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Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno VIII - numero 40 - Agosto - Settembre 2016.

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ovunque

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mercalli: con il naso all'insù

rugby, cuore oltre la meta

st. tropez non solo glamour

Chiara Bordini | Le Voliere | Montagne e misteri | Valliera, sogno “diffuso” | Generazioni da locanda | Fondazione Peano


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EDITORIALE

Roberto Audisio direttore artistico

direttoreartistico@unicops.net

I

mpossibile non fermarsi un attimo a riflettere, in questi giorni, dopo i fatti che stanno accadendo nel mondo seminando morte e terrore. Siamo sempre sconcertati ed esterrefatti nel vedere corpi straziati, stesi a terra in luoghi più o meno lontani da noi, perché di fronte alla morte non possiamo restare indifferenti. Alla morte non ci si può abituare. Ma quando quelle persone non sono soltanto i nomi di un elenco, ma volti che conosciamo, vicini di casa, colleghi di lavoro, parenti o amici, come Simona Monti, dipendente della Mauli di Revello, morta nell’attentato di Dacca in Bangladesh dove lavorava, o come Carla Gaveglio di Piasco, morta nella strage di Nizza, dove passava le vacanze con la figlia, allora ci sentiamo anche noi parte di quell’orrore. La paura ci assale e le domande non trovano risposta. A mia figlia di otto anni che mi ha chiesto “papà perché hanno ucciso tutte quelle persone?”, sinceramente, non so cosa rispondere. Non riesco a dare un nome, a definire ciò che altri chiamano “terrorismo”, “guerra religiosa” o che si voglia. Facile cedere alle teorie di chi vuole ad ogni costo una strategia dietro tutto ciò, spiegandola come una guerra tra civiltà e culture differenti, fra Islam e Occidente. Credo che ciò non faccia che alimentare odio. Penso invece che dovremmo innanzitutto seguire con estrema attenzione, lucidità e grande disincanto i tentativi di condizionarci. Il mondo sta precipitando in un vuoto esistenziale, un vero e proprio deserto dell’anima da cui possiamo riemergere solo con la consapevolezza che il bene che c’è in ognuno di noi può vincere su tutto. Dovremmo reagire al terrorismo con meno armi e più cultura, intesa come conoscenza, strumento di crescita civile e morale della società che definisca nuovi confini in cui il pensiero possa spaziare. Occorre avere visioni e idee per il domani, con fermezza, senza pregiudizi e condizionamenti. Amare gli altri significa fare quello di cui le persone intorno a noi hanno bisogno per la loro crescita, senza egoismi. E che noi, proprio noi, possiamo dare: del nostro tempo, della nostra capacità, dei nostri talenti, del nostro denaro. Amare significa dare pezzi di sé, in senso letterale, senza chiedere nulla in cambio. Come fa il Sole con la Terra. E significa anche informarsi a vicenda, chiarirsi le idee, sostenersi, darsi fiducia e speranza in questi tempi di grande sfida.


Rivista bimestrale dalle Alpi al Mare Anno VII • Numero 40 • Agosto - Settembre 2016

Alessio Botto

Roberto Audisio

Direttore responsabile: Alessio Botto • info@unicops.net

info@unicops.net

direttoreartistico@unicops.net

DIRETTORE RESPONSABILE

DIRETTORE ARTISTICO

Direttore artistico: Roberto Audisio • direttoreartistico@unicops.net Redazione centrale: Giovanna Foco • redazione@unicops.net Editing: Vanina Carta • editing@unicops.net Concessionaria unica di pubblicità: BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 - Cuneo info@unicops.net tel. +39 0171.603633 [UNICO] è una pubblicazione di BB Europa Edizioni Via degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo tel. +39.0171.60.36.33 Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009 Stampa: TIPOLITOEUROPA • Cuneo info@tipolitoeuropa.com • www.tipolitoeuropa.com

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore © BB Europa Edizioni. Nell’eventualità che testi e illustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a seguito di segnalazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei relativi riferimenti. Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” - Responsabile dati UNICO - Via degli Artigiani, 17 - 12100 Cuneo. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96). Puoi trovare [UNICO] nelle migliori edicole della provincia di Cuneo e Liguria di Ponente, a Torino nella Libreria Internazionale Luxembourg, nei migliori locali della Liguria, del Principato di Monaco e della Côte d’Azur. Questo numero è stato chiuso in redazione il 27/07/2016. In copertina: Valle Stura - Photo: Luca Privitera

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CONTRIBUTORS Hanno scritto:

Hanno fotografato:

Roberto Audisio Amy Bellotti Ilaria Blangetti Phil Boschero Andrea Bovero Vilma Brignone Silvia Campanella Vanina Carta Claudia Casella Monica Coviello Giovanna Foco Marc Lanteri Marianna Mordenti Caterina Morello Fabio Moretti Luca Morosi Camilla Nata Luca Prestia Monia Re Giorgio Trichilo

Archivio Collezione La Gaia Archivio Slow Food Archivio Vele d’Epoca Roberto Audisio Oscar Bernelli Marco Bertorello Greta Canu Vanina Carta Vanessa Casaretti Fred Cigno GF Photographer Luigi Giordani Marco Marengo Daniele Molineris Caterina Morello Luca Morosi Eloise Nania Matteo Pettenuzzo Luca Prestia Luca Privitera Paola Ruggieri

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero con il patrocinio di:

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people

SOMMARIO

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RITRATTO 14 | con il naso all’insù

CAPITANI D’AZIENDA 20 | allevata a pane e marmellata

UNDER 40

24

24 | le voliere, girl power

SOCIETÀ E COSTUME

28

style

28 | la montagna incantata 32 | valliera, sogno “diffuso”

SPORT 38 | il cuore oltre la meta

ITINERARI 44 | saint tropez, “piace a troppi”

GUSTO 48 | generazioni tra i fornelli

48

ARTE

zoom

56 | scultura da vivere, fruibilità pubblica

56

EVENTI 58 | territorio in vetrina 60 | meccanica, vocazione saluzzese 64 | la ricerca si presenta a cuneo 68 | felicemente “al verde”

AZIENDE 62 | “ricostruire” l’edilizia per il rilancio

32

RUBRICHE 3 6 8 12 43 70 72 74 76 79 80 81 82 84 86 88 90

| EDITORIALE | SOMMARIO | PRIMO PIANO | PASSEPARTOUT | L’INTERVISTA IMPOSSIBILE | LIFE-STYLE | BONTÀ A TAVOLA | PERSONAL SHOPPER | UNA MELA AL GIORNO... | DA ROMA | BON TON | MONEY, MONEY, MONEY | ARTE | MOTORI | LEGGERE | SPA SPECTATOR | ESSERCI



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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | primo piano

rimo iano

“VOLA” L’ESTATE ALL’AEROPORTO DI TORINO

NIZZA MONFERRATO HA LA SUA DOCG

Il network di destinazioni dall’Aeroporto di Torino offre molteplici soluzioni di viaggio anche per le vacanze estive. Le mete turistiche preferite in Italia e nel Mediteranno sono tutte servite da voli di linea diretti, sia da compagnie aeree tradizionali sia low cost. Tra le più gettonate, la Grecia. Da Torino è possibile volare verso Atene ogni martedì e sabato con Blue Air; Corfù ogni lunedì e venerdì con Volotea; Rodi ogni sabato con Neos Air; Skiathos ogni martedì e giovedì con Volotea. Un’altra destinazione in gran voga è l’arcipelago delle Baleari. lbiza è servita da Blue Air ogni giovedì e domenica; da Ryanair ogni lunedì e venerdì, e da Neos Air la domenica. Per Minorca ogni giovedì e domenica con Blue Air e ogni domenica con Neos Air. Palma di Maiorca è raggiungibile con Volotea ogni mercoledì e domenica; Blue Air ogni martedì e sabato; Neos Air e Vueling la domenica. Per tutte le altre destinazioni: www.aeroportoditorino.it

Debutta la nuova Docg Nizza, che rappresenta l’eccellenza assoluta nella vinificazione delle uve barbera nell’area del Monferrato. Prodotta in 18 comuni (rispetto ai 169 complessivi del Barbera d’Asti) è stata imbottigliata per la vendemmia 2015 in circa 700.000 bottiglie, con la prospettiva di arrivare, in una decina di anni, a 4 milioni e mezzo, da una potenziale superficie complessiva di 720 ettari. Il rigido disciplinare impone la vinificazione in purezza (100% uve barbera), con una resa per ettaro limitata a 70 quintali. Il Nizza Docg è stato presentato nell’omonima città da Gianni Bertolino, presidente dell’Associazione Produttori del Nizza.

TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO “ESCE ALLO SCOPERTO” Quest’anno Terra Madre Salone del Gusto cambia pelle ed “esce allo scoperto”, come recita il nuovo pay off. Organizzato da Slow Food insieme a Regione Piemonte e Città di Torino, l’evento compie 20 anni, cambiando nome e location. Dal 22 al 26 settembre 2016, il centro di Torino si anima di stand, incontri e molto altro. Obiettivo di questo cambio di rotta è avvicinare il grande pubblico alle tematiche legate al cibo, dalla produzione alla distribuzione e al consumo. La manifestazione è anticipata di un mese rispetto alle precedenti edizioni e coinvolge alcuni tra i luoghi più belli e importanti di Torino: il Parco del Valentino con il Castello e il Borgo Medievale, Palazzo Reale, Teatro Carignano, il Circolo dei Lettori, la Mole Antonelliana, la Reggia di Venaria Reale e molti altri. Il cuore pulsante della manifestazione è il Parco del Valentino, dove si affronta il tema più spinoso ma anche più stimolante: conciliare la presenza dell’uomo sul pianeta con la necessità di rispettarne le risorse naturali. “Grazie alle sue tante eccellenze e alla profonda e diffusa cultura del cibo della sua comunità, il Piemonte continua a essere la cornice ideale di manifestazioni come Terra Madre Salone del Gusto, capaci di rinnovarsi – anche radicalmente – per continuare a proporre un’esperienza di qualità indiscussa a un sempre numeroso pubblico di appassionati ed esperti”, commenta Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte. “Oggi più che mai vogliamo creare un evento in sintonia con i luoghi che lo ospitano, sensibilizzando ancor di più i visitatori al rispetto del nostro patrimonio. Anche per questo cercheremo di lasciare alla città un tangibile contributo per il bene comune. Sarà una grande sfida, ma siamo certi che Torino e il Piemonte ci accoglieranno con l’entusiasmo e l’affetto che ci dimostrano ormai da tanti anni”, conclude Carlo Petrini.

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SIGLATO L’ACCORDO TRA FONDAZIONE CRC E UBI

A GENOVA MAXI WALL

La Fondazione CRC ha siglato l’accordo per la cessione della propria partecipazione in Banca Regionale Europea al Gruppo UBI, di cui diventa in questo modo il primo azionista. In cambio della quota minoritaria del 24,9% di BRE Banca, la Fondazione CRC ha infatti ottenuto 120 milioni di euro in cassa e un numero di azioni UBI che la portano a raggiungere il 5,9% della partecipazione azionaria. L’intesa è stata raggiunta sulla base delle indicazioni del Consiglio Generale e del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione CRC che, all’unanimità, hanno dato mandato al presidente Giandomenico Genta di concludere la trattativa per la trasformazione della partecipazione. Oltre a valorizzare gli aspetti economico-finanziari delle proprie partecipazioni nelle banche di riferimento, viene tutelata la presenza territoriale della banca.

È stato inaugurato in zona San Benigno a Genova il Luzzati Wall, una grande installazione realizzata dall’ateliér dello scenografo Elio Sanzogni, con disegni del maestro genovese Emanuele Luzzati dedicati alla città di Genova e alle sue bellezze. L’iniziativa di riqualificazione urbana è stata promossa e coordinata da un’azienda italiana leader nelle maxi affissioni di qualità, che ha coinvolto nel progetto il Museo Luzzati. L’installazione anima una parete di oltre 250 metri quadrati.

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | primo piano

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | primo piano

rimo iano

A PORTOFINO TORNANO LE CROCIERE

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Le navi da crociera tornano a Portofino grazie all’entrata in vigore della nuova ordinanza dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Santa Margherita Ligure, che prevede l’avvicinamento alla costa del punto di fonda delle navi, facilitando lo sbarco di turisti. Si chiude così un iter iniziato dopo che il Decreto Salva Coste “Passera-Clini”, emanato a seguito del naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio aveva allontanato da tutte le coste le navi passeggeri. Penalizzati posti come Portofino, che si erano visti annullare quasi la metà degli sbarchi stagionali proprio a causa della lontananza del punto di fonda dalla costa.

È partita a Moncenisio la prima residenza creativa di Borderscapes, un percorso di promozione e valorizzazione dei territori alpini transfrontalieri che coinvolge le regioni del Piemonte in Italia e della Provence-Alpes-Côte d’Azur in Francia, con il sostegno del fondo FESR, programma Alcotra-Interreg 2014-2020 per la cooperazione transfrontaliera. Dall’illustrazione alla musica, dal documentario sonoro alla fotografia: sono otto i creativi, italiani e francesi, che da giugno a ottobre percorrono il tratto di frontiera da Moncenisio fino a Breil sur Roya. Studio dei territori, produzione di opere originali, eventi e un festival conclusivo per raccontare il nuovo immaginario della frontiera. Borderscapes rientra nel Festival Torino e le Alpi, promosso dalla Compagnia di San Paolo.

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | passepartout

a cura di Monica Coviello - giornalista lifestyle

ULTIMI FUOCHI D’ARTIFICIO PER UN’ESTATE TROPPO GIOVANE PER FINIRE

l’autunno può attendere FESTA DELLA SEGALE

TORINO TO-DAYS

Sant’Anna di Valdieri, 19-21 agosto

Torino, 26-28 agosto

La cultura e la tradizione locale sono protagoniste di una tre giorni di concerti, laboratori, passeggiate e conferenze. Domenica è il giorno da non perdere, con il grande mercato dei prodotti enogastronomici e artigianali, l’escursione guidata sul sentiero Lou Viòl di Tàit, la battitura della segale, i balli, la musica e la sfilata in costume.

Tre giorni con grandi rock band internazionali e artisti emergenti. Il 26 tocca a M83 e John Carpenter, il 27 a The Jesus and Mary Chain e domenica a Goat, Crystal Fighters, Local Natives e Brian Jonestown Massacre. www.todaysfestival.com

TRAIL DELLE ALPI MARITTIME Entracque – Valdieri, 4 settembre

BALLA COI CINGHIALI Vinadio, 18-20 agosto Al Forte Albertino, torna il festival musicale che l’anno scorso ha registrato 10.000 presenze, con la tradizionale formula di concerti e DJ set distribuiti su più palchi, mostre, spettacoli, laboratori, attività, gastronomia tipica, cucina di strada. Fra le novità, lo spazio dedicato alle band emergenti. Come sempre... “come a Woodstock ma si mangia meglio”. www.ballacoicinghali.com

È uno dei trail più spettacolari dell’arco alpino. Con partenza dalle Terme di Valdieri, il percorso si snoda su uno sviluppo di 29,3 km: 30% su sentiero; 60% su strade sterrate e lastricate; 10% su asfalto, con un dislivello di 1800 m. Tra le novità 2016, l’inserimento della competizione nel Campionato provinciale e regionale di Trail corto e ottava prova del Trofeo “EcoPiemonte”, istituito dalla FIDAL regionale. Anche quest’anno, poi, la gara fa parte del Circuito internazionale “trail delle Valli Occitane”. E se il Trail del Parco delle Alpi Marittime è destinato agli atleti dalle gambe buone, la Valasco Run - Nordic Walking è un evento per tutti (12 km e 500 m di dislivello). www.trailalpimarittime.it

PASTICCINI IN CARROZZA Torino, 21 agosto Gli storici tram Ristocolor e Gustotram conducono i passeggeri alla scoperta delle bellezze artistiche della città (con una guida turistica) proponendo una dolce degustazione (alle 17,00) o un aperitivo (alle 18,00) insieme a un maestro pasticcere che svela i segreti dell’arte bianca. Il tour dura 50 minuti. www.gtt.to.it

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MARILYN MONROE LA DONNA OLTRE IL MITO Torino, fino al 19 settembre Torna MITO SettembreMusica, il festival musicale che si divide tra Torino e Milano, con due novità: una maggiore attenzione alla musica classica e l’introduzione di un tema, che cambia di anno in anno e che viene declinato in modo diverso da ciascuno dei circa 160 concerti in programma. Per la decima edizione, il filo conduttore è “Padri e figli”. www.mitosettembremusica.it


VELE D’EPOCA

Torino, fino al 29 agosto

Imperia, 7-11 settembre

Il Museo del Cinema di Torino organizza la mostra Hecho en Cuba – Il cinema nella grafica cubana, con 220 opere della miglior cartellonistica cubana e provenienti dalla Collezione Bardellotto. Manifesti rari e immagini uniche che raccontano la stagione creativa di una delle scuole grafiche più importanti del mondo nel periodo che va dalla rivoluzione castrista del 1959 ai giorni nostri. www.museocinema.it

Il grande appuntamento velico ligure compie 30 anni e lo fa in grande stile. La prestigiosa regata riservata alle vele d’epoca, sponsorizzata da brand come Panerai e Jeep, festeggia l’evento con una serie di iniziative dedicate. In particolare, partecipano alla 19a edizione alcune delle “regine dei mari” che fecero grande la prima. A partire dall’ottava, il raduno di Imperia ha assunto cadenza biennale e si svolge solo negli anni pari, alternandosi con Le Vele d’Epoca di Porto Rotondo. Oggi sicuramente, nel suo genere, è uno degli eventi più importanti del Mediterraneo, capace, nelle acque di Porto Maurizio, di radunare circa 100 imbarcazioni e più di 100.000 visitatori. Un evento organizzato dall’Assonautica Provinciale di Imperia, che fa parte del circuito Panerai Classic Yachts Challenge. www.veledepoca.com

IO AMO L’ITALIA Aosta, fino al 20 settembre Il Centro Saint-Bénin ospita la mostra Leonard Freed – Io amo l’Italia: una selezione di 100 scatti del fotografo dell’agenzia Magnum Photos, vintage e modern print, che raccontano i suoi oltre 45 soggiorni in Italia. E la sua passione per la vita della gente comune, dai lavoratori siciliani, ai soldati di Firenze, agli aristocratici veneziani e romani. www.regione.vda.it

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | passepartout

HECHO EN CUBA

IL NILO A POMPEI Torino, fino al 4 settembre Torino, Pompei e Napoli unite da un grande progetto espositivo con un solo denominatore comune: l’Egitto e il Nilo. Il Nilo a Pompei – Visioni d’Egitto nel mondo romano è il primo di tre appuntamenti, che a Torino, al Museo Egizio, racconta gli influssi sociali, politici e artistici originati da culti nati nella terre del Nilo, con oltre 330 pezzi: pitture, sculture, utensili, gioielli ricostruiranno la trama storica tra arte faraonica e arte greco-romana. All’interno del progetto, seguiranno mostre a Pompei e a Napoli

“POLO” DI LUSSO Montecarlo, 15-18 settembre La Monte-Carlo Polo Cup, considerata un torneo a pieno titolo, è una combinazione di sport e vita mondana, in alcuni dei luoghi che hanno reso celebre Monaco. L’evento sportivo ha luogo presso il Domaine de Virevent, situato sulle alture del Principato. Quattro giornate eccezionali di sport e lusso? Must del torneo, la serata Ladies Hat e il gala di chiusura, organizzato a scopi di beneficenza a favore della Fondation Princesse Charlène de Monaco. www.montecarlopoloclub.mc

SISTER ACT Montecarlo, 16-20 agosto All’Opera Garnier di Montecarlo arriva il musical che racconta la storia di Deloris Van Cartier, cantante di cabaret che assiste a un omicidio e si nasconde in un convento, rivoluzionando il repertorio corale delle religiose. La sceneggiatura è quella del film del 1992, com Whoopi Goldberg. www.sisteractuktour.co.uk..

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con il naso all’insù

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | ritratto

LA RICERCA È IL SUO MESTIERE, MA LA DIFESA DELLA TERRA LA SUA MISSIONE. CON LUCA MERCALLI, L’ALLARME SUL CLIMA E SULLO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE AMBIENTALI DIVENTA LA MOLLA PER SCELTE DI VITA CONSAPEVOLI E LA SCIENZA SI FA ETICA

DI VANINA CARTA – PHOTO: MATTEO PETTENUZZO

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li occhi rivolti al cielo, i piedi ben saldi a terra e il papillon a rivelare il guizzo, l’estro. Da un lato ragione e scienza, dall’altro passione per la Terra, l’acqua, i ghiacci, la montagna, il paesaggio. Ed è esattamente come lo vedi in TV. Non nasconde maschere o ritocchi da palcoscenico Luca Mercalli, così come non gioca con la parola: affilata, diretta, senza i filtri di quello schermo attraverso il quale tante volte lo abbiamo seguito nelle sue visioni e previsioni. Ai piedi della Mole Antonelliana, dove impossibile è non restare con il naso all’insù, lo incontriamo per “parlare del tempo” – quattro chiacchiere da pizzeria che si trasformano nel lucido disegno di uno scenario e nel racconto di una vita spesa per la divulgazione e la difesa del pianeta, con determinazione, talvolta con durezza, e drammatica consapevolezza del futuro. Suolo, clima, montagna: la sua formazione di climatologo e meteorologo va oltre la ricerca e gli studi teorici diventando una missione. Sono nato e cresciuto a Torino, ma attratto dalla montagna, sempre vissuta come mio ambiente naturale, mi sono trasferito in Val Susa. Lì, ve-

dendo da vicino la minaccia a cui sono esposti soprattutto i ghiacciai, mi sono interessato fin da giovane allo studio non solo dei suoli, ma anche del clima, per capire quali potevano essere le cause e le possibili soluzioni. Da qui alla difesa del suolo e all’estetica del paesaggio il passo è breve. Il territorio piemontese, nello specifico cuneese, lo conosco bene e nelle mie osservazioni, lungo gli anni, ho potuto constatare che la questione del consumo del suolo ormai non riguarda solo più le città, ma anche la provincia. È un problema culturale che tocca noi e i nostri amministratori: in quanto espressi da noi cittadini, sono lo specchio della nostra scarsa attenzione al contesto ambientale. Quando, qualche anno fa, ho detto che, con tutti quegli svincoli stradali, Alba ormai era un po’ come Milano, mi hanno risposto che “Alba voleva essere come Milano”... E ho anche lottato per denunciare gli scempi e le violenze sui suoli, spesso pagando di tasca mia le conseguenze, com’è successo in un contenzioso con l’allora sindaco di Barge (Mario Picco – nrd), per aver condannato la costruzione di un’area artigianale in mezzo alle campagne di Staffarda, perlopiù rimasta deserta.

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | ritratto 16

Luca Mercalli, il meteorologo e climatologo più conosciuto d’Italia è da sempre interessato alla Terra nella sua globalità: dallo studio scientifico di ghiacci, clima e suoli alla tutela del paesaggio. Si batte da anni per una “comunità resiliente” che possa limitare gli sprechi e migliorare l’impatto energetico partendo dal quotidiano.

La sua attività di ricercatore molto verte sullo studio dei ghiacciai, vere riserve d’acqua e regolatori del clima. Come stanno, da questo punto di vista, le Alpi Marittime? I ghiacciai alpini sono sotto la minaccia costan-

te del riscaldamento globale, in particolare quelli delle Alpi Marittime, più piccoli e meridionali. Negli ultimi anni, abbiamo avuto alcune delle estati più torride degli ultimi secoli, come quella del 2003 e del 2015, che hanno provocato una riduzione glaciale considerevole, pari mediamente a 1 m l’anno, con picchi di 2-3 m con il caldo africano. Si è arrivati a stimare che, eccetto i ghiacciai a quote superiori a 4.000 m, quelli più in basso con questo ritmo potranno estinguersi entro 50-70 anni. Direi che l’urgenza, ormai, è diventata emergenza. Esiste ancora l’utopia del “vado a vivere in campagna”? Oggi gli inquinanti sono ovunque, anche nelle campagne, ma i centri di provincia restano certamente più vivibili e a misura d’uomo. Bisogna fermare, però, il consumo del suolo. Il capannone industriale è devastante e purtroppo non abbiamo saputo gestirne la proliferazione. Il nostro è stato un “abuso di suolo” già a partire dagli anni ’60-’70 con l’edilizia abitativa, a cui si è aggiunta, poi, la crescita incontrollata di quella industriale e infrastrutturale. Per certi versi, il Piemonte ha subìto più danni del Veneto, dove l’industrializzazione è stata altrettanto pesante se non più imponente, ma più recente. Qui il fenomeno è partito prima, per cui i danni al paesaggio sono più radicati. Naturalmente ci sono molti casi di eccellenza, di borghi e di comuni che hanno saputo e sanno gestire e limitare con il buon senso questo tipo di espansione, ma il problema è che non c’è coerenza sul territorio e nemmeno continuità, con la conseguente vanificazione di energie e sforzi da parte delle amministrazioni virtuose. L’esempio a cui guardare, a mio avviso, è quello nordeuropeo, dove tutte le realtà contribuiscono, senza picchi eclatanti ma tutte nello stesso modo, e i risultati sono più duraturi e più diffusi. È più un “gioco di squadra”, collettivo. In Italia un modello simile lo abbiamo in Trentino Alto Adige, dove il paesaggio è al


Cos’è la “città di transizione”? Oggi c’è la tendenza a dare un’etichetta a ogni concetto o fenomeno, perché molte persone si sentono attratte da definizioni che soddisfino le loro esigenze di semplificazione e di appartenenza a un gruppo. Non si tratta né di un movimento, né di una moda e nemmeno di una teoria, ma semplicemente di uno stile di vita, molto concreto, che ci riguarda tutti. Un modello di comunità resiliente, dove il cibo possa essere prodotto localmente e si limitino gli sprechi partendo dal singolo, con gli strumenti che oggi abbiamo sempre di più a disposizione, attraverso piccole azioni quotidiane, ma anche scelte più importanti per migliorare l’impatto energetico delle nostre case, per esempio. In realtà, con il cambiamento climatico in atto e la sempre più scarsa disponibilità di risorse fossili, non abbiamo scelta: ci resta poco più di una decina di anni per tentare di rimediare a qualcosa. Se qualche anno fa si auspicava un intervento educativo sulle nuove generazioni, ora non abbiamo più a disposizione questo arco temporale e dobbiamo agire subito. Non è più il momento di delegare a chi verrà dopo di noi.

zie ai miei pannelli solari, piuttosto che andare in giro con un SUV. Non è solo questione di scienza, ma di etica e la stessa Enciclica di Papa Francesco (Laudato Si’ del 2015 – ndr) ha recepito gli appelli della ricerca mostrando la valenza morale di un atteggiamento consapevole verso l’ambiente. Cosa si può fare nel concreto? Abitazioni a scarso impatto energetico, isolamento termico, pannelli solari, auto elettriche. Io, per casa mia, ho scelto di puntare sul sole: pannelli fotovoltaici e collettori termici per l’acqua calda sanitaria, vetri doppi, isolamento del solaio. Lavatrice e lavastoviglie si accendono preferibilmente nelle belle giornate e uso l’auto elettrica, con energia che deriva dal sole... Non mi manca nulla, anche grazie all’orto domestico, e non mi sento un eremita. Semplicemente elimino il superfluo e sono soddisfatto di andare avanti in modo il più possibile rinnovabile.

La documentata scarsità di risorse fossili ci deve spingere alla consapevolezza, come punto di partenza verso uno stile di vita più sostenibile. Luca Mercalli, in prima persona, in casa ha installato pannelli fotovoltaici e collettori termici, e per muoversi ha scelto l’auto elettrica.

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centro della tutela da parte delle amministrazioni: la prova che il problema non è la politica, ma in primis la scarsa cultura di un territorio, dietro la quale spesso si celano anche interessi economici.

