TrentinoMese giugno 2020

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appuntamenti, incontri e attualità trentina

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GIUGNO 2020

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I MATRIMONI DEL MESE

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EMERGENZA E RESTRIZIONI NON FERMANO LA PIÙ GRANDE FESTA DELLA CITTÀ DI TRENTO. UN’EDIZIONE RIDOTTA, MA SEMPRE AFFASCINANTE BRACCIANTI CERCASI! COVID: L’AGRICOLTURA È SENZA AGRICOLTORI

CHI FERMERÀ LA MUSICA? FIABANE, RAFFAELLI E BARBACOVI DICONO CHE...

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RING di Tiziana Tomasini

a mali estremi MALINTESI, COMPLICITÀ, INCOMPRENSIONI, ILARITÀ DELLA NUOVA DIDATTICA A DISTANZA

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a didattica a distanza (DaD) ha cambiato il modo di fare scuola e ha trasformato gli esami. Una rivoluzione in materia liquida, dentro gli schermi. Eccola in pillole assolutamente originali, estratto di video lezioni quotidiane. Combattute e sudate dai due schieramenti: gli insegnanti da una parte – connessi senza remissione di colpi – e gli studenti dall’altra, alle prese con temi, quiz, video, riassunti, resoconti, calcoli, sistemi digestivi, racconti in tutte le lingue, suonate al flauto, esercizi di ginnastica, mappe di casa, schede di vocaboli, genitivi e dativi. Prof, non mi va il microfono… Proprio oggi che ti volevo interrogare! L’ho ordinato, dovrebbe arrivare tra due settimane… Ma tra due settimane è finita la scuola! Prof, come mai ha abbandonato la lezione? Scusate ragazzi, ho la scrivania al sole e mi si è surriscaldato il telefono; allora l’ho messo un attimo in freezer. Eccomi. Prof, oggi la connessione non va, la avviso, perché mia mamma e mio fratello usano il computer e io ho dovuto cambiare stanza e lì prende a scatti. Possibile che ci sia sempre qualcosa che non funziona? Prof, ma quante tesine ha corretto nella sua carriera? Mah… quante… difficile dirlo… sai che non so… da secoli che non si fa più la tesina…bah… Altre domande? Prof, va bene se faccio una foto e le mando il compito via mail? Eh! Ma così devo setacciare il web per trovare i compiti! Va bene, manda. Grazie prof.

Ma chi è che abbaia? Il mio cane prof! Puoi mettere in muto il microfono? Grazie! Vuoi fare tu la frase numero 4 di analisi logica? Di che libro prof, antologia?! Ma tu dove sei stato fino adesso, scusami? Sono qui prof. Ragazzi vi scrivo perché sono al Pronto Soccorso… mio figlio ha un dito rotto e lo stanno ingessando. Non ce la faccio a collegarmi per le due, facciamo alla mezza! Tranquilla prof, la aspettiamo. Ragazzi, visto che oggi è andata così con la storia del gesso, sospendiamo la lezione o vi spiego la guerra fredda? Va bene storia prof, a che pagina? Quanto dura l’esame online prof? Mah… più o meno… dai, che dire?! Suppergiù… mai fatto, per quello che… Ma perché mi dovete fare sempre queste domande?! Prof, posso telefonarle dopo che le spiego una cosa? Certo. Ecco prof è successo che durante l’ora di matematica, io… e allora la prof mi ha detto che… quindi cosa devo fare?! Senti, la chiamo io, poi ci risentiamo. Grazie prof. Prof ci mette il link che entriamo? Un attimo che chiedo a mio figlio… Prof basta che lo seleziona, poi lo copia e incolla su classroom. Ah ecco, grazie. Di niente prof. Prof, posso dirle una cosa? Certo. Il brano di antologia che abbiamo letto proprio non mi è piaciuto; ma che problemi ha il protagonista per farsi sempre la stessa domanda? Guarda che l’autore è Grossman, uno dei più letti! Poi devi considerare il contesto, vedere il libro come si snoda e come prosegue la storia! Comunque hai ragione. Ah, prof, ancora una cosa. Sì? Sa quanti giorni mancano alla fine della scuola? No. Nove. E allora? Era così per dirglielo… Beh, tenetemi aggiornata.

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RING di Fiorenzo Degasperi

scempi ed esempi ADDIO A NERIO FONTANA: DIEDE SCACCO MATTO AL FLUIRE DEL TEMPO OPTANDO PER UN TEMPO INTERIORE

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n tempi in cui la cultura parla con l’affanno della solitudine, dobbiamo annoverare la scomparsa, a 89 anni, di Nerio Fontana, artista a 360°, pittore, grafico, fotografo, scultore. Il suo studio a Borgo Valsugana, affacciato sulle agitate acque della Brenta, rimarrà silenzioso così come rimarrà un vuoto durante gli eventi culturali dove la sua presenza era immancabile. Lui c’era sempre, con il suo passo tranquillo, con le sue oscillazioni di avvicinamento per “vedere” l’opera. I suoi dondolii mi richiamavano alla mente gli ebrei al muro del pianto a Gerusalemme, dove l’oscillazione del busto accompagna la recitazione delle preghiere rituali. Il movimento aiutava Nereo a concentrarsi mentalmente e fisicamente – ultimamente la vista lo stava abbandonando –, a partecipare anche con il corpo all’oggetto del desiderio che gli stava di fronte. Il tutto accompagnato da un mormorio teso a rimarcare qualche difetto, o a lodarne le capacità compositive, o – e ne aveva ben donde – far notare che lui quelle cose le aveva sperimentate già tanti anni fa. Lui che aveva appreso l’arte di essere “artista” all’Accademia di Venezia, affinando il suo operare a Bassano del Grappa, nelle fucine dove sapienti manipolatori sapevano dar forma all’informe, creando plastiche in terracotta e originali mobili-sculture. Nell’arte della fotografia è stato uno dei più creativi rappresentanti di questa tecnica, sapendo unire con intelligenza le varie arti, contaminando lo scatto con lo sguardo pittorico del soggetto, cercando di coniugare il click con la plasticità e i volumi del mondo altrimenti bidimensionale della fotografia. 10

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RING La fotografia è stata una passione nata quando lo zio, parroco di un paese sul lago Ontario, in Canada, regala al padre una Kodak folding - sono gli anni Cinquanta -, figlia della contemporaneità, specchio ‘oggettivo’ della apparente realtà, non lo imprigiona. Per anni, dopo aver acquistato la sua prima macchina fotografica, una Ikoflex della Zeiss, con la quale ritrae amici ed amiche, lavora sulla realtà padroneggiando benissimo sia le tecniche di ripresa che quelle di camera oscura sfuggendo al contempo da essa. I temi sono ricorrenti e quasi ossessivi: la donna, la maternità, i cavalli, i tori, per via della loro plasticità, qualche autoritratto. L’uomo, inteso come sesso maschile, è estromesso dal pianeta in cui vive Nerio Fontana. Se appare, come in alcuni autoritratti, è superata la scissione tra il fuori e il dentro. Si sorprende mentre lavora. Malizioso sguardo, interessato più alla sua espressione stupefatta di fronte alla modella, al soggetto, che non alla fisica presenza. La quale può risultare ingombrante. Le icone messe in scena sono l’isola felice dove si narrano ancora le storie della bellezza e del senso dell’esserci. Tra le contraddizioni della vita e le deformazioni, o frantumazioni in giuochi ironici e caricaturali dell’arte del nostro tempo, l’artista contrappone la sua visione dell’essere concepito come unità centrale. Se l’arte si muove in un labirinto dove l’esito è la caduta di ogni rapporto intrinseco tra l’Io e il proprio soggetto o prodotto, Nerio Fontana non si fa investire dal “decentramento” e non si fa spezzare il proprio ordine in una molteplicità di analisi squisite del particolare ma effimere. Il contesto propriamente reale lo aiuta a sorreggersi nella vita quotidiana -fatta di contingenza immediata e di fantasia infinita - evitando giocose o evasive compiacenze. Ogni volta che Nerio Fontana traccia un segno, depone un colore, scatta una fotografia, modella la materia, ripete un gesto che lo riporta all’origine, al primo gesto compiuto nella sua vita, proprio in quel tempo, ab origine. Ciò che egli fa oggi è già stato fatto, la sua vita è la ripetizione ininterrotta di gesti inaugurati all’inizio della propria vita. Questa ripetizione cosciente di gesti paradigmatici determinati tradisce una ontologia originale. Il gesto acquista senso, realtà, solamente nella misura esclusiva in cui riprende un’azione primordiale, antica, originaria. E allora Nerio Fontana dà scacco matto al fluire del tempo optando per un tempo interiore, individuale, psicologico piuttosto che un tempo religioso, sociale, un tempo misurabile. Nonostante questo sprofondare nel flusso dei desideri ossessivi per sfuggire alla sovranità della morte, la pelle diventa sempre più una mappa geografica della propria vita, segnata dal tempo, la vista si ritira lasciando sempre più spazio alla memoria. Allora il disegno, più di qualsiasi altra tecnica, rimane caparbiamente una testimonianza improrogabile per il carattere di Nerio Fontana. Fogli bianchi servono come tavola su cui l’artista imbandisce in ogni momento grandi segni: essenziali, sintetici. Sono storie e sensazioni oramai digerite. Ma basta un segno per far ripartire la fantasia.


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Waterfall Varone Cave Park

PARCO GROTTA CASCATA VARONE Dal 1874

Parco Naturale e Giardino Botanico

Natural Park and Botanical Garden

La cascata del Varone è una vera rarità geologica. Una forra naturale erosa in 20.000 anni dall’acqua proveniente dal lago di Tenno che precipita fragorosamente da un’altezza di quasi cento metri.

Waterfall Varone is a real geological rarity. A natural gorge eroded over 20,000 years by the waters from Lake Tenno which rumble their way down from a height of almost 100 m.

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RING di Pino Loperfido

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ABBRACCI, STRETTE DI MANO, SGUARDI, ECC.: TUTTI I GESTI CHE CI INFASTIDIVANO E CHE ORA CI MANCANO DA MORIRE

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rima non ci si faceva caso. Ad ogni incontro si tendeva il braccio in avanti, si apriva il palmo, e si incastrava la propria mano in quella di chi in quel momento si aveva di fronte. “Stretta di mano”, la chiamavano gli antichi, quelli del mondo di prima. Adesso ci si fa caso, invece. Incontrare qualcuno, dopo questa specie di piccola catastrofe, ha significato anche questo. Far caso ai gesti, ai movimenti mediante i quali comunichiamo, interagiamo – e talvolta ci doniamo – agli altri. È accaduto dapprima guardando in tv serie, film, pubblicità o servizi girati prima del fatale marzo 2020. Vedere persone che con tanta disinvoltura si abbracciano, si danno la mano, si toccano o – addirittura! – si baciano, ha creato nello spettatore una strana sensazione di disagio. Una sorta di pornografia dei gesti capace di scandalizzare, sebbene si trattasse solo di innocenti movimenti, quasi inconsapevoli, che il corpo umano scatenava in determinate situazioni di interazione. Per assurdo si potrebbe pensare che tra le cose a cui la

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pandemia ci ha costretti finalmente a far caso ci sono anche questi “toccamenti”, questo passaggio di virus, batteri e quant’altro che si aziona nel momento in cui ci si dà la mano o ci si fa una carezza. (E che leggero ribrezzo nel pensare che quando capitava di parlare con qualcuno a distanza ravvicinata si dava il via quasi sempre ad una migrazione incrociata di microrganismi. Sì, insomma, ci si sputacchiava reciprocamente in bocca…) Sì, dice: adesso si fa così. Ci si parla attraverso un computer. Si fanno le videoconferenze: quelle baraonde in cui sullo schermo compaiono una serie di facce pixellate che parlano una sopra l’altra. C’avete fatto caso, anche lì, a come talvolta sia proprio lo sconcerto il nostro sentimento principale? L’innaturalità di quel tecnologico appropinquarsi al prossimo è evidente. Non solo. Il nostro cervello non l’accetta una situazione del genere proprio perché da decine di migliaia di anni il rapporto con l’altro prevede alcuni elementi imprescindibili all’esperienza. Lo scenario, ad esempio. Parlare con qualcuno di cui vediamo solo il volto ritagliato, magari inquadrato malissimo, quasi irriconoscibile, con l’audio che va e che viene: parlare a questo modo è disumano perché non ci sta niente “attorno” a quel viso, le componenti essenziali della realtà latitano. Senza contare poi la mimica facciale – che lo schermo non rende mai abbastanza – o la gestualità, di cui siamo privati dacché in un pc l’homo sapiens ha “perso” arti inferiori, parte del busto e gran parte di mani e braccia. Non ci sono i silenzi, conditi di sguardi, componenti fondamentali di un incontro. Chissà perché, davanti ad un monitor, è l’ansia a dettare i tempi: si alza la voce, si parla velocemente, non si sta zitti un momento. Ma soprattutto, non ci si può toccare. E se prima ci dava fastidio l’amica o l’amico che ogni volta che ci incontrava ci abbracciava, dandoci baci sulle guance come se fossimo al terminal delle partenze in aeroporto anziché sul pianerottolo del quarto piano, se prima alzavamo gli occhi al cielo, mentre la nonna o la zia ci rimetteva mille volte a posto quel ciuffo ribelle, oggi ci vediamo costretti a rimpiangere tutto ciò. Proviamo nostalgia di quanto – fino a non più di tre mesi fa – ci dava un fastidio enorme. Ma come diavolo è possibile?! È bastata dunque una momentanea privazione a farci cambiare idea? A ribaltare pluriennali abitudini e preferenze? «Non vedo i miei figli e i miei nipoti da più di un mese – raccontava, il mese scorso, una nonna –, da quando tutto è iniziato. Hanno paura di infettarci, loro ci amano, quindi per ora non ci incontriamo. L’altra notte ho sognato di abbracciare le bambine. Mi mancano tanto il contatto fisico, gli abbracci, i baci, stavano molto a casa con noi». Allontanandoci, costringendo il genere umano al distanziamento, coronavirus ci ha adesso paradossalmente riavvicinati, proprio perché ci ha fatto capire quanto certe strette di mano e certi abbracci fossero importanti per noi. Quanto fossero in effetti “essenziali” per la nostra vita. Eppure – guarda un po’ – non ci facevamo più caso.


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RING di Fabio Peterlongo

di Denise Fasanelli

blues di provincia PICCOLE IMPRESE, GRANDE PROBLEMA: I BAR, AD ESEMPIO...

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corrono le immagini della ritrovata “movida” anche in Trentino. E due sono le sensazioni che si provano. Da una parte il terrore che le persone non abbiano compreso la precarietà della vittoria conquistata contro il coronavirus. Una vittoria apparente perché il virus è ancora lì, in agguato come un mostro nell’ombra. Dall’altra ci si concede la speranza, appesa a un filo, che le misure di distanziamento siano sufficienti a tenere confinato il mostro. Ancora non sappiamo se funzionerà. Certamente non rassicura ciò che è accaduto in Corea del Sud, dove un singolo 29enne è riuscito a contagiare 90 persone nel corso di una serata di divertimento tra pub e discoteche. In ogni caso, per evitare la distruzione di un settore economico che dà da vivere a migliaia di persone, è arrivata anche in Trentino la “fase 2” per bar e ristoranti. Si può riaprire, fino a un nuovo ordine che speriamo non arrivi mai. Bar e ristoranti sono i sorvegliati speciali sia sotto il profilo sanitario sia sotto quello economico, perché preoccupa la struttura stessa di queste micro-imprese. L’impressione è che siano francamente troppe per reggere una domanda che non c’è più e chissà quando tornerà. Qui nel mio quartiere a Trento, ci sono quattro bar nel raggio di 50 metri, otto bar nel raggio di 100 metri, quindici nel raggio di 200 metri. E non parliamo certo di un quartiere turistico, tutt’altro. Questi bar, pressoché uguali, spesso senza storia, sono sempre semi-vuoti in tempi normali. Figuriamoci in tempi di pandemia. Quanti di questi bar sono necessari? Si andrà verso una dolorosissima selezione darwiniana dei bar più essenziali? Alcuni volenterosi imprenditori - spesso giovani - hanno costruito nel corso degli ultimi due decenni quella che somiglia ad una “economia del superfluo”, complici alcune liberalizzazioni poco sensate e una proliferazione del franchising, che consente di “aprirsi un bar“ con poche migliaia di euro. E adesso quante imprese salteranno per aria, lasciando a casa tantissimi lavoratori? E qui la responsabilità è del decisore politico: perché nessuno ha imposto agli aspiranti imprenditori di fare il passo conforme alla gamba? Quanta cassa integrazione dovremo pagare a questi lavoratori perché nessuno ha dato dei limiti a questo micro-capitalismo? È stato detto ampiamente: «Se non riapriamo, anziché morire di virus, moriremo di fame». È possibile e rischia di essere una profezia fin troppo facile da vaticinare. Ma aver costruito nei decenni passati un’autentica mitologia della “piccola impresa”, del “piccolo è bello”, rischia di rivelarsi un grande problema. 14

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lost in glocal NUOVE E VECCHIE COMPAGNIE, TRA NOSTALGIE E QUARANTENA

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uongiorno, arrivo!” Sorride bonaria, si tiene prudentemente al corrimano, traballa sulle anche mentre scende le scale esterne in cotto per andare incontro al corriere che l’aspetta pazientemente, all’ombra del vecchio androne a botte della casa. La signora Virginia ha una gran voglia di parlare, la solitudine di questi tempi incerti non l’ha cambiata. Quei vecchi muri scrostati e gli innumerevoli vasi di piante e fiori posti nella corte, sono abituati alla sua voce squillante e gioviale, ai suoi gesti gentili e premurosi. Vuol sapere dal giovane spedizioniere se gli piacciono le rondini. Glielo chiede agitando una mano sopra il capo in un gesto circolare. Il giovane alza la testa, guardandosi intorno non può non notare i numerosi nidi aggrappati a grondaie, muri e sottotetti. Uno gli è talmente vicino che riesce a scorgere la colorazione di un becco far capolino, per poi scomparire rapido e timoroso. “Certo, signora! Sono belle” le sorride di rimando da sotto la mascherina, togliendosi il cappellino della ditta. Sono tornate, come ogni anno, ai loro rifugi a coppa da cui sbucano chiassose e repentine. A Virginia non importa se sporcano, non le è mai pesato dover faticare un poco a pulire: “Son di compagnia”. Anche le donne anziane dal viso di bambina come Virginia son di compagnia, lei che getta parole buone e allegre tutt’intorno, agita le mani per mimare le parole ed ha guance che si arrotondano se ride, e lo fa spesso, muovendo tutto il corpo morbido. Al ragazzo racconta la storia del berretto di suo padre: un uomo cieco con cui condivideva il carattere affabile e gioviale. Il vecchio era solito concedersi una pennichella pomeridiana e lasciare quotidianamente il suo cappello sotto quel volto, dove il corriere ora ascolta l’anziana signora intenerito, cercando di immaginarsela bambina. Qui, sulla sedia all’ombra fresca della corte e delle cantine, le rondini sbeccavano puntualmente la sua visiera annunciandogli l’arrivo di quell’attesa primaverile compagnia che lo metteva di buonumore. “Passava i pomeriggi assolati a fischiettare qui sotto” conclude Virginia, mentre al corriere sembra di sentirne l’eco rimbalzare su quei muri. Una storia risaputa, vecchia di cent’anni che le stringe il petto e le vela gli occhi di una quieta nostalgia, di quando ragazzina imparava a fischiettare saltellando intorno al padre, per imitare quelle rondini allegre che giocavano con il vento, accecate da chissà quale bramosia tra trilli e bisbigli. Una storia vecchia sì, che ogni anno torna da Virginia e le regala sorrisi. Anche quello del corriere che se ne sta, ora, con il naso all’insù e non scappa via rapido e freddo come al solito.


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RING di Stefano Margheri

caninamente È UNA RIPARTENZA ANCHE PER LUI E DOVREMO ESSERE CAUTI

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inalmente si riparte, almeno per quel che riguarda la “Fase due”. Questo significa che potremo riprendere molte delle abitudini di sempre, tra le quali vi sarà anche il vivere il nostro cane senza il dogma delle restrizioni precedenti. Sarà, così, concesso ritornare al parco, allargare i confini delle passeggiate in città ed aumentare i tempi di permanenza fuori di casa. Per quanto possa sembrare strano, anche il nostro amico, a seguito della “quarantena” subita, potrà presentare qualche momento di disorientamento, non fosse altro per il ritrovarsi circondato da una molteplicità di stimoli sino a ieri assai ridotti per numero e tipologia. Nella maggior parte dei casi si tratterà di eventi già conosciuti nei mesi ed anni precedenti, e questo agevolerà di molto la sua stessa consapevolezza cognitiva. Eppure, come detto, le prime risposte potranno apparire strane, o inadeguate, potendo chi abbiamo a fianco manifestare timore o alta reattività. Egli vivrà, in altre parole, un processo di riadattamento temporaneo chiamato “sensitivizzazione”, da non confondersi con la patologica “sensibilizzazione”. Infatti, ogni espressione di conoscenza, ovvero di ritorno alla conoscenza, di un determinato contesto, richiederà a qualunque soggetto vivente un certo tempo di riallineamento sensoriale, emozionale e cerebrale. Perché ciò avvenga nei giusti modi dovremo avvalerci di una nuova fase di apprendimento “per esposizione”, limitandoci a ricollocare chi abbiamo a fianco in modo progressivo, costante e non imposto. Sarà, quindi, da evitare la ripresa di quello che si faceva prima ad uguale intensità, attendendo piuttosto che le immagini del mondo ritornino ad essere nitide. Il primo consiglio riguarderà la passeggiata, la quale dovrà essere svolta in totale tranquillità, a guinzaglio rilassato, e senza iniziali richieste. Da che mondo è mondo il camminare produce una sorta di sicurezza “extra deambulatoria”, mettendo in giusto equilibrio corpo e mente. Se notassimo qualche momento di incertezza, ovvero di reazione alterata, procederemo innanzi come se nulla fosse, evitando di rimproverare e di utilizzare segnali di tipo vocale. Al contrario, se il nostro amico si metterà ad annusare, lo lasceremo fare, essendo per lui l’olfatto il senso per eccellenza di lettura, verifica e rassicurazione. Se la vista porta in sé lo scopo di orientare, sarà il naso a rendere pratica l’esplorazione e niente sarà più potente del trasferire al cervello le molecole olfattive presenti nell’ambiente. Sempre nel corso del camminare potremo decidere

RING di introdurre brevi pause di ricognizione, in modo da consentire lo scatto di altre fotografie. Portando con noi alcuni premi di alta appetibilità, e dopo aver raggiunto un sufficiente stato di tranquillità, al cane potrà essere richiesta l’esecuzione di comportamenti ben consolidati nel tempo, nonché facili da svolgere, come il sedersi o il dedicarci l’attenzione visiva. Ottenute le giuste risposte, lo loderemo ricompensandolo per quanto fatto, nonché riprendendo la passeggiata. In questo modo, egli avrà potuto collegare l’ambiente circostante con il piacere gustativo, aumentando le probabilità che la volta successiva il desiderio di uscire aumenti a dismisura. Se, poi, ci troveremo in un’area circoscritta e recintata, potremo lasciarlo in totale libertà evitando, le prime volte, di richiamarlo a noi. Infatti, i tanti giorni passati in “clausura” avranno reso latente il bisogno di correre qua e là, e il richiedergli di raggiungerci potrà essere considerato un fastidioso “rumore”. Al contrario, attenderemo che sia lui a ricongiungersi, premiandolo per ogni scelta di riavvicinamento. A conclusione delle corse liberatorie, ci avvicineremo come se nulla fosse, riprendendo la passeggiata al guinzaglio. Un ulteriore suggerimento riguarderà il rimanere a casa ad aspettarci quando ci recheremo al lavoro. Sarà importante aver simulato nei tempi di esilio forzato alcuni allontanamenti senza di lui e, se non lo avessimo fatto, introdurremo nuovamente il distacco in modo graduale. Perché ciò non risulti traumatico, lo faremo sempre a conclusione della passeggiata e dopo aver dispensato il pasto della giornata; se non ci troveremo in prossimità della colazione o della cena, ovvieremo lasciando a disposizione qualche gioco di gomma ripieno di crocchette inumidite, oppure di altro alimento altamente gradito al palato. Raggiunta la totale tranquillità, ci allontaneremo per un tempo sempre maggiore, senza profferire parola né all’andata, né al ritorno. A breve, il nostro amico avrà riacquisito l’autonomia perduta. Essendo il cane un animale abitudinario, le fasi di uscita, divertimento, pasto, riposo e sonno dovranno essere cadenzate nel tempo sempre allo stesso modo, al fine di agevolare il ritorno alla normalità. La necessità di regolarità degli eventi permetterà ad ogni cane di manifestare una dote che lo caratterizza da tempi ormai lontani, intesa come naturale predisposizione a rendersi “plastico” rispetto ad eventi e situazioni nuove, o riprese dopo un certo lasso temporale. Se saremo stati attenti e costanti, entro all’incirca due settimane, la “sensitivizzazione” avrà lasciato il posto all’abituazione e tutto ritornerà alla normalità, quasi i restringimenti precedenti non si fossero mai verificati. Infine, se nel tempo della “pandemia” fosse arrivato in casa un cucciolo, le regole indicate dovranno essere osservate con estrema precisione. Non avendo egli aver potuto conoscere il mondo nelle fasi naturali del primo periodo “critico”, l’esposizione alle diverse condizioni ambientali dovrà essere gestita in modo dettagliato, evitando l’insorgenza di sgradevoli paure. lamiaellie@gmail.com 15

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RING di Silvia Tarter

verde ostinato IN QUARANTENA? SI BUTTA VIA MENO CIBO. ECCO COME LA PANDEMIA HA RIDOTTO LO SPRECO ALIMENTARE

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e è vero che la quarantena ci ha insegnato qualcosa, una di queste è certamente a sprecare meno cibo. Secondo un’indagine di Altroconsumo, infatti, la percentuale di cibo sprecato in Italia è drasticamente diminuita negli ultimi mesi. Nella spazzatura è finito un bel 41% in meno di cibo. A che cosa lo si deve? Certo, ovviamente la chiusura di bar, ristoranti, alberghi ha inciso moltissimo sulla portata dello spreco alimentare, ma in aggiunta a questo, pare che anche le abitudini dei consumatori siano cambiate, per lo meno durante i momenti più acuti della pandemia. La chiusura forzata ci ha infatti portato a riavvicinarci ai fornelli, cucinando un 49% in più e di conseguenza finendo con il mangiare (per il 35%) in più. Abbiamo comprato meno prodotti freschi (22%) per ovvi motivi legati alla riduzione delle uscite anche per la spesa, e più surgelati e prodotti confezionati. Il dato positivo però è legato appunto al fatto che abbiamo consumato tutto o quasi, quello che di volta in volta abbiamo acquistato, tanto che, stando ai dati di Altroconsumo, nel 95% dei casi quasi nulla o molto poco è finito nella pattumiera dell’umido. Questo perché abbiamo imparato, per forza di cose, ad organizzarci, pianificando maggiormente i pasti e tornando a stilare la cara vecchia lista della spesa, in modo da comprare solo ciò che è necessario, senza farsi troppo ammaliare dai prodotti in promozione o da tentazioni varie ammiccanti sugli scaffali dei supermercati. Siamo stati dunque tutti più virtuosi, soprattutto nel Nord-Est d’Italia, dove la percentuale di chi ha dichiarato di aver sprecato meno cibo arriva al 76%. In realtà l’Italia è già un paese più virtuoso di altri,

su questo versante, ma naturalmente, si può sempre migliorare! Secondo uno studio effettuato su alcuni paesi europei, ogni settimana, una famiglia italiana butta circa 400 grammi di cibo, per un valore di circa 5 euro, un totale di 15 miliardi all’anno, lo 0,88% del Pil. In altri paesi la portata dello spreco è decisamente maggiore. Forse perché tutti abbiamo ancora in mente quello che ci dicevano le nostre nonne, ovvero, “sprecare il cibo è peccato”, o ancora “mangia, che in Africa i bambini muoiono di fame”! Però possiamo fare ancora di più e meglio, perché lo spreco di cibo ha davvero un enorme impatto ambientale, oltre che economico. Il cibo che noi con tanta nonchalance gettiamo nel bidoncino dell’organico ha richiesto infatti parecchia acqua ed energia, per essere coltivato (o allevato), confezionato e trasportato. Pensiamoci quindi prima di buttare qualcosa. Anche perché molto spesso finiamo col buttare prodotti ancora buoni. Ad esempio questo accade coi prodotti scaduti. Spesso facciamo ancora confusione con le diciture: da consumarsi preferibilmente entro e data di scadenza. La prima infatti indica un “termine minimo di conservazione”, ovvero consente di consumare quell’alimento anche dopo che si è superata la data; ne risentiranno magari alcune caratteristiche nutrizionali e organolettiche ma di certo non la nostra salute. È il caso di prodotti come la pasta, il riso, il caffè. Altri prodotti invece non scadono proprio mai, come il miele. Quindi, prestiamo più attenzione anche alle scadenze! Infine, se abbiamo avanzato qualcosa che è ancora buono, possiamo pur sempre reinventarlo creativamente. Durante la quarantena, sempre secondo Altroconsumo, il 33% in più degli italiani ha infatti imparato a riutilizzare maggiormente gli avanzi per preparare nuovi piatti, specie con il pane secco – l’alimento in cima alla lista dello spreco alimentare per quantità – ma anche le verdure, avanzi di piatti, pezzetti di formaggi abbandonati tristemente nel frigo… Se ci pensiamo poi, la cucina degli avanzi viene promossa anche da grandi chef come Barbieri. Vogliamo essere da meno? Certo che no, ora che ci siamo riscoperti tutti, o quasi, chef! E poi cucinare gli avanzi permette di riscoprire tanti piatti della tradizione, nostra, ma anche di altre regioni. Non solo gnocchi e canederli quindi, ma anche bruschette, panzanelle, zuppe di verdure, frittate di pasta, polpette e chi più ne ha più ne metta, largo alla fantasia! 17

