ROLANDO ZUCCHINI-IL GRAFFITISMO

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Il graffitismo

storia e protagonisti di un fenomeno artistico degli anni ottanta del ‘900

Byblos

Studio

In copertina: Keith Haring, Heart magnet white cloud

Il graffitismo

storia e protagonisti di un fenomeno artistico degli anni ottanta del ‘900

Studio Byblos

Proprieta letteraria riservata © Rolando Zucchini

ISBN: 9791282018128

Settembre 2025

Prefazione

Adistanza di trent’anni ancora si discute sui graffitisti e il graffitismo americano degli anni ottanta del 1900.

Un fenomeno che si diffuse in tutto il mondo con una velocità impressionante, coinvolgendo milioni di giovani di ogni

latitudine. Pur se in forme diverse, tuttora il graffitismo rappresenta un modo di esprimersi diretto e immediato delle giovani generazioni. A esso è senza dubbio riconducibile quella che è stata definita Street Art: un termine col quale vengono comunemente inquadrate

tutte quelle manifestazioni artistiche compiute in spazi pubblici. Nella Street Art l’artista crea l’opera contestualmente allo spazio che la circonda, producendo un impatto e interagendo con un pubblico non specialistico, ma diversificato e di passaggio. Un’opera comunque duratura pur non essendo né ufficiale né richiesta. È l’arte che scende in strada, che sta in mezzo alla gente, anziché arroccata nei musei e nelle gallerie.

Rispetto al graffitismo classico, la Street Art è caratterizzata dall’aggiunta di una maggiore eterogeneità delle tecniche usate, e ha maturato nel corso degli anni una connotazione culturale propria. Oltre allo spray le tecniche utilizzate comprendono poster, sticker, stencil, installazioni e performance.

Al graffitismo si può altresì ricondurre il cosiddetto Graffiti Design che tanto ha influenzato le tecniche pubblicitarie dell’abbigliamento e della moda. Molti artisti graffitari hanno maturato nuove tendenze creative, le quali, pur mantenendo le radici nel graffitismo classico, si manifestano in molteplici discipline, come la computer grafica, il design, l’illustrazione, la video arte, contaminando con il tipico stile newyorkese di quegli anni molti generi inerenti alla produzione grafica. Appare quindi evidente come gli stilemi originali del graffitismo abbiano permeato in maniera occulta e un po’ ambigua qualsiasi produzione rivolta ai giovani, dimostrando la forza d’impatto e la persistenza di quel genere di espressione artistica.

Il graffitismo (in graffiti o più raramente graffiti writing), è una manifestazione sociale, culturale e artistica diffusa in tutto il pianeta, basata sull’espressione della propria creatività tramite interventi pittorici nel tessuto urbano. La scrittura per segni, parole e immagine, su superfici pubbliche e una delle manifestazioni più antiche dell’uomo. Nei graffiti si ritrovano le esigenze psichiche del passaggio nella vita di chi vuole lasciare una traccia. Il graffitista

firma la sua opera, magari soltanto con una sigla o un pseudonimo,

inventando un personale tipo di grafica e di scrittura. Le opere, prima di essere velocemente dipinte sui treni o sulle pareti delle metropolitane, sono schizzate e progettate nei minimi particolari su un quaderno. Le lettere dell’alfabeto che compongono le parole del graffito, tali ai capoversi miniati degli antichi amanuensi medievali, diventano immagini e scrittura visiva colorata, ispirata a un nuovo senso di bellezza. Per questo, parlando del graffitismo, alcuni sottolineano l’analogia fra le antiche caverne graffite dai nostri progenitori e i disegni allo spray che illuminano di bagliori colorati i muri delle strade e delle piazze delle città metropolitane.

Malgrado il graffitismo sia stato definito subcultura, e spesso associato ad atti di vandalismo, poiché numerosi writers utilizzano come supporti i mezzi pubblici o gli edifici di interesse storico e artistico, si tratta, nella realtà, di una cultura legata più alla tradizione degli amanuensi che al mondo delle culture consumistiche capitalistiche occidentali. È una specie di rito iniziatico usato dai ragazzi per misurarsi in pubblico. L’uso delle bombolette spray consente ai writers velocità di esecuzione ed effetti coloristici quanto mai allegri e allegorici. Lo stile con cui un writer crea gli incroci per inserire le lettere l’una nell’altra si chiama loop. Ogni writer ha la sua Tag: una firma anonima col quale sigla la sua opera e il suo stile. Di solito i writers provengono dalle zone periferiche della città, e spesso appartengono a minoranze etniche. Pur provenendo dai ghetti metropolitani non appartengono però a bande di scapestrati e delinquenti. Il graffitismo è per loro un modo per differen-

ziarsi e di emanciparsi dal disordine e dalla violenza che abita in quei mondi emarginati.

