Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà" Giugno 2019

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rivedere e aggiornare il nostro modo di evangelizzare. Vogliamo dare un passo oltre l’inculturazione verso l’interculturalità”.

Il suggerimento è stato pienamente accolto anche dai redattori del bollettino Diálogo Indigenista Misionero, organo del Coordinamento Nazionale della Pastorale Indigena della Conferenza Episcopale Paraguayana. Sulla quarta di copertina dell’edizione di dicembre del 2013, vi è un poema intitolato “Missionari dal volto interculturale”, espressione che si ripete come un ritornello lungo il testo: “Siamo protagonisti in questo conglomerato di culture di incontri e scontri, di alleanze e di fratture.

“Configuriamo il futuro di questo mosaico di identità, a partire dalla interculturalità, la sfida principale in tutte le latitudini. (...)

“Viviamo il nostro essere “interculturale”: dando impulso alle culture, anziché riscattarle e salvarle, rispettandole ed apprezzandole, invece di giudicarle e condannarle; (...) “Imparando e ascoltando, invece di ammaestrare e sopraffare.

“Passiamo sul suolo sacro degli altri/altre con i piedi scalzi, con il cappello in mano e i nostri doni pronti per l’offerta.

“Sentiamo l’aroma e raccogliamo i fiori dei campi di altri mondi.

“E impariamo a bere dall’acqua di vita di altri pozzi profondi. “Andiamo a trovare altri volti, riflessi della nostra umanità. “Apriamoci verso l’altro in una relazione di uguaglianza” (28).

Coerente con queste premesse, non stupisce che lo stesso bollettino riproduca il seguente brano della relazione del sacerdote Bartomeu Meliá, primo responsabile della pastorale indigenista della Conferenza Episcopale paraguaiana, durante la Settimana Missionaria 2013: “Ci siamo posti la domanda: fin dove possiamo praticare le religioni indigene? Quasi tutte le religioni hanno due elementi essenziali: ascoltare la ‘parola rivelata’ e relazionarsi con la comunità (per gli indigeni si tratta della danza e della chicha [bevanda alcolica]) (...). Le religioni indigene ci sembrano strane, ciò non elimina però la sfida di partecipare degli spazi religiosi; sí, si può praticare la religione indigena senza negare la propria, questo allarga anche il nostro cuore” (29).

Per tutto quanto detto, c’è da temere che questo incentivare le comunità cattoliche a riprendere le pratiche delle religioni indigene idolatriche e pagane si realizzi durante la prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Pan-Amazzonica, il cui obiettivo dichiarato è precisamente costruire una Chiesa dal volto amazzonico.  Note______________________________________

[1] https://www.youtube.com/watch?v=RbTnBO5s_vQ [2] Secondo Pio XII, “la chiesa cattolica non disprezzò o rigettò completamente il pensiero pagano, ma piuttosto, dopo averlo purificato da ogni scoria di errore, lo completò e lo perfezionò con la sapienza cristiana. Così pure accolse benevolmente il progresso nel campo delle scienze e delle arti, che in alcuni luoghi raggiunse altezze veramente sublimi, e lo perfezionò diligentemente innalzandolo a fastigi di bellezza forse prima mai raggiunti. E neppure soppresse del tutto i costumi e le antiche istituzioni dei popoli, ma in qualche maniera li consacrò; le stesse feste pagane, trasformate nel significato e nel rito, piegò a celebrare le memorie dei martiri e i divini misteri” (Evangelii praecones, n°12, http://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/encyclicals/documents/hf_pxii_enc_02061951_evangelii-praecones.html ). [3] http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_universityregensburg.html [4] JOLICOEUR, Luis, “El Cristianismo aymara: inculturación o culturización?”, in Cultural Heritage and Contemporary Change, serie V, Latin America, vol. 3, p. 295 [5] Le considerazioni anteriori sui rapporti tra cristianesimo e cultura sono il riassunto di alcuni interventi tenuti nel corso della 29ª Settimana di Missiologia, celebrata a Lovanio (Belgio) nel 1959, riprodotte nel volume Mission et cultures non-chrétienne edito da Desclée de Brouwer. I principali autori, il cui pensiero è stato qui riassunto, sono J. Ladrière (“La culture et les cultures”, pp. 11-44), padre J. Bruls SAM (“L’Attitude de l’Église devant les cultures non-chrétiennnes”, pp. 45-57), padre Segura PB (“L’Initiation, valeur permanente en vue de l’inculturation”, pp. 219-223) e padre Boritius SCJ (“Le Groupe familiale et ses formes”, pp.. 236-253). [6] Ediciones Aya-Yala, Quito (Ecuador),1995. [7] Ibid. p.150. [8] p. 189. [9] p. 99. [10] p. 112. [11] p. 125. [12]p. 159. [13] p. 189. [14] p. 163. [15] p. 168. [16] p. 174. [17] pp. 179-180. [18] p. 183. [19] Ibid. [20] p.173. [21] p. 200. [22] p. 204. [23] p. 203. [24] p. 176. [25] p. 206. [26] INTERCULTURALIDAD Y RELIGIÓN: Para una lectura intercultural de la crisis actual del cristianismo, Ediciones Aya-Yala, 2007. [27] La frase è di Juan José Tamayo, seguendo la proposta di Johann Baptist Metz. [28] DIM, n° 70, año XXVI, retro di copertina. [29] Ibid. p. 32. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / GIUGNO 2019 - 27


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