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trentinoildialettoinforma di RENZO FRANCESCOTTI

il dialetto in-forma NO GH’ È NESSUN CHE ZIFOLA PU

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l zifol è lo zufolo, ma anche il fischio, lo sibilo. E da zifol si sono sviluppati altre parole altri sostantivi come zifolot, zifolin, zifolina, zifolada o il verbo zifolar… El zifol è un oggetto concreto che con un minimo di manualità e di materiale (una canna) quasi tutti i ragazzi di campagna d’una volta si sapevano fare, ma che i ragazzi supertecnologici di adesso non si saprebbero costruire. Ma el zifol è anche il fischio, e qui per farlo non occorre neanche un pezzetto di canna, né alcuna manualità: è a costo zero, a manualità zero, ce l’hai sempre con te, non lo perdi mai, ce l’hai in bocca, basta solo che impari un tecnica…“ “Ma no l’è miga fazil emparar a zifolar…”. ”D’accordo: si sa che è difficile imparare a fischiare bene. Non dico a fischiare con due dita, negli stadi: ma a fischiettare arie musicali. E la cosa più difficile ancora è fischiare imitando il canto degli uccelli. Qui occorre essere degli artisti. C’erano certi uccellatori (ma si sa che ce ne sono ancora) così bravi da ingannare gli stessi uccelli, così bravi da attirare gli uccelli…”. “E ‘po sbaraghe!” “Purtroppo. Io non lo farei mai: gli uccelli sono per me le creature più belle, più libere, più gioiose del mondo…”. “Secondo mi, sior professor, magari no i era gnanca tant bravi a imitar i osèi: secondo mi i osèi i ghe se svizinava pensando: chi èl quel mona che ‘l canta cossì stonà?!” “Continuando a parlare dei termini dialettali che sono derivati da zifol, c’è da dire che zifolot non vuole solo dire fischietto, come quello usato dagli arbitri o dai vigili ur-

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bani, ma in senso figurato significava spia. Così anche zifolin…”. “Enveze zifolina l’è la gamba del sgherlo, pordiàol. Chissà perché i la ciamava cossita. Forsi perché se un el gaveva na gamba pu corta de l’altrae el zifolava per desmentegar…”. “Non sempre si può risalire all’origine di un temine o di un modo di dire. A volte si possono solo fare delle ipotesi…”. “Alora mi fago l‘ipotesi che quel lì che ‘l gaveva na gamba sgherla, ma che no ghe piaseva che i lo ciamassa cossì, per desmentegar el cantassa: e col zìfolo del vapore la partenza de lo mio amore. E alora gh’è vegnù ’n ment: eco come ciamarla, gamba zifolìna: gamba che la fis’cieta per desmentegarse che la è sgherla…”. “Mi sa che tu hai troppa fantasia… Ma perché ti agiti così con quella gamba, ce l’hai zifolina?” ”El scusa, professor: l’è perché me scampa na zifolada. Vago, entrà ‘n moment. Ma prima me piaserìa farghe na domanda: per coss’ èlo che no gh’è nessun che zifola pu?” “Nessuno fischietta più?” “Ma sì, nessun zifola pu. Galo fat caso? Na volta se sentiva zifolar dapertut, veci e zóveni e anca qualche putèla. Gh’era na canzon de moda e te sentivi entorno cantarla o zifolarla. L’era el dopoguera, la zent la era pu poreta, ma l’era contenta: la zifolava. Adess no te senti pu nessun zifolar: tempi duri per i zifoladori! Ben, adess propi me toca nar: farò na zifolada sora la zifolada!” renzofrancescotti@libero.it


trentinoarte di ROBERTO PANCHERI

taccuino d’arte VITA E MORTE DI UN CAVALIERE TEUTONICO Un ritratto del conte Felice Ferdinando d’Arsio e la sua tomba a Revò

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ul fianco meridionale della chiesa di Santo Stefano a Revò sono murate tre antiche lastre tombali. Le ricordo fin da quando frequentavo la vicina scuola elementare: durante la ricreazione erano il bersaglio di sonore pallonate. Sono le tombe dei conti d’Arsio e Vasio, un’antica famiglia feudale oggi estinta, che prese il nome dagli omonimi paesi della Val di Non. Nella prima metà del Seicento un ramo del casato si trasferì a Revò, prendendo casa nell’attuale municipio e nel cosiddetto Castel Pez. A questo ramo appartenne Felice Ferdinando Carlo, i cui dati biografici sono stati precisati non molti anni fa da Bruno

Ruffini. Figlio del conte Sigismondo e di Maria d’Arsio, era nato a Revò nel 1675 e fu avviato alla carriera militare, mentre il fratello Francesco Guidobaldo divenne arciprete del paese. Nella sua storia dell’Anaunia pubblicata a Rovereto nel 1805, Jacopo Antonio de Maffei lo ricorda così: “Nel secolo scorso fiorì Felice Ferdinando Cavaliere dell’Ordine Teutonico, e Commendatore di Sterzing, Ciambellano, Consigliere imperial regio intimo, e generale dell’Elettore di Baviera; morì in Revò li 25 Settembre 1726 all’età d’anni 54. Nella chiesa parrocchiale esiste l’iscrizione sepolcrale”. La sua tomba c’è ancora: è la più consunta tra quelle che oggi si affaccia-

Ulrich Glantschnigg, Ritratto del conte Felice Ferdinando d’Arsio, olio su tela, 1709 circa. Lana, commenda dell’Ordine Teutonico

no sul sagrato. Lo stemma è ormai cancellato ma vi si può ancora leggere il nome. Un ritratto di Felice Ferdinando si trova nella commenda dell’Ordine Teutonico a Lana. Il dipinto è stato giustamente attribuito, per ragioni di stile, al pittore tirolese Ulrich Glantschnigg (1661-1722) e fu esposto alla mostra sull’artista allestita a Bolzano e a Bressanone nel 2013-2014. Nel relativo catalogo, tuttavia, è presente qualche imprecisione sul conto dell’effigiato: la nascita è indicata “nel 1680 circa nel castello di famiglia ad Arsio” e non sono specificati luogo e data di morte. Inoltre egli è presentato, anche nella versione italiana del testo, come Felix Ferdinand

von Arz, denominazione che lascia intendere la sua appartenenza al gruppo linguistico tedesco. La dicitura “Felix Graf von Arzt” compare peraltro nell’iscrizione apposta al dipinto, sotto lo stemma, dove si precisa che nel 1709 il cavaliere era titolare della commenda del suo ordine a Longomoso/Lengmoos. Come la maggior parte della nobiltà feudale trentina, il conte Felice Ferdinando d’Arsio era certamente bilingue, tanto che la sua famiglia utilizzava non di rado il titolo germanizzato di “Grafen von Arzt und Vasegg”. Ciò non toglie che la sua patria fosse Revò, nel principato vescovile di Trento, dove nacque e dove trovò sepoltura. ■

La tomba del conte Felice Ferdinando d’Arsio murata all’esterno della chiesa di Santo Stefano a Revò 19

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Direttore responsabile: Paolo Curcu [ paolo@trentinomese.it ] Direttore editoriale: Pino Loperfido [ info@trentinomese.it ]

SOMMARIO GIUGNO 2020 Ring

Progetto grafico: Fabio Monauni

Attualità 20

Editrice: Curcu Genovese S.r.l. Via Missioni Africane 17 38121 Trento Tel.  0461.1924988 Concessionaria Pubblicità: MEDIA ALPI PUBBLICITÀ S.R.L. Via delle Missioni Africane, 17 38121 Trento Tel. 0461.934494 Stampa: Litotipografia Alcione Lavis (TN) Registrazione Tribunale di Trento n. 536 - 21 dicembre 1991

STEFANO GIRELLI

24 FESTE VIGILIANE 26 GIOCHI DA TAVOLO 32 SERGIO MARTINI

[ fabio@curcugenovese.it ]

Redazione: Trentino Mese Via Missioni Africane 17 38121 Trento Tel.  0461.1924988

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6 COMMENTI 16 IL DIALETTO INFORMA 17 TACCUINO D’ARTE

In redazione: Cristina Pocher Hanno collaborato a questo numero: Susanna Caldonazzi, Fabio De Santi, Fiorenzo Degasperi, Denise Fasanelli, Renzo Francescotti, Stefano Margheri, Francesca Negri, Roberto Pancheri, Fabio Peterlongo, Silvia Tarter, Tiziana Tomasini, Andrea Vitali

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BRACCIA RUBATE ALL’AGRICOLTURA

40 CHI FERMERÀ LA MUSICA?! 42 HALBHERR, L’ARCHEOLOGO 47

ALBERT CEOLAN PORTFOLIO

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LOCANDA MARGON L’ITINERARIO DI TRENTINOMESE PATRICK ANG ANITA ANIBALDI

Panorama

74 SINCENSURA 76 SAMSA, NEL SEGNO DI KAFKA 78 L’UOMO NELLA BOTOLA 78 INDIGO DEVILS

Eventi on line COME ABBONARSI:

80 IL CARTELLONE

(un anno, 12 numeri a Euro 36,00) A mezzo BONIFICO BANCARIO CASSA RURALE DI TRENTO IBAN IT74 N083 0401 8040 0000 3378 540 PAYPAL: info@curcugenovese.it specificando “Abbonamento a TrentinoMese” BOLLETTINO POSTALE c/c N. 1040747758 Curcu Genovese TM Via Missioni Africane 17 38121 TRENTO DIRETTAMENTE PRESSO L’UFFICIO ABBONAMENTI Via Missioni Africane 17 Trento Tel. 0461.1924985 ufficioabbonamenti@trentinomese.it

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I MATRIMONI DEL MESE MATTEO COCO OMAGGIO A FLAVIO FAGANELLO #STRADAVINOTRENTINO BOND TAPIS ROULANT SOLIDARIETÀ “CREATIVA” L’INIZIATIVA BENEFICA DI MASTRO 7

Rubriche

94 LIBRI E LIBRERIE 96 LA RICETTA DEL MESE 97 #TRENTINOMESE CONTEST info@trentinomese.it www.trentinomese.it 21

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trentinoincontri

UN CAFFÈ CON

di Francesca Negri

STEFANO GIRELLI DAL TRENTINO ALLA SICILIA, A RITMO DI ROCK DOPO LA VENDITA DI CASA GIRELLLI SPA, STEFANO GIRELLI E LA SORELLA MARINA NON SONO STATI CON LE MANI IN MANO. OGGI SONO PROPRIETARI DI DUE AZIENDE VINICOLE A VITTORIA, NEL RAGUSANO, CITTÀ FONDATA NEL 1607 DALLA CONTESSA VITTORIA COLONNA HENRIQUEZ-CABRERA IN UN ANGOLO TRA I PIÙ AFFASCINANTI DELLA SICILIA, TRA I FIUMI IPPARI E DIRILLO, DISTESA SU UNA PIANA MOLTO FERTILE CHE DIGRADA VERSO IL MARE. OLTRE A QUESTO, HANNO FONDATO ANCHE THE WINE PEOPLE, UNA TRAIDING COMPANY CON SEDE A TRENTO SEMPRE NEL SETTORE ENOLOGICO. TRA LA PASSIONE PER L’ARRAMPICATA E QUELLO PER LA CUCINA, L’IMPRENDITORE PIÙ ROCK DEL TRENTINO SI RACCONTA…

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ai perché ho venduto Casa Girelli? Perché un giorno, tornando a casa dopo l’ennesimo viaggio negli Stati Uniti, mi sono accorto che non vedevo crescere i miei figli e perché non mi ricordavo più cosa volesse dire avere del tempo libero». Stefano Girelli, classe 1959, assieme alla sorella Marina nel 2005 è balzato agli onori della cronaca trentina – e non solo – per quella che in molti hanno definito «il great deal», ossia la vendita milionaria (la cifra non è mai stata dichiarata) alla cantina La Vis di Casa Girelli Spa, cantina di Trento fondata alla fine dell’800 che al momento della cessione fatturava 40 milioni di euro, con 20 milioni di bottiglie prodotte, e controllava F.W.I. (Usa), società di importazione e distribuzione negli Stati Uniti, e Villa Cafaggio, storica azienda viticola nel cuore del Chianti Classico. Girelli era proprietario anche di Santa Tresa, a Vittoria, nel ragusano, ed è da qui che è ripartita l’attività di Stefano e Marina: la Sicilia è stata un colpo di fulmine agli inizi degli anni Duemila, un amore a prima vista «per le sue enormi potenzialità ancora inesplorate e la possibilità di fare davvero viticoltura biologica», spiega Girelli. E così nel 2016 i Girelli a Vittoria acquistano anche un’al22

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trentinoincontri

Stefano e Marina Girelli tra le vigne dell’azienda agricola Cortese

Con uno dei suoi cani, di cui è grande appassionato

tra cantina, l’Azienda Agricola Cortese, oltre che fondare nel 2009 The Wine People, una traiding company con sede a Trento che ha come modello di business lo sviluppo di prodotti enologici – per lo più vini siciliani, toscani e pugliesi – direttamente all’origine e che all’estero rappresenta anche le due tenute siciliane di proprietà. Da 5 anni hanno fondato anche una società di importazioni nel Regno Unito, in partnership con un’azienda australiana e tre inglesi. Stefano, ma non aveva detto che ha venduto casa Girelli perché voleva lavorare di meno?

il bancomat, lavoravo e basta… E oggi invece? Quando inizia la bella stagione, se riesco lavoro 4 giorni a settimana perché voglio concedermi il tempo per andare in montagna ad arrampicare: il grande rammarico è di aver scoperto questo sport solo dieci anni fa. Amo la montagna in generale, sciare, andare in mountain bike, camminare. Sono nato a Trento e ho sempre vissuto qui per scelta. Ho girato moltissimo e la qualità di vita che c’è da noi non la trovi da nessuna altra parte. Penso che il Trentino sia uno dei luoghi più fortunati che esistano. Tranquillità, natura, per me che sono un patito dell’outdoor è come essere in un parco giochi per adulti. Abbiamo una natura che è fantastica… Cosa ci racconta dello Stefano Girelli ragazzo? A quei tempi in via Giovanni Prati, proprio sopra a dove oggi c’è il bar Università, ho vissuto in diretta tutto il fermento di Sociologia di quel periodo, il covo di lotta continua, Curcio… Lavoravo e studiavo Economia e commercio ma non mi sono mai laureato: avevo iniziato a lavorare con mio padre per guadagnare qualche soldo da spendere mentre facevo l’università, ma poi l’attività mi ha appassionato talmente tanto che ho mollato gli studi per dedicarmici completamente. Lavorare con mio padre era tutt’altro che semplice, ma con gli anni ho capito che le cose che mio padre mi ha fatto fare e che ho odiato immensamente, in realtà sono servite sia alla mia professione, sia

Stefano Girelli con i figli Priscilla, Giacomo e Tommaso

Infatti oggi lavoro molto meno di prima, credimi. Nel corso degli anni Casa Girelli aveva cambiato completamente la struttura: da quelli che “esportavano il vino”, cosa vista dalla gente quasi in modo dispregiativo, io e mia sorella siamo riusciti a cambiare le metriche, oltre che a crescere in maniera significativa, modificando l’offerta dei prodotti, cambiando approccio al mercato, introducendo il marketing, i marchi e così via. A quei tempi lavoravo minimo 14 ore al giorno, viaggiavo all’estero costantemente, talvolta anche tre volte al mese negli USA, non sapevo nemmeno usare

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trentinoincontri Fotografie: Jacopo Salvi

DOMANDE FISSE Il libro che sta leggendo? In periodo di lockdown niente di meglio che un super classico di Ken Follet, “La colonna di fuoco”. Piatto preferito Il risotto con i funghi porcini. Mi piace molto cucinare e i risotti sono il mio cavallo di battaglia. Adoro anche le cipolle, in tutti i modi. Due scorci dell’abitazione di Stefano Girelli

a formare il mio carattere. I primi due anni ho fatto di tutto in cantina, persino la pulizia delle bottiglie, ma oggi posso dire che so davvero come si fa ogni cosa. Il suo mantra è il biologico, anzi, la biodiversità. Sì, in effetti questo è un must per me e una delle cose che più mi hanno affascinato della Sicilia. Lì il clima è talmente favorevole che si riesce a crescere la vigna con interventi minimi e rigorosamente biologici. L’ultima tenuta acquistata, poi, era sempre stata condotta in regime biologico e così abbiamo trovato un patrimonio straordinario di genotipi molto diversi tra loro, vitigni incredibili, riscoperti, rinati. Ogni lembo di terra deve avere la possibilità di produrre e reagire secondo i propri ritmi, ed esprimersi nella sua unicità. Questa è l’essenza della biodiversità.

In questo contesto, le viti sono solo una parte del tutto. Dalla formica alla volpe, dai mandorli agli ulivi, ogni organismo e ogni pianta fa parte dell’ecosistema di Cortese e contribuisce all’unicità dei suoi vini. Peraltro, da pochissimi giorni siamo sugli scaffali dei supermercati Poli, quindi ora anche i trentini possono assaggiare questi nostri vini. Cosa ne pensa del mondo del vino trentino? I vignaioli del Trentino sono il faro del nostro territorio. Da Mario Pojer in giù sono davvero bravissimi e sono riusciti a fare squadra, penso anche ai ragazzi che hanno fondato Teroldego Evolution. Il vino trentino ha un grande potenziale, il problema è che è dominato dalle cooperative e per questo difficilmente escono delle eccellenze.

Il film del cuore Non ne ho, ma quello che ho visto di più in assoluto (14 volte) è “American Graffiti”. Cantante, compositore o gruppo preferito Viaggio molto nel rockettaro, tipo l’ultimo disco di Ozzy Osbourne, ma spazio abbastanza. Ad esempio, ho comprato da poco un disco di un concerto dal vivo dei Depeche Mode e ho scoperto che sono incredibili, ma senz’altro un vinile che mi sta a cuore è “In the End” dei Cranberries… da pelle d’oca! Se non avesse fatto quello che ha fatto, cosa avrebbe voluto fare? Difficile da dire, forse il medico. La cosa che le fa più paura. Lo scorrere del tempo, perché va troppo veloce. Bello sarebbe avere le giornate di 48 ore….se bastasse! Il suo sogno ricorrente. Non ne ho e non ne ho mai avuti.

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trentinoincontri

Girelli in una delle sue arrampicate, di cui è grande appassionato

Come uscirà il mondo del vino dalla crisi causata dal coronavirus? Uscirà cambiato. Bisognerà vedere come evolveranno i canali di distribuzione: di sicuro l’Horeca non tornerà più come prima, e le realtà appena nate penso che non ce la faranno ad andare avanti. Ma l’Italia si fonda sulla ristorazione e sulla cultura del cibo, bisognerà risorgere in qualche modo. Tutti, nel mondo del vino, si stanno buttando sull’eCommerce. Lei cosa ne pensa? È vero, lo shop online sta esplodendo ma non rimpiazza i canali tradizionali del vino, però sta insegnando al consumatore a bere in modo diverso. Con

Cortese, grazie al progetto di digital tasting one to one Vino à porter di cui tu sei l’ideatrice, abbiamo fatto una bellissima esperienza: hanno funzionato benissimo perché degustare a tu per tu è esattamente quello che serve al vino: è un prodotto che ha bisogno di essere raccontato e spiegato in modo molto diretto, altrimenti non se ne percepisce il valore fino in fondo. Lei ha tre figli, qualcuno di loro lavora con lei? Solo mia figlia maggiore, Priscilla, che ha 31 anni e si è laureata in architettura in Svizzera, da quasi tre anni ha deciso di mollare tutto e venire a lavorare con me. Giacomo, che ha 28 anni, fa un dottorato

in Astrofisica a Bologna, mentre Tommaso, 26 anni, sta facendo un dottorato di ricerca in Psicologia a Philadelphia. Ha ancora qualche sogno nel cassetto? Dal punto di vista professionale riuscire a far riconoscere al mercato un territorio così unico e speciale come Vittoria che da sempre sforna prodotti di assoluta eccellenza iniziando dal vino. Riuscire a mettere Vittoria e quella zona della Sicilia al giusto posto, con i riconoscimenti che meritano. Dal punto di vista personale, mi sto godendo quest’età per la libertà che ti dà di poter non accettare più compromessi e concentrarmi nel fare le cose che mi piacciono. ■

I fratelli Girelli nella loro tenuta Santa Tresa 25

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trentinoeventi

Feste Vigiliane RIPARTIAMO DA QUI! Lucio Gardin - responsabile spettacoli

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ontrariamente ad altri eventi, anche di respiro internazionale, che nelle ultime settimane a causa del Covid-19 hanno dovuto alzare bandiera bianca (basti pensare alle Olimpiadi o ai vari Festival del Cinema), il Comune di Trento ha deciso di non annullare le Feste Vigiliane. Il motivo di questa decisione, ce lo spiegano – con consapevole convinzione - Lucio Gardin e Marco Lazzeri, rispettivamente responsabile artistico e organizzativo delle feste. Come direbbe Antonio Lubrano, la domanda nasce spontanea: in questo periodo storico, che possiamo definire uno dei più bui della storia di sempre, ha senso organizzare un evento ludico? Se la domanda nasce spontanea, la risposta, al contrario, necessita

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di una riflessione. In una situazione economica e sociale come quella che stiamo vivendo è inevitabile finire con il caricarsi di un pessimismo sempre più ingombrante. Stiamo vivendo male, siamo tristi, abbiamo perso le speranze, non c’è lavoro, e l’unica certezza è che non abbiamo certezze. Tutto vero, ma siamo vivi. La maggior parte delle cose belle nel mondo sono arrivate da chi non si è arreso agli eventi ed ha alimentato la speranza. Seppure la paura e il pessimismo avranno sempre più argomenti (era così prima, figuriamoci adesso), la vita va avanti malgrado tutto. Per questo noi abbiamo scelto di cavalcare la speranza. E anzi, ci siamo impegnati per rendere queste feste ancora più divertenti, perché sorridere rimane la medicina più a basso costo di cui disponiamo. Il sorriso

A cura della concessionaria Media Alpi Pubblicità

LE FESTE VIGILIANE CI SONO, ANCHE QUEST’ANNO E ANCHE IN QUESTO MOMENTO DI EMERGENZA SANITARIA. GIOVEDÌ 25 E VENERDÌ 26 GIUGNO RITORNA QUINDI L’EVENTO DEDICATO AL SANTO PATRONO DI TRENTO


Ph Studio Panato

trentinoeventi è un farmaco libero, non serve la ricetta, e non porta beneficio a nessuna casa farmaceutica, ma arricchisce direttamente il paziente. Ci teniamo a sottolineare che questa edizione delle feste è possibile solo grazie alla grande disponibilità del Comune di Trento, che avrebbe potuto sospendere le Vigiliane come è avvenuto per altri eventi anche di maggiore rilevanza, ma che invece ha voluto sostenerle, dimostrando grande amore per la città. Che edizione delle Feste sarà questa? Beh oltre agli appuntamenti simbolo della tradizione, ci saranno tante novità, come i fuochi Piromusicali (di grande suggestione), oppure i Ciusi e i Gobj che non avranno nessuna disfida per la polenta ma si esibiranno in una gara per la condivisione della polenta, in un messaggio di collaborazione e non di rivalità. A proposito, per la prima volta nella loro storia, le due tv locali condivideranno un palinsesto con grande spirito collaborativo in una condivisione congiunta a reti unificate. Insomma sarà l’anno zero delle Vigiliane. E’ stato complicato organizzare un evento dovendosi attenere alle distanze di sicurezza? Beh sì. Il problema di fare riunioni con tante persone attorno a un tavolo dove tutti hanno la mascherina sulla bocca, è che non riesci a capire chi sta parlando. Vai per tentativi. E finisce sempre che insulti la persona sbagliata. A parte gli scherzi, è vero non è stato facile. E come farete per gli eventi, visto che non si possono creare assembramenti nelle piazze? Questa sarà una edizione da godersi alla tv e sul web. Infatti per garantire la massima diffusione senza rischi, gli eventi saranno trasmessi dalle reti televisive locali che per la prima volta nella loro storia hanno accettato di unirsi in un unico palinsesto (Rttr, Trentino Tv con i loro canali web) a dimostrazione che quando serve si possono mettere da parte personalismi e orticelli per il bene comune. Oltre a Rttr e Trentino Tv hanno dato la loro disponibilità anche Rai 3 e le principali radio (che faranno una diretta radiofonica). Quindi queste Vigiliane si potranno vedere anche da casa? Saranno le prime Vigiliane mondiali, già che si parla tanto di globalizzazione, perché attraverso il web ci possono seguire anche le numerose colonie di Trentini nel mondo, che abbiamo già contattato

e ci hanno detto che non vedono l’ora di vederle. Sarà una occasione unica per fare vivere le Feste non solo agli abitanti di Trento, ma anche chi risiede nel paese più lontano. Per questo chiederemo alle Proloco delle nostre valli di attivarsi per mettere nelle piazze dei paesi, laddove sia possibile naturalmente, uno schermo, per consentire a tutti i compaesani di assistere alle Vigiliane insieme. Come si faceva una volta quando ci si radunava in piazza per condividere la televisione. Naturalmente è pleonastico sottolineare che il tutto si potrà svolgere solo nel rispetto delle direttive di distanziamento. Il quartier generale delle Vigiliane 2020 sarà quindi uno studio televisivo? Non proprio. Trasmetteremo il segnale dal Castello del Buonconsiglio, da una delle più suggestive sale del castello, dove abbiamo allestito uno studio televisivo. Ci saranno un giornalista e una conduttrice eccezionale, orgoglio trentino, per ripercorrere i momenti più significativi e divertenti delle feste, con interviste e filmati di archivio. Abbiamo trovato dei video inediti, tipo quando le zattere furono costruite male e finirono sott’acqua o i fuochi d’artificio, per un malfunzionamento, finirono addosso al pubblico, fortunatamente senza alcun danno. Sarà inoltre un’occasione unica per fare conoscere il Castello a chi non ha mai avuto modo di visitarlo dal suo interno. A proposito, attraverso una medium abbiamo preso accordi con il fantasma del castello, che ha deciso di intervenire in diretta durante la trasmissione perché è rimasto in silenzio per troppi anni… Possiamo dire che questa sarà un’edizione “light” delle Feste? Sì, a patto che per “light” non si intenda senza sapore. Possiamo chiamarle “Light” perché sono più brevi, ma non perché sono meno saporite. Ah dimen-

Marco Lazzeri - responsabile organizzativo

ticavo, tra le novità ci sarà un doveroso omaggio a una delle categorie maggiormente colpite dalla pandemia: gli anziani. Il comitato organizzatore insieme ai volontari della Proloco del Centro Storico, porteranno una pianta di “nontiscordardime” legata ad una poesia in ogni RSA e APSP del Trentino. Questo fiore, secondo Plinio il Vecchio è simbolo di salvezza dal dolore e dalle sventure. Si tratta di un gesto simbolico. E nel pomeriggio di venerdì 26 porteremo uno spettacolo di Musicoterapia e divertimento in tutte le RSA riposo della regione. Allora in bocca al lupo. Grazie lunga vita al lupo. Noi ce la stiamo mettendo tutta affinché queste Vigiliane siano occasione per promuovere un messaggio positivo di speranza e unità. Come abbiamo detto, paura e pessimismo avranno sempre più argomenti, ma la vita va avanti, e in questo momento drammatico, ogni piccolo segno che riconduce alla normalità ci può aiutare. Lucio Gardin e Marco Lazzeri

Il Palio dell’OCA

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TUTTI A TAVOLA, IL GIOCO È PRONTO! di Fabio Peterlongo

IL MONDO DEL GIOCO DA TAVOLO IN TRENTINO, TRA CULTURA, PASSIONE E SOCIALITÀ. ORA CHE LA PANDEMIA HA MESSO IL FRENO ALLE ATTIVITÀ DI GRUPPO, GLI APPASSIONATI SI ACCONTENTANO PROVVISORIAMENTE DEL GIOCO ORGANIZZATO ONLINE, CON LA SPERANZA DI TORNARE A “SFIDARSI” FACCIA A FACCIA AL PIÙ PRESTO. SCACCHI, GIOCHI IN SCATOLA, BURRACO: IL DESIDERIO DELLE PERSONE DI STARE INSIEME ASSUME MILLE FORME 28

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trentinoattualitĂ

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trentinoattualità

L

a formula è semplice, antica e collaudata. Ciò che serve essenzialmente è un gruppo di persone, anche minuscolo. Ne possono bastare due. Poi serve qualche ora libera, un arco di tempo in cui concedersi il lusso di lasciare fuori tutti i pensieri. E serve un luogo: rifugio, nascondiglio, qualche volta “alcova”, altre volte “capanna sull’albero” come vorrebbe l’immaginazione di un bambino. Poi serve un gioco. E lì viene il difficile, se non l’impossibile: scegliere il benedetto gioco. Perché esistono tanti giochi quante personalità. Infine, fondamentale, un tavolo. E attorno a questo tavolo, quel gruppo di amici con quel gioco costruiscono un mondo di avventura e fantasia, di chiacchiere e scoperta, di ingegno, fortuna e calcolo. È il mondo - sospeso tra regole ed immaginazione, tra strategia e caso - dei giochi da tavolo. Ce ne sono letteralmente centinaia, forse migliaia: giochi di carte, giochi di ruolo, giochi di strategia, giochi di immaginazione, giochi di calcolo. Fino al re dei giochi da tavolo, talmente a parte che merita una categoria a sé: il gioco degli scacchi, che sono anche una disciplina sportiva che mette insieme la strategia, il calcolo, la memoria, l’immaginazione, la sfera emotiva. Abbiamo intervistato alcuni riferimenti in Trentino per il gioco da tavolo, con i quali abbiamo scoperto il fremente mondo dell’associazionismo che organizza serate, incontri, tornei, con l’obiettivo di promuovere lo spirito che trasforma questi “intrattenimenti” in occasioni di socialità e di scoperta, fino a diventare “stili di vita”. Un mondo che, come è intuibile, ha subito una brusca battuta d’arresto a causa delle restrizioni dettate dal coronavirus. Ridotti all’osso gli spazi di incontro e di condivisione, il mondo

Fasi di gioco di “Western Legends” 30

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Il gruppo dei soci Ludimus allo SmartLab di Rovereto

del gioco attende con impazienza di potersi sedere nuovamente al tavolo, gettando i dadi, scoprendo le carte o muovendo i pezzi della scacchiera, per riappropriarsi al più presto di questi gesti preziosi. «GIOCHI IN SCATOLA CONTRO LA SOLITUDINE DEI GIOVANI» L’Associazione Ludimus (con l’accento sulla prima “u”, come nella corretta coniugazione latina del verbo “ludo”, giocare) nasce quattro anni fa dall’idea di alcuni soci fondatori che condividevano l’obiettivo di far scoprire il vasto mondo del gioco da tavolo. Tra i fondatori c’è Mattia Larentis, studente di Informatica

Allo SmartLab, sorridendo si gioca a “Scythe”

all’Università di Trento: «Vogliamo far capire al pubblico che il gioco da tavolo non si limita a “Risiko” e “Monopoly”, ma comprende centinaia di titoli per tutti i gusti e le inclinazioni personali». Alle serate Ludimus (presso il bar Simposio di Trento e lo SmartLab di Rovereto) prendono ormai parte fino a un centinaio di giocatori, appassionati o semplici curiosi che vogliano trascorrere una serata diversa in compagnia: «È incredibile quanto sia difficile oggigiorno incontrarsi fisicamente, fuori dal mondo virtuale. In particolare la generazione dei giovani adulti cerca disperatamente un luogo dove incontrarsi, bere una birra, fare incontri da cui nascano amicizie e frequen-


trentinoattualità tazioni». La maggioranza degli utenti è infatti composta da studenti universitari, ma non mancano ragazzi più giovani, famiglie o persone più avanti con l’età, tutti “catturati” dai particolarissimi giochi da tavolo proposti: «Possiedo più di cento giochi - spiega Mattia - e cerco di proporre alle persone quelli più adatti alle loro caratteristiche personali. Ci sono le persone più competitive, quelle più rilassate, quelle più portate per i giochi matematici, quelle più portate verso i giochi di immaginazione. Non lasciamo scegliere mai il gioco agli utenti, ma li seguiamo per alcuni turni, in modo da spiegarne per bene le regole». Attualmente le iniziative di Ludimus sono sospese a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria: «Anche nei bar è complicato organizzare delle tavolate spiega Mattia - Occorre rispettare delle distanze che sono incompatibili con molti giochi. Cosa succede con lo scambio delle carte da gioco? E i dadi? Diventano veicolo di infezione? Per sicurezza abbiamo fermato tutto». L’emergenza ha portato a rivolgersi almeno temporaneamente ai giochi di società online: «Abbiamo attivato dei tavoli online per alcuni giochi in scatola e delle partite al noto gioco di ruolo Dungeons&Dragons via Skype, ma non è ovviamente la stes-

A sinistra, fasi di gioco durante una partita a “Dominion”. Sopra, un’altra partita a “Scythe”

sa cosa». Tuttavia Mattia non vede necessariamente una “concorrenza” tra i giochi da tavola e i giochi al computer: «Dipende tutto dall’educazione trasmessa dalla famiglia. È importante che i genitori educhino i figli alla cultura del gioco da tavolo, mostrando come non siano affatto statici e noiosi. È vero che soprattutto per i bambini i videogiochi sono più stimolanti dal punto di vista sensoriale, ma ci sono giochi da tavola straordinari, con colori meravigliosi e parti meccaniche che si muovono. La differenza essenziale tra i giochi elettronici e i giochi da tavolo è che spesso i primi sono molto intuitivi, i secondi han-

no il manuale di istruzioni. E i genitori devono impegnare tempo ed energie per spiegare il gioco». Insomma, un modo educativo e divertente per condividere del tempo insieme. Ma Mattia spiega come Ludimus non si limiti a proporre giochi da tavolo: «Organizziamo anche delle “escape room”, “stanze-gioco” da cui si può uscire solo raccogliendo gli indizi lasciati sotto forma di gioco o rompicapo. E annualmente organizziamo i “Ludicamp”, “fiere” dedicate agli appassionati di gioco da tavolo, con centinaia di nuove uscite. Siamo in attesa di capire con che modalità organizzare la terza “Ludicamp”».

