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CARNET DE CULO (libro II).............................. pagina
CARNET DE CULO
LIBRO II CARNET DE CULO
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CARNET DE CULO - Preface
Premesse: Da più parti si sentiva una vaga, pallida ma insistente necessità di ricominciare.
La latitanza del Fondatore e l’ambiguità delle sue sporadiche risposte avevano accreditato sempre di più le prospettive solipsiste. Al pari dei destini dell’uomo dopo l’illuminismo, anche gli orizzonti di Carne si erano progressivamente allontanati dalle dimensioni ultraterrene della sua vicenda. Molti, tra cui il Pontefice, sostenevano che il male del secolo fosse il relativismo, generato dall’aver riposto un’assoluta fede nella ragione per poi aver dovuto ammettere che la verità oggettiva, al pari della realtà oggettiva, erano solo vane e mutevoli utopie, generate dai molteplici sistemi di rappresentazione. Il Fondatore allora, si sarebbe ritratto vedendo l’abuso che Carne avrebbe fatto del libero arbitrio. Carne aveva le prove del contrario: il libero arbitrio sopravviene quando il Fondatore si sottrae. Carne, ora, non credeva più a nessun fondatore, ed era nella piena convinzione di essersi autodeterminato.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 1, The Smart Set
Alle undici di mattina Carnet de Culo se ne stava nella vasca da bagno, mollemente abbandonato nell’acqua leggermente profumata di patchouli. Titillava pigramente le corde del piccolo ukulele, ricordo del suo ultimo viaggio nelle isole del Pacifico, traendone i caratteristici suoni limpidi e lamentosi, secondo una semplice melodia insegnatagli dalla sua vahine nelle chiare notti del tropico. Di quando in quando una breve scoreggia saliva a galla creando graziose bollicine. “Amor... Amor... ti stringo al cuor... ti parlo ancooor... d’amor...” Che noia. A mezzogiorno lo attendeva il consueto appuntamento del giovedì con la giovane Lady Gwendaline, e insieme si sarebbero recati a colazione da Lady Cophetua Hinshelwood.
La piccola Gwendaline! Si conoscevano fin da bambini, fin da quando era solito passare le vacanze estive nella casa di campagna di zia Ethelred, nella tenuta del Carnarvonshire. Lo zio Wulfstan, conte di Glamorgan, veniva a prenderlo alla stazione di Huddersfield con la Bentley guidata dal vecchio Winnie, autista e giardiniere nonché stalliere di famiglia. Li accompagnava Gwen, figlia della cuoca Jemima e del maggiordomo, il signor Hichens. Già allora Gwendaline aveva un culo spropositato e lui la chiamava Chiappona. Lei sembrava offendersi, ma in realtà, non si sa come, era fiera di portarsi attorno quelle immense natiche tremolanti, e celiava. Ma ora? Ne era passata di acqua sotto i ponti! Gwendaline era riuscita a sposare in prime nozze il figlio del reverendo Higgins. Quando il poveretto morì improvvisamente non passò molto tempo che si fidanzasse con Tobia Peacock, un giovane e facoltoso uomo d’affari di Leeds. Alla sua morte, sopravvenuta inaspettatamente un mese dopo le nozze, Gwendaline si trasferì a Londra, prendendo alloggio in una graziosa palazzina di Pimlico. Ella era ormai dotata di cospicui mezzi di fortuna, e conduceva una vita agiata. Fu poco dopo il suo arrivo nella capitale che si incontrarono nuovamente: Lady Hinshelwood, che amava contornarsi di giovani rampolli, era solita invitare ai suoi ambìti ricevimenti le giovani più in vista del momento, e a Gwendaline in virtù delle proporzioni del suo olimpico culo era stato facile accedere al salotto della signora. Ebbe così modo di conoscere il giovane conte di Culloden upon Bigelow, che sposò dopo un brevissimo fidanzamento. Purtroppo il matrimonio ebbe vita breve: Culloden morì improvvisamente pochi mesi dopo che si erano stabiliti nelle nuova magione di Chelsea. Carnet de Culo si trovava ora in un certo imbarazzo. Lady Cophetua non gli aveva nascosto che avrebbe molto gradito che frequentasse più assiduamente Gwendaline, e lui non poteva rifiutarsi visto l’aiuto che aveva ricevuto dalla signora la volta che aveva perso 3500 sterline al giuoco del backgammon, l’altra volta che un uomo era morto mentre lui stava guidando da ubriaco la sua automobile sportiva in Hyde Park e quando una donna era scomparsa dopo una di quelle festicciole. Di certo Lady Hinshelwood aveva validi motivi per favorire questa frequentazione: il suo defunto marito era stato socio del padre del giovane Culloden nella fabbrica della Salsa Pea & Lerrins, “La Salsa Che Fa Bruciare Il Culo” dalla formula segreta. Ma il vecchio conte, ucciso da una pallina vagante durante una partita di golf, aveva lasciato aperte molte grosse posizioni debitorie con la società di cui lei era ora titolare e che il figlio non aveva voluto onorare. Favorendo un’unione tra l’erede Gwendaline e Carnet, che dipendeva da lei, avrebbe potuto rientrare in possesso di una grossa somma di denaro, oltre a terreni, fabbricati e certificati azionari, e forse anche della formula della Salsa. Mentre si avvolgeva nell’accappatoio tiepido, Carnet si accorse di avere paura.
(Derek)
CARNET DE CULO Chapter 2 The Reasons of the Ass
My Ass
By Gwendoline Hichens
I have a large ass that goes in and out with me, And what can be the use of him is more than I can see. He is very, very like me from the thighs up to the waist; And I see him jump behind me, when I jump into my bed.
The funniest thing about him is the way he likes to grow: Not at all like heavy pumpkin, which is always very slow; For he sometimes shoots up fatter like an india-rubber ball, And he sometimes goes so swollen that there’s only of him at all.
He hasn’t got a notion of how people ought to play, And can only make a fool of me in every sort of way. He stays so close behind me, he’s a coward you can see; I’d think shame to stick to nursie as that arse sticks to me!
One morning, very early, before the sun was up, I rose and found the shining dew on every buttercup; But my lazy fattie ass, like an arrant sleepy-head, Had stayed at home behind me and was fast asleep in bed.
Questo poemetto, scritto in giovanissima età da Gwendoline Hichens, fu da lei conservato per alcuni anni in una cassettina di legno profumato nella sua camera. Allorquando, alle soglie della pubertà, ella iniziò a sentire i primi rivolgimenti ormonali, ne fece dono in copia a Carnet De Culo, in occasione di un suo soggiorno estivo a Glamorgan. Carnet ne fu profondamente scosso, tanto da volersi disfare del manoscritto. La frequentazione dei due, fino ad allora improntata a infantile cameratismo, subì una brusca interruzione, tanto che Carnet pretese di ritornare a Londra con la scusa di dover sostenere gli esami di riparazione per quanto quell’anno fosse stato promosso. L’originale, conservato da Gwendoline, la seguì dapprima in casa Higgins e poi a Leeds quando divenne la signora Peacock. Nel trasloco a Londra, dopo la morte di Tobia Peacock, l’originale del poemetto andò smarrito. Ma in seguito, all’insediamento di Gwendoline nella magione di Chelsea, la cassettina di legno profumato fu ritrovata in un baule che conteneva vecchi cappelli e indumenti intimi femminili, oltre a un misterioso oggetto oblungo dalle fattezze di un cannocchiale, ma con una estremità perfettamente arrotondata... Piegato in 16 Lady Gwendoline volle che il foglietto fosse inserito nella controcassa di un orologio a meccanismo erotico da panciotto, una “montre libertine à automates lubriques”, fabbricato da Jason Rigby di Londra, di cui ella era intenzionata a fare dono a Carnet De Culo dal momento che si erano nuovamente incontrati. Un dono che non sapeva se sarebbe stato gradito, anzi...
(Derek)
CARNET DE CULO Chapter 4 Mesmeric dance
La tre litri avanzava lentamente lungo Tottenham Court. La luce fioca dei lampioni e i rari passanti davano alla strada un aspetto spettrale. Sullo sfondo, il Covent Garden avvolto nella nebbia si stemperava verso l’alto in una fuliggine scura ed evanescente. Il vecchio Winnie procedeva guardingo, forse borbottando qualcosa sotto i baffi, ma Carne non poteva sentire perchè aveva chiuso il cristallo scorrevole. Non era assolutamente antidemocratico, teneva chiuso il cristallo per poter scoreggiare a suo piacimento senza dar noia al vecchio autista. Lasciandosi alle spalle Bloomsbury, passando il Tamigi, la città si faceva più squallida, meno vivace. Oltre Walworth Road, le basse case dell’East End avevano perso quasi definitivamente il loro decoro, anche se a lato della strada ogni tanto qualche lunga cancellata lasciava supporre che dietro quei platani e quegli olmi sonnecchiassero antiche dimore nelle quali il fasto era ormai solo un ricordo. La Bentley rallentò, curvò e si fermò davanti ad una enorme cancellata in ferro battuto. Il vecchio Winnie scese e tirò energicamente il campanello a saliscendi, poi risalì in macchina. Dopo qualche minuto qualcuno venne ad aprire. Si trattava in verità di un personaggio assai inconsueto: un uomo di razza indiana, con un grosso turbante turchino ed una lunga veste bianca con colletto alla coreana. “Lord Di Culo, Madame Shalikhan vi attende. Da questa parte, prego” disse l’uomo con un tono cortese ma molto distaccato. Malgrado la pochissima luce, proveniente da una lucerna ottomana, si intuiva che l’atrio della casa era straordinariamente arredato da una collezione di samovar, accuratamente disposti su alcune grosse mensole di fattura orientale. Anche la boiserie della stanza era intagliata a motivi arabeschi. Sul pavimento, numerosi tappeti si sovrapponevano gli uni agli altri. Entrarono in un salotto, dove il vecchio Winnie fu fatto accomodare. Carne fu introdotto nello studio di Madame Shalikan: Un piccolo ambiente in cui aleggiava un forte odore di mirra ed altri aromi d’oriente. Tutte le pareti erano coperte di quadri, specchi, appliques, piccoli bassorilievi, maschere africane, armi primitive, simboli magici, lucerne e bambole di ogni tipo e fattura. Le finestre erano nascoste da numerosi tendaggi. Il numero di tappeti era così elevato da rendere il pavimento pieno di dislivelli e di veri e propri gradini. Una unica lampada, sulla scrivania, ne illuminava
il piano, completamente sommerso di oggetti. Madame Shalikan non c’era, o almeno così sembrò a Carnet, finchè non la udì alle sue spalle. “Mi aparite... perocupato, n’est pas?” disse la voce di Madame. Carne si rese conto allora che nella stanza c’era un paravento. Madame ne uscì con un’aria orrenda. Una vecchia vestaglia di seta dorata, macchiata e consunta, avvolgeva a stento un decollété vizzo e grinzoso, coperto a malapena da uno jabotche forse, un tempo, poteva essere stato bianco. Un enorme cammeo di giada lo teneva legato alla meglio. Sopra a tutto, uno scialle nella lavorazione tipica di Alessandropoli, di colore nero, turchino e sangue cotto. Ma l’aspetto più impressionante di Madame Shalikan erano gli occhi: due topazi giallastri e fiammeggianti, incorniciati da palpebre simili al cuoio consunto nella parte superiore, e da enormi borse cascanti, simili allo scroto del demonio, nella parte inferiore. Questo orrendo panorama aveva come orizzonte una enorme riga nera di kajal, stesa forse qualche settimana prima. “E’ per vostro sogno, vero, Monsieur De Culo?” “Sì, madame. Un sogno che mi ossessiona ogni notte” “Io prego lei non dire niente più!” Madame aprì un vecchio secretaire e ne estrasse quello che a prima vista sarebbe sembrato un cannocchiale, se non fosse stato per una delle due estremità, che era perfettamente arrotondata. “Prego, lei toglierà suoi pantaloni et coulottes” “Devo proprio?” chiese Carnet, visibilmente in apprensione. “Non si può sapere cosa è davanti se prima non si sa cosa è dietro” disse risoluta madame.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 5 Tagging after
Era ormai Natale. La mezzanotte era passata da poche ore. La macchina di Carnet era sfrecciata oltre la stazione di Elephant and Castle e si era fermata dopo un centinaio di metri davanti alla
Castle Brasserie (NdE: cucina del Bangladesh, chiusura alle 22, quindi già chiusa). Poco dopo era ripartita verso Camberwell, un sobborgo della parte meridionale della città noto per le sue origini medioevali, per la chiesa di St. Giles e per il fatto che Brian Ferry aveva vissuto lì. Ma non era certo per tutto questo che Carnet era venuto da queste parti, per giunta nella notte di Natale. Chi l’aveva visto poche ore prima aveva notato in lui segni di preoccupazione misti ad ansia e chi l’aveva visto così diverso dal solito era John Caruso. John Caruso aveva seguito Carnet per tutta la serata, in maniera discreta, lontano sufficientemente per non farsi scorgere, vicino a sufficienza per non perderlo di vista. Lo aveva seguito senza riuscire a capire perchè Lord De Culo a notte fonda, si aggirasse per le vie di un sobborgo abitato in prevalenza da caraibici e da mediorentali. Carnet si era fermato a Camberwell Green* davanti ad una enorme cancellata in ferro battuto di fianco ad una casa di riposo. Poco dopo venne accolto da un personaggio assai inconsueto: un uomo di razza indiana, con un grosso turbante turchino ed una lunga veste bianca con colletto alla coreana. Il cancello si richiuse alle sue spalle. John si preparò ad una lunga attesa cercando di capire perchè Carnet si fosse fermato nei pressi di un ristorante chiuso e sperando il freddo umido della notte non favorisse uno dei suoi soliti attacchi di colite.
* Sulla sinistra un progetto di Hughes Minet Esq. di una fattoria a Camberwell Green per Thomas Greensteed. Fu realizzata nel 1789 ma poi venne demolita nel 1819 per fare spazio alla Camberwell New Road (che poteva passare da un’altra parte!). Il terreno venne acquistato dall’assemblea parrocchiale alla fine del 1800 per proteggerlo (questa la dichiarazione ufficiale) dalla speculazione edilizia. Ma quale fu il vero motivo? (ma questa è un’altra storia anche se Carnet De Culo in questo momento si trova proprio lì, nel soggiorno di Madame Shalikhan, proprio nel punto in cui sorgeva la fattoria due secoli prima).
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 6 John, who’s this man?
John Caruso, breve storia di famiglia.
John era nato da una relazione tra il bellissimo Carmine Caruso e la benestante Ellen Peacock. George Peacock si incazzò moltissimo quando seppe che la sua amata figliola Ellen, madre di tre figli, dopo 11 anni di tranquillo tran tran aveva lasciato casa e famiglia per mollarla all’autista. Si incazzò molto di più quando gli giunse la notizia che l’adorata figlia stava per sfornare un piccolo italiano. Si incazzò a tal punto che ebbe un colpo e ne morì non prima di avere chiamato avvocati e notai e di avere spiegato loro che, anche violando la legge, tutto il suo patrimonio avrebbe dovuto essere trasferito al fratello minore Alphonzo. Al, microbiologo da anni emigrato in Inghilterra, era titolare di cattedra nella famosa Leeds School of Medicine, sposo fedele di una simpatica donna grassoccia e padre felice di Tobia, un ragazzo assennato. John, dal canto suo, era cresciuto senza sapere nulla di tutto ciò finchè il giorno del suo trentesimo compleanno Carmine, dopo abbondanti libagioni, alzò il calice. “Finalmente è morto!” disse, con aria soddisfatta. “Morto? Chi?” chiese John con meraviglia, considerando il fatto che si stava festeggiando il suo compleanno. “Quel bastardo di tuo nonno! E’ morto ieri, a novantanni suonati.” Ellen guardava Carmine con rassegnazione. Si erano promessi solennemente di non rivelare mai la verità a John ma forse era meglio così, John poteva continuare a lavare le macchine nel garage del padre ma doveva sapere da dove veniva perchè sapesse, prima o poi, dove andare. John si fece raccontare tutto, seppe che suo nonno non era morto in un incidente d’auto prima che lui nascesse e che aveva trasferito tutti i suoi beni, con la complicità dei suoi avvocati, al fratello scienziato. Ora che sapeva da dove veniva sapeva anche dove andare. A Leeds.
(Myr) CARNET DE CULO Chapter 7 In pursuit
Leeds. Il luogo dove la ricerca del Pavone, pardon, del Peacock, doveva finire. O doveva cominciare. L’Airbus A-330 proveniente da Amsterdam atterrò al Leeds Bradford senza problemi. Le ruote accarezzarono il cemento della pista appena coperto da uno strato di leggero nevischio, l’aereo rallentò, invertì la marcia e si diresse verso il terminal della KLM. Un tapis roulant lo trasportò, senza alcuno sforzo, attraverso il tunnel fino alle scale mobili e agli ascensori verso il ritiro bagagli e al controllo passaporti, un percorso di pochi minuti che gli fece subito capire che non sarebbe stato facile trovare il bandolo della matassa. Già, perchè le pareti lungo il percorso verso l’uscita, come succede in tutti gli aeroporti, erano piene di pubblicità: Peacock & Jones, Peacock and Smithson, Peacock & Mc Carthy, Peacock & Lea, Peacock & Jackson... Peacock dappertutto! Alberghi, supermercati, consulenti finanziari, una banca, un produttore di ombrelli... Peacock dappertutto! Non sarebbe stato facile trovare il Peacock giusto. Era pronto a scegliere l’Airlink757, il pullman per il centro città, ma all’ultimo minuto, pensando che un’auto avrebbe potuto essergli utile, scelse una Ford Ka all’autonoleggio low cost e la prenotò per 3 giorni. Pagò le 63,81 sterline richieste e partì verso il Peacock & Turner Hotel nel centro di Leeds. Una volta sistemato scese nella hall e chiese ad un impiegato di potere parlare con il direttore. Pochi minuti più tardi entrò in un piccolo ufficio, una vera bomboniera, accogliente, illuminato con sapienza, legno e tappezzerie vittoriane, appliques di fine ottocento, stampe antiche e, dietro colui che sicuramente dirigeva la baracca, un quadro, sicuramente una riproduzione, che a John era molto familiare:
si trattava di un dipinto di Tobia Stranover (NdE: Peacock, Peahen and Poultry - in italiano: Pavone, Pavonessa e Pollame) che era appeso da sempre sopra il letto dei suoi genitori. Ora ne
capiva il perchè! Un quadro di famiglia, una sorta di stemma! Il direttore molto cortesemente rispose alle sue domande e gli raccontò come il signor J.D. Jackson, attuale proprietario dell’hotel, lo aveva acquistato dalla vedova Lady Peacock pochi giorni dopo la triste dipartita di Tobia Peacock, il precedente proprietario. Una condizione contrattuale, prevista dal defunto in caso di cessione dei suoi beni anche da parte dei suoi eredi, era che il suo cognome venisse mantenuto nella nuova denominazione. Ora John, ripensando a tutte le pubblicità viste, capì cosa era successo ai beni del defunto cugino di sua madre. Lady Gwendalyne si era sbarazzata di tutto in pochi giorni. Strano! Anzi, sospetto!
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 8 The pursuit goes on
Il sospetto si era fatto strada rapidamente. Perchè la vedova dell’uomo più ricco della contea si era sbarazzata in pochi giorni di tutti i suoi beni? John aveva bisogno di sapere ma anche, dopo il lungo viaggio, di radersi. Il barbiere dell’hotel, non appena ebbe sentito il nome di Gwendalyne Peacock, non si fece pregare e cominciò subito a spifferare un mucchio di storie curiose. La vedova non era una ragazza inesperta, come d’altra parte il suo grosso culo e le insistenti voci sulla scarsa moralità della madre lasciavano intendere. “Cu’ è figghiu ’i jatta, surci ha’ pigghiari” pensò John, ripetendo un proverbio che lo zio Salvatore ripeteva spesso. Il barbiere, mentre lo stava insaponando, continuava il suo racconto felice di avere un ascoltatore attento. Prima di sposare Tobia Peacock era stata la moglie e successivamente la vedova del figlio del Reverendo Higgins, uomo di poche parole ma di discreti mezzi finanziari. La sua famiglia era originaria di un sobborgo di Londra, da cui arrivavano delle buone rendite grazie alla locazione di un immobile d’epoca. Dopo la prematura scomparsa del giovane Higgins la grossa vedova non perse tempo e sposò in tempi vergognosamente rapidi il saggio (e ricco) Tobia Peacock che, come il suo predecessore, non durò a lungo. In tempi vergognosamente rapidi la giovane bivedova trasformò i beni del marito in denaro liquido e partì per Londra dove voci riferiscono che acquistò una piccola villa nei pressi della Tate Gallery... Mentre il barbiere continuava a parlare John stava già pagando il conto dell’albergo. Quello che aveva sentito era più che sufficiente per farlo salire sulla Ka e partire per Londra. Avrebbe risparmiato del tempo se avesse avuto la pazienza di ascoltare quello che il barbiere aveva ancora da dire su Gwendalyne.
Imbocco la M1, passò di fianco all’aeroporto di Luton e dopo un cinquantina di chilometri entrò in Londra e si diresse verso Westminster, 3 ore e ventotto minuti dopo essere partito era davanti alla villa di Gwendalyne (l’unica in mezzo a decine di bassi condomini, a pochi metri dall’angolo posteriore sinistro della Tate). Il portiere in divisa da grande ammiraglio fu molto gentile, gli spiegò che la villa era ormai da tempo, da quando Lady Gwendalyne l’aveva venduta prima di sposarsi col giovane conte di Culloden upon Bigelow, un residence di lusso, abitato da parlamentari del nord del paese. “Il Conte è ancora vivo?” chiese senza pensarci John. “No” rispose laconicamente l’ammiraglio “il matrimonio gli è stato fatale.” “Non c’è due senza tre” pensò John, ricordando le bestemmie di suo padre quando riparando una macchina era convinto di avere risolto i primi due problemi e poi, ricordandosi di essere in Inghilterra aggiunse ad alta voce: “It never rains but it pours”. “Vivevano a Chelsea, in Dovehouse Street vicino alla Chiesa di San Luca, nella bella casa londinese del Conte, dove la vedova risiede ancora”. “La trivedova è mia!” pensò John “Questa volta non mi scappa.” ma non sapeva ancora che a Londra c’era Lady Hinshelwood. E non sapeva ancora che Lady Hinshelwood aveva un progetto:
favorire un’unione tra l’erede Gwendaline e Carnet, (Carnet dipendeva da lei) per rientrare in possesso di una grossa somma di denaro, oltre a terreni, fabbricati e certificati azionari, e forse anche della formula della Salsa. Ma John avrebbe saputo tutto questo presto.
(Derek)
CARNET DE CULO Chapter 10 Upon or in the Shit?
Nella sontuosa casa di Chelsea non c’era nessuno salvo la cuoca (originaria dell’isola di Islay gli dissero al Builder Arms, il pub di Britten Street situato proprio dietro la villa). Fu sufficiente una bottiglia di Caol Ila per fare venire le lacrime agli occhi della cuoca e per farle spifferare tutto quello che sapeva, compresa la storia di Carnet, assistito e ricattato dalla vecchia astuta Lady Hinshelwood. Carnet Abitava in Bedford Square, di fianco al British Museum, e si muoveva abitualmente con una Bentley guidata dal suo autista. Ci volle una mezz’ora per raggiungere la sua destinazione. Ormai era tardi, anche le luci natalizie dei negozi di elettronica di Tottenham Court Road erano ormai spente. Alcuni sensi vietati gli fecero perdere un po’ di tempo ma poi, passando da Great Russel Street arrivò sotto casa di Carnet. La riconobbe perchè la Bentley era lì, con il motore acceso, autista al volante pronto per assecondare le richieste del suo padrone. John proseguì per alcune decine di metri, fece inversione di marcia, si fermò e spense i fari. L’attesa durò poco.
(Myr)
Quali misteri occulta la Confraternita del Culo e della Merda? Quali innominabili pratiche della Conventicola Anale hanno sedotto gli annoiati rampolli delle migliori famiglie di Londra? Quali oscuri abominii si celano dietro le imposte sempre chiuse della vecchia palazzina di Maida Vale?
Presto lo sapremo, leggendo il Chapter 9 di CARNET DE CULO - The Shit and Ass Brotherhood (The Anal Club)
John si era preparato ad una lunga attesa ma la noia fece la sua comparsa in maniera violenta. John prese allora il suo notebook e trovò subito una rete disponibile. Diede un’occhiata alla posta, cancellò subito tutti i messaggi relativi al potenziamento e all’indurimento del suo pene e subito dopo si mise alla ricerca di informazioni su luogo dove si trovava. Uno strano posto. Un piccolo sobborgo a sud est del centro di Londra dove avevano vissuto e dove erano morti personaggi famosi, attori, pittori, musicisti e molta povera gente senza nome. Nei pressi della villa dove Carnet era entrato sorgeva infatti la Peckam House, un manicomio, chiuso nel 1955, dove, per un motivo o per l’altro, veniva rinchiusa gente lunatica o più semplicemente scomoda, un posto malsano, umido e degradato dove la permanenza media, prima del decesso, era di soli 18 mesi. Ma tra il dicembre del 1845 e il gennaio dell’anno successivo la situazione precipitò. Una terribile dissenteria si diffuse tra tutti gli ospiti dell’Asylum. Le autorità intervennero subito modificando la dieta, aggiungendo grandi quantità di birra che prolungarono la produzione di escrementi e abbondanti dosi di riso che li solidificarono. Alla fine di gennaio tutt’intono al manicomio si innalzavano montagne di merda; il tempo insolitamente secco le conservò e limitò il tanfo ma il problema andava risolto. Il cognato dell’assessore alla sanità, proprietario di una azienda di scavi, trovò la soluzione. This asylum, known as Camberwell House, with its surrounding pleasure and garden grounds, occupies a space of some twenty acres, part of which is laid out in a park-like manner, the remainder being kept for the use of the patients who take an interest in garden pursuits. I venti acri della proprietà vennero trasformati in un formicaio, profondi pozzi lasciarono
praticamente intatta la bellezza del parco mentre le gallerie orizzontali presto si prestarono ad essere riempite. Il terreno sarebbe stato fertilissimo e gli ospiti sopravvissuti avrebbero potuto dedicarsi alla cura dei giardini***. “Carnet è sopra la merda!” pensò John dopo avere letto con attenzione le notizie del sito che aveva trovato casualmente senza sapere che, pur avendo formalmente ragione, la preposizione corretta non era sopra ma nella. Carnet era infatti nella merda.
***Si disse poi che le piante del parco crescevano molto velocemente, belle, rigogliose ma con un piccolo difetto: dai rami spezzati usciva un liquame scuro e puzzolente. Timothy Lovejoy Higgins, il naturalista della Regina Vittoria, dopo avere analizzato più volte il succo della pianta e avere chiesto scusa alla sua sovrana, non trovò per l’insolito vegetale un nome migliore di Arbor Sterci, volgare: Shit Tree, i.e. Albero della Merda. Si disse anche che T.L. Higgins riuscì a fare fermentare con ottimi risultati i campioni raccolti e a vendere poi il prodotto, caratterizzato da un forte sapore di acido fenico, alle distillerie di Islay.
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 11 The Shitting Goodbye
Il vecchio Timothy Graham Fuller chiese un po’ d’acqua. Nella penombra della stanza, i suoi novantasette anni gli stavano scorrendo rapidamente davanti, come immagini di lanterna magica: il vecchio Culloden che pone la prima pietra della fabbrica della Salsa Pea & Lerrins, la sua prima notte nello stabilimento, il giorno in cui il vecchio conte gli rivelò la formula segreta, poco prima di essere ucciso da una pallina da golf, mentre chiacchierava con Meredith Jackobson al Willerby Garden. Per anni aveva continuato quel rituale in segreto, ma adesso stava tirando le cuoia, e doveva rivelare la formula della famosa salsa a qualcuno. C’era, ovviamente, una formula depositata, ma mancava di un ingrediente, quello che la rendeva inimitabile, e che garantiva quel caratteristico bruciore al culo che era diventato uno status symbol. “Mandatemi... Katherine” disse il vecchio, ormai alla frutta. Kate entrò nella stanza. Gli occhi le luccicavano di commozione. Il suo vecchio nonno, Granfa Timmy, il grande vecchio, stava per andarsene. “Nonno...” sussurrò “Non c’è tempo per le smancerie, piccola. Come sai, di grano te ne lascio poco: seicento sterline nel materasso, e un po’ di azioni della Pea & Lerrins. Non un granchè. Ma ti dico una cosa che vale oro: per fare la salsa ci vuole una pianta che cresce solo a Londra. Si chiama ... Shit Tree. Quando ...la spezzi, dai rami esce un liquame scuro e puzzolente. Quell’imbecille di Timothy Lovejoy Higgins, il naturalista, ci studiò ... per anni, ma riuscì solo a tirarci fuori un alcolico per gallesi, al sapore di acido fenico... Invece....” Il vecchio era alle ultime battute, le parole uscivano ormai come flebili rantoli. “Le troverai... nel parco.....” “Quale parco, nonno? Quale?” Il vecchio allungò una mano verso la finestra, come per indicare una direzione. La mano rimase per un po’ tremante e sospesa... poi cadde sul lenzuolo, come un pavone abbattuto mentre tentava l’ultima ruota. Mentre spirava, dal culo del vecchio uscì una flebile scoreggia. Forse era un’indicazione, ma Kate non se ne accorse.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 12 Kate and the city
“Quale parco? Quale?” Le disposizioni che il novantasettenne nonno le aveva lasciato andavano rispettate anche se Kate non sapeva quali fossero. Ecolalicamente ripetè un sospiro, molto simile all’ultima flebile scoreggia inodore del vecchio Timothy. Kate effettuò rapide associazioni e dedusse. Quella flatulenza altro non era se non metacomunicazione: “Cerca Carne, lui sa affrontare tutte le situazioni di merda, ci ha
vissuto per anni, è l’unico che ti possa aiutare. Addio, mia cara!” Straordinario il vecchio! Anche in una situazione estrema era riuscito, col minimo sforzo, ad indicare una via d’uscita. Carne. Se lo ricordava bene! Lo aveva amato ma quando lei stava sperando di perdere la verginità nel modo giusto e nel momento giusto il bastardo si sbrigò invece in pochi secondi senza romanticismi. Ma the hurried bitch makes blind sons (traduzione: ormai non lo amava più). Sì, era un bastardo, ma se l’era cavata in mille situazioni disperate e per giunta, fattore determinante, aveva culo. Non perse tempo.
