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Biobazar
from Laser 2020
by TFO Bruneck
Intervista con Claudio Dellantonio
Come mai ha scelto di aprire un negozio bio? La cosa è successa un po’ più di 21 anni fa, leggendo una rivista un po’ particolare ho scoperto che esistevano dei prodotti che erano certificati senza residui di conservanti o fitofarmaci. Ho iniziato come consumatore, però dovevo andare a comprarli a Bressanone e poi, non so bene perché, ho visto un negozietto libero e ho detto “mah, potrei farlo anche io” e di conseguenza ho deciso di aprire questo piccolo negozietto.
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l nome “Biobazar” ha un significato particolare per Lei? Come è arrivato a questo nome? L’idea era di vendere prodotti biologici, ma anche prodotti naturali per il corpo, per la casa, oggetti particolari, per cui ricordava un po’ un piccolo bazar, un negozio che vende un po’ di tutto insomma.
Il suo è un negozio biologico specializzato; può descriverci la differenza tra un negozio biologico classico e il suo? Faccio parte dell’Associazione dei Negozi Specializzati dell’Alto Adige, che sono tutti completamente autonomi come scelta di prodotti e come prezzi, e più che altro abbiamo degli standard, dove in questi negozi per lo meno il 99,5% dei prodotti dev’essere certificato biologico. C’erano e ci sono alcuni prodotti che ancora non sono certificabili, come l’acqua e il sale o qualche tipo di alga, altrimenti dobbiamo avere tutto certificato, quindi anche il negozio stesso dev’essere certificato da un ente autorizzato dal ministero; paghiamo una certa quota, però ogni negozio ha la sua certificazione, mentre molti negozi che vendono prodotti biologici non hanno nessuna certificazione.
In tanti dicono che acquistare prodotti bio costi di più che acquistare prodotti normali; cosa ne pensa Lei a riguardo? Sicuramente qualcosa in più costa, per vari motivi, che possono essere sia la qualità dei prodotti, sia l’etica che ci può stare dietro, quindi una quota un po’ più alta per i produttori, per chi ci lavora. Potete immaginare che un vaso da 75 di passata, che può costare 50 centesimi in un supermercato, considerando che i pomodori costano 2 o 3 euro al chilo, e, considerando che ci guadagna il negozio, il trasportatore, il distributore, alla fine, tolto anche il vaso e l’etichetta, 3 o 4 centesimi vanno
Biobazar
Intervista con Claudio Dellantonio
al produttore. Non è molto etico e nemmeno possibile.
Vende prodotti vegetariani già dall’inizio della sua attività o ha iniziato dopo? Da sempre. Ero già vegetariano prima di aprire il negozio, quindi circa 25 anni fa, e quando ho deciso di aprire un negozio di alimentari biologici, per me era scontato che i prodotti fossero vegetariani, anche perché biologico alla radice ha la parola “bios” che vuol dire vita, e mi sembrava che non avesse molto senso vendere carne o pesce.
Ha mai pensato di vendere solo prodotti regionali? Si, o per lo meno ho pensato di venderne molti ma molti di più; il problema era che erano sempre molto difficili da reperire e non c’erano proprio quando ho aperto 21 anni fa. Le patate biologiche che trovavo venivano dal Lazio o dalla Sicilia, non c’era nessuna patata biologica in Alto Adige, non c’era quasi niente, c’erano solo le mele; adesso c’è sempre un po’ di più, specialmente nella stagione più calda, da marzo a novembre, lavoro con dei contadini di Riscone, dei ragazzi giovani, molto bravi, che mi forniscono tantissima verdura; però su tanti prodotti è un po’ difficile perché i prezzi del biologico in Alto Adige sono molto cari, molto più alti, e poi perché c’è veramente molto molto poco. Comunque i prodotti a marchio Alto Adige si riescono a vendere molto molto bene, a un prezzo abbastanza alto, e quindi per molti non è necessario fare questa conversione al biologico, ma aumenta, lentamente aumenta.