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trentinoattualità «GRAZIE AGLI SCACCHI C’È CONTATTO EMOTIVO PROFONDO» Da sempre gli storici si scervellano nel tentativo di ricostruire l’origine antica del gioco degli scacchi. C’è chi li ritrova tra gli antichi Egizi, ma è probabile che gli scacchi abbiano avuto origine nel Medioevo presso gli Arabi, che poi li esportarono in Europa. Anche per questa storia millenaria ed il loro aspetto raffinato e quasi “aristocratico”, abbiamo definito il gioco degli scacchi come “il re” dei giochi da tavola. L’Unione Scacchistica Trentina si concentra sull’introduzione dei bambini e dei giovanissimi allo sport degli scacchi, collaborando strettamente con le scuole (e con Arci Scacchi Bolzano), ma fornisce anche agli adulti la possibilità di praticare quest’affascinante disciplina. Come è prevedibile, il distanziamento fisico imposto dall’epidemia di coronavirus ha importanti conseguenze sullo svolgimento di partite e tornei. Ce lo ha spiegato Roberta De Nisi, presidente dell’associazione: «Stiamo valutando come tornare a giocare di persona, ma non è per niente facile, anche perché giocare con guanti e mascherine e igienizzando i singoli pezzi volta per volta toglierebbe il bello del gioco. Fare sport ti pone in relazione con l’altro, ti mette a breve distanza creando un contatto molto profondo». Per conservare i contatti e non perdere l’allenamento l’associazione ha attivato nel corso degli ultimi due mesi una serie

di tornei online appoggiandosi alla piattaforma web lichess.org: «È un modo per tenersi in allenamento e studiare le tecniche e le strategie - spiega Roberta - Il gioco online ha sicuramente delle potenzialità, ma non può sostituire interamente il gioco fatto faccia a faccia». Si rischia che i giocatori, soprattutto i bambini, non riescano più a distinguere tra la nobile arte degli scacchi e le centinaia di videogiochi online con cui sono bombardati: «Nelle scuole in cui portiamo gli scacchi gli insegnanti ci fanno notare il sorriso dei bambini mentre giocano, - commenta Roberta - notano le strette di mano e gli scambi di convenevoli come “Bella partita”, tutte cose che online non si possono ricreare compiutamente». Essenziale è la dimensione sociale di questo sport, che viene particolarmente apprezzata dai più piccoli: «Il boom delle iscrizioni avviene quando i bambini vanno alle elementari,

poi alle medie e nel primo biennio delle superiori vediamo un maggiore rischio di abbandono. Alla scuola primaria le scuole organizzano tornei scolastici che ci consentono di mantenere motivati e attivi i giocatori, ma questo alle scuole superiori spesso non avviene, quindi sono soprattutto i più volenterosi quelli che portano avanti la passione per gli scacchi». Non mancano gli adulti interessati a scoprire o spesso riscoprire gli scacchi: «Ci sono persone di ogni età che frequentano l’associazione, è un modo per passare una serata in compagnia impegnandosi in questo gioco stimolante. Raramente però gli anziani prendono parte ai tornei ed è una cosa particolarmente evidente ora che tutti i tornei sono online. La partecipazione degli anziani si è praticamente azzerata. Ma notiamo anche che ci sono alcune persone che si riavvicinano agli scacchi proprio grazie alle iniziative online». Insomma, anche qui il gioco “da remoto” ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Negli ultimi giorni l’associazione è stata impegnata nell’organizzazione dei tornei scolastici, che sono stati effettuati da remoto: «Ma anche questo non è banale, bisognava tenere conto che spesso i genitori hanno bisogno del computer per lavorare da casa e bisogna tenere conto di questi incastri». «COL BURRACO DIVENTIAMO AMICI E IMPARIAMO LA PAZIENZA» «Il burraco è un gioco di carte eccellente per tenere in forma la mente». Con questa rima che suona come un jingle pubblicitario, Annamaria Frioli, presidente dell’Associazione L’Araba Fenice, ha presentato le caratteristiche essenziali del burraco, gioco in qualche modo a metà tra la scala 40 e la canasta, grazie al quale si incontrano settimanalmente numerosi appassionati presso il circolo in via Maccani a Trento: «Si gioca in due o in quattro, con due coppie di giocatori seduti frontalmente. L’obiettivo è com-

Un torneo di scacchi all’aria aperta per l’Unione Scacchistica Trentina 32

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trentinoattualità porre delle sequenze. Tre o più carte dello stesso valore oppure una sequenza di almeno tre carte disposte in ordine crescente tutte dello stesso seme. Si chiama “Burraco” una combinazione composta da almeno sette carte. Se vi sono in tavola già delle sequenze, il giocatore può attaccarvi le proprie carte, ma solo alle proprie o a quelle tenute in comune con il compagno di squadra». Annamaria ci tiene a precisare il modesto rilievo che ha la casualità nella partita di burraco: «Io lo vedo come un gioco di strategia, anche perché occorre prevedere le possibilità degli altri. Certo, pescare buone carte aiuta». Non vi è limite di età per il burraco: «Abbiamo giocatori di ottant’anni che sono i migliori. Fortunatamente l’attività mentale non dipende necessariamente dall’età». I partecipanti alle serate del mercoledì hanno un’età che va dai quaranta agli ottant’anni, con un netto predominio femminile, poiché solo un terzo dei giocatori sono maschi. «Gli uomini forse preferiscono il poker o altri giochi più competitivi, più “rischiosi” - ipotizza Annamaria - Avevamo anche una famiglia che ci frequentava: mamma, papà e i due figli». A prendere parte alle attività dell’associazione sono circa quaranta persone, che partecipano anche all’evento annuale che si svolge presso un ristorante e al termine del quale si vincono anche dei premi. «Si instaurano delle vere amicizie, qualcuno va anche in vacanza assieme. Siamo una piccola comunità che condivide gioie e dolori. Una volta abbiamo organizzato una festa a sorpresa per il vicepresidente, che compiva gli anni. Ma era fuori città e nessuno lo sapeva, restammo con un palmo di naso». Ad aumentare la suspence contribuisce il fatto che, ebbene

Il gruppo del burraco dell’Associazione L’Araba Fenice

sì, si gioca pure a soldi: «Ma sono solo 3 euro in palio! - precisa Annamaria - Li lasciamo sempre sul tavolo perché servono per pagare la sala e le piccole spese, è solo un elemento “motivatore” per rendere le partite più frizzanti». Anche per il circolo di burraco, la pandemia di coronavirus ha coinciso con lo stop delle attività: «Giocare a distanza è impossibile, perché nel corso delle partite ci si scambia di posto. Speriamo di trovarci

tutti insieme prima di settembre. Forse questo covid ci insegnerà a essere più pazienti, più attenti ad aiutare tutti, anche quelli in maggiore difficoltà con il gioco. Spero che si metta alle spalle questa frenesia di arrivare sempre “primi”. Noi perseguiamo l’obiettivo della socialità e mettiamo insieme persone dal grado molto differente di abilità nel gioco, perché quello che conta per davvero è l’allenamento». ■

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SERGIO MARTINI DRITTO VERSO LA CIMA di Tiziana Tomasini e Pino Loperfido

IL GRANDE ALPINISTA – DI SOLITO MOLTO RESTIO A RILASCIARE INTERVISTE – RACCONTA LA SUA ESPERIENZA INTERIORE DEL VIVERE LA MONTAGNA: DALLE PRIME ARRAMPICATE DI NASCOSTO IN TENERA ETÀ CON I COETANEI DI LIZZANELLA, ALLA PRIMA SALITA COME CAPOCORDATA, CHE TRASFORMA LA SUA VITA. ALIMENTANDO UNA PASSIONE CHE ANCORA OGGI SENTE VIVA DENTRO DI SÉ. PER VIVERE LA NATURA IN UNA DIMENSIONE – COME LA DEFINISCE LUI – TUTTA IN VERTICALE

I

suoi numeri li conoscono tutti: 70 anni (suonati, come dice lui), 14 Ottomila, 3° italiano ad aver raggiunto le cime più alte della Terra. Tanti i successi alpinistici, che vanno dall’apertura di nuove vie sulla Marmolada, alle care Dolomiti; dalle spedizioni in Patagonia all’Himalaya e dintorni, che diventa la sua seconda casa. Una lunga carriera alpinistica nella quale si è distinto non solo per i successi, ma anche per la costanza e il desiderio sempre vivo di affrontare nuovi scenari, mosso dalla voglia di andare avanti. E di conquistare la cima. Sarà forse un caso, ma Sergio Martini in questo periodo sta leggendo “Fuga sul Kenia”, un libro ambientato durante l’ultima guerra; il protagonista è un prigioniero di origini trentine che racconta in prima persona la voglia di salire su quella montagna che vedeva dal campo di prigionia. E, a pensarci bene, c’è un elemento che 34

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li accomuna: vedere una cima e voler a tutti i costi partire per conquistarla. Partiamo dalle origini di Martini, madre e padre. Mio padre Lionello era veneto, originario della bassa veronese; mia mamma, Fausta Campolongo, era trentina, di Lizzanella e lavorava in un negozio di alimentari. Io ho fatto i primi studi a Lizzanella, poi le Magistrali e poi l’ISEF. Avevo già in testa di vivere all’aria aperta, facendo attività fisica. Arrampicavo già da quando avevo 12, 13 anni. Ho cominciato a guardare alla montagna quasi per caso, come spesso succede ai ragazzi. Eravamo in competizione, anzi in grande rivalità, con quelli di Lizzana – ci si prendeva anche a sassate – e il nostro parco giochi era il bosco. Proprio in queste occasioni ho visto delle persone che arrampicavano. Non era ancora uno sport, non esisteva l’arrampicata sportiva come competizio-

ne. Così ho cominciato. I genitori non erano proprio felicissimi, anche perché l’alpinismo e l’arrampicata erano considerate attività pericolose, da morte certa o quasi. Quanto c’era di trasgressione? Per me era più una curiosità, una voglia di entrare nella natura in una dimensione verticale. Mettersi alla prova, cercando di superare la paura. E così è cominciata la passione del salire. È vero che è nata in lei scendendo nelle grotte? Sì, sempre nell’ottica della curiosità, cioè di scoprire ambienti ignoti e inesplorati, ho fatto anche qualche esplorazione negli anfratti. Ma parliamo di scorribande da ragazzini, all’insaputa dei genitori… con la consapevolezza che se ti facevi male, a casa si subivano anche le conseguenze! Può succedere che un alpinista smetta di essere curioso o lo è per tutta la vita?


trentinoincontri Sergio Martini in cima all’Everest

IL LIBRO E LA PREFAZIONE

L’

intervista che state leggendo in queste pagine è stata resa possibile grazie all’amicizia che lega Sergio Martini a Marco Pisoni, autore del libro “La sera cala senza rumore” (Curcu Genovese), di cui Martini ha scritto anche la prefazione. Negli itinerari raccolti nel volume si legge di una montagna vissuta come passione, come sfida, come luogo di stupore e di amicizia, con un pizzico di sana incoscienza. Itinerari di fatica, di incontri con personaggi memorabili, a stretto contatto con la natura, armato solo di cartina e bussola. Peso improbo sulle spalle, tanti imprevisti e pericoli da affrontare e vincere. La magia del fuoco e del cielo illuminato da migliaia di stelle, il respiro del silenzio, i sussurri dei monti, i colori che soltanto il sole del primo mattino riesce a regalare. Pagine 160 - Euro 15,00

Può succedere; normalmente è un’attività che viene svolta negli anni giovanili, quando il fisico è predisposto. Anche molti che arrampicavano con me, poi per una serie di motivi hanno smesso. È soggettivo. La montagna è una metafora dell’esistenza, in tutte le sue componenti: la salita, l’amministrare le forze, il senso del limite …Cosa ne pensa? È vero. Ma soprattutto non devono mancare l’impegno e la serietà, nel senso di mettere in atto determinate cose per far sì che non succeda qualche inconveniente. Un’altra componente importante, in questo paragone con la vita, è l’amicizia che lega gli alpinisti tra di loro. Sì, si può definire come un’amicizia/collaborazione; di questi aspetti si è molto parlato, come se l’alpinismo fosse un collante: lo è in determinati casi, non lo è in altri. Anche perché andare in montagna è solitudine. Se la affronti da solo è solitudine, perché c’è un rapporto diretto tra te e l’ambiente, vissuto in profondità. Con il compagno di cordata ci si aiuta: dal pensare ad un progetto fino alla sua realizzazione. Non solo tecnicamente, ma anche come supporto mentale: quando hai un’idea comune ed un piacere reciproco, credo che sia la forma migliore. Allo stesso tempo ti può condizionare sul ritmo, sul rapporto con la scalata. Si cerca sempre il compagno ideale; a volte, pur di arrampicare, trovavo qualcuno all’ultimo momento. In quei casi è

stata una forma un po’ egoistica..! Ad esempio una volta ho incontrato uno che conoscevo e pur sapendo che non aveva grande esperienza gli ho proposto di venire ad arrampicare in una palestra. Ho fatto delle cose che lui non riusciva a fare e l’ho anche tirato a seguirmi; alla fine lui è stato male. A ripensarci bene, ero spinto da una grande foga di fare. In un’altra occasione, ero in Brenta (al rifugio Brentei) con degli amici. Nessuno, a parte me, aveva voglia di arrampicare. Allora ho convinto un marciatore di montagna e abbiamo fatto la prima ripetizione di una via, la Cesare Maestri, che tutt’ora è considerata una via impegnativa. Il marciatore ne è uscito bene, anche se poi ha continuato a marciare! E insomma dalle zone intorno a Lizzanella, ha poi scoperto le Dolomiti. Il grande salto è stato con il campeggio. Infatti la comunità dei giovani del paese ruotava intorno all’oratorio e la parrocchia aveva organizzato dei soggiorni in montagna. Uno di questi era a San Martino di Castrozza. Era chiamato campeggio, in realtà noi eravamo ospitati nella canonica. Uscendo dalla strada che si apre quando sei nella valle del Primiero, ci sono apparse le prime montagne: il Cimerlo, il Sass Maor. A me sembravano dei nuvoloni, delle nuvole da temporale, non mi aspettavo una cosa del genere. Il tutto naturalmente relazionato all’epoca, al periodo, alle conoscenze che potevi avere. Avevo 13, 14 anni. Ma poi gli Ottomila non le sono sembrati delle nuvole, quando li ha visti per la prima volta… Eh no, erano passati degli anni e aveva35

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trentinoincontri mo visto la documentazione fotografica. Eravamo più preparati! Ci sono state delle persone chiave che l’hanno avvicinata agli Ottomila? Quella degli Ottomila è stata una mia scelta, nell’ottica di conoscere ambienti diversi. Prima dell’Himalaya, a vent’anni ero andato in Patagonia con una spedizione di Armando Aste. Figura importante per il mio percorso è stata Marino Stenico, che girava nelle palestre di Rovereto, personaggio e punto di riferimento. Quando ha capito che la montagna sarebbe stata la sua vita? Adesso, a settant’anni suonati, affermo che la montagna ha condizionato la mia vita. Quando ho cominciato, vedevo le cose passo dopo passo, pensavo ancora che la mia vita potesse prendere anche un’altra strada. Dopo il diploma ISEF, ho insegnato educazione fisica. I suoi genitori come consideravano queste scelte? All’epoca c’era bisogno di manodopera; nel negozio di alimentari già ci lavorava mio fratello e i miei avrebbero avuto piacere se anch’io mi fossi dedicato a quel lavoro. Poi negli anni Settanta, per fare l’ISEF, dovevo andare a Milano. A quei tempi non c’era l’abitudine che hanno i giovani adesso, di studiare lontano da casa. Nella prima uscita con Stenico, era capocordata. Non era esattamente la prima, avevamo già fatto montagne non esageratamente alte. Quando mi ha proposto di andare a fare Pilastro Micheluzzi e la Marmola-

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da, ho toccato il cielo con un dito. Ma la mia sorpresa più grande è stato arrivare all’attacco della via e vedere che Marino mi dava i capi della corda. Mi ha colto di sorpresa! Da quel momento in poi tutto è andato in progressione: ero sempre più motivato, perché vedevo che riuscivo a salire. Una prova decisiva anche per la sua autostima. È stata fondamentale. C’erano delle piccole paure da spazzare via e sembrava quasi che lui lo sapesse. Arrivare in cima è paragonabile a quando si raggiunge un obiettivo nella vita? Prima di arrivare in cima, c’è tutto un percorso da fare; in arrampicata, il momento più appagante è l’azione. La cima è la conclusione. Invece in alta montagna, nell’alpinismo, la progressione è abbastanza monotona, si cammina senza pensare al gesto o al movimento; la soddisfazione del salire è quando si riesce ad arrivare in cima. Hai quel momento di liberazione ma poi si deve tornare giù. Anche la discesa ha la sua importanza. La discesa è una fase spesso sottovalutata; invece è fondamentale perché implica un calcolo delle energie. Anche nella vita, quando si decide di fare qualcosa, bisogna valutare bene le risorse. Ecco, magari nella vita, quando raggiungi un obiettivo, non devi tornare indietro. La cima è comunque il risultato di un impegno, di una progettazione. In alta montagna, qual è la cosa che lei cura di più prima di un’uscita importante? Sicuramente la preparazione fisica, ma anche il fattore psicologico è importante; se io affronto un obiettivo, mi impegno nella preparazione e questo mi tranquillizza. Cosa prova un alpinista quando torna

da una spedizione? Ci sono due situazioni: se torni con la cima, le sensazioni sono piacevoli perché hai il risultato, hai ottenuto quello per cui ti sei mosso e a parte dover risolvere qualche problema fisico, la conseguenza quasi sempre inevitabile è la gioia. Anzi, è proprio a casa che gusti di più quello che sei riuscito a fare. Se invece torni senza la cima, c’è amarezza. Tornare senza la cima indica un fallimento? No, nell’alpinismo la componente che ti spinge è proprio il fatto che non puoi essere sicuro del risultato; dire vado e non sapere se ci riuscirò o non ci riuscirò è stimolo fondamentale. Quando si sale, tutta la sua vita (famiglia, preoccupazioni, società, conoscenze…) dov’è mentre lei sta salendo? Devi accantonarle per un po’… Ci sono delle cose a cui pensi in quei momenti che sono più importanti; il resto viene un po’ mascherato. La componente psicologica è fondamentale. Riordinando le condizioni, possiamo dire che prima viene quella psicologica, poi quella fisica e infine quella relativa al materiale. Noi osserviamo le foto di voi alpinisti lungo il percorso e sulla cima, ma cos’è che non vediamo mai delle vostre imprese? Sicuramente dei retroscena che esistono: quando fai spedizioni lontane e devi passare molto tempo (non giorni, alle volte anche mesi) con altre persone, gli attriti sono inevitabili. Per quanta sintonia e armonia ci possa essere, qualche momento di screzio c’è. Cosa significa camminare in montagna in un’era tecnologica come questa? Nessuno ti obbliga, fa parte di un’esigenza umana: tu cammini perché hai


trentinoincontri voglia di farlo. Alla base c’è il piacere di camminare. È il contatto diretto con la madre terra, è un’azione non veloce, hai il vantaggio di poterti guardare attorno, hai la visione di quello che ti sta attorno. Qual è il rapporto di Sergio Martini con la madre terra? Cosa percepisce in questo contatto diretto con la natura? Nonostante la pericolosità, i momenti difficili e alle volte anche la tragedia, c’è sempre una forma di amore, una voglia di esserci in questo ambiente. Tu ricerchi questo ambiente perché sai che ne ricevi qualcosa. C’è un passaggio di energia: un misto di energia e sensazioni, magari impercettibili, non codificabili e non traducibili in parole. Tu lo senti. E vuol dire essere immersi in qualcosa dalla quale tu ricevi qualcosa di importante. Lei si commuove? A volte sì, di fronte a determinati paesaggi e scenari; e per tutto un insieme di cose che nella vita normale non trovi. La commozione c’è quando arrivi su una cima o fai un passaggio e realizzi qualcosa di importante, perché unisci al raggiungimento di un obiettivo qualcosa di grandioso che è proprio la natura. Pensando all’inquinamento o al sovraffollamento sulle montagne, cosa prova quando vede la natura deturpata? La presenza umana crea scompensi,

Durante una serata per i giovanissimi

anche perché c’è un aspetto economico: se sull’Everest c’è tanta gente che vuole salire è perché non ci sono più limiti. C’è ancora qualcosa da scoprire nell’andare in montagna? Nell’arrampicata sportiva, c’è un voler raggiungere difficoltà sempre più alte. Quando ho cominciato io, il limite era il sesto grado, perché la scala non andava oltre. Negli anni Settanta, Messner cominciava a parlare pubblicamente di settimo grado. Adesso siamo arrivati al 9c. Sempre parlando di tecnologia, adesso in montagna si va con altri strumenti, più sofisticati; questo non ha tolto qualcosa alla magia e all’epica dell’alpinismo? La tecnologia ha aiutato sicuramente;

come in tutte le cose, dove c’è un miglioramento, ci sono più vantaggi. Se una volta con un determinato tipo di piccozze facevi un certo lavoro, adesso riesci a fare molte più cose. Quindi la tecnologia aiuta a progredire. Pensiamo nell’arrampicata al tipo di scarpette e a quanto possono migliorare la prestazione. E l’orientamento? I navigatori? Quello è un altro aspetto che può aiutare. Io non ne sono a conoscenza; uso raramente la bussola e l’altimetro. Diciamo che la strumentazione ti atrofizza determinati sensi, ma ti aiuta molto. Ma lei arrampica ancora? Oggi no. Ieri sì! Arrivato a settant’anni, cosa vuol dire essere alpinista? Io ho ancora la fortuna di arrampicare; a parte qualche acciacco, vivo serenamente questa età; mi permette di essere a contatto con i giovani ed è un piacere. Mi piace anche ascoltare il loro linguaggio. L’altro giorno ero in falesia e ho colto questa frase: “leggere il paesaggio”. È un’espressione bellissima perché vuol dire come mi devo muovere per superare una determinata fase. C’è evoluzione anche nel linguaggio della montagna, è positivo. Quindi nei giovani c’è la passione per la montagna? Anche se con mezzi diversi, l’impegno è quello. Quindi la passione è rimasta la stessa. ■

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trentinoattualità

È UNO DEI PARADOSSI CAUSATO DAL CORONAVIRUS: NEL SETTORE AGRICOLO MIGLIAIA DI ADDETTI MANCANO ALL’APPELLO. ANCHE QUI LE CONSEGUENZE DELL’EPIDEMIA SI SONO FATTE SENTIRE: AZIENDE IN DIFFICOLTÀ, MANODOPERA, SPECIE STRANIERA, CHE SCARSEGGIA... QUALCHE PROVVEDIMENTO PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA È STATO PRESO, QUALCHE AIUTO ULTERIORE ARRIVERÀ INVECE NELLE PROSSIME SETTIMANE. NE ABBIAMO PARLATO CON COLDIRETTI TRENTINO ALTO ADIGE E CON QUALCHE AGRICOLTORE… 38

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BRACCIANTI CERCASI 1. In Italia l Covid19 non ha risparmiato neppure l’economia agricola. L’epidemia che da febbraio a questa parte si è accanita in particolar modo sull’Italia ha avuto pesanti ripercussioni anche su uno dei pilastri del made in Italy e un settore chiave per l’economia trentina. 4 aziende agricole su 10, secondo Coldiretti, sono in difficoltà. La prolungata chiusura di ristoranti e mense, la riduzione delle esportazioni, la mancanza di manodopera straniera hanno creato e stanno creando grossi problemi per un’agricoltura già in difficoltà, sempre di più, a causa dei cambiamenti climatici, che hanno visto negli ultimi mesi un alternarsi di gelate, siccità e giornate eccessivamente piovose. A livello nazionale, stando ai dati,

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BRACCIA RUBATE ALL’AGRICOLTURA di Silvia Tarter

si calcola un calo di almeno il dieci per cento dell’introito e una perdita di oltre mezzo milione di giornate lavorative. Inoltre, questa situazione ha messo in luce quanto l’agricoltura italiana dipenda dalla manodopera straniera. All’appello quest’anno mancano infatti circa 250.000 persone, provenienti per lo più da Est Europa, ma anche Africa e Asia, che rinunceranno a lavorare nel nostro paese per via delle critiche condizioni sanitarie. BRACCIANTI CERCASI 2. In Trentino Proprio la diminuita reperibilità di manodopera straniera è uno dei punti cruciali anche nel nostro territorio, in vista della stagione estiva e delle prossime, imminenti, raccolte. Il Trentino necessita di 17.000 lavoratori, con il 3 di giugno

si riapriranno le frontiere dell’area UE e Schengen, dopo innumerevoli azioni e pressioni a livello nazionale e comunitario si è riusciti ad autorizzare l’entrata dei lavoratori stranieri senza l’obbligo della quarantena. Qualcuno potrebbe sostenere che il problema è risolto, noi crediamo che il problema sia solo ridimensionato, chi ci dice che tutti i lavoratori provenienti da Romania, Polonia, ecc… che fino all’annata scorsa entravano in Italia a lavorare siano disponibili in una situazione sanitaria non ancora definita a tornare nelle aziende agricole trentine? Molti dei lavoratori stranieri necessitano di alloggi, con le nuove norme sulla sicurezza, il datore di lavoro dovrà assicurare alloggi rispettosi delle regole sanitarie, distanziamento sociale, sanificazione dei

locali, ecc.., molti dovranno, dove possono adeguare gli spazi, altri avranno molte difficoltà, su questo punto come Coldiretti in collaborazione stretta con la Provincia di Trento sta lavorando per trovare soluzioni adeguate al problema. Ricordiamo che la manodopera straniera in tempo di raccolta pesa per tre quarti sul totale della manodopera locale. Braccianti originari per lo più dai paesi dell’Est Europa e che quest’anno, dovranno decidere se tornare in trentino a lavorare o rimanere a casa. La bella stagione avanza e occorre provvedere rapidamente a trovare sufficiente manodopera. La situazione più urgente per il Trentino riguarda naturalmente la raccolta dei piccoli frutti, ma ciò che preoccupa maggiormente sono le vendemmie e la 39

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raccolta delle mele in tarda estate e in autunno.

rischio contagio, per contribuire a risollevare l’economia agricola locale.