Come si traduce in concreto tutto questo? È ognuno di noi, singolarmente, che deve prendere coscienza di questa condizione. La consapevolezza è il primo consiglio. La ricerca sconsiderata del benessere e di oggetti che consumano molte risorse, senza tenere conto dell’impatto che ciò ha a livello ambientale, mette a rischio il futuro dei nostri figli. Personalmente preferisco sapere che un giorno, quando non avremo più né gas né abbastanza petrolio, potrò fare la doccia calda gra-

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La sensibilizzazione ambientale è per Mercalli una missione vitale. I mezzi a sua disposizione (TV, giornali, internet, conferenze) sono le “armi” per combattere un’indifferenza preoccupante su un argomento che riguarda ognuno di noi.

Cosa’è la curva di Hubbert? È uno studio che risale già agli anni ’70 e che ci spiega, per farla breve, come il petrolio stia finendo (secondo tale modello matematico, superato il punto più alto della funzione, detto “picco di Hubbert”, segue un declino dell’estrazione petrolifera che tende a zero – ndr). Dopo il massimo storico dei quasi 150 $ al barile nel 2008, le industrie estrattrici hanno investito in nuovi giacimenti che, pur rappresentando ulteriori fonti di approvvigionamento, si sono rivelate di minor qualità rispetto a quelle sfruttate fino ad allora. La verità è che le riserve si stanno esaurendo. Vediamola così: le risorse petrolife-

re sono un po’ come un albero carico di mele. Prima prendi le più belle e più comode: quelle a cui arrivi facilmente e che puoi vedere bene. Poi, quando le hai finite, ti accorgi, da sotto, che anche la parte alta della chioma è carica; allora devi prendere la scala e salirci. Quando sei lassù, però, ti rendi conto che quelle mele non sono poi tanto belle e sane; intanto la scala hai dovuto pagarla e rischi pure di cadere... Noi siamo in questa situazione: abbiamo già raccolto tutte le mele più belle. Siamo, cioè, in una fase discendente della curva, in cui non disponiamo più del petrolio “buono” e quello che c’è è di difficile estrazione, quindi prepararsi alle rinnovabili è opportuno. Ma in ogni caso dobbiamo abbandonare in fretta le fonti fossili per evitare il disastro climatico. Quindi, due piccioni con una fava. Per finire, il suo rapporto con la TV? Per anni ho lavorato in TV come ospite, in particolare su Rai3, e nel 2003 sono stato inserito nel gruppo di lavoro di Che tempo che fa di Fazio, come ospite fisso fino al 2014. Poi, per due stagioni, 2015 e 2016, ho condotto, sempre su Rai3, Scala Mercalli, per parlare in modo specifico di sostenibilità ambientale con approfondimenti sui grandi problemi del mondo e sulle possibili soluzioni. Continuo a scrivere su giornali e internet, tengo lezioni e conferenze, ma la TV è semplicemente un mezzo fondamentale nel processo di sensibilizzazione perché permette di raggiungere grandi numeri di ascoltatori. Perché è lì che occorre arrivare per essere davvero incisivi e far riflettere. La pizza, ingurgitata tra un appunto e l’altro, è finita. La Mole è ancora lì e la giornata di sole inevitabilmente ci ricorda quanto sarebbe bello immagazzinare quell’energia per utilizzarla al momento buono... Due passi a piedi fino al parcheggio e ci salutiamo con l’augurio che quell’auto elettrica non resti l’unica silenziosa “mosca bianca” tra le tante dello sciame ronzante attorno a noi.

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Viaggiare

uore

il c con la testa e con ente Baravalle - consul a cura di Giorgio

di viaggio

, o capo del mondo e esotiche all’altr et m e i di re e ae iv di pr o ” in “bolle solo sinonim ione, si sta chiusi az Viaggiare non è in st o in de a tr al ti un un luogo ad i, una volta gi , traghettati da un soprattutto se po sia e ch lle e de nt la co gi til e nostal o resort scin di turista, pigro ra isu identità, villaggio m a to ea cr . ioni dove tutto è e e per lo spirito desolanti escurs ercizio per il cuor es un è nima che solo il e ar ll'a gi de ag . Vi nutrimento ro ve e m abitudini di casa co e tim in dalla distanza, ere da emozioni dipendentemente in i, irc fr Non può prescind of ad e sc cosa di diverso rie ello di educare i contatto con qual nostro scopo è qu Il o. gi ag vi frendo spunti di ia tipolog della scoperta, of to iri sp ro dal budget e dalla ve il rare tandoli ad assapo viaggiatori ripor ionanti. ss pa ap vertenti e ed alternative di nze I: ascorrere le vaca E SUGGESTION r chi sceglie di tr pe ECCOVI ALCUN ca tifi en e id m e ar ch o di ch ovo termine iente agriturism Staycation è il nu indi ad un accogl qu e at ns Monferrato, Pe o e. he on ng esco di La Un ll’ nella propria regi de io on im tr a passeggiare sulle colline pa ina, divertendovi sc pi la cui vista spazia in lo ro Ba sa propria è buon bicchiere di ntirsi turisti in ca Se . te ar sorseggiando un d’ ttà ci e li vali, filari, castel fra borghi medie mente! ta lu so ogliera a picco as e ar prov nestre su una sc fi le o nd re un’esperienza da ap a mattin aglia, oppure ersiva: alzarsi la coste della Cornov lle su ro fa o La vacanza imm tic an uso cora in un damm giante, ospiti di un sul mare spumeg wolds inglesi, o an ts Co i enari ne nt ia ce gl i iv pa tra gli ul il tetto in io o una masseria in uno chalet con gl ba un gina di in pa e a ch o un no sarà ria piuttost etibile. Ogni gior ip tipico di Pantelle irr e o ic un , to dersi il momen della Puglia e go o. bbe? Forse in scriverete vivend ù vi appassionere pi e un racconto che ch la el qu ’è al una vecchia e esperienza: qu Oppure a bordo di e? gu ar La vacanza com m Ca lla ze di un treno sulle spiagge de cora sulle carroz an o ò, tr sella ad un cavallo re ’ po i un ssuoso oprire una Parig siberiana o sul lu “2 cavalli” per sc rd fino alla Tran No l de chi amici na po ag n Sp co la la sando a barca a ve un di o rd d’epoca attraver bo a ra ocie Harley sulla Ma anche una cr in groppa ad una a, nd la Ir d’ li Orient-Express? na ania e sui ca 0 km dalla Germ Cicladi, in barcon nubio per oltre 70 tra le splendide Da il o ng lu tta o cle in vetr in o in bici reale da un’igloo mitica Route 66 irare l’aurora bo m am n no hé rc a Vienna... e pe in Lapponia? tra calde coperte ù ia di saperne di pi ti ti è venuta vogl un sp ti es qu o nd Se legge scopo. ggiunto il nostro re idee di viaggio. allora abbiamo ra curiosità e le nost e tu le o am di on e approf Passa a trovarci

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allevata a pane e marmellata DI GIOVANNA FOCO - PHOTO: OSCAR BERNELLI

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scolta con attenzione. E ha, anche, occhi grandi che catturano l’intorno. Vista e udito li usa con garbo in quella che è la sua mansione: socia e direttore generale di Agrimontana, azienda italiana leader di qualità nella trasformazione della frutta fondata dal papà Cesare e dallo zio Enrico che, ancora oggi è socio in azienda insieme a Luigi, fratello di Chiara. L’impresa cuneese è anche partecipata del Gruppo Illy Spa. Lei è Chiara Bardini. Laureata a Piacenza in Scienze e Tecnologie Alimentari, è nata nel 1974. Sa bene cosa significhi avere alle dipendenze una sessantina di dipendenti e gestire una contabilità che si aggira sui 17 milioni di euro. Cuneese di adozione, ma genovese di nascita, vive a Cuneo. È sposata e ha due figli. Nel suo carattere, cosa c’è di Liguria e cosa di Piemonte? Il mare mi ha dato la solarità e l’allegria. La montagna, invece, mi ha allenata a quella piacevole e costruttiva solitudine interiore. Quali insegnamenti ha avuto da sua mamma e da suo papà? Mia madre, Margherita, è stata professore univer-

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CUNEESE DI ADOZIONE, MA GENOVESE DI NASCITA, È SOCIA E DIRETTORE GENERALE DI AGRIMONTANA, IMPRESA DEL COMPARTO “FOOD” CHE È ANCHE PARTECIPATA DEL GRUPPO ILLY SPA: CHIARA BARDINI

sitario a Genova, titolare della cattedra di Patologia generale. Donna di scienza, mi ha trasmesso la disciplina e il senso del dovere. Mio padre, Cesare, lo ricordo anche nei suoi racconti di quando lavorava nella distilleria di nonno Ernesto a Rivoli. Uomo intraprendente e intuitivo: è stato per me esempio di sacrificio, ma nello stesso tempo, mi ha trasmesso il gusto del sapersi divertire con ciò che si fa e la capacità di godere di ciò che si ha. Mio papà, che non aveva studiato, si confrontava molto con mia mamma e da lei ha assorbito il rigore scientifico. Da parte sua, lo guidava un istinto viscerale e, di certo, ebbe una visione illuminata cogliendo in pieno quale fosse il trend, la direzione che avrebbe preso il comparto food. Agrimontana: a Borgo dagli anni ’70 È nata grazie a mio padre che, in quegli anni, “decise” di fare l’imprenditore staccandosi dalla distilleria del nonno. La sua intenzione era quella di produrre il marrone candito. Scelse Borgo perché comune attorniato da castagneti ma, soprattutto, perché si innamorò – nel vero senso del termine – di questa conca, da tutti conosciuta come quella del “ponte del sale”. Dall’idea alla realizzazione impiegò cinque anni.

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Chiara Bardini è laureata a Piacenza in Scienze e Tecnologie Alimentari. Nata nel 1974, gestisce una sessantina di dipendenti e una contabilità che si aggira sui 17 milioni di euro.

In quali mercati è presente l’azienda? Oltre il 60% del fatturato è legato all’Italia. In Francia siamo presenti grazie a una rete commerciale molto radicata, così come nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Il Giappone è molto importante per la vendita nel comparto “professionale”. La quota maggiore di fatturato deriva proprio dal mercato “professionale”, mentre il restante è legato allo produzione

destinata al consumatore. Sono due anni che Agrimontana ha crescite importanti. Abbiamo utilizzato il biennio di crisi per soffermarci su nuovi prodotti e progetti. L’evoluzione è continua. Basti pensare che il core business era la produzione di marroni canditi ad uso professionale, per artigiani e piccoli industriali. In seguito, si sono aggiunte declinazioni anche per il consumatore finale. Penso alle marmellate. Ora? Stiamo sviluppando progetti per la gelateria e la ristorazione. Abbiamo creato la cartina degli “Artisti del gelato” e stiamo ideando nuove preparazioni con Iginio Massari, fondatore dell’Accademia dei Maestri Pasticceri. Per me e mio fratello è come un secondo papà: c’è un legame affettivo e una concreta stima professionale. Quando è entrata in Agrimontana? Nel 2000, dopo la laurea e una breve esperienza in Nestlé. Qui a Borgo c’era bisogno di incrementare il settore Ricerca e Sviluppo. Da Genova a Borgo: quando il cambio di residenza della famiglia Bardini? In verità, mai. Solo io, che mi sono sposata, vivo a Cuneo. Mia mamma è sempre restata a Genova. Mio papà viaggiava, come mio fratello e mio zio che hanno la famiglia a Genova. Qual è stato l’errore che si riconosce? Aver iniziato nell’azienda di famiglia senza avere maturato un’esperienza almeno quinquennale in una realtà industriale non di proprietà personale. Mi sarebbe servito per conoscere anche un altro mondo, oltre al nostro. Direttore generale: in concreto? Rispetto ad una volta, dirigere non significa voler fare una cosa “in un modo soltanto”. E dico questo perché mio papà era così, ma erano altri tempi. Ora, l’obiettivo è strategico ed è frutto del pensiero dell’imprenditore, ma il “come realizzarlo” è condiviso con i manager. Cardini fon-

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Chiara Bardini

damentali sono la qualità della materia prima, la tecnologia e la sicurezza sul lavoro. A me piace che ognuno abbia il suo team di lavoro e che i singoli siano responsabilizzati. Ora lavoriamo su un turno, ma in previsione di aumentare le commissioni occorrerà creare squadre. Lei delega? Mi sforzo, ma non è facile. Se si è sicuri di sé e si ha in mente un’idea, si fa fatica. Non si tratta di mancanza di fiducia, ma del fatto che per

delegare occorre aver insegnato molto ad altri. Imprenditrice e mamma: come fa ad esserci ed esserci bene? I miei figli li porto a scuola ogni mattina, poi vado in azienda e li rivedo a cena. Le amicizie e gli sport, sia miei che di mio marito – anche lui è imprenditore ma nel settore dei materiali per l’edilizia – sono legati al mondo dei nostri figli. Abbiamo due figli splendidi ed esuberanti: i loro racconti, il loro mondo, con loro, è il nostro.

Oltre il 60% del fatturato di Agrimontana è legato all’Italia. In Francia, l’azienda è presente grazie a una rete commerciale molto radicata, così come nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Il Giappone, inoltre, è molto importante per la vendita nel comparto “professionale”.

Bardini, mangia pane e marmellata? Sono stata allevata a “pane e Agrimontana”: per me un’educazione al buon gusto, al saper mangiare e saper scegliere il cibo per confronto, ricercando sempre il meglio, che vuol dire “buono, sano e naturale”. Questo è quanto mi insegna quotidianamente mio papà Cesare. Non potevo fare scelta differente, se non quella che sto vivendo in questa azienda. Mi sento bene.

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“Per delegare occorre avere insegnato molto agli altri”.

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le voliere, girl power

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COLETTA E SILVIA POMERO SONO DUE FASHION MANAGER SALUZZESI CAPACI DI DARE VITA A UN NUOVO BRAND, ROCK E ROMANTICO, PER DONNE, PICCOLE E GRANDI, AMANTI DEL “COMFY CHIC” E DALLO SPIRITO “GIRLISH”

DI VILMA BRIGNONE - PHOTO: LUCA PRIVITERA

L

a voliera come oggetto raffinato, decorativo e contenitore. Come marchio, logo e progetto di marketing, che si fa subito notare per freschezza e ironia, in un mercato molto affollato: quello della moda. Il brand Le Voliere nasce nel 2013 con il debutto di una collezione di tshirt arrotolate dentro ai propri accessori, presentate all’interno di piccole voliere appese ad alberelli. L’idea vincente è di due sorelle Coletta e Silvia Pomero, classe 1979 e 1985, laureate una in Marketing, l’altra in Psicologia, con precedenti esperienze lavorative nel campo dell’alta moda una, nella sanità e nel sociale l’altra. Un duo di personalità che combina romanticismo e rock, il mix di successo per una linea improntata ora sul total look, accessori compresi: il sogno “di entrare nel mondo moda” guidato, però, dalla ricerca e da un chiaro obiettivo commerciale. A Saluzzo, città natale, la sede dell’azienda è urban chic con elementi vintage e una maxi voliera, simbolo del brand, collocata davanti alle scrivanie di Coletta e Silvia, che si fronteggiano rimanendo in dialogo gran parte della giornata. “Tutte e due abbiamo studiato e lavorato a Milano e possiamo affermare con cognizione di causa che, se anche la moda è nei grandi centri,

Saluzzo, in questo momento, è il nostro punto di forza. Ci permette non solo di gestire professione e famiglia, ma anche di avere con tutte le filiere collaborative ottimi rapporti umani, non solo basati sui numeri. Se l’ispirazione per le nostre collezioni è più limitata in un piccolo centro, cogliamo spunti e imput viaggiando molto e alzando le antenne. Per contro la tranquillità emotiva e la concentrazione che abbiamo qui è davvero impagabile e siamo convinte che questo si rifletta positivamente anche sulla creatività”. I numeri ci sono: 30.000 capi venduti a stagione, il lancio da Harrods in Inghilterra, 300 punti vendita in Italia affiancati a quelli della linea bambina già diffusa in 150 negozi, dopo il debutto, 10 mesi fa, in coincidenza con la nascita di Angelica, la bambina di Coletta che ha già un altro figlio: Leonardo di 5 anni. Eleganza in movimento, lo stile di Le Voliere, uno dei trend più amati delle ultime stagioni, definito dalle due sorelle “sporty, comfy e glamour chic”. Proprio come la donna di oggi vuole essere nella quotidianità, dall’ufficio al tempo libero: pratica e dinamica, ma mai banale, cercando una “semplicità ricercata” e senza rinunciare ad un’essenza girlysh.

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Le Voliere in numeri: 30.000 capi venduti a stagione e 300 punti vendita in Italia, affiancati a quelli della linea bimba diffusa già in 150 negozi. Partite dalla tshirteria, le due designer approdano al “total look”: lo stile di Le Voliere è eleganza in movimento, “sporty, comfy e glamour chic”. Proprio come la donna di oggi: pratica, dinamica ma ricercata e dallo spirito “girlysh”.

Due fa più di uno. Da due angolature diverse, si crea il total look: “Le nostre divergenze sono un punto di forza e l’equilibrio finale dona trasversalità al target di riferimento. Sia per età sia per stile di vita, abbiamo esigenze differenti e pensiamo al nostro modo di vestire abituale: in tal modo la collezione si adatta di più alle donne che rappresentano entrambe.

a sneackers. Basta aggiungere una scarpa con il tacco e l’outfit serale è pronto!”

La qualità che vi invidiate a vicenda nel lavoro? “Coletta non si accontenta mai e quindi è fonte continua di nuove idee e ispirazioni. Silvia mantiene sempre la calma e la positività: guarda avanti, mai indietro”.

Quali temi e i colori della collezione autunno-inverno 2016-2017? “Anche questa è suddivisa in temi, come in tutte le nostre collezioni. Il pink touch richiama il tema militare con un tocco rosa glamour; il silver soul si basa su spalmati argenti, neri scamosciati e frange; il golden babe mixa oro e beige con spunti di ispirazione texana. La felperia e la tshirteria, nostro core business, si alternano a denim e misto cashmere. I cappottini destrutturati in lana sono il must per la stagione entrante”.

L’abito ideale di giorno e la versione adatta per la sera “Di giorno un capo della collezione: dalla tshirt con una minigonna o un pantalone in felpa, all’abito e alle jumpsuites (tute unite), abbinati

Mamma e bambina vestite uguali? “Sì: l’idea ha seguito la tendenza del momento e ha sfruttato la freschezza che è essenza stessa del brand Le Voliere, capace di vestire dalla teenager alla mamma.


Vi considerate più stiliste o fashion manager? “Più fashion manager. Abbiamo creato questo progetto inizialmente da sole occupandoci di tutti gli aspetti aziendali ed è stata un’esperienza unica che continua a farci valutare l’insieme tecnico, alla base di questa professione. La crisi economica non dà vita facile a chi non considera le questioni commerciali legate a un capo d’abbigliamento, come vestibilità e prezzo. Dietro al nostro progetto c’è uno studio continuo legato a customer care, marketing, produzione e business plan: per questo la creatività è sì il motore dell’azienda, ma calata nel sistema aziendale che richiede costante attenzione e preparazione”.

voluto dar vita a qualcosa di legato al mondo dei bambini che rendesse più profondo il significato della nuova collezione. Per ogni capo venduto, l’azienda dona un euro alla onlus “Il fiore della vita” che sostiene il reparto di Pediatria-Neonatologia dell’ospedale di Savigliano. L’aver inseguito un sogno ci permette non solo di fare, ma anche di dare!”

Coletta e Silvia, le due sorelle “fashion manager” e ideatrici del brand Le Voliere si dedicano, da 10 mesi, anche alla linea bimba, per vestire mamma e figlia con lo stile fresco che le contraddistingue. Tra le novità della collezione autunno-inverno 201617, il “pink touch” che richiama il tema militare con un tocco rosa; il “silver soul” che si basa su spalmati argenti, neri scamosciati e frange, e il “golden babe” che mixa oro e beige con spunti texani.

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Il trend quindi si è adattato perfettamente al gusto delle nostre baby girls”.

Il bello e il buono di Le Voliere “Con la nascita della linea bimba Le Volière ha

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la montagna incantata

DI CATERINA MORELLO

TANTO ATAVICA È LA PAURA VERSO L’INESPLORATO, QUANTO POTENTE È L’ASPIRAZIONE A SFIDARLO. IL MONVISO E ALTRE VETTE ALPINE COME OGGETTO DI MITI E LEGGENDE CHE NE HANNO OSTACOLATO LA SCALATA

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otremo parlare di Monviso semplicemente attingendo alle citazioni degli autori che fin dall’antichità classica hanno contribuito, attraverso gli scritti, a crearne un’immagine quasi mitizzata. A dispetto della grande popolarità, tuttavia, il Vesulus (3.841 m) rimase inespugnato fino al 30 agosto 1861, quando la comitiva di William Mathews (1828-1901) portò a compimento la prima ascensione documentata con certezza. Pochi giorni prima erano caduti sotto “il giogo inglese” il Liskamm e il Weisshorn, seguendo la sorte già toccata in precedenza al Gran Paradiso, alla Punta Dufour e all’Eiger. UNA SFIDA PROIBITA Le imprese inglesi nelle Alpi aprirono una ferita profonda nell’orgoglio nazionale italiano,

riparata solo in parte dalla salita di Quintino Sella (1827-1884), due anni dopo. Insignito del primato nazionale, l’allora ministro Sella fu anche il primo a riconoscere il peso della cultura popolare nell’approccio dei cuneesi alla montagna: “Ma vedi la forza del pregiudizio: il Monviso era da tutti i touristes, da tutti gli arditi alpigiani che ne vivono ai piedi dichiarato affatto ‘inaccessibile’. Ed è singolare che per tanti secoli non se ne tentasse neppure la salita, mentre vennero montate parecchie cime meno rimarchevoli, e che io giudico assai più difficili”. Prima che il dilagare dell’alpinismo come loisir generasse nuove opportunità di lavoro, i giovani valligiani si erano limitati a frequentare la montagna nella veste di pastori, cacciatori di

La parete Sud rappresenta la via più accessibile e battuta per raggiungere il “Re di pietra”. Si può partire dal Pian del Re (o da Crissolo, Valle Po), si costeggia la montagna e, attraversato il Passo delle Sagnette, si arriva al Bivacco Andreotti. In alternativa, da Frazione Castello di Pontechianale ( Valle Varaita), si risale il Vallone del Vallanta fino alle Grange del Rio; si prosegue verso il lago delle Forciolline e si raggiunge il bivacco Andreotti. Si attraversa, poi, il ghiacciaio Sella e si attacca la parete Sud fino ad arrivare in vetta. Ph. Caterina Morello


camosci, cercatori di pietre preziose, spalloni. Lavori duri, in grado di azzerare anche il tiepido desiderio di compiere un’ascensione per puro diletto. A frenare la scalata degli italiani non furono soltanto la mancanza di utilità e la fatica del quotidiano: sui primi scalatori gravava anche, o soprattutto, l’onere di infrangere la frontiera culturale dell’inaccessibile. Persino Mathews, arrivato a Casteldelfino, dovette fare i conti con la “cattiva fama” del Monviso e la difficoltà di trovare un valligiano disposto all’accompagnamento. Il giovane Matteo Rousse, considerato in paese tra i più abili montanari, accettò infine l’incarico ma solo fino ai Laghi delle Forciolline, lasciando

la comitiva inglese sola nel proseguire lungo quella parete che aveva definitivo impossibile e inviolabile. Ogni passo del varaitino al Monviso era reso pesante da un’immagine della montagna avvolta da un tetro mistero e dalle sinistre conseguenze che attendevano chi avesse osato violarne la cima: quasi un atto di sfida alla sacralità della natura, non lontano da quello che nella Grecia classica sarebbe stato il peccato di ùbris. La convinzione generale, avallata dalle annotazioni di morti sospette in rupibus montis Vesuli che si ritrovano lungo i secoli, voleva che chi avesse osato tentare l’ascensione al Viso sarebbe morto sul posto o caduto in disgrazia entro pochi mesi.

La forma piramidale del “Mons Vesulus” (“montagna ben visibile” in latino), ha reso questa vetta la più riconoscibile delle Alpi Cozie anche a grandi distanze dalla Pianura Padana. Interamente in territorio italiano, si trova a 2 km dalla Francia e, dal 2013, è stata dichiarata patrimonio dell’UNESCO come riserva della biosfera transfrontaliera con la Francia. Ph. Pixabay

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La convinzione generale voleva che chi avesse osato tentare l’ascensione al Viso sarebbe morto sul posto o caduto in disgrazia entro pochi mesi.

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La scelta del nome delle vette del Monviso (Punta Trieste, Fiume, Malta, Venezia, Dante, Gastaldi, Sella e Baracco), ispirata a città, personaggi famosi e componenti della prima ascensione italiana, si deve, all’inizio del XX secolo, al professor Ubaldo Valbusa. Ph. (in alto): Pixabay

Diametralmente opposto era l’approccio culturale degli inglesi. Liberi da condizionamenti e suggestioni, i protagonisti della golden age alpinistica si trovarono a dover affrontare esclusiavemente le asperità oggettive della montagna. Una visione aperta al possibilismo e all’azione individuale, che trova sintesi nel loro motto: Where there’s a will, there’s a way (Dove c’è volontà, c’è una via). VETTE AVVOLTE DAL MISTERO A ben vedere, il “velo di Maya” che per secoli aveva avvolto il Monviso e la sua gente correva sull’intero arco alpino. Così, prima che San Francesco di Sales (1567-1622) coniasse il beneaugurante appellativo di Mont Blanc, il massiccio più elevato delle Alpi (4.809 m) fu per secoli Mont Maudit. Nelle sue viscere, secondo il racconto, sarebbero imprigionati demoni e spiriti maligni, responsabili dell’apertura dei crepacci come in un disperato tentativo

di liberarazione. Toponimi e vicende analoghe si ritrovano fino alle Marittime, dove la Valle d’Inferno, il Picco del Diavolo ed il Lago delle Masche evocano già nel nome scenari gotici e leggende a tinte forti. Tra le immagini più ricorrenti, quella del demone arroccato sulla cima che scaglia pietre contro gli uomini: talvolta per ostacolare la costruzione di una chiesa, come tramandato tra la Val Sesia e Gressoney, altrove per ostacolare la ricerca di un tesoro, come vuole la tradizione del Rocciamelone (3.538 m, Val Susa). In quest’ultimo caso, fu la spedizione di Arduino, Marchese di Ivrea (955-1015), e dei suoi vescovi a placare gli spiriti maligni, ma il tesoro non venne trovato e la comitiva dovette ripiegare per imperizia, rinunciando alla vetta e alla gloria. La cima delle Graie, infatti, rimane costantemente associata al suo primo salitore vittorioso, Bonifacio Rotario d’Asti, che raggiunse la vetta nel 1358.


Nella pagina precedente, in basso: veduta sulla Parete Nord, dove si trova il ghiacciaio Coolidge, con l’omonimo canalone, che prende il nome dal reverendo William Auguste Coolidge, il primo a scalare la parete, nel 1891. Ph. Caterina Morello Il Monte Rocciamelone (3.538 m, Val Susa). La cima delle Graie, come il Monviso e altre punte dell’arco alpino ammantata di mistero, rimane costantemente associata al personaggio storico di Bonifacio Rotario d’Asti, che raggiunse la vetta nel 1358. Ph.Sbisolo – Wikimedia

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Eppure, tenendo conto del contesto culturale di riferimento, ai precursori che tentarono infruttuosamente un’ascensione dovrebbe andare la stessa fama dei primi, per aver superato i confini imposti dalla paura andando consapevolmente incontro a pericoli oggettivi e maledizioni secolari. Nel Saluzzese, questo merito spetta alla comitiva di Domenico Ansaldi, protagonista di un’ascensione interrotta a quota 3.600 m per errore di valutazione. Era l’estate 1834 e il Monviso, per tutti, era la cima più alta delle Alpi. Una convinzione antica e sopravvissuta ai secoli, smentita solo dalle prime rilevazioni barometriche; un errore del tutto scusabile – facendo proprie le riflessioni del reverendo Coolidge che per primo, nel 1891, scalò il noto ghiacciaio e canalone sulla Parete Nord a lui poi intitolato – dovuto al potere catalizzatore e alla sudditanza che il “Re di pietra” esercita, ancora oggi, sulla sua gente.

