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UNA PROVA INEDITA E DIFFICILE

Enrico Rossi Presidente Regione Toscana

“UNA PROVA INEDITA E DIFFICILE STATO-REGIONI: PIÙ DIALOGO MENO CONFLITTI” intervista a Enrico Rossi

La pandemia ha trovato un po’ tutti impreparati. C’è qualcosa che secondo lei non ha funzionato nella gestione di una simile emergenza? Ci siamo tutti trovati di fronte ad un evento imprevisto e inaspettato, qualcosa che non capitava da molti decenni. Quindi, sopratutto in una fase iniziale è comprensibile e inevitabile che vi siano state incertezze e sbandamenti. Una forte domanda di protezione è venuta dai cittadini e questo ha consegnato una grande responsabilità nelle mani delle istituzioni. Penso che nel suo complesso la gestione dell’emergenza nel Paese abbia prodotto risultati abbastanza positivi, come dimostra il sostanziale successo che abbiamo raggiunto finora nel contenere la pandemia, significativo soprattutto se messo a confronto con altri Paesi in cui la situazione è tuttora molto grave. Detto questo, ci sono stati diversi limiti, errori e imperfezioni. Penso al coordinamento tra Stato e Regioni che, in molti casi, ha mostrato problemi e difficoltà. Penso alle oscillazioni e ai cambi di direzione, alla difficoltà nel contemperare esigenze diverse. Da quanto è avvenuto dobbiamo trarre insegnamenti riguardo alle fragilità e ai limiti del nostro sistema istituzionale.

Le Regioni sono state chiamate a mettere in pratica le linee guida del Governo, spesso in disaccordo con le sue indicazioni. La naturale sede di confronto “Stato-Regioni” ha mostrato dei limiti. Un modello da rivedere alla luce di questa esperienza? Indubbiamente ci sono stati probleAllo stesso tempo ho trovato sbagliami di coordinamento. Come dicevo, ta la conflittualità eccessiva e gli atl’emergenza ha fatto venire al pettine teggiamenti autoreferenziali assunti tanti problemi preesistenti, e tra queda alcune Regioni. Ma penso anche sti vi era un rapporto non pienamente che, in assenza delle Regioni, la situarisolto tra autorità centrale e Regioni. zione sarebbe stata molto peggiore In questi ultimi anni abbiamo visto da e la capacità di governarla minore. La un lato una tendenza ad un federalistrada che dobbiamo percorrere è smo esasperato da parte di Lombarquella di un federalismo cooperativo. dia, Veneto e anche Emilia. Dall’altra L’autonomia regionale deve inserirsi c’è un “federalismo da abbandono” solidamente nel quadro dell’unità nache viene da lontano. Il confronto delle zionale e nel più ampio contesto euroRegioni con la struttura amministratipeo, in un’ottica di solidarietà e coopeva dello Stato centrale è da tempo carazione. Abbiamo bisogno di uno Stato rente, avviene sopratutto con il minicentrale che a sua volta ritrovi la sua stero del Tesoro, a partire dal tema del autorevolezza, rafforzi le proprie comcontrollo della petenze e capacità, spesa. Quearricchendo il dialogo sto ha spinL’autonomia regionale deve e l’interlocuzione istito le Regioni inserirsi solidamente nel tuzionale con gli enti alla ricerca di quadro dell’unità nazionale locali. un’autonomia malintesa, soprattutto da parte di quelle e nel più ampio contesto europeo, in un’ottica di solidarietà e cooperazione: La Toscana è stata una regione “cerniera” tra un nord con più forti. Si è abbiamo bisogno di uno molti contagi e un voluto proceStato centrale che ritrovi sud con pochi contadere ciascuautorevolezza, rafforzi gi. Quali le difficoltà no per sè. Dal le proprie competenze e incontrate? lato opposto, la pandemia ha rafforzato le posizioni di chi vorrebbe ricapacità, arricchendo il dialogo e l’interlocuzione istituzionale con gli enti locali Abbiamo gestito l’emergenza con la massima attenzione, seguendone l’evoluzione passo passo e centralizzare in intervenendo giorno maniera decisa per giorno con appomolte funzioni. Io credo che, complessite ordinanze. Ci siamo concentrati sivamente, le Regioni abbiano dimosulle procedure sanitarie, sulle mostrato di essere presenti e capaci di dalità di accesso alle strutture ospeassumersi responsabilità significative. daliere, sulla medicina territoriale.