POSTI DI LAVORO DISPONIBILI Fortunatamente, sono stati presi alcuni provvedimenti per far fronte al problema. Anche perché la carenza di manodopera può rappresentare naturalmente un’opportunità lavorativa, seppur circoscritta ad una stagione, per chi invece è rimasto senza lavoro o comunque ha visto ridursi notevolmente la propria attività a causa del virus. Dai primi di marzo quindi, Coldiretti Trentino Alto Adige, in accordo con l’Agenzia del Lavoro di Trento, l’Ente Bilaterale Trentino Agricoltura, i sindacati, sta raccogliendo in una banca dati le domande di candidati disposti a lavorare nei campi con un contratto stagionale. I lavoratori saranno impiegati nella coltivazione di frutteto e vigneto, nella raccolta della frutta e nella vendemmia e nell’allevamento e la cura del bestiame. Non occorrono qualifiche particolari, anche se l’Agenzia del Lavoro tramite EBTA mette a disposizione dei corsi di formazione, per agevolare l’entrata dei lavoratori nelle aziende. Nei primi due mesi dall’iniziativa, ci informa Coldiretti Trentino AA., sono arrivate oltre 5.500 candidature, un numero importante, indice del forte bisogno di lavoro. Oltre a ciò, Coldiretti si avvale della piattaforma Job in country, aperta in tutto il territorio nazionale, per incrociare la domanda e offerta di lavoro in agricoltura. Anche in questo caso, la risposta è stata immediata: solo nella prima settimana, in Veneto si sono iscritte al portale 1500 persone, aspiranti braccianti prima impiegati in altre attività. A livello locale, si sta inoltre lavorando ad un progetto che mira ad intercettare i giovani trentini, tra l’altro meno inclini a

MISURE DI SOSTEGNO E RETRIBUZIONE Per sostenere l’intero settore, si stanno mettendo in campo anche delle misure economiche, una sorta di piano Marshall dell’agricoltura. Il programma provinciale #Ripartitrentino prevede aiuti a fondo perduto, sgravi fiscali, sospensione di pagamenti e mutui per le aziende piccolo-medie; ma anche contributi per le aziende che esportano, aiuti per la riorganizzazione e la messa in sicurezza aziendale, così come per la riconversione aziendale e l’implementazione digitale. Il presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi a tal proposito afferma che “sarà di fondamentale importanza mettere a disposizione delle aziende agricole liquidità attraverso prestiti a tasso zero garantiti dallo Stato, per non perdere tempo prezioso quando tutto tornerà alla normalità.” A livello nazionale, con il decreto rilancio del 13 maggio verranno previsti inoltre 1 miliardo e 150.000 euro per il settore primario che saranno suddivisi tra fondo florovivaistico e filiere in difficoltà; settore vitivinicolo; consorzi di bonifica; accesso al credito con Ismea e fondo indigenti.

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Tra le misure principali introdotte dal decreto appare anche la regolarizzazione dei braccianti agricoli, italiani, stranieri e stranieri anche con permesso di soggiorno scaduto, per sottrarli al lavoro in nero e allo sfruttamento. Ma come verranno pagati? Uno dei sistemi di retribuzione più utilizzati in agricoltura sono i buoni voucher, la cui procedura da qualche anno è stata modificata e, a detta degli agricoltori, complicata. Coldiretti ha proposto quindi di reintrodurre il buono voucher semplificato, in modo da consentire di lavorare nei campi a cassaintegrati, studenti e pensionati italiani, ma la proposta è stata respinta e la questione è dunque ancora in sospeso. La regolarizzazione dei lavoratori stranieri approvata dal decreto è innegabilmente un traguardo positivo, ma i tempi stretti costringono a una decisione rapida anche in merito alla semplificazione del metodo di pagamento. COSA PUÒ FARE IL CONSUMATORE “Un’attenzione particolare la stiamo dando agli agriturismi, che mai come oggi stanno vivendo un periodo di crisi, alla zootecnia, latte e carne, sulla quale si è riusciti ad unire gli sforzi del mondo produttivo, della trasformazione e della distribuzione per invitare i consumatori ad acquistare i nostri prodotti italiani, limitando i consumi del latte e succedanei che entrano da altri paesi - un vero atto patriottico”. Commenta a riguardo il presidente Barbacovi. Anche il consumatore dunque può fare la sua parte, contribuendo a sostenere la produzione locale in questo momento di crisi. Coldiretti ha lanciato ad esempio la campagna #mangiaitaliano, per sensibilizzare i consumatori a preferire prodotti nazionali a quelli importati dall’estero. In aggiunta, si sono presi dei provvedimenti affinché anche la Grande Distribuzione Organizzata esponga sui suoi scaffali più prodotti Made in Italy. Rispetto al territorio locale, un modo per incentivare la produzione del territorio è quindi ac-


trentinoattualità Andrea Bertoldi

quistare prodotti trentini, frequentando in particolare i mercati contrassegnati dal marchio Campagna Amica, che negli ultimi mesi ha attivato anche il servizio di spesa a domicilio. I CONTADINI COSA NE PENSANO? Abbiamo raccolto il parere di due giovani imprenditori agricoli, operanti nel settore dei piccoli frutti, il primo, Kevin, rivenditore diretto, il secondo, Andrea, associato invece ad un consorzio ortofrutticolo. Kevin, giovane imprenditore agricolo operativo nel settore dei piccoli frutti in Alta e bassa Valsugana e altopiano di Piné, ci racconta che lui in realtà non ha fatto fatica a reperire manodopera per la stagione estiva, anzi, si è addirittura trovato a dire di no alle persone, dato il gran numero di richieste che gli sono pervenute: “Altri contadini che ho conosciuto sono in difficoltà, ma io mi sono organizzato per tempo, in parte perché mi avvalgo di manodopera che risiede già sul territorio.” Chi proviene dall’estero, specie Est Europa, infatti, ci spiega, raggiunge l’Italia viaggiando in pulmino. I mezzi di trasporto però, per adeguarsi alle normative sul distanziamento imposte dalla Fase due, dovrebbero ridurre considerevolmente il numero di passeggeri trasportati, e così ad ogni lavoratore il biglietto verrebbe a costare molto di più. Troppo per un lavoro di appena qualche mese. Dunque imprenditori come Kevin si sono dovuti organizzare altrimenti, con personale già formato che

collabora da anni e manodopera prima impegnata in altri settori. A tal proposito, però, Kevin ci tiene a sottolineare che il lavoro nei campi non va sottovalutato. Come in qualsiasi altro lavoro infatti è necessaria una certa preparazione: serve tempo per imparare, apprendere la corretta manualità e soprattutto raccogliere un prodotto estremamente delicato come i piccoli frutti. Non si può insomma perdere troppo tempo per formare una persona a dovere, che dovrà svolgere un lavoro di pochi mesi e spesso pertanto è meno motivata. I ritmi di lavoro sono poi intensi: “Nella mia azienda iniziamo a lavorare alle 7 di mattina, facciamo una pausa e poi riprendiamo al pomeriggio”, spiega. Occorre insomma essere in grado di adeguarsi, al lavoro e ai suoi tempi. Andrea, giovane titolare di un’azienda agricola di piccoli frutti in Val dei Mocheni, racconta invece di avere avuto maggiore difficoltà a reperire risorse. Nella sua azienda, infatti, di solito lavorano operatori provenienti dall’Est Europa, ma anche cinesi, che tornano ogni stagione per lavorare già da febbraio-marzo – per la potatura delle piante e per preparare

i teloni – fino alla raccolta che va avanti sino ad ottobre, ma quest’anno, per via della particolare gravità della situazione sanitaria italiana, non verranno. Tramite annunci, specie sui gruppi Facebook, è riuscito però a reperire del personale tra cui anche persone prive di esperienza nel settore, come un laureato al suo primo lavoro e un geometra. Anche Andrea evidenzia quanto siano importanti la competenza e la formazione dei lavoratori, anche perché dovendo conferire ad un consorzio che effettua dei controlli a campione sulla merce c’è la possibilità di essere penalizzati per eventuali difetti sfuggiti alla cernita effettuata durante la raccolta. I lamponi in particolare sono molto delicati: vanno raccolti ogni 24 ore, il colore deve essere rosato, il frutto completo di tutti i granelli. Andrea esprime poi qualche preoccupazione anche in merito al rispetto dei protocolli di sicurezza sanitaria: “Al di là del distanziamento nel campo, che si riesce a mantenere, anche se è più difficile in pausa pranzo, molti operai non sono muniti di automobile, non posso pertanto caricare troppo il mio mezzo quando li vado a prendere. Inoltre se do alloggio ai lavoratori sono responsabile della pulizia del loro appartamento, che devo disinfettare opportunamente. E ogni giorno, devo segnare su un foglio la temperatura corporea dei lavoratori e registrare eventuali sintomi.” Un bel cambiamento nel modo di lavorare insomma e anche una bella responsabilità per il datore di lavoro. Ma naturalmente è necessario, per assicurare la continuità del lavoro. Riguardo al consumo dei prodotti, infine, anche lui consiglia di frequentare i mercati rionali: “Acquistare vicino al luogo di produzione consente di trovare il prodotto locale più fresco e di maggior qualità”. E, naturalmente, aggiungiamo noi, di dare una mano agli agricoltori locali. ■

Kevin Serafini 41

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trentinoattualità trentinocultura

CHI FERMERÀ LA MUSICA?! di Susanna Caldonazzi

LA MUSICA LIVE DIVISA TRA CHI CANCELLA E CHI NON SI ARRENDE TRA RINVII E CANCELLAZIONI, C’È CHI RESISTE CERCANDO SOLUZIONI IN SICUREZZA PER NON SPEGNERE LA MUSICA DAL VIVO

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nnullamenti, rinvii, rinunce. Sembrano essere queste le parole d’ordine per l’estate musicale 2020. Poco dopo la pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in vigore dal 18 maggio scorso, che fissa a mille il numero massimo di spettatori possibili per eventi all’aperto, il mondo della musica live ha iniziato a dare notizia di quel che ne sarebbe stato dei tour estivi. Forse il primo è stato Tiziano Ferro che ringraziando il governo per la direttiva che permette una decisione, è comparso in video sul suo profilo Instagram chiarendo che tutte le date dell’estate 2020 saranno spostate all’estate 2021. Ma anche Vasco Rossi, Cesare Cremonini, Laura Pausini. Lo stesso giorno era uscito infatti il comunicato stampa dell’associazione di categoria dei promoter, Assomusica,

che aveva sentenziato: «I grandi eventi live si fermano, alla luce delle disposizioni governative in tema di salute pubblica che vietano assembramenti di persone». Non tutti però si arrendono. Il decreto infatti non vieta gli eventi tout court ma impone una serie di limitazioni che, se non sono compatibili con i grandi eventi, permettono l’organizzazione di eventi su misura per una inedita estate come quella che ci aspetta. Anche nel panorama trentino c’è chi annulla perché teme di non poter garantire le condizioni di sicurezza richieste dai protocolli senza venir meno all’identità del festival – per esempio i Suoni delle Dolomiti che hanno rinviato l’edizione al 2021 – e c’è chi invece ancora coltiva un po’ di speranza, nonostante il duro colpo che il virus ha inferto al mondo della musica dal vivo: «I grandi eventi devono

per forza essere annullati o rinviati – spiega Piero Fiabane di Fiabamusic, agenzia di produzione di eventi live, management e etichetta musicale: 200 posti in spazi chiusi e mille all’aperto significa che gli eventi non sono sostenibili economicamente. Allo stesso tempo credo che la musica dal vivo non debba fermarsi - prosegue. Anche perché se i big possono permettersi di fermarsi, non è così per le band un po’ più piccole e soprattutto non

Piero Fiabane 42

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è così per tutte le persone che lavorano dietro le quinte. Credo sia doveroso provare a dare un contributo al settore. Non sono pochi gli artisti che la pensano così anche in ambito nazionale: Daniele Silvestri, per esempio. Ma anche Diodato e Levante. Dal canto mio – continua Fiabane – spero di riuscire a portare a termine alcuni progetti a cui sto lavorando, anche in Trentino. Rimane da capire se i regolamenti subiranno degli aggiustamenti. Sono associato Assomusica e all’interno la sensazione è quella che alcune misure verranno allentate. Inoltre si sono attivati gruppi di lavoro di operatori del settore per portare avanti alcune istanze e ho fiducia che funzioni». Fiabane sottolinea inoltre uno dei punti del decreto che ha fatto ampiamente discutere gli operatori del settore: «Il divieto di somministrare bevande e


trentinocultura Roland Barbacovi e Alessandro Raffaelli: in mezzo a loro, il compianto Ezio Bosso

cibo durante i concerti suona strano: perché un locale che decide di fare musica dal vivo, la sera del concerto non può somministrare bevande mentre gli altri giorni lo può fare?» Una prospettiva simile è quella di Alessandro Raffaelli, responsabile delle relazioni istituzionali di Radio Italia solo musica italiana, ma anche amministratore delegato e coordinatore nazionale di Radio Italia Anni ‘60: «Con Roland Barbacovi stiamo cercando di portare a termine una edizione 2020 del Trento Summer Festival – afferma. Vorremmo portare alcuni concerti nelle piazze di Trento, ovviamente rispettando tutte le disposizioni di sicurezza. Stiamo cercando di verificare la fattibilità del tutto nel rispetto delle norme previste dal decreto ma la difficoltà principale è economica: siamo abituati a vendere migliaia di biglietti, per rispettare le regole i numeri saranno molto limitati quindi speriamo di avere più chiara la situazione intorno alla metà di giugno, dopo esserci confrontati con istituzioni e sponsor. I concerti dovrebbero andare in scena nel mese di agosto, ma ancora non c’è alcuna certezza». Gli fa eco Roland Barbacovi, di Showtime Agency, anche lui coinvolto con Raffaelli nell’organizzazione del Trento Summer Festival: «Stiamo lavorando a un paio di progetti: il Trento Summer Festival in Piazza Duomo e una serie di eventi a Mera-

no nella Piazza delle Terme dopo che abbiamo dovuto rimandare al 2021 il festival ai giardini Trauttmansdorff e circa 240 eventi che avevamo programmato. Ancora nulla è confermato ma stiamo pensando a una soluzione che si possa adeguare alla situazione, tenendo conto del distanziamento e della normativa: tavolini e sedie in piazza, mettendo in vendita biglietti nominali per interi tavolini dedicati alle famiglie. L’idea è quella di eventi più contenuti, non dedicati ai giovanissimi, con musica adatta a una situazione come questa. Non c’è dubbio che il periodo per noi sia molto difficile: siamo stati i primi a dover chiudere le attività e saremo gli ultimi a poter ripartire». Anche Barbacovi, però, lascia intendere che qualcosa nelle prossime settimane potrebbe ancora cambiare lasciando la programmazione di agosto un orizzonte ancora possibile: «Vedremo cosa succede un passo alla volta, cerchiamo di lavorare su agosto». Non ci si arrende del tutto, insomma. Si cercano invece soluzioni possibili perché forse è proprio questo il momento in cui tutti abbiamo davvero bisogno delle emozioni che solo la musica dal vivo sa dare. Le canzoni traducono un pezzo diverso della vita di ognuno di noi. E ognuno di noi, nel suo spazio e a un metro di distanza fisica, può ancora sentirsi parte di una comunità che canta. ■

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trentinostoria NATO NEL 1857 IN UNA ROVERETO DIVISA TRA L’AMMINISTRAZIONE ASBURGICA E LE FASCINAZIONI IRREDENTISTE, FEDERICO HALBHERR ASSURSE ALLA FAMA DI ARCHEOLOGO DI LEVATURA INTERNAZIONALE UNENDO LE SUE ABILITÀ E IL SUO SAPERE AL SERVIZIO CONVINTO DELL’ITALIA, SUA PATRIA DI ELEZIONE

HALBHERR L’ARCHEOLOGO di Andrea Vitali

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Rovine di Cirene: le indagini della missione inaugurata da Halbherr proseguirono dal 1910 al 1938

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enso che se per le strade di Rovereto si domandasse ad una/un passante qualsiasi chi sia stato Federico Halbherr, una buona parte degli intervistati non saprebbe rispondere, nonostante ben due lapidi, una a palazzo Alberti ed una sulla sua casa natia al civico 44 di via Mercerie, commemorino questo illustre roveretano che si distinse, agli inizi del XX secolo, per essere uno tra gli archeologi italiani di maggiore fama internazionale. Rampollo di un’agiata famiglia della borghesia imprenditoriale cittadina (gli Halbherr, orefici di origine svizzera, si erano stabiliti nella Città della Quercia agli inizi del Settecento), Federico nasceva il 15 febbraio 1857 da Giovanni Battista Halbherr, “possidente”, e dalla sua seconda moglie Rosa Fontana. Frequentò il ginnasio nella sua città natale, al tempo posta al confine meridionale della Contea asburgica del Tirolo, e mostrò una brillante propensione agli studi umanistici. Il giovane Federico Halbherr, insieme ai suoi quasi coetanei futuri colleghi Paolo Orsi (1859-1935) e Giuseppe Gerola (1877-1938), ebbe modo di formarsi in una Rovereto pervasa da una ricchezza culturale e da un anelito alla libertà di cui il sacerdote Antonio Rosmini (1797-1855) era stato senz’altro il migliore interprete e propugnatore. Ponte geografico, politico e culturale tra la Monarchia austro-ungarica e la giovane Italia sabauda, la seconda città trentina avvertiva un grande fascino per gli sviluppi della Nazione italiana.

Conclusi brillantemente gli studi ginnasiali nel 1876 Federico Halbherr tentò il concorso per essere ammesso alla Scuola superiore di Archeologia e, dopo averlo perso, in quello stesso anno si iscrisse all’università “La Sapienza” di Roma, facendo così una netta scelta di appartenenza culturale italiana. Sebbene si debba notare – a onor del vero – che il sistema universitario della Penisola all’epoca si normasse sul modello di quello germanico di facoltà-istituto-cattedra e che, proprio a Roma, gli insegnamenti di storia greca e di archeologia, quelli preferiti dallo Halbherr, per decenni fossero esercitati dal tedesco Karl Julius Beloch (1854-1929) e dall’austriaco Emanuel Loewy (1857-1938). Alla “Sapienza” il nostro si laureò nel

giugno del 1880 con una tesi sulla Storia primitiva dei Goti, rinvenuta solo nel 2009 nella biblioteca umanistica di Firenze dalla studiosa Maria Grazia Badalà. Il 27 novembre di quello stesso anno 1880 egli ottenne di essere ammesso ai corsi dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze, ove proseguiranno la loro formazione anche Orsi e Gerola, con lo scopo di perfezionarsi nello studio della filologia classica. In quel tempo, lo Halbherr ebbe forse modo di conoscere il Pascoli, ma fu soprattutto risolutiva per la sua carriera la frequenza dei corsi di letteratura greca tenuti dal filologo Domenico Comparetti (1835-1927), il quale non poté fare a meno di notare il talento del giovane trentino avviandolo allo studio dell’epigrafia greca. Nel marzo 1883, dopo essersi specializzato a pieni voti, su interessamento di Comparetti Federico Halbherr ottenne un finanziamento per frequentare un semestre di studi presso la cattedra di epigrafia greca dell’università di Atene. Nel contempo intraprese una serie di visite ai siti del Peloponneso e delle Cicladi, elaborando una metodologia di studio delle epigrafi contestualizzato nella realtà topografica ed architettonica dei siti stessi. Ad Atene lo studioso roveretano respirò un clima culturale cosmopolita e, sorpreso per la presenza di importanti scuole di archeologia francesi, tedesche ed inglesi, ne scrisse a Comparetti in questi termini: “Alcuni si meravigliano molto che l’Italia non abbia mai pensato di fare qualcosa di simile”, tenendo conto

Paolo Orsi 45

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Creta. La grotta Dittea, quella che si dice essere stata il luogo di nascita di Zeus

del fatto che uno dei sogni del suo Maestro era proprio quello di realizzare una scuola italiana di studi classici nella capitale greca. In un’altra occasione infatti il discepolo scrisse ancora: “Il progetto ch’Ella (ossia il Comparetti) mostra pella fondazione d’un posto stabile in Atene, per mettere l’Italia in comunicazione colle scoperte archeologiche che vengono facendosi in Grecia, se verrà effettuato, come non dubito, empirà veramente un vuoto sentito nella capitale ellenica da tutti quelli che amano il nostro progresso scientifico” (ambedue le citazioni sono tratte da Daniela De Mattia, Architettura antica e progetto, Gangemi 2016). Effettivamente nel 1909, quando ormai lo Halbherr era un affermato archeologo, grazie ai suoi sforzi si realizzò il desiderio di avere finalmente una Scuola archeologica italiana ad Atene. Ma intanto, nel giugno 1884, sempre su suggerimento di Comparetti, il governo italiano affidò a Federico Halbherr una missione nell’isola di Creta, con l’intento di raccogliere iscrizioni antiche inedite. La

ci facciamo compagnia piedeTrentinoMese_monci_174x65.indd 1

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Federico Halbherr e i suoi collaboratori (© Accademia Roveretana degli Agiati)

missione si rivelò subito gravida di promesse per lo sviluppo delle esplorazioni epigrafiche, archeologiche e topografiche in terra greca. Ed infatti, ad appena un mese dallo sbarco, lo studioso roveretano riportò alla luce un’importante epigrafe giuridica minoica in lingua dorico-cretese (fine VI secolo – inizi V secolo a. C.), l’epigrafe di Gortina, iscritta sulle pareti dell’edificio in cui aveva avuto sede il Consiglio cittadino e contenente le leggi dell’antica pòlis. Il resoconto del ritrovamento, pubblicato in italiano da Domenico Comparetti (Iscrizioni arcaiche di Gortina, in Museo italiano di antichità classica, I [1885], coll. 233-236) ed anche in tedesco dall’epigrafista dell’Istituto Germanico di Atene Ernst Fabricius (Altertümer auf Kreta, I, Gesetz von Gortyn, in Athenische Mitteilungen, X [1885],

pp. 363-384), rese il giovane epigrafista famoso a livello internazionale. Nel 1885, lo Halbherr aveva ottenuto anche la cittadinanza italiana, continuando a lavorare al contempo agli scavi cretesi, tra cui l’antro votivo di Zeus sul monte Ida (le pubblicazioni dei risultati volle generosamente condividerle con il suo conterraneo Paolo Orsi). Le scoperte dell’archeologo italiano erano benviste dai circoli culturali cretesi, i quali erano grati perché tali ritrovamenti confermavano l’origine ellenica della cultura dell’isola e fornivano argomenti validi per le loro richieste di indipendenza dal governo ottomano e di ritorno alla Madrepatria greca; istanze queste le quali, all’epoca, erano appoggiate dal roveretano irredentista e risorgimentale. Fino al 1886 lo Halbherr continuò a sca-

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trentinostoria vare nell’isola di Creta, terra alla quale ormai si sentiva indissolubilmente legato anche – sembra – da un punto di vista affettivo; stando a fonti recenti, infatti, egli vi si sarebbe innamorato della giovane figlia del suo amico Lisimachos Kalokerinós, quella Skeuo da cui il padre non aveva voluto separarsi e che, malauguratamente, scomparve da Creta durante la rivolta turca del 25 agosto 1898, forse rapita da un ottomano (cfr. Antonino Di Vita, Orsi, Halbherr, Gerola. L’archeologia italiana nel Mediterraneo, Edizioni Osiride – Museo Civico di Rovereto – Accademia Roveretana degli Agiati, Rovereto 2010, pp. 75-76). D’altronde, lo Halbherr doveva apparire una personalità eccezionale anche da un punto di vista umano. Anni dopo avrebbe scritto di lui un altro roveretano illustre, l’intellettuale Carlo Belli: “Gran signore, elegante e riservato, …alto, asciutto, vestiva con somma accuratezza abiti grigi, tagliati alla perfezione sui quali portava cravatte di un grigio un po’ chiaro per favorire un ton sur ton che molto gli si addiceva. Nascondeva il suo grandissimo valore di erudito e di scopritore dietro un sorriso che era come il suo modo di

Giuseppe Gerola

arrossire. Parlava poco: mai di sé; era assai gentile ma si capiva che amava soprattutto il restar solo” (cfr. ibd., p. 182). Che, nonostante la sua bravura e celebrità, fosse un uomo per niente vanaglorioso e geloso dei risultati dei suoi studi lo dimostra il fatto che, quando nel 1887 ottenne la cattedra di epigrafia greca alla scuola di perfezionamento di

Roma, quindi la docenza straordinaria nel 1891 e quella ordinaria nel 1904, fu sempre sia da professore sia da responsabile di campagne di scavo un buon Maestro dispensatore di consigli, capace di promuovere i talenti dei suoi collaboratori più giovani, tra i quali ci furono nomi come Gaetano De Sanctis, Luigi Pernier, Giuseppe Cardinali e Margherita Guarducci. Sarà proprio quest’ultima – nonostante Halbherr ritenesse che le donne non fossero adatte al mestiere dell’archeologia – a curare dopo la sua morte la raccolta completa dei suoi studi cretesi (Iscriptiones creticae, opera et consilio F. Halbherr collectae, I-IV, Roma 1935-50). “Egli scrisse taccuini mirabili per cultura, minuzia e precisione, migliaia di lettere, pochi articoli scientifici, … ma in compenso egli ha suscitato – generoso com’era – una tale quantità di scritti da parte di collaboratori ed allievi cui cedeva di buon animo tutto e ai quali insegnava senza porsi limiti …; fu, come ebbe a dire il De Sanctis, uno degli uomini di animo più alto che io abbia mai conosciuto” (ibd., p. 73). Il suo senso di responsabilità lo spinse, da docente, a cercare nuove occasioni di forma-

Scavi di Lebena, stoà n. 1; operai in posa. © Accademia Roveretana degli Agiati 47

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trentinostoria

L’ARCHEOLOGO “COLONIALISTA”

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u suggerimento di Federico Halbherr, alla direzione della Scuola archeologica italiana in Atene fu posto Luigi Pernier, mentre tra il 1910 ed il 1914 vennero ripresi gli scavi cretesi di Hagia Triada. Nel frattempo il governo di Giolitti, che aveva forti interessi in Libia, specie nella Tripolitania e nella Cirenaica, incaricò l’archeologo roveretano di predisporre una missione in quella regione tra il luglio e l’agosto 1910. L’impresa doveva servire a preparare l’imminente occupazione da parte delle forze italiane, anche attraverso il ritrovamento di testimonianze consistenti della passata “romanità” di quel territorio. Il Pernier stesso scrisse che quell’esplorazione “fu un servizio reso per la conquista militare non meno che per la conoscenza archeologica del paese” (Luigi Pernier, Commemorazione del socio F. H., 1930). Servizio che lo Halbherr rese assai volentieri alla Nazione, appoggiando convintamente gli interessi italiani nella regione cirenaica e passando, così, “da sentimenti che andavano nel senso della difesa dei popoli oppressi, nel suo caso i greci di Creta, a idee nazionaliste e forse imperialiste che prefiguravano il dominio coloniale sugli arabi della Tripolitania e della Cirenaica” (Marta Petricioli, Federico Halbherr fra archeologia e politica, Rovereto 2000). Ed infatti, dopo l’occupazione della Libia, al nostro fu affidata la direzione della missione archeologica cirenaica, mentre la sua funzione di “ambasciatore itinerante in avanscoperta” (Vincenzo La Rosa, Archeologia e Imperialismo, 1990) lo portò, nel 1913, ad allestire l’esplorazione archeologica di Rodi e delle isole del Dodecanneso, parallelamente all’occupazione di queste da parte dello Stato italiano. Negli anni che seguirono il primo conflitto mondiale, Federico Halbherr si allontanò a poco a poco dal lavoro delle indagini archeologiche sul camCandia 1899: Federico Halbherr e Josiph Hatsidakis. po, continuando ad occuparsi In piedi, da sinistra, Luigi Savignoni, Manoli Iliakis, il figlio soprattutto dello studio dei maZachari e Gaetano De Sanctis. teriali epigrafici ed alla raccolta di fondi per le missioni italiane, riducendo al minimo anche le pubblicazioni dei suoi studi. Sempre più impegnato a porre in atto le istanze dei ministeri romani, lo Halbherr allentò progressivamente anche i rapporti con la sua città d’origine. Se ancora fino agli anni ’90 dell’Ottocento egli aveva fatto donazione di diversi reperti al Museo Civico di Rovereto, del quale era socio già dal 1878 e per il quale, dal 1891, era conservatore perpetuo di archeologia e numismatica, dopo non si registrarono più depositi significativi.

zione e di approfondimento dei suoi studi anche in Spagna, in Francia, in Germania, in Inghilterra e, tra il 1892 ed il 1893, negli Stati Uniti, paese in cui ottenne pure il finanziamento di una sua missione da parte dell’Archaelogical Institute of America. Intanto tra il 1893 ed il 1894, lo Halbherr aveva proseguito gli scavi a Creta portando alla luce, tra l’altro, la basilica bizantina di Mavropapa e scoprendo diverse necropoli nell’isola. Tra il 1897 48

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ed il 1898 la missione cretese dovette interrompersi a causa delle insurrezioni contro i Turchi alle quali – come detto – lo Halbherr guardava con simpatia. Non fu indifferente il ruolo di mediazione svolto in questo contesto dalla Missione archeologica italiana, di cui il nostro era direttore. Per cui, nel giugno 1899, si poté dare il via alla ricognizione della parte occidentale dell’isola, scavando ancora a Gortina, a Festo, Haghia Triada e Priniàs. Durante le ricognizioni archeologiche del 1900 Halbherr si avvalse della collabora-

Federico Halbherr nel cortile della casa a Candia (Creta). Museo Civico di Rovereto

zione di alcuni aiutanti, tra i quali il suo allievo Luigi Pernier cui, nel periodo tra il 1906 ed il 1909, affidò la missione italiana di Creta. Dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti egli ottenne poi che il suo concittadino Giuseppe Gerola lo raggiungesse, per potergli affidare lo studio della storia moderna dell’isola, specie sotto la dominazione veneziana. Chiari erano gli intenti di politica coloniale volti ad ampliare il prestigio culturale italiano a Creta. L’epigrafista ed archeologo Federico Halbherr sentiva infatti, in questo modo, di poter essere utile alla causa nazionale della sua Patria d’elezione. Fu una sua peculiarità personale quella di delegare compiti nell’indagine archeologica ai suoi giovani collaboratori, sia per la sua tendenza a promuoverne le qualità professionali, sia anche perché lo Halbherr non si sentì mai un vero archeologo “da campo”, ritenendosi piuttosto un autodidatta nella disciplina dello scavo. Tuttavia, da filologo brillante e colto epigrafista, padrone del greco antico e moderno, seppe trasformarsi in verità in un provetto scavatore, seguendo con maestria il metodo stratigrafico introdotto in Italia dal grande paleoetnografo Luigi Pigorini (1842-1925). Ed era stato proprio il Pigorini che, fin quando si pervenne alla fondazione ad Atene della Scuola archeologica italiana, aveva continuamente appoggiato il roveretano, volendo addirittura proporlo nel 1904 alla direzione della Soprintendenza romana e nel 1905 alla presidenza della Scuola archeologica da lui diretta. Tuttavia quando questi comprese che la Scuola di Atene non sarebbe stata una mera gemmazione della sua Scuola archeologica, i rapporti tra i due divennero freddi, al punto che il successore di Pigorini alla direzione della Scuola romana, il napoletano Ettore De Ruggero (1839-1926), si dimostrò ostile allo Halbherr. ■


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CEOLAN Riflessioni attraverso un click di Fiorenzo Degasperi

In tempi di lockdown una finestra separa l’universo dal mondo intimo di Albert Ceolan. La memoria lo aiuta però a riscoprire la bellezza del creato attraverso le sue fotografie: le carica su Facebook, accompagnandole da un post, pensieri in libertà, riflessioni, idee che si affiancano alle immagini scattate durante i giorni della spensieratezza. Questo inserto vuol essere un omaggio a un grande fotografo e ad una filosofia del vivere che trasforma un click in un infinito vedere.