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valliera, sogno “diffuso” TESTO E PHOTO: LUCA PRESTIA

C

hiunque frequenti o abbia frequentato gli ambienti alpini sa quanto sia facile, durante una qualsiasi escursione, imbattersi in vecchi ruderi di singole abitazioni abbandonate o in quel che resta di intere frazioni – più o meno grandi – abbarbicate sui fianchi della montagna. Sono vere e proprie sopravvivenze di un passato che il trascorrere del tempo ha contribuito a trasformare in luoghi quasi irreali, dove il silenzio e la vegetazione lussureggiante e fitta sembrano essere i due unici elementi dominanti della scena. Il settore alpino che chiude il Piemonte a sudovest non fa eccezione in questo senso. Anzi, basta aver voglia di imboccare uno qualunque dei molti sentieri che solcano le vallate cuneesi per essere sicuri di incontrare, sul proprio percorso, una di queste frazioni, abitate almeno fino agli anni ’50 del secolo scorso (anno più, anno meno) da contadini, da pastori e da artigiani che per secoli hanno saputo far fronte alla fatica della vita montana e a un’economia di mera sussistenza. Ma come ben sanno gli storici, i due conflitti mondiali e la successiva ricostruzione in chiave industriale delle regioni dell’Italia settentrionale

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DIECI AMICI, DIECI UNITÀ ABITATIVE, UNA SOLA BORGATA E UNA SOLA PASSIONE: RIDARE VITA A UN ANGOLO DI VAL GRANA ABBANDONATO, ATTRAVERSO L’OSPITALITÀ E LA PRODUZIONE DI CASTELMAGNO

hanno portato con sé, in primo luogo per questi territori d’altura, l’abbandono progressivo e irreversibile di interi nuclei abitati sorti in quota: un’emorragia di uomini e donne in cerca di una vita non più precaria e di un futuro meno incerto, che la pianura sembrava in quegli anni in grado di garantire a tutti. Quel che resta oggi di queste frazioni è perciò il pallido riflesso di un passato che soltanto i più anziani ancora in vita possono raccontare, e che il camminatore contemporaneo può provare a ricostruire con l’immaginazione attraversando i resti di borgate immersi nei boschi. TESTIMONI SILENZIOSE DEL TEMPO Un buon esempio di quanto detto si trova in Valle Grana, a pochi chilometri a Ovest di Cuneo. Giungendo in alta valle nei pressi di Colletto – un minuscolo agglomerato di case costruite a picco su uno sperone di roccia che domina la strada provinciale 112 – e volgendo lo sguardo verso Nord, si può ammirare un’ampia e ben soleggiata conca prativa che forma una sorta di anfiteatro di incantevole bellezza naturalistica. Da Colletto un dedalo di sentieri ben segnalati collega una serie di borgate ormai spopolate,

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Dall’alto: come in tutte le borgate di montagna, anche a Valliera le case sono addossate le une alle altre. Particolare nei vicoli della borgata e la facciata di un edificio oggetto di restauro.

mute testimoni di un tempo nel quale la densità umana a queste altitudini era significativa: una corona di nuclei abitativi semidiroccati che punteggia oggi i dorsi di queste montagne, rese famose dalla produzione del “re dei formaggi”, il Castelmagno. I loro nomi – Campofei, Batuira, poco distante Narbona (forse la più nota di tutte), Valliera – ricorrono spesso nei racconti dei molti trekker che in estate amano seguire il percorso ad anello che consente di visitarle tutte in una giornata. Passando da una borgata all’altra, attraversando boschi e rittani, è difficile non domandarsi che tipo di vita dovesse essere quella vissuta fino a una sessantina di anni fa tra quelle case; inevitabilmente la vista di queste frazioni logorate dallo scorrere del tempo spinge anche a riflettere su quanta cultura materiale, su quante tradizioni secolari siano andate perdute per sempre con lo spopolamento massiccio di cui si diceva. A fine giornata affiora allora alla mente un

pensiero forse utopico, ma comunque carico di suggestione: chissà se un giorno sarà possibile recuperare, anche solo parzialmente, quei borghi isolati, riportandoli a nuova vita. IL SOGNO SI REALIZZA Capita che – anche se molto di rado – l’utopia si trasformi in realtà concreta e prenda la direzione della rinascita di una frazione di montagna disabitata da decenni. È quanto è successo pochi anni fa a Valliera (1.507 m), una delle borgate dell’alta Valle Grana citate poco sopra, quando cioè un gruppo di dieci amici di origine langarola (perlopiù produttori di vino) e amanti dei monti si è invaghito così tanto di questo agglomerato di case diroccate raccolte intorno alla Cappella di Santa Margherita da decidere di ristrutturarle e ridar loro una nuova esistenza. Tutto ha inizio nel 2007. La “scoperta” di questo angolo di valle è il colpo di fulmine che spinge i dieci futuri soci ad avviare le ricerche per


l’acquisto delle case. È l’esordio del “marchio di fabbrica” di un sogno che dopo pochi anni diventa realtà: il nome dell’agriturismo, Des Martin, nasce infatti unendo la parola piemontese des (“dieci”, come i soci fondatori) e Martin (“Martino”, il cognome dei vecchi proprietari). Il progetto è ambizioso e impegnativo in termini di tempo e di denaro: far rivivere una borgata di montagna vuol dire non solo ristrutturarne le unità abitative (in molti casi da rimettere completamente in piedi), ma anche trovare un modo per far sì che le cose possano, prima o poi, mantenersi sulle proprie gambe, creando quindi le condizioni economiche ideali per l’avvio di un’attività che nel corso di qualche anno possa dare i frutti sperati e creare indotto. E cosa c’è di meglio della produzione casearia di un prodotto che in queste valli è nato e si è affermato come uno dei più rinomati formaggi italiani? Uno degli edifici della frazione viene perciò adibito fin da subito a laboratorio e dotato delle più moderne tecnologie per cominciare a produrre e a vendere una qualità di Castelmagno rigorosamente ricavato da latte di alpeggio. Oggi a gestirne la produzione nell’azienda agricola Valliera c’è Emiliano, il giovane figlio di uno dei soci che passa l’estate in quota seguendo tutte le fasi della lavorazione: la visita al caseificio e le sue spiegazioni piene di passione ed entusiasmo fanno capire che i molti sacrifici quotidiani di questo lavoro sono bilanciati dai buoni risultati di un’attività in crescita. Ma Valliera conosce anche altri sviluppi. La ri-

strutturazione (grazie all’utilizzo di materiale del luogo e al rispetto scrupoloso dell’impianto originario) permette di ricavare dieci unità abitative indipendenti e sparse tra i viottoli della borgata. Nel 2015 i lavori sono finalmente conclusi e gli appartamenti formano così un agriturismo messo a disposizione di chi voglia concedersi una vacanza in Valle Grana, tra camminate e relax. Il caseificio e l’agriturismo affiancano inoltre un rifugio alpino (di proprietà della Comunità

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Far rivivere una borgata di montagna vuol dire non solo ristrutturare, ma anche trovare un modo perché le cose possano mantenersi sulle proprie gambe.

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Nella pagina precedente: Emiliano, il giovane produttore del Castelmagno d’alpeggio e Lidia, responsabile della gestione del rifugio di Valliera. Versamento della cagliata in appositi contenitori; una della prime fasi della lavorazione del formaggio e forme di Castelmagno in stagionatura. Ogni unità abitativa è contrassegnata, all’entrata, dal simbolo di una mucca di colore diverso. Particolare del prodotto semilavorato prima di trasformarsi in formaggio pronto per il consumo.

montana) preesistente e localizzato nella parte bassa della borgata. Questo, appaltato da qualche tempo agli stessi Des Martin e gestito da Lidia, ex insegnante e moglie di uno dei soci, costituisce un’attività indipendente da quella dell’agriturismo stesso e offre l’ospitalità (vitto e alloggio) tipica dei rifugi di montagna. In una decina di anni, quella che sembrava l’en-

nesima utopia irrealizzabile, frutto della fantasia di sognatori di pianura, è diventata una realtà pienamente operativa e capace di attrarre turisti e camminatori in una valle appartata e affascinante; in questo modo una frazione spopolata da decenni ha ripreso a vivere e a proiettare se stessa nel futuro, pur restando saldamente ancorata alla storia e alla tradizione alpina.


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il cuore oltre la meta

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | SPORT

DAL 2000, ANNO IN CUI LA NAZIONALE È ENTRATA NEL SEI NAZIONI, ANCHE IN ITALIA IL MOVIMENTO RUGBISTICO GUADAGNA ISCRITTI. SOLO IN PIEMONTE SONO 79 LE SOCIETÀ CHE “PUNTANO ALLA META”

DI SILVIA CAMPANELLA

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gni pezzo di storia ha le sue date importanti. Come quelle che, a scuola, ci chiedevano di imparare a memoria. La scoperta dell’America, la presa della Bastiglia, l’inizio di un conflitto mondiale. La storia, quella con la “s” maiuscola, è disseminata di momenti da ricordare: così come le tante storie, seppur meno universali, dell’evoluzione delle discipline sportive. Se esistesse un corso in “Storia (recente) del rugby italiano”, la prima lezione comincerebbe da una data: il 5 febbraio 2000, il giorno in cui la Nazionale italiana entra nel Sei Nazioni, il più importante torneo di rugby dell’emisfero Nord. Ad accoglierla le blasonate Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia e Francia: solo l’élite del rugby continentale. UNO SPORT ALLA RIBALTA Una data che vale un pezzo di storia per la Nazionale, ma non solo: questa “ribalta europea”, infatti, ha avuto ricadute benefiche su tutto il movimento rugbistico italiano, dai professionisti ai dilettanti, dai “grandi” agli under 6. “L’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni ha davvero rilanciato la disciplina – spiega il presidente

del Comitato Federale del Piemonte Giorgio Zublena, – la TV e i giornali hanno cominciato a seguire questo sport con costanza e, così, tanti sponsor hanno scelto di investire nel nostro mondo. Questo ha portato nuova linfa anche alle piccole e medie realtà disseminate in tutta Italia”. Solo in Piemonte, dal 2000 a oggi, gli iscritti sono passati da 1.000 a 7.000 unità per un totale di 79 società: “numeri che ci hanno permesso di conquistare il 5°-6° posto a livello nazionale, in concorrenza con la Toscana e alle spalle delle irraggiungibili Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio”, aggiunge Zublena. Il “fenomeno” Sei Nazioni ha regalato anche alla Liguria una crescita esponenziale del numero di tesserati. “Dai 1.000 iscritti di circa 12 anni fa, oggi contiamo 3.500 addetti ai lavori tra giocatori, tecnici e dirigenti e un totale di 17 società,” spiega Oscar Tabor, presidente del Comitato Regionale. E così, dai numeri ai risultati sul campo il passo diventa sempre più breve: nell’ultima stagione il Piemonte ha schierato la squadra del Cus Torino in serie A (terzo campionato più prestigioso dopo la Pro 12 e l’Eccellenza) e quattro squadre

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in serie B, Settimo, Biella, Monferrato e Novara. La Pro Recco ligure, iscritta alla serie A, per il terzo anno consecutivo ha perso la finale di accesso all’Eccellenza, mentre il Cus Genova è riuscito a mantenere la categoria (serie A). COLTIVARE PASSIONI “IN ERBA” Un occhio alle prime squadre, dunque, ma senza mai perdere di vista l’altro ambizioso traguardo: la crescita dei settori giovanili. Un obiettivo che accomuna i due presidenti, la cui “propaganda” parte dai valori che costituiscono la base di questa disciplina, capaci di renderla unica, emozionante e anche educativa: “In campo le botte non mancano, ma a rugby non si gioca mai contro l’avversario, bensì con l’avversario:

inizialmente non c’erano gli arbitri, i giocatori non li ritenevano necessari perché, a fine partita, le due squadre erano abituate a incontrarsi per confrontarsi sugli episodi, sul risultato, sullo sviluppo della gara”, spiega ancora Zublena. Così è nato il “terzo tempo”, un vero e proprio rito previsto e atteso alla fine di ogni gara, che sia quella della Nazionale o quella tra due squadre di bambini. “Tre mandati e una sola linea ‘politica’: investire sui giovani. Ho insistito tanto, mettendo anche un po’ di pressione alle società e allo stesso tempo garantendo loro il massimo supporto. Adesso sono soddisfatto nel vedere i primi frutti di questo lavoro”, precisa Tabor. L’invito del presidente Zublena è stato accolto

Nella pagina precedente: il Cuneo Pedona Rugby contro gli aquilotti del Rugby Club Spezia. Ph. Paola Ruggieri In alto: il Cuneo Pedona è l’unione, nel nome, del capoluogo cuneese e dell’antica denominazione di Borgo San Dalmazzo (“Pedona”). Il minaccioso grido di battaglia dei rugbisti cuneesi è in occitano: “A’ la brouo” (inraducibile); mentre il team degli “Old” del Cuneo Pedona si chiama, sempre nella lingua dei trovatori, “Marì Garsoun” (ragazzacci). Ph. Paola Ruggieri Ph. (in basso): Tobias4242 / Foter.com / CC BY-SA

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ENRICO GHIGO, TALENTO INATTESO A volte serve una vita intera per affermarsi, oppure è sufficiente scoprire di possedere un talento puro, rimasto nascosto per troppo tempo. E poi allenarsi, allenarsi e ancora allenarsi. La storia di Enrico Ghigo è tanto incredibile quanto ricca di merito: nel febbraio 2014, convinto da un amico, il revellese classe 1998 prova senza troppo entusiasmo a impugnare la palla ovale per la prima volta, partecipando a un allenamento con la squadra del Saluzzo-Verzuolo. Oggi, ha concluso i due anni di Accademia a Torino e si prepara a entrare in quella di Parma, l’irraggiungibile “Ivan Francescato”, scelto tra i 36 giocatori più forti in Italia all’interno delle nove Accademie.

La stazza “fa paura”: 1,92 m di altezza per 110 kg di muscoli, ma l’indole è ancora quella del ragazzino che, a 10 anni, faticava a trovare posto nella squadra di calcio del suo paese di origine. Sorridente e umile, anche di fronte agli addetti ai lavori che già lo vedono protagonista sui cam-

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anche a Cuneo, dove gioca e si allena la squadra del Cuneo-Pedona: “Stiamo lavorando per una diffusione più capillare del rugby sul territorio – spiega Giovanni Giampaolo, giocatore a cui è stato affidato il ‘progetto giovani’ della città di Fossano. – L’obiettivo è quello di creare nuove realtà anche a Savigliano e Mondovì, collaborando con quelle già esistenti a Farigliano e Saluzzo per formare una base larga e solida”. “A proposito di date, ricordiamoci che la prima partita ufficiale di rugby sul suolo italiano fu disputata nel 1910 proprio a Torino, tra i francesi del Racing Club di Parigi e gli svizzeri del Servette”, aggiunge, con una punta di orgoglio, Zublena. Anche questa va imparata a memoria.

In alto: Enrico Ghigo, ultima fila, terzo da sinistra, in posa con la squadra della Nazionale Under 18. Fuoriclasse, nato nel 1998, con la sua velocità e reattività ha conquistato non solo il suo primo allenatore Giovanni Giampaolo, ma anche tutto il pubblico che oggi lo segue. Ph. www. www.nprugby.it Enrico Ghigo, sullo sfondo della collina con il campanile di Revello, suo paese di origine. Ph. Vanina Carta Nella pagina seguente: Il momento del placcaggio durante una partita di rugby. Uno o più giocatori devono cercare di fermare l’avversario con la palla in mano. Ph. Pixabay

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pi di tutto il mondo. “Il primo ‘placcaggio’ mi ha regalato un’emozione incredibile: mi aspettavo di tutto da quel primo allenamento, ma non certo di innamorarmi di questo sport”, rivela. Anche questo sport si è innamorato di lui: dopo soli tre provini, i selezionatori di Piemonte e Valle d’Aosta gli hanno spalancato le porte dell’Accademia. La paura di non farcela – 20 kg persi in un’estate per farsi trovare pronto – e il lavoro con chi praticava questo sport da almeno quattro anni. Non da otto mesi scarsi. “Il primo anno è stato durissimo: mi guardavano come si guarda un raccomandato. Ma ce l’ho fatta”. Tanto da ottenere anche la prima convocazione nella Nazionale Under 18 con cui, nel marzo 2016, ha disputato gli International Series di Cardiff (Galles) meritando l’esordio tra gli otto di mischia contro l’Inghilterra. Il talento è un dono, la dedizione una scelta: quando possiedi entrambe la “meta” sembra davvero più vicina.


l’intervista impossibile DI FABRIZIO GARDINALI

I

n realtà non esito. O no? Io, il dahu, faccio parte di quella schiera di animali leggendari, partoriti dalla fantasia dell’uomo, che popolano le leggende (le vostre), gli incubi, le favole e i cosiddetti “bestiari” medioevali: come la Fenice o l’Ippogrifo e vari altri descritti, per esempio, da Onorio di Autun ne L’immagine del mondo, o in La natura delle cose di Alessandro di Neckham, fino al Tresor di Brunetto Latini (se il nome vi è vagamente familiare ritornate alle vostre reminiscenze dantesche e magari si fa più chiaro). Insomma, grazie alla fantasia umana, prendiamo forma in molti esseri strani che forse interpretano le vostre aspirazioni o le vostre paure. Ma potremmo anche essere reali, solo descritti male o male osservati e, peggio ancora, capiti. Capire male è così umano. È sufficiente che qualcosa non corrisponda a quanto vi hanno insegnato o inculcato e vi spaventate: emarginate il “diverso” tacciandolo di essere malvagio oppure pericoloso o ridicolo. Per tornare a me, sarei stanziale nella zona francofona (o meglio occitana) delle valli alpine di confine, ma anche verso la Svizzera e i Pirenei, dove mi chiamano dairi o dari. Sono un erbivoro della razza dei cervidi (ma qualcuno dice che mi nutro di tutto, sassi compresi), con la caratteristica di avere due zampe da un lato più corte delle altre, una sorta di adattamento evoluzionistico al mio vivere sui pendii, sui quali mi muoverei alla perfezione. Così avrebbero distinto due specie: il dahu “destrogiro”, con le zampe di destra più corte, che gli consentono di camminare solo in senso orario, e il dahu “levogiro” che, al contrario, ha quelle di sinistra più ridotte procedendo così in senso antiorario (le studiano tutte, vero?). In più, tanto per non far mancare nulla alle dicerie, pur essendo un mam-

mifero deporrei le uova: mi pare un trionfo! Qualcuno ha anche inventato una tecnica per catturarmi, metodologia studiata durante le lunghe sedute invernali in osteria, a base di genepì e altri distillati fatti in casa, che, si sa, aguzzano l’ingegno... Dato che sono curioso, basta mettersi alle mie spalle, urlare o fischiare forte, e mi volto, dalla parte sbagliata, perdo l’equilibrio e mi si può raccogliere sul fondo del pendio dove sono ruzzolato, mezzo intontito, se mi è andata bene. Avrete capito che sono più che altro un simbolo, anche simpatico visto che sono stato scelto come mascotte delle Universiadi invernali di Torino 2007, e mi è stato pure dedicato un saggio di Manuel St Jacquat nell’ambito del folklore, dei costumi e delle tradizioni alpine. Fondamentalmente, però, sono una metafora dell’adattamento delle genti di montagna a una natura inospitale e sovente ostile. E un piccolo sogno burlesco, da narrare a quelli di pianura che vengono a “scoprire” le bellezze della natura incontaminata per un breve periodo, ma che poi se ne tornano in città, fra condomini e autostrade, lasciando ai montanari – i pochi veri rimasti – il duro compito di abitare quei pendii, quelle valli, di trarne sostentamento, renderli ancora e sempre vivi, evitando che diventino un deserto o “un parco giochi” per vacanzieri con le infradito e lo smartphone. A titolo di informazione – ma resti tra noi – io, Dahu, esisto davvero. Sono un piccolo cervo arguto e giocherellone, che si diverte a piegare, opportunamente, le zampette per qualche credulone. Se uno, specie se “viene da fuori”, vi dice di avermi avvistato, ditegli di non guidare, che è pericoloso... che poi gli tolgono la patente... Ph. Luca Prestia

chi mi ha visto?


saint tropez, “piace a troppi”

DI MONICA COVIELLO

LOCATION DEL FILM DEL ’56 CHE LANCIÒ UNA SPLENDIDA BRIGITTE BARDOT, SAINT TROPEZ È DIVENUTA ICONA STESSA DELLA MONDANITÀ, MA NEL SUO DNA, CI SONO ARTE, CULTURA E UNA NATURA SELVAGGIA

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aint Tropez, ex porticciolo di pescatori, diventa leggenda negli anni ’50. È la location di Piace a troppi, il film che lancia il mito di Brigitte Bardot. Presto diventa così uno stile di vita, un richiamo per il jet set e, va da sé, meta sempre meno accessibile: una destinazione chic per chi ha la possibilità di spendere, il luogo preferito per le vacanze dei divi di Hollywood, come Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Angelina Jolie, George Clooney, Naomi Campbell o Paris Hilton. NON SOLO GLAMOUR Ma la città non è solo ristoranti dal conto proibitivo o boutique lussuose: è anche cultura, luogo di arte, piazzette dove ancora si respira il fascino antico. E dove non è necessario investire

una fortuna per godere di natura e paesaggio. Saint Tropez è stata uno dei centri più vivaci dell’avanguardia pittorica dell’inizio del XX secolo, grazie a Paul Signac che, nel 1882, approdando qui con la sua imbarcazione, scoprì questo piccolo porto di pescatori: comprò una casa che trasformò nel suo studio attirando artisti come Cross, Matisse, Derain, Marquet. Al Musée de l’Annonciade, allestito in Place Grammont più di 60 anni fa, rimane la testimonianza di quel periodo: una collezione permanente di grande valore, con opere del Puntinismo, dei Fauves e dei Nabis, ed esposizioni temporanee preziose, visitabili grazie alle donazioni e all’impegno degli appassionati di arte. C’è, poi, Place des Lices, una piazzetta centrale, ma così lontana dalla mondanità e dal glamour,

Saint Tropez, piccolo comune francese di circa 5.000 abitanti, nel dipartimento del Var (ProvenzaAlpi-Costa A zzurra), conserva tra i vicoli le antiche caratteristiche dei tipici centri provenzali, con case dai tetti rossi, mercati di prodotti tipici e bellezze architettoniche. L’ex villaggio di pescatori, con il porto “vecchio” popolato di piccole imbarcazioni e moderni yacht, caffè e bistrot, è luogo di contrasti tra l’atmosfera glamour e lo spirito autentico del borgo. Ph. Photolia


dove sopravvive lo spirito dei piccoli borghi della costa provenzale: qui, gli anziani, all’ombra degli alberi, continuano a sfidarsi alla petanque, preservando il loro spazio e la loro tranquillità. Tutti i martedì e le domeniche mattina non manca il mercato tipico, con le specialità del territorio, l’artigianato, i profumi, i vestiti. CITTÀ DI FOLLIE E... FARFALLE Di grande interesse a Saint Tropez è anche la Maison des papillons, dove le protagoniste

sono le farfalle. Il museo opera di Dany Lartigue, figlio del famoso fotografo Jacques Henri Lartigue, e nipote di André Messager, membro dell’Accademia di Francia, direttore dell’Opera di Parigi e amico di Fauré e Debussy. La Maison è l’ex residenza di famiglia dei Lartigue, ora di proprietà della città di Saint-Tropez. Tipica abitazione tropeziana, ospita una notevole selezione di tutte le specie diurne di farfalle da tutte le regioni di Francia, in migliaia di esemplari, vantando rarità come il Black Apollo

Scorci caratteristici di Saint Tropez, nel borgo e sulla costa. Se siete da quelle parti e amate il naturismo, nei due stabilimenti privati di Plage de Blouche e Liberty Plage o nella zona a ciò riservata di Plage de Pampelonne (spiaggia libera), potrete prendere il sole in costume “adamitico”. Ph. (dall’alto): Tristan Taussac / Foter.com / CC BY-ND; Franck M. Photography / Foter.com / CC BY-NC-SA

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A Saint Tropez, oltre gli yacht e il glamour, si celano le vestigia di un antico borgo di pescatori ricco di storia, arte, bellezze naturalistiche e cose buone.

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(Dall’alto, a sinistra): la spiaggia di sabbia fine di Pampelonne, nella baia omonima, lunga circa 4,5 km, è una delle più belle del litorale e si estende da Cap Pinet a Cap Camarat. Uno scorcio caratteristico del centro storico di Saint Tropez, da dove si intravede il campanile, in stile barocco del XVI secolo, della Chiesa Notre Dame de l’Assomption. La cittadella è il punto più alto. Da qui si gode di un panorama mozzafiato sul golfo Sainte-Maxime e sul massiccio dei Maures. Ph. Steve Lorillere / Foter.com / CC BY-NC-SA; (in alto a sinistra) M. Photography / Foter.com CC BY-NC-SA

del Mercantour, oltre ad alcune specie esotiche: il valore scientifico della collezione è riconosciuto dagli entomologi di tutto il mondo. TERRA DI EROI Da non perdere la cittadella, del XVII secolo, che rimane uno dei luoghi storici di Saint Tropez più visitati e, sulla costa, una delle poche fortificazioni difensive di queste dimensioni. Oltre ad offrire un panorama mozzafiato sulla baia,

ospita all’interno il Musée d’histoire maritime, che propone un percorso tra le vite e le imprese dei personaggi che hanno fatto la storia del territorio, come il Bailli de Suffren (Pierre André de Suffren, 1729-1788) il Generale Jean-François Allard (1785-1839) e Hyppolite de Bouchard (1780-1837): un viaggio alla scoperta degli eroi che hanno reso celebre Saint Tropez secoli prima che diventasse sinonimo di mondanità. Meritano una visita anche l’Eglise Notre Dame de l’Assomption, del XVI secolo in stile barocco, e la Chapelle de la Miséricorde, con la sua cupola a tegole di diverso colore che sormonta il campanile. VIVERE IL MARE L’atmosfera tropézienne si respira anche al Circolo del Polo, dove da giugno a settembre si disputano i tornei e dove si può accedere gratuitamente per assistere a una partita a bordo campo. Ma anche al mare si può andare senza bisogno di spendere: in Francia, le spiagge libere sono più estese e diffuse rispetto alle coste italiane, e

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brioche aromatizzati ai fiori d’arancio, guarniti con zucchero e farciti con un mix di tre creme. In Avenue Des Narcisses, Alexandre Micka, titolare di una bottega che porta il nome di questa prelibatezza, segue ancora l’originale ricetta segreta rubata alla nonna negli anni ’60. Non lontano dal set di Piace a troppi, la pasticceria nel ’56 iniziò a essere meta di note star del cinema, tra cui Brigitte Bardot che suggerì il nome del dolce a Micka.

Dall’alto, a sinistra: l’attrice, modella, cantante, attivista, animalista Brigitte Bardot abita da circa 50 anni in una tenuta fuori Saint Tropez, la Madrague. Se volete rendere ancora più “mitica” la ricetta segreta della “tarte tropézienne”, sostituite le tre creme della farcia (al burro, chantilly e pasticcera) con la “chiboust”. Il Sentier du Littoral da Plage Thaiti costeggia tutto il capo di Saint Tropez, passando per Pointe de Capon, Plage des Salins, Plage de la Moutte, fino ad arrivare a Pointe de l’Ay. Ph. Michail Kirkov / Foter.com / CC BY-NC-SA; yuichi.sakuraba / Foter.com / CC; Akunamatata / Foter.com / CC BY-ND BY-NC.