Potrebbe spiegarci come mai ha scelto di eliminare completamente la plastica dal suo negozio? Qual’era la sua idea iniziale? È una cosa che avevo in testa già da molto tempo, diciamo che ho sempre venduto l’acqua e tutti i succhi, le bevande, in vetro a rendere, perché non mi piaceva il concetto plastica, perché piano piano avevamo sempre più informazioni su quanti danni facesse in giro per il mondo. Un paio di anni fa ho deciso che era troppo, me ne accorgevo da consumatore, e quindi abbiamo iniziato a valutare come avremmo potuto fare e quest’anno ci
riusciremo, entro la fine di febbraio, saremo completamente plastic-free.
Sta avendo successo questa sua decisione? Avrebbe mai pensato che in così poco tempo avrebbe raccolto così tanti soldi? Diciamo che questa piattaforma di crowdfunding (vedi pag. 29) è stata molto importante per questo progetto, ci ha aiutato molto, soprattutto da un punto di vista mediatico, quindi come pubblicità, come articoli sui giornali, e anche dal punto di vista nostro della sicurezza, perché abbiamo visto molte persone che erano interessate, clienti e non. Bisogna considerare che questi soldi che abbiamo raccolto, non sono una donazione, sono soldi che poi vengono trasformati in buoni acquisto, quindi, di conseguenza la gente adesso sta acquistando con i buoni che aveva, quindi questi soldi vengono spesi in merce, però ci ha dato la possibilità di fare qualche acquisto importante e soprattutto un effetto mediatico non indifferente.
Lei aveva richiesto 8.000 € per realizzare questo progetto, ma ne ha ricevuti 16.540; cosa intende fare con il resto dei soldi? Cuba, no scherzo, anche se non sarebbe male… in realtà gli investimenti che dovevo fare io erano ben più alti dei 16.540 euro, però questa piattaforma crowdfunding funziona in questo modo: se si riesce a raggiungere l’obiettivo, il progetto ha successo, se non si riesce bisogna restituire tutti i soldi e il progetto non ha successo; se io avessi messo 15.000 euro come obiettivo e ne avessi raccolti 14.000, non avrei potuto fare nulla. Allora consigliano di stare abbastanza bassi, in modo da avere successo... in ogni caso è andata molto molto bene e siamo contentissimi e questi soldi li abbiamo già spesi tutti acquistando i dispenser per i cereali, in vetro e in legno, altri in legno per la frutta secca o per la pasta, per i detersivi e per la cosmetica sfusa si può venire con i propri contenitori e poi un’affettatrice e una bilancia.

Come hanno preso questa notizia i suoi fornitori e i suoi clienti? I clienti molto bene, molto meglio del previsto, sono molto curiosi di vedere questo passaggio, tutti si sono un po’ resi conto che c’è troppa plastica in giro. I fornitori alcuni molto bene, altri non così, perché sono rimasti un po’ spiazzati, però io ho iniziato a contattarli già quasi 2 anni fa; molti si sono mossi, si sono preparati, hanno già modificato il packaging dei loro prodotti, con la carta in cellulosa o con il vetro al posto della plastica; altri non se la sentono di fare questo passaggio, quindi non saranno più miei fornitori.
È riuscito a trovare degli altri sostenitori in questa battaglia contro la plastica? No. Secondo lei, quale sarà la cosa più difficile quando libererà il suo negozio dalla plastica? Forse l’aumento del lavoro con tutti questi dispenser, quindi spiegare come funzionano, le normative igienico-sanitarie, la pulizia, l’assistenza ai clienti, ci vorrà un po’ di pazienza, però grosse difficoltà non ne vedo.

A casa sua cerca di vivere, per quanto possibile, senza plastica? Assolutamente. L’unica plastica che c’è a casa mia è quella che deriva dal mio negozio, e quindi è uno dei motivi per cui ho preso questa decisione, sennò io da 6/7 anni non ho più utilizzato nulla di nulla in plastica, dai bidoni della spazzatura all’innaffiatoio, si trova tutto senza plastica, è una cosa di cui sono veramente convinto.