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n tempi di reclusione fisica, di distacco e separazione dal mondo, può capitare che l’Io non sappia ritrovare se stesso, perdendosi quindi nell’immensità del vuoto, del mutismo, della paranoia. Ma c’è chi, per indole, non si è mai fatto catturare dalle rigide gabbie dell’Io, preferendo la musicale frequentazione della propria Anima. Albert Ceolan è uno di quei rari artisti, in questo caso fotografo, che riescono a coltivare dentro di sé il daimon, il demone che ciascuno di noi riceve come compagno prima della

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trentinofotografia nascita. Il daimon forma il carattere, plasma il rapporto che si ha con il mondo (quello interiore e quello esteriore), forgia lo sguardo, così importante per lui che deve saper cogliere, dal reale, quei frammenti in cui sono racchiusi innumerevoli microcosmi. Il daimon di Albert ha a che fare con la saggezza, antica, millenaria, coltivata nei lunghi appostamenti in attesa di catturare con un velocissimo click l’unione tra la realtà oggettiva e la propria idea di realtà. L’appostamento prolungato gli permette di riflettere, di pensare, di immedesimarsi con il soggetto là fuori, sia esso un animale, una persona, un rito, una pietra, un alito di vento, un fruscio di un ramo lasciato andare da centinaia di lucherini che hanno spiccato il volo. Lo spazio della sua mente si riempie di suoni, luci, desideri, nostalgie. È quest’insieme di pensieri che scorrono lenti, a tratti impetuosi, che permette al fotografo di cogliere l’“attimo”, quell’istante in cui è racchiuso il mondo, quel batter di ciglia in cui è racchiuso il racconto dell’Anima. Non è esagerato dire che le sue fotografie – scelte per raccontare la propria “reclusione” da un

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immenso repertorio invidiato dalle più importanti riviste che parlano di natura, arte e turismo – siano ricche di sophia, filo-sofia, dunque amore per la saggezza. Saggezza nell’osservare le cose con un occhio particolare, umano, spontaneo, libero e quindi sacro. Lo star dentro, l’esser ritirati al mondo ma dentro il mondo – ma è possibile oggi isolarsi nonostante l’imperversare dei social?, io credo di sì – ha permesso ad Albert di ricavare diversi scatti e, brevemente, commentarli. Poche parole, scelte e calibrate, ricche di significato, uscite dal cuore prima che dalla mente, per sottolineare la fotografia. Non per descriverla, non ce n’è bisogno, ma per trasformare lo scatto in un quel territorio dove realtà, Anima, cuore e Io s’incontrano. In questo è aiutato dalla sua compagna Cinzia, una Musa, nel vero senso della parola. La Musa non è seconda a nessuno, non segue ma anticipa, presiede all’ispirazione, alla riflessione, alla nostalgia. A lei solo, alla Musa, è riservato l’appellativo di colei che sa. Il risultato si vede. Così come la mano del pittore, attraverso la gestualità motoria, autografa la tela,

così il gesto dello scatto autentica una visione fotografica. Albert Ceolan è un maestro, colui che possiede la maestria incastonata nello sguardo: immerso nella natura, nelle nature del mondo, ha saputo affinare una perizia tecnica acquisita grazie a un lungo e arduo tirocinio che lo ha condotto ad esiti di così sublime eleganza, dolcezza, stile, amabilità, da far dire delle sue fotografie che sono ben fatte, che sono puro piacere della perfezione. Qui, in questi scatti che ci fanno riflettere sulla sconfitta dell’uomo rispetto alla natura, sul ridimensionamento dell’individuo che ha scoperto improvvisamente di non essere immortale e che la scienza non salva il mondo, c’è l’ammirato tributo ai valori dell’umiltà e della perseveranza con cui il fotografo percorre la via dell’arte affinando tecnica e talento, evocando l’entusiasmo che, nonostante tutto, impregna la natura. Parole e immagini, scelte, selezionate con lo stesso sguardo, lo stesso gesto, lo stesso pensiero di un artigiano che da lungo tempo lucida un oggetto antico con un panno, strofinando meticolosamente e con grande pazienza ogni singola parte per anni e anni, sino a farne emergere la naturale lucentezza rinnovando la bella patina caratteristica del tempo che passa. Ecco quello che fa Albert Ceolan, fotografo di Salorno, uomo di confine per una terra che non conosce confini, fotografo corteggiato perché il mondo – mai come in questo caso il termine è più azzeccato – riconosce nei suoi lavori il pensiero dell’Anima. Questi scatti ci aiutano a riflettere sull’inciampo dell’uomo sulla terra, a suggerire discretamente, con tatto e con immagini straordinarie, i possibili sentieri per riprendere il cammino. E mai come in questo momento di suggerimenti da uomini come Albert Ceolan ne abbiamo bisogno, perché non è vero che le tragedie aiutano ad essere migliori. La storia dimostra il contrario. E allora queste fotografie, queste brevi frasi, sono delle potenziali lucciole che possono illuminarci il sentiero dove, domani o tra un mese, dovremo tornare a camminare.


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trentinofotografia "THE VAIA STORM” Con questa foto Albert Ceolan, il 7 febbraio 2020 a Londra, ha vinto il 1° premio dell'International Garden Photographer of the Year - Competition 13, uno dei premi più importanti e prestigiosi al mondo a cui hanno partecipato oltre 22 mila fotografi con ben 213 mila foto. Questa la motivazione del Presidente della giuria Tyrone McGlinchey: "Ceolan ha documentato una scena scioccante, ma nel contempo ben composta, che rappresenta da un lato la distruzione e dall'altro gli alberi rimasti, come segno di speranza"

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Amor di

Locanda (...anche a casa vostra!)

IN UN MOMENTO IN CUI SI TORNA A CERCARE LA BELLEZZA, ECCO UN LUOGO CHE DELLA BELLEZZA FA LA PROPRIA CIFRA: LOCANDA MARGON, DELLA FAMIGLIA LUNELLI. UN’OASI DI RARA ELEGANZA, SULLE COLLINE ALLE PORTE DI TRENTO, CHE ORA PRESENTA ANCHE UNA GHIOTTA NOVITÀ: UN SERVIZIO A DOMICILIO DI ALTISSIMA QUALITÀ...

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ocanda Margon è una terrazza naturale di rara bellezza immersa nei vigneti alle porte di Trento, e prende il nome dalla vicina Villa Margon, splendido complesso cinquecentesco sede di rappresentanza del Gruppo Lunelli. Insieme alle Cantine Ferrari, Villa e Locanda esprimono infatti quel percorso del “Bello e del Buono” che la famiglia Lunelli, da tre generazione alla guida della casa trentina, ha fortemente voluto per coniugare ai più alti livelli arte, natura, bollicine e cucina d’autore.

Durante il periodo dell’emergenza Coronavirus, anche Locanda Margon ha dovuto adeguarsi alle note restrizioni. Ha saputo però farlo con lo stile che le si confà, mettendo in campo delle “consegne” a domicilio del tutto speciali. Una novità assoluta per la ristorazione di altissimo livello. In un momento così

particolare, la creatività e il desiderio di rimanere in contatto con i propri clienti hanno spinto, dunque, lo chef Edoardo Fumagalli a ideare una proposta studiata ad hoc per un servizio delivery – disponibile nei comuni di Trento, Rovereto e Pergine –, che si completa con la possibilità di ricevere anche tutte le etichette

Fotografie: Jacopo Salvi

LOCANDA MARGON Via Margone, 15 38123 Ravina, Trento T 0461.349401 F 0461.349080 contact@locandamargon.it Chiuso la domenica sera e il martedì www.locandamargon.it

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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Informazioni


trentinoeccellenze Fotografie: Jacopo Salvi

Lo Chef: “Due esperienze parallele” C

del Gruppo Lunelli. “Novità nella novità”, il servizio continuerà ad essere offerto anche adesso ad emergenza conclusa e Locanda Margon nuovamente aperta. Edoardo Fumagalli, Chef di Locanda Margon da luglio 2019, offre così la sua esperienza gastronomica in una chiave duplice: due situazioni e tipologie di esperienza sensoriale, che ben descrive nell’intervista pubblicata qui a lato. Il lavoro dello Chef parte da solide basi tecniche e da una profonda conoscenza della materia prima, in particolare di montagna, ma si caratterizza per creatività e contemporaneità. Importante nella sua cucina il rispetto dell’ingrediente, che risulta in una “semplice complessità”. Dal canto suo, la Locanda Margon continua a riservare agli ospiti una proposta gourmet che celebra la cucina d’autore in abbinamento ai Ferrari Trentodoc. La carta dei vini è molto ricca, perché, oltre ad un’ampia selezione di etichette italiane e straniere e a vecchie annate di Ferrari, comprende bottiglie introvabili della collezione privata della famiglia Lunelli. Dal 2010 la sala è coordinata con cortesia e professionalità dal maître Aleksandar Valentinov Nikolaev. La stessa filosofia viene interpretata in modo più veloce e dinamico con piatti più semplici ma altrettanto gustosi nello spazio del ristorante che si affaccia direttamente sulla natura e sui vigneti. ■

lasse 1989, lombardo, Edoardo Fumagalli ha un importante curriculum internazionale che, partendo dal Marchesino di Milano, spazia in grandi cucine come quella del Taillevent di Parigi e di Daniel a New York, per poi approdare alla Locanda del Notaio di Pellio Intelvi, località montana in provincia di Como. La sua dedizione e un approccio alla cucina che si sviluppa partendo da tre punti fermi - ingredienti, tecnica e libertà di esecuzione - gli permettono di conquistare il titolo di “miglior chef emergente d’Italia” 2017 alla San Pellegrino Young Chef. Chef Fumagalli, con quali elementi ama coniugare il claim del “bello e buono”, vera filosofia aziendale dalla Famiglia Lunelli? È un tema che in cucina affrontiamo quotidianamente. Da parte nostra c’è sicuramente la ricerca di una parte estetica. Ma come diceva il Maestro Gualtiero Marchesi, “Ciò che è bello è anche buono”. È lì che deve confluire la passione che nutriamo nei confronti del nostro lavoro. Cosa ha amato di più del Trentino da quando è arrivato? Ho trovato un territorio molto ricco dal punto di vista dell’offerta di prodotti. Assolute eccellenze, offerte da artigiani di lustro e altamente competenti. La biodiversità dettata dal clima, poi, fa sì che si possa spaziare dalle olive fino ai prodotti specifici di montagna. Con l’arrivo dell’emergenza, che tutti conosciamo, la Locanda Margon ha offerto l’opportunità del servizio delivery: una vera novità per la ristorazione di questo livello. Proprio così! È un progetto nuovo partito per necessità, ma che si sta strutturando come nuova forma di cucina di alta gamma. Siamo in fase di sperimentazione, ma ci accorgiamo che andiamo a migliorare, giorno dopo giorno, questa nostra offerta. Proponete un menu settimanale? Sì, con un filo conduttore. Siamo partiti con il menu dedicato ai prodotti trentini; siamo passati poi a profumi e sensazioni della primavera. Ma non è solo una questione di “consegna” a domicilio... No, infatti il nostro intento è coinvolgere il cliente nella preparazione e nella rifinitura dei piatti che ha ordinato, dandogli la possibilità di essere “attivo”. Insomma, ci permetta una battuta: li fate lavorare i clienti? Un minimo, solo un minimo. Lasciare una componente “creativa” al consumatore finale ci è parso il modo migliore per ricambiare dell’accoglienza. È la mia visione del delivery: farci accogliere nell’intimità della casa. C’è qualcosa che vi ha sorpreso di questa nuova esperienza? La completa interazione con il cliente. Tanto che con la proposta mandate ai clienti anche un video... Sì, è un video girato personalmente da me per illustrare le modalità di impiattamento delle portate e per dare consigli utili e pratici. Spesso il cliente risponde, mandandoci foto dei piatti, impressioni. Si è creata una vera community! Con la fine dell’emergenza chiuderete il servizio? No, il delivery è un progetto che vogliamo comunque portare avanti, perché pensiamo possa essere parte complementare del lavoro di Locanda Margon. Magari differenziando in modo ancora più accurato le due proposte. La Locanda però resta sempre la Locanda... Vissuta qui, l’esperienza della cucina è un’altra. Vi sono componenti fondamentali della nostra idea di ristorazione che si possono trovare solo venendo qui: accoglienza, servizio, ecc. Senza dimenticare la splendida location.

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UN PICCOLO EDEN TRA LE DOLOMITI di Fiorenzo Degasperi

IMMERSO NEL PARCO NATURALE PANEVEGGIO-PALE DI SAN MARTINO: UNA SUGGESTIVA VALLE CHE S’INCUNEA COME UNA SPADA NEL CUORE DELLE DOLOMITI. UN VERO E PROPRIO, IMPERDIBILE, PANORAMA “DA CARTOLINA”

Val Canali C amminare lungo i solitari sentieri della val Canali, accompagnati dal fruscio del vento e dai giganti di pietra che ci sovrastano – Sass Maor, la Cima d’Oltro e il caratteristico spigolo del Sass d’Ortiga – è compiere un viaggio nell’anima della natura, di quella umana e di quella formata da alberi secolari, rocce arcaiche, acque rinfrescanti e magiche (ci abitano le anguane), castelli da fiaba. Noi abbiamo scelto un percorso circolare che ci permette di entrare nel cuore di questa valle incastonata nelle Pale di San Martino, che fanno da anfiteatro naturale offrendoci una delle più belle scenografie alpine 62

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di tutto il Trentino. L’itinerario parte dalla località “Sabbionade”, nei pressi delle strutture Cant del Gal e Baita La Ritonda, tocca i ruderi della malga Pradidali e porta verso Malga Canali (m 1307), rustica e accogliente malga a conduzione familiare situata nella splendida e suggestiva Val Canali, protetta dai soprastanti pinnacoli della Cima d’Ostio e della Cima di Sedole. Malga Canali, facente parte del comune di Primiero San Martino di Castrozza, appartiene ancor oggi ai conti Welsperg. Questa antica famiglia ottenne in feudo la valle di Primiero il 22 settembre 1401 per volontà di Leopoldo IV,

DOVE MANGIARE E DORMIRE

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n Val Canali si possono trovare delle ottime strutture come il Ristorante Albergo Cant del Gal, tel. 043962997 e Baita La Ritonda, tel. 0439762223 oppure al soprastante Chalet Piereni (043962791) immerso nella natura. Non molto distante troviamo Malga Canali (m. 1300, tel. 3208326226). Dalla Malga, in 40 minuti a piedi, si raggiunge il Rifugio Treviso (m 1631) aperto dal 12 giugno al 30 settembre (tel. 043962311). Infine segnaliamo, nei pressi del laghetto Welsperg, il Ristorante Al Cacciatore, 0439762298 e il Camping Castelpietra, 043962426.


trentinoitinerari ANELLO MALGA PRADIDALI - MALGA CANALI Al bivio (m 1178), nei pressi del ristorante Cant del Gal, prendiamo a sinistra il segnavia n 709 (per il Rifugio Pradidali), toccando l’albergo La Ritonda e la Baita Don Bosco, salendo quindi lungo la Val Pradidali fino ad incontrare, sulla destra, una strada forestale che ci conduce alla soprastante malga Pradidali (m 1428, utilizzata fino agli anni ’60, ora abbandonata, era famosa un tempo per la qualità dell’acqua). Seguiamo quindi la stradina verso oriente che ci conduce, con leggero saliscendi e transitando per la conca del Pra d’Ostio, nei cui prati sono adagiati diversi masi che hanno mantenuto la tipologia edilizia di un tempo, fino alla malga Canali (m 1307). Rientro: si scende sulla sottostante strada e la si segue (segnavia n 707, la stessa che scende dal Rifugio Treviso) fino al punto di partenza, costeggiando le spumeggianti acque del torrente Canali. Tempi: Ore 2 circa Dislivello: 250 metri come atto di riconoscenza per aver aiutato il padre Leopoldo durante la battaglia di Sempach nel 1386. I Welsperg erano feudatari della Pusteria – ancor oggi esiste il castello e il paese porta il nome della potente famiglia –, e l’investitura del feudo del Primiero portò alla famiglia non solo i diritti dinastici di giurisdizione, di caccia, di aprire e coltivare miniere, di erigere dazi, d’incassare decime e livelli, di fabbricare e distruggere castelli, d’armare e disarmare i sudditi, di possedere terreni boschivi e pascoli, ma anche diritti che solitamente spettavano ai principi: scavare il sale, coniare monete, concludere contratti commerciali con stati esteri. Per la valle del Primiero questa infeudazione significò legare le proprie sorti a quelle della famiglia Welsperg per secoli, quasi fino alla sua estinzione. Dei tempi antichi sono rimaste nel ricordo – e nelle leggende – le guane,

che abitavano nel fitto del bosco della Val Canali, ai piedi del maniero Castel Pietra che incontriamo all’entrata della valle stessa. Per secoli i giovani dei villaggi si sfidarono in prove di coraggio che consistevano nel cercar di individuare ove fosse nascosta la casa delle guane ma non riuscirono mai a trovarla e, anzi, alcuni di quei poveri disgraziati non tornarono mai più a casa. Ne sanno qualcosa i pastori delle malghe che circondano la valle che spesso s’imbattevano in questi esseri fatati e non sappiamo se nella rovina di malga Pradidali ci sia lo zampino delle guane stesse. Infatti la malga Pradidali era famosissima per l’acqua miracolosa che vi scorreva vicino e sappiamo quanto gelose delle proprie acque siano le guane, esseri acquatici per eccellenza, e anche quanto possono essere vendicative: prima ammaliavano con la loro bellezza l’incauto pastore o viandante,

ACCESSO STRADALE La Val Canali si raggiunge deviando a sinistra dalla strada di collegamento che da Fiera di Primiero sale a Passo Cereda: indicazioni “Villa Welsperg – Centro visitatori Parco PaneveggioPale di San Martino”. Nella stagione estiva la Val Canali è raggiungibile anche con mezzi pubblici con più corse nell’arco della giornata (APT tel. 0439 62407). Punto di partenza/arrivo Località Cant del Gal (m 1178) poi lo trascinavano nelle prigioni buie di Castel Pietra. Strane luci allora apparivano e correvano sugli spalti, illuminando le stanze del palazzo principale: erano gli ultimi segni di vita. Poi dei disgraziati si perdeva ogni traccia. Proprio nei pressi dei ruderi del Castello

Il laghetto Welsperg con le maestose cime delle Pale di San Martino che si ergono dalla Val Canali 63

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trentinoitinerari SENTIERO TEMATICO TONADICO CIMERLO Dal parcheggio che incontriamo alla base del paese di Tonadico si sale per stradina alla chiesa di S.Vittore, alta sul dosso con splendida vista sull’intera piana del Primiero. Quindi a sinistra, seguendo sempre le indicazioni di una freccia bianca in campo rosso (Tonadico-Cimerlo di cui percorreremo soltanto un tratto) per antichi terrazzamenti e tamere, le case per il fieno, fino al Torrente Canali. Lo si supera per suggestivo ponte ligneo e, sfiorando la piccola cappella dedicata alla Madonna della Luce, si sale fino al Laghetto Welsperg (m 1020), sfiorando le pendici di Castel Pietra. Si prosegue per lo stesso sentiero e in 15 minuti si è alla sede-museo del Parco Paneveggio Pale di San Martino. Rientro: dalla stessa. Tempi: ore 1.30 andata, un po’ meno il ritorno. Dislivello: 300 m circa.

parte il facile Sentiero delle Muse Fedaie, che parte dalla vicina sede del Parco Paneveggio Pale di San Martino (www. parcopan.org, tel. 0439 765973), presso l’Ottocentesca villa Welsperg, un tempo residenza dei Conti omonimi, un complesso di tre edifici circondati da un giardino di aromi con labirinto, un grande prato-pascolo e una torbiera. Subito oltre la villa, al termine della nostra camminata, ci possiamo specchiare nelle limpide acque del laghetto Welsperg. Nella splendida cornice delle Dolomiti i più piccoli troveranno nella val Canali un luogo ideale per divertirsi all’aria aperta e svolgere attività sportive a contatto con la natura, come ad esempio il centro permanente Orienteering Park con itinerari con diversa difficoltà che si snodano tra prati e boschi, adatti sia ai praticanti abituali che a chi si avvicina par la prima volta a questa disciplina. Per l’ora di pranzo consigliamo la ghiotta opportunità dei Cheese nic con i prodotti della Strada dei Formaggi delle Dolomiti: se si prenota in anticipo con64

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tattando direttamente le strutture aderenti è possibile scegliere contenuto e orario del ritiro: da provare il Cheesenic 100% Primiero, pranzo take away con protagonista il pane artigianale locale, arricchito dai formaggi con il latte di

SENTIERO DELLE MUSE FEDAIE Nei prati dei boschi che circondano Villa Welsperg, la sede del Parco in Val Canali, è stato realizzato un percorso attrezzato ad anello che ci parla della biodiversità e della sua importanza per tutti noi. Il percorso, interamente pianeggiante e senza barriere, è lungo complessivamente 3,5 km, suddivisi in due anelli distinti, ed attraversa luoghi di grande pregio ambientale e paesaggistico, caratterizzati dalla presenza di una ricchissima varietà vegetazionale: a tratti di foresta si alternano infatti ambienti di prato, pascoli e zone umide. Primiero, dalla carne fumada di Siror abbinato alla birra artigianale e ad una fresca tisana alle erbe del territorio. Prima di rimettersi sulla via di casa, vale la pena fare un salto alle vicine fattorie didattiche dell’Agritur Dalaip o dell’Agritur Broch verso il Passo Cereda, distanti solo qualche minuto di macchina: qui i bimbi hanno l’occasione di avvicinarsi al mondo degli animali e scoprire attività uniche come l’ApiPet Therapy, dedicato ad api e miele o riscoprire l’andamento delle stagioni e lo scorrere del tempo. Insomma: se la natura è da sempre una grande scuola a cielo aperto, la Val Canali offre tutte le occasioni per una giornata di piccole grandi esperienze multidisciplinari in grado di accontentare tutta la famiglia, con mamma e papà liberi di ammirare uno degli scenari naturali più belli del Trentino. ■


sanmartino.com

@visitsanmartino


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“LA DANZA SENZA CONTATTO? NON È DANZA!” LO AFFERMA PATRICK ANG, GIOVANE VENTOTTENNE NATO NELLE FILIPPINE E CRESCIUTO A TRENTO. A LUI PIACE SPERIMENTARE ED È ALLA COSTANTE RICERCA DI UN MOVIMENTO CHE RIESCA A DEFINIRLO. REDUCE CON LA SUA COMPAGNIA – PAOWA TRIBE – DALLA FINALE DEL CONTEST TELEVISIVO ITALIA’S GOT TALENT, PROSEGUE IL SUO PERCORSO ARTISTICO E CREATIVO CON IL SUO SGUARDO VIGILE E ATTENTO DA “GUFO”, L’ANIMALE CHE LO DEFINISCE, SCELTO ED AUTO-ATTRIBUITO COME NELLA CULTURA DEGLI INDIANI D’AMERICA

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atrick ci ha raccontato dei suoi inizi e della sua esperienza durante il corona virus. Come è stato l’approccio alla danza? È iniziato per caso. Dei ragazzi che conoscevo che facevano break dance mi chiesero di provare. Io accettai e iniziai a mettermi in gioco ballando per anni in strada, fino a quando ho iniziato a studiare danza a Trento al Club La Fourmie. Quando è arrivato il passaggio all’hip hop e in cosa si differenzia dalla break dance? Della break dance mi hanno sempre affascinato le acrobazie, il fare cose strane e non normali, mentre l’hip hop è un genere più diffuso e ballabile da tutti. Alla scuola Club La Fourmie ho iniziato a studiare hip hop, uno stile sempre appartenente alla street dance. Ho studiato an-

che modern dance e danza classica e per alcuni anni ho anche danzato nella compagnia della scuola. Io non mi sono mai appassionato a un unico modo di ballare, mi piace esplorare e muovermi in una contaminazione di generi e stili. Come è giunta l’esperienza parigina e cosa ha significato? Quanto ho finito gli studi superiori ho provato a fare del-

I Paowa Tribe “in maschera” 66

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la danza la mia professione. Grazie al contributo e al sostegno del Club La Fourmie e la Provincia autonoma di Trento ho usufruito per un anno di una borsa di studio per una formazione professionale all’Accademia di danze urbane Juste Debout school di Parigi. Per me è stata l’occasione unica per conoscere nuovi stili e discipline e là sono stato scelto come ballerino per l’evento di

di Lara Deflorian

danza Section Show time. Mi sono messo completamente alla prova e quando sono tornato a Trento ho iniziato ad insegnare danza alla scuola Club La Fourmie e ad allestire qualche mia creazione con alcuni danzatori. Da dove è nato il bisogno di creare una compagnia, meglio definibile con il termine crew? Dalla voglia di non ballare più da solo. Avevo bisogno di una squadra per andare avanti. E così quattro anni fa ho fondato la compagnia Powa Tribe, con lo scopo di formare un gruppo di ballerini professionisti. Per il nome Powa Tribe mi sono ispirato alle tribù native americane, appartenenti ad una cultura che mi affascina molto. Siamo in 15, con un’età massima di 30 anni e di provenienza trentina e veneta. Ciascuno si è attribuito un nome di animale come facevano i nativi. Io sono il


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I Paowa Tribe a “Italia’s got talent”

gufo, colui che osserva e guarda tutti. Scelgo i danzatori e i componenti della mia crew sulla base del loro carattere, su come affrontano le difficoltà e i sacrifici necessari. Quando entrano in compagnia iniziano ad essere dei veri e propri compagni di viaggio, entrano a far parte di una famiglia con cui fare assieme non solo un viaggio professionale, ma soprattutto un viaggio di vita. Il motto dei Paowa Tribe è “stop dreaming – keep moving”: cosa significa? È un pro-memoria che aiuta a ricordare uno scopo e cioè quello che non bisogna restare fermi a sognare, ma è necessario lavorare sodo per ottenere ciò che si vuole, nonostante gli ostacoli che si incontrano. Questo è un motto che propongo quando insegno. È un scossa che sprona ad agire. Quali sono state le soddisfazioni maggiori? Come danzatore solista sono state le vittorie a competizioni nazionali e internazionali come ad esempio quella a Firenze Expression e quelle in Spagna Urban display e Vikul. Con il gruppo Powa Tribe, oltre ai premi e quindi ai risultati raggiunti nelle competizioni, la vittoria emotiva è sempre forte e ti rimane

In movimento

impressa anche quando non si vince. Questo ti aiuta a capire i propri limiti e aiuta a superarli e a migliorarsi. Cosa è necessario fare per prepararsi alle competizioni? Io cerco sempre di lavorare su qualcosa di particolare e diverso dal solito già visto. Creo insieme alla mia compagnia con la quale poi ci si divide i compiti. Un lavoro che necessita un forte impegno e quindi quando ci dobbiamo preparare per una competizione questa diventa la priorità. Proviamo soprattutto nei week end, dalle 14 ore in su. A inizio marzo siete arrivati alla finale della competizione televisiva Italia’s got talent con il pezzo “L’amore al tempo dei social” su una poesia di Simone Savogin: come è stata questa esperienza? È stata diversa dalle solite competizioni e dalle esibizioni teatrali. La forte emozione del grande pubblico e poi, l’attenzione necessaria alla costruzione dell’esibizione. La coreografica si muove insieme alla inquadratura e quindi sono stato molto attento a non creare cosa troppo complesse rispetto all’utilizzo dello spazio. Questo è stato un limite, ma anche una sfida, che penso di esse-

re riuscito a superare. Il mio timore era quello di non essere apprezzati e di non avere l’approvazione dei giudici. I commenti però alla fine sono stati molto positivi. In questo periodo difficile legato al Covid-19, quali progettualità si sono interrotte? E questo come ha inciso sulle attività professionali? A marzo con la compagnia in termini di visibilità eravamo all’apice grazie a Italia’s got talent. Questa crisi mondiale diciamo che ci ha tagliato un po’ le gambe… non siamo riusciti a cavalcare l’onda, poiché ovviamente l’attenzione si è spostata completamente sull’emergenza. Durante la pandemia si sono naturalmente interrotte le lezioni di danza alla scuola. Per dare modo di studiare e muoversi a casa abbiamo creato delle

lezioni di danza online in Istagram e renderle visibili a tutti. Questo periodo di lockdown e stato negativo, ma positivo perché ho avuto modo di lavorare molto su me stesso, di riflettere e crescere. Ho elaborato delle brevi creazioni utilizzando uno stile contemporaneo, diverse dal mio solito: più gestuali ed espressive, per rappresentare la mia esperienza Covid-19. Come Powa Tribe stiamo pensando ad uno spettacolo di circa un’ora su cui poter lavorare appena sarà possibile ripartire. Ho iniziato ad elaborare il tema. Pensando al prossimo futuro, cosa avverrà nel post covid? Io cerco di essere positivo. Per la danza e i professionisti di settore il covid ha reso le cose difficili. La danza senza contatto non è danza! Per il post covid i miei obiettivi sono riuscire a creare spettacoli da poter presentare in diverse piazze e viaggiare tanto per poter ancora studiare, fare esperienze per continuare a crescere professionalmente. Siete curiosi di vedere Patrick Ang e i Powa Tribe in azione? Cercateli sui loro canali social ufficiali Facebook e Instagram. ■ 67