Trovò subito il suo indirizzo di Londra, Bedford Square. Fu facile arrivarci: dalla stazione di Euston Road prese Gower Street e arrivò direttamente a Bedford Square. Non ci volle molto per identificare la casa di Carne anche se le case eranto tutte uguali, color merda, ciascuna con quattro gradini verso l’entrata... tutte uguali tranne una, verniciata, senza apparente ragione, di bianco. Kate sentì che quella era la casa giusta, Carne era stato troppo tempo a contatto con la merda per non desiderare di starne lontano per un po’. L’ora era tarda, ormai erano le prime ore di Natale, ma lei aveva bisogno di Carne e non era il momento dele formalità. Suonò il campanello.
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 13 The Christmas Three
O meglio, stava per farlo, quando una mano maschile con le dita lunghe e aguzze fermò il suo gesto.
Ci sono uomini con la forfora, gente dell’Irlanda o della Cornovaglia con i capelli crespi e la pelle secca, un po’ rossastri. Poi ci sono quelli con i capelli unti, italiani o francesi, in genere, che temperano il difetto con la lucentezza e la pettinabilità. Nessuna di queste due caratteristiche è piacevole, ma nessuna di questi due tipologie di individui può essere definita schifosa tout-court. Ma se unite queste due caratteristiche - forfora e capelli unti - otterrete un individuo quasi certamente ripugnante. Jason Spengler aveva lunghi capelli neri, con un ciuffo oleoso che riavviava continuamente con la mano. Una mano al tempo stesso flaccida e ossuta, di colore cereo, con le dita lunghe e aguzze, che terminavano in unghie assai più piccole del necessario. La sua giacca, sempre rigorosamente blu, portava perennemente sulle spalle quello che poteva sembrare ciò che resta in un sacchetto di patatine fritte dopo essere stato trasportato in una cartella per documenti. Il giovane Jason, fondatore della Venkman, Stantz & Spengler, era fidanzato con Kate ormai da due anni. Quella notte lei non se n’era accorta, ma lui l’aveva seguita.
“Kate, non puoi farlo” disse, riavviandosi il ciuffo. “Lasciami, Jason!” “Perchè lo cerchi di nuovo? Lo ami... ancora?” “Posso spiegarti tutto, Jason. Ma non ora, ti prego...” “Dovrei salutarti e lasciare che tu passassi il Natale con quell’uomo?” “Dammi un’ora, Jason. Un’ora, e sarò da te” “Ma cosa devi dirgli di così importante?” “Niente di importante o di segreto” disse la donna, mentendo. Jason era schifoso, ma non del tutto idiota. inoltre conosceva le donne. “Allora glielo diremo insieme. Pensa che bello: Un Noel-à-trois!” “The Christmas Three” sussurrò rassegnata Kate suonando finalmente il campanello.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 14 Doctor Phineas Enema, a charlatan
A question: did you know that Mr. Pea of Pea & Lerrins comes from Leeds? Interesting, isn’t it? Chapter Fourteen is coming soon: Doctor Ph. Enema, the Charlatan, will administer the
Rectal Syringe to relieve constipation and fecal impaction by bowel stimulation. Who’ll be the first?
(Derek)
CARNET DE CULO Chapter 15
L’improvvisa comparsa di Jason non era piaciuta a Kate. La riservatezza della sua missione poteva venire compromessa e per giunta c’erano cose del suo passato che era meglio non venissero a galla. Ma ormai... Premette il pulsante del campanello. Attese. Attese ancora. Vide una luce filtrare sotto la porta, sentì dei passi, la porta si socchiuse e spuntò un viso familiare, più rilassato di come lo ricordava. La porta si aperse del tutto e apparve Carne, un po’ ingrassato rispetto all’ultima volta, fasciato in una morbida vestaglia. “Buona sera” disse “in cosa posso esservi utile’” “Carne, sono Kate!” “Kate chi?” (Jason si tranquillizzò, forse le cose non stavano come lui aveva pensato) “Kate Fuller! Possibile che tu sia così rincoglionito?” Kate. Ora si ricordava di lei, delle tempeste ormonali che il suo fresco corpo aveva scatenato in lui, di quel rapido accoppiamento che aveva preceduto la fine di due templari e della storia precedente... Ma questa Kate era diversa, era una donna, le tette avevano un’altra forma e il volto cominciava ad avere le tracce del tempo. E quella spazzatura d’uomo che aveva vicino chi era? Uno spacciatore, un lenone, o ancora peggio? “e questo è il mio fidanzato, Jason. Ho bisogno di parlarti” continuò Kate. “Accomodatevi” disse Carne, con la sensazione che il passato stesse tornando per giunta proprio nella notte di Natale. Le appliques di ottone dell’ingresso illuminavano dall’alto alcuni quadri, tutti paesaggi dello Yorkshire, tutti di Constable. Uno di questi attrasse l’attenzione di Kate che riconobbe l’ansa del fiume e la struttura della costruzione rurale, oggi trasformata in una villotta di campagna. Ma non era lì per ammirare una collezione di dipinti e entrò nella biblioteca per prima sentendo lo sguardo di Carne accarezzarle le chiappe. “Cazzo, Kate! Io con queste storie ho chiuso, sono finalmente tranquillo, soldi ne ho a sufficienza per vivere in un relativo lusso, sono diventato pigro, anche grasso. E tu arrivi qui con un fidanzato che, senza offesa, non è adatto assolutamente al suo ruolo e mi porti solo delle deduzioni basate sull’interpretazione di una flebile scoreggia?” “Non ci capisco un cazzo” pensò Jason. “Peccato che mio fratello sia uscito poco fa.” continuò Carne “Molto probabilmente lui ti avrebbe dato retta. Non ha mai fatto un cazzo in vita sua, ha sperperato denaro in grandi quantità con il gioco e con le donne, è sempre alla ricerca di nuove emozioni per vincere la noia. Una storia come la tua sicuramente, grazie anche al tuo bel culo, lo avrebbe affascinato.” “Se va avanti così gli spacco il muso” pensò Jason. “Tuo fratello? Hai un fratello? Da quando?” “Da sempre. E’ il mio gemello. Si chiama Carnet.” Il silenzio nella bella casa vittoriana si sovrappose a quello della notte di Natale in Bedford Square.
(Myr)
Carnet, Chapter 16 The Velvet Funnel
Carnet stava affrontando una delle giornate più noiose della sua vita. Leggendo pigramente una copia del Croydon Guardian guardava le macchine passare, seduto dentro un locale abbastanza anonimo del South Bank. Erano le dieci, e avrebbe dovuto passare da Lady Cophetua a portarle i lukùm che ogni anno faceva arrivare per lei dalla Turchia. Avrebbe sicuramente ritirato la solita bottiglia di Talisker, fasciata come ogni anno nella carta dorata di Bloomfield. Poi avrebbe dovuto prelevare la vecchia e accompagnarla al pranzo di Natale a casa della sorella, Lady Alethea Larrins Hinshelwood.
Ovvio che ci sarebbe stata anche Gwendaline. Quelle due vecchie troie se lo sarebbero sbranato, ed era chiaro che vedevano Gwendaline come un prolungamento della loro ormai inservibile vagina. Ma quelle due carampane gli garantivano le migliori frequentazioni di Londra, l’ingresso nei migliori salotti...e un aiuto nei momenti difficili. Adesso lui sapeva che gli avrebbero chiesto qualcosa in cambio. Contrariamente a quanto pensava, però, la richiesta non avvenne nei modi amichevoli e con il solito tono di suggerimento materno. Stavolta Lady Cophetua fu molto chiara: “Lord De Culo, come vanno le vostre finanze?” chiese la vecchia senza mezzi termini “Beh, madame, se alludete al nostro vecchio debito...” “Non dite sciocchezze, mylord, sapete bene che non affronterei mai un tema del genere” “Allora, di che si tratta, Lady Cophetua?” “Beh, si tratta ancora della cara Gwendaline...” “Ah” sussurrò Carnet “Lei ha molto bisogno di un aiuto, in questo momento. E voi, potreste essere la persona giusta. Inoltre indubbiamente voi adesso avete un buon tenore di vita, ma sapete che per questo dovete ringraziare più che altro vostro fratello, e i suoi lavoretti ambigui. E sapete anche che comunque non potreste continuare per molti anni a mantenervi una casa in Bedford Square, un’altra a Brighton, più quella strana villotta nello Yorkshire. Tutta la servitù, la tessera del Willerby Garden, i viaggi in Italia, le cene da Harrington’s... Se non sbaglio mangiate lì quasi tutte le sere, no?” “Non mi piace quel che cucina la mia cuoca” rispose evasivo Carnet “Comunque, la piccola Gwendy può contare, oggi che le cose vanno male, su un appannaggio che supera il milione di sterline l’anno, e se qualcuno si occupasse dei suoi affari, tutto potrebbe migliorare. Credo che un milione di sterline non vi darebbero le coliche, vero Milord?” “Di che ha bisogno miss Gwendaline?” “E’ venuto a mancare il vecchio Fuller. L’uomo che conosceva il segreto di quella odiosa salsa. Gwendaline è certa che qualcuno conosca il segreto. Qualcuno che è ancora vivo, logicamente. Le scorte sono in esaurimento, e se non si trova la formula, la fabbrica è destinata alla rovina. Lo capite questo, Lord Di Culo? E capite anche che una povera vedova, ancorché bella e avvenente, non può certo mettersi a cercare da sola un segreto industriale! La aiuti, la frequenti, la affianchi e... vedrà che ne scoprirà doti inaspettate! E, comunque vada, se troverà la formula, Miss Gwendaline saprà esservi... molto grata.” La Bentley parcheggiò in un bel cortile di Cheltenham. Il portiere corse ad aprire la portiera a Lady Cophetua. I finestroni di casa Hinshelwood erano tutti illuminati e la Jaguar di Gwendaline era già nel cortile. Nell’atrio, Carnet notò qualcosa che gli procurò un dejavù: una statua egiziana, raffigurante il dio Seth, ochieggiava nella penombra di una nicchia del loggiato.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 17
Il vecchio Winnie aveva la saggia abitudine di comunicare dove si trovava, soprattutto dopo quella volta che Carnet aveva preteso di guidare e, ubriaco, aveva ammazzato un passante (questione risolta senza conseguenze da Lady Hinshelwood). Decine di volte Carne, sapendo dove Winnie l’aveva accompagnato, riuscì a salvare le chiappe al fratello, un vero specialista nel ficcarsi nei guai. Anche ora sapeva come raggiungere Carnet. Kate gli sarebbe piaciuta e la sua storia l’avrebbe sicuramente incuriosito. Jason continuava a non piacergli, gli ricordava un po’ troppo nei modi di fare quei tre balordi che più volte avevano cercato di liberarsi di lui. Jason però era appiccicato a Kate e sarebbe stato molto scortese chiedergli di portare via le chiappe. In altri momenti non ci avrebbe pensato su, l’avrebbe messo fuori combattimento ma, poichè stavano per andare in un luogo a dir poco strano, forse era meglio portarselo dietro.
Winnie aveva preso la Bentley quindi non rimaneva che la vecchia Jaguar MK II 3,8 del 63 col cambio manuale con il quale Carne non aveva confidenza. Le strade erano vuote e poco meno di 6 minuti furono sufficienti a coprire i sette chilometri che li separavano da Camberwell Green. La Bentley era posteggiata davanti ad una enorme cancellata in ferro battuto, al posto di guida il non c’era nessuno (Winnie lo aveva avvertito che lo avevano fatto accomodare all’interno della villa). Carne drizzò le antenne. Sull’altro lato della strada un uomo, dentro una minuscola Ford, stava armeggiando con un notebook. Superò entrambe le macchine, girò a sinistra e si fermò in Artichoke Place, a pochi metri dal luogo dove Carnet era sicuramente in procinto di fare una delle sue cazzate. Mentre si dirigeva verso la piccola Ford sapeva che Jason, anche se gli stava sulle balle, gli avrebbe coperto le spalle.
(Myr)
CARNET, Chapter 18 What Madame Shalikhan saw
Lo studio di Madame Shalikhan era avvolto in un fumo bluastro. Madame era in preda a una delle sue crisi.Gli occhi fuori dalle orbite, la bizzarra culomante stava seduta a gambe larghe sul tappeto, le chiome scarmigliate e le vesti lacere. Urlava, smaniava, chiamava a perdifiato Punjab, il suo fido assistente. L’uomo apparve alla porta, serafico. Come al solito indossava il suo turbante turchino, perfettamente annodato alla maniera dei sikh. “Punjab, dobbiamo avere quel segreto!” “Di quale segreto state parlando, Madame?” “Quell’uomo... Lord De Culo... Come lui arrivato fino a noi?” “Ha avuto il Vostro nominativo da Lady Hinshelwood.” “Mmh. Quell’uomo... ha culo... criptico!” “Cosa intendete dire, Madame?” “Che lui molti lati oscuri. Il che, trattandosi di un culo, non dovrebbe suscitare troppe sorprese. Ma Lord De Culo ha troppe zone illeggibili, anche con mio culoscopio, regalato me da Bahnadistar Rivtiwara, bodishattwa dei culi, a Benares. Prima di tutto lui schizofrenico. Crede avere un fratello gemello. Si capisce che ha avuto una vita dura, e che adesso gode di esistenza agiata, eppure... “Eppure, Madame?” “Eppure quell’uomo sta seduto su bella montagna di sterline, anche se ancora lui non sa” “Bene, Madame. Un punto a nostro favore, direi” “Purtroppo no, Punjab. Perchè ho visto sterline, ma non visto come farà a procurarsele. Non visto cosa che vale così tanto. Una cosa che lui sa... Lui, e una donna. In culoscopio io visto chiaramente donna che gli rivelava un segreto. Ma non ho sentito di cosa si tratta.” “Vuole che me ne occupi io, vero, Madame?” “Esatto, mia tigre del Tamil Nadu. Questo è lavoro per te. Ma... ho visto anche pericolo... stai attento a un’altro uomo... un italiano. Si chiama Caruso”.
(flack)
CARNET, Chapter 19 Double trouble
Nessuno avrebbe potuto vederlo. Alla luce della luna, il turbante turchino pareva un fuoco fatuo che serpeggiava tra i tetti di Londra. Punjab compariva e scompariva tra i comignoli con l’agilità di un gatto, la fluidità di un serpe, la determinazione di uno sparviero in picchiata. Sul retro del palazzo, la facciata presentava parecchie sporgenze. L’agile sagoma scura dell’asiatico scese lungo una lesena. Entrò nella stanza forzando una finestra senza alcuna fatica. Era la prima volta che entrava nello studio di uno psicanalista. Era molto diverso dallo studio di Madame. Una chais longue di quell’arrogante architetto francese, una scrivania molto antica, una bergère con la tela consumata, un tappeto. Alle pareti un solo quadro: un bozzetto preparatorio dell’Isola dei morti di Arnold Boeklyn. Nient’altro. Il professor Jirolam Salajdarian, il più famoso psicanalista di Londra,
aveva uno studio straordinariamente vuoto, cosa che avrebbe reso assai più semplice il compito di Punjab. Infatti l’uomo, dopo un breve sguardo alla scrivania e ai suoi cassetti, passò alla piccola biblioteca, nella stanza a fianco. Le cartelle dei pazienti erano tutte in bell’ordine, chiuse a chiave in una vetrinetta. In tutto erano una trentina. La serratura fece un rumore secco. Punjab le prese tutte e sparì.
Tornato in Camberwell Green, l’indiano presentò il bottino a Madame. Sapeva che avrebbe usato quasi tutte le informazioni contenute nelle diverse cartelle. Era in questo modo che Madame si proponeva come medium e culomante: prendendo informazioni su persone in difficoltà o psichicamente deboli, ma sempre facoltose. Poi fingeva di incontrarle occasionalmente, dopo averle a lungo studiate. In quegli incontri faceva sfoggio di grandi capacità divinatorie, rivelando ai malcapitati i segreti più nascosti delle loro vita. Ma stavolta, quello che le interessava era Lord De Culo, o meglio, Carne di Culo, ex combattente, ora dandy, amicizie influenti a Londra. Padre: persona influente, ora decaduta. La madre prostituta a Parigi. Infanzia in Italia, nella Versilia eccetera eccetera. Gli appunti del dottor Salajdarian scorrevano tra le mani di Madame Shalikan come carte nelle mani di un croupier. Sindrome di sdoppiamento della personalità... archetipi junghiani: il guerriero, il puer aeternum... paura di una poesia... scritta da Lady Gwendaline. Un sogno ricorrente: dover fermare un carico di bario diretto verso l’oriente... paura... Il dio egizio Seth terrorizza il paziente... Poi passò alle sedute: data per data. L’ultima conteneva poche note. Il paziente è ansioso, dice che per stare bene deve diventare l’altro, il fratello cattivo. Dice di essersi rivolto a una famosa culomante. Paura immotivata di dover sposare Gwendaline. Il giorno di Natale, incontrata una vecchia fiamma. Kate Fuller. Sensi di colpa per averle tolto la verginità senza averle mai dato piacere.
Madame si tolse gli occhiali e schioccò le labbra.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 20 Carne returns!
Carne raggiunse la Ka con passi leggeri. John si accorse di lui solo quando vide la portiera aprirsi e una mano minacciosa entrare nell’auto . “Attento al portatile, sta per cadere.” riuscì a dire prima che Carne lo estraesse per il collo dalla vettura. Il portatile, anzichè cadere, scivolò sul tappetino destro, senza alcun danno. “Ma tu non eri dentro la villa?” riuscì a dire con voce letteralmente soffocata John. Carne lo osservava con attenzione, confrontandolo con i ricordi che via via scorrevano. “Non ti conosco. Rispondi subito a tre domande e vincerai un premio. Chi sei? Cosa fai qui? Chi ti ha mandato?” “Sono John Caruso o, meglio, John Peacock Caruso. Sto cercando di recuperare i miei soldi. Nessuno mi ha mandato.” Sembrava sincero. Carne gli assegnò il premio promesso, la vita. Allentò la stretta sul collo anche perchè non aveva alcuna intenzione di ricominciare a far fuori della gente senza motivo e parlò: “No, sono qui, non sono mai entrato in quella villa. Nessun personaggio assai inconsueto di razza indiana, con un grosso turbante turchino ed una lunga veste bianca con colletto alla coreana, mi ha aperto il cancello.” “Ti ho visto. Ti ho seguito sin qui da Bedford Square. Sei sceso dalla macchina e sei entrato nella villa.” “Ti ho detto di no.” Carne non voleva ancora svelare le sue carte, voleva sapere prima in quale tipo di casino si fossi infilato suo fratello. John si rassegnò. Forse non conveniva fare irritare quell’energumeno. “Per il momento ti ho graziato. Adesso dimmi qualcosa di più, cioè tutto.” John non ebbe dubbi. Sapeva che doveva
accontentarlo. Cominciò a raccontare tutto, saltando gli episodi dell’infanzia e cominciando dal giorno del suo trentesimo compleanno quando aveva saputo la verità sulle sue origini. Carne lo ascoltò con attenzione. Troppe erano le coincidenze, dalla trivedovanza della chiappona alla ricerca collettiva dell’ingrediente misterioso dell salsa. Prima di fare il primo passo c’era bisogno di organizzare le risorse. Fece un cenno a Kate e Jason che si avvicinarono alla Ka. “E’ uno dei nostri” disse Carne senza accorgersi del sospiro di sollievo di John, un suono molto simile ad una flebile scoreggia che ricordò a Kate gli ultimi attimi di vita del nonno. Due grosse lacrime fecero capolino tra le sue palpedre ma lei fu lesta a ricacciarle indietro.Non era lì per piangere ma per trovare chi l’avrebbe aiutata a localizzare almeno un esemplare di Shit Tree, una pianta che quando ...la spezzi, dai rami esce un liquame scuro e puzzolente, l’ingrediente segreto della Salsa, quello che la rendeva inimitabile, e che garantiva quel caratteristico bruciore al culo che era diventato uno status symbol. “Andiamo!” disse Carne. E andarono. Cinque erano le cicatrici che portava su di se’, e cinque i lunghi consunti vessilli delle sue dure prove, ma il lungo riposo nella bella casa di Bedford Square gli aveva ridato le forze. Al buio Carne ricordò di essere già stato nei paraggi. Dove sorgeva il vecchio manicomio di Peckam House, ormai chiuso dal 1955, c’era infatti lo studio del vecchio psicoanalista che lui e suo fratello si divertivano a prendere per il culo, spacciandosi ogni volta l’uno per l’altro, creando nel vecchio dottore la certezza di trovarsi davanti ad un caso lampante di schizofrenia.
“Andiamo!” disse Carne rimpiangendo di non avere un intrusore anale e uno shitgun.
(Myr)
CARNET DI CULO - Characters
Perchè voi lettori possiate avere le idee chiare qui di seguito vi ricordiamo i vari personaggi che animano questa storia:
(fuori della casa) Carne cerca suo fratello (non importa perchè). Kate cerca aiuto per trovare la pianta liquamosa. John cerca la strada per avere parte della sua eredità. Jason cerca di non diventare cornuto. (dentro la casa) Madame Shalikhan (che obbedisce a Lady Cophetua) Punjab (che obbedisce a Madame Shalikhan) Carnet (che obbedisce a Lady Cophetua) Winnie (che obbedisce a Carnet) (altrove) Lady Cophetua Hinselwood (a Londra) Lady Gwendalyne (a Londra) Domestici vari (a Londra) Isa di Culo (a Parigi) Dr. Mouse (nello Yorkshire, vicino a Leeds) Carmine e Ellen Caruso (ormai lontani) e forse qualcun altro...
(Myr)
Carnet, chapter 21 Insight flashback
“Carnet-de-Culo! Carnet-de-Culo! Car-net de Cuu-looo!” Le grida degli altri bambini lo stavano facendo impazzire. Vestito da marinaretto, con le gote rotonde e paffute, divise da una profonda fossetta, stava in piedi in mezzo al cortile della scuola, come inebetito. Provava dentro di sé una sorta di disprezzo per quei suoi compagni così aggressivi, “Una specie di branco di pirañas anali” pensò, e sputò per terra. La maestra Mizzi aveva cercato di difenderlo, ma appena fuori della classe i ragazzi cominciavano a spintonarlo e a prendersi gioco di lui, loro, che erano brutti e dovevano coprirsi il culo coi pantaloni. “Siete nella merda, ragazzi” mormorò Carnet, “Siete proprio nella merda”. Raccolse in silenzio le sue cose, sparse per il cortile, e si allontanò
seguito dalle grida e dalle risate. Quando fece ritorno, con il suo shitgun in mano, gli altri bambini si fecero di colpo silenti. “Da oggi chiamatemi Carne” sussurrò, prima di premere il grilletto.
(flack)
Carnet, chapter 22 Insight flashback bis
Il professor Jirolam Salajdarian, il migliore psicoanalista di Londra, aveva sentito più di una volta questa storia, quella di Carnet bambino che, spintonato e deriso dai bambini della sua scuola, decideva all’improvviso di essere diverso. Diverso lo era davvero al suo ritorno, come diverso voleva che fosse il suo nome. “Già da piccolo dimostra segni di sdoppiamento della personalità” pensò il vecchio Professor Jirolam non sapendo che doppia non era la personalità ma la persona. Fin da piccoli infatti i due monelli si prendevano gioco di lui, ripetendo nei dettagli la stessa storia, non sapendo però che sano non era nessuno dei due (come d’altra parte le nostre storie dimostrano).
(Myr)
Carnet, chapter 23 Action!
Un calcio alla porta, alla vecchia maniera. Poco importavano le buone maniere, poco importava quello che Lady Cophetua avrebbe pensato di lui e di suo fratello. D’altra parte Carnet era là dentro ed era nella merda, come al solito. E lui come al solito lo stava salvando. Esattamente come avveniva da piccoli, nel vecchio cortile dell’Ecole Beranger, nel terzo arrondissement. Poco importava ciò che dicevano gli insegnanti. Poco importavano i soldi di Gwendaline. Poco importava anche che Kate si fosse ferita con una pianta del giardino, e che dal ramo uscisse una poltiglia maleodorante. Poco importavano i consigli del Professor Salajdarian, quel vecchio babbeo che credeva che lui e Carnet fossero la stessa persona. L’unica cosa veramente importante era salvare il suo fratellino. Entrò nello studio di Madame. Inutilmente Winnie aveva tentato di fermarlo. Non ci era riuscito neanche Punjab, che si era beccato un calcio in faccia. C’erano numerosi fogli sparsi sul pavimento, ma soprattutto c’era il cadavere di Madame Shalikan, orrendamente glassato di merda. La finestra era aperta. Quel figlio di puttana di Carnet era sparito.
(flack)
(il capitolo 24 manca nell’originale - NdE)
Carnet Chapter 25 - Death by shit
Carne ebbe un attimo di compassione per la culomante; non perchè fosse morta ma per il modo in cui era morta, con la sua esperienza non lo avrebbe mai augurato a nessuno. Tolse il primo strato, poi il secondo e via così fino a scoprire il petto, vizzo e grinzoso, coperto a malapena da uno jabotche che forse, un tempo, prima della glassatura poteva essere stato bianco. Piano piano risalì verso il viso finchè scoprì gli occhi, sbarrati: due topazi giallastri e fiammeggianti, incorniciati da palpebre simili al cuoio consunto nella parte superiore, e da enormi borse cascanti, simili allo scroto del demonio, nella parte inferiore. Punjab, in un angolo della stanza, piangeva a dirotto. L’aveva amata, ancora prima di accoppiarsi con lei nelle cantine del vicino manicomio dove lui lavorava come infermiere e dove lei risiedeva come ospite. Aveva continuato ad amarla anche durante la sua relazione omosessuale con Lady Hinshelwood, non aveva smesso di amarla anche quando lei lo aveva trasformato in un ladro, l’amava anche in quel momento, anche se era coperta di merda. La sua vita non aveva pià senso senza di lei. Ne era certo. Nessuno prestò attenzione a quello che stava per fare. Nessuno prestò attenzione a quello che fece finchè i lamenti di Punjab divennero insopportabili. Il kriss aveva fatto il suo dovere, la ferita non era rimarginabile e solo il pugnale che l’aveva prodotta fermava a stento la fuoriuscita di sangue. Carne era seccato
dell’imprevisto perchè, nell’attesa che Punjab morisse, avrebbero perso una decina di minuti, ma si trovavano in Inghilterra e quella era la prassi. “Carne, mi sta bruciando il culo” disse sottovoce Kate per non farsi sentire da Jason. “Stai diventando volgare” rispose Carne, cercando di capire quale tipo di seduzione la ragazza stesse mettendo in atto. “Non dire cazzate, scemo! Il bruciore è iniziato poco fa, mentre attraversavo il giardino.” Carne praticamente non la sentì, intento come era ad osservare l’enorme cammeo di giada che troneggiava sul petto avvizzito dell’ex Madame Shalikhan. Ne aveva visto uno simile, anzi uguale, a Parigi nel pied-à-terre di avenue Foch, in un cofanetto portagioie d’epoca nella suite di Isa. Se lo ricordava bene, con il coperchio leggermente bombato, con decorazione sui quattro lati in oro zecchino e con la riserva centrale decorata da una pianta con un ramo spezzato. C’era anche una sigla, a mo’ di firma.
Kate sobbalzò quando sentì Carne mormorare: “T.G.F.?” Erano le iniziali di suo nonno, Timothy Graham Fuller. Temendo di non riuscire a tramandare il segreto della Salsa aveva sparso indizi dappertutto sicuramente sapendo che (ai tempi del convoglio di bario) la nipote prediletta era con Carne. Aveva quindi donato un portagioie a Isa, sapendo che: a) non lo avrebbe rifiutato perchè Isa non rifiutava mai niente; b) prima o poi Carne, suo figlio, lo avrebbe notato per deformazione professionale; c) prima o poi Carne e Kate si sarebbero lasciati e ritrovati e al momento giusto ne avrebbero parlato.
La ferita sul braccio di Kate cominciava a bruciare quanto il suo culo e Jason cominciava a credere che non esistesse un fratello gemello.
(Myr)
Carnet, chapter 26 - Basic thinking
Prima che arrivasse la polizia, Carne e Kate erano già in macchina. Si erano lasciati alle spalle John Caruso, piangente, che inseguiva la Jaguar. Si erano lasciati alle spalle anche Winnie, a cui Carne aveva elargito un’amichevole pacca sulla spalla prima di dileguarsi dicendogli: “Mi raccomando, Winnie, rimetti tutto a posto”. Non si erano lasciati alle spalle Jason, che era scivolato nella vettura prima che Carne potesse allungargli un calcio nei coglioni. Ma ormai Carne si sentiva di nuovo con le redini in mano, per cui decise di parlar chiaro: “Abbiamo scoperto l’ingrediente segreto, e sappiamo anche dove si trova. Sappiamo che il terreno su cui si trova l’albero della merda è di Lady Gwendaline. Il gioco è fatto. Obbligherò quel cicisbeo di mio fratello a sposare quella culona di Gwendy, e tutto sarà risolto. L’assassinio di Madame Shalikan sarà spiegato come un delitto passionale di Punjab, che poi si è suicidato. Winnie penserà a portare sul luogo del delitto uno shitgun, e a metterlo al posto giusto con le impronte di quell’indiano. Dobbiamo solo toglierci dai coglioni questo bellimbusto con la forfora, e poi saremo felici, vero, bambina?”
