TrentinoMese marzo 2012

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trentinoattualità dalla retorica fascista. Tutto serviva al regime per cercare il consenso e “illuminare la regione italianissima”, come ebbe a proclamare, alla fine di agosto del 1935, in piazza Duomo a Trento, il Duce del fascismo Benito Mussolini. Si raccontava che quel giorno, un ignoto buontempone avesse lasciato una grande cacca sulla soglia del mausoleo dell’irredentista trentino. Un biglietto, anonimo, declinava le intenzioni del “donatore”: “Qui la faccio e qui la lascio, mezza al Duce e mezza al fascio”. Tre giorni dopo il monumento era stato provvisto di illuminazione elettrica. L’indomani, altro pacco-dono, con un nuovo biglietto: “Or che han messo anche la luce, niente al Fascio, tutta la Duce”. Il suono prolungato della Renga, il 28 ottobre 1934, salutò pure l’inaugurazione delle scuole “R. Sanzio”, opera eccelsa dell’architetto Adalberto Libera con, all’interno, grandi composizioni affrescate da Gino Pancheri. Ma si era avuta anche la sistemazione delle vie Ferruccio, dei Ventuno, S. Trinità, Roccabruna, Vicolo del Liceo, e il prolungamento delle vie Sanseverino, Milano e Mantova. In quel periodo era stata compiuta pure l’elettrificazione della ferrovia Trento-Bolzano-Merano. Due anni dopo sarebbe stata completata la costruzione della nuova stazione ferroviaria, sempre su disegno del citato Angiolo Mazzoni. Avrebbe sostituito l’ottocentesca “fabbrica dei viaggiatori”, sorta nel 1858 su una spianata delle ischie dell’Adige dopo che il fiume era stato deviato con un’imponente opera di ingegneria idraulica. La tratta tra Verona e Trento era entrata in esercizio il 23 marzo 1859; quella fra Trento e Bolzano il 16 maggio. La durata del viaggio tra le due città della regione era di due ore. Nonostante l’Austria fosse in guerra con i franco-piemontesi (le ostilità erano cominciate il 26 aprile 1859), a Trento e Bolzano si tennero sfarzosi festeggiamenti. Ottant’anni dopo, la caduta dell’ultimo “relitto dell’Imperial regio stile aulico” fu salutata con celebrazioni di analoga, se non maggiore, intensità. Erano gli anni di quel “risanamento edilizio” che aveva portato fra il 1935 e il 1937 allo sventramento dell’antico rione del Sass, attraversato dai fossati di San Simonino, del Teatro e da varie rogge che bagnavano il Vicolo Santolini e l’Androna del Filatoio. Lo spazio reso disponibile dalla cancellazione dell’antico rione, compiuta dagli ingegneri Guido

Il mosaico di Pancheri, detto “La donna del flit”.

Segalla e Emilio Gaffuri, fu sostituito da un quadrilatero porticato, opera degli architetti Efrem Ferrari, Giovanni Lorenzi, Guido de Unterrichter, Renzo Masè. La piazza, chiamata del Littorio, dopo la seconda guerra mondiale divenne “Italia”, infine piazza Battisti. Alla piazza si accede, da est, attraverso la “galleria dei Legionari” che, all’esterno, è sovrastata da un imponente mosaico in riquadro raffigurante la Vittoria che regge il fascio (la “donna dal flit”), in parte deturpato dopo la caduta del fascismo. Opera di Gino Pancheri (maestro d’arte musiva Goffredo Gregorini)

ha un’iscrizione che rievoca la retorica di Benito Mussolini dopo la conquista armata dell’Etiopia e la proclamazione (1936) dell’Impero. Il mosaico, detto appunto “dell’impero”, fu inaugurato il 28 ottobre 1939 (anno XVII dell’Era Fascista). Nella parte porticata, verso piazza Battisti, due graffiti furono eseguiti da Luigi Bonazza. Lo stesso artista, sul retro del palazzo delle Poste dove un tempo sorgeva palazzo a Prato, dipinse in affresco (1933) la processione di apertura del concilio di Trento (1545). Sullo scalone interno altri affreschi di Gino Pancheri (1934) sul tema “La terra e le genti trentine”. In Largo Porta Nuova, tra le vie Calepina e Galilei, un palazzo di pietra bianca con torre quadrangolare è oggi la sede dell’autorità di bacino dell’Adige e dell’Avvocatura distrettuale dello Stato. Fu costruito (1934-1938) quale sede della “Federazione dei Fasci di combattimento del Trentino” con annesso “sacrario dei Caduti fascisti”, su disegno dell’ing. Giovanni Lorenzi e le pitture di Onchè Perzolli. Sostituì un imponente edificio tardottocentesco con cupolone centrale. Sulla facciata della torre, un gigantesco altorilievo di pietra (un uomo, a petto nudo, la destra alzata nel saluto romano, con la vanga e il fucile tenuto

“Il ricevimento dei tre cardinali nel Palazzo a Prato ai tempi del Concilio”, affresco realizzato negli anni Trenta da Luigi Bonazza.

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