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ciò vale anche nell’area di Saint Tropez. Percorrendo la Route des Salins si arriva a Les Salins e a La Moutte. Parcheggi gratuiti, parchi di pini, docce all’aperto e ristorantini: il luogo ideale per vacanze alla portata di tutti, single, coppie e anche famiglie con bambini. Attenzione però a non finire nella spiaggia sbagliata! È proprio nel dipartimento del Var, infatti, che si trova il maggior numero di spiagge naturiste, come a Ramatuelle, dove diverse zone sono riservate a questa pratica sulla nota Plage de Pampelonne, forse una delle più famose e celebrate. SENTIERI E PERCORSI Chi ama le passeggiate potrà attraversare la macchia mediterranea fino alle spiagge. Il Sentier du Littoral, per esempio, è un percorso di 20 km battuto un tempo dai doganieri per controllare la costa tra Saint Tropez e Cavalaire. Lungo il tragitto, spiagge, calette e punti di interesse storico. Quello da Baie des Canebiers a Plage des Salins, invece, è lungo poco più di 6 km e richiede un’ora e tre quarti: dopo la Baie des Canebiers si continua sullo sterrato de l’Estagnet. Infine, dal porto di Saint Tropez si può raggiungere la Baie des Canebiers in poco meno di un’ora (circa 3 km): si parte dal torrione detto Tour de Portalet e, dopo il cimitero, si prende il percorso fino a Plage des Graniers. Un altro sentiero da provare è quello che in un’ora permette di arrivare da Plage des Salins, attraverso Cap Pinet, fino a Plage de Tahiti, nota per le frequentazioni mondane: dopo la Plage des Salins, si prosegue fino a Pointe du Capon, camminando lungo il frastagliato profilo della scogliera. BUON GUSTO “TROPÉZIEN” I ristoranti a Saint Tropez, com’è intuibile, hanno prezzi elevati, ma c’è una specialità tipica e alla portata di tutti che vale la pena provare: è la tarte tropézienne, preparata con due dischi di pan

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generazioni tra i fornelli

DI VANINA CARTA PHOTO: ELOISE NANIA

LA CUCINA CE L’HANNO NEL SANGUE. CUSTODI DELL’EREDITÀ FAMILIARE, SONO DINASTIE DI CUOCHI E RISTORATORI CHE NEL PASSAGGIO GENERAZIONALE RAFFORZANO E VALORIZZANO LA PROPRIA IDENTITÀ

C

apita a volte che qualcuno riesca a realizzarsi trovando il mestiere giusto per sé, quello che sembra cucito su misura, dopo anni spesi in studio, gavetta e fatica. Altre volte capita, per pura fortuna, di essere la persona giusta al posto giusto e di costruire da quel momento, gradino dopo gradino, una brillante carriera. Capita, poi, di essere “figli d’arte” e di non doversi guardare troppo attorno. Ma è proprio lì che si impone la scelta cruciale: proseguire sulla via dei padri oppure no? Lottare per tentare di eguagliare la loro bravura – con il rischio di fallire e di essere definiti “figli di” – oppure trovarsi un altro campo d’azione? È un dilemma antico, generazionale, su cui letteratura, psicologia, sociologia hanno indagato cercando di dare una risposta, invano. Ed è anche realtà di

tutti i giorni, soprattutto in un contesto sociale come quello italiano, dove i rapporti familiari coincidono spesso con quelli professionali. Inutile dirlo, il nostro tessuto economico è una fitta trama di micro, medie (e non di rado grandi) imprese familiari, in ogni settore. Ed è così anche per uno dei pilastri dell’italianità nel mondo: la ristorazione, potente motore e brand collettivo che costruisce la nostra immagine fuori dai confini nazionali e forse, oggi, il nostro migliore profilo all’estero. E se è vero che, nel caso di medie e grandi aziende, spesso la gestione delle nuove leve non percepisce la responsabilità dell’incarico o, peggio, non è preparata al passaggio creando i presupposti per un inevitabile declino, in quello specifico della ristorazione, tale passaggio

Lucia, Anna e Agnese sono le nipotine di Bartolo e Alda Bruna dell’Albergo della Pace a Sambuco ( Valle Stura), oggi affiancati dalla figlia Manuela e dal genero Raffaele. L’antica “Osteria della Pace” nasce nel lontano 1820 ed è gestita, da allora, sempre dalla stessa famiglia.


generazionale pesa, invece, positivamente poiché sentito come prosecuzione di un mestiere antico e nobile, fatto di arte manuale, creatività, straordinaria capacità organizzativa, esperienza e, oggi, studio. Sarà il potere del cibo e della sua trasformazione attraverso la cucina – che è arte, non solo mestiere – sarà la presenza frequente di una figura affettiva, femminile (una nonna, una zia, una cugina) a inaugurare, nella storia di queste famiglie, una tradizione gastronomica motivo di vanto, o forse il senso di appartenenza a quel contesto dove si respira la passione delle madri

e dei padri che non staccano mai dalla mattina alla sera tra sala e cucina, ma i figli e i nipoti di certo scelgono con determinazione, non solo di “tenere il locale”, ma di portare alto il vessillo del suo nome. Per questo la nostra scelta è caduta su tre realtà della ristorazione cuneese (Albergo della Pace di Sambuco, Trattoria Marsupino di Briaglia, Il Centro di Priocca), dove le ultime generazioni si fanno spazio tra vecchio e nuovo, ma sempre con l’orgoglio di appartenere a una discendenza con la cucina nel sangue, anzi nel DNA. Realtà differenti come lo sono le zone in cui ope-

L’agnello Sambucano è il prodotto di spicco della Valle Stura e uno dei piatti forti dello chef Bartolo Bruna. Oggi la razza Sambucana è un Presidio Slow Food e si fregia del marchio “Agnello Sambucano garantito”, riconosciuto dalla Camera di Commercio di Cuneo. Bartolo Bruna (in basso a destra) e un momento di convivialità in famiglia, nella hall dell’Albergo della Pace, a Sambuco.

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Spesso è la presenza di una figura femminile (una nonna, una zia, una cugina) a inaugurare, nella storia di queste famiglie, una tradizione gastronomica motivo di vanto.

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In alto: gli interni, dalla sala da pranzo alle camere, all’Albergo della Pace, sono prevalentemente in legno, in uno stile perfettamente integrato nel contesto ambientale della valle. Ciò significa anche indotto per il territorio, poiché tutti i lavori di falegnameria sono in genere realizzati da artigiani del posto; ciò vale anche per altre forniture e servizi legati alla gestione della struttura e del ristorante.

rano (Valle Stura, Monregalese, Roero), ma con tanti elementi in comune: oltre a una lunga storia familiare passata tra i fornelli, la passione viscerale per la cucina e la terra da cui derivano le materie prime; la predisposizione all’accoglienza e, non ultima, l’ambizione a migliorare sempre. In sintesi: nessun dorma (sugli allori), maniche rimboccate e al lavoro, ma sempre con il sorriso, perché l’ospite viene prima di tutto.

ALBERGO DELLA PACE Il locale di Bartolo e Alda Bruna è una vera istituzione e chi viene in Valle Stura non può davvero fare a meno di passare a Sambuco, borgo montano da cartolina, stretto su un’altura a pochi chilometri dal Colle della Maddalena. E vale la pena, perché quando ci arrivi, dopo l’interminabile salita sulla Provinciale, sei accolto come uno di casa, come avviene spesso nelle località di montagna, dove è più naturale fare amicizia: qui il calore si respira dalla ricchezza degli ambienti e degli arredi in legno, in stile alpino, dai piatti, espressione di esperienza e autenticità, e dall’affabilità delle persone. “La Pace” nasce nel lontano 1820, quando il bisnonno di Bartolo decide di aprire questa locanda tramandando l’attività prima al figlio, poi al nipote, padre di Bartolo. Quest’ultimo sposa una margara originaria del Saluzzese, della famiglia Quaranta, solita praticare la transumanza delle mandrie in queste zone. Con l’arrivo della signora Quaranta, la cucina conosce una svolta, grazie alla commistione tra la tradizione alpina, fino ad allora ancora povera, e quella saluzzese, di pianura, più ricca e capace di portare spunti diversi. Negli anni ’70, con l’introduzione dell’agnello

Raffaele, genero di Bartolo e Alda Bruna, con due delle tre figlie; la facciata dell’Albergo della Pace, che si affaccia direttamente sulla suggestiva piazzetta del borgo di Sambuco. Di qui il panorama, sia estivo che invernale, lascia senza fiato.

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richiedono tempo e grande manualità. D’altra parte, come ci spiega Bartolo: “Qui, dopo l’acqua Sant’Anna, la spina dorsale dell’economia sono gli esercenti; sono loro che devono rimboccarsi le maniche per creare e dare lavoro”. Ma La Pace è anche albergo. “Intorno alla metà degli anni ’70 – racconta Bartolo – un amico giornalista, Furio Chiaretta, mi propose di aderire a un’iniziativa. Stava nascendo la GTA (Grande Traversata delle Alpi – ndr) ed era necessario organizzare dei Posti Tappa da Sambuco a Castelmagno, non solo come ristoro ma anche pernottamento. Questa è stata la molla che ci ha fatto conoscere nell’ambiente degli amanti della montagna e nelle sedi del CAI. Siamo diventati Posto Tappa estivo e quando sono arrivati i primi tedeschi negli anni ’80 in Valle Maira (al seguito di Andrea e Maria Schneider – ndr) il collegamento è stato immediato e siamo cresciuti esponenzialmente. Da allora anche la clientela è a poco a poco cambiata – prosegue Bartolo – e oggi più del 60% è straniera: svizzeri, tedeschi, francesi, russi e norvegesi (che vengono in inverno per lo sci-alpinismo). Lavoriamo con alcuni tour operator molto seri e selettivi, pertanto per proporre standard elevati dobbia-

Eleganza d’altri tempi. La Trattoria Marsupino, a Briaglia, nel Monregalese, dal 2005 è anche albergo. L’attento restauro delle cinque camere e delle due suite rappresenta l’ideale prosecuzione dello stile classico, ma con un fine tocco “country chic”, a cui si ispira il recupero delle sale per la ristorazione.

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Sambucano, la riscoperta dei ravioli cruset, insieme a piatti come la minestra di trippe (di origine saluzzese), il menu si arricchisce ancora. Dalla fine degli anni ’80 subentra lo stesso Bartolo, insieme alla moglie Alda: oggi sono ancora in cucina, affiancati dalla figlia Manuela e dal genero Raffaele, sommelier e uomo chiave nel delicato momento dell’accoglienza. Bartolo e Alda arrivano in anni cruciali, dando un’impronta molto personale e di qualità ai piatti: il menu è quello tradizionale da osteria, ma frutto di una studiata rivisitazione e di estrema accuratezza nelle esecuzioni. I pilastri non cambiano: prodotti alpini locali, le tipicità come i cruset, sala e ambiente curatissimi, paesaggio mozzafiato, ma con un grande valore aggiunto, credere nella propria terra e concepire il mestiere come una missione. Local infatti è tutta la filosofia che anima il locale: l’Albergo della Pace è, infatti, un’azienda che crea indotto sul posto. Oltre alle persone di famiglia lavorano qui quattro dipendenti e i collaboratori esterni sono della zona: dal falegname che ha realizzato gli interni e le camere, all’idraulico, passando per le pazienti signore della valle alle cui mani esperte viene affidato il compito di confezionare i cruset, che

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Matteo, uno dei due giovani rampolli Marsupino, segue le orme del papà restando ai fornelli; il fratello Luca, invece, (in basso a destra) è sommelier e gestisce una cantina con circa 900 etichette. Matteo e Luca hanno anche una sorella, Paola, che svolge un’altra professione. Foto di famiglia, in cucina. Da sinistra: Piervincenzo, la moglie Franca, Marisa, mamma di Piervincenzo, e Matteo.

mo offrire la qualità anche nell’accoglienza e la locanda deve fare lo stesso”. Di qui anche la scelta di rinunciare alla pensione completa, per selezionare ancora di più una clientela che punti sul turismo outdoor cercando lo svago in valle durante il giorno. Oggi, si affacciano a questo mondo le tre splendide nipotine, Lucia, Anna e Agnese, che già respirano l’aria dell’accoglienza. L’insegnamento di Manuela, Raffaele e Bartolo per loro è chiaro: “Imparare sempre da chi è migliore, senza dare la colpa agli altri (che siano istituzioni o congiunture economiche). Siamo noi che costruiamo il nostro mestiere e, qui, ciò che conta è valorizzare un turismo di nicchia, senza pretendere che arrivi la massa. Non saremmo preparati e per di più chi viene qui apprezza proprio questo: la tranquillità, la sostenibilità di una montagna integra”. TRATTORIA MARSUPINO Sempre ai confini della provincia di Cuneo, ma sta volta verso la Liguria, c’è Marsupino. Quando arrivi a Briaglia, su uno sperduto cucuzzolo tra

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le colline della Langa monregalese, ti chiedi se il navigatore non ti abbia portato fuori strada. Il peso pubblico, qualche casa e poco altro... Poi, però, capisci che a dare un senso a tutto, oltre al panorama nitido, al centro della piazza, un imponente e antico caseggiato lascia presagire bellezza e bontà nella sua semplice eleganza. Piervincenzo Marsupino, attuale chef e patron del ristorante-albergo, segue la tradizione di famiglia che, qui, ha origine agli albori del XX secolo. Un tempo, la trattoria era un locale di posta gestito dal nonno Pietro Marsupino e dalla sorella, nato anche dall’esigenza di nutrire la massa di operai che lavoravano alla costruzione dei laghetti artificiali sulle colline circostanti, destinati all’irrigazione. Ma l’economia era mista, perché in settimana c’erano tempo e spazio per dedicarsi ad altre attività che andavano a integrare quella della locanda. Di qui la panificazione: con il forno si preparava il pane per tutta la borgata; la bottega annessa, sale e tabacchi (ora i locali ospitano una sala del ristorante) e persino viticoltura e vinificazione del dolcetto. Un tipo di sussistenza essenziale fino agli anni ’80, quan-


tornano. È un turismo che viaggia molto, che vede molte cose e che per questo ha esigenze e standard elevati, e ciò vale anche per il restante 40% costituito da stranieri. Il ritorno è dovuto al servizio che cerchiamo di offrire, che va da sé non è solo la cucina, e alla stessa presenza delle camere, che abbiamo restaurato nel 2005 in un’altra ala del caseggiato. La fidelizzazione dei clienti viene prima di tutto, tanto che spesso diventano amici, i quali ti inseriscono poi nel circuito delle loro vacanze”. E la cucina? È il regno di Piervincenzo, affiancato dal silenzioso e operoso Matteo, secondogenito della coppia. Ma è anche l’ambiente naturale della mamma di Piervincenzo. Uno dei pilastri della Trattoria Marsupino è lei: Maria Luigia Aimo, nota come Marisa (e ci tiene a specificarlo), è colei che ha tramandato quel fondamentale bagaglio di ricette e saggezza al figlio, e che ancora adesso tiene “le mani in pasta”, senza far mancare il proprio supporto. I piatti, oggi, sono il frutto di un’evoluzione costante, che parte dalle basi della tradizione pura per arrivare a un rinnovamento, risultato di spunti diversificati. Dunque, tradizione e ingredienti

locali sì (i vegetali arrivano tra l’altro dall’azienda agricola di proprietà), ma cercando interpretazioni personali e non senza tecniche moderne. Parole d’ordine: “leggerezza, salubrità (con l’utilizzo di poco sale), no a cotture esasperate, stagionalità, utilizzo di erbe spontanee, attenzione alle intolleranze ed eleganza nella semplicità

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do avviene la svolta, con la scelta della vocazione alberghiera a tempo pieno. In quegli anni, in cui Piervincenzo prende in sposa Franca – donna di squisita e paziente gentilezza – la clientela non si accontenta più del vino della casa, vinificato in proprio dalle vigne a due passi dalla locanda, ma cerca i nomi che si stanno imponendo sulla scena piemontese e nazionale. “Si può dire che il ristorante, inteso in senso moderno, si sia avviato proprio allora, insieme ad astri allora nascenti come Clerico, Conterno e molti altri,” ci racconta Piervincenzo. L’amicizia, come spesso avviene tra grandi attori su uno stesso palcoscenico, non tarda ad arrivare e, così, “clienti di quelle grandi cantine arrivavano qui mandati dagli stessi produttori, mentre il passaparola faceva la sua parte. D’altra parte Briaglia è a soli 25 km da Alba,” conclude. In pochi anni, il locale, acquisisce la meritata fama di ristorante di alto livello. “Oggi – spiega Luca, sommelier con la passione per i distillati e nuova generazione che tiene saldo il timone della sala – la clientela resta per un buon 60% italiana: aziende della zona e turisti, che spesso

Da Marsupino “non si butta via niente”, ma sempre in modo intelligente. Le carcasse del coniglio vengono fatte rosolare con gusti e verdure dell’orto di proprietà, per realizzare un fondo. Scorcio sulla sala del ristorante Il Centro a Priocca. Il locale viene rilevato nel 1956 da Pierin Cordero, padre dell’attuale “patron” Enrico, per due milioni di lire. Da allora l’ascesa è stata continua grazie, in particolare, a una gestione della cucina sempre femminile: da nonna Lidia, passando per Rita, madre di Enrico Cordero, fino a Elide, attuale chef, nonché moglie di Enrico.

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Elide al lavoro, nelle cucine de Il Centro. La mano di Elide è la cifra stilistica del locale che vanta una stella Michelin, per “la giurata fedeltà all’ortodossia regionale,” recita la nota guida. Elide propone piatti stagionali, mantenendo distinti e netti i sapori dei vari elementi nell’insieme. La famiglia Cordero non al completo. Giampiero ha una sorella, Valentina, che opera in tutt’altro settore. Dal 2010 ha scelto di restare a New York, dove lavora per una testata del gruppo “The Financial Times”, dopo aver conseguito un master in giornalismo finanziario.

dei gusti – spiega lo chef. – Il tutto senza scartare prodotti considerati poveri, ma dalle grandi potenzialità, sfruttandoli in modo intelligente” e in autentico spirito rurale e green, aggiungiamo noi, come l’atmosfera che si respira in questa famiglia, che conosce il valore del duro lavoro. Un’ultima sola parola sulla carta dei vini e la cantina, interamente curata da Luca: monumentale, nelle scelte e nelle dimensioni, con nicchie dedicate specificatamente ai distillati. Che dire? Che manca forse solo una “stella” a completare l’opera. IL CENTRO A Priocca, l’atmosfera è quella del vecchio Piemonte puntellato di borghi collinari. Il posto è fuori mano rispetto alle rotte più battute del Roero e delle Langhe e, come dice Enrico Cordero, patron de Il Centro, “qui ci devi venire apposta”. Ma apposta ci vieni volentieri, quando sai che c’è un tempio della cucina tradizionale roerina. Cordero è un cognome che in zona è comune a molti, ma Pierin Cordero è il nome che ha costruito il mito de Il Centro e, perciò, anche di Priocca. Quando dici “Priocca”, infatti, dici “Il Centro”.

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Pietro (Pierin) Cordero rileva la storica locanda nel ’56. Due milioni di lire di allora sono soldi, ma Pierin ha fatto l’aiuto cuoco ad Alassio e sa quel che fa. Accanto a lui la moglie Rita e la mamma Lidia, quest’ultima ancora una volta pilastro di una fama che ha fatto scuola. Lidia sa trasformare ingredienti poveri in piatti ricchi (tajarin, fritto misto, finanziera). Un sapere che Rita fa suo: nel ’70, alla morte di Pietro, si rimbocca le maniche per mantenere e valorizzare quel patrimonio materiale e spirituale. Nel frattempo, Enrico, figlio di Rita e Pietro, cresce e prende moglie, Elide. Seguendo le orme di una tradizione femminile che non conosce eccezioni, Elide si arruola nelle fila della brigata di cucina imparando da zero e, ad oggi, è ancora il “timoniere ai fornelli”. Rispetto a un tempo, molto è cambiato. Come racconta Enrico, “una volta si facevano cinque cose e la gente voleva saziarsi. Poi, soprattutto in inverno, c’erano i pranzi ‘sociali’ del paese. Si faceva un’asta a busta chiusa e ogni ristorante preparava la sua offerta; 4-5 pranzi invernali di quel tipo erano l’economia della locanda. Dopo la guerra qui c’era molto più movimento di adesso, erano molti i commercianti; poi è arrivato il boom della FIAT e tanti sono finiti a Torino”. C’è il rispetto per un’epoca che ha costruito la storia di un mito nelle sue parole, ma non c’è nostalgia. “Adesso, nonostante le rotte più battute siano più spostate verso Alba e le Langhe, i turisti non mancano e cercano tutti la qualità – spiega Giampiero, nuova leva del locale che ha ben chiara la mission de Il Centro. – Il turismo arriva in prevalenza dall’estero. Soprattutto in concomitanza con le fiere maggiori di Alba, specie quella del Tartufo, l’80% dei tavoli è occupato da stranieri che prenotano anche mesi prima. Ma ci sono anche i clienti storici e i ‘colleghi’, tra cui molti chef famosi. Di qui è passato anche Ferran Adrià”. L’oggi quindi non è poi così male, anche perché la forza de Il Centro sta tutta nella potenza del proporre nel presente, in modo esemplare


Giampiero cura la storica cantina del locale, dove è possibile cenare, su prenotazione (fino a un massimo di 10 persone), nella prima sala, spaziosa e suggestiva. Le altre stanze sono destinate alla sola conservazione di etichette italiane e internazionali (con un occhio di riguardo ai vini di Borgogna), rigorosamente classificate e selezionate personalmente. Ma l’angolo più prezioso è quello delle riserve, il “crutin”, dove Giampiero raccoglie, senza inserirle in carta, le annate migliori, aspettando così il momento, o meglio l’anno, giusto per proporle.

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e con estrema finezza, la cucina del passato, senza cedere alle lusinghe delle nuove tendenze. “La presenza di molti locali in zona che fanno innovazione in cucina non ci crea disagio, anzi, rappresenta una ricchezza, nel momento in cui il livello della qualità media è molto elevato – aggiunge Giampiero. – È il gruppo che fa la forza e la stessa cosa vale per il discorso vino”. Siamo nel Roero: la ristorazione non può prescindere, qui, dal contesto enologico e l’immensa, storica cantina de Il Centro ce lo ricorda. È il regno di Giampiero, sommelier con la passione per il Piemonte e la Borgogna, a cui non manca la gavetta in cucina. “Naturalmente proponiamo i Nebbioli del Roero, dai tannini eleganti e fini, cercando di avere una storicità il più possibile completa sulle annate, ma ciò che funziona qui è comunque il sistema vino nel suo complesso, perciò la richiesta è legata sempre molto al Barolo. Per questo, di norma, propongo un percorso che comprenda, per esempio, un bianco, un Roero e un Barbaresco o un Barolo: per dare una panoramica d’insieme di un territorio (Langhe e Roero – ndr) che è unico, non diviso. Oggi – conclude – per poter mantenere alto il livello dell’offerta, la collaborazione tra tutti gli attori (ristoratori, albergatori e produttori) deve essere completa”. Tra le righe: andare oltre la rivalità tra rive gauche e rive droite, parlando di Tanaro e non di Senna. Giovane, dunque, ma determinato: buon sangue non mente.

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scultura da vivere, fruibilità pubblica

PHOTO: GRETA CANU

VENTI ANNI DI CREATIVITÀ GIOVANILE, PER L’ARTE PUBBLICA URBANA. QUESTO È IL CONCORSO “SCULTURA DA VIVERE” PROMOSSO DALLA FONDAZIONE PEANO DI CUNEO. TEMA DEL 2016: L’OPERA E IL CONTESTO

I

l concorso internazionale “Scultura da Vivere” compie 20 anni. Un traguardo importante per la Fondazione Peano di Cuneo, (www.fondazionepeano.it) nata nel 1993 con lo scopo di promuovere l’arte e in particolar modo la scultura e il suo inserimento nell’ambiente naturale urbano. Il concorso esprime al meglio questo concetto. Istituito dal fondatore, Roberto Peano, rappresenta ormai un appuntamento fisso per gli studenti delle Accademie di Belle Arti italiane, europee e mediterranee. Una vetrina per la creatività giovanile con l’intento di realizzare un progetto di arte pubblica che, nel rispetto delle condizioni di sicurezza, sia adatto a essere installato in spazi aperti diventando un’opera fruibile dall’intera città, non solo nel centro storico ma anche nei quartieri periferici e nelle frazioni.

Il concorso, quest’anno dal tema “L’opera e il contesto”, vive il suo momento più importante dal 17 settembre, quando alle 18,00 nella sede della Fondazione Peano (in Corso Francia 47 a Cuneo), è in programma l’inaugurazione della mostra dei bozzetti. Per l’edizione del ventennale, la Fondazione ha introdotto alcune importanti novità perché vengano realizzate opere sempre più legate al luogo che le ospita. La giuria di esperti, che individua i primi tre classificati, è infatti affiancata per la prima volta da una votazione pubblica e l’area verde in cui la scultura realizzata verrà posta è già stata segnalata nel bando dello stesso concorso. I bozzetti sono in esposizione fino al 2 ottobre. L’opera vincitrice che, verrà scoperta a

L’opera di Marta Fresnada Gutierrez, “In your eyes” (2011) inserita nel giardino museale di Casa Peano, a Cuneo, che ospita oltre 50 sculture di diversi autori. La sede si trova all’interno di un parco e comprende anche una villetta e una sala mostre. Nella pagina successiva: Simonetta Baldini (Lucca), “Riflessi”, in marmo bianco di Carrara (cm 300x60). Marco Scifo (Augusta – SR), “Volo di cigni”, bronzo (cm 250x150x20), realizzato per la prima edizione del concorso “Scultura da Vivere” e da quasi 20 anni parte integrante di Corso Dante a Cuneo; Giovanni Lerda, “Riflussi”, all’interno del giardino museale di Casa Peano (in basso a sinistra).


attraverso una serie di altre iniziative e con il giardino museale di Casa Peano”. Un vero gioiello alle porte di Cuneo: la sede, infatti, si trova all’interno di un parco e comprende una villetta, una sala mostre e un giardino museale con oltre 50 sculture di diversi autori e dove sono censite 55 specie vegetali. Un patrimonio che può essere conosciuto prenotando una visita oppure in occasione delle iniziative espositive, come quella della mostra di bozzetti del concorso “Scultura da Vivere”, dal 17 settembre al 2 ottobre, dal giovedì alla domenica, dalle 16,00 alle 19,00. Tra le tante iniziative della Fondazione, la rassegna CuneoVualà, iniziativa innovativa e unica in regione dedicata ai taccuini di viaggio disegnati che, grazie al grande successo riscosso nelle prime tre edizioni, diventa anch’essa un appuntamento fisso. La mostra si tiene a ottobre, in concomitanza con la Fiera del Marrone, mentre la giornata di disegno live legata al Premio CuneoVualà, si svolge quest’anno il 24 settembre al Salone del Gusto a Torino, siglando una nuova importante collaborazione per la Fondazione Peano, quella con Slow Food e Terra Madre.

Il concorso internazionale “Scultura da Vivere” compie 20 anni. Promosso dalla Fondazione Peano di Cuneo, è un progetto di arte pubblica per la creazione di opere fruibili dall’intera città, non solo nel centro ma anche nelle periferie e nelle frazioni.