(flack)
FENOMENOLOGIA DELLE CARNIFICAZIONI
A partire dall’assunto fondamentale in cui “il verbo si fa carne” , l’intera enunciazione della saga carniana si declina come un’autonarrazione, cosa che diviene assai più evidente,se non lapalissiana, nella seconda parte dell’opera, in cui “carne” diviene (o torna ad essere), carnet, ovvero strumento mediatico per antonomasia. La vicenda qui assume a tratti l’aspetto di una vera narrazione, ma è evidente che da qualche parte aleggia la traslucenza di scenari altri, rivendicando il valore della narrazione (consapevole, nel nostro caso) come fatto emblematico ed epifanico del dipanarsi del modo come volontà e come rappresentazione, legittimando tuttavia anche una lettura che insegue una realtà dei fatti, a condizione che si assuma la visione del narrante come veritiera. In altre parole, non vi è altro modo di leggere “Carne di culo” se non condividendo la psicosi
del suo protagonista. Una volta superato questo scoglio, peraltro assolutamente inconsistente, in quanto postulato da me in questo momento, resta da definire l’autenticità della propria identificazione, e l’area specifica, scelta nella poliedrica e vestibolare attività di Carne, in cui questa identificazione è scattata, se è scattata. E’ chiaro infatti che Carne e Carnet non hanno lo stesso statuto ontologico; nondimeno, l’improprio ascriverli ad un medesimo livello di realtà, è la condizione necessaria per poter effettuare quelle digressioni nel campo semantico, che si impongono come unica chiave di lettura dell’intero contesto. Non capita spesso di confrontarsi con il verbo che si fa carne, durante questa mutazione, che l’opra mostra anche nel suo processo inverso. In questa personalissima trasposizione di istanze, mediata da una ricerca espressiva che non poteva non approdare al nichilismo, gli autori ce ne danno una fugace ma intensa occasione. In tutta l’opera dei giovani talenti, come in questo caso, appare chiara la sfrontata sfida all’ineluttabile divergenza tra necessario e possibile, tra opera e ludus, configurando l’intervento artistico non tanto come protagonista della storia ma come testimone , catalizzatore e scena, della diatriba tra purezza ideologica e necessità, esattamentocosì come è il rivus nella favola, il cui intorbidarsi non è che un paradosso dettato da una logica insostenibile, prevaricante e per questo, controcorrente. Ed è proprio nel paradosso che si concreta l’impossibilità di determinare i canoni dell’assenza.Viene qui prospettata una inversione di tendenza rispetto a lle concettualizzazioni dettate dalle ‘istanze di oltrepassamento dei ritmi metafisici, dove i il tentativo è condotto ancora ad un livello ontologico, qui si vuol far trasparire la necessità di depotenziare il flusso di espressioni consapevoli che ambisce a scancire il milieu culturale della vacuità. Carne di Culo è un congedo dal nulla metafisico privo di nostalgie idealistiche, e può spargere i suoi semi solo attraverso un approccio ontico - esistentivo orientato verso una riappropriazione del dominio segnico e fenomenico, cui assegnare il compito di una lenta destrutturazione di sè, che coincide in alcune opere con la ricerca di un’ermeneutica negativa, anabolizzante e in certi casi perfino assente. Qui gli autori esprimono in tutta la sua virilità il gesto platonico, un gesto che non trova spazio e si concreta appunto in una atopia, una metafora sottaciuta delle ipotesi rappresentative che si contrappone ad altre manifestazioni segniche delogicizzandole e contestualizzandone via via le diverse performatività private, nel loro tragitto attraverso il mondo sensibile, della tracotanza ostentativa. Pozioni ridotte a mere sillogi autarchiche, microscopiche epifanie capaci di sviluppare uno specifico di contenziosi effimeri, che pur nella loro esilità traspirano di un turgore venefico se paragonati alla risibile incomprensibilità del reale. Non sbaglia chi ha definito Myrddin un esploratore del sottonaturale, Flacca un viandante delle riletture speculative che vibrano in risonanza con il percepito e che ancora non sono percepibili ma solamente intuite e Derek, il Fondatore, come l’emblema dell’atopia, che si concreta nel manifestare il sottrarsi. Non vi è, neppure per caso, il minimo accenno alla mìmesi, nè indulgenza nella celebrazione, ma semplicemente una redenzione constativa che esprime, attraverso una serie interminabile di anàbasi, la sua defeticizzazione, diradata , derisa e resa metaideologica da un eriosmo ripescato nel magma del rimosso, del sepolto, di ciò che insomma è veramente storico. Un eroismo o forse un titanismo, quello di Carne, perpetrato da epigoni degli idolatrati protervi acrobati delle epopee e che, date le contingenze, non vuole e non può avere testimoni, ma solo spettatori. Accade in tutta l’opera che la semanticità venga sopraffatta dalla propensione alla prassi, che lo sguardo inquieto e lancinante delle avanguardie rimbalzi contro l’apoftegma del verosimile: un tacito ed oscuro campo di afferenze inqualificabili, forse ineffabili che partecipano in qualità di sineddochi ad un ultima e pigolante mitizzazione dell’archetipo che non può e non vuole diventare prototipo. Giova osservare Carne di Culo con sguardo distratto. Non occorrono
occhi capaci di legittimare parabole della visione, sono sufficienti quelli di coloro che dall’evento visivo trovano redenzione senza averla cercata. In questo sta l’etimo della flagranza che è anche accidentalmente parvenza o, se si preferisce, apparenza per coloro che dalla visione sanno generare, per partenogenesi, una effettuva”di”visione e riescono a far oscillare la sinusoide della sensorialità tra il suo aspetto canonico ed un altro, ad esso speculare, e da esso precisamente scisso. In questo e solo in questo si può definire quest’arte schizogena: nella sua capacita di porre rimedio a se stessa e di creare quindi un ponte tra una visione senza significato ed un significante senza proposizione etica. Tutto sommato, l’operazione può essere assimilata ad una negazione: il rifiuto della sintonica aderenza ai canoni comportamentali che sempre si associano alle dicotomie. Ma come nelle migliori sintesi - perche di vera synthesis si tratta- l’atto più pregnante è quello che impone di definire le opzioni teoriche che orientano l’attività verso il mondo della prossimità, intesa come riabilitazione della dimensione astrattrice dell’ esistenza al di là del discredito in cui l’esercizio materialistia ha mantenuto il mondo dell’ apparenza. Alla luce di poche riflessioni il percorso dell’artista appare chiaro, rivelato da una trasparenza,come si è gia detto, traslucida, nella quale fluttuano, inacciuffabili, gli oggetti interni della personalità di Carne, che nella loro cinesi, entrano in collisione/collusione con i loro rispettivi antigeni, generando assenze. Aprendo, cioé, porte su un preciso scenario: quello abusato, logoro, oltrempodo conosciuto e, perfino quotidiano, dove le cose potrebbero accadere, dove si dovrebbe verificare l’evento, ma che necessariamente deve essere catturato nell’attimo che prelude al fenomeno. Un attimo che può essere compresso, dilatato o diluito, un attimo universale, segmento dell’immobilismo cosmico, lacerante urlo di chi da secoli interroga gli spazi insondabili e non riceve altra risposta che il silenzio. In quzesto, e soprattutto in questo è contenuta la rivelazione di queste opere. Nel sadico abbandonare la visione alla distonia del silenzio. Un obbligo a confrontarsi con cio che non è, un vaccuum così insondabile da non suscitare più neppure “orrore”, ma soltanto il cocente irresistibile desiderio di distogliere lo sguardo e di confrontarsi colo con le melmorie che ha saputo di se generare; Ed in questo sta la sua capacità di manipolare e convogliare nella desolazione ogni sorta di proiezione e di interlocuzione. E in questa azione che è generalizzante, volutamente massimalista e che annulla ciò che il poeta delle agavi definì “il diverso nell’identico”, si contiene e si conserva ciò che è stato da altri definito “banalizzazione”. Ma se la banalizzazione presuppone un atteggiamento manipolativo allora qui si è di fronte a ben altro: non viè intervento di trasformazione, ma solo scelta di ciò che è già banale e come tale viene riproposto, nella sua sempiterna, deludente e sfiancante scandalosità, cioé quella di reiterare e duplicare all’infinito proprio quegli aspetti che non possono destare pathos e non sanno rimandare ad altro , tenui prolegomeni di una catarsi invereconda, oscenamente rivelata, estratta dalla penombra che ne limitava fino a ieri l’ossessionante carica di rassegnazione. E forse siamo per questo di fronte ad un linguaggio che è erotico proprio per questo lento smascheramento del tabù che rende tollerabile l’ acquiescente ridondanza della ripetitività dell’agire che caratterizza le società cosiddette organizzate. Privata del suo velo, quella che un tempo fu la vereconda scansione del tempo, Carne di Culo diviene aritmia nel vago tichettio dell’orologio, piccola ma inequivocabile frattura nella continuità di un eterno presente collettivo che non può avere accidenti, poiche ciò che è accidentale riguarda sempre ed esclusivamente l’individuale. L’esperienza degli autori determina l’inesperienza del protagonista di fronte al noumeno, la sua autorità lo riporta ad essere chiunque ed in questa ricollocazione di ruolo si articola lal sostanziale defenomenologizzazione cui assistiamo attoniti, colti da un ricordo amniotico, riconosciuto ma non decodificato e men che meno interpretato. E’ in questa rivelazione che viene ricreato un nuovo
codice per la memoria. Un codice che ci spinge ad abbandonare il nostro incessante desiderio di scindere gli opposti e di collocarli in contrasto tra loro. Ma una cosa Carne di Culo non può fare: non può permettersi il lusso della dialettica. Accade infatti che vi sia a tratti coincidenza tra visione e divisione; accade che gli effetti della decontestualizzazione praticata dgli autori ci facciano smarrire le coordinate della nostra abitudine al percepire e di quel certo modo di percepire che ci condiziona incessantemente, costringendoci a osservarci nell’atto di osservare. Carne di Culo è uno dei rarissimi casi in cui ciò accade.
(flack)
Helleborus Foetidus Mutans, i.e. Shit Tree
Timothy Lovejoy Higgins aveva studiato a lungo quella strana mutazione. Si trattava certamente di un Helleborus Foetidus ma il modo in cui cresceva lo lasciava perplesso: tutti gli esemplari che lui aveva studiato, quando lavorava come capo giardiniere ai Kew Gardens, difficilmente superavano il metro di altezza e l’odore sgradevole proveniva dalle piccole ghiandole sparse sulle brattee e sui peduncoli. Più di una volta aveva prelevato delle piccole piante a Camberwell Green, le aveva trapiantate nel giardino di casa, le aveva concimate, innaffiate, coccolate ma non c’era stato niente da fare, crescevano regolarmente, rispettavano le regole della loro razza. Solo quelli di Camberwell Green erano alte, forti, anche se i rami si spezzavano con una certa facilità. Si rassegnò quindi, ogni volta che doveva raccogliere un po’ del prezioso liquame, a recarsi nel parco della vecchia villa.
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 27
Carne dovette rallentare: un mezzo della nettezza urbana ostruiva uno dei sottopassaggi nei pressi della stazione di London Bridge. Approfittando della sosta il tenace John li raggiunse: “Grazie per avermi aspettato” disse salendo sull’auto. Nessuno gli rispose e nessuno si chiese se si trattava di cortesia o di sarcasmo. “Cazzo, ho dimenticato la macchina!” disse subito dopo John. “Andiamo” disse Carne come al solito. Non era un atto di cortesia. Prima o poi sarebbe arrivata la polizia, avrebbe trovato la piccola Ford, avrebbe scoperto chi l’aveva noleggiata e sarebbero risaliti a John che, ne era sicuro, avrebbe spifferato tutto. Poi solo Lady Hinshelwood avrebbe potuto mettere a tacere la questione e avrebbe cominciato, come suo costume, a ricattare anche lui.
Più tardi, quando fuori le prime luci dell’alba di Natale cominciavano a stemperare il buio, si trovavano tutti e quattro nella biblioteca della bella casa di Bedford Square. “Tra tutti questi libri ce ne sarà uno che ci può dire qualcosa sulla ville della culomante?” chiese Kate. Carne sonnecchiava e forse non sentì la domanda ma sentì bene quello che stava dicendo John. “So tutto io” cominciò il giovane Caruso e continuò parlando del manicomio e della diarrea (un posto malsano, umido e degradato... tra il dicembre del 1845 e il gennaio dell’anno successivo la situazione precipitò. Una terribile dissenteria si diffuse tra tutti gli ospiti dell’Asylum... alla fine di gennaio tutt’intorno al manicomio si innalzavano montagne di merda... I venti acri della proprietà vennero trasformati in un formicaio, profondi pozzi lasciarono praticamente intatta la bellezza del parco mentre le gallerie orizzontali presto si prestarono ad essere riempite. Il terreno sarebbe stato fertilissimo...) Carne, ormai sveglio, emise un sorriso sornione. Solo Kate lo notò. “Tuo nonno la sapeva lunga!” sussurrò Carne. Anche Kate la sapeva lunga. Proprio per questo aveva cercato l’aiuto di Carne: “John, sai anche come si chiama la pianta che ha ferito Kate?” “Certo, è un Helleborus Foetidus, lo avevo notato mentre aspettavo che tuo fratello...”
“Grazie.” lo interruppe Carne, con insolita cortesia e sincerità. Ora sapeva cosa fare.
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 28
Erano le sette passate da poco. Carne entrò nell’appartamento di Winnie, sfogliò la sua rubrica telefonica e trovò subito il numero che cercava, quello del fratello di Winnie che aveva lavorato per più di quarantanni nei vivai di Kew Gardens. “E’ successo qualcosa a Winnie?” rispose la voce. “No, stai tranquillo, Winnie sta bene, l’ho visto poco fa” rispose Carne, con parziale sincerità. “Mi servono alcune piante di Helleborus Foetidus, ma nessun fioraio le tiene, puoi aiutarmi tu?” “Quando Le servono, Signore?” chiese il vecchio giardiniere. “Possibilmente entro mezzogiorno.” Carne aveva già pronto un piano. “Farò il possibile, Signore.” e riattaccò.
Erano passate poche ore da quando Kate aveva suonato il campanello e in quel breve lasso di tempo tante cose erano successe. L’adrenalina dimenticata tornava a fare il suo lavoro. Carne era eccitato. Jason dormiva. Kate no. Ma non era quello il momento. Ora era tempo di pensare ma prima voleva essere certo che Winnie se la fosse cavata. “Tutto a posto, signore, non ho fatto in tempo a creare la messinscena ma ho trovato un’altra soluzione. Ho dato fuoco alla casa. Tra poco sarò a casa, Signore.” Perfetto. Ora si trattava di far sapere a Lady Hinshelwood che l’ingrediente era prodotto dall’ Helleborus Foetidus Mutans, Lady Cophetua sarebe andata a prelevare le piante nel parco, Carnet sarebbe stato temporaneamente salvo. Temporaneamente. Infatti l’Helleborus, trapiantato, avrebbe presto smesso di produrre il prezioso liquame e questo avrebbe fatto molto incazzare la vecchia, che peraltro non avrebbe mai saputo nè capito perchè solo nel parco... Nel frattempo a Camberwell Green, dopo l’incendio, sarebbero cominciati i lavori per costruire un parcheggio sotterraneo e durante gli scavi tutto il deposito di merda, con i suoi effetti benefici sull’Helleborus, sarebbe sparito.
Con l’aiuto del fratello di Winnie, l’Helleborus era facile da trovare e Carne sapeva dove c’erano altri depositi di merda!
(Myr)
CARNET DE CULO chapter 29
Durante il tragitto Jason chiese una breve deviazione. Appena fuori Londra, in un vasto piazzale sterrato, sorgeva una enorme fabbrica. Una interminabile serie di capannoni in mattoni rosso scuro con una lunga fila di ciminiere. Carne era convinto di trovarsi sul set fotografico per una copertina dei Pink Floyd. La Venkman, Stantz & Spengler si stagliava austera e silenziosa come una cattedrale nella campagna inglese. La più grande fabbrica di bario del mondo era presidiata da agenti governativi, che vigilavano accuratamente perchè non ci fossero irregolarità nel manipolare un materiale così prezioso. Jason camminava veloce per i corridoi rispondendo seccamente al saluto dei numerosi dipendenti all’opera. “Buorngiorno, Mister Spangler!” “’ngiorno, Daisy. Convochi immediatamente una riunione con Mr. Stanz e Mr. Venkman” “Subito, signore” Tra le mura della fabbrica Jason appariva assai diverso dal flaccido forforoso, dall’imbelle ignavo che tutti ormai erano abituati a vedere. Si vedeva chiaramente la sua attitudine al comando, e si intuiva che pur detenendo solo il 33,3 periodico dell’azienda, ne era sicuramente il rappresentante più influente. La sala riunioni si presentò assai diversa da quello che si poteva immaginare. Carne, Kate e John furno condotti nei seminterrati, da lì furono fatti entrare in una stanza non più grande del cesso di un autogrill. Dentro c’erano Venkman e Stanz. Carne e John vennero incatenati a due
grandi radiatori, Kate fu spogliata e legata ad una vecchia stufa. Furono alimentati con abbonante minestra di fagioli con passato di verdura. Mentre mangiavano, ci fu un un lungo silenzio. Poi Spangler parlò. “Come saprà sicuramente, signor Di Culo, la Venkman, Stantz & Spengler risponde alle logiche del marketing più moderno. Sa perchè vendiamo tonnellate di bario tutti i giorni? Perchè è il più diffuso antidiarroico al mondo. Un solo milligrammo di bario puro, può inchiodare l’intestino di un amebico all’ultimo stadio. E sa perchè è così richiesto? Perchè al mondo ci sono milioni di persone con la diarrea. E sa perchè hanno la diarrea? Perchè la produciamo noi. La Venkman, Stantz e Spengler detiene il brevetto di oltre 4000 tipologie di colibatteri, e li immette regolarmente negli acquedotti. Più diarrea, più bario. Creare problemi, creare soluzioni. Semplice, no?” “Spengler, maledetto figlio di un cane!” disse Carne, guadagnandosi un colpo dato con il calcio dello shitgun da Stanz. Spengler si riavviò il ciuffo e riprese a parlare. “Quando stamattina ho sentito Kate che raccontava quella stupida storia delle piante... lì per lì non ci ho fatto caso. Ma poi, mettendo insieme una frase con un’altra, mi sono detto: Jason, quà c’è del lavoro per te.” “Non capisco, Jason” disse Venkman. “Già, povero Venkman. Ma per fortuna c’è il tuo amico Jason, che capisce per te. Ragiona, Venky... Le piante nascono sulla merda. Un po’ meno bario, e il mondo sarà sommerso dalla merda. Brevettiamo la pianta, e avremo coltivazioni grandi come nazioni”. “E soldi a palate!” aggiunse Venkman, che fingeva di aver capito. “Una storia interessante” disse Carne. “Già. - rispose Jason - Peccato che non la racconterete a nessuno”.
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 30
Furono lasciati soli. Carne guardava Kate e si rammaricava di non averla ripassata a dovere in tempi migliori. Ad un tratto, qualcosa attrasse la sua attenzione. “Kate, quella a cui sei legata non è una vecchia stufa, come sembra. In realtà si tratta di una bomba-culo, un sofisticato congegno che esplode ad ogni minima scoreggia, anche silenziosa. E con tutti i fagioli che ci hanno dato...” “E’ finita!” disse Kate singhiozzando “Se penso che quel bastardo di mio fratello sta godendosi il pranzo di Natale a casa di Lady Alethea Larrins Hinshelwood, magari facendo il cascamorto con quella culona del cazzo...”
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 31 The truth
Jason non gli era piaciuto sin dall’inizio, il suo viso e i suoi modi gli ricordavano quei tre balordi che più volte avevano cercato di liberarsi di lui... ma che arrivasse fino al punto di eliminare anche Kate, questo non riusciva a capirlo. “E’ una tara genetica,” disse Kate “Jason è figlio dello Spengler del trio. Hanno sempre cercato di farti fuori ma non ci riusciranno neanche questa volta. Ho ancora una carta da giocare.” “Jason!” gridò Kate. Jason la stava osservando da una vetrata del piano superiore. La sentì. “Ho delle cose da dirti. Cose che non sai. Non le sa nemmeno Carne. Siamo solo in tre a conoscere la verità sulla morte di tuo padre.” Jason disinnescò la bomba. Poteva aspettare un po’.” “Tu ci liberi e io ti dico tutto. Anzi ti dico tutto e ti aiuto.” Jason annuì. La morte del padre non lo aveva colpito più di tanto. Se lo apettava, con la vita che faceva prima o poi sarebbe successo. Ricordava ancora il giorno in cui Venkman e Stantz tornarono con la notizia che Carne era riuscito a farlo fuori. Lo stesso giorno si era promesso di pareggiare i conti. Adesso poteva sapere i dettagli che nel vago racconto di Venkman e Stantz mancavano del tutto.
“Venkman” disse Kate “”è stato Venkman.” e continuò con i dettagli “Avevamo fatto un patto, loro tre avrebbero avuto il 20% di tutto l’affare ma tuo padre non voleva, lui voleva uccidere Carne. Fu allora che Venkman si girò, guardò negli occhi Spengler a lungo, come per chiedergli scusa, e gli sparò in un occhio con una vecchia magnum 457. Questa è la verità.” “E Stantz?” “Dovevi proprio ammazzarlo?” chiese Stantz a Venkman (Kate ricordava il dialogo parola per parola) “L’affare è grosso - queste erano state le parole di Venkman - e il 20 è divisibile solo per due, per quattro, per cinque, per dieci, per venti ma non per tre. Non potendo essere in quattro, in cinque, in dieci, in venti, non potevamo che essere in due. Chiaro?” “Ho capito” rispose Stantz (aveva capito che la metà era più di un terzo). “E nient’altro?” “In quel momento il treno stava per esplodere e abbiamo accettato un passaggio su una vecchia millecento... è tutto quello che so.” Jason, che da tempo aveva dei sospetti sull’onestà dei suoi soci, si convinse che Kate stava dicendo la verità e neutralizzò la bomba. “Tu vieni con me. Andiamo a trovare quei due figli di puttana.” “Senza Carne non vengo.” Carne sorrise. Fin dal primo capitolo quando lui diceva: “Andiamo.” Kate lo seguiva senza storie.
(Myr)
About dualism in Carne(t)
A proposito dell’apparente divergenza comportamentale, e dei conseguenti profili esistenziali tra Carne e suo fratello Carnet, vale la penna sottolineare come essa riporti alle categorie fondamentali del dualismo che caratterizza tutta la filosofia occidentale, riproponendosi in forma paradigmatica ogni qualvolta si tenti di trascenderlo. L’ipotesi - peraltro teorica - di una sintesi del dualismo, infatti, lo ripropone in chiave antitetica tra il già realizzato e l’ancora da realizzarsi. Ma la dicotomia si espande in ben altre dimensioni. Se è vero infatti che ci troviamo di fornte ad un Carne-Eros opposto ad un Carnet-Tanathos, è anche vero che la dualità sottostante può essere riproosta anche in termini di Carne-corpo e Carnet-mente, includendo nella categorizzazione anche le due figure femminili di riferimento Kate e Gwendaline. Dalle possibili intersezioni tra le due coppie si dipana un esegetico determinismo possibile, che attinge al calcolo delle permutazioni come all’entropia. Deriva dal discorso fatto fin quì l’interesse verso la ricerca delle tracce che la concezione antropologica carniana ha depositato nella cultura italiana di questo ultimo mese, ovvero da quando è uscita, in Italia, la prima pagina di “Carne di Culo”. E a titolo di significativo esempio, in rapporto specifico ad autori che, pur non avendo in comune alcuna impronta di appartenenza, hanno sentito, ognuno in modo diverso, la necessità di assumere un paradigma antropologico altro da quello che ha connotato e connota tuttora la riflessione filosofica occidentale. Più precisamente faremo un breve cenno ai richiami a Myrddin contenuti in alcuni lavori di Sergio Moravia, Francesco Remotti, Pietro Barcellona, Paolo Flores D’Arcais e Umberto Galimberti. Richiami che, anche se a volte quasi incidentali, sono certo rivelatori, a parere di chi scrive, di un impegno, e di sensibilità nuove e importanti, in direzione dell’acquisizione della dimensione bioantropologica duale di Carne e Carnet all’interno del pensiero filosofico e della riflessione culturale in genere. Derek Vissani, in “CARNET DE CULO Chapter 9 - The Shit and Ass Brotherhood (The Anal Club)” si chiede quali misteri e quali innominabili pratiche abbiano sedotto gli annoiati rampolli delle migliori famiglie di Londra e quali oscuri abominii si celino dietro le imposte sempre chiuse della vecchia palazzina di Maida Vale. E’ evidente che la domanda va posta in relazione a un discorso riguardante la costituzione psicoantropologica del soggetto Carne, azione che tratteggia brevemente l’urgenza di oltrepassare gli schemi che hanno contrassegnato un tale soggetto
“uscito dal rigido controllo degli unitari e unificanti categoremi classici, cartesiano-kantiani non meno che aristotelici-scolastici.” E inserisce un pertinente riferimento all’antropologia filosofica tedesca e al concetto gehleniano di “mancanza”, di cui coglie il carattere di “molla, dinamica dell’essere\agire umano”, pur se non va a indagarne ulteriormente le connessioni con la dimensione bioantropologica. Lamentando poi la scarsa conoscenza in Italia di Flacca, Vissani precisa: “L’essere umano si costituisce come tale proprio affrancandosi dagli istinti, distanziandosi dalla naturalità immediata, progettando e realizzando universi culturali (...) L’uomo è quell’ente che attraverso un sistema di segni dotato di significati lato sensu storici (...) assegna ordine e valori all’esperienza che lo circonda. In questo senso Carne e Carnet si rivelano come elementi dialettici di un medesimo organismo che aspira ad affrancarsi dalla vicenda e dal suo prevedibile determinismo, comunque vada” (Vissani, “The Carnet”) Klaus Koriza, invece, nel suo “The Shitting Goodbye”, in una lettura etnoantropologica che egli collega, in particolare, a Myrddin, (ma ovviamente potrebbe esserlo a Vissani e alla sua Scuola), pur non richiamandosi esplicitamente all’antropologia filosofica di Myrddin, deriva correttamente, e proprio attraverso una ottica bioantropologica, la “irrinunciabilità” dell’identità dalla “incopletezza biologica” di Carne: “Nel momento in cui l’essere umano ha da uscire dalla precarietà e dall’incompletezza -afferma- affronta il problema dell’identità: di una sua specifica identità culturale. L’identità si presenta perciò come irrinunciabile (...) Sullo sfondo della teoria dell’incompletezza si comprende come per gli esseri umani il tema dell’identità divenga non solo irrinunciabile, ma pure centrale e decisivo.” E quindi, in quanto centro di una nuova concezione antropologica, indica il bisogno d’identità quale motivazione umana primaria, e cita efficacemente Ketamina (“Relational concepts in Delyrium. An Integration.”, Cambidge, 1988): “Alcuni teorici relazionali considerano l’instaurarsi e il mantenersi di un senso di identità e di sè come la motivazione umana primaria e basilare. Carne rinuncia a questa unicità per autorivelarsi nel divenire di una vicenda.” Potrebbe osservarsi che Myrddin e Koriza, malgrado le loro aperture al dualismo fenomenico di Carne di Culo, non tematizzano se il bisogno d’identità e la costitutività del rapporto con l’altro abbiano origine, attraverso il dispositivo biologico-evolutivo dell’emozionalità (quale primordiale apparato di segnalazionericonoscimento del si alla vita e del no), dalla dinamica emozionale della gioia-angoscia e del vissuto valoriale di questi sentimenti primari, costituito dai valori a favore della vita e dai valori contro di essa (anche per tali temi e per l’impronta filogenetica delle “cure parentali” è valido il richiamo fatto sopra). Non è pertanto senza motivo che qui di seguito si segnali la rilettura attentissima dei primi sei capitoli di Carne di Culo. Klaus Koriza, nella sua introduttiva esortazione a prendere congedo dal dubbio tra la ipotesi di un Carne schizofrenico (Flacca) o di Due fratelli Di Culo (Myrddin) “in tutti i suoi travestimenti e metamorfosi”, svolgendo la proposta di “un’etica del finito” (solo lessicalmente analoga alla “neopagana” etica del culo di Derek Vissani) e scrive in palese riferimento all’antropologia carniana: “Ogni specie animale affida il suo comportamento alla certezza dell’istinto. Carne si sottrae, non ne è più costituzionalmente capace (...) La plasticità dei comportamenti, che assicurerà il successo della scimmia nuda malgrado la sua inferiorità animale, fa si che debba surrogare la univocità dell’istinto con la norma. (...) Il dover essere è perciò il primo e l’ineludibile dell’esistenza. La morale è ontologia.” Flacca tornerà su queste tesi anche nel suo ultimo “Carnet de Culo” del e nelle sue note private scriverà con forza: “Nella specie biologica Carne non esistono cromosomi morali, ma solo l’impossibilità di fare a meno di norme che surroghino il perduto automatismo degli istinti.” Mentre nelle prime pagine affronterà invece, da un punto di vista bioantropologico, il tema del bisogno di senso: “Fare senso è il nostro mestiere
di esseri umani. Che si possa fare a meno del senso è irrealismo. Metafisica, e della peggiore. Il bisogno di senso è un bisogno materiale primario dell’animale uomo.” Flacca si riferisce all’antropologia di Vissani (specie attraverso gli studi Carnianii), in diversi suoi lavori e ci limitiamo a ripotare questo passo dell’ultimo “Il declino di Carne” del 1998. “Non appare convincente il tentativo di ricondurre la tecnica a un progetto della natura secondo l’impostazione di Vissani –scrive- Per Vissani, Carne è un essere mancante, privo di un codice istintuale (…) Questa mancanza originaria determina la necessità di creare un antigene edonista, il fratello, o alterego Carnet, gaudente rampollo della Londra-bene, imbelle ma capace di concedersi il senso dell’esistenza, a partire da un sistema di selezione che trasformi lentamente il mondo delle pulsioni in azioni intenzionali e progressivamente abituali (…) Là dove c’erano le pulsioni debbono subentrare le abitudini, debbono subentrare le regole, gli ordinamenti, l’istituzione. La tecnica appartiene a questo processo: è ciò che consente di rendere quasi automatico il funzionamento della ragione strumentale (..) la strutturazione di un calcolo che si traduce in una macchina automatica capace di sostituire Carne a Carnet, e Carnet a Carne, in un avvicendarsi che è un perpetuare il mito di Giano, riproposto però a partire dalla dualità fondamentale che caratterizza l’eidos carniano nella sua essenza.”
(flack)
CARNET DE CULO Chapter 32 - The new world
Jason aveva cercato e trovato Stantz. “Perchè l’avete fatto?” Stantz era rincoglionito ma non al punto di non capire di cosa Jason stava parlando. “Mi ha detto che la metà era di più di un terzo. Io ho fatto due conti e ho capito che aveva ragione.” “Deduzione incontestabile. E Stantz più coglione di quanto pensassi. A lui penserò più tardi.” pensò Jason chiedendo: “Hai notizie di Venkman?” “Mi sembra che sia andato in bagno” rispose tranquillamente Stantz senza nemmeno ricordare di avere confessato a Jason di avere partecipato all’uccisine del padre. Non ci volle molto. Venkman fu trovato senza vita sul pavimento del bagno qualche ora dopo. Sicuramente un attacco di colite lo aveva colto prima che raggiungesse la tazza e questo era deducibile (dai verbali della polizia) dal fatto che il pavimento fosse interamente coperto di merda sulla quale Venkman era ovviamente scivolato, la sua testa aveva sbattuto violentemente sul pavimento e nel tentativo di riportarsi in piedi, dopo avere respirato abbondantemente i liquami prodotti mentre era disteso, era scivolato una seconda volta ferendosi definitivamente al volto con la caduta di parecchi denti e con l’enucleazione di un bulbo oculare. Nella dichiarazione ufficiale (il che significava che Lady Hinselwood era intervenuta anche questa volta) vennero trascurati alcuni dettagli di minore importanza: un braccio amputato, i due piedi inchiodati al pavimento, la bocca sigillata col bostik. “Andate pure, questa storia è chiarita”. Jason si sentiva meglio, aveva mantenuto due promesse. “Andiamo.” Le cose erano andate per il meglio. Ora erano di nuovo liberi. Kate lo seguì, come sempre aveva fatto, senza battere ciglio, ma con un pensiero da tempo le frullava in testa. Carne non aveva più parlato di Carnet e per giunta lei non li aveva mai visti insieme... Le coltivazioni di fagioli avevano bisogno di lui. “Andiamo a New York” disse, poi avrebbe proseguito per il Messico.