Sottolineo in particolare l’importanza delle misure che abbiamo adottato sull’accesso alle strutture ospedaliere, volte a preservare la risorsa ospedale. Ai pazienti è stato raccomandato di contattare il medico di base e sono stati predisposti appositi filtri per l’accesso agli ospedali, al fine di prevenire la nascita di focolai. Gli ospedali sono stati poi riorganizzati in strutture Covid e non-Covid. Abbiamo profuso ogni sforzo per potenziare le terapie intensive e aumentare la disponibilità di posti letto per trattare i pazienti affetti da coronavirus. In tempi rapidissimi sono state fatte 2500 nuove assunzioni di medici e operatori sanitari. Sono state predisposte apposite strutture, “alberghi sanitari”, per chi non aveva la possibilità di rimanere in isolamento domiciliare. Appena possibile, poi, abbiamo avviato un ampio programma di screening sierologico della popolazione, a partire dalle categorie più a rischio, nella convinzione che la capacità di testare in maniera diffusa fosse un tassello fondamentale di una risposta che seguisse il più possibile la regola delle tre T (testare, tracciare e trattare). Abbiamo messo in atto una campagna di distribuzione di mascherine alla popolazione su vasta scala, attraverso molti canali, come le farmacie, la grande distribuzione, le edicole. Entro la fine dell’estate saranno state complessivamente distribuite ai toscani più di 100 milioni di mascherine. Abbiamo voluto evitare che l’obbligo di indossare la mascherina si traducesse in una spesa ulteriore, in particolare per le fasce più deboli, in una fase economicamente e socialmente dura. Una particolare fonte di preoccupazione era data dal pericolo che il contagio si trasmettesse da parte di persone provenienti da Regioni vicine, ad esempio dirette alle seconde case, questione che è stata oggetto di provvedimenti specifici. La linea della Toscana è stata sempre ispirata alla prudenza, ma al tempo stesso animata dalla consapevolezza che occorresse tenere presente il drammatico impatto economico che questa crisi rischia di portare. Finché possibile, le esigenze della salute e quelle dell’attività economica devono e possono essere conciliate, attraverso la più rigorosa e puntale elaborazione e applicazione dei più avanzati protocolli di sicurezza. È una sfida importante in termini di organizzazione del lavoro, delle attività sociali, dei tempi e delle modalità che abbiamo cercato di affrontare a livello regionale, senza mai rinunciare a portare il nostro punto di vista nel dibattito nazionale. Ad esempio, già prima che il Governo decidesse le riaperture, avevo proposto di autorizzare la ripresa delle attività delle aziende strategiche legate all’export, per preservare un segmento strategico della nostra economia. Mi sembrava importante permettere la riapertura di filiere chiave, in base a criteri definiti e con rigorosi protocolli di sicurezza, evitando invece quello che in parte è avvenuto, con le riaperture “alla spiccolata” sulla base delle autocertificazioni presentate ai Prefetti, difficili da verificare per la grande mole di lavoro degli uffici, che hanno purtroppo determinato una situazione in parte arbitraria.

I viaggi tra Regioni sono stati riaperti senza distinzioni, ma le polemiche continuano. Come immagina la fase della ripresa e cosa crede che serva per tornare ad una sorta di “normalità? Io continuo a sottolineare la necessità di tenere presente il principio di cautela. Per ora i dati sull’evoluzione dell’epidemia continuano a confortarci, ma il quadro internazionale da un lato e la presenza di focolai sul territorio nazionale dall’altro, devono indurci a non abbassare per nessuna ragione la guardia. Sarebbe pericolosissimo alimentare l’illusione che l’emergenza si sia definitivamente conclusa e che siamo tornati alla normalità. Potremmo arrivare ad una vera normalità solamente quando disporremo del vaccino, per il cui sviluppo l’Europa e l’Italia stanno facendo sforzi importanti. Per ora è stato importante ripartire, riavviare le attività economiche e la vita sociale, ridare spazio ad una maggiore dialettica democratica. Ma perché questa fase possa proseguire senza pericoli occorre continuare a rispettare scrupolosamente tutte le misure di sicurezza, nel lavoro e nella vita sociale.

La mobilità di merci e persone abbiamo visto quanto sia essenziale. Quali le priorità e quali gli ambiti di intervento per favorire il ricambio del parco auto senza aumentare le già ampie diseguaglianze sociali? Come giudica l’annunciata misura sugli incentivi anche alle nuove motorizzazioni euro6 che presentano emissioni di PM e NOx prossime e allo zero? Per ripartire davvero occorre avviare un nuovo ciclo di investimenti, che può ricevere impulso dai nuovi fondi stanziati dall’Europa con il Recovery Fund. L’Unione europea sta dando prova in questa fase di un passo diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto nell’ultima crisi, e questo va apprezzato e ribadito. In quest’ottica la dimensione ecologica è essenziale. Dobbiamo andare nella direzione di quel Green new deal che è stato prefigurato dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen. L’Unione europea promuove azioni importanti, come Renovation Wave, l’iniziativa mirata ad affrontare il problema dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio, di cui mi sono occupato come relatore di un parere sul tema al Comitato delle Regioni. Gli edifici consumano infatti il 40 per cento circa dell’energia prodotta e producono il 36 per cento delle emissioni di anidride carbonica. Per raggiungere l’obiettivo di un’Europa carbon neutral nel giro di 30 anni, occorre una vera e propria rivoluzione nell’urbanistica e nell’architettura, costruendo nuovi edifici che rispettino criteri di efficienza energetica e adattare i vecchi. Questo è uno degli obiettivi su cui possono essere concentrati i fondi strutturali e i nuovi fondi europei lega

ti al programma “Next Generation EU”. Occorre però evitare che l’obiettivo della tutela dell’ambiente sia messo in contrapposizione con quello del lavoro e della riduzione delle disuguaglianze. Non devono essere i lavoratori a pagare la transizione ecologica. È necessario un nuovo paradigma, una nuova stagione di sviluppo in cui crescita economica, lavoro, economia circolare e tutela ambientale procedano insieme.

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