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | special advertising | ARTE

settembre 2017, andrà ad arricchire Piazza Pio Brunone Lanteri. Intanto, in occasione dell’apertura dell’edizione 2016, alle 17,00 è prevista l’inaugurazione della scultura prima classificata dell’edizione precedente, dal titolo Punti di vista di Liliia Mochula. L’arte incontra così la quotidianità di chi vive Cuneo: dal Volo dei cigni, di un allora giovanissimo Marco Scifo, per la prima edizione del concorso e da quasi 20 anni parte integrante di Corso Dante, a Dis-Uguaglianze di Jessica Pelucchini per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, posizionata in Frazione Spinetta, fino a una delle opere più recenti e dal forte impatto visivo e concettuale, come la scultura di Gaspare Marziano, ispirata a La città che sale di Boccioni, nel parco La Pinetina del Donatello. “La scultura è la forma d’arte che più sposa il concetto di public art poiché permette di valorizzare e promuovere percorsi d’arte che escono da quelli abituali e dal classico centro città, abbracciando anche le zone più periferiche e creando una galleria d’arte a cielo aperto – commenta la presidente della Fondazione, l’architetto Roberta Ingaramo. – La Fondazione promuove l’arte contemporanea anche

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territorio in vetrina NOVITÀ AL PASSO CON LE TENDENZE DEL MERCATO ABBINATE ALLE CARATTERISTICHE CHE L’HANNO RESA LA PIÙ GRANDE VETRINA COMMERCIALE DEL NORDOVEST: È LA 41ª EDIZIONE DELLA GFE

L’

appuntamento è dal 2 all’11 settembre nell’area fieristica Miac a Cuneo. Lo staff di Al.Fiere Eventi ha saputo unire, al format consolidato, un’offerta innovativa: cuore dell’evento i padiglioni Tekno e Arredo, con le ultime proposte per la casa e il lavoro. “Abbiamo dato spazio a due nuove aree tematiche: una risponde alle esigenze di un pubblico sempre più alla ricerca di prodotti di qualità e dal palato esigente; l’altra segue le tendenze del settore benessere, un mercato in crescita sia come domanda sia come offerta, che in Fiera facciamo incontrare – spiega Massimo Barolo, amministratore unico di Al.Fiere Eventi. – Le novità sono la Piazza del Gusto, un percorso in cui si possono degustare e acquistare prodotti di eccellenza enogastronomica, e WellnesSPAce, vetrina attiva, dedicata alle strutture wellness del Nordovest, in cui è possibi-

le provare un pacchetto benessere (prenotando anticipatamente). In Fiera arriva anche Biosphera 2.0, l’abitazione a zero consumo di energia al centro di un progetto sperimentale a livello internazionale che fa tappa a Cuneo. Inoltre, presenti i partner di sempre: Confartigianato, Coldiretti e ATL, oltre a Unicredit (unica Banca della GFE). Il programma prevede convegni tecnici, con crediti formativi per professionisti e iscritti all’Ordine Geometri, Architetti e Dottori Commercialisti; e tanti appuntamenti per tutte le fasce di età. Aree relax lungo il percorso fieristico e nel verde; servizi ristorazione (la formula inedita è “Un piatto e via”, un modo semplice ma nuovo di mangiare); libreria e tanto altro. Riconfermato il servizio navetta da Cuneo città gratuito, come il baby parking. Ingresso libero fino a 13 anni e la domenica mattina tramite iscrizione sul sito.

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DAL 3 AL 5 SETTEMBRE, A SALUZZO, TORNA LA MOSTRA NAZIONALE DELLA MECCANICA AGRICOLA: EVENTO SPECIALISTICO DEL SETTORE CHE SPOSA LA TRADIZIONALE VOCAZIONE D’INCONTRO POPOLARE

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iunge quest’anno alla sua 69ª edizione, la tradizionale Mostra della Meccanica Agricola di Saluzzo (in Piazza Foro Boario), che vanta per l’ottavo anno la qualifica di “Nazionale”. In contemporanea, nel centro cittadino, la 17ª edizione del Salone Auto e Moto che ospita per tre giorni tutti i concessionari locali. Quest’anno, la Mostra della Meccanica potenzia un comparto già presente, quello del legno, in un’ottica di continuità e coerenza con il Polo del Legno di Saluzzo e Valli del Monviso: un accordo da poco istituito e sottoscritto dalla città marchionale, che svolge un ruolo di coordinamento e cabina di regia. Il legno diventa così il trait d’union tra le tre mostre nazionali di Saluzzo: quella della Meccanica Agricola di settembre, quella dell’Artigianato

di fine ottobre e dell’Antiquariato. Per il 2016 in programma due momenti convegnistici che vertono sul comparto energetico nel campo dell’agricoltura e appunto sul legno, grazie alla collaborazione con l’azienda Eviso e con l’Uncem. Confermata la centralità della zootecnica all’interno della rassegna, con la 44a Mostra Regionale della Frisona. Circa 500 gli stand disponibili, con un totale di 35.000 mq di area espositiva e più di 170 aziende presenti (superano la decina i nuovi espositori), oltre a numerosi stand istituzionali e di categoria. Collaudata, inoltre, la collaborazione con ARAP, APA e AIA per il campo zootecnico, oltre alle partecipazioni delle diverse associazioni di categoria Coldiretti, Confagricoltura e Cia. Fonda-

In contemporanea alla tre giorni della Mostra della Meccanica Agricola che si svolge presso Piazza Foro Boario, sotto l’Ala di Piazza Cavour, si tiene il 17o Salone Auto e Moto, che ospita i concessionari locali. Il settore sella zootecnia gioca un ruolo strategico nell’economia dell’evento. Non a caso all’interno della fiera è inserita la Mostra Regionale della Frisona, giunta ormai alla 44a edizione. Nella pagina successiva, in basso: bovini di Razza Piemontese in esposizione all’entrata della Mostra.


mentale anche il contributo dell’Arproma e della Confartigianato, parti attive al tavolo di lavoro per l’organizzazione dell’evento. Sempre proficua la partnership con le aziende Supertino e Vaudagna; confermata, poi, l’importante cooperazione con l’azienda Olimac e rinnovata la partecipazione e la presenza dell’azienda tedesca del comparto legno BGU. La Mostra della Meccanica Agricola si afferma con un crescente successo anche per la sua particolarità

intrinseca: quella di essere un appuntamento specialistico per gli agricoltori che guarda all’evoluzione del settore, senza però perdere la propria secolare vocazione d’incontro popolare con il territorio e il mondo contadino, dove l’economia agricola si incontra nei giorni di festa. Tre giorni in cui si ritrova uno spaccato della terra saluzzese e delle sue tradizioni più radicate, un perfetto avvio al mese di festeggiamenti patronali del Settembre Saluzzese.

Per l’edizione 2016 della Meccanica Agricola di Saluzzo, si contano circa 500 stand disponibili, con un totale di 35.000 mq di area espositiva e più di 170 aziende presenti (superano la decina i nuovi espositori), oltre a numerosi stand istituzionali e di categoria.

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Quest’anno, la Mostra della Meccanica potenzia il comparto del legno, in un’ottica di continuità e coerenza con il Polo del Legno di Saluzzo e Valli del Monviso.

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“ricostruire” l’edilizia per il rilancio CON IL NUOVO CONTRATTO REGIONALE, IL SETTORE CAMBIA PASSO E PUNTA AL RILANCIO. OBIETTIVO: AGEVOLARE I RAPPORTI TRA IMPRESA E LAVORATORI, PER UNA GESTIONE OMOGENEA IN PIEMONTE

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a il marchio della terra piemontese, il primo contratto collettivo regionale in Italia per il settore dell’edilizia. La firma, avvenuta recentemente a Torino, è il risultato di una significativa partnership tra le maggiori forze sindacali: Confartigianato, Cna, Casartigiani del Piemonte e Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil del Piemonte. Il nuovo accordo, che va a sostituire i precedenti contratti territoriali, giunge a coronamento di un percorso di relazioni sindacali in cui è stato perennemente al centro dell’attenzione l’obiettivo di snellire e agevolare i rapporti tra impresa e lavoratore, a qualsiasi provincia appartengano. In tal modo, finalmente, vengono gettate le basi per una gestione omogenea sul territorio piemontese degli aspetti economici e normativi relativi al rapporto di lavoro dipendente.

“È un risultato di grande importanza per il nostro comparto – sottolinea Luciano Gandolfo, presidente provinciale e regionale degli edili di Confartigianato e vice presidente vicario di ANAEPA (Associazione Nazionale Artigiani dell’Edilizia dei Decoratori, dei Pittori e Attività Affini) con delega specifica al contratto e alla materia sindacale – soprattutto alla luce di una crisi prolungata che ha colpito in modo più profondo di altri il settore edile. Uniformare a livello piemontese il costo del lavoro significa ampliare le opportunità professionali delle imprese e contenere i livelli di concorrenza sui territori provinciali. Oggi raccogliamo il frutto di un lungo percorso fatto di confronti e trattative, iniziato nel 2012 con il lavoro sul contratto nazionale, nel quale peraltro già era previsto che

CONFARTIGIANATO CUNEO Via I Maggio, 8 - 12100 CUNEO Tel.+39.0171.451111 Fax: +39.0171.697453 e-mail: confartcn@confartcn.com cuneo.confartigianato.it


il contratto di secondo livello diventasse di respiro regionale”. L’adozione del nuovo accordo potrà anche facilitare il rilancio di politiche pubbliche per il settore, specie dopo la recente costituzione in Regione Piemonte della Consulta della filiera delle costruzioni. Certezza e uniformità economica e normativa, possibilità di concordare strategie riguardanti sia il sistema della bilateralità, nonché quello della formazione, potranno quindi costituire un’in-

versione di tendenza per il settore gravemente falcidiato dalla crisi. “Con questo contratto – aggiunge Gandolfo – abbiamo segnato una tappa fondamentale di un’importante strategia, volta allo snellimento dei rapporti tra imprese, sindacati e territorio. Il prossimo passo, che ci auguriamo possa essere fatto a tempi brevi, dovrebbe andare verso la creazione di nuovi enti bilaterali a livello regionale che possano interpretare al meglio le esigenze delle imprese edili e dei loro lavoratori”.

Luciano Gandolfo, in basso a destra, presidente provinciale e regionale degli edili di Confartigianato e vice presidente vicario di ANAEPA (Associazione Nazionale Artigiani dell’Edilizia dei Decoratori, dei Pittori e Attività Affini) con delega specifica al contratto e alla materia sindacale.

L’EDILIZIA IN CIFRE In Piemonte i dati aggiornati al 2015 indicano l’edilizia come un comparto ancora in difficoltà. Dal 2009 al 2015 si sono perse oltre 8.000 imprese, pari al 13,3%, mentre il valore aggiunto, che nel 2008 era di 7 miliardi di euro, è sceso a 5,7 miliardi nel 2014 (8-18,2%). In provincia di Cuneo, pur con dati in tendenza negativa, “resistono” 7.985 imprese artigiane operanti nelle costruzioni e mantengono il secondo posto a livello regionale, dopo la provincia di Torino..

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“Uniformare a livello piemontese il costo del lavoro significa ampliare le opportunità professionali delle imprese e contenere i livelli di concorrenza sui territori provinciali”.

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la ricerca si presenta a cuneo VENERDÌ 30 SETTEMBRE LA “NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI” PORTA IL MONDO DELLA RICERCA NELLE STRADE E NELLE PIAZZE DI CENTINAIA DI CITTÀ ITALIANE PER AVVICINARE IL PUBBLICO ALLA SCIENZA

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i rinnova per il biennio 2016/2017 l’appuntamento con La Notte Europea dei Ricercatori. Venerdì 30 settembre 2016 si terrà in centinaia di città l’evento dedicato al mondo della ricerca scientifica. Piemonte e Valle d’Aosta partecipano con l’adesione di Alessandria, Aosta, Asti, Biella, Cuneo, Torino e Verbania, inserite nel progetto CloSER: ‘Cementing Links between Science&society toward Engagement and Responsibility’. L’acronimo riflette il filo conduttore del progetto, che intende stabilire un’alleanza tra i ricercatori e diversi attori sociali, basata sui valori promossi dalla Responsible Research and Innovation (RRI), la più potente “questione” trasversale del Programma Quadro europeo Horizon 2020. Un’alleanza che si realizzerà in un ampio spettro di attività che avvicinerà tutti i protagonisti dell’evento.

La sigla RRI - Ricerca e Innovazione responsabile significa fare scienza e innovazione con la società e per la società, coinvolgendola dall’inizio del processo di ricerca e innovazione con l’obiettivo di allineare i risultati ai valori condivisi nel contesto sociale di riferimento. Nelle città del Piemonte, per le quali si apre il secondo decennio della manifestazione, e ad Aosta saranno attivi centinaia di ricercatori e di operatori di una lunghissima fila di enti, istituzioni, imprese e associazioni che daranno vita ad un’offerta formativa e di intrattenimento unica nel suo genere. A Cuneo, in particolare, perseguendo l’obiettivo della vicinanza e dell’alleanza tra tutte le componenti della società, l’evento toccherà ben nove sedi differenziate, coinvolgendo università, musei, biblioteche, teatri, scuole e associazioni. Info: www.nottedeiricercatori.piemontevalledaosta.it


VENERDÌ

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PIEMONTE E VALLE D’AOSTA ALESSANDRIA, AOSTA, ASTI, BIELLA, CUNEO, TORINO, VERBANIA

UNA NOTTE DI ESPERIMENTI, SPETTACOLI E EVENTI

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A R C H I V I O

S I M O N D O

L’ARTE DI TUTTI Nasce a Torino “Archivio Simondo” per studiare e valorizzare un frammento fondamentale della nostra avanguardia artistica: l’opera di Piero Simondo. di Cristina Mazzariello

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i sono artisti che si studiano sui libri, altri in cui ci si imbatte per caso. Paiono semplici comparse, nomi citati a fianco dei grandi, per poi scoprire che non hanno nulla da invidiare agli attori protagonisti della storia dell’arte. Può capitare che un giovane studente italiano alla Sorbona di Parigi, occupandosi della relazione tra arte e società, incroci per caso il nome di Piero Simondo tra i fondatori dell’Internazionale Situazionista. Scopre che è ancora vivo, che abita a Torino e che in oltre 60 anni di percorso artistico ha accumulato una mole incredibile di scritti, progetti,

disegni, dipinti e sculture. Spesso rimasti inediti. Luca Avanzini scrive la sua tesi ed entra di diritto nel progetto dell’Archivio Simondo. Si tratta di un percorso iniziato molti anni prima e intrapreso da critici come Sandro Ricaldone per conservare, proteggere e valorizzare l’opera artistica e culturale di Piero Simondo. Oggi, anche grazie alla famiglia Simondo, questo lavoro prezioso ha trovato un’organizzazione unitaria che consente un’attività programmata, coordinata e continuativa con la collaborazione di importanti studiosi e professionisti della cultura. Del resto il percorso di Simondo è una storia di incontri fatali. L’amore per Elena Ver-


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rone, nato sui banchi di Filosofia a Torino, lo porterà ad Alba a dipingere nel cortile di Pinot Gallizio e a produrre, senza neanche conoscerlo, opere molto simili a quelle del danese Asger Jorn. Saranno alcuni artisti di Albisola a portarlo da Jorn, allora in soggiorno nella località ligure. Un incontro che lo catapulta nell’avanguardia internazionale: lo spinge ad aderire al “Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista”, poi ad organizzare con Jorn e Gallizio il “Primo Congresso mondiale degli Artisti Liberi” e, nel 1957, a fondare con entrambi e con Guy Debord l’I.S. (Internazionale Situazionista). Incontri che, come sovente accade nelle parabole artistiche, diventano scontri e lo faranno distaccare dall’avanguardia per tornare a Torino e ragionare sul ruolo sociale dell’arte. Per Simondo, l’artista deve uscire dal “discorso dell’arte”, confrontandosi nel quotidiano con operai, impiegati e liberi professionisti. Con questi organizza tra il 1962 e il 1967 un’importante esperienza di creazione condivisa, uno spazio in cui tutti hanno diritto a fare la propria arte: il CIRA (Centro Internazionale di Ricerche Artistiche). Concluso questo esperimento, nel 1972 viene chiamato da Francesco De Bartolomeis all’Università di Torino per dirigere un “laboratorio sperimentale di educazione visi1. Topologie 2, 1961. 2. Ma non sono fiori (trittico), 1983. 3. Pittura bianca, 1994. 4. Senza titolo, 1957. 5. Piero Simondo a Palazzo Samone (Cuneo)

va” con gli studenti della facoltà. In questo modo trova una via per realizzare il progetto ideale di un ruolo per l’arte nella società. Un intento che oggi viene portato avanti dall’Archivio Simondo non per imbalsamare le sue opere, bensì per realizzare progetti che abbiano una dialettica con il territorio. Non a caso, tra le prime attività, sono state organizzate due mostre sul concetto di arte condivisa, smitizzata e alla portata di tutti: “Simondo. Percorsi Di-segni” al museo delle

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Erbe di Cosio di Arroscia, e “Laboratorio Simondo” a Palazzo Samone di Cuneo in collaborazione con gli allievi del liceo artistico locale. Eventi a cui ha partecipato lo stesso artista, che oggi ha 87 anni. Artista, filosofo, ricercatore instancabile, avanguardista pragmatico: si meriterebbe il giusto ruolo nella storia dell’arte affinché tutti possano conoscere questo maestro con la “m” minuscola che ha insegnato l’arte senza mai salire in cattedra.

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felicemente “al verde”

PHOTO: FRED CIGNO

NEL PARCO FLUVIALE GESSO E STURA, GREEN PARK È IL NUOVO FESTIVAL SUI TEMI DELLA SOSTENIBILITÀ. UN “VILLAGGIO” ALTERNATIVO, APERTO A TUTTI, CON LE GIUSTE PROPOSTE PER OGNUNO E PER TUTTE LE ETÀ

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l 3 e 4 settembre l’estate, a Cuneo, si colora di verde: torna il Green Park Festival, evento dedicato al tema dello sviluppo sostenibile, organizzato dai giovani volontari dell’Associazione culturale WSF Collective in collaborazione con numerose associazioni locali. “La manifestazione è nata nel 2013 come una semplice occasione di festa e aggregazione al Parco della Gioventù, nel cuore del Parco Fluviale Gesso e Stura – spiega Emanuele Amati, presidente dell’associazione giovanile. – Con il tempo, il festival ha subito diverse trasformazioni, diventando un vero e proprio villaggio delle alternative sostenibili: un’occasione per mettere in rete e presentare le buone pratiche ambientali presenti sul territorio, avvicinando i più giovani al rispetto della natura in una cornice di

musica, giochi e laboratori. L’evento è inserito ogni anno nel percorso intitolato ‘Innovatori per l’ambiente’, iniziativa che comprende conferenze, workshop e premi per progetti di sostenibilità ambientale, organizzata con il locale circolo di Legambiente”. La principale novità di quest’anno è la valorizzazione del rapporto tra associazioni e aziende locali grazie alla partnership con Granda Smart, azienda cuneese da sempre attiva nella ricerca di innovazioni ecosostenibili. Tale collaborazione ha permesso al festival di ampliarsi con una zona dedicata a imprese e start-up incubate presso l’I3P di Torino, che presentano soluzioni per il risparmio energetico e la mobilità sostenibile. Proprio su quest’ultima si è soffermata Granda Smart che, grazie al lavoro svolto

Green Park è più di un evento: è un nuovo modo per sensibilizzare il pubblico ai temi della sostenibilità ambientale. Un grande “villaggio” con proposte che vanno dai “workshop” ai giochi educativi per i più piccoli e al divertimento, passando per mostre, esposizioni, presentazioni e approfondimenti. Nella pagina successiva: i “segway” – mezzi di trasporto elettrico monoposto a due ruote e autoequilibranti – sono molto usati per i tour dei parchi e delle città d’arte. Al centro e in basso: momenti dell’edizione 2015 del festival (musica “live” e “writing”).


Scout Cuneo 7, per introdurre la propria offerta educativa, come pure la Fondazione Casa Delfino, che allestisce un vero “salotto verde” per le conferenze all’interno del parco. Qui, Pietro Zucchetti dell’Istituto Italiano di Permacultura illustra questo nuovo modo di approcciarsi alla coltivazione della terra; Roberto Schellino, della Rete Semi Rurali, presenta il suo libro Mille Contadini e le sue iniziative legate alla coltura dei cereali, mentre ad Attilio Ianniello il compito di tracciare la storia e le attività del Comizio Agrario di Mondovì. In programma, inoltre, conferenze su temi relativi ai microbirrifici artigianali e al commercio equo-solidale, mentre il sabato sera, a conclusione degli incontri, proiezione del film 10 Billion – What’s on Your Plate? Ma protagonisti del festival sono anche gli artigiani locali: dagli artisti che creano bijoux e borse con materiali di recupero, al laboratorio di fabbricazione digitale di Cuneo con le sue stampanti 3D. Ad accompagnare tutto l’evento, sul palco, esibizioni di band di giovani artisti locali e DJ emergenti. www.greenparkfestival.it

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insieme all’alessandrina Rivolt, mette a disposizione biciclette a pedalata assistita e segway, mentre nel parcheggio della piscina comunale sono esposte auto e moto elettriche. Non manca un’area food&beer, dedicata ai produttori locali che propongono le tipicità del territorio: la birra artigianale, i prodotti caseari, salumi e carni, con un occhio di riguardo anche ai vegani. Per i bambini, invece, truccabimbi e giocolieri, o la possibilità di costruire curiosi giochi di carta con Prezzemolo, o partecipare alle attività guidate nell’apiario e nell’orto didattico (www.parcofluvialegessostura.it). Anche quest’anno l’ASD Pattinatori Città di Cuneo offre live show e prove gratuite di roller nell’apposita pista. Inoltre, è possibile partecipare ai laboratori di riciclo creativo o assistere alle dimostrazioni cinofile, al contest di slackline, alle performance di writing e a spettacoli teatrali. Svariate e diversificate le attività organizzate da diverse realtà: l’Accademia dei Giocatori presenta una ricca selezione di giochi da tavolo e un gioco di ruolo a sfondo naturalistico. Naturalmente Interconnessi e Natural…Mente allestisce la mostra-percorso ConTatto Suolo in collaborazione con Legambiente. Salviamo il paesaggio riporta l’attenzione su Villa Sara e sulle azioni di tutela del sito con una mostra fotografica, mentre Pro Natura organizza un’esposizione con pannelli disegnati dagli studenti del Liceo Artistico di Cuneo. Ma non solo: il gruppo Z di Zappa racconta l’esperienza della foresta edibile, sita presso il Quartiere Donatello, offrendo una visita guidata sul posto. Le guide naturalistiche di Chamin propongono ai bambini tra i 6 e gli 11 anni un’attività ludica di introduzione all’orientamento in natura (la partecipazione è gratuita previa iscrizione presso lo stand del gruppo). Con il movimento Decrescita Felice, spazio alla Festa del Presente, durante la quale chiunque può donare qualcosa a chi la desidera, proprio accanto alla zona dedicata allo swap party. Presente inoltre il gruppo

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A TORINO RIVIVE IL MITO DI MARILYN

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BRUCE SPRINGSTEEN E FRANK STEFANKO

“Muore giovane colui che gli dei amano”. Oggi, Marilyn Monroe sarebbe una ex star hollywoodiana di 90 anni (compiuti il 1° giugno scorso), preda di mille ricordi o, peggio, del botulino. Meglio ricordarla com’era: un sex symbol del Novecento. All’icona pop è dedicata la mostra Marilyn Monroe, la donna oltre il mito, in programma a Palazzo Madama di Torino, fino al 19 settembre. La vita dell’attrice è documentata attraverso 150 oggetti personali, molti dei quali provenienti dalla sua abitazione di 5th Helena Drive in Brentwood, California. Completano l’esposizione le fotografie di leggendari artisti come Milton Greene, George Barris e Bernt Stern, che la ritrasse poco prima della morte in un servizio per Vogue (The last sitting, 1962). www.palazzomadamatorino.it

Il “Boss” torna in Italia e scoppia la febbre del rock. Anche Alba non ne è rimasta immune: alla Wall of Sound Gallery di Guido Harari, la storia di Bruce Springsteen è raccontata attraverso le fotografie di Frank Stefanko in esclusiva per l’Italia. “Stavo completando Darkness On The Edge Of Town, così feci una telefonata a Frank – ricorda Bruce. – La copertina di Darkness fu scattata nella camera da letto di Frank. Gli esterni li improvvisammo nel suo giardinetto o per le viette del paese”. Il resto è mito. L’obiettivo di Stefanko immortalò Springsteen anche per l’album The River: oltre al ritratto di artista, quello dell’anima rock tra le luci e le ombre del sogno americano. Da non perdere. Bruce Springsteen. Jungleland. The Photography of Frank Stefanko è allestita fino al 4 settembre. www.wallofsoundgallery.com

QUANDO PARTIRE È TUTTO DA RIDERE Gian Maria Aliberti Gerbotto pubblica un nuovo libro per l’estate. Un testo leggero, ironico: protagonisti il Signore e la Signora Perfezione, con cui punta a cavalcare l’onda del successo del suo Sopravvivere ai rapporti di coppia, uscito due anni fa. Basta partire (Imprimatur Editore), del 44enne giornalista saluzzese, con la prefazione di Camila Raznovich, continua la fortunata saga dei coniugi “perfetti”. Questa volta li vediamo impegnati nella dura attività di viaggiatori compulsivi. In brevi capitoli di esilarante freschezza e vitalità, lo scrittore presenta 20 variazioni sul tema del viaggio, dalla preparazione delle valigie alla gita nel paradiso enogastronomico, dalla dieta-costume al villaggio che ospita i VIP. E per ognuna delle situazioni, il lettore può trovare una divertente “morale” dalla quale trarre utili indicazioni, se un giorno volesse mai seguire le orme dei due simpatici travel victim... Gian Maria Aliberti Gerbotto, con all’attivo ben nove libri pubblicati da case editrici del calibro di Piemme e Mondadori, negli ultimi anni ha cambiato genere letterario. Niente più interviste ai VIP, che continuamente incontra per i più noti settimanali nazionali sui quali scrive da 15 anni, ma instant book e saggistica, come questa guida semiseria. Inoltre, il romanzo uscito l’anno scorso, L’ordine del vero, avrà presto il suo atteso e “temuto” seguito, nella cui trama saranno coinvolti molti personaggi noti e meno noti della provincia Granda. Basta Partire, edito da Imprimatur è distribuito da Rizzoli in tutta Italia al prezzo di 14 euro

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LA NATURA ALLE RADICI DELL’ARTE

I LIBRI TORNANO A SCUOLA

Slow life, ritorno alla natura: solo uno slogan o una sfida del futuro con un’antica tradizione? Prima di rispondere, fate un salto alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, a Torino e godetevi Organismi. Dall’Art Nouveau di Émile Gallé alla bioarchitettura. Più di una semplice esposizione: un’esperienza su come uomo e natura si sono incontrati per pensare lo spazio in rapporto all’ambiente. La mostra si sviluppa come un viaggio dal Liberty all’Art Nouveau, fino alle ultime frontiere della bioarchitettura. In primo piano, il dialogo tra ecologia, design, scienza, architettura. Tra le opere, esempi delle architetture Art Nouveau di Raimondo Tommaso d’Aronco (nel 1902 progettò i padiglioni per l’Esposizione Internazionale Torino), le “pareti di piante verticali” di Patrick Blanc e i materiali provenienti dallo studio dell’architetto Mario Cucinella, protagonista italiano della green architecture. Alla GAM fino al 6 novembre. www.gamtorino.it

L’Associazione “Revejo”, in collaborazione con 17 amministrazioni comunali della Valle Susa, all’interno dell’iniziativa denominata “Borgate dal vivo”, presenta la prima edizione del festival I libri tornano a scuola, in programma in 16 diverse borgate alpine dal 9 luglio al 17 settembre. Si tratta di una manifestazione di natura letteraria, ma è molto di più. Rappresenta un progetto di valorizzazione dei piccoli centri alpini, che negli ultimi anni stanno vivendo una riscoperta importante. Elemento essenziale di questi micro borghi sono storicamente le vecchie scuole, una volta luogo di formazione e di cultura, e oggi spesso abbandonate.

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | Life Style

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TUTTI I NUMERI DI ILLUMINATA 2016 Dal 14 al 24 luglio Cuneo si è illuminata di nome e di fatto con il grande evento popolare e turistico che, anche quest’anno, ha raccolto numeri importanti. “C’è chi la odia e chi la ama, chi la critica e chi invece si complimenta, ma la serenità e la gioia che abbiamo letto sul viso di chi ha partecipato, vedere tanti cuneesi, turisti italiani e stranieri, riuniti tutti insieme, con l’unico scopo di fare festa è un’enorme soddisfazione. L’obiettivo che ci eravamo prefissi, cioè realizzare una grande festa per la città e per far conoscere Cuneo, la sua bellezza e la sua ricchezza di contenuti, cultura, architettura e possibilità turistiche è stato ampiamente raggiunto”, così ha concluso Federico Borgna, sindaco di Cuneo, commentando l’evento. 318.405 lampadine accese, 70.000 biglietti della lotteria e 50.000 braccialetti venduti, 62 eventi culturali, 74 confraternite e centinaia di volontari per l’evento che, per dieci gironi, ha visto la città invasa da decine di migliaia di visitatori, tutti con il naso all’insù ad ammirare i giochi di luce a tempo di musica che hanno vivacizzato Via Roma, cuore del centro storico, e partecipato ai vari momenti di incontro e spettacolo in Corso Nizza, Piazza Foro Boario e Piazza Europa.