Il Carlyle non era l’albergo preferito di Carne quando i suoi affari lo portavano a New York, ma questa volta non c’erano solo gli affari. A due passi dal Central Park avrebbe potuto rilassarsi, dimenticare, fare passeggiate nel parco... come in tutti i film romantici che aveva visto. “Ho una prenotazione. Mi chiamo Kent, Clark Kent.”
(Myr)
Carne di Culo Eroe e protagonista della saga. Combattente e militare, caratterizzato da un forte pragmatismo e da una scarsa tendenza all’interpretazione, si caratterizza per la primarietà dei suoi bisiogni, costantemente disattesi. Al suo esordio, Carne di Culo aveva fame. “Andiamo”, disse... (Derek, CDC, cap. 1)
Kate Fuller Protagonista femminile della vicenda: Personaggio ambiguo e poliedrico, si mostra all’inizio conme la più percorribile via di soddisfazione dei bisogni di Carne (“Sì” disse lei, e aprì la grande credenza, CDC, cap. 1) nel cap. 18 si scopre che ha girato dei video porno con Pandemonium (v), eppure è vergine. Viene trasformata in una capra dal dio egizio Seth (“Queste puttane americane vengono a profanare i nostri templi” disse Micerinos al dio Seth, che stava in piedi dietro di lui. “Per esempio, come si chiama quella puttanella?” “Si chiama Kate Fuller” rispose la voce sinistra del dio. Sinistra, almeno per chi guardava dalla stessa parte di Micerinos. “Seth, tu che sei una bella testa di sciacallo, potresti trasformare anche lei in una sciacalla?” “Ne farò una capra” disse Seth., CDC, Flac, cap. 18) nel cap 524 è “una capra in tutto e per tutto” (Myrddin) ma nel cap. 526 genera se stessa, vergine. Nel cap 563/reset 4, Carne ha la possibilità di trombarla, ma se ne infischia. Si ripresenta in CTDC come fidanzata di Jason Spengler (v)
Generale Smerdley Militare della Confederazione, che promuove Carne al grado di Maggiore dopo le imprese compiute sul pianeta Shit. (“Maggiore Di Culo... dal rapporto della Confederazione debbo arguire che voi avete agito in ispregio di ogni regola e contro tutte le convenzioni... Derek, CDC, cap.8) Seth Figlio di Ra, lontano parente di Osiride. Divinità egizia reincarnata ai tempi della vicenda principale, come nemico di Carne
Richard Gecko Fratello di Seth, muore nel cap. numero imprecisato minore di 10
Santanico Pandemonium. Nemico giurato di Carne. Uomo, o semidio con poteri occulti. Horus, figlio di Iside e Osiride, evirò Seth ed ebbe Santanico come discendente. (Myrddin, cap.minore di 10 più 1)
Venkman uno dei nemici-amici di Carne. Venkman uccide Spengler (v) nel cap. 534 ( “Dovevi proprio ammazzarlo?” chiese Stantz “L’affare è grosso - rispose Venkman ancora eccitato sperando che Stantz non pensasse solo all’evidente doppio senso - e il 20 è divisibile solo per due, per quattro, per cinque, per dieci, per venti ma non per tre. Myr, CDC, 536)
Stantz altro amico-nemico di Carne. Sicuramente il meno perspicace (Stantz era rincoglionito ma non al punto di non capire di cosa Jason stava parlando. “Mi ha detto che la metà era di più di un terzo. Io ho fatto due conti e ho capito che aveva ragione.” Myr, CTDC, 32)
Spengler Altro amico-nemico di Carne, è convinto di aver ucciso Carne nel cap 525, invece spara al suo ologramma Quell’imbecille di Spengler stava diventando un problema soprattutto da quando continuava a far fuori gente al grido di “Carne, bastardo, è giunta la tua ora!” (cap.529) Spengler muore, ucciso da Venkman. Nel cap 572 se ne da l’annuncio ufficiale
Maestra Mizzi Insegnante di Carne da piccolo
Commendator Breviglieri Testimone della Nascita di Carne, vi assiste per telefono (“Marisa! Pronto?...Sì?... Stai bene?”,Viareggio 1960 CDC, cap Level 0). Viene fatto oggetto di un prelievo di liquido seminale da parte di Kate Fuller (cap Entracte)
La signora Improta Figura marginale, che però propone di chiamare il bambino Carne di Culo
Colui Il Cui Nome Non Può Essere Pronunciato Viene il dubbio che possa essere sovrapposto al Fondatore (v). Si rivela sempre preoccupato per Carne (“Non sei messo troppo male Carne… I miei collaboratori hanno esagerato.”, CDC, cap 14).
Dottor Mouse-Grande Merda Padre di Carne. Si presenta sotto mentite spoglie( “Ho avuto una giornata veramente terribile.” cap. 17, Merdoso Beach) Come Grande Merda veglia su Carne “Ragazzi... vi avevo detto: Salvare Carne e il suo denaro. Vi avevo detto: Trovare la vergine. Fottere il maiale. (cap 19) ma la sua schizofrenia e i frequenyti dialoghi con se stesso ne tradiscono scopi poco solari (“La storia ci sfugge di mano, stiamo perdendo il controllo di Carne” disse preoccupato Grande. “Era ora.” rispose Mouse aggiungendo “Adesso cominciamo a divertirci!”, Flac, CDC, cap 565) Viene ucciso da Carne nel cap. 576 conme Grande Merda: A indicare il cadavere a Carne, che sopravviene dopo, sul luogo del delitto, solo dopo averlo assassinato, è dottor Mouse: “”Tuo padre, testa di cazzo! Sono tuo padre.” (cap. 544) I suo ruolo decisionale sui destini di Carne è evidente: (“Questa storia del bario sta cominciando a rompermi i coglioni” disse Coluiche-non-può-essere-nominato. “Hai perfettamente ragione, Colui” rispose Grande Merda. “Bisogna che mandiamo Pandemonium a cambiare un po’ le regole del gioco” “Facciamo schiattare qualcuno, dai” disse eccitato Grande Merda fregandosi le mani. “Vedo che fai onore al tuo nome di battaglia, Professor Mouse” “che vuoi farci, c’è chi non può essere nominato e chi è nominato in più modi” rispose Grande Merda-Mouse “Allora, mandiamo Pandemonium?” (cap 538539)
Marisa Di Culo, detta Isa Madre di Carne, inizia a fare la vita in Versilia per poi trasferirsi a Parigi, dove si dedica al porno. Vive in un seminterrato al secondo piano nobile ammezzato di Rue Laforet, a Montparnassedal 1979. (CDC, cap. 548)
Flack amico di carne, che compare solo il giorno del suo compleanno (15 dicembre) nel cap 550
Crozzo cane di carne, cap 552 e seguenti
Carnet de Culo Fratello o alterego di Carne, vive a Londra, dove conduce una vita agiata e senza rischi. Viene spesso scambiato per il fratello (“Monsieur Carnet De Cul?” La voce era flautata, con l’accento strascicato di Rouen. “Est ce que vous cherchez moi, monsieur? Mais peut etre que vous etes en faute. Mon nom est Carne Di Culo, pour vous servir”. “Oh, non, monsieur! Vous v’appellez Carnet, j’en suis sur. J’ai vu votre photo sur la première page du Canard Enchainé.... “Allez affancul, alors! Piès de mèrd. Allez à rompre les coglions à quelcun autre. Je m’appelle CAR-NE-DI-CU-LO, compris?, Derek, CDC 556”
Voce Flautata ompare come emissario del Governo nel cap.556, muore nel cap 558, sbranato da Crozzo
Fratello di Voce Flautata compare in sostituzione del fratello nel cap. 559
Derek, o Il Fondatore Il creatore di Carne. Figura ambigua e latitante, nel cap “Dal Fondatore a Carne di Culo” rilascia un’epigrafe cifrata, che cviene decodificata da Carne nel cap,569
Lady Cophetua Hinshelwood Attempata nobildonna londinese
Lady Gwendaline amica di infanzia di Carne, ritrovata a Parigi in età adulta, sarebbe la sposa ideale per Carne secondo Lady Cophetua Hinshelwood. Carne è restio per le molte vedovanze di lei (in prime nozze ha sposato il figlio del reverendo Higgins che morì improvvisamente; Tobia Peacock, un giovane e facoltoso uomo d’affari di Leeds muore inaspettatamente un mese dopo le nozze. Gwendaline si trasfersce a Londra dove incontra nuovamente Lady Hinshelwoodche le presenta il giovane conte di Culloden upon Bigelow. Si sposano, ma Culloden morì improvvisamente pochi mesi dopo che si erano stabiliti nelle nuova magione di Chelsea. Derek, CTDC, 1)
Winnie autista di Carnet
Punjab Assistente della culomante Madame Shalikan
Madame Shalikan Culomante e indovina, vive estorcendo denaro alla Londra bene. Viene uccisa da Carne in CTDC cap. 23
John Caruso Nato da una relazione tra il bellissimo Carmine Caruso e la benestante Ellen Peacock. John rivendica i suoi diritti e i suoi beni, ceduti dal padre al fratello minore Alphonzo (Myr, CTDC, cap. 6) L’hotel in cui John scende a Leeds CTDC, Cap 7, si chiama Peacock & Turner Hotel :J.D. Jackson, attuale proprietario dell’hotel, lo aveva acquistato dalla vedova Lady Peacock pochi giorni dopo la triste dipartita di Tobia Peacock, il precedente proprietario.
Timothy Graham Fuller nonno di Kate. In CTDC rivela alla nipote il segreto della salsa Pea & Lerrins
Jason Spengler Il giovane Jason, fondatore della Venkman, Stantz & Spengler, era fidanzato con Kate ormai da due anni, figlio di Spengler uno dei tre amici-nemici di Carne
Lady Alethea Larrins Hinshelwood sorella di Lady Cophetua (CTDC, cap. 16,)
Professor Jirolam Salajdarian il migliore psicoanalista di Londra, convinto assertore della schizofrenia di Carnet e della sua doppia personalità
Mr, Stanz e Mr Venkman soci di Jason Spengler, figli o cloni di quei Stanz e Venkman che insieme a Spengler furono gli amici-nemici di Carne durante la sua epopea. Venkman, a prolungare una tradizione di famiglia, viene ucciso da Carne in CTDC cap. 32
(flack)
Carnet, Chapter 100 Some Stocastic kiss
Nella villotta dello Yorkshire, Grande Merda, ovviamente nei panni del Dottor Mouse, carezzava il suo Shitdale Terrier accoccolato ai piedi della poltrona. Travestito da perfetto inglese, fumava la pipa e leggeva un libro di Woodehouse accanto al caminetto scoppiettante. Sdraiato sul tappeto, Colui il cui Nome non può Essere Pronunciato mangiava alcuni umeboshi succhiandosi le dita. La neve cadeva silenziosa, la vecchia pendola tichettava dando un ritmo al crepitio della brace.
Lunghi silenzi. “Certo, a questo punto ci vorrebbe un’idea geniale” disse Colui. “Facciamolo morire, e non se ne parli più” disse Mouse. “Non sono d’accordo. Comunque non prima di avergli fatto ciulare la ragazza a dovere” rispose Colui “Almeno facciamo morire il fratello. Questo, se i lettori propendessero per la tesi della schizofrenia, potrebbe essere interpretata come una guarigione: E io avrei il mio morto!” “Ma perchè voi padri volete sempre ammazzare i figli?” “E’ per via di Abramo, credo, ma non divaghiamo” insistè Mouse “Non abbiamo idee sufficienti, e quel boia del Fondatore non si fa sentire...” “... E l’America? L’America è un posto ideale per morire.”
(flack) (Myr)
CARNET DE CULO Chapter 102
CARNET DE CULO Chapter 101 misunderstanding
“Ho una prenotazione. Il mio nome è Kent, Clark Kent.” Kate era distratta ma un riflesso ecolalico la riportò alla realtà. “Questa novità mi mancava!” pensò Kate facendo finta anche questa volta di non battere ciglio. Era stato Carne a pronunciare quella frase? Era una nuova identità per una nuova missione? Si avvicinò in silenzio e si nascose dietro una colonna. Non vedeva nulla ma poteva sentire benissimo quello che diceva il portiere: “Bentornato Mister Kent! Mi permetta di congratularmi con lei per l’ultimo articolo. Mi sembra di leggere di nuovo quello che scriveva suo padre, Clark Kent Sr!” e aggiunse “Posso chiederLe come sta suo padre?” “E’ tornato da poco, ma è parecchio che non ci sentiamo, davvero parecchio... da quando è nato Jason... no ancora da prima, da quando lasciò la signorina Lois Lane...” “Sì, ricordo. La Signorina Lane poi sposò Mr Spengler, e poche settimane dopo nacque il bimbo... ne parlarono tutti in città, il Daily Star dedicò tutta la prima pagina all’avvenimento... mi scusi se l’ho trattenuta con le mie chiacchiere. Buona permanenza, Signore!” Il facchino comparve dal nulla e fece strada. “Andiamo.” Disse Clark. Kate apparve da dietro la colonna e lo seguì. Carne, che aspettava il suo turno e che non aveva avuto modo di parlare, vide Kate seguire lo sconosciuto che fino a quel momento aveva conversato con il portiere e la chiamò: “Dove stai andando?” “Ho sentito dire andiamo e sono andata.” La giustificò; poi si rivolse al portiere. “Ho una prenotazione. Mi chiamo De Culo, Carnet de Culo.” Kate battè ciglio.
Clark Kent Jr aveva permesso al portiere di chiacchierare abbastanza a lungo. Voleva capire esattamente (per quanto possibile) chi fosse la persona che stava aspettando pazientemente dietro di lui. Percepiva chiaramente la complessità dell’individuo e la sua potenzialità, anche se la sua autocoscienza era abbastanza assopita. Una anomalia del sistema uomo che andava analizzata a fondo. Decise che se ne sarebbe occupato di persona, non voleva che l’onnipotenza, come era successo a suo padre, prendesse in futuro il sopravvento. L’uomo, seguito dalla donna, stava entrando nel suo appartamento.
Carne entrò nell’appartamento. “Strana sensazione. Ho l’impressione di essere seguito” e non si riferiva a Kate. Kate non rispose. Dopo che aveva seguito l’altra voce si sentiva in colpa, un po’ come se avesse tradito Carne.
(Myr)
CARNET DE CULO - Intermezzo The High Tea
Carnet sedeva solo nella sala da tè del Claridge’s. Aveva prenotato direttamente il suo tavolo d’angolo, da cui poteva osservare tutta la sala. Il vecchio Bascomb lo serviva, come di consueto. Gli era assolutamente necessario un high tea di quando in quando, in solitudine. Scelse una miscela di delicato Darjeeling e Ceylon, un tè più aromatico che forte, essendo quella sera più incline a intime riflessioni che all’azione. In breve Bascomb arrivò col carrello e gli servì la prima tazza. Sulla piccola étagère a tre piani era disposta una selezione di piccoli sandwiches al cetriolo, al salmone affumicato e alla mayonnaise con crescione. Diverse tartelettes aux fruits erano finemente disposte su di un vassoio d’argento, mentre i tradizionali scones e crumpets, accompagnati dalla consueta marmellata di fragole, erano sapientemente arrangiati su un piatto di Limoges. “Grazie, Bascomb.” “Signore...” Carnet cominciò in assoluto silenzio il suo rito, seguendo i suoi pensieri.
...Ogni tazza di tè rappresenta un viaggio immaginario... ...Il tè benché ridicolizzato da coloro che sono naturalmente rozzi quanto a sensibilità, sarà sempre la bevanda preferita dell’intellettuale... ...In nulla il genio inglese per la gioia delle cose semplici è più dichiarato che in questa festa che è il tè. Il solo tinnire della tazza e del bricco invita la mente a un felice rilassamento...
Era passata all’incirca un’ora e Carnet non aveva lasciato nulla di avanzato. “Grazie, Bascomb.” “Signore...” “Ah, Bascomb...” “Signore?” “Il Darjeeling sapeva leggermente di merda.” “Certo, signore.” “E... Bascomb...” “Sì, signore?” “I sandwiches sapevano leggermente di merda.” “Naturalmente, signore.” “Anche gli scones e i crumpets sapevano leggermente di merda” “Sì, signore.” “Grazie, Bascomb.” “Signore...”
Carnet uscì. Voleva arrivare da Henry Poole a piedi, per la terza prova del suo gessato. Nel cielo insolitamente terso brillava la costellazione del Galuscio.
(Derek)
CARNET DE CULO Chapter 103
Kate sonnecchiava, il viaggio era stato lungo e lo champagne della prima classe non aveva ancora finito di farle effetto. Carne ne approfittò per aprire la busta con le istruzioni che aveva ricevuto prima di salire sull’aereo. Certo, ora erano liberi ma non era bastata la spiata di Kate a convincere Jason a lasciarli andare. Il bastardo voleva che Carne portasse a termine una piccola commissione, prendere o lasciare. Carne prese. Si trattava di fare una piccola vacanza a New York, risolvere un piccolo problema e poi tornarsene a casa senza debiti morali. Kate sonnecchiava e Carne sfogliò il dossier. Una lunga storia.
Kal-el arriva sulla terra. Viene adottato col nome di Clark dai coniugi Kent del West Yorkshire i quali, per non complicare la vita del ragazzo, muoiono presto. Le assicurazioni sulla vita permettono al giovane Kent una vita agiata, una laurea in giornalismo, amici di scuola con padri influenti e una rapida carriera al Daily Star. Di tutti i suoi superpoteri è inutile parlare, lo sanno tutti... ci hanno fatto anche un film. Si innamora di una sua collega, Lois Lane, fanno del sesso, lei rimane incinta e lui scompare. A quel punto l’incinta decide di accettare la proposta di
matrimonio di Spengler. Dopo poche settimane nasce un bimbo, viene chiamato Jason Vellodoro (col tempo rimarrà solo Jason). Mentre il ragazzo cresce il padre naturale adotta, come pensa sia d’uso sulla terra, un ragazzo sveglio e lo chiama Clark Jr.
Questa la premessa. Ora la missione: eliminare il tizio. Motivo: l’ingiustizia. Clark Jr sarà infatti erede di tutti i beni e di tutti i segreti di Clark Sr, detto Superman. Ma Superman è il vero padre di Jason e, se un erede deve esserci, quello è proprio Jason. L’ostacolo va quindi rimosso.
“Quel bastardo! Una piccola commissione, aveva detto!” Parlò a voce alta e Kate si svegliò. “Dobbiamo andare?” chiese.
(Myr)
CARNET DE CULO Chapter 104
Flack e il Fondatore si incontrarono casualmente in The Old Bell, un piccolo pub di Fleet Street. Il Fondatore fu secco e deciso. Disse a Flack di aiutare assolutamente Carne a portare a termine la sua missione, non trascurando però di dare un certo spessore alla vicenda. Il Maggiore Myrddin aveva indubbiamente forgiato Carne alle più dure battaglie, ma forse non gli aveva insegnato i valori della mollezza e del buon vivere, sedi di ogni dotta e ignava dissertazione e di acute quanto inutili riflessioni. Flack, dal canto suo, aggiunse che la vicenda di Carne gli rompeva i coglioni, e che inoltre Carne non era un suo vero amico, ma un conoscente da cui aveva ricevuto “qualche favore”. Disse inoltre di non sapere come fare a star dietro a Carne, ormai proiettato in un rififi d’azione, vicenda per la quale Flack non si sentiva affatto versato, essendo un longilineo astenico e abbastanza cagionevole. Per tutta risposta il Fondatore gli diete un sonoro ceffone, affermando che anche il Maggore Myrddin era un longilineo astenico, ma era più coriaceo delle selle dei gauchos e, in quanto ad azione, ancora oggi avrebbe potuto battere tre guerrieri armati di shitgun a culo nudo. Flack se ne uscì sconsolato dall’ Old Bell, quando una vecchia Rover, sfrecciando in contromano in Fleet Street, gli passò accanto, e rallentò. Un uomo, alla guida dell’auto, gli disse: “Mister Flack? Una busta per voi”. E gettato il plico sul marciapiede, si allontanò sgommando. Flack aprì la busta. Anonima. Poteva essere Grande Merda, oppure Colui, o addirittura il Fondatore, che aveva avuto pena di lui. Lesse le istruzioni:
“La vicenda deve proseguire secondo le seguenti indicazioni: 10 missione per provvedere a una sciagura 11 partenza dell’eroe 12 eroe messo alla prova dal donatore amico 13 reazione dell’eroe 14 fornitura del mezzo magico 15 trasferimento dell’eroe 16 lotta tra eroe e antagonista 17 eroe marchiato 18 vittoria sull’antagonista 19 rimozione della sciagura iniziale 20 ritorno dell’eroe 21 sua persecuzione 22 l’eroe si salva 23 l’eroe torna in incognito 24 pretese del falso eroe 25 all’eroe è imposto un compito difficile 26 esecuzione del compito 27 riconoscimento dell’eroe 28 smascheramento del falso eroe 29 trasfigurazione dell’eroe 30 punizione dell’antagonista 31 nozze dell’eroe
la esorto, signor Flack, a vigilare affinchè non venga trascurato nessun punto di questa richiesta. Cordiali saluti.”
(flack)
Carnet Chapter 105 Missio interruptus
“Cazzo! Ti danno il libero arbitrio e poi ti dicono cosa devi fare” pensò Carne dopo avere letto il
dossier di Jason. “Qui bisogna portare a termine la missione per provvedere a una sciagura.” disse a voce alta, rivolto a Kate. “Quale sciagura?” “Non fare domande sceme. Chiediti invece cosa vuole dire provvedere a. Io intendo scongiurarla, la sciagura. L’ho sempre fatto e lo farò anche ora.” “E la missione?” “La missione, già!” Doveva dirlo o non dirlo che avrebbe dovuto trovare un certo Kent ed eliminarlo? “Non è proprio una missione, è una piccola commissione che devo fare per conto di Jason, una cosetta che posso fare anche da solo. Dovrei cercare, trovare, il figlio di Superman...” “Ed eliminarlo...” aggiunse Kate. “Come fai a saperlo?” “Dimentichi che sono stata fidanzata due anni col forforoso? Vuoi che a letto non mi abbia detto un sacco di cose?” “E che altro sai?” “Che alloggia in questo albergo. Che Jason ha prenotato qui perchè lo sapeva. Che si chiama Clark Jr e ha parlato col portiere a lungo mentre tu pensavi ai cazzi tuoi. Che è un bravo ragazzo che non farebbe male ad una mosca. Che non dobbiamo ammazzarlo perchè altrimenti la sciagura incomberà su tutti noi. Concludendo: se per caso pensi anche soltanto di torcegli un capello, io ti taglio le balle.” Così disse Kate con un linguaggio che Carne non conosceva. “E Jason?” “Si fotta!” concluse Kate, andando a cagare. “E la missione?” pensò Carne. “Si fotta anche quella.” Disse Kate mente si sedeva sulla tazza. “... missione per provvedere a una sciagura... non significava necessariamente portarla a termine... Jason si sarebbe incazzato ma di Jason ne aveva incontrati parecchi mentre di fondatore ce ne è uno solo!” Clark Jr sentiva che la cosa sarebbe finita così e uscì per fare quattro passi nel parco. Mentre attraversava la strada fu investito da una millecento d’epoca. Suo padre, ormai rallentato dagli anni, arrivò con qualche secondo di ritardo. Il mondo stava cambiando.
(Myr)
CARNET 106
Squillò il telefono: Era Jason. “Carne, ti ricordo che hai un compituccio” “L’ho appena fatto, il compituccio” “Ah sì, e come hai fatto?” “L’ho stirato con la macchina” “mmh... e come fai a rispondere dalla stanza dell’hotel?” “Jason, non rompere i coglioni e lasciami lavorare. Ti ho detto che l’ho steso” “Verificherò se è vero” e riattaccò. Il giorno dopo Carne, dalla sua suite del Caryle verificò che sul suo conto erano stati accreditati quattrocentomila dollari. Era meno della metà di quanto aveva chiesto, ma significava che Jason non avrebbe più interrotto la loro vacanza. Il Carlyle non era l’albergo preferito di Carne quando i suoi affari lo portavano a New York ma questa volta non c’erano solo gli affari. A due passi dal Central Park avrebbe potuto rilassarsi, dimenticare, fare passeggiate nel parco... come in tutti i film romantici che aveva visto. In più, adesso aveva anche un po’ di argent de poche per togliersi qualche voglia. Erano le unici di mattina, e il cameriere portò la colazione e due o tre quotidiani.
Il croissant farcito alla merde de canard gli si fermò in gola. Tutte le prime pagine avevano titoli cubitali, e la sciagura era imminente.
(flack)
CARNET 107
La sciagura era imminente. Ma allora... non era servito a niente avere rinunciato ad eliminare Clark Kent Jr? Non era quella la causa che avrebbe scatenato come effetto la sciagura? Come al solito in queste situazioni Carne non ci capiva un cazzo anche se poi ci arrivava, spesso per culo. Rianalizzò le ultime frasi scambiate con
Kate, soprattutto la prima: “Qui bisogna portare a termine la missione per provvedere a una sciagura.”
Se le istruzioni fossero state meno ermetiche si sarebbe risparmiato un bel po’ di tempo. Ora, se aveva capito male, l’unica interpretazione possibile era quella di contribuire ad una sciagura. Se avesse potuto parlare con il fondatore avrebbe potuto avere delle certezze. Se se ne fosse stato con le mani in mano e la sciagura fosse avvenuta senza il suo intervento l’indicazione del fondatore sarebbe stata ignorata e lui ne avrebbe subito le conseguenze. semel in anno diventano cicale]... Il governo ha trascurato sino ad oggi la potenzialità della merda perchè la produzione quotidiana è stata sinora sufficiente per il fabbisogno interno e non c’è mai stato bisogno di scorte per i periodi di carestia.... ora la sovrapproduzione del periodo festivo sarebbe stata messa in vendita sottocosto, sul modello delle catene alimentari occidentali...”
“Devo aiutare Wall Street a trascinare le altre borse nel panico?” si chiese Carne.
(Myr)
CARNET 108
Ma i giornali parlavano chiaro, si prevedeva un disastro ma per fortuna il disastro non era ancora avvenuto e lui avrebbe ancora potuto fare la sua parte. C’erano tutte le premesse: a Wall Street l’indice dei prodotti fecali aveva subito un forte ribasso e le previsioni erano nere. La causa, come al solito durante gli ultimi anni, era nellle politiche commerciali cinesi. Carne continuò a leggere l’articolo: “... il capodanno cinese, Hsin Nien, che dura quattro giorni, cade in coincidenza della prima luna nuova dopo l’entrata del Sole nel segno dell’Acquario, ossia nel momento in cui inizia il mese numero 1. Per questa ragione può verificarsi tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del calendario gregoriano. A ridosso del Nuovo anno lunare o Capodanno Cinese tutto si ferma, le aziende chiudono per settimane e le città sono deserte a causa dei movimenti di masse di persone dal Nord verso Sud e viceversa. Un quinto della popolazione mondiale approfitta di una settimana di vacanza per raggiungere la propria famiglia con cui trascorrere questa festività millenaria. Durante questi giorni 350 milioni di persone affollano e congestionano le strade , le biglietterie affannandosi per un qualsiasi posto in un treno o aereo per raggiungere il paese natale dove per una settimana non fanno altro che mangiare e cagare, mangiare e cagare... [omissis sulle considerazioni dell’autore a proposito delle formiche che “Vendi tutto!” “Chi è lei?” “Flack, tutti coglioni se li sceglie Myrrdin! Sono Carne, nome in codice Biserni. Tu invece sei Flack, il mio agente di borsa, quello a cui ho fatto qualche piccolo favore... Hai capito chi sono? In ogni caso devi vendere tutto!” “Tutto?” “Tutto.” “I tuoi shitgun rimarranno senza munizioni..” “Fatti i cazzi tuoi e vendi.” “Non pensi al domani?” “Sì,” disse Carne “ci penso.” sapendo che all’indomani avrebbe potuto ricomprare le sue azioni con quattro spiccioli, una speculazione che aveva fatto altre volte.
Il Dow Jones stava perdendo altri dieci punti. Un corpo cadde da uno dei piani superiori. Dopo pochi minuti un altro. Sembrava di essere nel 1929. Persino Sterylmerda, il colosso multinazionale, cominciava a traballare. Un effetto valanga che Carne aveva contribuito ad accelerare mantenendo fede alle indicazioni del fondatore. Persino i cinesi avrebbero dovuto ritoccare i prezzi al ribasso procedendo verso la nuova fase del sottocosto: i saldi per chiusura dell’attività. Per compensare le perdite sui profitti previsti gli arroganti capitalisti cinesi avrebbero concesso più cibo e ferie più lunghe per le feste del capodanno ma non sarebbe servito a nulla,
anzi: 350 milioni di cinesi moltiplicato due chili al giorno moltiplicato sette giorni significavano circa 5 miliardi di chili di merda, 5 milioni di tonnellate che, immessi sul mercato senza diluizione, avrebbero ulteriormente massacrato in borsa il settore dei prodotti fecali. A quel punto Carne avrebbe ricomprato.
Ora poteva partire come da indicazione #11 del fondatore.
Non appena avesse pronunciato il fatidico ordine: “Andiamo” Kate lo avrebbe seguito senza chiedere, per fortuna, dove sarebbero andati. Per fortuna, perchè questa volta Carne non avrebbe saputo risponderle. Prese tempo, prese in mano uno dei giornali del giorno prima e lo sfogliò. Ora sapeva dove andare, sarebbe tornato in Inghilterra, a Felixstowe, a est della capitale..
“Cosa cazzo andiamo a fare in un paesino?” La castità non si addiceva più a Kate che diventava ogni giorno sempre più nervosa. “Kate, ti ho chiesto io di parlare?” Carne non capiva quello che Kate gli stava dicendo tra le righe.
Sulla via del ritorno Carne ritrovò sui giornali dell’aereo, con maggiori dettagli, la stessa informazione: c’era uno stato in vendita, Sealand, a circa 5 miglia dalla costa del Suffolk. Il prezzo richiesto rientrava nei limiti della ragionevolezza, qualche milione di euro che tra breve non sarebbero stati un problema.