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di Renzo Francescotti

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ra il 1986, quando il rimpianto Gian Pacher tracciava su l’Adige, nella sua rubrica “Storie di casa” questo ritratto di un personaggio sino ad allora quasi sconosciuto: ”Se è vero che il mondo, giorno dopo giorno, è sempre più piccolo, è altrettanto sicuro che Hong Kong – almeno per moltissime persone – non sta oltre il pianerottolo di casa. Così accade quando ad una giovane pittrice come Anita Anibaldi arriva l’invito ad esporre i propri lavori alla City Hall della metropoli asiatica. Il fascino e la suggestione dell’Estremo Oriente hanno la meglio: ”Me ne andrò ad Hong Kong…”. Estrae dalla valigetta di plastica una serie di altri affascinanti inviti: Berlino, Los Angeles, Tokyo e soggiunge: ”Per ora hanno viaggiato soltanto i miei quadri”. Anita Anibaldi, maestra elementare a Besenello dipinge da moltissimi anni, e non solo: scrive poesie e racconti per bambini, compone musica, suona la chitarra e il violino…”Dopo Pacher, negli anni, parleranno della Anibadi altri giornalisti e critici come Franco de Battaglia, Fiorenzo Degasperi, Silvia Vernaccini, Sergio Abram e Renzo Francescotti, che nel 2013 le dedicherà una sintetica monografia di una cinquantina

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ARTE “MULTITASKING” ANITA ANIBALDI COME PITTRICE INIZIA LA SUA ATTIVITÀ DI ESPOSIZIONI IN PERSONALI E COLLETTIVE A 25 ANNI, NEL FATIDICO 1968. IL SUO STILE GRAFICO STRIZZA UN OCCHIO ALLA POP ART di pagine. Dopo il diploma magistrale Anita si è sposata con l’architetto Carlo Trovanelli, docente, e ha messo al mondo due figlie Isabella, laureata in farmacia e Maristella, laureata in architettura. Lei ha insegnato nelle scuole elementari trovando tempo di fare tante altre cose: pittura, illustrazione, poesia, narrativa, attività culturali, incarichi sociali. Una “multitasking”... Come pittrice inizia la sua attività di esposizioni in personali e collettive a 25 anni, nel fatidico 1968. I lavori più interessanti di quella

prima fase della sua carriera artistica sono le grafiche e le incisioni (acqueforti e acquetinte). In queste tecniche molto impegnative non è però una dilettante, e nemmeno un autodidatta: ha seguito i corsi di incisione all’Accademia “Cignaroli“ di Verona. Del 1972 è La dieta, un’opera grafica a chine e pastelli che, nonostante le sue piccole dimensioni rappresenta per me una delle sue cose più belle. In essa il bianco e nero e il colore si giustappongono: il primo è affidato alle sottili, sinuose linee tracciate dalla china a penna;

mentre i colori luminosi sono quelli dei pastelli. Il volto della donna è una topografia in cui convivono altre piccole immagini, in una tecnica di scomposizione e ricomposizione che rende omaggio al cubismo analitico. Sulla destra la mano che impugna la cornetta va a sfiorare padelle e appendiabiti. Le padelle alludono alle preoccupazioni della dieta, gli appendiabiti a quelle della moda. C’è probabilmente anche una strizzata d’occhio alla Pop Art e un’atmosfera ironica che è forse la cosa più interessante di que-


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1995. Anita Anibaldi con Renzo Francescotti e Mariano Fracalossi

sta grafica. A testimoniare la continuità dell’impegno nella creazione grafica la Anibaldi, esattamente venti anni dopo l’opera citata, realizza Alla finestra, una china e pastelli su carta di circa cm 35x 50. A dimostrazione di come l’artista si sappia rinnovare, si tratta di un lavoro molto diverso da quello di un ventennio prima: la parte in bianco e nero viene abbandonata, prevale il colore, il rosso e gli azzurri tenuti sottotono. Ma la parte più nuova è quella affidata a geometrie verticali e orizzontali che si giustappongono alle linee curve centrali. Anche qui è una figura femminile a riempire la scena, affacciata alla finestra tra le imposte e un telaio azzurri, mentre al centro, nella donna affacciata, si contrappongono le linee curve: quella delle spalle e delle braccia, del volto e delle chiome vistosamente arricciate, e quelle dei molti braccialetti di vari colori, infilati all’africana nell’avambraccio piegato in alto della donna. La quale appare pensosa, misteriosamente assorta, rea. Realizzata con abile tecnica è un’opera figurativa ma che allude all’astratto, un territorio che la nostra artista non ha mai frequentato, pur in certi casi affacciandosi sulla soglia. Come in Vallagarina (2002)

un olio, argento e oro (uno spruzzo di raffinatezza bizantina) su tela molto suggestiva, tutta giocato cromaticamente sugli azzurri e linearmente sulle curve degli alberi stilizzati, in una vaga atmosfera vangoghiana. Lavanda (1998) è invece un delicato olio su tela di piccolo formato (40 x 50 cm) in cui i fiori del campi di lavanda in primo piano sono resi con pennellate quasi informali. Peccato che la nostra Anita ci regali tele originali come queste ma poi, farfalla inquieta com’è, se ne voli via andando ad annusare altri fiori, altre piante, altre cose… A braccetto della Anibaldi pittrice va la illustratrice. Non sono molti nella storia gli scrittori che hanno illustrato le loro opere: Anita l’ha fatto di tutte. Le fiabe Mylo ( Reverdito,1982); L’avventura di un merlo (Temi, 1999); La fuga delle Alpi (Curcu Genovese, 2016); e La

tana del lupo, che una fiaba non è, ma un racconto anche violentemente realistico. In quest’ultima opera l’abilità di questa illustratrice raggiunge probabilmente i suoi vertici, in una perfetta simbiosi tra testi e disegni. Questi alternano esempi in uno stile realistico, di forte impatto, con altri in uno stile geometrizzante (come il muso triangolare del lupo ululante, che si allinea con i triangoli delle vette dolomitiche). La nostra artista trentina non ha illustrato solo libri suoi, ma anche quelli di altri: ad esempio l’antologia delle poesie premiate del Concorso Nazionale ”Alicante”, nella sua trentesima edizione. Oppure il libro di chi scrive Il dialetto in-forma (Curcu Genovese, 2013). E occupiamoci un po’ dell’Anibaldi in versi. Aveva solo 16 anni quando vinse il primo premio con la poesia La morte e la vita (tema insolito per una sedicenne). E nel 2003 ha pubblicato la silloge L’energia dell’anima, Casa Editrice Internazionale Libro Italiano, premio Selezione 2003. E non ha trascurato nemmeno la poesia in dialetto. Lo scorso 10 maggio un quotidiano locale ha pubblicato la sua lirica dedicata a sua nonna, che ha questo inizio. ”No saverìa / parlar en dialet / se no fus per me nona…”. E questa conclusione: ”Tant poderìa contar / ma g’ho za ’n grop en gola / popina mai cressuda / ’ndèi oci dela nona.” A sua nonna materna Angela ha voluto un sacco di bene: ha scritto questa poesia in

trentino e un’altra in italiano, pubblicata nella sua raccolta. Addirittura, a dodici anni, (talento naturale anche in pittura oltre che in poesia), le ha fatto un ritratto a matita (pubblicato nella sua monografia), ove sua nonna appare straordinariamente reale. Anche perché la nipotina l’ha ritratta a sanguigna, di profilo, a braccia conserte, con il suo braccio destro paralizzato. Meravigliosa sincerità dell’infanzia… Ma il profilo di questa donna non sarebbe completo se non dicessimo qualcosa anche della Anibaldi attiva nel sociale. Fa parte del direttivo della storica Pro Cultura, giunta quest’anno al suo centoventesimo anno; è socia dell’UCAI, l’associazione degli artisti cattolici, come pure della FIDAPA, l’associazione delle donne artiste e professioniste. È stata per diversi anni consigliere nella Circoscrizione di Oltrefersina, responsabile anche della commissione urbanista. Abitando praticamente sul Fersina ci tiene a raccontare come per anni ha lottato perché fosse aperto al passaggio a senso unico delle macchine , il ponte di ferro delle Dame di Sion. È un ponte molto utilizzato per via del Liceo “Galilei”. Ma era solo per pedoni o ciclisti, e le automobili di chi portava a scuola i figli dovevano fare un largo giro. Ponendosi il problema, come madre e come insegnante, la nostra eroina ha lottato tanti anni, e finalmente ha risolto il problema. Ma quant’è brava la nostra Anita “multitasking”! ■ 69

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n amore profondo per la natura e una sensibilità spiccata per l’arte contemporanea e il suo fascino evocativo: è da questo mix che, nel 2014, è nato il Premio Floricoltura Valentino Roncador, nell’ambito del Simposio Luci e Ombre del Legno, la manifestazione artistica che dal 2002 porta scultori di tutte le nazionalità nell’altopiano del Tesino. L’artista vincitore del Premio Roncador viene ospitato l’anno successivo al vivaio di Mezzolombardo, per realizzare in loco una scultura che poi rimane in visione al pubblico tra fiori e piante verdi. Col passare degli anni, quindi, la floricoltura si è popolata di opere d’arte e il vivaio è diventato uno spazio espositivo assolutamente originale. I visitatori che arrivano in cerca di piante o attrezzi per il giardino, si trovano così a passeggiare tra incantevoli sculture in legno, trasportati in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo, dove i pensieri scorrono tra realtà e sogno. Tutto è iniziato nell’estate del 2014, quando Matteo Ron-

QUANTO L’ARTE INCONTRA LA NATURA DALLA COLLABORAZIONE TRA IL SIMPOSIO LUCI E OMBRE DEL LEGNO E FLORICOLTURA RONCADOR È NATO IN QUESTI ANNI UN PREMIO SPECIALE CHE PORTA FAMOSI SCULTORI A REALIZZARE OPERE DA ESPORRE NEL VIVAIO DI MEZZOLOMBARDO. QUEST’ANNO TOCCA ALL’ARTISTA PIEMONTESE STEFANIA NICOLO 70

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trentinomese cador si trovava a Castello Tesino per la manifestazione “Comuni Fioriti”: “Girando per il paese mi sono imbattuto nelle opere nel Simposio Luci ed Ombre del Legno, l’appuntamento organizzato dal Centro Documentazione del Lavoro nei Boschi, e ne sono rimasto colpito. Decine di scultori da tutto il mondo erano riuniti in Tesino per sfidarsi a colpi di scalpello e produrre pezzi unici di arte e cultura valorizzando sia una risorsa locale, come il legno, sia il territorio. Qualche mese dopo, qui a Mezzolombardo abbiamo dovuto abbattere un Cedrus libani di 60 anni e ci siamo chiesti come fare per non sprecare quel legno pregiato. Subito ho pensato di far realizzare una scultura da mettere in vivaio e mi è venuto naturale chiedere aiuto agli organizzatori del Simposio Luci ed Ombre del Legno, che mi hanno messo in contatto con l’artista a cui ho commissionato quella che è la prima opera del vivaio”. L’esperienza è così entusiasmante che Matteo Roncador, decide di proseguire: ed è così che nasce il Premio

Floricoltura Roncador. Un riconoscimento speciale che ogni anno viene assegnato ad uno dei partecipanti del Simposio Luci e ombre del Legno. A vincere il Premio Roncador nel 2019 è stata Stefania Nicolo, giovane ma talentuosa biellese che è famosa come “la scultrice delle fate”. Le sue opere, infatti, sono tutte contraddistinte da un’atmosfera fiabesca. L’artista parte sempre da suggestioni e ricerche, che poi traduce in forma tridimensionale lavorando il legno e dipingendolo in tonalità delicate, che lasciano intravedere le venature della materia prima: “Adoro il mondo della fantasia, le leggende e le fiabe, perché comunicano con immediatezza e al tempo stesso lasciano spazio all’immaginazione”. L’opera realizzata la scorsa estate in Tesino si intitola “La leggenda dei Monti Pallidi” ed è ispirata alla popolare fiaba che racconta l’amore tra un principe terrestre e una fanciulla della Luna e poeticamente spiega l’origine del colore argenteo delle Dolomiti. “È davvero una grande soddisfazione essere stata selezionata e aver vinto questo premio, perché il Simposio in Tesino è un appuntamento prestigioso, che offre la possibilità di confrontarsi con artisti da tutto il mondo”. La vittoria del Premio Floricoltura Valentino Roncador la porterà nelle prossime settimane (compatibilmente con le disposizioni che regolamentano gli spostamenti) in Trentino, per realizzare un’opera da esporre al vivaio Roncador di Mezzolombardo. La sua scultura andrà ad affiancare le altre realizzate in questi anni da Alessandro Pretto, Ionel Alexandrescu, Dino Damiani, Inma Garçia Arribas e Lara Steffe e noi avremo un motivo in più per visitare il vivaio, dove natura e arte si intrecciano in un ■ connubio magico.

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e diciamo “aperitivo” oggi pensiamo a una bevanda fresca, accompagnata da stuzzichini, spesso anticipazione di una cena condivisa con le persone a cui vogliamo bene. Un rito al quale non abbiamo rinunciato nemmeno in questi mesi di quarantena: la tecnologia ci ha permesso di tenere vivi i nostri rapporti e di condividere anche questi piccoli momenti di piacere tra chiacchiere e un brindisi a distanza. L’aperitivo non è un’abitudine contemporanea: già molto tempo fa, infatti, si usava far bere prima dei pasti a chi non mangiava volentieri. Un tonico, un intruglio di erbe era proposto proprio per stimolare l’appetito. Antica Erboristeria Cappelletti nasce nel 1906 come azienda che produce e commercializza erbe e spezie. Il suo fondatore, Giuseppe Cappelletti, crea proprio tonici curativi a base di erbe e alcol. Nasce così intorno al 1920 Elisir Novasalus, un amaro digestivo e depurativo - prodotto ancora oggi

ANTICA ERBORISTERIA CAPPELLETTI ELISIR NOVASALUS, UN AMARO DIGESTIVO E DEPURATIVO CHE SI PRESENTA ANCORA NELLA SUA ETICHETTA COME “VINO APERITIVO” simbolo dell’azienda - che si presenta ancora nella sua etichetta come “vino aperitivo”. Negli anni le lavorazioni si sono moltiplicate, dando vita anche a un nuovo bitter alcolico perfetto per ogni aperitivo e adatto alla miscelatura per diversi cocktail: Il Specialino, un vino aromatizzato ottenuto attraverso l’infusione di erbe alpine amare e spezie, caratterizzato dall’aroma intenso di arancia e note erbose e dal colore rosso rubino naturale dato dalla cocciniglia. Proprio per rispondere alle esigenze di questo periodo, in cui siamo stati invitati ad avere ancora alcune attenzioni rispetto alle nostre uscite, l’erbori-

steria Cappelletti ha aggiunto alle sue produzioni quella di un NEGRONI. Il più famoso cocktail dell’aperitivo potrà infatti arrivare nelle case già miscelato e pronto all’uso, a cui aggiungere solo ghiaccio e la classica scorzetta d’arancia. Gli ingredienti sono tutti di produzione Cappelletti miscelati in parti uguali come vuole la ricetta: Vermouth Rouge, Specialino e Gin Cup. I prodotti Cappelletti portano con sé la storia, la tradizione i sapori del nostro territorio e sono prodotti che all’estero competono con grandi marchi famosi di produzione industriale. La qualità e l’artigianalità li rendono unici. Ora possiamo ripartire, facciamolo con i prodotti del nostro territorio. #ioscelgotrentino

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trentinopanorama

di Fabio De Santi

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l battito del rap trentino ha anche le tonalità forti della SinCensura. Un trio che dal 2015, con la forza delle sue rime, si è messo in evidenza anche oltre la scena locale grazie all’impatto della loro musica. Una crew formata da ragazzi che vivono in Trentino ma hanno anche radici in altri paesi europei. In questa intervista la SinCensura svela la sua anima profonda e tutte le sue ambizioni che si legano ad una scena trentina, fra rap e hip hop, da tenere sotto stretta osservazione. Quali sono le origini della SinCensura? Il nucleo originale nasce nel 2015 quando cinque amici con una passione in comune, ovvero la musica, decidono di formare una crew hip hop per far sentire al mondo la propria voce, iniziando così a registrare i propri brani e ad organizzare concerti. La line up attuale è a tre e viviamo nella zona di Pergine Valsugana. Abbiamo origini diverse: NastyKush è nato in Russia, a Mosca, Masaaki in Francia, a Montpellier, ed entrambi si sono trasferiti in Italia da bambini, mentre Ranabis è l’unico del trio ad essere nato a Trento. E il vostro nome cosa vuole delineare? SinCensura sta per “Senza censura”: la nostra musica è quello che siamo realmente, non facciamo musica costruita. Non trattiamo determinati argomenti solo perché di tendenza, diciamo quello che vogliamo, senza censurare in alcun modo il nostro messaggio. Parliamo delle vostre prime mosse nel mondo della musica? Tutto è iniziato seriamente quando abbiamo comprato le prime attrezzature per registrare, da li abbiamo inco76

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SINCENSURA UNA CREW FORMATA DA RAGAZZI CHE VIVONO IN TRENTINO, MA HANNO ANCHE RADICI IN ALTRI PAESI EUROPEI. DA TENERE SOTTO STRETTA OSSERVAZIONE... minciato a produrre la nostra musica autonomamente, a girare i primi videoclip e organizzare i primi concerti in zona: il primo al Magenta, una palestra in loc. Acquaviva di Besenello. Poi abbiamo iniziato a collaborare con colleghi trentini e non solo, facendoci conoscere ancor di più sulla scena locale. Il primo ad essere uscito con un disco è stato Ranabis che nel 2017, dopo il successo di “Playa Del Carmen”, ha pubblicato il suo primo Ep omonimo. Poi cosa avete prodotto? Nel 2018 Ranabis ha lanciato “Ranabis 2”, il suo secon-

do Ep, mentre NastyKush lo scorso anno ha registrato “NastyCrazyProject” il suo primo progetto da solista”. In questo lasso di tempo abbiamo avuto la fortuna di suonare in molti eventi locali, e anche fuori regione, per esempio a Brescia per un contest, e più lontano a Brighton in Inghilterra. Ci piace ricordare il concerto al teatro SanBapolis di Trento, nel quale hanno partecipato anche Drimer & Ares Adami (pilastri della scena hip hop trentina), la Powa Tribe (crew di ballo locale) e non solo. Quali sono i vostri riferi-

menti musicali italiani e stranieri? In linea generale abbiamo molti riferimenti in comune, questo ci dona sintonia nei brani e sul palco. Per esempio la vecchia scuola statunitense degli anni 90/00, nomi come Dr.Dre, Eminem, 50 Cent, Snoop Dogg, Ice Cube e i Wu Tang. Poi ognuno ha i suoi riferimenti più personali, parliamo di artisti italiani e anche stranieri, non solo del genere rap. Ci sono dei messaggi legati alla vostra musica: e se sì, quali? In ogni nostro brano cerchiamo di trasmettere un messaggio, che varia in base al contesto in cui lo abbiamo scritto e al periodo della nostra vita in cui lo abbiamo registrato: cantiamo quello che siamo. Scriviamo la nostra sofferenza, parliamo degli ostacoli della vita e del nostro modo di affrontarli. Ultimamente stiamo cercando di indurre i nostri ascoltatori ad approcciarsi in modo meno superficiale alla musica e all’arte in generale, e a saper riconoscere il talento e differenziarlo da tutta la spazzatura che gira adesso.


trentinopanorama Vi sentite parte di una scena rap e hip hop trentina? Assolutamente sì, facciamo parte della scena musicale trentina, e siamo pure una parte portante. SinCensura è la scena rap di Trento insieme ad altri ovviamente. A questo proposito siete aperti a featuring e collaborazioni? Abbiamo collaborato con molti nomi in Trentino Alto Adige, artisti del calibro di Ares Adami, Santiegaz, Big House e AltaScuolaDegrado, nella scena da molto più tempo rispetto a noi, e anche con ragazzi più giovani che hanno cominciato dopo di noi. Inoltre abbiamo lavorato con grafici, videomaker e ballerini di rilievo in regione, per esempio con Simone Endrizzi per le riprese e il montaggio di “Akj2”, con Woser per la realizzazione delle grafiche di “Ranabis 2” e con dei membri di Powa Tribe per il video Cabròn. Come nasce di solito un pezzo della SinCensura? Prima di tutto noi tre siamo amici, molto amici, e questo fattore è molto importante in una crew, di conseguenza passiamo parecchio tempo assieme, durante la quarantena di quest’anno abbiamo vissuto assieme per 3 mesi. Diciamo che non c’è un processo prestabilito per la creazione dei nostri brani, a volte nascono mentre ci stiamo divertendo facendo del freestyle, a volte l’idea nasce da uno di noi che poi la espone al gruppo, per esempio uno trova l’argomento di cui vorrebbe parlare nella canzone, poi ognuno con una strofa dice la sua riguardo a quell’argomento, aggiungiamo un ritornello, giriamo un video ed ecco fatto il brano. Parliamo dei live: come vivete la dimensione on stage? Beh, c’è sempre una certa tensione prima dei nostri concerti ma siamo in tre e quindi ci diamo supporto a vicenda,

nei live siamo spesso meglio che nelle canzoni. Lo show che vi portate nel cuore? Nel 2018, dopo l’uscita di “Ranabis 2”, ci chiamarono per andare a cantare a Brighton, in Inghilterra, avevamo tutto pagato, volo, alloggio e spostamenti. È stata una delle esperienze più belle della nostra vita, viaggiare per fare quello che ami è fantastico. Veniamo al vostro presente. A fine 2019 è uscito “La Situa”, pezzo in cui siamo presenti tutti e tre, ha avuto subito un riscontro positivo in regione, raggiungendo in poco tempo i 40mila streamings su Spotify. È un pezzo diverso dai nostri soliti, con una base che ricorda l’house e la techno. Invece a inizio 2020 abbiamo lanciato “Freddo”, brano registrato in Mexico a Playa del Carmen accompagnato da un videoclip. Quando uscirà il vostro album e cosa ci potete anticipare? Non abbiamo ancora stabilito una data ufficiale, ci stiamo ancora occupando dei lavori di post produzione. Possiamo dire con certezza che uscirà quest’estate, con tanto di copie fisiche, e non l’abbiamo mai detto fino ad ora, si chiamerà “Rakuma”. Sogno nel cassetto? Lasciare un messaggio positivo nel mondo e vivere di musica. Perché un lettore di Trentinomese dovrebbe ascoltare il rap della SinCensura? Perché siamo i più veri in regione e nessuno lo fa come lo facciamo noi, siamo partiti da zero, non veniamo da famiglie ricche o benestanti, ci siamo sempre arrangiati e nessuno ci ha mai regalato niente, abbiamo lavorato duramente e con molta dedizione per arrivare dove siamo ora. Per tutto questo dovreste ascoltarci. ■

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trentinopanorama

di Fabio De Santi

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ei quasi tre mesi di l o c kd o w n c a u s a t i dall'emergenza coronavirus la musica, anche quella legata agli artisti trentini, ha trovato una sua forte dimensione legata al virtuale. Su queste pagine, nel numero di maggio, abbiamo parlato dell'iniziativa creata dalla pianista trentina Isabella Turso con l'@iorestoacasafestival fatto di dirette Instagram live portate avanti per ben nove settimane, ma la fonte principale di trasmissione sonora è passata attraverso video realizzati ovviamente in una dimensione di totale casalinghitudine e diffusi anche tramite Facebook e Youtube. In testa ai clic, oltre centomila, il videoclip della cantautrice Caterina Cropelli che ha registrato nella sua abitazione le immagini legate al brano “Duemilacredici”. La Cropelli, che ha appena pubblicato il

VIDEO DA LOCKDOWN TANTI ARTISTI TRENTINI – BLOCCATI DALLA SITUAZIONE PANDEMICA – HANNO TROVATO SFOGO DAVANTI ALLA PLATEA VIRTUALE. VEDIAMO COME... suo primo album omonimo, per l'occasione si è improvvisata anche sceneggiatrice, scenografa, regista e editor, dando vita tra le mura di casa sua ad un piccolo corto che racconta con grazia i giorni di isolamento. Per rimanere nell'ambito delle cantautrici diversi i video realizzati da Eli-

sa Olaizola, in arte Maitea, fra chitarra acustica e voce: su tutti, per noi, le cover di “Life on Mars?” di Davide Bowie e di “Mad world” dei Tears For Fears. Era il 1999 quando i Verdena incidevano il loro primo album da cui è tratto il brano "Valvonauta" riproposto in una versione più

morbida e malinconica dai Reversibile sui loro social: "Abbiamo scelto questo brano - spiegano i tre musicisti di Trento - perchè pur essendo un pezzo piuttosto cupo lancia un messaggio di speranza, un "va tutto bene" al quale ci stiamo aggrappando in questi momenti pesanti e

SAMSA DILEMMA: NUOVO ALBUM NEL SEGNO DI FRANZ KAFKA

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a capacità di raccontare cose drammatiche, nichiliste e terribili usando degli uptempo saltellanti, accordi serenamente maggiori, voci smooth & cool, interventi di (apparente) spensieratezza, arrangiamenti senza fronzoli. È questo uno dei punti di forza della band trentina dei Samsa Dilemma che lanciano in queste settimane il loro secondo album “Everyday Struggle” prodotto da Kutmusic. Se il primo lavoro “Wake Up Gregor!!”, uscito nel 2017, aveva visto all’opera il duo Riccardo Pro-Daniel Sartori, questo disco è invece il frutto di un quartetto, con l’aggiunta del batterista Fabrizio Keller e del bassista Fausto Postinghel. Il nuovo duo ritmico risulta assolutamente funzionale alla scrittura degli altri due e anzi non mancano le occasioni di improvvisazione e scrittura dell’intera band, da cui si sviluppano alcuni temi presenti nell’album. A segnare “Everyday Struggle” anche alcune importanti collaborazioni a partire da quella con ievo: Enrico Merlin quale art director ma anche co-autore e chitarrista in uno dei brani (21 November 2018); Marco Ober come ingegnere del suono; Vanessa Cremaschi al violino che ha alle spalle collaborazioni con Blixa Bargeld, Teho Teardo, Franco Battiato; Chiara Morstabilini alla viola; Paolo Trettel al flicorno mentre l’ex bassista Fabrizio Costantino, pur vivendo ora in un’altra città, non ha abbandonato il progetto, continuando

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a contribuire da remoto al lavoro del gruppo con editing ed arrangiamenti. Se “Wake Up Gregor!” convogliava le difficoltà di Pro e Sartori nel sentirsi adatti a vivere una vita ‘normale’, ritrovandosi nella metafora dell’insetto kafkiano, “Everyday Struggle” va dritto al punto. Lo sforzo di scambiare il dolore con uno stato di grazia di Pro ed il bisogno di riparazione di Sartori sono più potenti, più diretti di quanto siano mai stati


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web anche fra due dei più conosciuti musicisti della Val di Non, Massimiliano Santoni e Felix Lalù, che hanno trasformato il brano tratto dal cd "No Hablo Ladino" vestendolo di sonorità tra elettronica e trip hop. Fra i progetti più interessanti quello dei musicisti dell'OrcheXtra Terrestre con il video legato al brano in ladino “Èlbes Dolomic” ovvero “Chiare Dolomiti”: una produzione a distanza unita alla solidarietà per sostenere l'impegno di Emergency nella lotta alla pandemia in Italia e nel mondo. ■

prima. “L’insetto Gregor - spiegano le note che accompagnano il cd - è sceso dal letto, è uscito in strada, vi parla, vi urla contro, vi racconta le sue pene e vi prende anche un po’ in giro mentre gli passate vicino un po’ distratti. Per entrare nel mondo dei Samsa Dilemma bisogna partire anche dal loro nome che si riferisce ad uno degli incipit più celebri della storia della letteratura come quello de “La metamorfosi” di Franz Kafka: il dilemma di un uomo, Gregor Samsa, che come tale si mette al letto la sera e si sveglia al mattino – dopo sogni travagliati – trasformato in un grande mostruoso insetto. Sono ancora un uomo in qualche modo o sono davvero un mostro? Questo il dilemma che si pone davanti all’umanità intera, mentre scatena i più terribili drammi della storia, materia di cui il leader della band, Riccardo Pro, è grande appassionato. Purtroppo non è solo la storia ma anche l’attualità a porci ancora oggi questo dilemma.

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Isabella Turso

di Fabio De Santi

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o, il suo nome vero non lo si puo scrivere, anche se ovviamente lo si comprende guardando i video. Questione di privacy, si fa per dire. Lui è il Bepi da Calceranica al Lago, ma nella vita vera è un tecnico radiotelevisivo trentino piuttosto conosciuto, protagonista dei tre video, quattro se si considera quello del making of - backstage, targati “L’uomo nella botola”. Oltre diecimila i clic su Youtube per quello che è diventato uno dei must trentini durante il periodo di quel lockdown che per fortuna ci siamo lasciati alle spalle. In questa intervista, strappata in esclusiva per Trentinomese, il Bepi da Calceranica racconta tutti i segreti delle sue avventure sotterranee. Come nasce l’idea de “L’uomo nella botola”? Prima di tutto: Lei ce l’ha il modulo per fare le intervi-

L’UOMO NELLA BOTOLA LUI È IL BEPI DA CALCERANICA, MA NELLA VITA VERA È UN TECNICO RADIOTELEVISIVO, PROTAGONISTA DI UNA “SERIE” YOUTUBE CON MIGLIAIA DI CLIC... ste? Mi faccia vedere! L’idea nasce dalla voglia di sdrammatizzare l’evento che ci ha colpiti. Dopo una settimana di blocco totale ho cercato di distrarmi: prima creando un video per genitori e figli quarantenati - 10 cose da fare a casa con i figli - #iorestoacasa - poi con la storia del Bepi, con la pretesa di strap-

pare sorrisi dietro le tristi mascherine. E lo spunto per la storia? Si lega ad un fatto realmente accaduto. Durante la quarantena ho continuato a lavorare e a stampare moduli di autocertificazione per gli spostamenti fra Trento e Calceranica incappando anche nei controlli stradali, ma nessun

problema. Un pomeriggio ero fuori con la mia famiglia per concedere ai miei figli piccoli almeno una mezz’ora d’aria e luce solare. Sulla via, mentre altri spremevano i cani fin dal mattino, incappammo in un controllo un po’ più “rigido” del solito, che ha stimolato l’esasperazione comica della storia.

