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di Francesco Clementi I “CAPITALISMI POLITICI” PRENDONO IL SOPRAVVENTO SULL’ECONOMIA di Alessandro Aresu

Alessandro Aresu Direttore scientifico della Scuola di Politiche

I “CAPITALISMI POLITICI” PRENDONO IL SOPRAVVENTO SULL’ECONOMIA di Alessandro Aresu

Nel mio libro “Le potenze del capitalicurezza nazionale, e di conseguenza smo politico. Stati Uniti e Cina”, pubblidegli apparati burocratici e militari che cato quest’anno da La Nave di Teseo ne sono titolari, a vasti ambiti dell’atnella collana “Krisis”, cerco di leggere il tività economica, con la designazione conflitto tra le due potenze attraverso di sempre più numerosi settori indula storia del capitalismo. E pongo l’atstriali strategici, per corrispondere tenzione sul concetto di “capitalismo all’evoluzione tecnologica, nonché la politico”, introdotto originariamente discriminazione degli investitori per il da Max Weber. Adattando questo conloro passaporto. La forma del capitacetto ai conflitti contemporanei, analismo politico statunitense risponde a lizzo una compenetrazione di econoquest’ultima categoria, con i poteri di mia e politica che nella nostra epoca si interventi sempre più vasti raggiunti, sviluppa attraverso diversi strumenti: nel corso del conflitto tra Washington l’uso politico del commercio, della fia Pechino, dagli apparati di controlnanza e della tecnologia, i conflitti dilo delle esportazioni e monitoraggio gitali, le relazioni degli investimentra apparati buroti esteri, come il cratici e aziende, I caratteri strutturali dei Committee on Fol’interruzione del funzionamen - to “naturale” dei mercati attraverconflitti geopolitici, in particolare tra Stati Uniti e Cina, non sono stati reign Investment in the United States (CFIUS) presso il Dipartimento so sanzioni finangenerati dal virus ma hanno del Tesoro e il Buziarie e commersubito un’accelerazione: gli reau of Industry ciali, e barriere Stati guadagnano spazio and Security (BIS) verso gli investie poteri di intervento e se presso il Dipartimenti esteri. l’Europa vuole recuperare mento del ComI meccanismi di posizioni deve superare mercio. Il caso capitalismo politico sono variegati. debolezze e divisioni Huawei, con tutte le sue complessità A Washington e e ambiguità, è una Pechino non hanvicenda che mono la stessa natura. Possono riguarstra bene i conflitti tra i capitalismi podare la sottomissione più o meno forlitici, che oggi si estendono anche alle male dell’ambito economico a quello organizzazioni internazionali, dall’Orpolitico in sistemi autoritari (come ganizzazione Mondiale del Commermostra il ruolo pervasivo del Partito cio all’Organizzazione Mondiale della Comunista Cinese). Possono indicare Sanità, ma anche ai corpi deputati a l’allargamento del dominio della sistabilire e a certificare gli standard

internazionali, in particolare nelle telecomunicazioni. In che modo lo scenario del conflitto tra i capitalismi politici cambia, nel mondo della pandemia? Anzitutto, non bisogna sopravvalutare questo cambiamento. Con una corretta chiave di lettura, è più corretto parlare di un’accelerazione delle dinamiche già in corso, della loro rivelazione oltre la superficie. I caratteri strutturali del conflitto tra Stati Uniti e Cina, che influenzano le altre dinamiche della nostra epoca, non sono stati generati dal virus, anche se aumenta la retorica sulla “guerra fredda”. Precede la pandemia anche la potenza politica delle grandi aziende tecnologiche (anch’es

se “schierate” o “in schieramento” rispetto al conflitto tra Washington e Pechino). La pandemia, come riconosciuto pressoché da tutti gli osservatori, ha portato a una nuova centralità del ruolo dello Stato. Anche da questo punto di vista, non bisogna sopravvalutare la distanza dallo scenario precedente. Il concetto di “capitalismo politico” aiuta anche a smascherare certe ipocrisie in materia. Per esempio, non è mai stato possibile per un investitore “di mercato” sgradito al governo statunitense diventare azionista di riferimento di imprese energetiche o aeronautiche negli Stati Uniti. D’altra parte, la crisi sanitaria e la crisi economica determinano un allargamento sia della sicurezza nazionale che dell’ombrello degli interventi degli Stati, che possono assumere diversa natura. Per esempio, anche a seguito della pressione che il calo del prezzo del petrolio ha determinato sui produttori, il segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Steven Mnuchin, ad aprile non ha escluso l’acquisizione di quote statali nelle società energetiche, mentre in seguito la posizione dell’amministrazione Trump si è focalizzata su meccanismi di prestiti e garanzie e non su equity, anche per evitare il termine bailout, politicamente scomodo. Per quanto riguarda l’energia, è quasi superfluo ricordare che il capitalismo politico è praticato dai principali attori di riferimento. Basti pensare alla Russia o alle monarchie del Golfo, realtà in cui la compenetrazione tra scelte economiche e politiche è evidente. Al governatore del fondo sovrano saudita, Yasir al-Rumayyan, è stata attribuita ad aprile la frase “Non bisogna sprecare una crisi. Per quanto ci riguarda, stiamo valutando ogni opportunità”. Il fondo saudita, Public Investment Fund, è in effetti una delle realtà più attive nel corso della pandemia: da un lato, la situazione del mercato e le azioni impulsive del principe ereditario Mohammed Bin Salman mettono il Regno sotto pressione, dall’altro lato si cerca di rispondere a questa pressione con crescenti investimenti, dall’intrattenimento allo shipping, senza dimenticare il calcio (Newcastle). Alla scommessa saudita, a dispetto degli annunci sulla diversificazione dell’economia, non è certo estraneo il settore petrolifero, con investimenti su Eni, Equinor, Royal Dutch Shell, Total, BP. Tali investimenti non hanno mai un valore solo economico, ma vanno letti in termini strategici e segnaletici. Che ruolo potrà avere l’Europa, nel futuro dei conflitti tra capitalismi politici? I Paesi europei sono usciti sconfitti (chi più, chi meno) dalla crisi precedente, la cosiddetta “Grande Recessione” che, iniziata altrove, ha avuto nel vecchio continente gli effetti più pesanti, sia per durata che per disvelamento di scarsa coesione e incisività politica.

I principali Paesi europei sembrano invece ben consapevoli della gravità della crisi in atto, anche per la sua incidenza in filiere centrali per l’economia europea, a partire da quella automobilistica. Dall’altra parte, rimangono gli elementi di debolezza strutturale: la velocità di esecuzione nelle cinghie di trasmissione tra l’ambito europeo e l’ambito nazionale, la scarsa coesione interna, la debolezza militare (resa evidente dai conflitti ai confini della UE), il ritardo sulla tecnologia rispetto agli altri grandi poli della crescita. Solo affrontando tutti questi temi, i Paesi europei potranno recuperare posizioni, nello scenario sempre più tempestoso dei conflitti tra capitalismi politici.

Per quanto riguarda l’energia, è quasi superfluo ricordare che il capitalismo politico è praticato dai principali attori di riferimento, basti pensare alla Russia o alle monarchie del Golfo, realtà in cui la compenetrazione tra scelte economiche e politiche è evidente

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