(Myr)
inserto economico: LA CRISI DELLA MERDA
Imperversa una crisi internazionale tra le più violente e complesse degli ultimi decenni. Essa si intreccia con una crisi economica che a sua volta preoccupa gli ambienti politici gestori del sistema per la sua tendenziale espansione mondiale. Ciò crea un corto circuito tra la diffusione mondiale del comando capitalistico e la sua crisi interna. In particolare, la crisi economica trova la sua massima e più dirompente componente dell’ultimo tracollo del mercato della merda, svalutata sui mercati internazionali e caratterizzata da una riduzione progressiva delle plusvalenze per gli investitori occidentali, sorpresi da una “doccia calda”, come l’ha definita The Guardian. Potranno i maggiori organismi internazionali – il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale – porvi qualche rimedio e agevolarne la soluzione? La tendenziale diffusione mondiale della crisi economica deriva fondamentalmente dalla stagnazione o addirittura contrazione della domanda aggregata nei principali paesi capitalistici – negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone. Naturalmente cruciale è ciò che accade nell’;economia americana, dove la cessione di azioni fa impallidire il 29. Inoltre, tenuto conto che in Europa, a causa principalmente dei severi vincoli alle politiche fiscali nazionali imposti dal Trattato di Maastricht e dal Patto di Stabilit, quel poco di crescita nella produzione di merda che si è avuto negli anni scorsi è stato trainato dalle esportazioni, sostenute appunto dalla crescita dell’;economia americana. La mostruosa irruzione della gigantesca ondata di offerta dall’est (Cina, Corea, Malaysia), sostenendo le sue esportazioni, aiutata dal Giappone mediante la svalutazione dello yen.Ora il fatto è che negli Stati Uniti il boom degli investimenti sulla merda degli anni Novanta aveva già portato ad un eccesso di capacità produttiva disponibile, eccesso che stava scoraggiando gli investimenti correnti; inoltre, l’elevato indebitamento delle famiglie per dotarsi di sistemi di autoproduzione o di ricorrere al poiiccolo azionariato, in presenza di quotazioni di borsa calanti, minacciava di ripercuotersi molto negativamente sulla loro propensione al consumo. Tutto sarebbe tuttavia rimasto contenuto nei limiti di una delle normali crisi dei mercati occidentali, ma i fatti recenti hanno trasformato un andamento tendenziale negativo in un crollo in caduta libera. Il Fondo Monetario Internazionale, ha rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che quanto sta accadendo può essere assolutamente definito come una delle più grandi sciagure del
dopoguerra, e accusa i molti investitori occidentali che con la loro rapida e improvvida fuga hanno indubbiamente provveduto ad accentuarne la velocità e la drammaticità.
(flack)
CARNET 109 - Mission to Sealand
Shitair aveva base a Stansted, a nord est del centro di Londra e fu lì che in perfetto orario atterrò l’aereo che riportava a casa Carne e Kate. Non avevano bagagli, con tutti i soldi che la piccola commissione svolta per Jason avrebbero potuto rifarsi centinaia di guardaroba. Uscirono quindi prima degli altri dai grandi cubi dell’aeroporto, mimetizzati in mezzo alle folle dei viaggi lowcost. Tra poco più di un’ora, con l’auto che stavano per prendere a noleggio, sarebbero arrivati a Felixstowe per avere informazioni sull’acquisto del Principato di Sealand. Gli uffici della ShitCar erano chiusi. Erano state sufficienti le poche ore di volo perchè la compagnia di autonoleggio chiudesse i battenti, travolta dalla crisi. “Carne! Kate!” disse una voce alle loro spalle. Era John Caruso che stava cercando di riconsegnare la piccola autovettura presa a noleggio il pomeriggio della vigilia di Natale. “John, cosa fai qui?” chiese Kate mentre Carne aveva la costante sensazione di essere seguito, ovunque andasse. “Sto partendo. Sto tornando a casa. La mia ricerca è finita. Ho scoperto la verità, ho ricattato Lady Gwendalyne e ho riavuto parte dei soldi che erano miei. A questo punto non mi resta che andarmene a lavare un po’ di macchine nel garage di mio padre.” “A lavare macchine?” “Era una questione di principio, non di soldi.” Carne gli spiegò brevemente cosa stava succedendo a New York, la borsa, la crisi, i suicidi, la merda e poi il suo progetto sulle coste del Suffalk. Era sicuramente meglio rimanere in Inghilterra, un’isola - si sa - è isolata, risente meno delle sciagure del resto del mondo, dei continenti. Meglio dunque rimanere insieme in attesa di... (il fondatore prima o poi avrebbe fornito loro degli indizi). A Carne interessava l’auto, tutto il resto molto meno e John, che da parte sua non aveva poi tanta voglia di tornare a lavare auto, accettò la proposta. Partirono quasi subito per Felixstowe ed ebbero più di un’ora per analizzare il progetto: acquistare il Principato, divenirne il Principe con tutti i privilegi del suo rango, trovare Carnet e convincerlo, con sostanziosi argomenti economici, a sostituirlo ogni tanto per fornirgli un alibi durante le sue missioni segrete. Non si potevano però fare i conti senza l’oste. Il principe Paddy Roy Bates, l’ex pirata che aveva occupato l’isola, aveva ormai 85 anni ma il figlio Michael molti meno e sarebbe stato un osso duro. Ora era necessario trovare chi si nascondeva dietro l’ermetico indirizzo che Carne aveva trovato sui giornali:
Bureau for External Affairs SEALAND 1001 Sealand Post Bag, FELIXSTOWE IP11 9SZ, UNITED KINGDOM.
(Myr)
CARNET 110 - crossing over
Il natale cinese era finito, con un brusco calo nella produzione di merda, che era stata praticamente svenduta sui mercati occidentali arricchendo solo pochi mafiosi cinesi già ricchissimi. Inoltre, i governi occidentali innalzarono una barriera protezionistica, imponendo un dazio sulla merda cinese. Numerosi organismi di certificazione dichiararono la non conformità della merda cinese agli standard occidentali. In breve, si rese evidente che anche la crisi della merda era un’azione pilotata da una cordata di finanzieri. Il risultato fu che la merda occidentale aveva adesso un’impennata nelle borse. Dal culo dei bianchi puliti e ricchi usciva una merda top, e una nuova era di ricchezza sembrava prospettarsi all’orizzonte, anche se, come al solito, appena il business della merda si fosse di nuovo imposto tra i mercati in ascesa, lo avrebbero fatto nuovamente precipitare.
Comunque era successo che Flack, dopo aver ricevuto da parte di Carne l’ordine di vendere tutto, non trovando acquirenti, ed essendo completamente coglione, aveva comprato tutte le azioni di tasca sua. Adesso le azioni della Western Merdner raddoppiavano di ora in ora. “Pronto, Biserni...ehm...Carne? Sono Flack, nome in codice Vimercati” “Cosa vuoi?” “Sei ricco, Carne: Molto molto ricco.” “Mi devo essere perso qualcosa” disse Carne. Flack gli spiegò di aver comprato le azioni invendibili ad un prezzo da fame. Adesso valevano milioni di dollari, che comunque, anche se valgono meno, fanno sempre più effetto di “milioni di euro”. “Allora SEI ricco” disse Carne. “Eh, no, mi dispiace. Il Maggiore Myrddin non ci avrà insegnato un cazzo, ma roba di questo genere per lui sono bazzecole. Ridammi i 1200 euro, che è il prezzo a cui ho comprato le azioni e tieniti i restanti mmm... ecento milioni che restano. Li ho già versati sul tuo conto criptato in Bangla Desh. Nome in codice: Pregliasco. Ciao, Buona fortuna”.
Nella villotta dello Yorkshire il camino scoppiettava lento.
“Che inizio anno noioso...” disse Colui giocando a backgammon sul tappeto. Grande Merda era sprofondato nella poltrona, immerso nella lettura di”Essere e tempo” di Martin Heidegger. Indossava una vestaglia di broccato leggero e pantofole di marocchino, all’insegna di uno stile «naturale, leggero e disimpegnato» La scelta di tessuti raffinati, l’abbinamento di materiali diversi e il crossdressing libero e disinibito ma senza mai indulgere alla trascuratezza, rivelavano la massima libertà di accostamenti di Grande Merda, per dare spazio all’espressione di una individualità senza limiti. “C’è sempre Carne, con le sue peripezie...” rispose. “Già... Carne. Con tanti soldi, l’isola Sealand in vista, la ragazza, e un sacco di libero arbitrio... adesso vedremo davvero come se la cava...” disse Colui un po’ distratto. “ Ma c’è sempre quel pirata...Il principe Paddy Roy Bates, con quella testa di cazzo del figlio... e poi - aggiunse grande Merda con un sorrisetto sarcastico - ci sono le indicazioni”. “Già ... che inizio anno noioso”.
(flack)
Sealand, see a land see and ...
(Abstract from National Geographics)
NOTIZIE GENERALI Sealand è situata all’interno dell’Area marina Protetta di Shitisland istituita nel 1997 per preservare il tratto di litorale antistante la costa del Suffolk, dalla quale dista 5 miglia. Con la ragguardevole altezza di 565m sul livello del mare Sealand si erge maestosa di fronte al paese di St.Shitson per un’estensione di 85 Km quadrati ed è visibile dalla sommita dell’Assy Mountain così come dalla vicina isola di Sealind. Il suo aspetto ed il suo colore marrone richiamano le feci umane, con il caratteristico colore bruno chiaro dei massicci calcarei, simili a diarrea depositata su merda indurita; si può osservare che la vicina isola di Sealind e ed il tratto di costa che si affaccia di fronte all’isola, tranne Cape Fart, non presentano le stesse caratteristiche. Raggiungere l’Isola di Sealand con mezzi pubblici è impossibile.
STORIA L’origine dell’isola è oscura, dal momento che la composizione dei minerali che la compongono non è direttamente attribuibile a nessuna delle presenze mineralogiche che caratterizzano la zona. Secondo il geografo Thelonious Martinez, Sealink sarebbe nata da un enorme agglomerato di deiezioni fluttuante nel mare e poi solidificatosi a causa delle macchie solari. Abitata nell’antichità da oscuri popoli che idolatravano divinità simili a quelle egizie di Seth e Ra, Sealink fu abbandonata in epoca cristiana e
rimase una terra desolata fino alla fine del ‘700, meta di pellegrini o asceti. Nei primi anni del 1800 ad opera del governo centrale si favorì un opera di urbanizzazione delle coste del Suffolk, fino ad allora pressochè disabitate: Fu in quel periodo che Jeremiah Pandemonium Bates proveniente dalla natia Inghilterra, si stabili nell’isola di Sealand impossessandosene. Negli anni a seguire il Principe Arsenio Carmel De Culo (1798-1849) si recò nel Suffolk, li conobbe Santanico Cornelius Pandemonium Bates (figlio di Jeremiah); tra i due nacque un’antipatia che sfociò nell’odio feroce che condusse i due al tragico Duello di Fart Mountain. In qualità di re, Crotalus Pandemonium Bates, figlio di Arsenio, ebbe diritto di proprietà su tutta l’isola di Sealand. Tempo dopo una nave della Marina Reale Inglese si recò a Sealand su istruzioni della Regina Vittoria d’Inghilterra (1819-1901), appose all’isola i sigilli Reali, sconfiggendo le resistenze della famiglia Bates che rivendicava il Ducato di Sealand. La foto della resa dei Bates è oggi affissa nella residenza ufficiale del sovrano del Regno Unito, Buckingham Palace, con l’ironica dicitura “Il più piccolo regno del mondo”. La Regina Vittoria in persona delegò Lord Archibald De Culo al controllo della giurisdizione. De Culo stabilì la sua residenza a Sealand nel 1909, riuscendo a convivere più o meno pacificamente con gli eredi Bates che restavano comunque i più grandi proprietari terrieri dell’isola e rivendicavano continuamente il rettorato della contrada attraverso diverse proposte e formule, che andavano dalla richiesta di un titolo alla proposta obtorto collo di assumere il ruolo affidato a Lord De Culo. In epoca vittoriana, e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Isola di Sealand ha avuto un’amministrazione autonoma con il Rettorato del Messo della Regina. Dal dopoguerra, Sealand si è progressivamente spopolata , rivivendo un breve periodo di popolarità alla fine degli anni ‘60, allorquando divenne meta di freackettoni e figli dei fiori, che giungevano a Sealand per vivere in comuni depravate dove venivano usate droghe e venivano praticati il nudismo e il sesso libero. Recentemente è stata dichiarata terra vendibile all’incanto, in virtù del Regio Decreto sulle Cessioni Demaiali : Inspiegabilmente, forse per incuria o nodi burocratici, Sealand continua a mantenere le sue caratteristiche di paradiso fiscale, oasi ecologica, patrimonio dell’umanità, oltre ad avere notevoli risorse autonome (ribes, melassa, corno, mastice).
CURIOSITA’ Secondo gli esoteristi Sealand nasconderebbe la porta al mitico continente sotterraneo di Shitwana e sarebbe collegata con l’oscura saga di ShitGate, una realtà che i recenti riscontri sembrano attribuire più alla storia che al mito. Nel Tractatus de Humana Defecatio in Insulam Pulcherrimam, Constantinus Basiliscus Baschiano (1332-1367) asserisce qui si toverebbero “tutte le spiegazioni della saga” e che “Sealandia” si troverebbe all’intersezione tra la sezione aurea del triangolo delle Bermuda e la tangente alla cosinusoide corrispondente all’emissione vibratoria di Atlantide. L’energia del luogo è sorprendente. L’antropologo Jeronimus Melquiades Kerofonte (1902-1996) afferma di essere riuscito a cagare oltre 10 kg di merda al giorno dopo aver rinvenuto sull’isola alcuni manufatti assai raffinati, di difficile attribuzione culturale, realizzati probabilmente intorno al III secolo a.C., utilizzati per oscuri riti propiziatori che prevedevano l’intrusione anale di idoli in pietra o in merda indurita. Nel 1500 Sealand fu patria di numerosi alchimisti convinti di poter derivare la pietra filosofale dalla merda.
FAUNA Naturalisti, biologi e zoologi da ogni parte del mondo si sono dedicati allo studio e alla sistematica della fauna di Sealand. L’isola ospita piccoli mammiferi, molte specie di uccelli, anche migratori, alcuni anfibi e una discreta quantità di esemplari di invertebrati, tra molluschi, artropodi e insetti. Naturalmente la fauna marina ha una grossa rilevanza perchè, nelle acque
intorno all’isola di Sealand, c’è una fauna ricca e diversificata e si possono osservare mammiferi, pesci, rettili, invertebrati. Nell’isola sono numerose le colonie di uccelli marini (merdano reale, merdano bizzoso, cormorano, merda minore, merda maggiore, merdone dal ciuffo). Persino la Merdesca reale ha trovato riparo negli anfratti dell’isola di Sealand, vi è stanziata una coppia che si riproduce abitualmente.Vi sono anche fagiani, pernici, coturnici e starne dal ciuffo. Fino al 1953 nell’isola di Sealand erano presenti anche il galluccio marino e il maiale di scogliera. Vi è poi sulla terraferma una colonia di capre inselvatichite discendenti di quelle abbandonate dagli abitanti dell’isola che negli anni 60 si trasferirono sulla terraferma. La Lucertola Merdata appartiene alla breve lista di rettili che popolano l’isola di Sealand. Essa ha la caratteristica singolare di avere le squame di colore marrone e vive esclusivamente sui Faraglioni e sullo scoglio di Shit Marble. È un caso di mimetismo ed evidentemente questa colorazione le conferisce una scarsa appetibilità o la rende meno visibile ai predatori. Studi zoologici hanno dimostrato che la Lucertola Azzurra è identica, tranne che per il colore, alla lucertola verde. Il falco merdino è un rapace con sua forma compatta, pettinata, levigata e con coda corta. Attualmente a Sealand ci sono poche coppie di questi rapaci. Tra gli invertebrati marini è doveroso ricordare i Merdani, la cui pesca impegna con passione le notti estive dei pochi Sealandesi rimasti e le cui carni sono alla base dei piatti tipici dell’Isola. I Merdani sono cefalopodi appartenenti alla famiglia Omnastrephidae, simili ai calamari si differenziano da questi per la diversa forma delle pinne. Oltre al Merdano comune esistono Merdani volatori, Illex coindetii, che utilizzano questa caratteristica per scappare dai predatori saltando nel culo degli aggressori.
FLORA Esistono numerese specie endemiche tra cui val la pena ricordare la Merdilla (Merdylla Putrescens) dalle caratteristiche inflorescenze brune e giallastre, il Merduccio Aromatico (Strunticulus aulentis), dal forte profumo di escremento, ma soprattutto occorre segnalare una specie rarissima, di difficile se non impossibile esportabilità: il celebre Shit Tree o Albero della Merda (arbor sterci) le cui piante crescono molto velocemente, belle, rigogliose ma con un piccolo difetto: dai rami spezzati escea un liquame scuro e puzzolente. Timothy Lovejoy Higgins, il naturalista della Regina Vittoria, dopo avere analizzato più volte il succo della pianta e avere chiesto scusa alla sua sovrana non trovò per l’insolito vegetale un nome migliore. Si disse anche che T.L. Higgins riuscì a fare fermentare con ottimi risultati i campioni raccolti e a vendere poi il prodotto, caratterizzato da un forte sapore di acido fenico, alle distillerie di Islay.
Malintesi
C’era stato un malinteso, la Sealand in vendita era poco più di una chiatta arrugginita. La Sealand che Carne voleva comprare era un’isola che con una ragguardevole altezza di 565m sul livello del mare si erge maestosa di fronte al paese di St.James per un’estensione di 85 Km quadrati, visibile dalla sommita dell’Assy Mountain... descritta nei dettagli su National Geographics, dichiarata terra vendibile all’incanto, in virtù del Regio Decreto sulle Cessioni Demaiali. Vendibile significava che avendo i soldi diventava acquistabile. E i soldi c’erano, grazie a Flack, d’ora in poi Flack il Donatore (richiesta #12 del fondatore). Anche Paddy Roy e Michael Bates non c’entravano più anche se c’erano molte analogie tra la loro e la nostra storia.
Nella villa dello Yorkshire Grande Merda, che indossava una vestaglia di broccato leggero e pantofole di marocchino all’insegna di uno stile «naturale, leggero e disimpegnato» stava riflettendo sul fatto che prima o poi avrebbe dovuto dichiararsi a Colui, doveva solo scegliere il momento giusto. La sua continua, attenta,
generosa ospitalità poteva essere un segno di disponibilità ma il timore di un rifiuto non gli permetteva di affrontare in modo diretto la questione anche se si erano sparse voci che persino il Principe Carlo si fosse coricato con un valletto. Però, pensava, essere gay era una cosa mentre cercare di coinvolgere Colui in una storia sentimentale era un’altra, sia che la cosa fosse andata a buon fine che in caso contrario. Doveva pensarci ancora un po’.
Lady Gwendalyne era ricca. Ricchissima. Amava ancora i suoi tre mariti. Li amava ancora e ne aveva ben ragione: nessuno dei tre aveva mai fatto accenno al suo elefantiaco culo, anzi tutti e tre ne erano particolarmente attratti, costantemente eccitati. Con loro tre il sesso non aveva pause, alba, mattino, pomeriggio, sera, notte, tutti i giorni. Con abbondanti dosi di viagra superavano i momenti difficili ma storie così non potevano continuare a lungo. E infatti, una dopo l’altra, finirono. Con immenso dolore Lady Gwendalyne era diventata sempre più ricca. Ma un giorno un certo John Caruso, dopo avere chiesto un appuntamento, le disse che sapeva tutto e che se ne sarebbe andato solo con un bel gruzzolo. Glielo diede. Non poteva permettere che nella swinging london si conoscesse la frequenza delle sue masturbazioni come peraltro era successo a Leeds da dove, per le voci che giravano, se ne era dovuta andare. Immaginava già che il suo soprannome non sarebbe più stato Culona. John se ne andò, certo che avesse ucciso i suoi tre mariti.
(Myr)
CARNET 111
“...Senti, Colui...” Colui era sdraiato sul tappeto, con un negligée di crepes de chine che gli lasciava scoperta buona parte del torace. Succhiava un pezzo del backgammon e dondolava una gamba accavallata. “Che c’è, Mouse?” “Mmm... non mi piace quando mi chiami mouse...” “Scusa, Grande” il saliscendi della porta a vetri suonò. Si sentirono nel corridoio i passi felpati di Constantin che andava ad aprire. Poco dopo il maggiordomo bussò alla porta dov’erano Colui e Grande Merda.
“Che c’è, Costas?” chiese Colui con voce stridula “Signore, Lady Cophetua Hinshelwood chiede di vedervi con urgenza...”
(flack)
CARNET 112
Colui non si preoccupò minimamente del suo abbigliamento, una vecchia lesbica non ci avrebbe fatto caso, anzi. La conosceva bene. Lady Hinshelwood, che amava contornarsi di giovani rampolli (un alibi da quando aveva iniziato la sua relazione con la ormai defunta Madame Shalikan), era solita invitare ai suoi ambìti ricevimenti le giovani più in vista del momento (sperando di convertirle ai suoi costumi), e in particolare Gwendaline che, in virtù delle proporzioni del suo olimpico culo, aveva avuto facile al salotto della signora che non disdegnava tale abbondanza. Non si era ancora ripresa dalla morte violenta della culomante, la Salsa che fa Bruciare il Culo (senza l’ingrediente misterioso, quello che la rendeva inimitabile, e che garantiva quel caratteristico bruciore al culo che era diventato uno status symbol) stava per finire negli hard discount, Carnet (che spesso serviva da zerbino ai desideri della attempata lady) era latitante, i suoi piccoli investimenti si erano liquefatti, tutto le stava andando male ma la sua dignità era fuori discussione. Non era certo lì per mendicare un aiuto, probabilmente si sarebbe discusso di uno scambio di favori. Si trattava di sapere quali e del perchè di tanta urgenza.
Lady Cophetua la sapeva lunga, ebbe subito il sospetto di essere arrivata nel momento meno opportuno, ma non si pose alcun problema perchè
non era la prima volta che si trovava in una situazione simile. “Sono felice di vederti” mentì Grande. “Erano anni che non venivi in questa casa.” aggiunse Colui. “Non c’è tempo da perdere!” disse Lady Hinshelwood tralasciando i convenevoli.
(Myr)
CARNET 113
Per la verità Grande Merda era un po’ sorpreso. Non era consuetudine che un personaggio appartenente al racconto interagisse con coloro che tenevano le redini del gioco. Sempre ammesso che lui e Colui avessero davvero quel ruolo. Una volta era toccato anche a lui muoversi dallo Yorkshire e andare in Italia a prendere accordi con il Commendator Breviglieri. E un’altra volta aveva dovuto andare fino in Messico, fingersi uno zoppo con la barba sfatta da tre giorni, andare al Merdoso Beach e con tutti gli sgabelli liberi, sedersì proprio lì, accanto a Carne. Ma si trattava di suo figlio... Adesso invece, quella vecchia baldraccona imbellettata pretendeva di venire a interferire direttamente nella storia, probabilmente per tutelare qualche suo interesse. Il fuoco scoppiettava. “Buon giorno, Lord Di Culo” disse l’anziana signora, mostrando che sapeva chiaramente chi aveva davanti, anche se il padre di Carne si era sempre nascosto dietro diversi pseudonimi. “Milady,” disse laconicamente Grande. “Ti fa piacere una tazza di the, Coffy?” disse svogliatamente Colui “Preferirei un goccetto di whisky di malto” rispose lady Cophetua, un po’ ansiosa. “Costas, ti prego, caro, porta un Glen Shitlarson a Lady Cophetua... liscio, vero?” “... e doppio” aggiunse la nobildonna. “A ma il solito the verde, e a Grande uno yogurth al mango” Grande incassò silenzioso. Odiava lo yogurth al mango. Passi felpati di Constantin sul bukara, scoppiettio della brace. La neve cadeva silenziosa. La vecchia pendola scandì le cinque del pomeriggio. “Veniamo al dunque, signori... - cominciò accorata Lady Cophetua - come senz’altro saprete, a Londra io godo di una certa influenza. E come certo immaginerete le informazioni mi arrivano da più fonti. Inoltre ho a cuore il destino di Mister Carne, perchè è il fratello del mio povero Carnet, ed è l’unico che può garantirgli di continuare a vivere in modo agiato. Ho saputo che Carne adesso è molto ricco, mentre Carnet... beh, diciamo che spende troppo, povero cuore”. “Milady, sapete che noi non potremmo...” obbiettò Grande Merda, ostacolando come sempre qualcuno che aveva intenzione di aiutare suo figlio. “Basta con queste stronzate, Milord. Che cos’è, un gioco di ruolo? Parliamoci per una volta come persone autentiche, senza pensare a chi siamo e ai ruoli che ci hanno assegnati” “Ebbene?” chiese Colui “Ebbene - aggiunse Lady Cophetua - ho saputo anche che ci sono delle tappe obbligatorie... dei capitoli prescritti. Non è forse vero?” “Come l’hai saputo?” chiese Colui “Ha, sono una vecchia signora, ma ho amici nei Servizi Segreti... Numero 12: eroe messo alla prova dal donatore amico... Numero 13: reazione dell’eroe...” “Vi prego, Milady...” disse Grande Merda stridulo.
Nello Yorkshire cominciava a imbrunire. La neve si faceva azzurra per le ombre della sera. Colui si alzò, prese un ciocco di castagno e lo pose nel camino.
“Vorrei essere io la donatrice amica. Vorrei mettere alla prova Carne.” disse la vecchia con sguardo lubrico. “Ma il donatore c’è già. Si chiama Flack.” “Allora dovremo eliminare questo Flack” disse Lady Cophetua. “Non si potrebbero cambiare i destini prescritti... Ma perchè ci tieni tanto?” chiese Colui, sorseggiando il the verde.
“Deve rivelarmi un segreto” “Quale segreto?” “Madame Shalikhan mi è apparsa durante una seduta spiritica, e mi ha detto che Carne conosce il segreto della Salsa Pea & Lerrins. Se non scopriamo quel segreto, La fortuna di Miss Gwendaline si assottiglierà giorno dopo giorno!” “Ah, un vero problema” disse sarcastico Grande Merda “Si, milord, un problema, perche in CARNET DE CULO Chapter 28, sta scritto: “Ora si trattava di far sapere a Lady Hinshelwood che l’ingrediente era prodotto dall’ Helleborus Foetidus Mutans, Lady Cophetua sarebe andata a prelevare le piante nel parco, Carnet sarebbe stato temporaneamente salvo”. “Non capisco dove sta il problema” disse Colui un po’ stizzito. il fuoco scoppiettava nuovamente. “Il problema è che nessuno ha dato seguito a quella frase. Carne è partito, quindi a rigor di logica io non so nulla” “Mio Dio - pensò Grande Merda - questa vecchia nevrotica è qui per una svista nel racconto... Con tutti i problemi che abbiamo. E’pazzesco!” “Non è pazzesco, Milord - disse Lady Cophetua leggendogli nel pensiero - è solo che a me piacciono le cose ben fatte. Tutto qua”.
(flack)
CARNET114
Carnet guardava triste gli alberi spogli. Dal salotto si vedevano molti alberi tristi. Per consolarsi un po’ Carnet dovette guardare fuori attraverso un vaso di Lalique vagamente rosato. La servitù era tutta via, tranne una giovane apprendista cuoca, Christine. Una rozza ragazzotta della Cornovaglia, tornita come un fuso e dalla pelle di pesca. Il pranzo era servito, erano le otto e mezza di sera, e tutti erano in libera uscita. Il fidanzato di Christine la attendeva giù, in Bedford Square. “Signore... se non ha più bisogno di me...” “Che c’è per cena?” chiese Carnet senza distogliere lo sguardo dalla finestra “Involtini e pollo al curry, signore. Con verdure e formaggi.” “... Christine, giusto?” “Sì, Milord” “Apprendista cuoca, vero, Christine?” “Sì, Signore. Grazie ai buoni uffici di Lady Hinshelwood, Dio l’abbia in gloria... Grazie, e buonasera, signore.” “E... che cos’hai imparato, come apprendista, Christine?” “Apparecchio tavola, sminuzzo le verdure, pulisco i pesci e la cacciagione. Ed ora Miss Cougherty mi ha permesso di preparare anche qualche intingolo sotto la sua riverita sorveglianza”
Carnet rimase in silenzio. La ragazza era in forte imbarazzo.
“Nient’altro?” “Beh... tante piccole cose, Milord. Si va per gradi...” “Vieni con me in cucina, Christine” disse Carne prendendola per mano “Voglio insegnarti una ricetta che farà di te una cuoca”. “Ma Signore, veramente... se potessimo rimandare...” Ma Carnet aveva già acceso le luci della grande cucina, e si apprestava solerte a preparare alcuni ingredienti. Inoltre Christine non era nella posizione di potersi opporre. Ottenere un posto come Lord Kitchener’s Valet a casa De Culo non era certo una cosa che capitava tutti i giorni. Carnet preparò una sfoglia. “Vieni qua, non stare lì imbambolata. Vieni, impasta...” Mentre lavoravano la pasta, le mani di Carnet si intrecciavano con quelle di Christine. Carnet era vicinissimo alla ragazza. “Devi stendere la pasta con il mattarello su un piano di lavoro infarinato. - disse - Poi ritagli 4 quadrati di circa 8 cm di lato, usando un coltello molto affilato. Prepari quindi otto “cornici”, sempre di 8 cm di lato ma vuote all’interno. . Le mani di Carnet accarezzavanole braccia e le spalle di Christine, ormai pronta alla resa.
“Sistemi i 4 quadrati su una teglia coperta con carta da forno e bucherelli la pasta in più punti con una forchetta. Spennelli i lati con un po’ di acqua e ci metti una cornice. Che buon profumo, che hai - disse Carnet affondando il naso nel collo della ragazza. - Procedi nello stesso modo con un altra cornice. Sbatti un tuorlo con un cucchiaino di acqua e spennellie soltanto la cornice superiore dei cestini, badando a non spennellare i lati”. Carnet aveva passato le mani infarinate intorno alla vita di Christine. Accendi il forno a 200° - disse, appoggiandole il pube sul coccige - e riponi la teglia in frigo finché il forno non avrà raggiunto la giusta temperatura. Poi cuoci i cestini finché saranno ben gonfi e dorati. Ci vogliono circa 12.” Carnet estrasse il suo membro turgido e spinse il viso della ragazza verso il basso. “Toglili dal forno e lasciali raffreddare su una griglia” disse all’improvviso. “Monda gli asparagi e togli le punte che tagliamo in due per il lungo. Taglia tutta la parte tenera degli asparagi a pezzi di circa 2 cm e lessali in acqua salata. Passarono alcuni minuti. Mentre cuocevano gli asparagi, Carnet tolse accuratamente tutti i vestiti alla ragazza. Le sue mai la toccavano dappertutto, sapientemente. “Sono cotti - disse - Prelevali con un mestolo forato e tuffa le punte nell’acqua bollente per 5 minuti, quindi scolale e tienile da parte. Lascia scolare bene gli asparagi e frullali, non le punte, in modo da ottenere un puré. Trasferisci il puré in un pentolino e unitsci il tuorlo intero e quello che hei usato per spennellare la pasta sfoglia. Unisci il formaggio, sale, pepe e mescola bene”. Il membro di carne era tutto dentro la ragazza. Pochi movimenti, poi si staccò. “Pulisci bene le capesante. Se sono grosse, taglia la noce, la parte bianca, in due fette orizzontali. Scalda il burro in un padellino e fai cuocere le capesante, circa 2 minuti per lato a fuoco vivo. Sala, impepa, sfuma con il vino e spegni la fiamma quando questo si sarà ridotto di metà. “ Il membro era di nuovo dentro, e stavolta si muoveva furiosamente mentre la ragazza era ai fornelli. “Scola le capesante e unisci il loro liquido di cottura al puré di asparagi. Riscalda brevemente i cestini in forno. Metti il pentolino su fuoco basso e fai ispessire la crema di asparagi, mescolando sempre. Distribuisci la crema nei cestini e deponici sopra le capesante e le punte di asparagi.”
