trentinoattualità di Silvia Conotter
tutto un altro mondo
DATEMI UN MARTELLO… PER ANDARE A SCIARE Chi si ricorda di quando sul monte Bondone c’era un unico impianto a fune, lungo solo 200 metri? Correva l’anno 1949… e Adriana Maurina Rossi ci arrivava a piedi in tre ore, sci (di legno) in spalla
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avanti al “divertimentificio” di oggi si stenta a credere che solo una sessantina di anni fa gli sciatori erano solo pochi appassionati che si arrangiavano con attrezzatura di fortuna senza
arrendersi di fronte ad alcuna difficoltà: “Non ci fermava neanche il demonio!”, scandisce bene Adriana Maurina Rossi raccontando di quando saliva a Vason a piedi con i suoi fratelli. Quest’anno, a 78 anni,
Campi di sci sul Monte Bondone, sullo sfondo la slittovia del Montesel
è la prima volta che non ha ancora acquistato lo stagionale in Bondone: “Ma solo perché sta per nascere il mio secondo nipotino, poi vedo”. Come ha cominciato a sciare? Eravamo otto fratelli e raccontammo al cappellano di Trento, don Francesco, che ci sarebbe piaciuto andare a sciare. Così lui ci prestò dei vecchi sci in legno e arrivammo a piedi fino a Vason. Ci mettevamo tre ore lungo i sentieri e spesso riuscivamo a tornare a casa direttamente con gli sci ai piedi. Allora c’era sempre tanta neve. Dove abitavate? Tra Piedicastello e Sardagna. Adriana Maurina Rossi 22
tmgennaio
Mio padre per farci andare a scuola in inverno doveva sempre fare “la ròta”. Non c’era ancora la funivia, allora: gli operai e le operaie della Michelin salivano e scendevano a piedi. Non c’erano neanche le macchine. Torniamo al Bondone. A quei tempi c’era solo un impianto a fune, lungo circa 200 metri. Ci si aggrappava al manico di una specie di “martello” in acciaio, che in cima si staccava dal cavo con uno scatto, per poi buttarlo a terra. Il personale di servizio lo riportava alla base. Mia madre ci dava 100 lire per comprare il minestrone caldo a mezzogiorno, ma noi utilizzavamo