochou.com/about.html

ごまil cui primo carattere, leggibile anche come kara, rimanda alla Cina dei Tang, aprendo interpretazioni

Per saperne di più: C. Covito, R. Menegazzo, V. Sica ( a cura di), Kokeshi. Il Tōhoku fra tradizione e design, Scalpendi, Milano 2020. S. Shimizu, T. Nishizawa, Nihon no omocha.

Omocha no ehon [Unai no tomo] yori (Giocattoli giapponesi. Dal libro illustrato di giocattoli “Unai no tomo”, Unsodo, Kyoto, 2009 (edizione originale Meiji 24, K yōt o , s t a m p a i n Fig. 1. Nella pagina a sinistra “Vari tipi di trottola di varie province”, dal volume Unai U n sōd o , silografia policroma) no tomo, Unsōdo, Kyōto, Meiji 24 (1891) 32

Fig. 2. Domon Ken, “Gioco del begoma” dalla serie Kōtō no kodomotachi (I bambini di Kōtō), Tokyo, era Shōwa, anni 1953-54 (copyright: Domon Ken Museum, Yamagata) 33

“Giocose” Collaborazioni Raimon Graells i Fabregat (Universitat d’Alacant, ES), Alessandro Pace (Université de Fribourg, CH - ERC Locus Ludi); Miguel F. Pérez Blasco (Museo Arqueológico y de Historia de Elche, ES)

Solo de esta manera el estudio del pasado toma sentido, se enriquece, reaviva debates y renueva los discursos de la investigación, hasta ahora aceptados por colectivos que a menudo viven en paralelo, de espaldas entre sí, reafirmándose en sus credos pero limitando su desarrollo por falta de transversalidad.

En este encuentro multilingüe, han participado Véronique Dasen (Université de Fribourg), Lucía Romero Mariscal (Universidad de Almería), Marco Vespa (The Hebrew University of Jerusalem), Thierry Lejars (CNRS, Umr 8546, ENS, PSL), Eftychia Alevizou (Université de Fribourg), Barbara Caré (Scuola Archeologica Italiana d’Atene) y Mauro Menichetti (Università degli Studi di Salerno), además de las contribuciones de los tres editores.

La publicación de las actas de ese coloquio se ha conseguido en julio de 2022, con el apoyo del contrato Ramón y Cajal RYC2018-024523-I y el amparo de la Universitat d’Alacant, bajo el título de Warriors @ Play.

El éxito de esta publicación es reflejo del ambiente y debate tenido durante el webinar y, por lo tanto, Warriors @ Play es más que un encuentro al aunar tema, método, participantes excelentes y todas las facilidades dadas por las tres instituciones implicadas en su organización.

Warriors @ play: más que un congreso

El 28 de mayo de 2022 celebramos el congreso Warriors at play. Otivm, learning and Isonomy desde el Museo Arqueológico y de Historia de Elche “Alejandro Ramos Folqués” de Elche (España). El tema del seminario era el complemento perfecto a la exposición que albergaba el mismo museo, titulada El guerrero íbero y el juego. Estrategia, azar y estatus (mayo – septiembre de 2021). La relación entre el juego y la guerra, o entre el guerrero y el uso social que este hizo de los elementos del juego ha sido uno de los temas más repetidos en el imaginario culto europeo, pero es un binomio que se ha afrontado poco más allá de la conocida la partida de juego de mesa entre Áyax y Aquiles. La iconografía, los elementos de juego, la cronología de aparición, el desarrollo y los tipos de juego practicados en cada momento se conjugaron con mensajes sociales que revestían de aura a aquellos guerreros capaces de jugar a juegos de mesa, muchas Per saperne di più: veces, de orígenes lejanos.

La convergencia investigadora de los tres R. Graells i Fabregat, M. F. Pérez Blasco (eds.), El coordinadores y nuestras respectivas instituciones de guerrero íbero y el juego. Estrategia, azar y estatus, procedencias (la Universitat d’Alacant y el Institut catálogo (Museo Arqueológico y de Historia de Elche, Universitari d'Investigació en Arqueologia i Patrimoni mayo – septiembre 2021), 2021.