Appena dopo un molteplice orgasmo sincrono carpiato, stapparono una bottiglia di Chateau Lafitte di un anno particolarmente fortunato, e si apprestarono a mangiare i Cestini di capesante e asparagi.
(flack)
CARNET 115 Forgotten details
“Cazzo - disse improvvisamente John - ci siamo dimenticati di far sapere a Lady Hinshelwood dove avrebbe potuto trovare l’ingrediente per la Salsa!” Sfogliando, si fa per dire, i suoi appunti sul suo inseparabile portatile mostrò a Carne la trascrizione degli avvenimenti, parola per parola: Ora si trattava di far sapere a Lady Hinshelwood che l’ingrediente era prodotto dall’ Helleborus Foetidus Mutans, Lady Cophetua sarebe andata a prelevare le piante nel parco, Carnet sarebbe stato temporaneamente salvo. Non sapeva cosa voleva dire temporaneamente in Inghilterra ma ne conosceva il significato nel suo paese: per un po’. Ma in entrambi i casi si trattava di un tempo soggettivo, non determinabile a priori. In ogni caso era preoccupato per Carnet e quindi per Carne. “Non me ne frega un cazzo. Mi sono rotto i coglioni. Di mio fratello e di quella brutta troia di Cophetua e di tutti gli intrallazzi che li legano. Vogliono dei soldi, La vecchia vede solo il denaro, Carnet vede solo le cose che può permettersi con il denaro. Vogliono denaro? glielo darò, ormai sono ricco anzi, che dico?, ricchissimo.” “E i lettori che vogliono sapere come va a finire
la storia dell’Helleborus?” “Si fottano anche loro!” e se ne andò con l’incedere tipico dei nuovi ricchi.
(Myr)
CARNET 116 The song remains the same
A questo punto i lettori, sempre ammesso che ve ne siano, si chiederanno cha cosa stia succedendo a Carne. Quali oscure vicende stia attraversando e che cosa si profili al suo orizzonte. Lo abbiamo lasciato in viaggio, con forti disponibilità economiche e deciso a comprare un’isola, di cui ci siamo peritati di fornire tutte le indicazioni. Qualcuno ipotizza tuttavia che Sealand sia un po’ peggiore di come la descrive il National Geographics. Dicevamo, dunque, che i lettori, sempre ammesso che ve ne siano, saranno ansiosi di sapere come si evolve la vicenda del nostro eroe, ed avranno indubbiamente percepito questa ultima lenta digressione su altri personaggi come una inutile perdita di tempo. In particolare, avranno trovato assolutamente insensata la visita di Lady Cophetua ai due signori nello Yorkshire, e forse divertente - ma non certo pertinente - l’intrattenimento che si è riservato Carnet con una delle fantesche. Ma l’arte imita la vita, e anche nella vita, di quando in quando, accadono cose che sembrano non avere pertinenza con ciò che stiamo facendo. In genere le chiamiamo “rotture di coglioni”, e come ogni sfaccettatura della nostra vita, anche questo romanzo non ne è scevro. Tuttavia, occorre dire che tutto, ma proprio tutto, nella vicenda che stiamo attraversando, ha una sua precisa ragion d’essere. Infatti, non sarà sfuggito ai lettori più accorti, sempre ammesso che ve ne siano, che la richiesta di Lady Cophetua impone comunque nuovamente la crisi dialettica sul libero arbitrio che attraversa tutto il racconto. Analogamente, l’affermazione maschile di Carnet, commista ad una certa lascivia e ad un inequivocabile edonismo epicureo, riporta al dubbio sulla doppia identità di Carne, e taluni paventano che l’ultima vicenda nelle cucine di casa De Culo abbia come protagonista Carne stesso, accreditando la tesi della schizofrenia. La debosciata convivenza dei due presunti registi della vicenda, che sta per sfociare in un rapporto apertamente omosessuale, simboleggia l’imminente fusione delle due figure paterne che i due anziani rappresentano: il padre un po’ assente, ma comunque logico e giusto, anche se fondamentalmente disinteressato, e il padre competitivo edipicamente invidioso del pene (e del culo) del figlio e per questo costantemente disposto ad imporgli difficoltà e punizioni, non già per forgiarlo, ma proprio per indurlo alla completa sfiducia in se stesso. Con questo fardello di contingenze, al quale non possiamo tralasciare di aggiungere la presenza di una madre troia, Carne viaggia verso il suo destino, o quello che lui ritiene il suo destino. Ma torniamo alla vicenda. A ciò che accadde al nostro eroe. Usci insieme a Kate prima degli altri dai grandi cubi dell’aeroporto di Stansted, mimetizzati in mezzo alle folle dei viaggi lowcost. Dopo poco più di un’ora arrivarono a Felixstowe per compiere un’azione d’impulso: l’acquisto del Principato di Sealand. Partirono immediatamente, viaggiando a folle velocità per una scura landa desolata, con alte scogliere a picco sul mare. Un cielo plumbeo, un temporale imminente. La Jaguar di Carne, un luminoso puntino bianco in un panorama color merda. La radio trasmetteva “the song remains the same” dei Led Zeppelin.
Squillò il telefono. “Pronto, Biserni?” “Sei tu Flack?” “Massì, fanculo i nomi in codice, fanculo tutto” “Che c’è?” “Carne, volevo dire... non avrai creduto a quella storia delle azioni, spero...” “Cosa stai cercando di dirmi?” “Che ti ho fatto uno scherzo...” “Cazzo” disse Carne “Che c’è?” “Ieri ho comprato un’isola”
“Beh, allora... niente di nuovo...” “in che senso?” “Sei nella merda.”
(flack)
CARNET 117 Assholes
Carne era nella merda. Flack (d’ora in poi detto Asshole One) anche, se Carne fosse riuscito a prenderlo. Ma per il momento c’erano altre priorità, il contratto andava rispettato altrimenti Carne avrebbe perso il deposito cauzionale che aveva versato e quel denaro (372.000 dollari, i 400.00 di Jason meno le spese di New York) era tutto quello che aveva. Non era la prima volta che Carne si trovava nella merda, gli era successo spesso sia letteralmente che metaforicamente. Tornò da John. “Tu cosa suggerisci?” “A che proposito?” “Dell’Helleborus, della vecchia Lady Hinshelwood, di Carnet” “Ormai sei ricco, da’ loro quello che vogliono, del denaro, e togliteli dalle balle” *** “No John, come disse Flack io stavo scherzando. Non è questione di soldi, è una questione di principio.” “Ti capisco, è successo anche a me con Lady Gwendalyne. Ho preso dei soldi per una questione di principio.” “Già. A proposito di quella storia, quanto ti ha dato?” “Quello che mi ha offerto e che io ho preso, dieci milioni di sterline, 19.491.949 dollari, ho ancora il suo assegno al portatore, non sapevo cosa farmene.” Come al solito Carne aveva culo. “19,491,949 più 372.000 uguale a 19.863.949. Mancavano solo 136.051 dollari. Il vecchio Winnie ha dei risparmi, li chiederò a lui, non farà domande.” pensò Carne, ormai convinto di avere risolto i suoi problemi, senza sapere che Lady Gwendalyne (in questo caso Asshole Two), profonda conoscitrice di uomini, aveva capito che per John era solo una questione di principio. L’assegno era tratto su un conto privo di copertura. Carne era nella merda.
*** nde: vedi CARNET 115
(Myr)
CARNET118
Lady Cophetua aveva ottenuto quello che voleva. Non era stato facile, ma lei sapeva come ottenere ciò che voleva. Aveva dovuto prostituirsi con Colui il cui Nome non può Essere Pronunciato, e con il Dootr Mouse, alias Grande Merda, alias Lord Carneade Di Culo. D’altra parte, non era la prima volta nella sua vita. Aveva dovuto prostituirsi la prima volta nel 1939, con il Principe di Edimburgo, per ottenere alcuni favori a Corte. Lo aveva fatto anche con Sir Winston Churchill, alla fine della guerra, per ottenere alcuni favori in parlamento. Un odioso grassottello che scopava con il sigaro in bocca e che faceva il segno di vittoria con le dita ad ogni orgasmo che Lady Cophetua simulava per compiacerlo. Soddisfare quei due vecchi non era altro che un’altra, penosa giornata dedicata a raggiungere i suoi scopi. A convincerli, oltre alle prestazioni orali ed anali della nobildonna, erano state anche le sue surretizie argomentazioni: voleva che la storia avesse un filo più logico. Certamente non sarebbero stati così accondiscendenti se avessero saputo il vero scopo per cui Lady Cophetua volevva essere la fornitrice del mezzo magico, la donatrice amica, colei che mette alla prova Carne. Ma ora aveva in mano le redini del gioco. Era stata lei a suggerire a Gwendaline l’idea dell’assegno a vuoto. Era stata lei a comprare le azioni di Carne, che adesso valevano milioni. Sollevò il ricevitore e compose il numero. “Mister Di Culo? Sono Cophetua Hinshelwood. Ho qui un assegno di venti milioni di dollari per voi” “Immagino che si tratti di un lavoro grosso, vero Milady?” “Niente che non sia alla vostra altezza”.
(flack)
Winnie ringraziò in cuor suo Lady Gwendalyne. Carne gli aveva chiesto un prestito e lui avrebbe acconsentito volentieri malgrado qualche piccola preoccupazione per come si stavano mettendo le cose. L’assegno scoperto aveva costretto Carne a dirgli, a mo’ di Flack: “Scherzavo, Winnie. Grazie lo stesso, volevo solo vedere come avresti reagito.” Winnie aveva visto crescere il piccolo Di Culo, era lui ad accompagnarlo a scuola, era lui che andava a riprenderlo, lo guardava ammirato quando prendeva lezioni di scherma, era il primo ad applaudire ad una stoccata vincente durante i suoi primi tornei, era il suo discreto autista mentre, nel sedile posteriore della Jaguar, avvenivano i primi approcci sessuali, gli aveva personalmente stirato la prima divisa dell’accademia. Con sofferenza lo aveva visto allontanarsi, sparire per lunghi periodi, ritornare per curarsi le ferite per poi allontanarsi di nuovo. Le parole non servivano, Winnie intuiva sempre i gradi del malessere del padroncino e cercava sempre di essere al posto giusto quando ci sarebbe stato bisogno di lui. Ora si trovava in un ambiente poco familiare, lontano dalle comodità della bella casa vittoriana di Bedford Square. Il cielo era plumbeo e sopra di lui una coppia di falchi merdini stava danzando nel vento, sotto di lui il suolo marrone simile alle feci umane, con il caratteristico colore bruno chiaro dei massicci calcarei, simili a diarrea depositata su merda indurita. “Terribilis est locum iste. Cosa ci faccio qui?” si chiese. “Lo so, questo luogo oscuro mi attendeva” si rispose. Si ricordava bene di quando al seguito di Euston Meruris, maestro d’occultismo e al contempo agente dei servizi segreti inglesi, alla fine della seconda guerra mondiale aveva aderito alla Brown Gate – una derivazione della Società Esoterica Gallese – e poi fondato una sezione inglese dell’Ordo Merdiensis. La Brown Gate è a sua volta collegata con associazioni tedesche connesse alla dottrina segreta della russa madame Варианты замены– fondatrice a New York, nel 1946, della Società Iperfecale – e all’antroposofia del curato Higgins. Da allora era rimasto in sonno per poco più di sessantanni. Ora Winnie si era svegliato per portare a termine il suo compito.
(Myr)
CARNET 120 - Shitgate
Winnie era nato nel 1625, lo stesso giorno della morte di Giacomo I. 24 anni dopo era sul patibolo nelle vesti di giovane curato anglicano per fornire assistenza morale a Carlo I (impasto delle qualità di una donna, di un prete e di un ragazzo smarrito e delicato, non completamente sviluppato) negli attimi che precedettero la sua esecuzione. Oliver Cromwell, dopo avere sponsorizzato la sua nomina a vescovo di Felixstowe, gli trasmise parte dei segreti della vicina Sealand e lo nominò Guardiano della Porta, un incarico che avrebbe dovuto mantenere fino alla morte. In quegli anni parecchie volte Duncan McCloud lo aiutò a mantenere inviolato il passaggio che nasconderebbe la porta al mitico continente sotterraneo di Shitwana e sarebbe collegata con l’oscura saga di ShitGate, una realtà che i recenti riscontri sembrano attribuire più alla storia che al mito.
Nel corso dei secoli più volte Winnie e Duncan dovettero cambiare identità e ogni volta le loro strade ebbero modo di incontrarsi per discutere sui fondamenti di ciò che viene vissuto come buono, giusto o moralmente corretto, in contrapposizione a ciò che è male o è sbagliato. Condivisero alla fine l’idea che attraverso l’etica si potesse procedere alla ricerca di una gestione adeguata della libertà mentre sul libero arbitrio continarono ad avere idee divergenti. Spesso la noia invase i loro spazi ma entrambi sapevano aspettare.
La Porta. Winnie non sapeva dove portava ma ogni tanto si trovava ad odiarla. Gli altri
vescovi passeggiavano lungo le rive del Tamigi, erano ospiti delle famiglie nobili della capitale, dedicavano il tempo a futili attività ben protetti, ben pasciuti, ben ricompensati della loro inutile partecipazione alla vita sociale. Lui invece, per colpa di questa porta di merda, era confinato su questa isola interdetta ai comuni mortali. Fu in quei giorni che iniziò a chiamarla Porta di Merda. Shitgate ne divenne quindi il nome ufficiale così come Sealand divenne Shitland anche su alcune carte nautiche.
(Myr)
CARNET 121 Toward the challenge
Il mare si stava ingrossando, ma l’imbarcazione solcava le onde della Manica come un pattino nel ghiaccio. Sullo scafo, una bizzarra riproduzione di una divinità egizia: un dio con la testa di sciacallo. Complice la notte, il motoscafo era partito da Boulogne-sur-Mer, evitando il traffico di Calais e viaggiava a folle velocità nel mare scuro per raggiungere Weymouth nel più breve tempo possibile. “Dobbiamo arrivare a Shitland domattina all’alba” disse Santanico Pandemonium. “Sto facendo del mio meglio” risponse Venkman, alla guida del motoscafo. “Non è abbastanza!” gli urlò Pandemonium allontanandosi. Sotto coperta, mollemente adagiata su un divanetto color cremisi, Madame Shalikan sorseggiava un bicchiere di maraschino. Si rivolse a Pandemonium in modo assai confidenziale: “Io detto te che era meglio passare DI SOTTO, oui?” “Non c’è tempo per i ripensamenti” disse Pandemonium guardando fuori, verso il cielo scuro.
(flack) CARNET 122 Shitgate keeper
In quattro secoli nessuno aveva cercato di forzare la porta, nemmeno i fricchettoni della fine degli anni sessanta che avevano ben altro per la testa. Le feroci lotte per il possesso dell’isola non davano spazio alla ricerca, gli effetti dell’oscuro mondo sottostante non vennero nemmeno notati dalle varie generazioni che vissero sull’isola, tutte impegnate per la sopravvivenza. Questa calma intorno alla porta avrebbe rilassato chiunque, ma non Winnie. Oliver Cromwell*** non era un coglione (nel passato millennio era stato l’unico a introdurre una pausa nel sistema monarchico) e per giunta aveva accesso agli archivi della Tavola Rotonda dove erano conservate le Chiavi dei Misteri: se il Severo Cromwell gli aveva dato l’incarico di proteggere la Porta al di là di essa non potevano che esserci grandi pericoli°°° per l’Inghilterra (da buon inglese dei pericoli per il resto del mondo non gliene fregava nulla). Winnie sentiva che prima o poi - presto - sarebbe arrivato il nemico ed era pronto. Da solo non ce l’avrebbe fatta anche se aveva dalla sua il grande vantaggio di sembrare molto vecchio e molto debole; per giunta aveva dedicato gli ultimi decenni alla cura di Carne, lo aveva spinto verso grandi pericoli per temprarne il carattere con la complicità dei due Grandi Vecchi, gli aveva messo di fianco un debole Carnet, per formare nel suo protetto la tolleranza e l’altruismo, una seducente Kate perchè lui potesse, per quanto possibile, resistere alle tentazioni. Ora si stava avvicinando il momento della verifica del suo lavoro. Nel buio della notte, guardando il mare verso sud, gli sembrò di vedere una lama bianca tagliare la nera superficie del mare.
***dalla biografia di O.C. (1599-1658) In 1630 Cromwell suffered what we would today term a mental breakdown. At the same time he underwent a powerful religious conversion to the Puritan cause. He afterwards said that he felt as though he was waiting for God to give him a mission: he had to preserve the
Gate from evil devils... ... Cromwell himself took up the reigns as Lord Protector, head of an executive council. Several efforts were made to have him named king, but this Cromwell resisted firmly. He had to protect the Gate.
°°°O.C. (post mortem - 3 years later) In 1661 Oliver Cromwell’s body was exhumed from its grave and hung at Tyburn. Then his head was cut off and put on public display for nearly 20 years outside Westminster Hall. (Nde: le forze del male stavano prevalendo ma il segreto per il momento era salvo e la Porta aveva un nuovo guardiano, sconosciuto. Le forze del male per l’incazzatura fecero scempio dei resti di OC)
(Myr)
Disclaimer
Abbiamo notato dei tentativi di intrusione da parte di alcuni hackers. Abbiamo sventato il loro progetto di modificare testi e immagini di questo blog mentre non siamo riusciti a bloccare la vendita non autorizzata delle due storie condotta con metodi sleali: per battere la concorrenza dei nostri pdf gratuiti vi consegnano 14 euro per ogni copia acquistata. Vi consigliamo in ogni caso di non acquistarle poichè sono state spruzzate con dosi massicce di estratto di Helleborus Foetidus Mutans, con tutte le sgradevoli conseguenze.
(Myr)
The boat of the Living Dead
Il nosto lettore non deve stupirsi del ritorno, in questa storia, di Pandemonium, Venkmann, Madame Shalikan. In fin dei conti erano, sinora, morti solo una volta: il primo nell’esplosione del treno, il secondo giustiziato da Jason Spengler, la terza massacrata nella sua casa di Camberwell Green. Non dimentichiamo poi la piega che sta prendendo la nostra storia e non mi meraviglierei, anch’io che sto partecipando a scriverla, se prima o poi ci trovassimo di nuovo al Titty Twister, luogo prediletto dei Living Dead. Abbiate pazienza e tutti insieme lo sapremo. Nel frattempo state molto attenti a Winnie (che negli ultimi minuti è cresciuto circa cinque centimetri ed ha strappato la sua patente di guida) e a Carne
(Myr)
(from family album, a photo of miss Gwen walking naked on the beach)
CARNET 123 The gate
Nessuno aveva visto la Porta ma Winnie sapeva di poterla riconoscere nel momento in cui essa si sarebbe presentata a lui. Lo avrebbe fatto, perchè lui era il suo guardiano discreto, fedele da quasi quattro secoli, simile ad una bella signora che permette al suo vecchio domestico, per una volta, di guardare le sue grazie, la sua nudità. E come le donne sono più o meno tutte uguali, anche le porte non sono di molto diverse. Sono i dettagli che contano. Nel corso dei secoli Winnie aveva immaginato, ritoccato, cancellato, immaginato di nuovo i dettagli della porta. Ora sapeva come era fatta, lo sapeva nello stesso modo con cui il vecchio domestico, col passare degli anni, pensando al seno della sua padrona, se lo immagina prima eretto poi piano piano più gonfio, più morbido, poi più pesante... finchè col tempo il seno fantastico diventa perfettamente sovrapponibile a quello che più tardi gli viene mostrato. Winnie vedeva davanti a sè, come un ologramma, la porta, sovrastata da una decorazione in pietra con una iscrizione in lingua latina: IANUAM
TRANANDO RECLUDENS IASON OBTINET LOCUPLES VELLUS MEDEAE (oltrepassando la porta, Jason ottenne il ricco vello di Medea). Altre incisioni comparivano sull’arrchitrave e sui montanti. La più visibile era: HORTI
MAGICI INGRESSUM HESPERIUS CUSTODIT
DRACO ET/ SINE CARNE COLCHIAS DELICIAS NON GUSTASSET IASON (Un drago custodisce l’ingresso del giardino magico delle Esperidi, e senza Carne Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide***). La data che accompagnava queste frasi, 1680, coincideva con i primi anni del suo assiduo servizio. Il fatto che le scritte fossero in latino non lo stupiva più di
tanto - si trattava di indicazioni chiare, anche se espresse in forma di metafora - mentre i costanti riferimenti a Jason erano preoccupanti, di lui non ci si poteva fidare. L’accenno a Carne era invece l’altro lato della medaglia, la buona notizia.
L’aria cominciava a vibrare. Il metano, solitamente una parte su due milioni, stava aumentando velocemente, presto miliardi di molecole sostituirono completamente l’argon e cominciarono a danzare sempre più vicine fino a prendere una forma familiare... la vecchia signora finalmente stava mostrando il seno al vecchio domestico. Le rughe di Winnie cominciarono a distendersi, i muscoli a gonfiarsi, l’adrenalina e il testosterone a rifluire, la lunga attesa faceva ormai parte del passato. Il Guardiano stava diventando il Difensore.
Nota
Per fortuna di tutti, e soprattutto di Winnie, il trio dei Living Dead stava passando DI SOPRA, nessuno aveva pensato di difendere la Porta dall’altra parte, DI SOTTO.
***La Colchide
According to the Greek mythology, Colchis was a fabulously wealthy land situated on the mysterious periphery of the heroic world. Here in the sacred grove of the war god Ares, King Aeetes hung the Golden Fleece until it was seized by Jason and the Argonauts. Colchis was also the land where the mythological Prometheus was punished by being chained to a mountain while an eagle ate at his liver for revealing to humanity the secret of fire. Amazons also were said to be of Scythian origin from Colchis. The main mythical characters from Colchis are Aeetes, Medea, Apsyrtus, Chalciope, Circe, Eidyia, Pasiphaë.
(Myr)
CARNET 124 The gate
Madame Shalikan guardava la sfera di cristallo, infilata per metà nel culo di Pandemonium. In questo modo, la culomante aveva accesso anche alla realtà DI SOPRA, quella con cui avrebbero dovuto confrontarsi. Nella sfera si vedeva chiaramente la porta, sovrastata da una decorazione in pietra con una iscrizione in lingua latina: IANUAM TRANANDO RECLUDENS IASON OBTINET LOCUPLES VELLUS MEDEAE. “strano - disse Madame - miei antichi trattati de culomanzia dicono che iscrizione dovrebbe essere acrostico, le cui iniziali dovrebbero essere anagramma di VITRIOL, il nome con cui gli alchimisti chamavano il distillato di helleborus phoetidus. VITRIOL è anche questo parola un acrostico, ricavato avec le iniziali di: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem. Funziona quasi tutto, ma in porta c’è una M in più”. “Dobbiamo far fuori questa Medea” disse Venkman, che non aveva capito un cazzo. “Non dire stronzate” rispose sibilando Santanico Pandemonium “No, vero problema è che io non so aprire porta da SOPRA. Io detto voi che era meglio passare di sotto. Ma io per fortuna ho mandato Punjab”.
Improvvisamente una nebbiolina scura rese opalescente la sfera di cristallo. L’aria cominciava a vibrare. Il metano, solitamente una parte su due milioni, stava aumentando velocemente, mentre l’imbarcazione era ormai in vista dell’isola. Durante la manovra di ormeggio la terra cominciò a risuonare. Una vibrazione profonda come una memoria millennaria; miliardi di molecole sostituirono completamente l’argon e cominciarono a danzare sempre più vicine fino a prendere una forma incomprensibile per Madame Shalikan. Evidentemente c’era una manipolazione. Allora riconobbe Winneghan Archibaldus Shitterbridge, quello che tutti avevano fino a ieri creduto un vecchio autista. Lo vide ergersi davanti a quella sagoma incomprensibile, lì dove avrebbe dovuto esserci la porta... Lei sapeva di avere di fronte il Detentore della Tradizione, il Custode. “Per far fuori Carne, dovremo passare su cadavre di quell’uomo...” “Far fuori quel vecchio? Un gioco da ragazzi” disse Venkman.
(flack)
CARNET 125 La porta
“Mio Dio! E’ il segnale!” disse il Commendator Breviglieri gurdando il vecchio aleph che teneva sulla credenza e che ormai - dopo anni - era diventato un soprammobile. “Non mi sarei mai immaginato che sarebbe successo... eppure mi avevano preannunciato che prima o poi mi avrebbero chiamato”. Il povero vecchio preparava la valigia con un’ansia terribile. Insieme ai calzini e alle mutande di lana buttava dentro alla rinfusa “Iside svelata” di Madame Blavatsky e “il Cocchio trionfale dell’Antimonio” di Basilio Valentino, non trascurando i dodici volumi del Codex Hermeticum del Trismegisto, ma soprattutto il Tractatus Merdabilis di Mastro Salamandro Vituperio Helleborferens . “Quel povero vecchio non può farcela da solo - ripeteva tra sè e sè. -In fin dei conti lui è solo il custode Nord Occidentale, e io sono quello Sud Orientale, anche se ormai ho perso un po’ l’allenamento. E poi... io sono per certo uno dei pochi personaggi sicuramente buoni in questa vicenda. Se voglio che trionfino le forze del bene mi dovrò recare a Parigi a prelevare Marisa, e poi a Londra, e da lì raggiungere l’isola di Sealand o Shitland prima del duello. Ho pochissimo tempo!”. Scese in garage, ci mise quasi venti minuti a far partire la Millecento, poi imboccò il litorale. L’uscita di Viareggio era bloccata per lavori. “Accidenti, non ce la farò mai. Vorrà dire che passerò DI SOTTO”. Fece inversione, parcheggiò davanti alla Pensione Mirafiori, entrò e scese nello scantinato. Circa dodici secondi dopo era anche lui avvolto dal pulviscolo di Shitland. Man mano che la vibrazione aumentava, Breviglieri si ingigantiva e si ergeva. Niente più gotta, o dolori alla prostata, come quando Kate lo aveva masturbato. Adesso gli era tutto chiaro. Salutò Winnie secondo le convenzioni. Chi avesse visto quei due vegliardi troneggiare come i Propilei al lati della Porta, avrebbe giurato di vedere due statue dell’eternità farsi beffe del divenire nella tempesta della storia.
(flack)
CARNET 126
Crepitìo dei tizzoni nel caminetto. Neve. Grande Merda, alla finestra, con una guepière blu cobalto, fumava la sua pipa. “Sbaglio, o la situazione sta precipitando?” “Sta semplicemente andando dove deve andare” disse Colui, dadogli un bacio sul collo e cingendolo amorevolemente da dietro. “... Non so...è come se... avessi uno strano presentimento...” disse Grande “Sciocchina, non puoi rimanere incinta!” “Mmmh, voi uomini non avete sensibilità... non è per noi.... e per Carne!” “Qualche ripensamento?” “No, ho solo paura che se la cavi!”
I due scoppiarono in una grassa risata
(flack)
CARNET 127 Down in the shit
“Un’isola intera, una vera isola... ed è mia!” Carne non si capacitava ancora di essere riuscito, anche se all’ultimo momento e anche se era l’unico acquirente, ad aggiudicarsi l’asta. D’ora in poi avrebbe dovuto rinunciare ai lussi di Londra e alle piacevolezze di Parigi ma in cambio si sarebbe sentito sicuro. Anche l’impegno di eliminare Pandemonium, per il quale Lady Cophetua gli aveva allungato un acconto di venti milioni di dollari, non era nè tra le priorità nè tra gli impegni di quel momento. Ora voleva sapere dove era arrivato e perchè, gli sembrava troppo semplice essere lì perchè sull’aereo da New York aveva letto due righe di un articolo. Gli stava venendo il sospetto che l’isola fosse qualsiasi cosa meno che un’isola. Ora che era lì doveva saperne di più. Senza sapere cosa stava succedendo sull’altra costa e senza avere la
minima idea di chi fosse in realtà il suo fedele maggiordomo e di cosa stesse preparandosi Carne si incamminò sul terreno merdoso seguendo un piccolo ruscello le cui acque scorrevano insinuandosi nel suolo, fino a sparire del tutto precipitando in un pulo (Nde: una depressione carsica, una dolina di crollo, originata cioè dal collasso della volta di una grande cavità sotterranea). Carne osservò le pareti verticali del pulo, costituite da sterco del cretaceo, mentre verso il fondo della dolina le pareti erano ricoperte da spessi strati di materiale fecale apparentemente di epoca più recente (forse residui del soggiorno dei fricchettoni della fine degli anni ‘60) accumulatosi sia per i fenomeni di crollo e di distacco dalle pareti sia per il dilavamento dei terreni circostanti ad opera delle acque meteoriche. “Un’isola di merda! Bell’affare.” Era il suo destino. Con grande fatica si calò nel pulo per una trentina di metri aggrappato a quanto di solido riusciva a trovare finchè, come un dilettante, le sue dita mollarono la presa. Precipitò rimbalzando sulle pareti che via via si facevano più scivolose finchè il diametro del pozzo si allargò improvvisamente. Il suolo era sotto di lui, a circa venti metri di distanza. Pensò che fosse finita, chiuse gli occhi in attesa dell’impatto che ineluttabilmente avvenne. Non il suolo ma una superficie budinosa lo aspettava, lo ricoprì, Carne, anche senza aprire gli occhi, capì subito che era finito in una lago di merda, continuò a sprofondare per inerzia finchè fu il momento, se voleva sopravvivere, di cambiare direzione. La viscosità del mezzo ostacolava la sua risalita ma dopo una ventina di minuti si trovò a galleggiare. Guardò verso l’alto. Una luce proveniva dal soffitto, dal punto da cui era caduto. Una piccola spiaggia bianca distava solo pochi metri. Carne la raggiunse.