INDIGO DEVILS: UN LOCKDOWN A TUTTO ROCK’N’ROLL

È

stato un lockdown a tutto rock’n’roll quello vissuto dagli IndigoDevils, una delle più note e amate formazioni della scena trentina. Una primavera particolare, come quella di tutti noi, per Edwin Degasperi, basso e voce, Riccardo Tosin, chitarra, Andrea Arighi, tastiere, Luca Boninsegna sax e Simone Rigon, alla batteria, che durante il periodo della clausura obbligata per le regole dell’emergenza coronavirus hanno lavorato, naturalmente in remoto, anche alla realizzazione di nuovi videoclip. Dopo il tour successivo all’uscita dell’Ep che voleva consacrarli definitivamente come band che pro p one brani originali e non più cover, gli IndigoDevils avevano abbandonato la dimensione live per dedicarsi alla scrittura di nuovi brani e per loro la quarantena è arrivata nel momento

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meno opportuno perché stavano tornando sulla scena live, pronti per far ascoltare ai loro fan l’energia di alcune nuove tracce. Fra le ultime produzioni video anche la riuscitissima cover di Elvis Presley “I’ve got a thing about you” una delle canzoni più romantiche del grande musicista statunitense che in questo caso, per gli Indigo, vuole essere un inno all’amore per la musica e per tutti coloro che li seguono e li supportano. L’altra produzione video è quella del brano “TheGirl Of The Next Door” con la quale la band ha celebrato i suoi primi sette anni di musica. In questo caso si vedono i fan ballare durante le faccende entrate nella quotidianità di questa quarantena, alternati ai cinque diavoli mentre suonano “The Girl Of The Next Door” ognuno nella propria casa. “Quando abbiamo iniziato a suonare insieme, sette anni fa, era un gioco per noi. Eravamo solo cinque ragazzi che volevano suonare il blues. Ora la musica rimane la più grande passione, ma è anche un dovere nei confronti di chi crede in noi. Ci sentiamo davvero fortunati ed onorati ad avere così tante persone che ci seguono e ci sostengono anche in questo momento. Abbiamo chiamato e loro hanno risposto, facendoci commuovere per il gran calore e affetto che ci hanno trasmesso, partecipando a questa iniziativa”. “TheGirl Of The Next Door” è l’ultimo singolo tratto dall’Ep 2.0 ed unisce le sonorità di un pop-rock


trentinopanorama Ma se finisce la carta della stampante cosa succede? È quello che accade al Bepi. Un piccolo dramma: non può più stampare i moduli di autocertificazione per giustificare l’uscita di casa. A Calceranica al Lago c’è un controllore molto severo e molto attivo, a tutte le ore. Dopo trenta giorni e preso dai morsi della fame, l’uomo decide di uscire in un modo “alternativo”. E quale sarebbe? Non potendo uscire in superficie, il Bepi cerca di ritrovare l’ingresso di una rete di cunicoli sotterranei, realizzata in tempo di guerra dai tedeschi. Un’ambientazione quasi tutta “underground”. La maggior parte delle riprese sono avvenute di notte e per lo più “bona la prima”. Era tutto pensato in modo ”analogico” e quindi è stato facile costruire il mondo sotterraneo che volevo. La botola esterna invece, è quella del contatore dell’acqua…anzi mi ha fatto ricordare che dovrei anche richiuderla. Qual è il messaggio che vogliono lanciare i video di

questa storia in lockdown style? È quello di non farsi travolgere dagli eventi. Fra gli ospiti “invisibili” anche Nonna Nunzia, e poi chi l’ha aiutata? Nonna Nunzia, al secolo Mario Cagol, è stato di grande supporto. L’ho chiamato: “Mario, set a Jesolo ‘n spiaggia?”. E lui : “Veramente son a casa…”. Ha dato la stoccata giusta al momento giusto con la simpatica nonnina, ma soprattutto mi ha dato tante dritte. Poi mi serviva un irreprensibile Agente dalla cadenza ferrea e non trentino, Luca Cardin, collega di lavoro, il cui accento romano ha dato forza ad alcuni episodi. Giuseppe D’Agostino, altro collega, interpreta il siciliano che non necessita di moduli. Max aveva la voce giusta per l’idraulico, Marc ha interpretato un passante, mia moglie ha schiacciato rec quando ero nella bocca di lupo, due scenografi hanno costruito con le assi dell’orto e chiodi magnifiche gallerie e cunicoli antichi: uno ha 4 anni, l’altro 6. ■

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moderno al gusto inconfondibile degli anni ‘50, cosa in cui i Diavoli Indaco sono fortissimi. Sul loro futuro gli Indigo hanno le idee chiare: “Come prima cosa – raccontano – abbiamo intenzione di tornare in sala prove e provare di nuovo quella meravigliosa emozione che è fare il rock ‘n’ roll tutti insieme. Vogliamo ripartire da dove siamo stati interrotti, anche se già sappiamo che dovremo imparare ad adattarci alle nuove ESEGUIAMO I SEGUENTI SERVIZI: disposizioni ed ingegnarci Rottamazione Veicoli per trovare strade alternaEmissione pratica PRA con cancellazione veicolo tive per diffondere il verbo Ritiro del mezzo presso il cliente del rock ‘n’ roll”. Poi c’è un WIR BIETEN FOLGENDE DIENSTE AN: nuovo disco all’orizzonte: Verschrottung des Fahrzeuges “Vogliamo proseguire con Abmeldung beim Kraftfahrzeugamt la produzione dell’album, Abholung des Fahrzeuges direkt beim Kunden quindi entreremo in studio a breve. Per quanto riguarda l’attività live non ci siamo rassegnati e stiamo già lavorando adSocieta’ alcuni Societa’ soggetta di all’attivita’ di edirezione e coordinamento di Gruppo SpaGiotto via Giotto – 39100 Bolzano.Das DasUnternehmen Unternehmen untersoggetta all’attivita’ direzione coordinamento da partedadiparte Gruppo SantiniSantini Spa via 4/a 4/a – 39100 Bolzano. untersteht und der Leitung und Koordination derSantini GruppeAG Santini • CF &02754960215 P.IVA 02754960215 & MwSt.Nr. 500.000i.vi.v v.e.Gesellschaftskapital Gesellschaftskapital steht der Leitung Koordination der Gruppe • CFAG & P.IVA St.Nr.St.Nr. & MwSt.Nr. Cap.Cap. soc.soc. 500.000 - -v.e. Registro imprese: CCIAA BZ,diNumero di iscrizione 02754960215 • Eintragung die Handelskammer Bozen, Eintragungsnummer 02754960215 02754960215 progetti per riadattare il nostro spettacolo per proporloUfficio ad Registro unUfficio imprese: CCIAA BZ, Numero iscrizione 02754960215 • Eintragung in dieinHandelskammer Bozen, Eintragungsnummer CF & P.IVA 01535160210 St.Nr. & MwSt.Nr. Banca Cassa di Risparmio di Bolzano pubblico ridotto. In più continuiamo a sostenere l’iniziativa CF &Cap. P.IVA 01133050219 St.Nr. & MwSt.Nr. personalizzata: Banca Cassa Rurale di Bolzano Ag.3 Per un’offerta soc. 100.000 € Ges. Kap. Bank Sparkasse Bozen Cap.Ufficio soc. 500.000 i.v. - v.e.CCIAA Ges. Kap. Raiffeisenkasse 3 Registro €imprese: BZ, Nr. d. iscr. 01535160210 BankIBAN IT 39 T 06045Bozen 11616Ag. 000000021000 Do una mano, una community di supporto per musicisti Uff. reg. impr. C.C.I.A.A. BZ 01133050219 Eintr. HK BZ IBAN: IT 86 Y 08081 11603 000303000702 Für ein persönliches Angebot: e artisti, in modo da iniziare subito e insieme a costruire il miglior futuro che verrà attraverso la musica, che ora può partire in modo più concreto”. F.D.S.

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UN MUSEO ALPINO DEDICATO AL TURISMO

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ra le tante mostre e musei virtuali – in attesa di tempi migliori – questa volta vorrei consigliarvi un viaggio al Touriseum di Merano, ovvero al Museo

Provinciale del Turismo, una vera e propria chicca che ci fa conoscere non solo la storia del turismo in Sudtirolo

“TRIENALA LADINA” FINO A SETTEMBRE

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al 19 maggio il Museum Ladin Ciastel de Tor ha riaperto le porte. Alcune sale espositive dovranno restare chiuse al pubblico, in compenso si è voluto prolungare la durata dell’attuale mostra temporanea fino al 13 settembre. Si tratta di una mostra d’arte con opere di artiste ed artisti contemporanei, esposte al museo nel contesto del progetto “Trienala Ladina 2019“ dal titolo “Le post è la lerch – Il luogo è lo spazio”. Quella corrente è la sesta edizione della Trienala Ladina, un concorso al quale si potevano candidare tutte le artiste e gli artisti delle cinque valli ladine dolomitiche (Val Badia, Val Gardena, Val di Fassa, Livinallongo e Ampezzo), del Cantone Grigione svizzero e del Friuli Venezia Giulia, nonché tutti coloro che hanno un legame con la storia, la cultura e le tradizioni ladine. Le tre vincitrici ed i due vincitori, Annatina Dermont, Yvonne Gienal, Karin Schmuck, Claus Soraperra e Tobias Tavella, hanno potuto esporre le loro opere al museo.

ma anche la storia di Castel Trauttmansdorff, noto ai più per gli splendidi giardini che offrono una vegetazione diventata con il tempo una tavolozza pittorica. Ora con l’itinerario virtuale noi possiamo scegliere il percorso, sciare o arrampicare, effettuare una passeggiata o partecipare ad un Törggelen. Insieme alla ditta Spherea3D, il Touriseum ha realizzato questo percorso virtuale attraverso le sue sale. La maggior parte dell’esposizione e il Gioco

dell’Alto Adige possono essere

visionati a 360 gradi in diverse prospettive, e sono stati riprodotti anche i diversi effetti speciali presenti negli ambienti. Il messaggio è chiaro e semplice: il Paese offre un’ampia possibilità di scelta al turismo anche in tempi

Una filosofia questa da attribuire alla vulcanica

di chiusura perchè è anche vero che non deve appiattirsi

intraprendenza dell’ex direttore (ora sindaco di Merano),

alle esigenze imposte dal “fato”. Il Touriseum è il primo

Paul Rösch, e del suo giovane e vivace staff, affrontata

e finora unico museo dell’arco alpino dedicato al turismo

con un piglio ironico, curioso, stimolante, intrigante. Infatti

nei suoi vari aspetti, storici, sociologici, economici, di

l’intenzione esplicita è quella di incuriosire e stupire il

costume, di folklore.

visitatore, evitando l’effetto stancante e noioso di tanti musei. E qui, sicuramente, non c’è da addormentarsi. Accompagnati dallo spirito della principessa Sissi che si è aggirata per queste scale durante le lunghe notti insonni, cercando conferme alla sua ossessione per il culto della propria bellezza, anoressica ante litteram, turista del corpo e malata per costrizione, la visita si dipana partendo da una stretta gola rocciosa, come ce ne sono tante in Sudtirolo. Oltrepassarla è come superare una soglia che si proietta in un altro mondo e dimensione. Attraverso esposizioni permanenti e temporanee il nostro spirito si trova a confrontarsi con suoni, memorie visive e sonore, interviste a personaggi storici che hanno fatto il turismo in questa

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trentinoeventionline terra, come Max Staffler dell’Hotel Grifone, Bolzano, Anton Schwingshackl dell’Hotel Braies, Emma Heiss Brunner dell’Hotel Elefante, Bressanone, postazioni multimediali, oggetti come la mitica Vespa anni Sessanta, scenografie, ricostruzione di alberghi, sale da bagno – i famosi Bäder –, cartoline illustrate, souvenirs e, autoironia, una torretta delle vignette sul tema del turismo. Una serie di modellini illustra la trasformazione, attraverso i decenni, di una piccola casa contadina, prima in modesta pensione e poi via via in grande albergo ed in resort superlusso. 7000 oggetti, in continuo aumento grazie a donazioni, prestiti e acquisti, ci aiutano a capire, assieme a 15 figure lignee di grandezza naturale che osservano e meditano a fianco a noi, questa terra che, romanticamente ma anche produttivamente, ha saputo e sa ancor oggi gestire il suo patrimonio naturale e culturale in maniera esemplare. E ci fanno capire come, in molti casi, il turismo per molti abitanti degli hof, dei masi di montagna, sia stato anche una presa di coscienza di come era il mondo “al di fuori” della propria recinzione, oltre la Wetterkreuze, al di là dei sassi che schiacciano il tetto. Così molte donne hanno conosciuto la cultura paritaria, la gente di montagna ha capito che gli italiani non erano quelli che molte volte venivano raffigurati dalla stampa tedesca o nazionalista, che la cucina contaminata tra sud e nord è la migliore del mondo. Il Touriseum, attraverso convegni, conferenze, mostre temporanee, pubblicazioni – preziosa la collana di reprint delle guide storiche – s’interroga continuamente. Ed è questa la sua forza, il suo essere motore di idee e di situazioni. D’altronde il turismo in Sudtirolo è passato dalle 800.000 presenze del 1954 agli oltre 24.000.000 passaggi annuali di oggi. Tutto questo qualche cosa vorrà ben dire in termini di cultura, economia, cronaca, strutture, impatto ambientale, cambiamenti del territorio, variazione di idee, ecc. Allora il Touriseum non è una mera presenza collocata in questo castello neogotico su cui alita il vento romantico di Sissi e dei fantasmi che abitarono, un tempo, quella che era una piccola rocca chiamata, nel 1300, Neuberg. Il Touriseum è una filosofia, un modo di vedere le cose, ci aiuta a comprendere, capire, meditare. È un museo pieno di fascino che coniuga levità e approfondimento, informazione e divertimento. Info: www.touriseum.it.

HTTP://ARTECAVALESE. IT/PROJECT/ SOLOONLINE/ Mostre SOLO...ON LINE Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese, chiuso alle visite per tempo (ancora) indefinito, ma ben deciso a proseguire nella sua funzione di polo culturale, vuole contribuire presentando SOLO...ONLINE: un progetto elaborato e realizzato da Sergio Camin e pensato per favorire la diffusione di un nuovo emergente modello della fruizione artistica adottato ormai da tantissimi musei in virtù, appunto, dell’emergenza. Si presenta come un video-catalogo e “si visita” come quando sei in un museo, con i giusti tempi, adatti alla contemplazione delle opere.

HTTP://FONDAZIONE. MUSEOSTORICO.IT Mostre LA CULTURA NON SI FERMA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Fondazione Museo Storico del Trentino - Trento. L’istituto di ricerca, formazione e divulgazione della storia e della memoria della città di Trento, del Trentino e del Tirolo storico ha pensato agli studenti e hai docenti, aprendo il gruppo WhatsApp STORIA.EDU per ricevere sullo smartphone smartphone aggiornamenti su quali nuovi materiali sono stati prodotti, quali approfondimenti sono disponibili e dove trovarli. Sulla pagina Facebook del museo trovi tutte le informazioni per iscriverti. Inoltre, sul loro canale Youtube puoi seguire le lezioni che spaziano dalla storia alla geografia, dall’educazione alla cittadinanza all’uso critico del web.

WWW.ARTESELLA.IT Mostre ARTESELLA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Arte Sella ha deciso di seguire per senso di responsabilità nei confronti della collettività quanto previsto dal DPCM dell’8/03/2020 e, per questo motivo, rimarrà chiusa al pubblico. Possiamo visitare però il sito internet, camminare virtualmente nel bosco alla ricerca delle opere, rifocillare la memoria, mantenendo viva una delle situazioni artistiche più attive, dinamiche, intelligenti che il territorio trentino abbia saputo offrire.

WWW.FONDOAMBIENTE.IT/ Mostre IL CASTELLO DI SABBIONARA D’AVIO PER #IORESTOACASA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Nella maratona YouTube del MiBACT con il tour virtuale nei nostri #BeniFAI c’è anche il nostro Castello di Avio! Entra e visitalo... e poi “fai un giro” tra i beni Fai d’Italia!.

WWW.BUONCONSIGLIO.IT Mostre BUONCONSIGLIO A DOMICILIO Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Il grande castello di Trento, in questi giorni di emergenza Coronavirus si racconta e ci porta nelle sue sale, attraverso piccole curiosità e tante foto. Lo fa sui canali social attraverso l’hashtag #museichiusimuseiaperti.

WWW.CASTELPERGINE.IT Mostre IL CASTELLO DI PERGINE ILLUMINATO CON IL TRICOLORE Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. In questo periodo difficile per famiglie e imprese anche il Castello di Pergine è stato illuminato con il tricolore, come i più importanti edifici nazionali, per manifestare sostegno alla comunità e solidarietà verso coloro che vivono situazioni critiche negli affetti privati, o a causa delle incertezze economiche come pure per un intenso impegno lavorativo o volontario a favore del prossimo in ambito sanitario e di protezione civile. Dall’alto del suo colle, che domina la cittadina di Pergine e la Valsugana fino al lago di Caldonazzo, il Castello medievale illuminato vuole rappresentare quindi un segno di speranza e di vicinanza alla comunità e trasmettere un messaggio di incoraggiamento e unità. L’iniziativa di illuminazione del Castello di Pergine è stata realizzata grazie alla collaborazione della Fondazione CastelPergine Onlus con STET società pubblica di energia elettrica e il Comune di Pergine Valsugana.

WWW.CULTURA.TRENTINO.IT /TEMI/ARCHEOLOGIA Mostre #ILMUSEOACASATUA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. In questo periodo lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, il Museo delle Palafitte di Fiavé e il Museo Retico - Centro per l’archeologia e la storia antica della Val di Non sono chiusi a seguito delle misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica. In attesa di riaprire le porte al pubblico vi

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trentinoeventionline invitiamo a compiere un viaggio virtuale a ritroso nel tempo per conoscere la storia antica del Trentino, scoprendo assieme a noi, passo dopo passo, i percorso espositivi. Un appuntamento giornaliero per tenere vivi i vostri musei, stimolare l’interesse di chi è a casa, dare spunti di conoscenza e tenere un contatto virtuale, distanti ma vicini. #laculturanonsiferma #iorestoacasa #archeologiatrentino #chiusinonfermi. Seguiteci sui nostri canali social: Facebook: Soprintendenza per i beni culturali Trento, Twitter: @Beniarcheo, Instagram: @soprintendenza_beni_culturali.

WWW.FBK.EU/ IT/INITI ATIVE/ MENOVIRUSPIU CONOSCENZA Mostre #MENOVIRUSPIÙCONOSCENZA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. FBK ha chiuso i suoi uffici ma le attività proseguono grazie allo smart working. In questa pagina abbiamo deciso di raccogliere una selezione dei materiali divulgativi che abbiamo a disposizione: dalle conferenze con Piero Angela alle pillole di scienza con i nostri ricercatori, dalle lezioni sul futuro, ai racconti per i più piccoli. Esplora i contributi messi a disposizione per tutti dalla Fondazione Bruno Kessler! .

WWW.FIDA-TRENTO.COM Mostre VIRA IN ARTE Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Iniziativa sostenuta sia dagli artisti Fida Trento, che altri. Si pubblicano le opere dei suddetti, con pensiero accompagnatorio, in modo da diffondere bellezza e positività. Iniziativa: #IORESTOACASA....e visito le gallerie d’arte!.

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WWW.FONDAZIONEMCR.IT /APERTIPERCULTURA Mostre #APERTIPERCULTURA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. La Fondazione Museo Civico di Rovereto aderisce alla campagna La cultura non si ferma promossa dal MIBACT. Partecipate anche voi con gli hashtag #iorestoacasa ... .

WWW.MART.TRENTO.IT Mostre #MUSEICHIUSIMUSEIAPERTI Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Tantissime le iniziative messe in atto dal Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, contrassegnate dall’hashtag #museichiusimuseiaperti. Da domenica 15 marzo, ad esempio, i laboratori per le famiglie diventano “Little Mart a casa tua”, così i più piccoli possono esercitare la loro creatività da casa, seguiti dai maestri del Mart. Inoltre, il Mart già da tempo ha messo in campo una bella iniziativa pensata per chi ha in casa Alexa, l’assistente vocale di Amazon. Ti basta chiedere: “Alexa, apri Mart Rovereto”,per ascoltare ogni giorno una storia diversa sulle opere o sulla storia del Mart. Pillole di arte da assumere una volta al giorno. .

WWW.MUSE.IT Mostre IL MUSE ONLINE Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Tantissime le iniziative messe in atto dal Museo di Scienze Naturali di Trento per fare compagnia ai visitatori anche in questi giorni di chiusura forzata. Interessantissima la proposta del canale Youtube del museo, dove trovi una serie di video con l’hashtag #iorestoacasasa, che ti accamgano in una visita virtuale tra le sale del museo, approfondendo in modo chiaro e coinvolgente le diverse tematiche. Il MUSE inol-

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tre, per #iorestoacasa mette a disposizione di tutti i tanti materiali prodotti dal MUSE; contemporaneamente offre opportunità educative al mondo della scuola per svolgere delle attività a distanza in questo periodo di chiusura forzata. Il progetto presenta innanzitutto un consistente numero di videoclip che rispecchiano l’organizzazione del percorso espositivo del museo..

WWW.MUSEOALTO GARDA.IT Mostre GIOCA COL MAG! Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Il MAG - Museo dell’Alto Garda sulla sulla sua pagina Facebook e sul suo profilo Instagram racconta curiosità e informazioni sulle sue diverse sedi MAG (Museo di Riva, Galleria Segantini ad Arco, Torre Apponale a Riva e Forte Garda sul monte Brione) e sulle sue collezioni. Inoltre indovinelli, rompicapo e cruciverba per scoprire insieme ai più piccoli il museo anche da casa. Fino al 26 maggio 2020.

WWW.MUSEODELLA GUERRA.IT Mostre LA CULTURA NON SI FERMA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Il grande Museo Storico Italiano della Guerra - che si trova nel Castello di Rovereto aderisce alla campagna del Ministero per i Beni e le Attività culturali “La cultura non si ferma”, mettendo a disposizione del pubblico tantissimi materiali online. Nonostante il museo sia chiuso, sono consultabiuli gli Annali o gli Archivi del museo, come ad esempio il ricco archivio fotografico con migliaia di foto. Così come è possibile accedere agli strumenti didattici online, o passare il tempo guardando i video di approfondimento che puoi trovare sul canale Youtube del museo. Nel link qui sotto trovi tutte le inziative.

WWW.MUSEODIOCE SANOTRIDENTINO.IT Mostre #COSEDAFAREACASA Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Il Museo Diocesano di Trento, sulla sua pagina Facebook ha messo in atto varie iniziative con l’hashtag #cosedafareacasa per continuare a dialogare con il suo pubblico attraverso interessanti raccolte di foto storiche della città di Trento o piccoli giochi che aiutano i più piccoli a vedere le opere d’arte con occhi più attenti. Inoltre, sul loro sito hanno messo a disposizione tanti pdf da scaricare gratuitamente, per poter accedere da casa ai testi della loro ricca biblioteca. .

WWW.MUSEOSANMI CHELE.IT Mostre #LAQUARANTENADELLECOSE Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. Museo degli Usi e dei Costumi della Gente Trentina - San Michele A/A. Il ricco museo etnografico di San Michele all’Adige in queste settimane propone un’interessante iniziativa social che coinvolge tutti i follower: si chiama #laquarantenadellecose, un gioco che ci invita a riscoprire i piccoli tesori che possiamo scovare nelle nostre case..

WWW.STUDIOANDRO MEDA.NET/COVID-19 Mostre LE MATITE NON SI FERMANO Apertura: da venerdì 1 maggio a mercoledì 1 luglio. RACCOLTA DI DISEGNI. La situazione attuale è difficile e ha bloccato tutto, ma non le matite dei nostri amici disegnatori che, con la consueta sensibilità e attenzione, hanno fatto le loro riflessioni su quanto sta accadendo nel mondo. iniziative anche per i più piccoli. Seguite le briciole... instagram, facebook, youtube.

info@radiodolomiti.com www.radiodolomiti.com 348 5140444 Radio Dolomiti-Trento Radio Dolomiti 25/04/2020 09:55:36


Tiziana Mazzotta

Dalle tradizioni antiche ai giorni nostri di TizianaManiInPasta

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trentinomatrimoni SOLO PER I NOSTRI LETTORI, LE NOZZE DI BEATRICE CON OMAR E (10 ANNI DOPO...) DI ROMINA CON EUGENIO

I MATRIMONI DEL MESE Lei Nome: Beatrice Età: 30 Nata a: Trento Residente a: Sorni di Lavis Vestito: Fashion Gallery - Trento Scarpe: Pittarosso - Trento Parrucchiere: Luisa Parr. - Mezzolombardo Truccatore: Fior di Bosco - Masen di Giovo Testimone: Margherita Occupazione: impiegata contabile

Lui Nome: Omar Età: 32 Nato a: Trento Residente a: Sorni di Lavis Vestito: Baratto - Lavis Scarpe: Sorelle Ramonda - Trento Barbiere: Salone Dettagli - Gardolo Testimone: Angelo Occupazione: Impiegato

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trentinomatrimoni Servizio fotografico: Trintinaglia Wedding Photography www.trintinaglia.com

Matrimonio: Data: Luogo: Banchetto: Invitati: Bomboniere: Torta: Fiori e Bouquet: Anelli: Animazione: Viaggio di nozze: Vivranno a:

Religioso 29 luglio 2019 Nave San Rocco Hotel Scoiattolo - Baselga di Pinè 100 Fatte in casa Il Paniere - Lavis Fioreria Serena - Verla di Giovo Obrelli - Lavis Dj Mattia Zeni Sri Lanka, Maldive, 18 giorni Sorni di Lavis

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trentinomatrimoni Matrimonio: Religioso Data: 26 giugno 2010 Luogo celebrazione: Cognola di Trento Banchetto: Hotel Forte Charme - Nago Invitati: 70 Damigella-paggetto: Isabel e Alessio (nipotini degli sposi) Torta e pasticceria: Bologna - Mori Anelli: Polello fedi Allestimenti Floreali: Centrofiore - Trento Bomboniere: Autoprodotte Lista di nozze: Agenzia Gitan Viaggi - Trento Viaggio di nozze: New York, 10 giorni Vivono a: Trento

ANNI DOPO... 2010-2020

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Servizio fotografico: Un amico con la passione per la fotografia


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Lui

Nome: Romina Anni: 37 (oggi) Nata a: Trento Residente a: Trento Vestito: Atelier Giuliana Orsini - Trento Parrucchiere: Salone le Follie - Trento Truccatore: La sposa stessa Testimoni: Martina (la sorella) e Chiara Occupazione: Hair stylist

Nome: Eugenio Anni: 42 (oggi) Nato a: Trento Residente a: Trento Vestito: Confezioni sartoriali Sottotono Barbiere: Salone le Follie - Trento Testimoni: Il papà e la sorella Occupazione: Impiegato

Sopresina all’arrivo in chiesa: c’è una sposa in più...

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MISTER MATTEO, IL “BELLO” È... QUI BELLO È BELLO, NIENTE DA DIRE. MATTEO COCO, VENTISEIENNE DI TERLAGO, HA CONQUISTATO IL TITOLO DI “MISTER ITALIA LIKE” 2020, ED ORA PUNTA ALLE FINALI

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agia dei tempi e delle restrizioni: adesso anche i concorsi di bellezza si fanno online. E si combattono like su like, a suon di cliccate. Attraverso i maggiori canali social, Instagram e Facebook, si conquistano posizioni e si punta, come nelle selezioni tradizionali, ai momenti finali che sono in una prima fase Regionali, poi Nazionali. Il tutto per conquistare la fascia – attenzione – di “Mister Italia web”. Passata la prima boa di “Mister Italia Like 2020”, Matteo Coco, bel ragazzo moro della Valle dei Laghi, ci racconta la sua esperienza, com’è andata la sua avventura e cosa si aspetta dal futuro. Quando ti sei lanciato in questo tipo di attività? Uno dei miei obiettivi era quello di portare la corona di Mister in Trentino Alto Adige; essendo una votazione fatta tutta online, attraverso i social, era un modo per riuscire a portare la regione in finale. Ho partecipato, mettendomi in gioco, anche con una seconda convinzione: la perfezione non esiste. E anche se non ho un fisico statuario come tanti top model – con tartarughe e muscoli enormi – ho deciso di partecipare con le mie qualità e i mei talenti. Arrivi da un percorso di modello? Ho qualche esperienza in questo senso; inoltre ho partecipato a vari eventi. E poi ho presentato “Vartalent” con Marco Consoli. Insomma la gente un po’ mi conosce..! Come andrà questa finale? Sono molto positivo in questo senso! Certo, il percorso è ancora lungo, in quanto le selezioni si stanno ancora svolgendo sui vari social, quindi si stanno scegliendo i finalisti che approderanno alla finale. Da lì ci sarà un’altra votazione, nel senso che sceglieranno i futuri finalisti che arriveranno sul palco della finale. Intanto… incrociamo le dita! Che scenari si potrebbero aprire dalla finale in poi? Io ho partecipato anni fa ad un casting di musical; penso di avere dei talenti e penso anche che i talenti vadano sfruttati: in televisione, al cinema, a teatro. Quindi la voglia di cavalcare quest’onda e di intraprendere questa strada c’è… Il Trentino offre possibilità in questo senso?