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a cura di Marc Lanteri - Chef Stellato

photo: Daniele Molineris

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | bontà a tavola

LA STAGIONE DEL GUSTO È ALLE PORTE E IL PIEMONTE SPRIGIONA LA SUA NATURA “TERRENA”

frutti di terra, sintesi sabauda SCAMONE DI FASSONE PIEMONTESE CON SALSA DI NEBBIOLO E VERDURE DELL’ORTO

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INGREDIENTI Per 4 persone • 4 scamoni piccoli da 150 g caduno • 200 g carote multicolore • 4 asparagi • 4 cavoletti di Bruxelles • 4 pomodori ciliegino • 1 finocchio • 1 peperone giallo • 3 scalogno • 1 bicchiere di Marsala secco • 3 bicchieri di Nebbiolo • 1/2 litro di fondo di vitello • timo e rosmarino • olio di oliva extravergine • burro PREPARAZIONE Per gli scamoni Legate gli scamoni con lo spago da cucina (1). Rosolateli con olio e una noce di burro da entrambe i lati (2), quindi appoggiateli su una griglietta (3). Per le verdure Lavate, mondate e tagliate le verdure (4). Cuocetele al dente in abbondante acqua bollente e salata, poi raffreddatele in acqua e ghiaccio.

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Per la salsa al Nebbiolo Sbucciate lo scalogno e tagliatelo finemente a julienne. In una pentola, fatelo appassire con un po’ di burro. Bagnate con il Marsala e il Neb-


biolo e portate a ebollizione. Quando l’alcool prenderà fuoco (5), usate molta cautela e lasciate flambare finché la fiamma non si spegnerà da sola. Fate ridurre della metà e unite prima il fondo di vitello, poi i gusti, lasciando cuocere fino alla densità desiderata. Filtrate la salsa e, al

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momento di servizio, montare con una noce di burro freddo (6). Aggiustate di sale. Per completare Terminate la cottura degli scamoni nel forno caldo a 180 °C per 4-7 minuti, in base alle vostre

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preferenze. Lasciateli riposare per 3-4 minuti prima di tagliarli in due (7). Spadellate le verdure con un filo di olio (8). Disponetele in un piatto caldo, sistemate la carne, condite con la salsa al Nebbiolo (9) e guarnite con un rametto di rosmarino. Servite il piatto caldo (10).

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | bontà a tavola

a cura di Amy Bellotti - Sommelier

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IL VINO IDEALE di Amy Bellotti In abbinamento al piatto dello chef Lanteri, un vero inno al Piemonte, vorrei consigliare un Barolo Docg di Grinzane Cavour. Il Barolo, come possiamo apprezzarlo oggi, nasce dalla lungimiranza del Conte Camillo Benso di Cavour, insieme a quella della Marchesa di Barolo, Giulia Colbert Falletti, che a metà del XIX secolo ne fecero l’ambasciatore del Piemonte savoiardo nelle corti di tutta Europa. Il “re dei vini” ha colore granato intenso e profumo al contempo fruttato e speziato. Al naso e in bocca ricorda piccoli frutti, ciliegie sotto spirito e confettura. Regala con il tempo anche suggestioni di rosa e viola appassita, pepe, noce moscata, liquirizia, vaniglia e cacao, per non dimenticare tabacco e cuoio. Un grande vino va accompagnato da un grande piatto tradizionale ma reso attuale, come questo scamone di Fassone.

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | personal shopper

a cura di Phil Boschero - personal shopper

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I CAPI DI TENDENZA PER L’AUTUNNO-INVERNO, DIRETTAMENTE DALLA RUNWAY MILANESE

osare, tra nostalgia e new trend L

’autunno è alle porte e non dobbiamo farci trovare impreparati. Fortunatamente, in nostro soccorso, arrivano gli stilisti: amici fidati che rendono il cambio di stagione meno traumatico. Vediamo cosa ci riserva la stagione entrante direttamente dalle passarelle milanesi.

•PIJAMA Il pijama entra nella categoria dei daylight clothes. Da indossare come un completo pantalone, ma più easy e ricercato, non solo nel week end o per ricevere ospiti in casa, ma anche in ufficio o per l’aperitivo, ora con pantofoline, ora con tacchi a stiletto.

•BOMBER Ovvero urban blazer. Di derivazione sportiva o da motociclista, ha spesso pantaloni abbinati. Da sfoggiare con piglio rock. •BRA DESIGN Il “vaso di Pandora” degli anni ’90 è stato scoperchiato. E se prima portare il bra sopra la maglietta era puro elemento di

styling (Madonna), oggi è il punto focale su cui si costruiscono gli abiti più nuovi: badydoll rivisitati o little dress “stile ballerina”. •CAPPA Un’alternativa al cappotto. E qui ci si sbizzarrisce: per il giorno, per la sera, in suède o puro cashmere, tinta unita o decori folk. •GONNA GODET La gonna A-shape fa il suo ritorno: rigida, a tinta unita o più fluida, assume connotazioni inedite.

•SMOKING Era da alcune stagioni che smoking e tuxedo non erano così di tendenza. •PULLOVER Maglie e maglioni spopoleranno. Pesanti, in filati spessi e a lavorazioni jacquard come quelli di montagna. Come si portano? Al posto della giacca sopra la gonna o il tubino. •GIACCA SPENCER Un classico degli anni ’80 torna di moda alla grande. Si porta in due modi: o maschile e oversize, o minima e calibrata.

•HOT PANTS In jeans, oppure in cashmere o maglia, sono sempre più hot. •GIACCHINO DI JEANS Lavato, trattato, decolorato, diventa la giacca più cool da portare sull’abito da sera. Mentre di giorno si reinventa con scritte e pins. •CAPPOTTO-COPERTA Come dice il nome, è una vera e propria coperta buttata sulle spalle, in cui avvolgersi per proteggersi dal freddo.


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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | una mela al giorno

a cura del dott. Fabio Moretti - presidente EBIOS FUTURA

SUPERARE I CONDIZIONAMENTI DELLA SOCIETÀ E L’ANSIA DEL DOMANI “COGLIENDO L’ATTIMO”

vivere l’oggi

le persone con le quali condivide il quotidiano. Nello spirito evoluzionistico, una certa tendenza al “divenire” è sicuramente positiva, poiché stimola a fare e a crescere, ma non è fondamentale, anzi può essere dannosa da un punto di vista psicologico e di conseguenza anche fisiologico. Molte delle patologie psicosomatiche, infatti, possono avere parte della loro origine nell’ignorare il presente, cioè nell’evitare di “ascoltare” il proprio corpo senza carcare di capire e interpretare i segnali che ci manda quotidianamente. Spesso ci sentiamo oppressi da questo continuo correre, raggiungere obiettivi, essere competitivi e veniamo coinvolti in un vortice che ci nega il tempo di gratificarci. Basterebbe tuttavia riuscire a soffermarci sull’attimo, quell’attimo fuggente dei poeti, il carpe diem (vivi l’attimo).

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“In inglese ‘present’ significa ‘presente’, ma anche ‘regalo’. Il presente è un regalo che l’eternità ci fa in ogni momento. Da che cosa è invaso nella vita di molti? Dalla paura che viene solo dal passato e dall’ansia che viene dal futuro. Ma se il futuro è figlio del presente, la cosa migliore da fare, nel presente, è creare la causa per un futuro migliore” (Giorgio Cerquetti, dal film “Un altro mondo”).

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n questo numero non parleremo di patologie, cure, esami, ma cercheremo di tenervi compagnia nel caldo estivo, con un semplice consiglio, leggero e positivo. La nostra civiltà, che definiamo “occidentale”, è l’unica in cui gli individui basano la propria vita quoditiana su qualcosa che concretamente non esiste, il domani. Qualsiasi donna o uomo appartenente a questa società indirizza i propri sforzi alla creazione dei presupposti per il futuro: un condizionamento tipico della nostra società patologicamente consumistica, che obbliga la collettività e il singolo a preoccuparsi di ciò che sarà, di come vivrà, di cosa penserà, facendogli dimenticare ciò che è, come vive, cosa pensa, chi ha vicino e

Per molti arrivano le vacanze estive e si approfitta di questo periodo per riprendere confidenza con il proprio “oggi”, da vivere con consapevolezza, apprezzandolo ed evitando di darlo per scontato. Occorre, infatti, ridare valore a quelle piccole, grandi fortune che porta con sé: naturalmente ciò non vuol dire non programmare, non organizzare, vivere alla giornata, ma assaporare ogni istante del giorno e la grande opportunità che è la vita in quanto tale, non solo in riferimento ai traguardi e agli obiettivi raggiunti. È importante cercare di osservare tutto e tutti con occhio nuovo, godendo di ogni cosa e traendone soddisfazione. Non è un atteggiamento facile da mettere in pratica, ma se ci riuscirete, anzi, se ci riusciremo, lo stress, origine di molti mali e disturbi, potrebbe anche cessare di essere quel costante compagno indesiderato e restare lontano per un bel po’ di tempo... giorno dopo giorno.



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ESSERE I PRIMI È UN’ARTE, DAL ROSSO FERRARI DEL L’ISOLANI RACING TEAM AL PREMIO PRESTIGE

eccellenza, “motore” italiano ROMA SI TINGE DI ROSSO FERRARI In occasione della recente acquisizione dell’Isolani Racing Team, il famoso team che da anni corre con le Ferrari, da parte del gruppo cinese Daohe Group, multinazionale specializzata nel settore innovazione, nuove tecnologie e finanza, si è tenuta il 19 maggio scorso, a Palazzo Brancaccio, una serata con cena di gala e la presentazione della prima edizione del Premio “Isolani Racing Team Awards”. Il premio, dedicato agli imprenditori cinesi che hanno sviluppato importanti progetti in collaborazione con l’Italia, nasce dalla partnership tra Yinhe Hub, Only Italia, presieduta da Irene Pivetti, e la Fondazione per lo Sviluppo Italia-Cina. Splendido l’abbinamento rosso Ferrari con gli eleganti abiti di alta moda firmati dallo stilista Luigi Bruno e indossati da quattro raffinate modelle. Numerosi gli ospiti del mondo dello sport, dell’imprenditoria, della moda e della politica, accolti nelle splendide sale di Palazzo Brancaccio: Zhou Xi Jian, presidente del Daohe Group al console del Venezuela, Fabio Cassano Pironti, i Principi Eugenio e Manuela Ruspoli, il prefetto Fulvio Rocco de Marinis, la conduttrice RAI Metis De Meo, Bruno Bontemps de Montreuil, la Marchesa Daniela del Secco d’Aragona e molti altri.

PREMIO PRESTIGE, L’ARTE DELL’ECCELLENZA Nella splendida cornice del Parco di Roma Golf Country Club di Via Due Ponti, si è tenuta la prima edizione del Premio “Prestige per le Arti”, conferito al personaggio dell’anno per il teatro, il cinema, la musica, la televisione e l’arte. Ideato dall’art director de Il Trittico Arte, Sabina Fattibene insieme a Mary Parioli della S&M Group Eventi, il premio rappresenta un riconoscimento a coloro si sono distinti per creatività, ricerca e apporto culturale dato al sociale. La serata aveva lo scopo di sostenere l’Associazione Kim che aiuta i bambini malati e le mamme in difficoltà. La manifestazione, condotta da Matilde Brandi e da Mago Heldin, promuove anche le

eccellenze del made in Italy, come l’azienda vinicola Casale del Giglio di Antonio Santarelli, nota non solo per i suoi vini di alta qualità, ma anche per il progetto archeologico Satricum. L’iniziativa segue da tempo gli scavi che, a Latina, hanno consentito di individuare la Via Sacra al Tempio della Mater Matuta e il ritrovamento di un calice usato per il vino nel V secolo a.C. Altro personaggio che rappresenta l’eccellenza italiana, Andy Luotto, per il suo impegno nell’alta cucina, fatta di creatività e gusto. Tra i premiati, alla presenza di personaggi del mondo della cultura, dell’arte e della politica, Lando Buzzanca, Gianni Mazza, Andrea Roncato e tanti altri ai quali è stata consegnata una scultura realizzata dall’artista Giuliano Ottaviani.

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | da roma

a cura di Camilla Nata - giornalista Rai

Alla prima edizione del Premio “Isolani Racing Team Awards”, splendido l’abbinamento rosso Ferrari con gli eleganti abiti firmati dallo stilista Luigi Bruno, nell’immagine (a sinistra) con la Marchesa Daniela del Secco d’Aragona e con Camilla Nata (a destra). Ph. GF Photographer Al Premio “Prestige per le Arti”, Camilla Nata con Cristiana Ciacci, figlia di Little Tony (a sinistra), e con Matilde Brandi e Dundar Kesapli, giornalista turco (a destra). Ph. Luigi Giordani

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | bon ton

a cura di Monia Re - wedding & event designer

MARE, SOLE E RELAX SONO DI TUTTI. LE BUONE REGOLE PER UNA SANA “CONVIVENZA” IN SPIAGGIA

bon ton da spiaggia A

volte sembra che, in spiaggia, anche le persone più responsabili nel quotidiano allentino ogni freno e spesso senza considerare gli effetti fastidiosi su chi si trova accanto. Per il nostro benessere e per quello di coloro con cui condividiamo sole, sabbia o vacanze, teniamo presente che la libertà di un individuo finisce dove inizia quella di un altro...

VOLUME

SABBIA

Capita che bimbi, mamme, papà, cugini, zii, nonni arrivino in spiaggia come in una parata militare, senza accorgersi, nel loro incedere, di sollevare fastidiose scie di sabbia. Ricordiamoci sempre che al mare non siamo soli: procedendo con calma e senza correre, non infastidiremo chi è già sdraiato.

ABBIGLIAMENTO

Non dimentichiamo la mise ideale da spiaggia. Ai nudisti solo le spiagge dove si possa indossare il costume “adamitico”. Alle amanti del topless è consigliato il seno scoperto solo sdraiate e mai durante le passeggiate. Per il resto rimandiamo alla discrezione di ognuno, che dovrà cercare di non andare troppo oltre il comune senso del pudore. Ben vengano occhiali da sole glamour, costumi trendy, parei, top e abiti chic, ma sempre con una buona dose di bon ton, di rispetto per gli altri e per l’ambiente.

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DISTANZA

I nostri vicini di ombrellone stanno preparando un barbecue? Cerchiamo di non trasformare lo spazio vitale di chi ci sta accanto in un accampamento di pentole bottiglie e borse frigo di ogni dimensione. Se andremo a stendere il nostro telo a una giusta distanza dal vicino, rispetteremo la privacy altrui e potremo distribuire meglio le nostre cose.

Perché dobbiamo per forza ascoltare la radio del rocker sdraiato a 20 m dall’asciugamano o sentire la suoneria dell’avventore del bar all’ingresso dello stabilimento? Un volume assordante non richiesto. Cellulari, musica e chiacchiere vanno moderati e controllati. Le regole sono poche e semplici: per esempio, ricorriamo agli auricolari se vogliamo ascoltare le nostre canzoni preferite e scatenarci in silenzio sul lettino, magari facendo sorridere chi ci è accanto; evitiamo conversazioni lunghe e ad alta voce, oppure suonerie di cellulari noiose e insistenti, perché ai vicini non interessa nulla dei nostri discorsi. In questo modo non “romperemo” (in ogni senso) la quiete e il riposo altrui.

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L’UNIONE FA LA FORZA – DICEVANO GLI ANTICHI

la faticosa identità europea “N

on siamo qui – ha sottolineato Franco Chittolina, presidente dell’Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa (ndr, Apice), nell’incontro organizzato subito dopo il voto popolare che ha sancito l’uscita dall’UE del Regno Unito – per piangere sul latte versato: gli ex concittadini inglesi se la sono cercata e ne pagheranno le conseguenze. Ora è venuto il tempo che gli italiani non deleghino alla classe politica il da farsi sull’Unione Europea, ma devono dire loro cosa ne pensano attraverso la ‘vera’ democrazia partecipativa. Perciò abbiamo programmato questo dibattito, e altri ne faremo nei prossimi mesi su temi specifici, in cui ogni persona interessata può e potrà esprimere la propria opinione”. Poi, ha aggiunto: “Dalla fondazione della prima Europa comunitaria, la Ceca, nel 1951, con sei nazioni che la costituivano, tra cui l’Italia, fino a quella dei 28 Paesi membri, abbiamo vissuto tante crisi, anche terribili, ma siamo sempre andati avanti. Con l’uscita dell’Inghilterra, l’Europa a 27 Stati deve rinascere e ripartire. Approfittando delle opportunità di sviluppo che si creeranno e guardando, con fiducia, al 2017, quando ricorrerà il 60º anniversario del Trattato di Roma che, nel 1957, istituì la Comunità Economica Europea. Quel documento stabilì quattro pilastri fondamentali: la libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. Dobbiamo ripartire di lì, da quei Paesi, rimettendo al primo posto del dibattito proprio la libera circolazione delle persone che l’Inghilterra non voleva. Perché l’Europa c’è e non è morta”. L’incontro, moderato dal giornalista Ezio Bernardi, direttore del settimanale cattolico cuneese “La Guida”, ha dimostrato fervore intellettuale tra i presenti. L’attuale primo cittadino del capo-

luogo e presidente della Provincia di Cuneo, Federico Borgna, ha invece posto l’accento su un aspetto importante: “Nessuno se lo sta ricordando, ma l’Europa, seppure unita in tempi differenti e con gli stati membri non sempre d’accordo, ha raggiunto un risultato straordinario. Infatti, dopo la devastante Seconda guerra mondiale ha vissuto per 70 anni in pace. Inoltre, se non ci fosse stato l’euro, come Italia, dovremmo pagare dei tassi di interesse del debito ben più alti degli odierni”. Come hanno reagito le Borse dopo quel perentorio Brexit? La decisione degli elettori britannici di uscire dall’Unione Europa ha avuto conseguenze traumatiche. La sterlina è scesa, in quelle ore, dell’11% contro il dollaro, toccando i minimi da 30 anni. La parola d’ordine ora è hope: essere fiduciosi. E continuare a investire perché i confini siano un’opportunità: altro oltre il sé.

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | money, money, money...

a cura di Giovanna Foco - Giornalista ex redattore infografico “Class CNBC”

Uno scorcio del Parlamento Europeo, l’istituzione di espressione democratica e di controllo dell’Unione Europea. Il Parlamento ha infatti tre funzioni sostanziali: legislativo, di controllo delle istituzioni UE e di redazione del bilancio. Ph. Pixabay

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | arte

a cura di Luca Morosi - esperto d’arte

IN MOSTRA, A CUNEO, UNA SELEZIONE DI LAVORI PROVENIENTI DALLA COLLEZIONE LA GAIA

video-arte come poesia A

l Complesso Monumentale di San Francesco di Cuneo è allestita fino al 28 agosto la mostra Moving Tales – Racconti in movimento. Opere video dalla Collezione La Gaia, a cura di Eva Brioschi con la collaborazione di Emanuela Galliano. La mostra mette in scena una selezione di capolavori frutto della passione collezionistica di Bruna e Matteo Viglietta che, a partire dalla fine degli anni ‘60 a oggi, hanno saputo radunare un nucleo cospicuo di opere facenti capo a differenti frangenti storici e a molteplici correnti artistiche internazionali, testimoniando così il mutamento del concetto di arte avvenuto durante tutto il XX secolo e oltre. La parola d’ordine dell’evento è “video”, inteso come video-arte, una forma di espressione molto interessante che coinvolge contemporaneamente più facoltà sensoriali e che permette di percepire una dimensione altrimenti impalpabi-

le: il tempo. Questa forma d’arte, sviluppatasi negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni ’70, coniuga cinema e immagine, ma ancor più immagine e poesia: è vero infatti che, al pari della poesia, la video-arte non descrive la realtà ma, astraendola, ne coglie determinati aspetti sotto forma di impressioni; suggerisce emozioni e stati d’animo, giungendo così a penetrare l’intima essenza delle cose. Ed è proprio questo il proposito della mostra, quello cioè di catturare l’attenzione anche di coloro che normalmente sono più scettici rispetto al video come forma d’arte della contemporaneità. Poiché, se è vero che questa tipologia espressiva comporta qualche sforzo di comprensione e di rielaborazione, presentandosi talvolta come ostica e cerebrale, è altrettanto vero che il medium visivo è quello più prossimo alla nostra esperienza quotidiana, così ormai intrinDall’alto: la prima cappella laterale destra del Complesso di San Francesco con “Up against down” (2008) di Gary Hill, e la navata centrale con i televisori. Ph. Luca Morosi Nella pagina seguente: “still-frame” di “Remembrance” (2002) di Bill Viola (ph. courtesy La Gaia); “Zeno writing” (2002), di fianco all’abside, di Willian Kentridge (in alto), e “Stromboli” (2002) di Marina Abramovic, nella navata destra. Ph. Luca Morosi

INFO Moving Tales – Racconti in movimento. Opere video dalla Collezione La Gaia Complesso Monumentale di San Francesco Via Santa Maria 10 – Cuneo fino al 28 agosto 2016 www.comune.cuneo.gov.it Tel. +39 0171 634175

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lindo, Quien puede borrar las huellas? (2003), che verte sulla precarietà della condizione di migliaia di donne vittime di soprusi e violenze rimasti costantemente impuniti. Suadente, invece, il ritmo di Stromboli (2002) di Marina Abramovic, in cui l’artista in persona, sdraiata sulla battigia e inquadrata in stretto close-up, viene lambita dalle onde del mare che si infrangono sul suo volto senza soluzione di continuità. Quali bizzarre sinfonie compongono invece le ragazze russe del video Summer Lightning (2004) di Victor Alimpiev, che in un’aula di scuola tamburellano con le dita sui loro banchi come stessero dattilografando qualcosa? La reiterazione alienante del gesto genera un effetto straniante che si acuisce, inoltre, quando le ragazze si interrompono portando le mani alla bocca come per sottolineare la pausa del silenzio. Colpisce poi il fluire lento dello slow-motion di Remembrance (2002) di Bill Viola, video toccante e di grande pathos in cui il volto di un’attrice interpreta un’infinita gamma di microespressioni umane con una naturalezza a dir poco commovente.

APPUNTAMENTI D’ARTE SCELTI DALLA REDAZIONE

agendarte NIENTE È REALE Torino, fino al 2 ottobre La storia dei Beatles è stata molto influenzata dal loro viaggio in India. Al Museo di Arte Orientale (MAO), una mostra ispirata a quella trasferta. Nothing is real – Quando i Beatles incontrarono l’Oriente è ideata da Luca Beatrice, con le fotografie di Pattie Boyd, fidanzata di George Harrison, le Ceramiche tantriche di Ettore Sottsass e altre opere. www.maotorino.it

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | arte

secamente pervasa di immagini in movimento sullo schermo. Per quanto riguarda l’allestimento, non si poteva scegliere location più consona ed evocativa di una chiesa, peraltro così densa di storia com’è quella di San Francesco. Questo perché, come si è detto, la video-arte veicola anch’essa messaggi trascendentali, suscitando riflessioni che ben si confanno alla sacralità di un luogo di culto. Ed è qui che le video-installazioni, incuneate in successione fra le campate delle navate laterali, dialogano con lo spettatore. Al centro della navata principale, invece, i videotape scorrono su una serie di televisori dotati di cuffie per rendere l’esperienza estetica ancor più intima. Fra i lavori più intensi si distingue Up against down (2008) di Gary Hill, composto di sei proiezioni che animano l’atmosfera buia della prima cappella laterale destra: mani, gambe, testa e dorso dell’artista premono frementi sulle pareti, nello spasmodico intento di espandere gli spazi compressi. Ne scaturisce una sensazione di sforzo palpitante, di tensione muscolare che si vanifica di fronte all’impotenza, in un azzerante “non risolto”. Inquietante il video di Regina Josè Ga-

CU-NEO GOTICO Cuneo, dal 23 settembre al 27 novembre Il cuNeo gotico. Artieri fantastici. Capolavori d’artedesign apre i battenti al Complesso di San Francesco e ospita un’esposizione di arti applicate: artefatti legati allo spirito gotico o neogotico del territorio, con opere di Attilio Mussino, Marco Cazzato e Giorgio Sommacal, per la sezione illustrazione. www.ilcuneogotico.fondazionecrc.it

UNIVERSO GREENAWAY Genova, fino al 2 ottobre Nei Musei di Nervi, due mostre dedicate a Peter Greenaway, famoso regista inglese, ma anche noto pittore. Le esposizioni, curate da Maria Flora Giubilei, propongono quasi 100 opere tra dipinti e disegni dell’artista, realizzati tra il 1995 e il 2015. www.museidigenova.it

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | motori

a cura di Riccardo Celi - giornalista automobilistico

C’È UN CYBER-LADRO NEL FUTURO DELLA NOSTRA AUTO

il furto d’auto è high-tech

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Il ladro d’auto, oggi, è in genere un “professionista” evoluto che non utilizza quasi più arnesi da scasso, ma dispositivi sofisticati che non rompono nulla poiché sfruttano le debolezze del software e degli strumenti di gestione del veicolo. I furti riguardati le ultime Range Rover (nell’immagine, una Sport) hanno conosciuto un’impennata subito dopo la presentazione dei nuovi modelli.

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ortunatamente non siamo più ai livelli di qualche tempo fa, quando dalle strade italiane sparivano 350.000 vetture l’anno. Tuttavia, anche le 114.121 rubate nel 2015 (cioè 13 ogni ora, 312 al giorno) destano pur sempre sconcerto. Soprattutto perché, come rivela puntualmente l’edizione 2016 del Dossier sui furti d’auto della filiale italiana di LoJack (il leader dei dispositivi antiladro ad alta frequenza), più di 63.000 di questi veicoli (il 55% del totale rubato) non sono mai stati recuperati, ovvero sono scomparsi nel nulla, causando danni economici enormi, rimasti impuniti, a proprietari e compagnie assicurative. L’anno scorso, hanno preso il volo circa 11.600 Fiat Panda (la più rubata in assoluto), oltre

3.200 Ford Fiesta (la prima straniera in classifica) e 1.448 Opel Astra, ultima tra le prime dieci preferite dai ladri. Ma chi è e come lavora oggi un “topo d’auto?” Intanto, è meglio chiarire che tale denominazione è sempre meno attuale: il moderno ladro fa quasi certamente parte di organizzazioni agguerrite e ramificate ed è tutt’altro che un “topo”. Al contrario, è un “professionista” evoluto che non utilizza quasi più arnesi da scasso, ma dispositivi sofisticati che non rompono nulla poiché sfruttano le debolezze del software e degli strumenti di gestione del veicolo. La conferma di questa preoccupante realtà sta nel fatto che, mentre a livello europeo si stima che dal 5 al 10% dei furti di veicoli avvenga in


Dall’alto: in un futuro popolato da auto connesse come la Mercedes qui raffigurata, si diffonderanno i furti perpetrati tramite attacchi all’elettronica di bordo. La Fiat Panda è l’auto preferita dai ladri in Italia: nel 2015 ne sono stati rubati 11.598 esemplari (in basso a sinistra). Con 3.205 furti nel 2015, la Ford Fiesta (qui nella versione speciale Black Edition) è risultata la vettura estera più rubata nel nostro Paese (a destra).

UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | motori

modalità “tecnologica”, la percentuale cresce fino al 30% se si parla di modelli di ultima generazione, cioè di quelli dove il contenuto di elettronica è maggiore. E poiché tale contenuto cresce di continuo, è facile immaginare che in futuro dovremo sempre più spesso fare i conti con cyber-delinquenti, dotati di tecno-diavolerie studiate per violare rapidamente antifurto, immobilizer, centraline e avviamenti keyless. Quanto rapidamente? Per dare un’idea, basta citare un dato da brividi: i dispositivi più sofisticati, una volta collegati alla centralina OBD (On Board Diagnostic) di una vettura, permettono di ottenere una chiave perfettamente programmata in circa 15 secondi. LoJack stima che i fabbricanti di questi aggeggi impieghino appena da 2 a 10 settimane per renderli idonei a neutralizzare i sistemi di difesa di un nuovo modello di vettura. I furti high-tech delle ultime Range Rover, per esempio, hanno conosciuto un’impennata in pochissimi mesi dopo l’esordio sul mercato dei modelli. In pratica, la fase “meccanica” di un furto (cioè quella di effrazione delle serrature delle portiere) oggi serve solo per accedere fisicamente alla centralina OBD del veicolo, ma anche qui (si veda l’approfondimento qui riportato) si possono evitare i metodi “rudi”. Tuttavia, senza addentrarci in questioni troppo tecniche, è certo che molto presto arriveranno tecnologie e dispositivi che permetteranno di violare un’auto senza nemmeno toccarla, agendo in remoto. Ciò avverrà perché sempre più veicoli saranno dotati di una connessione, cioè di interfacce e software di comunicazione che risultano aggredibili per definizione. Rubare una vettura sarà agevole, se le case automobilistiche non le doteranno di difese efficaci. Ma su questo non c’è da farsi molte illusioni: varrà sempre il vecchio detto “auto rubata, auto venduta”. Già, perché se ti soffiano la macchina dovrai comprarne un’altra. Per la gioia di chi le auto le fabbrica.

ATTENTI AL “JAMMER” Constatare che la nostra vettura è sparita è già abbastanza deprimente, ma lo sconforto cresce se ci si rende conto di quanto può essere facile impadronirsene. E lo è davvero, se il ladro è dotato di un jammer (letteralmente “disturbatore”). Un jammer è un dispositivo che inibisce il funzionamento di apparati a radiofrequenza, come i cellulari, ma può anche impedire che il telecomando di una vettura invii il segnale che blocca le serrature. È illegale usarlo, ma non acquistarlo. E così, può capitare che, dopo aver parcheggiato l’auto e aver azionato il telecomando, vi allontaniate senza controllare che sia davvero chiusa. Sempre meglio farlo, perché se nei dintorni (da pochi metri fino a un centinaio) c’è un jammer in funzione, il ladro avrà facile accesso alla vettura. Il male minore sarà di trovarla ripulita del contenuto. Nel peggiore dei casi, invece, avrà preso il volo anche l’auto.

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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | leggere

a cura di Claudia Casella - Consulente editoriale

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OGNI SPORT, MOTO DEL CORPO E DELL’ANIMA, RACCHIUDE STORIE, EMOZIONI, SIGNIFICATI

sport, fisica e metafisica

TE LO SPIEGO IO IL RUGBY

L’ARTE DI CORRERE

TENNIS

Maria Grazia Ciprandi, Tatiana Zampollo, Chicco Pessina Ed. A.Car Età: 5-90 anni

Murakami Haruki Ed. Einaudi Età: per adulti

John McPhee Ed. Adelphi

Come dice Wayne Shelford, ex giocatore degli All Blacks, “il rugby è l’estensione della famiglia”. Te lo spiego io il rugby non è un libro, ma un quaderno, che diventa, nell’intento degli autori, occasione per portare il rugby in famiglia. A farlo sono i bambini, i ragazzi: attraverso uno strumento semplice come il quaderno, “raccontano” agli adulti il mondo del rugby anche fuori dal match. Disegni, ritagli, adesivi, ma anche spiegazioni permettono di capire lo spirito del gioco. Un utile vademecum scritto dal punto di vista dei giovani giocatori, che sanno dare il giusto contributo di simpatia, rispondendo per esempio alla domanda “Perché giochi a rugby?”: “Perché vado bene come sono, alto, basso, magro, lento e veloce”; “Perché ho provato anche con la danza classica, ma non c’era un tutù della mia misura!”; “Perché il cane mi ha mangiato la racchetta da tennis”...

Quasi un diario quotidiano questo di Haruki, che è runner e scrittore. Con metodo sistematico regola il proprio lavoro seguendo delle tabelle di marcia, nel correre come nello scrivere, coniugando le due pratiche per lui faticose, ma alla fine fonte di grandi emozioni personali. Secondo Haruki scrivere è pericoloso; è una perenne lotta con i lati oscuri del proprio essere ed è indispensabile eliminare le tossine che, nell’atto creativo, si determinano nell’animo di uno scrittore. Al tempo stesso, questo libro propone illuminanti squarci sulla corsa in sé e sulla fatica che essa comporta, sui momenti di esaltazione che chiunque abbia partecipato a una maratona avrà indubbiamente provato. Un libro sulla corsa vista come esercizio di meditazione e come rafforzamento di corpo e spirito, e sull’importanza della motivazione, che rende la corsa metafora della scrittura.

Tennis ti fa sentire lo schiocco dei colpi e l’odore delle palle vecchie e nuove. Due scritti, dove il primo, Livelli di gioco, rievoca la semifinale degli Us Open del 1968 fra Arthur Ashe e Clark Graebner, rendendo omaggio al primo uomo di colore (Ashe) a imporsi in questo sport e al quale è stato dedicato il campo principale dove si disputa il noto torneo. La sfida è il pretesto per raccontare la storia di due uomini diversi, ma che sul campo danno vita a uno spettacolo unico. Il secondo è Twynam di Wimbledon. Robert Twynam è il giardiniere ufficiale del torneo di Wimbledon. Con lui emerge un altro punto di vista: la personale passione di un uomo che ha fatto della preparazione di un perfetto manto erboso la sua vita e il suo amore per una materia viva e mutevole come l’erba. Il tennis ricorda gli scacchi, poiché la componente nervosa è messa a dura prova dopo ogni punto.


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UNICO 40 | AGOSTO – SETTEMBRE 2016 | spa spectator

a cura di Andrea Bovero - Spa Spectator

L

a natura fuori, il benessere dentro. Sensazioni uniche e suggestioni intense si imprimono nella memoria quando si entra negli ambienti incantevoli dell’Approdo Resort Thalasso SPA e ci si immerge nelle acque calde, tra profumi inebrianti e suoni ricercati. Siamo nel Cilento, terra di centenari e culla della Dieta Mediterranea, che in questa magnifica struttura trova massima espressione. Da qui è possibile raggiungere in pochi minuti luoghi incontaminati di straordinaria bellezza, percorrendo sentieri affacciati sul mare o solcando le acque limpide con una canoa. Alla tradizione di un concetto di accoglienza basato sui più elevati standard di qualità si unisce l’innovazione della talassoterapia, creando una realtà esclusiva e originale. Il centro benessere si estende su una superficie di 2500 mq di puro benessere, in cui regnano incontrastati l’acqua di mare, le alghe e il sale, protagonisti indiscussi della Thalasso Spa. Durante il percorso si incontrano piscine di acqua marina, idromassaggi, spiaggia di sale, bio sauna, bagni di vapore, docce emozionali, un’area relax affacciata sul mare e una terrazza dalla quale si gode di una vista meravigliosa. Difficile esprimere una preferenza sugli ambienti, ma il fiore all’occhiello è la spiaggia salina dedicata alle antiche sabbiature, utili per la cura di dolori cervicali e traumi sportivi. Le cabine per i massaggi – moderne e curate – offrono un’ampia scelta di trattamenti e rituali, grazie a uno staff di operatori ben preparati a livello tecnico e professionale. Una storia lunga quasi 50 anni, fedele alle radici della sua terra ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro. www.approdothalassospa.com

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ALLA CONCESSIONARIA GINO ARRIVA MASERATI

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in viaggio con la nuova levante La cornice del Castello di Guarene, affascinante e quanto mai suggestiva, è stata il palcoscenico ideale per una presentazione di gran classe, organizzata dalla concessionaria GINO

di Cuneo, dedicata a una vettura che merita il centro della scena: la nuova Maserati Levante. Il viaggio raccontato al pubblico intervenuto per la serata è stato armonizzato dalla violinista Saule Kilaite, compositrice e scrittrice di origine lituana, che con il suo stile fonde la musica classica con quella della tradizione etnica e moderna. La violinista ha interpretato la metafora del viaggio, con interventi da solista e in duetto con il clarinettista Marino Delgado Rivilla di origine spagnola. Alessandro Gino, direttore generale del Gruppo presente nel capoluogo della Granda, che tra poco inaugurerà il nuovo showroom Maserati, salutati gli ospiti, ha ringraziato il padre Ilario

e la mamma Ellida per l’impegno e il supporto garantiti in questi anni, presentando le caratteristiche e le prestazioni della nuova Levante. Descritta come una vera e propria opera d’arte: nata da mani esperte che racchiudono una perfetta armonia tra le tradizioni più autentiche dell’artigianato italiano e la tecnologia più avanzata, per offrire emozioni pure. Dopo l’intervento le autorità e il pubblico presente alla magnifica serata hanno potuto assaggiare le prelibatezze dell’elegante buffet curato in partecipazione con lo chef Gian Piero Vivalda, del ristorante Antica Corona Reale di Cervere, due stelle Michelin.


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L’IDEA DEL BENESSERE SI PRESENTA IN CITTÀ

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acqua, relax e creatività! In Largo Audiffredi, nel cuore del centro storico di Cuneo, sabato 9 luglio si è svolta L’Idea del benessere, una giornata dedicata all’acqua, al relax e alla creatività, organizzata da Idea di Idroterm (www.ideadiidroterm.it), azienda da oltre 40 anni punto di riferimento per tutti coloro che sono alla ricerca dei migliori marchi del design italiano ed estero nell’ambito dell’arredo bagno. L’evento che ha attirato l’attenzione di un pubblico numeroso, dalle prime ore del pomeriggio fino al dopo cena, è stato l’occasio-

ne ideale per mettere in mostra esclusivi pezzi di design dell’arredo bagno e del wellness. In una scenografia ricca di suggestioni, i tanti passanti hanno potuto ammirare le potenzialità della minipiscina Delfi Pro Sound della Jacuzzi, l’innovativa doccia asta della Cristina Rubinetterie, le piastrelle in ceramica della Mirage e il pavimento in legno della Lithos. Ma non solo: a cornice dell’evento l’artista Emanuele Borello ha incantato il pubblico con una performance di body painting.


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AL TEATRO TOSELLI DI CUNEO LA DANZA È PROTAGONISTA

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Photo: Vanessa Casaretti

il premio per la danza P

er il quinto anno consecutivo il magazine ha consegnato il premio [UNICO] per la danza in occasione dello spettacolo di fine anno accademico de La Maison de la Danse di Cuneo. L’appuntamento, atteso dai giovani allievi che si sono esibiti sul prestigioso palco del Teatro Toselli, è stata non solo l’occasione per presentare coreografie di danza classica, contemporanea e moderna, curate dagli insegnanti della scuola, diretta da Simona Rivotti, coreografa d’eccezione per le danze accademiche, ma anche la dimostrazione al pubblico

che impegno, costanza e dedizione possono portare grandi soddisfazioni, come lo spettacolo messo in scena per l’occasione. Il premio, consegnato quest’anno al gruppo “danza moderna avanzato”, ha incarnato perfettamente lo spirito dell’iniziativa, valorizzando lo spirito di gruppo, l’unione e la collaborazione necessari per crescere nella disciplina della danza come nella vita quotidiana. Un riconoscimento che non ha valore venale né materiale, ma che ha in sé un alto valore etico.


il nuovo baladin È

stata una piccola bottiglia in vetro scuro, incastonata fra le pietre e i mattoni nel muro di una secolare cascina alle porte della Langa, a convincerlo. Simile a quelle che utilizza per imbottigliare la sua birra. Un segno del destino che ha fatto pensare a Teo Musso: “questo sarà il luogo del nuovo stabilimento”. Così ha spiegato agli amici di sempre e ai giornalisti, accorsi da mezzo mondo, il guru delle birre artigianali all’evento di inaugurazione del nuovo birrificio di Piozzo. Alla base del suo successo inarrestabile una forte passione, l’alta qualità e la serietà nel concretizzare un’idea nata nel 1986 con l’apertura della piccola birreria nel centro del suo paese natale.

Oggi, dopo tanto lavoro, inseguendo quella visione, la birra Baladin è diventata uno dei punti di riferimento nel panorama delle birre artigianali in Italia, e il nuovo stabilimento da 73.000 mq, con una capacità produttiva di 50.000 ettolitri l’anno, è un nuovo punto di partenza per poter affermare il suo stile anche all’estero. La cornice dei festeggiamenti è stata un vero spettacolo, ambientato nell’aia della cascina che presto diventerà un nuovo punto di aggregazione culturale sul tema della birra, tra i campi di luppolo e i noccioli di questo splendido angolo cuneese. Ospite d’onore: il Cirque Bidon, protagonista del sogno di 30 anni fa.

photo: Roberto Audisio

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30 ANNI DI IMPEGNO E SUCCESSI GUARDANDO AL FUTURO

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N.40S4

Agosto Settembre

2016

S P E C I A L E

SPORT

VIVERE BENE, VIVERE MEGLIO

ALLENAMENTO

RITRATTO

TECNICA

ALIMENTAZIONE

Mens sana in corpore sano

Chiara Borgogno

Su con la schiena!

Il dopo allenamento



11 settembre 2016

EDIZIONE 5, MARMORA/CANOSIO (CN)

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GINNASTICA MENTALE PER LO SPORTIVO GIULIA MILANO, MENTAL COACH Tecniche e strumenti utili all’atleta per guidare il rilassamento e la gestione delle emozioni

Le capacità organizzative e la determinazione hanno portato Giulia Milano, dopo una carriera a livello agonistico (Campionessa Italiana di ginnastica ritmica alle clavette e Vice-Campionessa Italiana al cerchio nel 2002), a scegliere definitivamente di dedicarsi al benessere della persona diventando Sport&Mental Coach. Con l’utilizzo di tecniche di mental training adatte ad atleti, società sportive, palestre, privati e aziende riesce a trasmette tecniche, strumenti e metodi per usare, al meglio, la visualizzazione, il dialogo interiore, il rilassamento e la gestione delle emozioni corporee. Da circa un anno oltre a occuparsi della gestione

dell’organizzazione sportiva, della formazione di atleti e di “ginnastica mentale” rivolta alle aziende che vogliono migliorare l’autostima, la concentrazione e il benessere fisico e mentale dei propri dipendenti, insegna anche Mindfulness. Questa tecnica di rilassamento è un modo diverso per prendere consapevolezza, senza giudizio, del “qui” e “ora”,

essere distolta dalle preoccupazioni assillanti, dai ricordi negativi ed essere allenata a concentrarsi sul presente. I corsi di Mindfulness aiutano a tener sotto controllo l’ansia, a focalizzare il pensiero sulla gestione delle sensazioni ed emozioni e ad aver consapevolezza del proprio respiro addominale. Grazie ai suoi trascorsi da atleta le è stato facile attivare anche corsi di Mindfulgym, nella zona del cuneese, combinando la meditazione al gesto motorio di base, con figure corporee statiche e in movimento accompagnate dalla musica.

e futuri. I benefici che ha sul corpo e sulla mente si notano se viene praticata giornalmente, anche per pochi minuti. Giulia Milano ha iniziato ad appassionarsi e studiare questa disciplina due anni fa praticando lo yoga classico e scoprendo che la mente può

SE SIETE INTERESSATI A SCOPRIRE CHE COS’È LA MINDFULNESS E COME SI PRATICA POTRETE INCONTRARE GIULIA MILANO ALLO SBIM Sport, Benessere e Movimento sportbenessereinmovimento.it in programma dal 22 al 24 settembre 2016 in Piazza d’Armi a Torino.

del momento presente, senza lasciarsi trasportare dagli avvenimenti passati

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SOMMARIO

EDITORIALE Mentre il Portogallo festeggia ancora la vittoria agli Europei di calcio, noi siamo già pronti a trasferirci virtualmente a Rio de Janeiro per non perderci la XXXI edizione dei giochi olimpici.

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3 | Editoriale

4 | Mens sana in corpore sano

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8 | Su con la schiena!

Quale “sport” migliore se non quello di assistere dal divano, a notte inoltrata, per via del fuso orario, tutte le gare delle 41 discipline (28 sport) presenti alle Olimpiadi? L’”attrezzatura” ideale è un divano comodo, possibilmente con un rivestimento in tessuto naturale e non sintetico o in pelle, per non aumentare i gradi corporei, già elevati per via del clima; un televisore, non importa se non si ha un maxischermo; l’aria condizionata o un semplice ventilatore a pale; e soprattutto qualcosa da sgranocchiare durante gli interminabili incontri… L’abbigliamento, unisex, adatto è una semplice t-shirt con pan-

10 | Al di là della rete

taloncino, per gli incontri diurni, mentre per

14 | Cosa mangiare dopo l'allenamento

Scherzi a parte e tralasciando tutte le polemi-

quelli notturni, un leggero e comodo pigiama.

16 | Prepararsi agli sport

che relative alla nazionale russa, che con i va-

18 | - Rischi + divertimento

sono lontane anni luce… sarà un’emozione, il 5

20 | La scelta giusta

lori educativi dello sport di Pierre de Coubertin agosto, vedere la nostra portabandiera, Federica Pellegrini, entrare nello stadio Maracanà,

22 | Il futuro della Juve femminile

tra migliaia di altri atleti che attendono questo

23 | Il Parco del Monviso

base di qualsiasi sport sia a livello agonistico

evento da quattro anni. La preparazione è alla sia amatoriale non per vincere a tutti i costi, ma per evitare di subire incidenti durante il gioco. È fondamentale riuscire a integrarla con l’allenamento e soprattutto personalizzarla in base allo sport praticato. Se avete intenzione di alzarvi dal “famoso diva-

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no”, teatro delle vostre nottate olimpiche, e di emulare l’atleta appena visto in TV, per cimentarvi nel vostro sport preferito, potete, prima di buttarvi in questa nuova avventura, leggere gli articoli che in questo speciale UNICO vi propone. Inizierete così a prendere confidenza con l’argomento e ad avere un’utile preparazione “teorica”!


Mens sana in corpore sano

di Ilaria Blangetti

Dedicare un po’ di tempo a se stessi e al corpo, praticando sport, non è solo una questione di bellezza, ma un fattore indispensabile per il proprio benessere psico-fisico.

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ens sana in corpore sano. La locuzione latina è indubbiamente sempre attuale. Mangiare bene e fare un po’ di attività fisica sono preziosi consigli per il benessere della nostra mente. Oltre ai visibili benefici per l’aspetto e per la forma fisica, infatti, le conseguenze ancor più positive sulla psiche sono evidenti. Se è vero che la maggior parte di noi si avvicina a uno sport principalmente per perdere peso, in realtà sono gli effetti sull’umore e sul nostro stato d’animo a rappresentare, forse, l’aspetto più interessante. Lo sport, infatti, è un potente attivatore delle endorfine,

sostanze prodotte dal cervello che hanno la capacità di procurare stati di euforia e piacere, abbattendo lo stress e aumentando la sensazione generale di soddisfazione. L’esercizio fisico è riconosciuto come una terapia per allontanare le tensioni, le ansie quotidiane, e per salvaguardare la salute favorendo l’espulsione delle tossine. Tra gli sport più consigliati c’è indubbiamente il nuoto, perché completo, salubre e non traumatico, ma non dimentichiamo nemmeno una disciplina come il ballo che, anche grazie alla sua natura relazionale, è un indiscutibile alleato del benessere fisico e mentale, per tutte le età.

Il nuoto è da sempre considerato lo sport “completo” per eccellenza. È utile per rafforzare l’apparato cardio-circolatorio, favorire lo sviluppo della muscolatura e aiutare a bruciare i grassi. Oggi il corso di nuoto classico è superato, la piscina è diventata un centro fitness per chi ama l’acqua e vuole cimentarsi nei vari corsi di acqugym, pallanuoto, acquabike, nuoto sincronizzato, acquafitness, acquajump, acquaspinning, tapis roulant in acqua…


(Jimmy Cannon)

Come scegliere? Per scegliere uno sport o una semplice attività fisica vanno considerati molti fattori, andando oltre semplici mode o scelte dettate dalla comodità. Innanzitutto, bisogna assecondare ciò che naturalmente ci piace, anche perché molte discipline sono quasi una filosofia di vita, senza aver paura di sperimentare o di sentirci a disagio. Inoltre, occorre darsi degli obiettivi,

ovvero cercare di capire qual è la motivazione che ci spinge a praticare uno sport: divertimento, volontà di ottenere risultati oppure perdere peso... A seconda del tempo che abbiamo a disposizione, poi, e del nostro modo di essere, si può individuare un’attività di gruppo, oppure no: lo sport di squadra risulta più divertente, ma richiede impegni fissi e la volontà di sapersi relazionare in team. Allenarsi

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Sport: reparto giocattoli della vita.

L’obiettivo di chi pratica sport può essere diametralmente opposto: si va da chi vuole perdere peso, a chi vuole aumentare le proprie prestazioni, da chi cerca un luogo di aggregazione a chi vuole affermarsi in una disciplina, l’importante è non dimenticare che alla base di ogni attività fisica c’è il benessere della persona. Nelle pagine successive: Esagerare con lo sport non è mai positivo. Quando ci si accorge di essere in overtraining non bisogna aver timore di consultare il preparatore atletico o il medico sportivo. Molto utile per chi pratica sport è dedicare i primi cinque minuti allo stretching per migliorare la capacità di movimento grazie a esercizi che aiutano ad allungare la muscolatura. Lo sport per i bambini è: socializzazione, un buon deterrente contro la sedentarietà, un’iniezione di autonomia e autostima, un divertimento e un’occasione di sviluppo fisico e mentale.

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da soli permette tempi flessibili, ma è indubbiamente difficile combattere contro la noia e la stanchezza quando la voglia di far movimento è davvero poca. Insomma, dedicato a chi ha tanta forza di volontà. Prima di scegliere, se è molto tempo che non si fa del moto, sarebbe necessario valutare con un medico la forma fisica e lo stato di salute di partenza, per evitare inutili traumi. Parola d’ordine “divertimento” Se non abbiamo particolari problemi di peso e viviamo l’attività fisica come uno sfogo, un semplice mantenersi giovani e in forma, la cosa migliore è scegliere uno sport che ci faccia principalmente divertire. Il perché è semplice: dev’essere un modo per eli-

minare lo stress a fine giornata, o per liberare la mente dai problemi legati al lavoro, per conoscere gente simpatica o, ancora, per sentirci in pace con il nostro fisico. Quindi, spazio a discipline che racchiudano ritmo e sprint, come aerobica, zumba, acquagym o hydrobike. Per non annoiarci, e sentire il bisogno di avere un appuntamento fisso con il benessere, coinvolgiamo gli amici, ma ricordiamoci sempre che lo facciamo principalmente per noi stessi. Senza esagerare Spesso, anche tra gli amatori ci sono ambizioni di performance. Volersi migliorare è un bene e non può essere diversamente quando si ha uno spirito competitivo, ma è sempre


Sport e divertimento per i più piccoli Da grande volevi diventare un calciatore di successo o un affermato giocatore di volley? Spesso gli adulti vorrebbero realizzare (consapevolmente, ma anche inconsciamente) i sogni rimasti nel cassetto riversando le proprie aspettative sui figli, e indirizzandoli verso le proprie passioni. Ma i più piccoli hanno predisposizioni personalissime, che vanno assecondate e coltivate tenendo sempre presente i singoli gusti, le capacità economiche della famiglia e l’età. Non tutti gli sport sono, infatti, adatti fin da piccoli e, soprattutto, alcuni di questi non possono ancora essere concepiti in termini agonistici e non devono mai prescindere dal gioco. A tal proposito, la SIP (Società Italiana di Pediatria) fornisce alcuni consigli e ricorda come lo sport faccia bene allo studio. Praticare attività sportive, infatti, sembra provocare negli adolescenti un interessante circolo virtuoso. E quando i giovani diventano dei piccoli campioni e si affacciano all’agonismo? Occorre accompagnare i figli in un percorso di crescita in questo senso, con l’aiuto di allenatori e società, lasciando ai ragazzini la possibilità di scegliere

se è davvero ciò che vogliono, senza pressioni. Se invece non ne vogliono proprio sapere? Innanzitutto servirà chiedersi perché fanno i capricci per andare in piscina o al campetto di calcio. Potrebbe essere solo pigrizia, un imbarazzo fisico, oppure un’ansia da competizione o un malumore con uno dei compagni di giochi. Che piaccia oppure no, certo è che l’attività fisica farà crescere i figli più sani e sereni. Quindi, individuato il problema (o il semplice capriccio), si potrà cercare la disciplina più adatta, ricordando gli insegnamenti e i principi intrinsecamente legati allo sport (che valgono in realtà universalmente), come il rispetto delle regole, lo spirito di gruppo e il valore della fatica.

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meglio ricordare che se si alza l’asticella è necessario comportarsi come dei professionisti: quindi è d’obbligo consultare un medico e un preparatore atletico, partendo sempre dal presupposto che ogni attività fisica “sostenuta” deve essere regolare. Tanto per intenderci, mai avventurarsi senza preparazione in un giro in bicicletta impegnativo dopo anni dall’ultima pedalata.

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Su con la schiena!


Ecco di seguito qualche semplice esercizio, consigliato dal personal trainer Alessandro Agostino (Vitality Wellness - Savigliano), che potrai fare anche in spiaggia per evitare che il dolore non ti permetta di goderti le vacanze. ESERCIZIO DELLA PALLA (cervicale-sovratoracica) Consiste nel far finta di tenere un’immensa e leggerissima palla tra le braccia ed eseguire un movimento tale che la palla venga sollevata il più possibile verso il sole e poi verso la terra. Attenzione a ricordarsi che la palla è grande e quindi impedisce il movimento del resto delle vertebre toraciche.

ESERCIZIO DEL FILO CHE TIRA IN AVANTI IL BACINO (pelviche) Utile per chi fa vita sedentaria. Consiste nel muovere esclusivamente le ultime vertebre tenendo il resto della colonna immobile e nel ruotare in avanti il bacino come se lo si tirasse con un filo invisibile. Tipo il movimento pelvico di Elvis the pelvis in the Memphis.

ESERCIZIO DEL PUGNO IN PANCIA O DELLO SPOSTARE L’ARMADIO (lombari)

ESERCIZIO DELLA NUOTATA PER IL RISCALDAMENTO DELLE GIUNTURE VERTEBRALI

Consiste nel simulare un pugno in pancia, il movimento è veloce, il recupero più lento. Il movimento effettuato dalla colonna vertebrale è simile a quando si tenta di spostare un armadio all’indietro appoggiandosi con la parete lombare della colonna.

Si simula il movimento della nuotata, stirando il più possibile la schiena. Il movimento va eseguito stando in piedi in posizione eretta e nuotando in alto, in basso e ai lati (forzando la colonna a rimanere diritta e poi modificandone la postura per rendere più naturale il movimento).

ESERCIZIO PER LA MOBILITAZIONE DELLE VERTEBRE

ESERCIZI SULLA COLONNA VERTEBRALE, DOPO IL RISCALDAMENTO

Ci si mette a “cane” tenendo le braccia e il femore perpendicolari al terreno e la colonna vertebrale parallela. A questo punto si cerca di sollevare o abbassare ognuna delle vertebre singolarmente.

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Sei in vacanza e la schiena continua a darti il tormento?

Esercizi classici di scioglimento e stretching della colonna.

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Al di là della rete

di Silvia Campanella Photo: Daniele Molineris

Dopo dieci anni in giro per l’Italia, la sportiva Chiara Borgogno, capitano della LPM Pallavolo Mondovì – Serie A2, ritorna a casa e pensa al futuro anche fuori dal campo.