Si stese per riposare e per riprendere fiato. La luce che proveniva dall’alto illuminò il suo giaciglio. Non era sabbia, era madreperla. Carne ne riconobbe l’origine: come ai giorni nostri la merda veniva trattata sui mercati mondiali e abbondanza o carenza potevano provocare crisi o scongiurarle (o viceversa) così in tempi non remoti lo stesso succedeva alle conchiglie, in particolare alle cipree***. A scuola gli avevano parlato del naufragio del brigantino Glendowra avvenuto nel 1873, che riversò lungo le coste del Suffolk ingenti quantitativi di cipree, un vero tesoro a quell’epoca, quando venivano utilizzate come moneta... Mentre osservava la perfezione e la rotondità di una ciprea l’aria si agitò, le molecole si riunirono e si rarefecero per poi riunirsi di nuovo, quasi a formare una forma umana, quasi familiare, che salì velocemente verso l’alto. Anche la scia di metano che lasciò nella sua rapida apparizione gli ricordò un puzzo familiare, che più volte aveva dovuto sopportare in una vecchia millecento, le scoregge del Commendator Breviglieri... tutti ricordi di un passato lontano. Ora era però meglio pensare al presente.
***Un oggetto, per assumere il ruolo di moneta, deve poter soddisfare alcuni requisiti basilari: essere facilmente reperibile, avere dimensioni contenute e costanti, essere difficilmente contraffattibile, non alterarsi in seguito a ripetute manipolazioni e avere infine un impatto emozionale “positivo” verso chi lo usa. Le conchiglie in generale e le cipree in particolare posseggono indubbiamente tutti questi requisiti e non desta pertanto alcun stupore il fatto che nel mondo antico, come pure tra le popolazioni native che vivono al di fuori dei comuni cicli commerciali, le piccole, tonde cipree rappresentino in assoluto la materia prima più universalmente diffusa, dopo i metalli, per ottenere monete. Le principali zone di raccolta erano inizialmente l’Africa orientale, le Maldive, le Filippine e la Malesia. Dopo il 1800 gli inglesi ne prelevavano grandi quantità nelle Indie orientali, per poi usarle come moneta di scambio nelle regioni dell’Africa occidentale. In alcune regioni, come il Nord America e la Nuova Guinea, le conchiglie acquistavano valore come moneta solo dopo aver subito dei processi di elaborazione assimilabili in un certo senso al conio.
(Myr)
CARNET 128 The living island
La vibrazione dell’aria e la successiva zaffata di metano lasciarono il posto ad un’altra, più 97
preoccupante, presenza: un enorme necator americanus scivolò per un attimo sulla superficie. Lo riconobbe subito per la sua ampia capsula buccale e le due lamine chitinose a forma di uncino. Aveva già avuto modo di incontrane uno su Shit, l’unico pianeta vivente tra i 22 che aveva dovuto frequentare. Solitamente questi mostri non avevano fretta, si accontentavano di succhiare la linfa delle loro vittime senza produrre effetti a breve termine. Per raggiungere le cavità interne del territorio che avevano scelto cercavano pozzi, gallerie, terreni carsici in cui potersi infilare e poi, con tutto il tempo a disposizione, eliminavano tutto il ferro esistente per indebolire l’ospite. Il Necator (l’assassino) doveva essere lì da tempo, sia per le inusuali dimensioni che per il fatto che Carne nulla aveva fino a quel momento visto se non merda. La bestia si dunque succhiata tutto quello che da succhiare c’era su Shitland ma se era ancora in vita doveva avere da qualche parte delle scorte o si accontentava degli zuccheri disciolti nelle feci. “L’Helleborus Phoetidus!” Sull’isola sarebbe cresciuto rigoglioso come a Camberwell Green, avrebbe risucchiato tutti i liquami del sottosuolo, eliminato il Necator appena visto e tutti gli altri che sicuramente prosperavano nei grandi canali che si diramavano dal lago e, prima o poi, avrebbe permesso a carne di trovare il grande deposito di ferro. Lo avrebbe ceduto alla Cina che ne era affamata in cambio di grandi quantità della Merda di Capodanno che, ricca di proteine, avrebbe alimentato la sua coltivazione di Helleborus. Poi, dolo la grande ristrutturazione del sottosuolo, la vita sarebbe ritornata sull’isola. Poi avrebbe provveduto ad eliminare Pandemonium per rispettare il patto con la vecchia troia.
(Myr) (Myr)
Carnet 130 In the Yorkshit
Dal caminetto un tizzone schizzò sul Kashan Mohtasem, ma si spense subito. Quel tappeto era lì dal XIX secolo e aveva sfidato ben altro che lapilli incandescenti. Grande Merda, seduto al piano, accennò svogliato alcune note della “Suite bergamasque” di Debussy. L’aria era intrisa di cinismo e perplessità. Colui-il-Cui-Nome-non-può-Essere-Nominato, in demi-tight, era rientrato da poco. Sdraiato su un’aggrippina modernista dalla bizzarra forma a cigno, teneva in mano in mano una scatola di Khalisma Lukumia e guardava annoiato il soffitto succhiandosi le dita, tutte imbrattate di zucchero a velo.
La neve cadeva lenta.
“E cominciata la deriva dell’isola” disse Colui. “Mmh.” rispose l’altro, senza distogliere le mani dal pianoforte.
CARNET 129 Shitland/Shipland/Shitship
“Chi cazzo credere di essere? Per il fatto di sapere leggere il culo pensa forse di essere il capo?” pensò Venkmann, indeciso se ficcarle due dita negli occhi o darle semplicemente uno schiaffone. Mentre stava decidendo sul da farsi, si ricordò che forse sarebbe stato meglio legare bene la barca. Percorse i pochi metri che lo separavano dall’ormeggio e rimase a fissare il mare che, nei pressi dell’isola, sembrava ingrossarsi ad ogni istante. Poco più in là sembrava invece calmo. Salì sulla barca e decise di approfondire la cosa. Mollò la cima. Prima che accendesse i motori la barca si allontanò immediatamente dall’isola, a gran velocità. I motori rombarono, Venkmann pigiò sulla manetta dell’acceleratore in direzione dell’isola. Si avvicinò molto lentamente anche se la velocità era sui 30 nodi. Ci vollero alcuni minuti per capire che anche l’isola stava viaggiando, un po’ più lenta di lui, ad almeno 20 nodi, praticamente quanto una nave mercantile. Si preparava all’arrembaggio per potere avvertire gli altri.
“La collisione dovrebbe esserci tra...” Colui estrasse dal panciotto il suo Roskopf Chemin de fer. Un piccolo segno di understatement ci stava proprio bene. “Tra un paio d’ore...” “Se non trovano la porta ci sarà una carneficina” disse sorridendo Grande Merda. “Già... Carne...ficina!”
Un’altra sonora risata.
(note per la traduzione inglese: tradurre “carneficina” con “Howler” e la battuta finale con “Yes, an... Ass...howler!”)
(flack)
Carnet 131 Towards South
Shitland si dirigeva verso sud. Lasciate le acque di Felixstowe superò le due Porte, Mar Gate e Rams Gate, superò Dover e si diresse verso la costa francese sfiorando il tunnel sotto la Manica, senza sapere che i due vecchi speravano nella collisione. Costeggiò la riva di Boulogne e rallentò la sua corsa nelle vicinanze di Dieppe, a causa del basso fondale sabbioso. Shitland sapeva di dovere andare verso sud ma non sapeva che nel suo viaggio avrebbe incontrato la terraferma. Doveva pensare. Ricordava bene le parole del Faraone Nemathap alla figlia: “l’Egitto , come ti dissi, affondò e solo le Piramidi rimasero in piedi. Altri mutamenti avvennero sul pianeta. Le terre che univano l’Egitto al Marocco e all’Algeria scomparvero e i due paesi rimasero come isole, bagnate dal Mediterraneo e dal Mare del Sahara...”, procedendo verso sud avrebbe dovuto trovarle ma ora c’era di mezzo questa terra! Forse doveva mantenere la costa sulla sinistra e continuare come si fa per uscire da un labirinto o come fanno i tonni quando incontrano nuove terre. Nel frattempo i mille pedalatori nel suo ventre avrebbero potuto riposare, la traversata era stata compiuta a tempo di record.
Il metabolismo di Shitland era a dir poco insolito. Il necator americanus che vagava per le sue viscere riusciva ad isolare il ferro necessario a ricoprire i piedi palmati degli schiavi che, come i rematori delle galere, producevano la spinta per mantenere la velocità necessaria. Il ferro si ossidava velocemente e si scioglieva nell’acqua ma il grande verme ne isolava dell’altro che, per un principio di galvanoplastica, andava a depositarsi nuovamente sulle estremità degli schiavi che sopportavano bene fatiche prolungate, discendenti come erano dei costruttori di piramidi. Tutto questo rientrava nel loro DNA.
L’unico ad accorgersi che l’isola viaggiava ad alta velocità fu Venkmann che però non poteva fare nulla. I suoi motori, spinti al massimo, non gli permettevano di raggiungere l’isola nemmeno cavalcando la scia.
(Myr)
CARNET 132
Migliaia di cipree sfrigolavano sotto i piedi di Carne. Sulla piccola spiaggia bianca le onde aumentavano. L’eroe guardò la costa, e la vide scorrere via lentamente. “O è la deriva dei continenti o ci stiamo muovendo” pensò. Rientrò nella caverna, e immediatamente, dietro di lui, la roccia - che non era altro che escremento pietrificato - si richiuse con un sordo fragore. Adesso Carne era nell’oscurità più fitta, illuminata a mala pena dall’insegna del Titty Twister sul fondo di una prospettiva. “Carne!.... Carne!...” la voce di Kate, da qualche parte, nell’oscurità, lo stava chiamando. Avanzò nel buio. Dall’altra parte dell’isola, Santanico Pandemonium si aggirava senza sapere cosa fare. Sapeva che Carne era sull’isola, e sapeva di doverlo far fuori. Lady Cophetua la previdente lo aveva incaricato del delicato compito, con un ingaggio miliardario. Ma non sapeva come entrare. Vide Venkmann sbracciarsi sulla barca, e andare alla deriva. “Sei sempre stato un imbecille, bye Venk.” disse tra i denti.
Madame Shalikan non era un’esoterista da strapazzo. Alla fine venne a capo del quesito che l’angustiava. Osservava incuriosita quella grande iscrizione latina: IANUAM TRANANDO RECLUDENS IASON OBTINET LOCUPLES VELLUS MEDEAE. Acrostico di ITRIOLVM. Dunque VITRIOL con una M in più. Le sapeva che nello Sepher Yetzirè le lettere dell’alfabeto vengono descritte per ciò che realmente sono, e sapeva che Mem era una delle tre lettere madri della Kabbalah. Mem, il simbolo del mare, della madre e dell’acqua. Ecco il suggerimento. Ecco qual’era la Rectifica necessaria alla Visita Interiora Terrae. Ecco come avrebbero trovato l’Occultum Lapidem. Diede una spinta a Pandemonium facendolo cadere in acqua, poi si tuffò. Un vortice sotterraneo li avvolse e li assorbì. Presto si trovarono all’asciutto, nella totale oscurità: L’odore di merda era insopportabile.
Winnie e il Commendator Breviglieri si scambiarono una rapida occhiata. “Sono tutti dentro” disse Breviglieri “Non ci resta che vigilare” rispose Winnie.
(flack)
La vibrazione cessò, la porta si richiuse, e con essa tutti gli accessi all’Isola DI SOTTO.
(flack)
CARNET 133 The big loooop
Carne aveva trovato Kate, e insieme procedevano nell’oscurità. Lei lo seguiva solo per il fatto che lui le aveva detto “Andiamo”. Durante la caduta, Carne si era ferito alle gambe e a una spalla, e zoppicava. Giunsero vicino ad una apertura nella roccia compatta. “Stanno arrivando.” disse Kate. Dalla piccola apertura giungeva, insieme al sibilo del vento, il loro odore, confuso con l’umidità salmastra. “Sì” disse Carne di Culo “doveva accadere”. Tutto era pronto. Tutto si sarebbe svolto in pochi minuti. Il calcio del pesante shitgun da campagna, premuto contro la spalla incrinata, gli procurava un dolore sordo, presente. Si assestò meglio sul grosso intrusore anale aprendo la valvola della merda. “Ne avranno quanto basta” disse lei. “Taci”, e allungò la destra a sfiorare lo sparammerda caricato a stronzi duri “Mettiti in posizione”. Lei si piantò rapidamente nel culo il bocchettone di alimentazione del leggero shitgun da combattimento ravvicinato, un gesto ormai abituale da quando Carne di Culo, rallentato dalle ferite alle gambe non poteva più fare uscite a sorpresa. Ma le copriva le spalle, e questo contava per lei, con l’arma pesante. “Eccoli, vai!” disse Carne di Culo.
CARNET 134
Madame di Culo stava trascorrendo alcuni giorni di vacanza in Cornovaglia, nel punto più ad occidente di tutta l’Inghilterra, a Land’s End. Era ospite del Moor Manor Tree, un accogliente cottage di granito, con una spettacolare vista su tutta la costa, di proprietà di una grassa vedova londinese. Passava delle ore sul terrazzo, coperta da una morbidissima coperta di Lama Pacos color avorio, ad osservare le grandi onde che l’atlantico spingeva verso di lei frangersi contro lo scoglio del Culo di Kettle e poco più in là, a circa un miglio, contro le Longships (tre isolette, Carne Bras, Tal-y-Maen e Meinek). Isa non si stupiva mai di nulla. Anche quando vide una delle tre isolette, la prima a sinistra, allontanarsi dalle altre, non battè ciglio: in fin dei conti manteneva fede al suo nome. Dopo alcuni minuti, approfittando di un bisogno corporale, si alzò dalla chaise longue di mogano. Quando uscì dal bagno telefonò a Colui.
(Myr)
CARNET 135 Towards the bottom
Shitland fu obbligata a virare verso occidente per evitare di insabbiarsi nei pressi di Dieppe. Sfiorò le navi alla fonda del porto di Le Havre ma si mantenne a distanza di sicurezza dalla costa anche quando fu obbligata a risalire la costa orientale della Normandia, poi ridiscese all’interno delle isole di Guernsey e di Jersey ma sbagliò tutto poco dopo: la bassa marea risucchiò Shitland verso Mont Saint Michel. L’acqua spariva infatti risucchiata dal fondo del mare che cominciava ad emergere. I mille pedalatori per evitare di rimanere impantanati nelle sabbie mobili, tentarono l’ultima carta virando verso uno dei canali naturali che stavano scavando il loro letto, ma l’isola era troppo larga. Rimase sospesa per qualche minuto tra le due sponde mentre l’acqua dolce del fiume See scorreva tra i duemila piedi palmati. Poi cominciò ad affondare.
Winnie e Brevi erano decisi a non mollare, il capitano affonda con la sua nave. La Porta doveva rimanere SOPRA, non poteva finire SOTTO. La soluzione c’era, ma i due guardiani non sapevano come passare dalla teoria alla pratica. Si trattava di scaricare parte dei liquami e sostituirli con aria o aumentare la produzione di gas nei canali fecali che Carne aveva scoperto: questo avrebbe ridotto il peso specifico di Shitland. e le avrebbe permesso di galleggiare (anche se carne difficilmente sarebbe sopravvissuto). John Caruso, col suo portatile, avrebbe potuto occuparsene. Ma il tempo stringeva.
Giunsero vicino ad una apertura nella roccia compatta. “Stanno arrivando.” disse Kate. Dalla piccola apertura giungeva, insieme al sibilo del vento, il loro odore, confuso con l’umidità salmastra. “Sì” disse Carne di Culo “doveva accadere”. Tutto era pronto. Tutto si sarebbe svolto in pochi minuti. Il calcio del pesante shitgun da campagna, premuto contro la spalla incrinata, gli procurava un dolore sordo, presente. Si assestò meglio sul grosso intrusore anale aprendo la valvola della merda. “Ne avranno quanto basta” disse lei. “Taci. Aspetta. Decido io.” E fece bene ad aspettare perchè dall’apertura nella roccia compatta uscirono cinque uomini, dall’aspetto mite, con abiti logori e segni della fatica sui volti pallidi. Uno dopo l’altro si presentarono: Cyrus Smith, Gideon Spilett, Nebuchadnezzar detto Nab, Pencroff, e Harbert Brown, tutti americani, giunti su Shitland col panfilo Duncan di Lord Glenarvan e tutti ancora in attesa di aiuto dopo la Grande Tempesta che si era portata via sia il Lord che il ketch. Loro dovevano la salvezza al fatto di avere trovato un passaggio nel suolo carsico. Il passaggio si era però richiuso e loro avevano continuato a vagare tra i misteri del SOTTO, tra presenze e visioni inquietanti.
(Myr)
CARNET 136 The sister
Nella redazione di Shitmaker c’era un fermento nervoso. Il magazine aveva da poco superato i sei milioni di copie, tradotto in sei lingue e distribuito in un sacco di paesi. Bisognava non tradire i lettori, interessarli, sedurli, eccitarli. Blandirli ogni volta ricercando i loro desideri più primordiali con notizie quasi sempre false o drogate. Ma stavolta quello che non mancava era la notizia. Un’isola che di punto in bianco si mette a viaggiare per il mere non è cosa da tutti i giorni. Se poi ci si aggiunge che è un’isola di merda, la notizia acquisisce una unicità e una rilevanza tali da mandare un inviato con urgenza a fare un sopralluogo. Carmen De Culo, la direttrice, sedeva in fondo al tavolo da riunioni e guardava con aria desolata i collaboratori pronti a partire. Chi mandare? Quel ciccione azzimato di Rufus Larton? Quella nevortica di Glenda Palantine? Quel profittatore infido e bugiardo di Sasha Mayer? No, forse
l’unico era il vecchio Barnaby Watson. Ma ce l’avrebbe fatta? Troppo vecchio. Anche se... la sua morte a Shitland, sul campo, sarebbe stata un’uscita di scena alla grande. Una bella foto di Watson morto in copertina, mezzo imbrattato dalla merda di Shitland. Immaginati che vendite... Ma poi, i lettori le avrebbero perdonato la morte di un decano del giornalismo, mandato a crepare in un’isola di merda per fare un servizio? Peccato, niente Watson. Premette il pulsante sul tavolo e chiamò la sua segretaria. “Sharon? Faccia preparare il Cessna immediatamente. Vado io”.
(flack)
CARNET 137
Lo Shitmaker aveva sede, come ogni giornale che si rispetti, in Fleet Street, e il Cessna era al London City Airport. La direttrice ci andava spesso perchè aveva una tresca con uno dei facchini (socialmente inferiore ma molto dotato) e sapeva che ci volevano tra i 24 e i 25 minuti per arrivarci. L’aereo sarebbe stato pronto in un’ora quindi c’era il tempo per farsi un bicchiere nel vicino wine bar El Vino, dove parecchie volte aveva rimorchiato giornalisti della concorrenza ai quali aveva sottratto, con la complicità dell’alcol e del sesso, dei veri e propri scoop. Il locale era vuoto quindi era inutile bere. Salì su un tradizionale black cab. Le piaceva molto il grande spazio che questo Austin vecchio modello concedeva al viaggiatore, era ampio a sufficienza per farci del sesso senza troppe contorsioni o per mostrare, nel retrovisore, le cosce all’autista (cosa che decise di fare anche durante quel trasferimento per non annoiarsi troppo). Non c’era fretta, prima o poi la macchina sarebbe finita, lo sapeva perchè era già successo, in un autolavaggio automatico dove nella decina di minuti necessari per un ciclo completo ci sarebbe stato anche il tempo per una sveltina. In caso contrario sarebbe arrivata all’aeroporto con un anticipo sufficiente per farsi dare due colpi dal facchino, sempre disponibile ad esibire la sua potenza. The Prick, questo era il suo soprannome, avrebbe potuto fare dell’altro: era infatti laureato in egittologia con una tesi sulla contesa tra Horo e Seth e diplomato al conservatorio con una finale straordinaria performance del Rach3. Ma The Prick (singolare crasi tra priapus e cock) aveva un altro vizio, la cleptomania, un disturbo della personalità che, grazie al suo lavoro nel trasferimento dei bagagli, poteva avere ampie possibilità di svilupparsi. L’autista del taxi era gay e il pilota del Cessna aveva svolto le pratiche con solerte celerità. Carmen, maestra di tattiche, non voleva rinunciare ai suoi propositi: convinse Prick a portarle il bagaglio sull’aereo non senza avere dato ordine di partire immediatamente il che si tradusse in un decollo talmente veloce da fare rovinare l’uno sull’altro i due passeggeri. L’aereo prese quota velocemente. “Potete slacciare le cinture” disse una voce educata attraverso l’altoparlante. Lo avevano già fatto e stavano riallacciandosele. Come avrete capito anche la direttrice aveva un disturbo della personalità, diagnosticato in tenera età dal professor professor Jirolam Salajdarian, il più famoso psicoanalista di Londra, che le consigliò subito una serie di sedute. Carmen non se lo fece dire due volte e si sedette immediatamente sul posto sbagliato, fatto che, dopo un paio di orgasmi, suggerì al professore che sarebbe stato meglio interrompere la terapia, cosa che avvenne qualche mese più tardi quando affiorò il rischio di una gravidanza.
Il Cessna volava verso sud verso la sua destinazione, l’aeroporto di Grèves du Mont Saint Michel. Carmen chiese al pilota di sorvolare la zona: là dove avrebbe dovuto esserci il famoso isolotto (Mons Sancti Michaeli in periculo mari) praticamente ce ne erano due, di pari altezza, praticamente gemelli.
(Myr)
CARNET 138 Bshit Ltd
Lady Hinshelwood, come al solito, teneva il piede in più di una scarpa, un artificio che le aveva permesso, anche nei momenti più duri, di sopravvivere mantenendo il suo stile di vita. Cophetua era un genio e amava il rischio, un mix che la rendeva spesso vincente e sempre meno amata. L’idea di mettere ancora una volta Pandemonium e Carne l’uno contro l’altro, sfruttando le loro contingenti necessità di denaro, non era stato un semplice capriccio ma un tassello fondamentale della sua strategia. Il progetto era ormai definito nei dettagli e le prime fasi erano già state completate: la Bshit, società di scommesse, era già stata costituita, la rete di bookmakers organizzata, i comunicati stampa già pronti. Bastava ora una soffiata allo Shitmaker (era sufficiente che uno dei suoi succubi arrivasse a portata di mano della direttrice e il gioco sarebbe stato fatto) e la notizia dello scontro mortale si sarebbe diffusa a macchia d’olio. Le scommesse sarebbero state una conseguenza fisiologica e nelle tasche della vecchia troia sarebbero finiti milioni di sterline. Madame Shalikan, sua vecchia complice in altri misfatti, le avrebbe fornito informazioni di prima mano per modificare le quote a proprio vantaggio.
(Myr)
CARNET 139 The ass in the blossoming
“Che belli i cigni neri!” disse Gwendaline battendo le mani. Carnet la seguiva a pochi passi, con aria svogliata. “Vi prego, Miss Gwendaline, non avvicinatevi troppo allo stagno” Ma niente. Gwendaline portava in giro gioiosamente il suo olimpico culo, saltellando tra le aiuole. “Guardate! Lobelie! e... laggiù, guardate! mughetti e ireos! Non è un incanto?” “Assolutamente incantevole. Ma perchè ci venite così poco nella vostra casa di Twin Oaks?” chiese Carnet, giusto per rispondere. Ma la grassa gentildonna era già sfarfalleggiata via, senza ascoltare. E adesso occhieggiava dietro ad un gazebo, tra un cespuglio di begonie ed un traliccio di glicine, leggiadra, come una libellula con il corpo di una lampadina. “Oh, Lord De Culo... temo di essermi procurata una storta...” Lui avrebbe avuto voglia di dirle: per forza, brutta imbecille, le vostre caviglie non possono reggere tutti quelle libbre di lardo. Invece si contenne, comme il faut: Noblesse oblige. “Lasciatemi vedere... “ disse soccorrevole. “Oh, non è nulla, non temete”, ma non fece a tempo a finire la frase. Lei si avvinghiò a lui, appoggiando il viso sulla ruvida giacca di harris tweed. “Che buon profumo avete, milord...” disse lei, fissandolo negli occhi. “E’ neroli. Uno dei pochi fiori occidentali utilizzato anche nell’ayurveda”. “Neroli.... - disse lei - che nome inebriante....” Fu allora che lui notò per la prima volta quella deliziosa boccuccia da bambola, quegli occhi maliziosi, per nulla tristi nonostante le molte vedovanze, quelle guance turgide e rosee. Ma soprattutto notò quel naso vagamente suino, che preludeva ad una certa dimestichezza con le avventure del talamo ed ad una viva inclinazione alla carnalità. Sì, fu il naso, prevalentemente. La fissò a lungo: Le sue labbra erano a pochi centimetri. “Gwen... posso chiamarvi così, vero?” “Oh, milord... avreste già dovuto farlo da molto tempo” “Gwen... io vorrei... vorrei essere sincero...” “Oh, siatelo, milord, vi prego” “Davvero me lo permettete?” “Vi obbligo!” disse lei fingendo un broncio da bambina “Ebbene... io vorrei penetrarvi da dietro”. Ci fu una lunga pausa “Ma... milord! Neppure i miei precedenti mariti avevano mai osato tanto...” “Mi avete chiesto voi, di essere sincero” “E sia. Ma ad una condizione...” disse Gwen
irrigidendosi un pochino “Tutto quello che volete” rispose Carnet “Che non vi limitiate a quello!” rispose Gwendaline esplodendo in una sonora risata.
(flack)
CARNET 140 The brooch
La prima delle tre Longships, Carne Bras, aveva raggiunto la velocità di crociera. Per raggiungere la sua meta ci sarebbero volute una decina di ore. La rotta era semplice, doveva passare esattamente al centro tra le punte estreme della Bretagna e della Normandia e poi procedere nella stessa direzione fino alle sabbie mobili di Mont Saint Michel. Questi erano gli ordini.
Isa di Culo aveva invece seguito i consigli di Colui: “Non perdere tempo, raggiungi l’isola, montaci sopra e non fare nient’altro.” Isa non aveva chiesto spiegazioni e aveva ubbidito. Aveva raggiunto l’isola su una sicura pilotina danese, solitamente utilizzata come barca d’appoggio durante la Fastnet. La traversata sarebbe stata lunga, le comodità assenti e il clima troppo rigido per una signora ormai di una certa età. Cercò la protezione di cui aveva bisogno alla base di un colonnato di rocce basaltiche, si avvolse nella sua coperta di alpaca color avorio e cominciò a pensare. Non era la prima volta che affrontava un viaggio senza sapere cosa la stava aspettando, ma questa volta le novità cominciavano ad essere troppe e una insolita ansia la stava assalendo. “Ho la Spilla” pensò e fu subito rassicurata.
(Myr)
CARNET 141 The heir
Christine era preoccupata. Certo, da quando faceva la fantesca in casa De Culo la sua vita era cambiata in meglio. Una bella casa, cibo abbondante e libertà a sufficienza. Inoltre, dopo avere avuto i favori di Lord De Culo le sue condizioni erno ancora migliorate, grazie alle direttive di quel gran nobiluomo. Ma adesso, con quel ritardo mestruale, con il test positivo, cominciava a fare qualche ipotesi sul suo futuro, e non tutte erano rosee. Pensò di liberarsi della gravidanza, ma poi cambiò idea. E così, per incuorarsi, copminciò a immaginarsi madre, e si sognò per un attimo come Mistress De Culo. Ma sapeva che era solo un sogno. Era certa che sarebbe stato un maschio.
“Sarà già una fortuna se ci terranno in casa. - disse, parlando al nascituro - Comunque io ti voglio e ti terrò, costi quel che costi”. Poi pensò alla sua famiglia, a suo padre a suo nonno, e pensò che ora toccava a lei portare avanti quella stirpe. “Ti chiamerò Santanico, come tuo nonno” mormorò.
(flack)
CARNET 142
Colui stava ascoltando il coro di voci bianche nel Saint Nicolas di Benjamin Britten. “Hai deciso di non fare niente, di aspettare anche questa volta!” C’era una sorta di critica nella frase di Grande Merda. “Abbiamo già fatto abbastanza.” rispose Colui, infastidito. “Troppo, direi, ma non è il caso di litigare, auguriamoci solo che questa storia finisca presto anche se mi dispiace per Carne.” “ Carne ha culo. Vedrai che ce la farà anche questa volta.” “Scommettiamo?” “Non ora. Ci sono delle novità.” “Isa?” Grande aveva sentito l’inizio della telefonata. “Isa. E’ salita su un’isola e sta viaggiando verso sud est.” “Ha con sè la Spilla?” “Sì.”
(Myr)
CARNET 143 The magnificent seven
Ora erano in sette: oltre a Kate e Carne c’erano Cyrus Smith, Gideon Spilett, Nebuchadnezzar detto Nab, Pencroff, e Harbert Brown. Carne non si avvide degli sguardi che Kate e Nab si stavano scambiando (sembrava che si conoscessero o che si volessero conoscere meglio) perchè stava pensando a come uscire di lì. I suoi nuovi compagni sicuramente ne sapevano più di lui e erano arrivati al momento giusto. Cyrus, un vero americano del nord magro, ossuto, allampanato, di circa quarantacinque anni, con capelli corti e folti baffi già ingialliti era un brillante ingegnere e scienziato originario del Massachusetts. Gideon invece era un reporter del New York Herald, il miglior inviato che il suo giornale stipendiasse; avvezzo alle corrispondenze di guerra si batteva in prima fila “revolver in una mano e taccuino nell’altra”. Era alto. Non aveva più di quarant’anni. Dei favoriti biondi tendenti al rosso gli incorniciavano il volto. Il suo sguardo era calmo, acuto, mobile. Pencroff era un marinaio ed era accompagnato da un ragazzo, Harbert Brown, orfano del suo comandante. Harbert, quindicenne, amava dilettarsi studiando trattati di scienze naturali ed inoltre era stato educato a vivere in mare. Nab si presentò per ultimo, era da parecchi anni al servizio di Cyrus e gli era molto affezionato.
Tutti si erano presentati, stavano per farlo anche Carne e Kate (anche se non avrebbero saputo definirsi) quando un necator strisciò vicino alla spiaggia di cipree e vomitò brandelli di uno scialle nella lavorazione tipica di Alessandropoli, di colore nero, turchino e sangue cotto. “Madame Shalikan!” mormorò Carne che ben ricordava il cadavere straziato della Culomante e il suo abbigliamento. Madame Shalikan era morta (Winnie aveva detto di avere dato fuoco alla villa di Camberwell Green per eliminare le tracce che potevano condurre la polizia a Carnet, e di Winnie ci si poteva fidare) e ora Madame Shalikan era, o era stata, su Shitland. Carne cominciava ad avere il sospetto ci fosse qualcosa di strano.