Històric, la Université de Fribourg y, por último, el Museo Arqueológico y de Historia de Elche “Alejandro Ramos Folqués”) era una oportunidad académica de conjugar perspectivas de estudio distintas, que atañen tanto a las relaciones internacionales, a la cultura material del juego (fichas, tabas y dados), los contextos de hallazgo (tumbas, campamentos militares, etc.), así como los aspectos iconográficos y literarios. El arco geográfico considerado en este encuentro abarca desde la península ibérica hasta las islas británicas y Grecia, y la cronología considerada desde el s. VI a. C. hasta época romana. Parecerán anodinos estos datos, pero varios detalles hacen de este webinar un caso paradigmático de cómo entendemos que debe desarrollarse la investigación actual y la del futuro inmediato: Desde el diálogo y debate entre arqueólogos, historiadores y filólogos.

Considerando áreas culturales distintas pero coherentes e interconectadas.

Buscar el análisis diacrónico entre culturas prerromanas y romanas, o protohistóricas y clásicas como evidencias de una interacción más en las Fig. 1. Logo del congreso, 28 de mayo de 2021. Diseño R. dinámicas recíprocas de desarrollo.

Graells i Fabregat

34

Fig. 2. Foto de la sala de exposiciones temporales del MAHE con la instalación para la emisión en streaming del congreso, 28 de mayo de 2021.

Foto R. Graells i Fabregat

Fig. 3. Foto de la sala de exposiciones temporales del MAHE con dos de los organizadores siguiendo la emisión en streaming del congreso y con el ánfora del MAN expuesta en el marco de la exposición El guerrero íbero y el juego, 28 de mayo de 2021. Foto R. García Antón 35

Fig. 4. Portada de las actas del congreso. Diseño M. Kwinkelenberg

‘Giocose’ Collaborazioni Lucia Floridi - Cecilia Nobili Lucia Floridi (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna)

nasconda un pettine, chi una sega, chi un pidocchio.

Qualcuno ha invece proposto a una soluzione più osée…

E secondo te?

L’enigma dell’animale che correva in una posizione eretta…

Nell’antica Grecia, proporre e risolvere indovinelli era un tipico intrattenimento conviviale. Il XIV libro dell’Antologia Palatina, una monumentale raccolta di epigrammi di autori vari e di epoche diverse, ci ha conservato alcuni enigmi in versi. Non sempre gli studiosi moderni sono stati in grado di individuare la soluzione.

Fig. 1. Lira di legno con cassa di risonanza in guscio di tartaruga (restaurata sulla base dei frammenti). V-IV sec. a.C. (?), da Atene. Londra, British Museum G69/cd22 © The Trustees of the British Museum.

Questo breve componimento, ad esempio, ha fatto molto discutere (AP 14.19): Εἶδον ἐγώ ποτε θῆρα δι’ ὕλης τμητοσιδήρου ὕπτιον ὀρθὰ τρέχοντα, ποσὶν δ’ οὐχ ἥπτετο γαίης.

«Ho visto una volta un animale che correva, in posizione eretta, su un boschetto tagliato dal ferro, Fig. 2. Kylix attica raffigurante Apollo che suona la lira a sette corde supino, e non toccava con i piedi la terra».

C’è chi ha pensato che dietro l’immagine dell’animale si

Museo Archeologico, inv. n. 8140 (da Wikimedia Commons).

36

Cecilia Nobili (Università degli Studi di Bergamo)

Questo carme è dedicato al dio Ermes – protettore dei messaggeri, dei ladri e dei commercianti – e racconta due episodi dell’infanzia del dio, in cui questi dà già mostra delle prerogative di astuzia e abilità che lo caratterizzeranno.

Un giocattolo per il dio: Ermes e la tartaruga (Inno omerico a Ermes, vv. 39-54) L’Inno

omerico

a

Appena nato, infatti, Ermes si affaccia sulla soglia della caverna in cui vive e nota sul prato una bella tartaruga screziata. Con fulmineo balzo d’ingegno comprende che il grazioso animale potrà tornargli utile per produrre un oggetto dal potere e dal fascino disarmante, che diventerà il suo giocattolo preferito: la lira a sette corde, che da quel momento in poi accompagnerà il canto di poeti e cantori (figg. 1-2).

Ermes

costituisce uno dei componimenti contenuti nella raccolta dei cosiddetti Inni omerici. Si tratta di 33 carmi esametrici di estensione e datazione diversa, che fungevano da proemi per le recitazioni di canti epici.