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emo propheta in patria, insegna il famoso detto latino che sottolinea la difficoltà, che spesso sussiste, a emergere o a farci ascoltare in ambienti a noi familiari. Provate a dirlo a Chiara Borgogno, capitano della Lpm Mondovì, neo promossa in serie A2, che ha trasformato il suo ritorno a casa in un pezzo di storia della società monregalese: vi risponderà con un sorriso orgoglioso e un po’ beffardo, ma assolutamente fiero. Giugno 2015: dopo dieci anni sui parquet di tutta Italia in serie A1, la pallavolista, classe 1984, accetta la “proposta indecente” di Paolo Borel-

lo, direttore sportivo della squadra monregalese iscritta al campionato di B1, e torna nella sua Mondovì, città dove è nata e dove, a soli sei anni, ha messo per la prima volta il naso nei “quadretti” della rete. Erano passati pochi mesi da quando Chiara aveva raggiunto il punto più alto della sua carriera, Supercoppa Italiana ed esordio in Champions League, a Cannes, con la maglia del Nordmeccanica Rebecchi Piacenza. La nuova sfida era allettante e allo stesso tempo pericolosa: Borello le stava affidando le sorti di un’intera squadra e lei era il perfetto esempio di chi ce l’ha fatta, pur partendo da

Chiara Borgogno, detta “Borghi” ha militato dal 1998 a oggi in più di dieci squadre (LPM Mondovì, Volley Bergamo, Cuneo Volley, Sant’Orsola Alba, Pallavolo Vigliano, Asystel Novara, PV Reggio Emilia, Pallavolo Pavia, Chieri Volley, Chieri Torino VC, Volley 2002 Forlì, River Piacenza…) in giro per l’Italia passando dalla serie D fino alla promozione in serie A1. Le caratteristiche del “centrale”, ruolo di Chiara Borgogno, sono l’altezza, l’elevazione –anche da fermo, la rapidità negli spostamenti laterali, la velocità con la quale parte la schiacciata, la lucidità e la concentrazione necessarie per anticipare l’azione di contrasto degli avversari.


una realtà ai tempi “piccola”, come quella di Mondovì. “La sua competenza e la sua intelligenza mi hanno convinta”, rivela lei. Senza contare la sua lungimiranza: con il numero 11 stampato sulla schiena e il posto fisso nel suo ruolo, quello di centrale “specializzato” nel muro, in una sola stagione ha aperto le porte del professionismo a questa società. A modo suo: lavorando sodo, imponendo il suo carattere in campo, nello spogliatoio e anche fuori. E mai risparmiando un sano “nonnismo”, lei che nel primo anno a Novara (2005) era la portaborse di Tai Agüero: “uscivo dallo spogliatoio con il mio borsone da una parte e il suo dall’altra. Le gerarchie erano state chiare sin da subito, ma ho sempre pensato che fosse una fortuna perché lei aveva scelto me”.

Il capitano deve essere in grado di rappresentare la squadra nello stile, nella determinazione, nella personalità. Ma forse è ancora più preciso affermare che è la squadra a dover riconoscersi nel suo capitano, riuscendo a vedere in lui l’"esempio vivente". (M. Berruto)

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2006: l’anno d’oro di “Borghi”. Laurea, esordio in A1 con il Novara e l’incontro con Andrea.

Com’è la pallavolo vista da 1,92 m di altezza? “Bella, bellissima. Le mie doti fisiche sono state fondamentali per la mia carriera. A scuola, invece, inizialmente pativo questa differenza con i miei compagni: i professori mi interrogavano da seduta”. Due convocazioni in nazionale, pre ju-

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Quando il tifo scalda il palazzetto, quando le ragazze della squadra danno il meglio, quando negli occhi del capitano traspare la gioia della conquista… lo spettacolo è entusiasmante, soprattutto se la vincita decreta la promozione in Serie A2 della LPM Pallavolo Mondovì stracciando la Properzi Volley Lodi 3 a 1 (8 giugno 2016). Ph. Marco Marengo

niores e juniores, poi dieci anni in A1 tra Novara, Reggio Emilia, Pavia, Chieri, Forlì e Piacenza. Che cosa ti ha convinto a tornare dove tutto è cominciato? “Il cuore. Volevo avvicinarmi a casa, a quella di Torino, dove vivo e lavoro con il mio fidanzato Andrea; e a quella di Mondovì, dove abita la mia famiglia. E poi la società: un ottimo ambiente, persone competenti e ambiziose. Senza contare il pubblico, meraviglioso. Ho ricevuto davvero un abbraccio totale”. Dieci anni di professionismo, eppure hai trovato il tempo per una laurea in fisioterapia. “Onestamente, la vita del professionista è agiata: due allenamenti al giorno, ma il resto è tutto tempo libero.

Nonostante una carriera di alto livello, non ho mai smesso di pensare al futuro: per questo, non senza sacrifici, ho continuato a studiare e dopo il liceo mi sono iscritta all’Università di Fisioterapia, conseguendo la laurea nel 2006”. L’anno d’oro di “Borghi”: laurea, esordio in A1 con il Novara e l’incontro con Andrea, proprio tra i banchi dell’Università. “Scegliere Mondovì mi ha permesso di iniziare a lavorare con costanza. Con Andrea ho aperto due studi, uno a Borgaretto e uno a Rivoli. E così, per assurdo, questo è stato uno degli anni più duri: dalle 7,00 alle 18,00 lavoro, dalle 19,00 alle 22,00 allenamento, poi cena da mamma e papà e rientro a Torino verso mezzanotte. Quattro volte a


Tanti dei 2.281 punti realizzati quest’anno dalla squadra portano la tua firma. Qual è stato il più importante? “L’ultimo punto del tie break di gara 1 in finale play off in casa del Lodi, l’attacco che ha chiuso la partita sul 15-13". E il più bello della tua carriera? “Un attacco di seconda sulla ricezione di una compagna in una gara contro il Busnago Milano: era l’anno della promozione in A1 con il Chieri. Lo provassi altre mille volte, sono certa che non riuscirei più a farlo”.

La giocatrice più forte con cui hai giocato? “Antonina Zetova, un fenomeno che da piccola guardavo in TV, e Francesca Piccinini, che a 37 anni fa ancora la differenza”. A quale giocatrice affideresti il ruolo di portabandiera alle prossime Olimpiadi? “Senza dubbio a Eleonora Lo Bianco (palleggio, ex capitano della nazionale azzurra – ndr), lei è la pallavolo. Ma concordo sulla scelta di Federica Pellegrini; non la conosco di persona, ma mi sembra una tosta”. Tosta come lei, come chi fa dello sport una professione. Come chi, ai modi di dire, risponde con un sorriso beffardo, ma fiero. O meglio, con un bel muro nei tre metri.

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settimana, più la partita del sabato. Ma ne è valsa la pena: per la prima volta dopo tanti anni ho festeggiato il Natale in famiglia”.

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Cosa mangiare dopo l’allenamento A cura di: Enzo Agostino (Vitality Wellness - Savigliano)

Per prima cosa bisogna valutare che tipo di obiettivo ha la persona che pratica sport. Se vuole perdere peso, dopo un sano allenamento, consiglio della frutta (o un succo d’ananas o di pompelmo – se si è lontani dai pasti) che contiene zuccheri salutari che vanno a rigenerare le scorte di glicogeno esaurite, o quasi, con lo sforzo fisico; uno yogurt magro (anche alla soya); in estate, i frullati freschi preparati con latte parzialmente scremato o di soya, 4-5 fragole, mela e avocado; per comodità va bene anche una barretta proteica (povera di grassi saturi – cattivi). Se è vicino all’ora dei pasti suggerisco verdure a volontà o un buon minestrone. Chi deve, invece, acquisire massa muscolare può mangiare, dopo l’allenamento, come spuntino, una bella patata dolce, oltre a un panino con bresaola o tacchino. Se il pasto post-allenamento coincide con pranzo o cena propongo del riso condito con olio extravergine di oliva. Ingredienti ideali per provocare un’impennata insulimica utile alla crescita muscolare. L’importante è sapere che tutto ciò che “non serve” al nostro organismo e che, quindi, risulta in eccesso, viene trasformato in grasso: anche cibi che sono solo fonti proteiche, se ingeriti in quantità esagerata, vanno ad aumentare i lipidi.


Ecco i 10 migliori alimenti UOVA Un buon pasto post allenamento deve contenere proteine e carboidrati. Le uova, da questo punto di vista, sono perfette: in un uovo ci sono circa 70 calorie, 6.3g di proteine ed è uno dei pochi alimenti che contiene vitamina D.

SUCCO DI ARANCIA Ricco di vitamina C e potassio, un elettrolita che aiuta il corpo a riequilibrare i livelli dei fluidi.

BANANA È uno degli esempi di carboidrati “buoni”, da assumere dopo l’allenamento. Aiuta il corpo a recuperare rapidamente i livelli di glicogeno, fondamentale per “ricostruire” i muscoli danneggiati. È inoltre molto ricca di potassio.

ACQUA Può sembrare ovvio, ma è fondamentale ricordare quanto sia importante l’acqua per una perfetta reidratazione dopo ogni attività sportiva.

QUINOA Per una dose di carboidrati, il riso integrale è una buona scelta, ma a livello di vitamine e nutrienti non può competere con la quinoa. È inoltre più ricca di fibre e proteine e più rapida da preparare.

KEFIR È una bevanda ottenuta dalla fermentazione del latte, ricca di fermenti lattici e probiotici. Una tazza di kefir contiene circa 11-14 g di proteine. Può essere mescolata a cereali e frutta, in questo modo si arricchisce anche di altri nutrienti.

UNICO 40 | AGOSTO - SETTEMBRE 2016 | sport | alimentazione

da assumere dopo lo sforzo fisico sempre in dosi moderate per un benessere generale.

SALMONE Non è solo ricco di proteine, ma anche di Omega 3.

FRUTTA SECCA Una manciata di frutta secca rappresenta un rapido snack, ricco di proteine e carboidrati.

ANANAS

KIWI Ricco di vitamina C e potassio, è anche un’incredibile fonte di anti-ossidanti.

L’ananas contiene bromelina, un antinfiammatorio naturale che aiuta a curare le lussazioni, gli ematomi e i gonfiori muscolari. Contiene inoltre vitamina C.

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Prepararsi agli sport

di Silvia Campanella

Saranno gli Europei di calcio o le Olimpiadi di Rio oppure il ritorno dell'estate a ispirare la voglia di sport? Tutte le discipline sono perfette se praticate senza improvvisazione.

L’

arrivo dell’estate stimola la voglia di praticare sport, da quelli considerati “classici” fino a quelli “di stagione” proposti nelle località di montagna o direttamente in spiaggia. Ma attenzione: improvvisarsi sportivi, soprattutto in alcune discipline, potrebbe essere molto rischioso. La forma fisica e l’abitudine all’allenamento rappresentano, infatti, due elementi da non sottovalutare prima di scegliere il campo da beach volley, per perfezionare la tintarella, o un duro percorso di mountain bike, per andare alla scoperta di nuove località montuose.

Chi pratica sport in maniera costante durante l’anno, magari affidandosi ai consigli di esperti delle singole discipline, arriva preparato all’estate e predisposto a dedicarsi a nuove attività: conosce il proprio corpo e allo stesso tempo i propri limiti, ed è abituato allo sforzo curando l’alimentazione. Diverso il caso di chi, per i motivi più disparati o per la sacrosanta pigrizia, attende la stagione estiva per ripromettersi di cominciare: in questo caso è fondamentale porre la massima attenzione alla preparazione fisica e, naturalmente, all’alimentazione abbinata allo sport. Se l’obiettivo è quello

La preparazione ottimale per chi si accosta a uno sport e vuole prevenire gli infortuni e data da un allenamento cardiovascolare, un rinforzo muscolare, da esercizi di stretching e da una controllata alimentazione.


di rimettersi in forma il consiglio è di partire dalla sana, “vecchia” corsa: 3-4 volte a settimana, con percorsi in piano di 3-4 km inizialmente, ad andatura leggera. Per poi aumentare la distanza, ma solo a intervalli di due settimane. Il corpo si abituerà così alla fatica in maniera regolare, evitando rischi fisici di qualsiasi genere. Anche il nuoto è considerato un alleato validissimo: un corso individuale di almeno cinque lezioni, con un istruttore qualificato, è un buon punto di partenza per apprendere o rispolverare la tecnica e, allo stesso tempo, per risvegliare il proprio corpo con la giusta armonia. Una scelta, questa, che potrà tornare utile anche durante le attese vacanze estive: attenzione, però, a non confondere il mare con la piscina. La tecnica acquisita, infatti, potrebbe non essere sufficiente per cimentarsi in lunghe nuotate al largo. In caso di forma fisica non ottimale o di assenza di preparazione non è vietata una partita a beach volley con gli amici, ma è opportuno ricordare che il fondo sconnesso (sabbia) può diventare rischioso per le articolazioni, soprattutto caviglie e ginocchia, in seguito a movimenti troppo netti. Quindi niente agonismo, meglio optare per il divertimento.

Così come in montagna, dove lo sforzo fisico richiesto da una salita in mountain bike deve essere supportato da un allenamento mirato e costante: un percorso dedicato alle biciclette, o una passeggiata anche a ritmo sostenuto, si confermano due valide e salutari alternative.

Non è obbligatorio praticare sport in vacanza soprattutto se la forma fisica non vi accompagna o se siete pigri. Mentre vi trovate sotto l’ombrellone meditate di inserire, tra i buoni propositi per l’autunno, anche quello di iniziare ad accostarvi a una disciplina sportiva, “muoversi” è sempre salutare.

UNICO 40 | AGOSTO - SETTEMBRE 2016 | sport | Natura

Sport è l'abbreviazione di "disport", in inglese divertimento.

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- Rischi + Divertimento

Sfidare la natura al mare, in collina e in montagna per raggiungere un nuovo concetto di libertà. di Ilaria Blangetti

COLLINA MOUNTAIN BIKE L’estate è il momento delle due ruote, perfette per esplorare nuovi posti e fare divertenti gite in montagna. Se siete amanti dalla mountain bike tenete presente che prima di salire in sella, calcolando la sollecitazione data dai terreni poco “confortevoli” che andrete ad affrontare, è meglio avere un’adeguata preparazione. Anche se lo considerate un semplice

hobby, infatti, la MTB è molto di più: prima di affrontare percorsi troppo lunghi, è indispensabile aver “collezionato” un po’ di chilometri sulle gambe, perché una volta in mezzo a un bosco potrete contare solo su voi stessi. Parola d’ordine: non improvvisare. LA CORSA È uno degli sport più diffusi perché facile da praticare (basta un po’ di fiato e forza di volontà); perfetto per perdere qualche chilo, è adatto sia agli uomini sia alle donne ed è economico. In estate è d’obbligo correre all’aria aperta, ma attenzione a non sottovalutarne i rischi. Questo sport, infatti, non è ideale per chi ha problemi alle articolazioni o per le persone sovrappeso, che potrebbero mettere a dura prova proprio caviglie e ginocchia. Per loro, è più indicata una buona camminata (o il

fitwalking), magari vista mare, favorendo la tonificazione del corpo e riducendo lo stress.

MARE

temuto. Se facciamo propri questi principi di base, allora via libera al divertimento, con una semplice nuotata o un'adrenalinica

SPORT ACQUATICI

avventura in kitesurfing (una tavola trascinata

Acqua, mare e sport. Non c’è niente di

da un aquilone). Ma ricordate: mai senza il

meglio per trascorrere le lunghe giornate

giubbotto salvagente.

estive. Ma se tra le calme acque di una piscina ci sentiamo sicuri, in mare aperto le

BEACH VOLLEY

precauzioni non sono mai troppe. Banale

La pallavolo sulla sabbia è gettonatissima

dire che per fare sub, surf o semplicemente

nei lidi delle vacanze. Le precauzioni sono

snorkeling è necessario essere dotati della

al minimo: crema solare, occhiali da sole e

giusta attrezzatura e soprattutto di una

un po’ di attenzione durante i continui salti

buona preparazione. Inoltre, è necessario

per evitare fastidiose distorsioni, possibili in

controllare sempre con attenzione in quali

chi non ha alcun tipo di allenamento. Fate

acque vogliamo addentrarci, le previsioni

attenzione a non giocare nelle ore più calde

meteo e, soprattutto, non andiamo mai soli.

per non andare incontro a colpi di calore.

Il mare è come la montagna, va rispettato e

Insomma, semplice buon senso.


Preparazione Attrezzatura Buon senso

ARRAMPICATA Che si tratti di una via ferrata o di

un’arrampicata su roccia, l’adrenalina che vive chi arriva in cima è indubbiamente qualcosa di indescrivibile. Ma non è per tutti. Chi si avvicina a questo sport lo deve fare in modo progressivo e meglio se prima ha sperimentato qualche parete indoor. Ogni particolare dell’attrezzatura è fondamentale: dalle scarpe alla corda nulla dev’essere scelto a caso, ma va tarato sulle proprie In ogni caso, occhio alle scarpe: non sono

esigenze e capacità.

tutte uguali. Devono essere ammortizzate e adatte alla postura di ognuno. Fatevi

PARAPENDIO

consigliare.

Visto l’altissimo livello dell’attrezzatura, oggi il grado di sicurezza di questa disciplina

CICLOTURISMO

è indubbiamente dettato dalle capacità,

Lo dice la parola: il cicloturismo è una

dall’esperienza e dalla prudenza del pilota.

pedalata in bicicletta in tutto relax, cercando

Il parapendio richiede elevatissimi standard

luoghi interessanti da visitare. In questo caso,

di sicurezza e in primis è necessario

le precauzioni sono dettate soprattutto dal

richiedere supporto e aiuto a istruttori

buon senso: evitare vie trafficate o dissestate;

certificati, soprattutto in una fase iniziale.

portare con sé una mappa e decidere prima, a tavolino, il percorso da effettuare.

MONTAGNA TREKKING Per praticare il trekking in sicurezza è sufficiente tenere presente alcuni semplici accorgimenti: in montagna meglio andare in compagnia ma, se questo non è possibile, è opportuno avvisare amici o parenti del percorso che si intende fare; portare con sé un cellulare e controllate il meteo prima di partire. Indispensabile è, poi, individuare un itinerario adatto alle proprie capacità e vestirsi in modo adeguato senza dimenticare l’acqua e qualcosa di energetico da mangiare, come del cioccolato. Il rifugio più vicino, infatti, potrebbe essere più lontano del previsto.


La scelta giusta

Cura e dettaglio nell’abbigliamento sportivo: materiali leggeri, sicuri e comodi per vivere lo sport all’aria aperta nel massimo del confort.

[4]

[6]

[1] CASCO Utile per chi arrampica, protegge, grazie al guscio esterno di plastica (o fibra di carbonio, fibra di vetro) e alla struttura interna di polistirolo compresso, dall’urto di eventuali sassi in caduta. Per essere omologato deve reggere non solo agli urti ma anche garantire la resistenza alla penetrazione.

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[2] CORDA La corda dei climber è composta da un’anima di filamenti sintetici (stoppini) attorcigliati tra loro che le danno elasticità e da una “calza” o “camicia”, sempre di stoppini, che fornisce protezione all’anima. Esistono tre tipi di corda: corda intera (simbolo 1) per falesie o su monotiri; mezza corda (simbolo ½) e corda gemella (simbolo 00 o twin) per alpinismo. La lunghezza varia da 50 a 70 metri. È fondamentale che sia a norma e quindi provvista delle certificazioni CE e UIAA. Va sempre controllata e rimpiazzata in caso di usura o anomalie.

[3]

[4] OCCHIALI Gli occhiali polarizzati, utili per i ciclisti che percorrono molti chilometri sotto il sole, eliminano i raggi ultravioletti, orientano la luce e ne riducono la quantità che entra negli occhi aumentando il contrasto e migliorando la percezione.

[5]

[2]

[3] CALZETTONI I calzettoni da montagna sono uno degli indumenti più importanti sia perché hanno il compito di mantenere il piede il più asciutto possibile sia perché creano una sorta di intercapedine tra la pelle e la scarpa evitando sfregamenti e vesciche. Vengono realizzati in materiali sintetici o misti, con struttura differenziata: sotto la pianta si utilizza generalmente la spugna e sotto la punta e il tallone dei rinforzi. L’uso di materiale termico è destinato a calzettoni per la stagione più fredda. La lunghezza varia a seconda delle scarpe indossate, l’importante è che i malleoli e le caviglie siano sempre coperti.

[5] GUANTI I guanti lunghi sono indicati, in MTB, anche in estate non solo per ripararsi dal freddo in alta montagna e lungo la discesa, dove si possono superare i 40 km/h, ma anche per proteggersi da rami e rovi. Sono antiscivolo e hanno il palmo rinforzato con un imbottitura leggera. Sono di neoprene o lycra e hanno il polso alto per una maggiore aerodinamicità. [6] MAGLIA Le maglie estive per chi pratica ciclismo utilizzano materiali adatti ad asciugare rapidamente il sudore e a veicolare velocemente l’umidità all’esterno. La cerniera assicura una facile apertura per la dispersione del calore. I colori sgargianti contribuiscono a una maggiore visibilità.


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[8] BOARD (TAVOLA) La tavola per kitesurf deve essere abbastanza grande e proporzionata al peso. Può essere lunga da 136 a 150 cm, larga non più di 43 cm (sarebbe difficile da spingere sul bordo) e non deve avere bordi troppo spessi.

[7] GIACCA A VENTO La giacca per tutti gli sportivi che frequentano la montagna deve essere impermeabile all’esterno per pioggia e vento, elasticizzata e leggera. Non deve limitare i movimenti, ma garantire una traspirazione naturale. L’importante è che si possa ripiegare facilmente nello zaino.

[10]

[9] KITE (VELA) Per scegliere il kite (vela per kitesurf) migliore si deve tenere conto di tre fattori: il peso corporeo, l’intensità del vento e il sistema di sicurezza. È consigliabile acquistarne uno che può essere depotenziato facilmente e che permette di navigare con un range di vento abbastanza ampio. [11] MASCHERA E PINNE Per chi vuole cimentarsi la prima volta nello snorkeling sono sufficienti una buona maschera con un boccaglio standard con l’imboccatura in silicone, senza valvola di uscita, adatta a lunghe apnee, e un paio di pinne. La scarpetta di quest’ultime non deve comprimere il piede e se si utilizzano con un calzare in neoprene vanno acquistate di una misura più grande e con una pala morbida per fare meno sforzo.

[7]

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[10] MUTA Mute umide, semistagne e stagne per tre tipi diversi di immersione. Le prime adatte a immersioni occasionali e non a basse temperature, hanno uno spessore tra i 3 e i 7 mm. Le seconde, in neoprene, spesse 7 mm, sono dotate di cerniera stagna, da spalla a spalla. Le ultime stagne, in nylon o neoprene compresso, permettono immersioni in acque fredde, hanno chiusure stagne al collo e alle caviglie.


UNICO 40 | AGOSTO - SETTEMBRE 2016 | sport | special advertising

Il futuro della Juve femminile Il settore giovanile unica vera risorsa. Formare e crescere le giovani calciatrici. Pur mantenendo ferma la volontà di giocare in serie A, in collaborazione con la Città di Torino, la Juve si muove in ottica green, spinta dalla constatazione che tra i migliori settori giovanili del calcio europeo non c’è nemmeno una società italiana. È quanto emerge dall’analisi dei dati di uno studio dell’osservatorio calcistico svizzero CIES Football Observatory. Una lacuna italiana facilmente spiegabile con alcuni aspetti socio-economici, ma il punto fondamentale è che investire sui giovani è il modo migliore per sopperire ai prezzi elevatissimi del mercato: per questo molte società stanno iniziando

a destinare un numero maggiore di risorse ai propri settori giovanili, conosciuti come canteras, alla spagnola. I risultati che la Juve Femminile Calcio a 5 impone, nei prossimi anni metteranno in risalto la capacità del club di formare calciatrici con qualità tecnico-tattiche importanti, ma soprattutto con valori e principi adeguati. “Il settore giovanile mi dà tanta soddisfazione – spiega il presidente Davide Turano – ma porta via anche tanto tempo. Quando mi trovo vicino alle giovani promesse o sul campo, o da semplice spettatore, mi trovo a mio agio ed è questo è ciò che ad oggi mi appassiona di più. Il settore giovanile è una macchina che funziona grazie a tre componenti fondamen-

tali: le strutture di allenamento, l’allenamento dei giovani, il sistema di scouting delle giovani promesse. Migliore è la qualità di questi tre fattori, migliore sarà la nidiata di giovani che arriverà in società anno dopo anno. Il futuro del calcio italiano deve passare per forza da qui e la società porterà avanti questo progetto”. Detto fatto: si inizia dalla formazione che nella prossima stagione affronterà il campionato di serie C: una Juniores, anzi una squadra Allieve “mascherata”, composta da giovanissime che proveranno a ben figurare senza timori reverenziali nei confronti di atlete ben più navigate. Il futuro passa anche da qui. Info e contatti: Sito web: www.juvefemminile.it Tel: +39 3497787835 Facebook: Juve Femminile Città di Torino juvefemminilecalcioa5@gmail.com

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Poco meno di 9.000 ettari di area protetta, 12 comuni, due valli che comprendono il “Re di pietra”, il “Grande fiume” e il bosco di pino cembro più esteso d’Europa: tutto questo è il Parco del Monviso. La nuova area protetta, nata il 1° gennaio 2016, si estende dal massiccio del Monviso, con le varie punte che hanno fatto la storia dell’alpinismo, Visolotto, Punta Udine, Venezia, Roma, Viso Mozzo, fino alla pianura, dove il Po, nato a Pian del Re, diventa finalmente un grande fiume. Fa parte del Parco, il Bosco di pino cembro dell’Alevé, che ospita alberi antichi e dalle radici profonde, così come antica e profonda è la cultura delle genti delle Valli Po e Varaita, le-

gata al territorio e alle tradizioni. Nel Comune di Crissolo, oltre alla sorgente del Po, fa parte del Parco la Grotta di Rio Martino, rifugio per estese colonie di chirotteri e una delle massime espressioni dei fenomeni geologici. Nei primi 60 km del fiume Po, il Parco del Monviso tutela altre sei Riserve Naturali: quella di Paesana; della Confluenza del Bronda e di Paracollo Pesci Vivi a Saluzzo; della Confluenza del Pellice; quella di Fontane a Faule e Pancalieri; infine, a Casalgrasso, della Confluenza del Varaita nel Po. La ricca rete di sentieri che permette di scoprire il Parco è protagonista il 28 agosto del Tour Monviso Trail, 43,3

km di corsa intorno al Monviso con oltre 3.000 m di dislivello, che lo scorso anno ha visto la partecipazione di più di 350 atleti. Oltre ai tracciati montani, numerosi sentieri di collina e pianura consentono di raggiungere luoghi ricchi di storia e tradizione: l’Abbazia di Staffarda, immersa nel verde dei boschi e dei campi, per un salto indietro nel tempo; il Lago Fontane, a Faule, dove l’area rinaturalizzata al termine dei lavori di scavo della cava è diventata un’importante zona di sosta per gli uccelli; il piccolo Museo “Di nido in nido”, a Villafranca, dove è stato ricostruito un angolo di bosco per illustrare l’avifauna tipica della pianura. Tutto il Parco in quattro musei: Museo Naturalistico del Fiume Po di Revello Museo del Piropo di Martiniana Po Centro Visite Alevé di Casteldelfino Polo Educativo di Pian del Re

TUTTO IL PARCO IN QUATTRO MUSEI

MUSEO DEL FIUME PO REVELLO (CN)

POLO EDUCATIVO PIAN DEL RE (CN)

MUSEO PIROPO

MARTINIANA PO (CN)

CENTRO VISITA ‘’ALEVÉ’’ CASTELDELFINO (CN)

Sede: Via Griselda, 8 • Saluzzo CN • Tel. 0175.46505 • Fax. 0175.43710 info@parcomonviso.eu • www.parcomonviso.eu parco monviso.indd 1

UNICO 40 | AGOSTO - SETTEMBRE 2016 | sport | special advertising

Il Parco Del Monviso

23 26/07/16 14:23


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