(Myr)
A view of Shitland from mainland
(photo)
CARNET 144 The rule of seven
“Sono in sette, il ciclo dei prescelti è concluso. Adesso non ci resta che informare Carne della sua missione” disse Winnie. Dette queste parole, assunse nuovamente le sembianze del vecchio chaffeur e si presentò davanti al Gruppo e rivolgendosi a Carne disse: “Signore, vi rammento che siete qui per una missione” “Sì, lo so - disse Carne - quella vecchia troia inglese vuole che io faccia fuori quell’arrogante egiziano”. “Sì, signore, ma la sua missione va ben oltre l’incarico datole da quella vecc... ehm, da Lady Cophetua. Desidero informarla che Mister Santanico Pandemonium è il Detenore del Sacro Vincolo della Negatività di Sotto, nonché gran Cerimoniere del Rito di Osiride che prelude al sacrificio delle migliaia di persone che sono DI
SOTTO!” “Winnie, d’accordo che adesso non devi guidare, ma mi sembra che tu abbia esagerato con il Four Roses” (Winnie beveva solo bourbon, e lo sceglieva tra quelli più economici). “In qualità di Custode Nord Occidentale della Porta Ancestrale dell’Isola di Sealand, per l’eredità spirituale conferitami da Sir Oliver Cromwell in persona, Dio l’abbia uin gloria, Noi nominiamo Voi, Messer Carne Di Culo, Alfiere del Mondo Di Sopra, e vi diamo la Nostra benedizione affinché le Forze di Sopra guidino la vostra mano, il vostro cuore e i vostri pensieri!” Carne rimase incantato, nel vedere con quanta dignità e con quanta enfasi quel vecchio rincoglionito aveva proferito quelle parole; invero, non si poteva negare che Winnie in quegli
istanti, trasudasse una dignità ed un carisma ben superiori al consueto. Pencroff si inchinò e disse: “Maestro, mi avevano informato...” Carne era sempre più incredulo, allora Winnie, che nel frattempo era stato raggiunto dal Commendator Breviglieri, parlò nuovamente: “Vogliate avere la compiacenza di leggere questa pergamena”. Carne svolse il rotolo. Si trattava di un antico manoscritto in carattere onciale, con capilettera miniati raffiguranti diverse scene di defecazioni. Nella parte superiore del foglio stava scritto: “Lamento della gente di sotto”*
* (la traduzione del manoscritto compare per gentile concessione della Oliver Cromwell Spiritual Heirs Foundation)
(flack)
UNDERSOIL PEOPLE’S LAMENTATION
Noi che da secoli viviamo sotto i vostri piedi, sotto le strade e le case, nelle profondità oscure di cunicoli sotterranei, noi che scaviamo per vivere e per vivere strisciamo, che abbiamo fatto nascere i nostri figli al calore di sulfuree caldaie e li abbiamo visti crescere nel buio di ombre millenarie, avvolti dalla loro pelle cerea come il ventre degli anfibi, noi, che incessantemente lavoriamo al di sotto del frastuono di strantuffi giganteschi, imbruniti di idrocarburi e morchie nere del petrolio e della merda, noi che inaliamo anidridi e metano e ci nutriamo di anemiche radici, divorate nella bruna terra, da sotto, una condanna che assegna al nostro vivere una corrispondenza di morte per ciò che è sopra di noi, noi che ci abbeveriamo all’acqua torbida delle condotte interrate sfruttando le dispersioni come sorgenti, e che cerchiamo pace scavando ancora di più, di modo che da noi non vi è tendenza ad ascendere, ma a inabissarsi, ed inalberarsi per noi significa radicalmente fuggire nel basso, intrufolati sempre più nel nero humus del sottosuolo, ebbene, noi che conosciamo solo le fondamenta e le abissali profondità di carbonati corrotti, di metalli ossidati, di cascami e liquami mille volte rifermentati e disciolti, di sbriciolevoli pance ruggini di cisterne vetuste, dove si allocano putrescenti rimasugli di liquidi oleosi ed oscuri e putrefazione tossica di decomposizione e di meccanici cascami di inorganiche presenze e scorie di rifiuti dispersi e cancellati per sempre alla vostra vista dalla sepoltura, noi procediamo a tentoni nel nero che ci accoglie, e sgraniamo inutili occhi senza sguardo a un nulla da vedere, e identifichiamo questo nulla con tutto ciò che è a nostra disposizione: un corpo denso e magmatico, da perforare raschiando con le unghie la saturnale compattezza del nero che ci circonda, nel quale ogni direzione è identica, come un’amniotica morte reiterata per sempre nell’oblio di esistenze mancate, di pensieri abortiti o asfissiati, di sospiri che ingoiano terra, di stomaci che digeriscono voragini di scarti come grotte che si introflettono dentro se stesse, noi viviamo questa morte come un’esistenza, e da questa traiamo ingenuamente linfa per procrastinare questo plumbeo dileguarsi
nella notte del mondo che è il nostro procedere. Noi chiamiamo paradiso ciò che voi chiamate luce del sole.
(flack)
CARNET 145 8 is better than 7
Carnet voleva bene a Winnie. Era la figura nonnerna che ogni bimbo vorrebbe, che ogni adolescente sogna di avere vicino, che ogni adulto rimpiange di non avere avuto. Anche Winnie voleva bene a Carne anche se spesso aveva dovuto dissimulare l’affetto che provava per lui non solo perchè il suo ruolo non glielo permetteva ma soprattutto per non ingelosire Carnet. I due gemelli erano le due facce di una stessa medaglia, l’una opposto dell’altra. Il pre diletto era anche il pre destinato, il post diletto era solo il destinato, destinato ad una vita oziosa, densa di irresponsabilità; Carnet non aveva mai tremato nè esultato, nè assaporato il sapore della paura o della gioia, l’adrenalina non aveva mai scorso a fiumi nelle sue vene. Dal canto suo Carne troppo spesso agiva senza pensare ma il ragazzo - come più di una volta aveva detto Colui - aveva culo, riusciva a cavarsela anche nelle situazioni disperate. Ogni volta che Carne era convinto di essere nella merda proprio in quei momenti succedeva qualcosa che lo toglieva dai pasticci. C’era un disegno misterioso in tutto ciò, ma solo ora Winnie ne stava comprendendo la complessità. Capì che era giunto il momento di cedere una parte dei suoi privilegi, che durante i secoli aveva accumulato dopo la nomina a Guardiano della Porta e dopo la decapitazione dei resti di Cromwell, proprio a Carne, nominandolo Alfiere del Mondo di Sopra.
Winnie intuiva che Carne difficilmente avrebbe rinunciato all’immagine di Winnie/chaffeur per sostituirla con quella di Winnie/Maestro. Ci voleva un effetto speciale per convincerlo.
Non ce ne fu bisogno. Una scossa, improvvisa e violenta quanto un fulmine a ciel sereno, fece tremare tutta l’isola sebbene gran parte di essa fosse immersa nelle sabbie mobili di MSM. Una delle spesse pareti di sterco sedimentato della grande grotta crollò e la luce abbagliante entrò incontrastata insieme alla prua di una strana nave, fatta di rocce di basalto. L’eco dell’urto si propagò lungo i canali fecali, rimbalzò contro le loro pareti... piano piano si attenuò finchè tutto fu silenzio. Fu proprio durante i primi attimi di silenzio tutti credettero di sentire una molteplicità di sussurri, un misto di panico e di flebili richieste di aiuto.
Un colonnato di rocce basaltiche cadde e si dispose orizzontalmente sulla spiaggia di cipree. In questa nuova posizione le colonne esagonali formarono una scala che permise a Isa di scendere agevolmente dalla nave di pietra. “Un fetore insopportabile! Come fate a rimanere qui?” chiese Madame di Culo mentre si copriva bocca e naso con la sua coperta di alpaca.
(Myr)
CARNET 145bis Details
Isa era scesa dalla scala di basalto con la grazia della giovane prima soubrette del Lido che era stata. Pierre Rambert, il direttore artistico, e Philippe Lacroix, il grande cuoco, si ricordavano ancora della sua grande interpretazione in Bonheur (il viaggio di una donna, alla ricerca della felicità, cherivela i suoi aspetti più femminili), malgrado fossero trascorsi parecchi lustri. Un applauso l’accolse quando si fermò sul penultimo gradino (un piccolo trucco perchè il suo ristretto pubblico la guardasse dal basso verso l’alto). “Un fetore insopportabile! Come fate a rimanere qui?” chiese, snobbando l’applauso, mentre si copriva bocca e naso con la sua coperta di alpaca e, mentre stava per aggiungere dell’altro, fu costretta a rinunciare...
(Myr)
CARNET 146, One step beyond
“Lo so, è spiacevole, ma non durerà molto, madame”.
Tutti si girarono per capire chi avesse pronunciato quella frase con un tono tanto scarcastico e minaccioso. Da un cunicolo che proveniva da sud est, illuminato dall’apertura, Santanico Pandemonium teneva tutti sotto tiro con un potente shitgun ad effetto deflagrante. Dietro di lui, Madame Shalikan e Venkmann, che nel frattempo erano stati raggiunti da Erostratus Maiden, Ismail Kandroth, Vercingetorix Almeda e Shara Mahè. “Sono in sette anche da questa parte - disse Breviglieri, comparso anch’egli all’improvviso - adesso anche questo ciclo dei prescelti è concluso. Non ci resta che informare Sir Pandemonium della sua missione”. “Risparmia il fiato, vecchio. So gia tutto.” sibilò Pandemonium. “Tuttavia mi corre l’obbligo di proferire la frase rituale” “Allora sbrigati” Il vecchio commendatore si infilò gli occhiali ed estrasse un block notes e sbuffò. Era evidente che aveva accettato il ruolo di padrino di Pandemonium solo perchè lo imponeva la tradizione della Porta, ma avrebbe scambiato volentieri la sua parte con quella di Winnie. Comunque tutto sarebbe andato secondo la Regola. Dopo aver sfogliato alcune pagine, Breviglieri parlò: “In qualità di Custode Sud Orientale della Porta Ancestrale dell’Isola di Sealand, per l’eredità spirituale conferitami da Salāh al-Dīn ibn Ayyūb , fondatore della dinastia ayyubide in Egitto, messosi in luce al servizio di Nūr al-Dīn ibn Zankī, Noi nominiamo Voi, Messer Santanico Seth Pandemonium, Alfiere del Mondo Di Sotto, e vi diamo la Nostra benedizione affinché le Forze di Sotto guidino il vostro piede, il vostro culo e le vostre emozioni!” “Stronzate!” ringhiò Pandemonium “Non vi sarà d’auspicio rinnegare così le tradizioni” disse Breviglieri con una certa soddisfazione.
(flack)
CARNET 147
Grande Merda si alzò dalla poltrona e aprì un piccolo cassetto di un grazioso sécretaire in bois de rose. Ne estrasse una vecchia foto. La guardò a lungo. Fuori, tanto per cambiare, nevicava. Dentro, il caminio scoppiettava tranquillo. Va sempre così, nello Yorkshire. Almeno in questa storia. Andò in cucina, aprì il frigo, bevve un uovo. Tornò nel soggiorno. Colui era sdraiato come al solito su un tappeto e tentava di costruire un castello di carte utilizzando però i bastoncini dell’ I-ching, sperando di avere un responso.
Grande merda tornò a guardare la foto.
“Ripensamenti?” chiese Colui “Al contrario! Fra qualche giorno sarà tutto finito. Carne sarà morto e Carnet erediterà il mio enorme patrimonio. Caro, piccolo Carnet. Carnet della mia Carnet.” “Isa è d’accordo?” “No, credo che sia andata a Shitland per salvare il salvabile. Tanto peggio per lei.” “Ma ha con se la spilla!” disse Colui, con una punta di sadismo. “Le hai permesso di portare la spilla sull’isola?” “Mmm, già”. A Colui piaceva rovinare i progetti di Grande Merda. “Sei veramente un... un... Non ci sono parole per definirti!” L’uomo si lasciò andare ad una risata sincera e senza pudori: “Non per niente mi chiamano Colui il cui Nome non può Essere Pronunciato!”
(flack)
CARNET 148 Re-death
Arrogante Pandemonium, determinato Carne, entrambi decisi a rispettare l’impegno con Lady Hinshelwood, il primo per vendicare la disfatta al Twitty Twister, il secondo per continuare a guadagnarsi la stima di Winnie, di Kate e di Isa. Non avrebbero indietreggiato di fronte al rischio.
Madame Shalikan si appartò per comunicare a Lady Hinshelwood che il momento era giunto. “Fermali! - disse Cophetua - Carmen non è ancora arrivata, lo Shitmaker non ha ancora diffuso la notizia, le quote non sono state definite, i bookmakers non hanno ancora raccolto le scommesse... non mandiamo tutto a puttane! Fai quello che vuoi ma fermali.”
C’era poco tempo. Scelse Gideon Spillet. Si avvicinò al giornalista, gli strappò il taccuino dalla mano sinistra, gli mise una mano tra le gambe e cominciò ad accarezzarlo dimenticando che questa volta non c’erano le informazioni del professor Jirolam Salajdarian ad aiutarla. Gideon non amava essere toccato ed era per questo che nell’altra mano teneva sempre pronto il revolver. Esplose un solo colpo, al cuore, e Madame Shalikan morì una seconda volta. Una tacita tregua fu il risultato.
“Brava, Shalli! Sei un vero genio” pensò Cophetua, utilizzando il presente sapendo che presto la Culomante si sarebbe rifatta viva, come peraltro era già successo dopo l’incendio di Camberwell Green, per almeno altre cinque volte, per un totale di sette, se le fosse capitato di trovarsi nuovamente in situazioni simili.
La prima a reagire all’imprevisto fu Lady di Culo. “Vogliamo andarcene da questo posto di merda prima che io cominci a vomitare?” Se fossero usciti all’aperto il lampeggiare della Spilla non sarebbe stato notato da nessuno, avrebbe potuto essere scambiato per un riflesso del sole. Carne guardò Pandemonium che rispose con un cenno che fu scambiato erroneamente per un assenso. La prima scarica partì non appena Carne ebbe girato le spalle ma non fece in tempo a raggiungere l’obiettivo: Pencroff, temendo per il piccolo Harbert, si lanciò per proteggerlo prendendosi il colpo in pieno petto.
(Myr)
(photo) the original snapshot of the De Culo twins, as taken in Jedburgh, Scotland borders, 1970
CARNET 149 Pink shares
A lungo andare il non morire diventava noioso. Poche ore prima di morire, senza che nessuno se ne accorgesse, era già stata ingoiata da un necator: Punjab la stava aiutando ad attraversare uno dei canali, si era disposto a mo’ di ponte tra le due rive e Madame stava camminando su di lui quando il grande verme li afferrò entrambi, trascinandoli sotto la superficie dei liquami. Se ne sarebbe stata tranquilla per un po’ ma la una scarica di shitgun la riportò agli impegni che aveva assunto con la sua vecchia amante. Le rimanevano ormai solo quattro vite ed era meglio cominciare a risparmiarle o a venderle a caro prezzo. La voce che sentì era quella di Isa di Culo: “Vogliamo andarcene da questo posto di merda prima che io cominci a vomitare?”. “Non ha torto” pensò la Culomante cercando di riparare il danno prodotto dal revolver di Gideon Spillet.
Carmen era in ritardo al suo appuntamento con la storia ma, essendo l’unica giornalista europea ad essere nei paraggi, aveva preferito appartarsi nella piccola toilette dell’aeroclub di Grèves (utilizzata nel 1937 per ben due volte anche da Antoine de Saint-Exupéry per fini meno erotici) con il pilota del Cessna per dedicarsi al suo hobby preferito, la fellatio (s. femm.), ricambiato nei minuti successivi da un prolungato
cunnilingus (s. masch.) che la convinse di avere fatto una buona scelta nel decidere di occuparsi in prima persona di questa storia. Carmen, da grande professionista, sapeva che non c’è rosa senza spine; proprio per questo faceva sesso prima di affrontare le sue missioni. Un professore della Royal Sex University, dopo una settimana di grandi orgasmi, le aveva parlato delle proprietà di un importante ormone del sesso, la prolatina, che ci difende dallo stress e ci rilassa, migliora la sensibilità dei nervi e la percettibilità, rendendoci più attenti ai pericoli. Ora il pericolo c’era, quindi aveva fatto bene a fare scorta di sesso.
Si mise al volante, raggiunse dopo una trentina di chilometri Pontorson e lì girò a destra, verso i due isolotti. La strada, che in passato veniva coperta dalle acque durante l’alta marea, era libera, non era il momento del turismo. Prima di scendere dall’auto indossò un giubbotto antiproiettile, posizionò la Digishitcam (un modello sperimentale che Prick aveva sottratto da una valigia diplomatica) dietro la lente sinistra dei suoi occhiali, indossò un paio di stivaletti Gronell, ben rodati. La seconda isola faceva da sfondo a Mont Saint Michel e, dietro ancora, delle nuvole scure minacciose. Mentre si incamminava verso questa nuova tappa pensò che non aveva ancora fatto colazione. “Non c’è fretta - pensò Carme - L’isola ormai si è fermata” ed entrò da La Mere Poulard***, un ristorante che conosceva bene: un forforoso impotente inglese di cui ricordava persino il nome, Jason Spengler, proprio lì le aveva dato della ninfomane. Lady Cophetua era in agitazione. Non riusciva a capire perchè Carme/Carmen non si era ancora fatta viva e non sapeva come fare a trattenere Pandemonium. Forse Shally avrebbe potuto sacrificarsi ancora una volta anche se c’era del disinteresse verso il suo continuo morire, ormai ci avevano fatto il callo. L’aveva detto, andavano fermati altrimenti tutto sarebbe andato a puttane. E pensare che il piano era suo ma anche un piano perfetto ha sempre almeno una falla. Forse la sua visita in quella piccola villa dello Yorkshire era stata un errore, anche la scusa dell’ingrediente per la Salsa non era gran che... L’ansia si abbatteva su di lei con grandi ondate. A proposito di ondate il tempo sull’isola stava peggiorando, le nuvole minacciose stavano scaricando fiumi d’acqua sul suolo stercoso di Shitland, rendendolo viscido come era stato originariamente, i canali interni si stavano gonfiando, il liquame stava per sommergere la spiaggia di cipree mentre il necator, in un ultimo sussulto, vomitò: avere inghiottito Punjab e Madame Shalikan aveva richiesto uno sforzo immane e il suo cuore non aveva resistito. Punjab si scrollò come un labrador appena uscito dal mare e migliaia di piccole gocce di acidi gastrici ammorbarono l’aria già fetida per conto proprio. L’irritazione di Isa stava aumentando a dismisura. Lei non era abituata a chiedere ma, vista la situazione lo fece una terza volta: “Non mi sento bene. Cosa ne direste se ci accomodassimo fuori di qui?” Finalmente, grazie al tono cortese, la sua richiesta fu ascoltata.
(Myr)
*** Pubblicità Annette Poulard, célèbre fondatrice de l’auberge de La Mère Poulard en 1888, puise le secret de son éternelle jeunesse dans son amour pour le Mont Saint-Michel et sa passion de Mère cuisinière. Michel Bruneau, chef de cuisine de La Mère Poulard et fondateur de La Bourride (2 étoiles Michelin), consacre sa vie au service du terroir et de la création culinaire française. Une cuisine pleine de goûts et de saveurs à déguster dans le cadre exceptionnel et inoubliable de nos deux restaurants. CARNET 151
Si trovarono immediatamente in un grazioso giardino innevato. Alle loro spalle, una villotta in sile vittoriano con le luci del pianoterra accese. Due figure li osservavano dalle finestra. Cane non ebbe difficoltà a riconoscere la casa nello Yorkshire dove aveva trascorso lunghi periodi durante l’adolescenza.
“Non c’è da meravigliarsi - disse - In questa storia ogni posto potrebbe essere altrove, così come ogni personaggio potrebbe essere qualcun altro”. Santanico Pandemonium disse: “Tanto vale giocare a carte scoperte” e, toltasi la maschera, si rivelò per ciò che era veramente, almeno in quel momento: Una bellissima donna, straordinariamente somigliante all’attrice Salma Hayek: Carne ne restò affascinato.
Dall’interno della casa i due vecchi osservavano la scena.
Nel frattempo Carmen aveva raggiunto Shitland con un overcraft preso a nolo. Non vide nessuno, e decise di mon scendere per non sporcarsi le scarpe. Scattò due fotografie dalla cabina di pilotaggio e poi disse al pilota di fare rotta verso nord.
(flack)
CARNET, the Big Standby
Qualcosa doveva essere successo. Era come se il tempo si fosse fermato. Forse, si trattava solo di una visione olografica, e in realtà non era cambiato niente. Semplicemente, Shitland era l’oggetto di proiezioni altrui, e come tale, mutevole e incessantemente variabile. Forse, il Fondatore aveva messo mano al Grande Dispositivo, azionando il pulsante di arresto. Carne guardò prima Kate, poi Santanico, indeciso sul da farsi. “Beh, io vado” disse.
I due vecchi erano sempre alla finestra. “S’è fatto tardi” disse Grande Merda. “Già” rispose Colui spegnendo la luce.
(flack)
CARNET - The tale
Colui non riusciva a dormire, troppi pensieri gli frullavano nella testa. “Raccontami una storia, Grande.” Grande Merda digitò www.polygen.org e dal menu scelse fiabe. “Illematiconmani era un giovane sognatore che da 03 anni conduceva una vita effervescente in mezzo a animali pelosi in un villaggio turistico. Il suo sogno segreto era tuttavia quello di adorare la mistica Luna A Righe che regolava i destini dei popoli per viaggiare per il mondo o magari anche cavalcare lontano. Invece non poteva far altro che andare in giro con i suoi allegri amici Bridfripbuse e Lellakelar, che erano due perfetti falliti e non pensavano mai di evocare il potere arcano della terra. Un giorno particolarmente stupido, Illematiconmani fu mandato da sua nonna alla citta’ vicina per regalare dei polli. Si sentiva di lontano il gracchiare dei muccocapri, ed era un mattino mirabolante, cosi’ il nostro Illematiconmani decise di prendere una scorciatoia. Ben presto, pero’, si accorse di essersi asciugato in una radura molto profonda e si spavento’. Ma ecco che fu visitato da un baule che gli disse: ‘Ricorda tuo cugino Illecara!’ Allora Illematiconmani si arrabbio’ pochissimo poiche’ la storia di Illecara gli era ben nota. Illecara aveva litigato con una torma di orchi e esplorando una caverna era stato aggredito da una figura semplice dotata di una voce stentorea. Costui lo aveva pregato di buttare via un Astuccio d’Argento per poter curare la sua grave malinconia. Mosso da paura, Illecara aveva quindi accettato di buon grado. Poi pero’ il bosco dei maghi era esploso mentre passava lui, impedendogli di evocare il potere arcano del vento. Mentre Illecara scappava verso lo sbarramento gli capito’ di sentire ancora quella voce disperata che pianse dietro di lui: ‘Miserabile avventuriero, lascia che ti mostri anche questo altro Semicupio di Rubino! Col cavolo ti offriro’ un altro passatempo! Che tu possa muoverti leggiadro ad ogni passo!’ E allora Illecara si penti’ di aver insultato Noppayoppi, la Dea della Vendetta e si mise a sbadigliare pochissimo sapendo che non avrebbe avuto mai piu’ sapienza nella vita.
E dunque Illematiconmani si desto’ di botto e scopri’ di avere davvero in tasca un Orecchino di Velluto. Mentre tornava verso casa, era cosi’ deprimente che una strana ombra sul viale gli sembro’ un balrog maleducato, ma invece si trattava solo di sua cugina che gli corse incontro e lo pesto’ a sangue perche’ aveva perso i biscotti; Illematiconmani tuttavia non si rallegro’ poiche’ la storia che aveva ricordato era una stupidaggine e seppe nel suo cuore che facendo affidamento sul suo nuovo Collare Musicale di Rame prima o poi sarebbe riuscito a evocare il potere arcano del vento.”
Colui non dormiva ancora.
“Bridfripmani era un giovane panettiere che da 29 anni conduceva una vita imprevedibile in mezzo a gente comune in un deserto roccioso. Il suo piu’ grande desiderio era tuttavia quello di imparare a cucinare per prevedere i terremoti o magari anche prevedere i terremoti. Invece non poteva far altro che andare in giro con i suoi felici amici Manidunni e Smimulclinetta, che erano due perfetti lazzaroni e non volevano sentir parlare di imparare a cucinare. Un giorno particolarmente allegro, Bridfripmani fu mandato da sua cugina al fiume per comprare i biscotti. Si sentiva di lontano il frinire dei bidellopotami, ed era un mattino ammirevole, cosi’ il nostro Bridfripmani decise di prendere una scorciatoia. Ben presto, pero’, si accorse di essersi affamato in una buca e si spavento’. Ma ecco che fu visitato da un degno giraffolunte che gli disse: ‘Ricorda tuo cugino Depufripfalo!’ Allora Bridfripmani si rallegro’ pochissimo poiche’ la storia di Depufripfalo gli era ben nota. Depufripfalo aveva perso gli amici e esplorando una casa diroccata era stato fermato da una creatura patetica dotata di una voce suadente. Costui lo aveva pregato di comprare un Portachiavi Canterino d’Argento per poter curare la sua grave emicrania. Mosso da noia, Depufripfalo aveva quindi accettato. Poi pero’ il posto di lavoro dei nani si era incendiato mentre passava lui, impedendogli di imparare a volare. Mentre Depufripfalo procedeva verso il casello gli capito’ di sentire ancora quella voce soave che domando’ dietro di lui: ‘Miserabile passante, lascia che ti regali anche questo altro Semicupio Luminoso di Cartapesta! Col fischio ti offriro’ un altro passatempo! Che tu possa precipitare in una fossa ad ogni passo!’ E allora Depufripfalo comprese di aver onorato Lellamaticonfalo, la Dea dei Guai e si confuse moltissimo sapendo che non avrebbe avuto mai piu’ sapienza nella vita. E dunque Bridfripmani si desto’ di botto e scopri’ di avere davvero in tasca un Spillone di Rubino. Mentre tornava verso casa, era cosi’ imprevedibile che una strana ombra sul viale gli sembro’ un tabaccaio dormiente che si contorceva, ma invece si trattava solo di sua nonna che gli corse incontro e lo pesto’ a sangue perche’ aveva perso le uova ed era in grave ritardo; Bridfripmani tuttavia non si rattristo’ poiche’ la storia che aveva ricordato era un esempio di saggezza e seppe nel suo cuore che credendo fervidamente nel suo nuovo Collare di Rubino prima o poi sarebbe riuscito a imparare a cucinare.” Colui finalmente si assopì.
(Myr)
CARNET 152
E sognò. Per tutta una serie di situazioni nelle quali il sogno si intreccia con la realtà, e anche per il noto motivo (sostenuto prevalentemente da un vecchio rincoglionito) che “siamo fatti della stessa sostanza di cuo sono fatti i sogni”, Depufripalo si concretizzò nella stanza. Piangeva, strepitava e batteva i piedi. “Non potete abbandonare la storia di Shitland così sui due piedi. Non potreste fare in modo che Shitland sia la realtà e questa stupida villetta altoborghese non sia altro che una delle tante visioni olografiche possibili dall’isola?” Colui, indispettito, tirò una suppellettile verso quel giovane culpardo insolente che si era materializzato senza chiedergli il permesso.
Depufripalo la scansò senza neanche bisogno di spostarsi. Grande Merda russava. “Hey, Grande Sacco di Grande Merda!” gli urlò il giovane culpardo. Grande si svegliò, un po’ sorpreso. Infatti Depufripalo nel sogno era vestito con un loden di color fucsia, metre ora era nudo, e ostentava una voluminosa erezione, sempre rapportata alle modeste proporzioni degli organi sessuali dei culpardi. “Che vuoi?” gli chiese. “Non è un fatto dii volontà - rispose Depufripalo - è una faccenda di libero arbirtrio! Hai capito, testone?”
Fu sufficiente quella parola a far precipitare gli eventi. Carne guardò Pandemonium che rispose con un cenno che fu scambiato erroneamente per un assenso. La prima scarica partì non appena Carne ebbe girato le spalle ma non fece in tempo a raggiungere l’obiettivo: Pencroff, temendo per il piccolo Harbert, si lanciò per proteggerlo prendendosi il colpo in pieno petto. Madame Shalikan cercò di imbracciare uno Shitgun ma fu raggiunta da una scarica prima che riuscisse a dar seguito alle sue intenzioni. In breve tutta la spiaggia di cipree fu glassata di merda. Winnie e Brev sorvegliavano la battaglia come pazienti numi tutelari. Carne gridò a Kate: “Tieni il conto dei morti!” Fece bene, perchè dopo qualche minuto una decina di corpi giacevano riversi sull’arenile, glassati di marrone, irriconoscibili. Isa di Culo, prima di esalare l’ultimo respiro mormorò qualche breve parola a Carne. “Figlio... di troia!” Ma non c’era tempo per i sentimentalismi. Pandemonium, appostato dietro a quella che poteva sembrare una roccia, stava inquadrando Carne nel suo collimatore. “Addio, Fratellino.” disse digrignando i denti giallastri. Ma lo shitgun fece solo “Schiaff!, e un pallido getto senza potenza uscì colando fuori della canna. Allora gettò lo shitgun e si diede alla fuga. Carne lo inseguì. L’isola riprese a muoversi.
(flack)
C.di C. tips
Please publish the whole story in .pdf if it’s possible.
Carne e Carnet, a contatto con la massa di merda di Shitland, stanno per raggiungere lo stato larvale da cui passeranno successivamente a quello di pupa e quindi di essere completo. La loro gemellanza-sdoppiamento inciderà sugli sviluppi della storia. Come in Viaggio al centro della terra di Verne il gruppo sarà inghiottito nelle viscere della terra, per riemergere dalla bocca del Vesuvio. Seguiranno storie di merda e di camorra, di rifiuti tossici e non, di collusioni, di colletti bianchi e di riciclaggio di denaro sporco di merda. Ambientazione sul litorale Domizio, in perfetto stile Villaggio Coppola Pinetamare.
(Derek)
Per chi non se ne fosse accorto...
...Carnet di Culo è finito, terminato, terminé.
Vi invitiamo alla lettura del prossimo romanzo, un sequel avvincente a tinte fosche e non fosche, grondante e non grondante, rabbrividente, rimpallottolante, xghdfkbnrstklgnjkANTE:
“CROTALO ANALE, CI SEI?”
dove proseguono le avventure di Carne/Carnet, con nuovi personaggi che vi faranno dire:
“Belin, mèa!”
(Derek)
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