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MA UNA SPINTA A MIGLIORARE di Marco Baldi PAURA, ANSIA,RABBIA: COSÌ IL LOCKDOWN HA DIVISO L’ITALIA di Antonio Tintori
Antonio Tintori Ricercatore CNR e coordinatore dell’Osservatorio nazionale Mutamenti Sociali in Atto
PAURA, ANSIA, RABBIA: COSÌ IL LOCKDOWN HA DIVISO L’ITALIA di Antonio Tintori
La crisi prodotta a vari livelli dalla rapialtre persone. Profondamente scosda diffusione del coronavirus ha genese dalla diffusione del COVID-19 sono rato, e sta generando, reazioni e rispostate le nostre emozioni e le nostre ste più o meno spontanee a problemi certezze. Ciò ha posto in discussione di natura psicosociale. Sebbene sia la l’essenza primaria dell’ordine percepimatrice economica quella più evidento delle cose, e analogamente primate nel determinare i mutamenti sociali rie sono le emozioni chiamate in causa in atto, e con essi le inevitabili criticità dalla destabilizzazione relazionale che indotte dal lockdown, è l’interazione noi, in quanto animali sociali, abbiaad aver subito una crisi senza premo e in parte ancora stiamo subendo cedenti. Mai, infatti, si è verificata in come effetto del rischio di contagio da passato un’interruzione delle relaziocoronavirus. Tra tali emozioni, quelle ni umane così radicale e diffusa. Premaggiormente percepite in Italia, da cedenti storici ci sono stati, ma sono marzo in poi, sono state (in ordine di solo apparentemente similari. Tra importanza) la tristezza, la paura, l’anquesti ricordiamo in particolare i focosia e la rabbia. Le emozioni primarie lai epidemici da virus ebola. Tuttavia, sono innate e presenti in ogni poponel corso dei tempi moderni, la salute lazione. Diversi scienziati, da Charles collettiva non è stata mai sottoposta a Darwin a Paul Ekman, hanno teorizuna minaccia invasiva e di proporzione zato una base biologica di tali emoglobale come quella attuale. zioni, e ciò diversamente da quelle Il distanziamento al quale siamo stati secondarie, che traggono origine dalcostretti a partire dallo scorso marzo le primarie ma risentono fortemente richiama una duplice chiave interpredell’interazione sociale. Queste emotativa. Da una parte si deve guardare zioni, primarie e negative, nel periodo agli effetti prodel distanziamento dotti dall’interrusociale hanno mozione delle relazioni orizzontali e verticali, di tipo lavorativo, amiSebbene sia la matrice economica quella più evidente nel determinare i strato un andamento inversamente proporzionale all’età, acuendosi in cale ed affettivo, mutamenti sociali in atto, particolare tra i più e dall’altra all’ine con essi le inevitabili giovani (fino a 49 te n s i f i c a z i o n e criticità indotte dal anni) a dimostraziodei rapporti di lockdown, è l’interazione ad ne della maggiore convivenza, per aver subito una crisi senza capacità di resilienchi ha sperimentato il lockdown precedenti za e dunque della minore destabilizconvivendo con zazione della sicurezza ontologica tra la popolazione in età avanzata rispetto invece ai giovani, peraltro esposti a maggiori problemi economici e lavorativi. Interessante è stato inoltre notare come tali emozioni siano state più intense nel Mezzogiorno piuttosto che nel nord d’Italia, che prima e maggiormente di altre ripartizioni geografiche è stato coinvolto dalla diffusione del coronavirus. Questo fatto, letto in un’ottica relazionale, trova una spiegazione proprio nell’interruzione del senso di comunità e delle reti di vicinato che nel sud d’Italia conservano ancora oggi un profondo valore culturale peraltro sussidiario al welfare. Le tendenze finora delineate sono il risultato delle ricerche condotte fin dallo scorso marzo dall’Osservatorio Mutamenti Sociali in Atto del Consiglio Nazionale delle Ricerche. L’Osservatorio, coordinato dallo scrivente e dalla dottoressa Loredana Cerbara, avvalendosi del contributo di un multidisciplinare gruppo di ricerca ha studiato e sta ancora reperendo dati di natura psicosociale relativi alla crisi indotta dalla diffusione del coronavirus. Parte dei risultati di ricerca dell’Osservatorio sono stati già pubblicati sulla rivista scientifica internazionale European Review for Medical and Pharmacological Sciences, con particolare riferimento alle tendenze individuali della popolazione – ovvero di tipo psicologico-influenzate dal contesto sociale, culturale ed economico di riferimento. Lo scenario della pandemia
ha dunque rappresentato per le scienze sociali un inatteso esperimento di massa in particolare rispetto all’interazione sociale. Il distanziamento è stato sopperito solo parzialmente dalla trasposizione delle relazioni umane nel virtuale, che tuttavia ha permesso di mantenere vivi i contatti, affettivi e lavorativi, ma su un piano sempre meno appagante al trascorrere del tempo (inizialmente, circa la metà degli intervistati ritenne che le relazioni virtuali potessero essere pienamente sostituite da quelle virtuali). Il tuffo nel mondo digitale è stato difatti un tema di studio di notevole rilievo per l’Os
personale. Qui il richiamo è alla teoria di Maslow, e alla sua famosa piramide, che ha assunto in questo straordinario momento una rinnovata attualità esplicativa dimostrando come, effettivamente, eventi inattesi nelle nostre vite possano portarci in qualsiasi momento, epoca e latitudine, a porre in discussione anche le nostre più recondite sicurezze. La paura ha però portato molti italiani, in particolare chi non possiede un elevato status culturale, a rifugiarsi in schemi di diffidenza verso la diversità che rinnovano l’idea del primato dell’uomo sulla donna. A causa di questo processo, nel corso del lockdown si sono evidenziati importanti episodi di violenza di genere - per lo più ai danni delle donne – e assistita (quella che subiscono in quanto spettatori i figli), nonché di stereotipia di genere. Quest’ultima, è stata evidente nelle differenziate scelte delle attività svolte in casa durante il lockdown; scelte non libere dai condizionamenti sociali e che mostrano la tenace esistenza di una visione fortemente sessista dei ruoli di genere, che per molti ha tradotto la pandemia in una proficua chance per le donne di “riacquistare il ruolo naturale di madri e mogli” (idea condivisa da 4 uomini su 10 e addirittura da 3 donne su 10). Se questi condizionamenti sociali dovessero conservare questa rinnovata vitalità anche successivamente al superamento della pandemia, non si conterebbero i danni, non solo culturali, ma anche economici di un nuovo distacco dell’universo femminile dal mercato del lavoro; tendenza concreta, questa, e già registrata a maggio al riavvio delle prime attività lavorative, nel momento in cui il ritorno al lavoro ha assunto una connotazione prevalentemente maschile mentre le donne hanno proseguito nel loro ruolo “naturale” di custodi del focolare domestico, ovvero di badanti di anziani e bambini, nonché di insegnanti di sostegno nella didattica a distanza. I risultati dell’ultima indagine dell’Osservatorio, ancora in corso, ci confermeranno o meno la cronicizzazione di questi e altri mutamenti sociali dovuti alla diffu

sione del COVID-19.