«Sollevò con entrambe le mani il grazioso giocatolo e lo portò in casa. Lì rovesciò la tartaruga montana e ne cavò fuori il midollo con una lama di grigio ferro.

Come quando un pensiero veloce attraversa l’animo di un uomo tormentato da continui affanni, o come quando i lampi balenano dagli occhi, così il glorioso Ermes faceva seguire l’azione alla parola.

Tagliò a misura canne di giunco e le fissò sul guscio della tartaruga praticando dei fori sul dorso.

Con gesti sapienti vi mise intorno una pelle di bue applicò dei bracci, e li unì con un ponte, infine tese sette corde di minugia pecora, in armonia fra loro.

Quando ebbe terminato, impugnò il grazioso giocattolo e provò col plettro le corde, seguendo la melodia.

E dalla sua mano si sprigionò un suono prodigioso»

Per saperne di più: C. Nobili, L’ «Inno omerico a Ermes» e le tradizioni locali, Milano 2011; L. Floridi, Enigmi sessuali nella tradizione letteraria greca, in L. Floridi, L. Neri, C. Torre (a cura di), Giochi e giocattoli: parole, oggetti e immaginario, Atti del Convegno (Milano 2018), in “Enthymema” XXIII (2019), pp. 348 -373; S. Monda, Gli indovinelli letterari antichi come testimonianza di contesti ludici e agonali, ibidem, pp. 390-400

e fabbricata con un guscio di tartaruga; 480 a.C. ca., da Delfi. Delfi,

37

‘Giocose’ Collaborazioni Museo del Giocattolo e del bambino - Museo del Giocattolo e di Pinocchio Ha collaborato con noi anche il “Museo del Giocattolo e del Bambino”, dove si raccontano tre secoli di storia dell’infanzia e sono esposti migliaia di giocattoli, raccolti con passione e spiegati con competenza da Alessandro Franzini, il Direttore del Museo.

Museo del Giocattolo e del Bambino Via Trento Trieste, 2, 26849 Santo Stefano Lodigiano (LO)

Museo del Giocattolo e di Pinocchio Via dell'Oriuolo, 47, 50122 Firenze (FI) http://www.museodelgiocattolo.it

Fig. 1. Un'immagine delle sale del Museo del Giocattolo.

Fotografia di Alessandro Franzini

38

Fig. 2. Orsacchiotti in poltrona! Un'immagine delle sale del Museo del Giocattolo. Fotografia di Alessandro Franzini

Fig. 3. Tamburelli e bambole! Un'immagine delle sale del Museo del Giocattolo. Fotografia di Alessandro Franzini

39

Qualche fonte lettararia Trottola «Ma, mentre si ritirava, il gran Telamonio Aiace

Che pur la sferza con divina voce

Una pietra – ché molte, ritegni delle rapide navi,

Quel che comanda a la Natura, al cielo,

rotolavano fra i piedi ai combattenti – una alzandone,

Perch’ella d’anno in anno i certi giri

lo colpì al petto, sopra l’orlo dello scudo, presso la gola;

Volga sembianti al primo: Al fin gli adempia,

la roteò come trottola, la scagliò e quella corse».

Ned ella sola avrà quïete e pace,

(Iliade, XIV, vv. 409-413; traduzione Rosa Calzecchi Onesti)

Ma i cieli avranno ancor riposo eterno».

Quand’avrà fine il tempo, e fine il mondo;

(Torquato Tasso, Il mondo creato, Giorno III, 14671482, testo critico a cura di Paolo Luparia, Edizione dell’Orso, Alessandria 2006, pp. 227-228)

«Uno straniero di Atarne così chiese a Pittaco

Mitilenese, figlio di Hyrra: “Vecchio caro, tra due matrimoni ho la scelta: una sposa

«Perché uno di questi giorni mi sono messa a correre e correre per tutta la casa, da una stanza all’altra, come una trottola fingendo di non sapere dove volevo andare a finire e invece lo sapevo benissimo? Perché mentre giravo e giravo su me stessa e dicevo dentro di me: “Sono una trottola, sì, sono una trottola”, pur sempre girando vertiginosamente sono saltata sulle ginocchia di Tullio e ho cominciato a sobbalzare come se fossi stata in sella ad un cavallo lanciato al galoppo, andando su e giù, dalle ginocchia di Tullio alla pancia e dalla pancia alle ginocchia?».

per ricchezza e famiglia mi è pari, l’altra è a me superiore. Cosa è meglio? Ti prego consigliami: quale devo portare all’altare?”.