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Al Trentino non manca niente, ma nell’ambito della moda e dello spettacolo non è semplice iniziare, bisogna spostarsi: Bologna, Firenze, Roma. Trento è una realtà piuttosto piccola in questo senso. E poi… E poi? Intanto devo finire di studiare, mi manca un anno e poi probabilmente mi sposterò. Il tuo piano B? Continuare a studiare la lingua dei segni italiana; non è facile come corso. Ho comunque la voglia e la passione di finire quello che sto studiando e se Mister Italia non dovesse andare bene, so cosa fare! Metto sul primo piano lo studio perché è la cosa più importante. Mister Italia è l’occasione per portare avanti una passione, poi chissà..! Cosa dicono i familiari e gli amici di questa esperienza? In famiglia mi hanno sempre lasciato le porte aperte: non mi hanno mai detto no! Loro si tengono un po’ fuori dal campo della moda e dello spettacolo, mi lasciano fare le mie esperienze, ma ovviamente quando ho vinto il titolo, sono stati contenti! I miei amici anche! Sono veramente orgoglioso di aver avuto tante persone che mi hanno supportato. Se ci pensi, diecimila persone che ti pubblicano sui social sono tante; e poi sono cresciuto tantissimo anche di follower. Adesso mi riconoscono in città, mi fermano e mi dicono “ti ho votato”, “ti ho visto sui giornali”. È una bella sensazione, perché cogli che c’è molta partecipazione e sostegno a quello che fai. Ringraziamo Matteo e lo salutiamo con un grande in bocca al lupo (e gli mettiamo pure il “like”) non solo per il concorso, ma anche per il suo futuro e per la realizzazione dei suoi sogni di vita. Tiziana Tomasini


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FESTA COOPERATIVA ONLINE PER 400 STUDENTI RICORDANDO IL GRANDE FLAVIO FAGANELLO MA IL CENTRO DOCUMENTAZIONE LUSERNA RIAPRE CON ALTRE NOVITÀ

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iapre - dopo la chiusura imposta dall’emergenza Covid-19 e con tutte le garanzie di sicurezza necessarie - il Centro Documentazione Luserna, importante realtà culturale e museale degli Altipiani Cimbri. Le principali novità di quest’anno saranno rappresentate da tre nuovi eventi espositivi che vanno ad integrare le già numerose sale a disposizione, dedicate a temi storici e naturalistici. Tre mostre legate dal filo conduttore della montagna come luogo straordinario e fragile, da amare, tutelare e conoscere. La mostra “Storia de l’ors”, attraverso la ricostruzione di un paesaggio alpino, nel quale sono posizionati numerosi esemplari di orso bruno, documenta la presenza dell’orso nella cultura popolare trentina, dall’antichità fino alla reintroduzione del plantigrado sulle montagne del Trentino; La mostra “Solo il vento bussava alla porta” è un omaggio a Flavio Faganello nel quindicesimo anniversario della sua scomparsa, attraverso la selezione di numerose immagini in bianco e nero, provenienti dall’Archivio fotografico provinciale, realizzate da uno dei più grandi fotografi e interpreti del territorio trentino e dei suoi abitanti. La mostra “Vivere nelle Alpi. Architettura in legno della tradizione” è un suggestivo percorso, realizzato con

CONCLUSO IL PERCORSO TRIENNALE DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

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ltre 400 studenti e studentesse, guidati dai loro insegnanti, hanno costituito, tre anni fa, 21 Cooperative Formative Scolastiche, lo strumento di educazione cooperativa ideato dalla Federazione per rispondere alle esigenze di alternanza scuola-lavoro delle scuole trentine. Il 20 maggio scorso, si sono ritrovati online per festeggiare la conclusione di questo percorso e condividere le emozioni e gli apprendimenti sviluppati grazie all’esperienza cooperativa. Il percorso proposto dalla Federazione ha preso avvio in terza superiore, con una prima fase di analisi e di approfondimento dei temi chiave della cooperazione, sia come sistema economico che come metodo per fare impresa. In quarta hanno cominciato a lavorare ai loro progetti, accompagnati anche da un tutor aziendale, che li ha aiutati a individuare l’obiettivo da raggiungere, mostrando loro le diverse fasi della produzione e rispondendo alle diverse domande emerse nel corso del loro percorso. La quinta superiore ha rappresentato, per questi giovani soci e socie, l’anno forse più impegnativo, in cui hanno dovuto mettere a frutto le loro competenze cooperative per concludere il lavoro assegnato. E il bilancio della loro attività è risultato molto positivo, come è emerso nel corso di “Futuro anteriore. Convergenza scuola-lavoro”, l’appuntamento online proposto al posto della tradizionale cerimonia di consegna degli attestati, a cui oggi sono intervenuti, tra gli altri, il direttore generale della Federazione, Alessandro Ceschi, l’assessore provinciale alla cooperazione, Mario Tonina, e Stefano Trainotti del Dipartimento Istruzione della Provincia Autonoma di Trento. l’ausilio di numerosi esempi costruttivi, che documenta l’impiego del legno e della pietra per la realizzazione delle abitazioni su tutto l’arco alpino. Le altre sale permanenti del Museo raccontano l’origine e le tradizioni della Comunità Cimbra, la fauna degli Altipiani (attraverso meravigliose ricostruzioni di ambienti naturali), aspetti di metallurgia preistorica. Il percorso “Alfabeto della Grande Guerra” costituisce una suggestiva riflessione sul primo conflitto mondiale, impiegando nomi e oggetti di alcuni soldati coinvolti, simboli di una tragedia collettiva. Il Museo rimarrà aperto tutti i giorni fino all’8 novembre 2020 dalle ore 10 alle 12.30 e dalle 14 alle 18. Oltre al Museo, Luserna offre dei sentieri tematici ispirati alla tradizione cimbra (“Sulle tracce dell’orso”, “Sentiero della Grande Guerra – Dalle storie alla Storia”, “Sentiero cimbro dell’immaginario”, “Sentiero della Primavera”). www.lusern.it 91

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WOOD CARD, LA TESSERA SOSTENIBILE #STRADAVINOTRENTINO BOND, PER IL RILANCIO INIZIATIVA DELLA STRADA DEL VINO E DEI SAPORI DEL TRENTINO

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n questi ultimi due mesi in Trentino, come nel resto d’Italia, ristoranti, strutture ricettive e aziende agricole non hanno potuto accogliere ospiti nel rispetto dei regolamenti governativi studiati per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, tra difficoltà economiche e incertezze sul futuro. In risposta a questa situazione, si sono diffusi sia i più noti “dining bond”, che gli “holiday bond” o i buoni legati ai servizi, attraverso cui è possibile prenotare e pagare anticipatamente delle attività - dalle cene al ristorante ai pernottamenti in agriturismo fino a, per esempio, le visite in cantina - in attesa di poterle consumare. Una perfetta idea regalo ma anche uno strumento davvero utile, anche in questo momento di prima riapertura, per tutti coloro che per scelta o necessità si troveranno ad attendere ancora un po’ prima di concedersi un’uscita ma vogliono assicurare da subito il proprio concreto contributo alla ripartenza. La Strada del Vino e dei Sapori del Trentino, associazione che riunisce aziende produttive accomunate dalla volontà di valorizzare il proprio territorio

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DA UN’IDEA DEI RAGAZZI DELLA 4GR DEL LICEO ROSMINI DI ROVERETO

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er evitare l’uso di plastica e fare del bene al nostro pianeta i ragazzi della 4Gr del Liceo Rosmini di Rovereto hanno ideato la Wood Card: una tessera ecologica ricavata dal legname recuperato dalla tempesta Vaia. I ragazzi della quarta del liceo scientifico sportivo stanno partecipando all’iniziativa Green Jobs: un programma – sostenuto di altre 8 Fondazioni di origine bancaria aderenti all’ACRI, tra cui Caritro, e realizzato grazie al supporto di due enti attuatori nazionali, quali InVento Innovation Lab e JA Italia – di educazione imprenditoriale in ambito green, rivolto a docenti e studenti delle scuole superiori di tutta Italia. Grazie al suo approccio innovativo e concreto – basato sul “learning by doing” – Green Jobs consente agli studenti di sviluppare un’idea di business green, sperimentare l’avviamento di una mini-impresa green sul territorio, conoscere i modelli organizzativi e di gestione imprenditoriale, scoprire le professionalità coinvolte nel mondo produttivo green percorrendo tutti gli step che trasformano un’idea in un’attività imprenditoriale e valorizzare la creatività individuale e collettiva e promuovere le soft skills.

e le sue eccellenze enogastronomiche, ha voluto promuovere questa opportunità verso i propri associati, nella convinzione che possa rappresentare un’interessante occasione per dare ossigeno al settore. Otto, attualmente, le aziende che hanno raccolto l’invito con iniziative da vivere, nella maggior parte dei casi, fino al 31 dicembre 2021. La Locanda delle Tre Chiavi di Isera, per esempio, propone il buono “SalvaLocanda” valido per 2 persone e del valore di 50 euro. Anche Cantina La Vis propone una gustosa visita guidata per due persone ad un costo di 22 euro anziché 28 euro, in cui è compresa la degustazione di una selezione di vini aziendali in abbinata ad un tagliere di prodotti locali (vinoteca@la-vis.com). E ancora, fino al 31 maggio 2021, Azienda Agricola Maso Grener di Pressano di Lavis offre la possibilità di vivere una panoramica visita guidata per due persone ad un costo di 15 euro anziché 20 euro, comprensiva di degustazione dei vini aziendali abbinati ad un tagliere di salumi e formaggi locali.


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RAI REGIONE: “USAVAMO LA CINEPRESA: STORIE IN FORMATO RIDOTTO” QUESTA E ALTRE PROPOSTE SUL ROTOCALCO “TAPIS ROULANT”

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l consueto sguardo alla programmazione di Rai Regione, si concentra sul rotocalco “TAPIS ROULANT” in onda domenica 7 giugno (ore 9.45 circa su RAI3 ed in replica sul canale 103 del Digitale Terrestre alle ore 22.30) che prevede: “Trento Contemporanea”. La città riparte: lo fa con il suo stile, il suo ritmo, il suo immergersi nell’inedità quotidianità dettate dalla pandemia. Uno sguardo d’insieme sulle vite dei cittadini trentini, un modo per comprendere cosa è cambiato, e come. Luoghi simbolo commentati da ospiti illustri ci offrono riflessioni e modalità per leggere la nostra odierna condizione, e per gettare lo sguardo al futuro. “Diari della Piazza”. La galleria di personaggi d’attualità, dedica la puntata odierna a Laura Rogora. Giovanissima, ma già un fenomeno conosciuto in Italia e all’estero. Originaria di Roma, si è trasferita in Trentino per allenarsi

al meglio nell’arrampicata sportiva per i prossimi Giochi Olimpici. “Usavamo la cinepresa: storie in formato ridotto”. La mostra allestita presso le Gallerie di Piedicastello, narra di un Trentino inedito raccontato dalle pellicole private del Novecento. La rassegna è una straordinaria raccolta di storie in formato ridotto e recupera la memoria di un secolo di storia trentina. ”Buonconsiglio a domicilio: un fastoso banchetto nella loggia veneziana”. Ci porta a conoscere meglio la Loggia Veneziana uno dei punti panoramici più belli del Magno Palazzo ed a scoprire come, nel tardo quattrocento, la Loggia era teatro di sontuosi banchetti e feste organizzate dai Principi Vescovi. Domenica 21 giugno, invece, si parte con ”Trentinologia”. In questa nuova puntata di “Trentinologia” vi portiamo a conoscere la storia di Liz, una donna che nel 1982 racconta la sua vita attraverso il ciclo delle stagioni. Tra difficoltà e ricordi ci immergiamo in un contesto magico come può esserlo la Val di Fassa: natura e tradizione qui fanno da contorno ad una narrazione carica di umanità. Passato e futuro si mescolano, la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra convivono nel campo e nella casa di questa piccola grande donna. A seguire, “Il disegno nel piatto”, programma che esplora le recenti tendenze estetiche nel campo della cucina d’autore. ”La Rocca di Riva del Garda”. Massiccia, circondata da un canale-fossato, presidiata da quattro torri quadrate, la Rocca è da quasi mille anni simbolo di Riva del Garda. Ampliata e modificata da Scaligeri, Visconti, Veneziani, Principi Vescovi e Austriaci, ospita il Museo Civico, scrigno della storia della cittadina lacustre e dei dintorni, dal Monte Baldo alla Busa, alla Val di Ledro. Presenti collezioni che offrono uno spaccato di storia dell’Alto Garda trentino dall’archeologia preistorica, alle armi, alla geologia, ai minerali, all’arte e alla scienza. ”Val di Non, la valle delle cento chiese”. Storia, arte e devozione ne costituiscono lo straordinario patrimonio di edilizia religiosa. La fede, in questo territorio dolce e ondulato, ha immaginato segni del sacro capaci oggi di rappresentare diversi stili architettonici. Dal romanico, che ha lasciato superbe testimonianze pittoriche, al gotico, dallo stile clesiano alla magnificenza barocca di molti interni, alle reinterpretazioni neoromaniche e neogotiche, fino al moderno. Un viaggio alla scoperta di alcuni di questi tesori. 93

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TUTTI I CLUB-SERVICE E LE ASSOCIAZIONI BENEFICHE ECCO LA SOLIDARIETÀ “CREATIVA” AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

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entre si parlava del dramma della pandemia, che ha cambiato drasticamente la nostra vita, mentre si discuteva sul da farsi, mentre si tentava di vivere in isolamento sfruttandone anche lati positivi, mentre il numero di contagiati e di deceduti cresceva senza limiti, club-service e associazioni – numerosi sul territorio trentino – si sono attivati per manifestare in concreto la solidarietà e l’impegno che sempre guidano l’agire dei soci e delle socie. Annullati impegni, conferenze, incontri, appuntamenti organizzati faticosamente da tempo, soci e socie si sono ritrovati in videoconferenza o sulle chat per discutere sul da farsi. Sono scaturite idee valide e diverse, in un certo senso complementari. Gli 8 Rotary club del Trentino (Fiemme e Fassa, Madonna di Campiglio, Riva del Garda, Rovereto, Rovereto Vallagarina, Trentino Nord, Trento e Valsugana) coinvolti dal Presidente del club Valsugana, Daniele Tomasi, nominato Coordinatore provinciale dal Governatore del Distretto Rotary 2060, in un service collettivo, utile e di realizzazione rapida: l’acquisto di mascherine, certamente indispensabili per frenare il contagio. Le mascherine chirurgiche, marcate CE, sono state ordinate e, superati i controlli doganali, distribuite ai club, in quantità proporzionale al numero di soci attivi presenti in ciascun club. Il club Valsugana le ha destinate a Villa Sant’Ignazio di Trento, all’Associazione C.S.4 e al Centro Aiuto alla vita, con sede a Pergine Valsugana. Il Soroptimist club si è mosso in due direzioni: approfittando del rapporto già in atto con la Casa Circondariale di Trento, dove il club ha organizzato negli anni scorsi corsi di cucina e cucito per le donne 94

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recluse, ha offerto ai detenuti e alle detenute un computer completo di tutti gli accessori necessari, per consentire di sostituire le visite dei parenti con l’uso di piattaforme digitali. In seconda battuta, la presidente Daniela Cazzolli, dopo aver parlato con alcuni medici, ascoltate le necessità contingenti, ha deciso, con l’approvazione delle socie, di versare al reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Rovereto un contributo in denaro. L’Inner Wheel club Trento C.A.R.F., presieduto da Laura Hauser Donati, servendosi della chat ufficiale del club, ha deliberato di sostenere economicamente la Scuola di Danza Chorographique, che ha una sezione dedicata ai ragazzi con disabilità, l’Azienda Sanitaria Trentina e, con l’aiuto del Distretto a cui appartiene, il Fondo Emergenza Coronavirus della Caritas Diocesana; altre attività, relative sempre all’emergenza sanitaria, sono in preparazione. Il Lions club del Concilio, guidato da Silvana Salvetti, ha destinato un contributo alla Protezione Civile Trentina ed ha partecipato all’acquisto di 20.000 mascherine comprate dal Distretto di cui fa parte il club e distribuite sul territorio. Il Garden club, che sotto la presidenza di Augusta de Cles si occupa normalmente di piante e fiori ma ha sempre un occhio rivolto al sociale, ha donato all’Istituto Comprensivo Trento 3 ben dieci computer portatili che sono stati affidati in comodato d’uso a studenti che ne erano sprovvisti e che naturalmente ne avevano bisogno per poter studiare a distanza. L’Associazione Mafalda Donne di Trento, presieduta da Carolina Marangoni, ha sostenuto economicamente l’APSS, ha offerto un contributo per pacchi viveri al Gruppo di Trento della Croce Rossa e, dulcis in fundo, ha inviato vassoi di dolci pasquali al personale del Pronto Soccorso e del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Trento. Tutti questi club sono ovviamente connessi con gli altri club italiani e quindi partecipano anche ad iniziative non strettamente legate al loro territorio. Per orgoglio di appartenenza mi fa piacere comunicare che il Soroptimist International d’Italia ha creato una serie di servizi di consulenza rivolti a tutte le donne: si possono chiedere informazioni, pareri, assistenza alle esperte del Soroptimist mediante telefono o mail. C’è lo sportello delle commercialiste, quello legale, un altro notarile, uno che fornisce assistenza psicologica e infine un ambulatorio virtuale per consulenze medico-specialistiche. Tutto naturalmente senza oneri per chi chiama. È evidente che, insieme alla buona volontà e alle capacità organizzative, ai soci di club e associazioni non manca la creatività! Luciana Grillo


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ADRIANA VOLPE ENTRA NELLA SQUADRA DI TV8 “VITA, SPERANZA, FUTURO” CON MASTRO 7 L’INIZIATIVA BENEFICA DELLA BOTTEGA ORAFA APPREZZATA ANCHE DALL’APSS

LA PRESENTATRICE TRENTINA NEL NUOVO CONTENITORE MATTUTINO, ASSIEME AD ALESSIO VIOLA

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driana Volpe entra a far parte della squadra di TV8: insieme ad Alessio Viola condurrà il nuovo contenitore di informazione e intrattenimento di TV8. Il canale lancia per la prima volta una nuova produzione originale completamente in diretta nella fascia mattutina, a partire dalla prossima stagione estiva. “Sono entusiasta per l’inizio di questa nuova avventura – dichiara Adriana Volpe – credo in questo progetto e lo sposo pienamente”. Adriana Volpe, appena terminata l’avventura del Grande Fratello Vip 4, torna alla guida di un programma dopo una brillante carriera in Rai dove ha condotto, tra gli altri, molti dei programmi nella stessa fascia: Mezzogiorno in famiglia, Mattina in famiglia ed I Fatti Vostri. Alessio Viola, invece, già giornalista per diverse testate e del tg su Sky TG24, è anche conduttore televisivo di programmi sia di informazione che di costume e intrattenimento.

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ucaneve”, un fiore prezioso contro il coronavirus. Settemila euro sono stati versati dalla bottega orafa “Mastro 7” di Trento all’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. Questi fondi sono stati raccolti con la vendita di sette gioielli in edizione limitata, ideati per sostenere lo sforzo contro la pandemia. È stata questa l’iniziativa dal titolo “Vita, speranza, futuro”, apprezzata dalla stessa Apss, che ha scritto sui social: «Quando la solidarietà si sposa con la creatività nascono cose belle». 130 persone di ogni età e professione hanno avanzato la loro personale proposta di design ed un voto sui social-network ha decretato il disegno vincente. A ricevere questa soddisfazione è stata la trentenne Ilaria Fruner di Riva del Garda, con il suo “Bucaneve” che è stato realizzato in oro bianco e diamanti e messo in vendita al prezzo di 1000 euro. Luca Tamanini, responsabile amministrativo di “Mastro7”, ha espresso profonda soddisfazione per l’esito del “contest”. «L’obiettivo era quello di stimolare la creatività delle persone in questo momento di grave emergenza - ha sottolineato Luca - E ci ha fatto piacere vedere molte proposte di design anche da parte di bambini, che hanno ideato disegni semplici ma pieni di significato». A votare la loro “idea” preferita su Facebook e Instagram sono state 13mila persone tra il 18 marzo e il 2 aprile. Delle proposte, colpiscono non solo le linee, ma anche l’idea che le accompagna: «Ogni proposta è accompagnata da una spiegazione, - ha spiegato Luca Che è risultata spesso anche poetica». 95

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IL LIBRO DEL MESE

IL BIS EDITORIALE DI FRANCESCO FILIPPI IL SECONDO LIBRO DELLO STORICO, DOPO IL BESTSELLER “MUSSOLINI HA FATTO ANCHE COSE BUONE”

DOPO I SUOI PRIMI DUE LAVORI, ”LE RICETTE PUGLI­ESI E NON SOLO” E “LE RICETTE DI TIZIA­NAMANIINPASTA”, CHE HAN­NO RISCOSSO TANTO SU­CCESSO, LA CUOCA-YOUTUBER TIZIANA MAZZ­OTTA SI PRESENTA CON IL SUO TERZO LIBRO, SEMPRE EDITO DA CURCU GENOVESE

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ia madre è una grande donna. Che la si chiami “TizianaManiInPasta” o con il suo vero nome e cognome, Tiziana Mazzotta. L’ha raccontato spesso anche nei suoi video: è sempre stata una grande lavoratrice campagnola, tempi passati insieme ai miei nonni materni, tempi di grande sacrificio, ma allo stesso tempo di grande soddisfazione”. Comincia così l’appassionata presentazione che dell’autrice di questo libro fa sua figlia Lorena.

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opo il grande successo di Mussolini ha fatto anche cose buone, il trentino Francesco Filippi (storico della mentalità e formatore presso l’Associazione di Promozione Sociale Deina) è ormai riconosciuto come una voce importante nel dibattito sul fascismo in Italia. Avendo effettuato il suo meticoloso e definitivo lavoro di «debunking» sulle numerose e ostinate leggende relative al ventennio fascista e alla figura del duce, ancora così diffuse nel nostro paese, Filippi dirige ora la sua affilata analisi verso i motivi che hanno portato tanti nostri concittadini a cadere vittime, ancora oggi, di una propaganda iniziata oltre due generazioni fa. Com’è possibile – ci si chiede in molti – che dopo tutto quello che è successo – dopo una guerra disastrosa, milioni di morti, l’infamia delle leggi razziali, la vergogna dell’occupazione coloniale, un’attitudine culturale liberticida, una sanguinosa e lunga guerra civile… –, oggi ci guardiamo intorno, ben addentro al terzo millennio, e ci scopriamo ancora fascisti? Ma cos’altro avrebbe dovuto succedere per convincere gli italiani che il fascismo è stato una rovina? Eppure ancora si moltiplicano le svastiche sui muri delle città, cresce l’antisemitismo, un diffuso sentimento razzista permea tutti i settori della società e il passare del tempo sembra aver edulcorato il ricordo del periodo più oscuro e violento d’Italia: a quanto pare la storia non ci ha insegnato abbastanza, non ci ha resi immuni. Per aiutarci a capire perché, Filippi in questo libro racconta molte cose: ci racconta com’è finita la guerra, cosa è stato fatto al termine del conflitto e cosa non è stato fatto, quali provvedimenti sono stati presi nei confronti dei responsabili, quali invece non sono stati presi, cosa hanno scritto gli intellettuali e gli storici, ecc. ecc.. 96

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trentinolibreria Fabio Folgheraiter Welfarevirus Brevi lezioni di Metodologia del Lavoro sociale (impartite da un’umanità impaurita) Erickson Cosa ci sta facendo capire il coronavirus? Ci vorrà del tempo per comprendere la portata di quello che stiamo vivendo, ma alcuni aspetti sono piuttosto chiari. Ad esempio che possiamo essere più sensibili, più attenti, più rispettosi delle fragilità altrui e delle nostre. Che è fondamentale concentrarci sull’«umano». E che quando tutto sarà passato saremo migliori in molte cose che faremo. Un ciclo di agili lezioni sulla battaglia in corso tra il Welfare e Virus che il professor Fabio Folgheraiter ha preparato in queste settimane di didattica a distanza per tenere un contatto con i suoi studenti dell’Università Cattolica di Milano. Un saggio che ci aiuta a ragionare sui tanti aspetti della nostra vita toccati dal Coronavirus e su cosa possiamo imparare da questa “lezione”.

Silvano Faggioni Quel mazzolin di fiori. Il primo inno nazionale è una clamorosa metafora Reverdito La storia di un canto, “Quel mazzolin di fiori”, che è stato per lungo tempo il vero inno nazionale italiano grazie alle centinaia di migliaia di emigranti in tutto il mondo, è una storia misteriosa, nel senso che l’origine si perde nei secoli addietro. Comunque sia, si diffuse in tutta Italia dopo la Prima guerra mondiale. I soldati al fronte, infatti, arrivavano da tutte le regioni. Nelle marce di avvicinamento al nemico quei giovani e valorosi ragazzi, che erano gli alpini, lo cantavano di rigore, anche perché In questo libro/il “doppiosenso” intervista, in cui per era ben chiaro. Al biografici fronte tra si il ‘15 perloro la prima volta ricordi e intrecciano il ‘18 si cantava tanto, per sull’esistenza combattere e con riflessioni prima di tutto la sul presente delpaura. mo Al fronte nacquero altri canti diventati famosi, come “Ta Pum” o “Bombardano Cortina”. In questo libro Faggioni non parla però solo di guerra. Propone al lettore un viaggio ideale lungo l’arco alpino alla ricerca delle origini dei canti popolari delle varie regioni.

Dopo i primi due lib­ri:”Le ricette pugli­esi e non solo di Ti­ zianaManiInpasta” e “Le ricette di Tizia­naManiInpasta…e non dimenticate di ess­ere felici”, che han­no riscosso tanto su­ccesso, Tiziana Mazz­otta non si è certam­ente fermata. Men che meno con il suo canale Youtube, seguito da più di 100mila followers che seguo­no con passione le sue ricette per poi metterle in pratica. Si è iscritta alla Federazione Nazionale Cuochi Italiani, perché è tanta la vog­lia di andare avanti, di seguire corsi per approfondire tutto quanto è inerente il mondo culinario. Ecco cosa dice di sé, nella presentazione di questo suo terzo libro: Se oggi mi guardo alle spalle non posso fare a meno di chiedermi quanti sono i sogni che ho realizzato. Sogni magnifici che ormai credevo chiusi in un cassetto, ed invece… Un cassetto del quale pensavo di non aver nemmeno più la chiave. Ma quella chiave ce l’avevi tu, Lorena! Mia figlia adorata! Assieme a papà e ad Alice, hai fatto sì che si potesse realizzare tutto questo. Sono tante le soddisfazioni che la vita mi sta dando e sono davvero tanto, tanto felice. In cima a tutto ci sta lei: la cucina. In questo periodo ho avuto delle grandi soddisfazioni come la medaglia d’argento al Campionato Nazionale di Cucina italiana a Rimini e la targa d’argento di Youtube per aver raggiunto (e ormai ampiamente superato) i 100.000 iscritti. Lo sapete, io mi sento rappresentante della cucina della mia terra, quella pugliese. Una cucina povera, ma ricchissima,

Anna Rottensteiner Le vite lontane AlphaBeta Il romanzo di Anna Rottensteiner, scritto in una lingua ricca di immagini plastiche e sensuali, è una raffinata, trascinante riflessione sulla condizione del “migrare”: da una sponda all’altra, da un paese all’altro, ci si allontana da se stessi per ritrovarsi nell’altro. Una straordinaria prova d’autore. «Non puoi spostare le persone come se fossero piante. Non puoi lasciarle in giro, sugli scogli, sui binari, nei parchi, nei sottopassi, abbandonarle così, senza guardarle in faccia. Nemmeno quando si ha paura della propria paura. Io lo sto imparando adesso. E tu?» Storie di distacchi, di fughe e migrazioni: le “vite lontane” di due protagoniste si intrecciano in diversi piani narrativi e temporali, mescolando passato e presente, infanzia e vita adulta, oscure paure e desideri inconfessabili, fantasie e realtà. L’io narrante rievoca luoghi abbandonati e remote vicende di guerra e conflitti familiari, di confini da valicare, di abbandono e miseria, di affetti travolti dalla Storia.

con la quale si possono realizzare piatti rustici e, allo stesso tempo, con gli stessi ingredienti, ottenere piatti molto raffinati. In questo terzo volume, tra le altre cose, ho voluto dare modo a tutti gli appassionati di poter lavorare al meglio, a seconda del proprio gusto e delle proprie priorità. Ad esempio, con i panificati ci sono lavorazioni con lievito madre, lievito di birra, secco e istantaneo... Perciò ognuno potrà procedere a proprio gusto. E questo vale anche per le conserve e le confetture: ci sono delle preparazioni che possono fare a meno del classico bagnomaria, semplicemente coprendo i vasetti con un canovaccio fino al completo raffreddamento... in questo modo si attiva il processo del sottovuoto. Per finire vorrei ringraziare sempre colei che mi ha trasmesso questa grande passione per la cucina, la mia cara nonna Titina. Ringrazio tutta la mia famiglia, che mi sostiene sempre, la casa editrice Curcu Genovese che crede in ciò che faccio. Un grazie anche alla Fotografica Lazoi per la realizzazione della foto di copertina. E ringrazio, infine, tutta la grande famiglia di Youtube che, sin dalla prima video-ricetta del 2017, ha creduto in me. Tiziana Mazzotta

Tiziana Mani in Pasta. Dalle tradizioni antiche ai giorni nostri Curcu Genovese, pag. 168 - Euro 18,00

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trentinocucina

I TORTELLONI CASERECCI con crema di cicoria ed erbette di campo

in libreria o scrivendo a vendite@curcugenovese.it

Ingredienti per 4 persone Per la pasta gr 200 di farina 00 gr 50 tuorlo d’uovo la buccia grattata di 1⁄2 limone gr 40 vino bianco

Per la crema di cicoria ed erbette gr 30 burro gr 30 olio di oliva gr 50 scalogno gr 10 acciuga gr 500 cicoria di campo gr 100 erbette di campo gr 100 ricotta nostrana gr 30 Trentingrana sale e pepe Per guarnire cialde di formaggio buccia di pomodoro essiccata

Procedimento per la pasta Amalgamare la farina con i tuorli d’uova, la buccia di limone grattata ed il vino bianco. Quando la massa è liscia e compatta, riposare avvolta in un canovaccio per 30 minuti. Tirare al mattarello sfogliandola il più sottile possibile. Tagliare dei quadrati da cm. 7x7. Procedimento per la crema di cicoria ed erbette Soffriggere nel burro ed olio di oliva lo scalogno con l’acciuga, aggiungere la cicoria scottata e le erbette sminuzzate, insaporire con sale, pepe, Trentingrana e ricotta. Raffreddare. Pennellare con uovo leggermente i quadrucci di pasta, mettere nel centro il ripieno e piegare a triangolo rigirando come i classici tortelloni. Cuocere in abbondante acqua salata. Passare al frullatore la rimanente farcia. Presentazione Presentare i tortelloni sulla crema di cicoria, cospargere con Trentingrana decorando con buccia di pomodoro e cialda di formaggio.

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# trentinomese

#TRENTINOMESE CONTEST: CLAMOROSO! DOPPIA VAL DI FUNES OGNI MESE, LE TRE FOTOGRAFIE PIÙ VOTATE VERRANNO PUBBLICATE QUI. PARTECIPA ANCHE TU AL CHALLENGE DEL NOSTRO MAGAZINE!

@alessia_b71 Al secondo posto: Val di Funes

@jenniferbettini

@soul_of_supertramp

Al primo posto: Val di Funes

Al terzo posto: Riva del Garda

IL REGOLAMENTO DEL NOSTRO CONCORSO

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eguire la pagina @trentinomese su Instagram; la foto vincitrice sarà pubblicata sulla nostra rivista cartacea il mese seguente alla pubblicazione online; per decretare la foto vincitrice si terrà conto dei “mi piace” ricevuti, dal primo del mese al venti del mese (per esigenze di stampa); solo le foto che saranno selezionate da noi e

pubblicate sulla nostra pagina Instagram @trentinomese potranno partecipare al concorso; per esser selezionati vi ricordiamo di utilizzare il nostro hashtag; ricordatevi di segnalare il luogo o localizzare la foto, saranno valide solamente le foto scattate in Trentino Alto Adige. Grazie a tutti anticipatamente!

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* offerta valida fino al 15 luglio 2020


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