Disse, e quegli, levando il bastone, senile strumento: “Ecco, costoro ti diranno ogni cosa”.

Quelli, dei bambini, giocavano con rapide trottole roteandole a colpi nell’ampio crocicchio.

“Va’ – disse – sulle loro tracce”. Si fece vicino:

(Alberto Moravia, Mi chiamo Alice sono una trottola, in La villa del venerdì e altri racconti, Milano, Bompiani, 1990)

e quelli dicevano: “Segui la tua via!”.

Udito ciò l’ospite rinunciò a unirsi alla casa più ricca, traendo auspicio dai bambini.

E, come quello condusse a casa la sposa povera,

«Tutti tacquero, e restarono a guardare; e la zampogna intonò una nuova nasale, singhiozzante, belante, animalesca tarantella. I due fidanzati avevano un senso naturale della danza; come di una sacra rappresentazione; cominciarono con passi guardinghi avvicinandosi e volgendosi repentinamente le spalle, aggirandosi in cerchi senza incontrarsi, battendo il piede in cadenza, con occhiate e gesti di ritrosia e di rifiuto; poi andarono accelerando i passi, sfiorandosi al passaggio, prendendosi per le mani, e ruotando come trottole; poi, su un ritmo sempre più rapido, i cerchi si strinsero, finché cominciarono a urtarsi, nel loro piroettare, con gran colpi dei fianchi; e si trovarono infine uno di faccia all’altro, danzando con le mani alla vita, come se la pantomima della schermaglia amorosa e dei simulati rifiuti fosse finita, e dovesse ora cominciare una danza d’amore».

così anche tu, Dione, segui la tua via».

(Callimaco, Epigr. 1 = AP 7.89) «E al nome de l’alto Macabeo vidi moversi un altro roteando,

e letizia era ferza del paleo».

(Dante Alighieri, Paradiso XVIII, vv. 40-42) «Lo qual disse, Germogli ancor la terra Il legno che produca il dolce frutto Sovra la terra. All’ora a l’alta voce, Come paleo, ch’è nel suo ferro affisso, A la prima percossa ei va rotando,

(Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli (1945), Torino, Einaudi, 1963, p. 188)

E con molte sue rote in sé ritorna; Così la terra va girando a cerchio

Le sue stagioni, onde si spoglia e veste, E i cari frutti suoi produce e serba, 40

Indice degli Autori GLI AUTORI Claudia LAMBRUGO Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali claudia.lambrugo@unimi.it

Rossella MENEGAZZO Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali rossella.menegazzo@unimi.it

Véronique DASEN Université de Fribourg (CH) Département d’histoire d’art et d’archéologie P.I. del progetto ERC Advanced n. 741520 (20172022/2023), Locus Ludi. The Cultural Fabric of

Raimon GRAELLS I FABREGAT Universitat d’Alacant (España) raimon.graells@gcloud.ua.es Miguel F. PÉREZ BLASCO Museo Arqueológico y de Historia de Elche (España) mperezblasco@elche.es

Play and Games in Classical Antiquity veronique.dasen@unifr.ch

Chiara TORRE Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali chiara.torre@unimi.it

Lucia FLORIDI Alma Mater Studiorum, Università di Bologna Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica lucia.floridi2@unibo.it

Alessandro PACE Université de Fribourg (CH) ERC Advanced Grant 2017-2022; n° 741520: Lo-

Cecilia NOBILI Università degli Studi di Bergamo Dipartimento di Lettere Filosofia, Comunicazione cecilia.nobili@unibg.it

cus Ludi. The Cultural Fabric of Play and Games in Classical Antiquity alessandro.pace@unifr.ch alessandro.pace1982@gmail.com

Agnese LOJACONO Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali agnese.lojacono@unimi.it Luca DAL MONTE Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali luca.dalmonte@unimi.it Giovanni COLZANI Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali giovanni.colzani@unimi.it Irene SOZZI Università degli Studi di Milano Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali ire.sozzi@gmail.com Edoardo BURONI Università degli Studi di Milano Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici edoardo.buroni@unimi.it

41