Il fenomeno affonda le sue radici nel graffitismo americano, specialmente newyorkese, degli anni a cavallo tra il ’70 e l’80 dello scorso secolo. A quel tempo fu paragonato da alcuni studiosi ai murales messicani degli anni venti del ‘900 di Diego Rivera, Josè Clemente Orozco e David Alfaro Siquerios. È indubbio che, pur nella sua complessità e nelle sue contraddizioni, il graffitismo ha aperto e imposto una sorta di nuova universalità basata sulla categoria della simbiosi e dell’ibridazione, dove l’unione, il sodalizio, l’associazione e la solidarietà divengono il nuovo motore della storia. In quegli anni il graffitismo è diventato un vero e proprio stile artistico. Niente più segni scarni e tremolati, contorni infantili e scritte a stampatello, ma un ricco armonioso musicale intreccio di lettere bordate di ricami e di improvvisazioni, di giochi grafici completati talvolta con delle figure (i pop), che trasformano la scrittura in immagine. Per la prima volta la comunicazione istintiva della grafica delle lettere prende il sopravvento sui contenuti. I più bravi tra loro cominciarono a traghettare questo fenomeno della scrittura-immagine in alcune cooperative di artisti e in gallerie di Brooklyn e dell’East Village (Colab, Fashion Moda di Tony Shafrazi, e molte altre). Così, mentre l’amministrazione municipale di New York ripuliva la città dai graffiti, le gallerie si riempivano di tele con su gli intrecci calligrafici dei writers. I critici iniziarono a distinguere lo

stile dell’uno da quello dell’altro, facendo emergere i più abili, i più capaci a interpretare questa originale forma di espressione ideologica dell’energia metropolitana. Drizzandosi sulle loro precarie chiatte di libertà i writers tentavano di esorcizzare la loro esistenza derelitta e di riscattarsi da una condizione sub-umana. Essi traevano l’energia creativa dai luoghi della loro infanzia, dove la vita scorreva tra tram, bus e automobili.

Luoghi del tempo accelerato e dell’elettricità, dove le luci artificiali permettevano di prolungare la vitalità anche nella notte. Energia dirompente succhiata dal rapporto tra la natura degradata e la cultura delle fabbriche di una società opulenta di materiali, di oggetti di consumo, e di comunicazioni. Una società effimera, però, perchè il movimento e la trasformazione non guardavano al futuro come a un punto di arrivo di un processo, ma erano energie da spendere in un eterno presente che non stava mai fermo. [1]

Qui si racconta del Futurismo Gotico di Rammellzee, nel quale l’ispirazione del linguaggio pop della vita contemporanea si fonde con le visioni oniriche e con la fantascienza. Di A One che correva sulla metropolitana newyorkese carico di bombolette spray a tracciare segni sui treni, forse per lui memorie delle locomotive agitprop della rivoluzione sovietica viste sulle riviste e sui fumetti. E poi del lavoro di tanti altri writers e della cultura pop-rock di un nuovo soggetto sociale in una metropoli a colori qual era, a quei tempi, New York. Di quella energia metropolitana in libertà stret-

tamente connessa all’anarchia della tradizione. Qui si racconta dell’evoluzione del movimento dei graffiti in una vera e propria

teoria artistica, delle sue declinazioni e trasformazioni, fino a giungere a una sorta di Neo-Futurismo.

Nelle appendici ci sono le biografie, le foto, e gli sviluppi del lavoro artistico dei graffitari più famosi, dopo che i riflettori si spensero e molti di loro affogarono nell’oblio.

Gli articoli sono stati pubblicati nella terza pagina del giornale

Corriere dell’Umbria, nelle date riportate.

Sabato 15 novembre 1983

Keith Haring, il pittore guerriero della subway newyorkese

Datemi uno spray e vi solleverò il mondo

Nell’epoca del ritorno al “manierismo” riemerge, prepotente, l’underground

Keith Haring, il pittore della sub-way newyorkese, il guerriero armato di gessetto e di bombolette spray, è finalmente sbarcato in Italia: prima alla Galleria Lucio Amelio di Napoli ed ora in quella di Salvatore Ala a Milano. Keith Haring è un artista americano, non a torto considerato uno dei capi dell’esercito di pittori-guerrieri che operano prevalentemente sui muri della metropolitana di New York.

Oltre alle opere esposte da Salvatore Ala, a Milano Keith h a d i p i n t o c e n t i n a i a d i m e t r i q u a d r i d e l n e g o z i o F i o ru c c i

Center di Corso Vittorio Emanuele utilizzando non meno di un quintale di bombolette spray.

I disegni ripropongono i suoi soliti graffiti: cani e bambini dentro a misteriose aureole radioattive, uomini-macchina e donne-robot, simboli precolombiani e croci precristiane. Simboli accumulati dallo sguardo di bambini tele-dipendenti, che svelano come l’era dell’elettronica non ha cancellato ma sem-

mai ridestato il rito delle antiche decorazioni atzeche.

Keith Haring traccia i suoi simboli con una pittura veloce, sintetica, diretta derivazione dei graffiti metropolitani che per anni ha dipinto negli spazi pubblicitari della sub-way di New York. Graffiti ormai riconosciuti come arte dopo che le più importanti gallerie americane gli hanno aperto le braccia. Secondo il critico Renato Barilli la pittura di Keith Haring è riu-

s c i t a a d a c c o n t e n t a re i l l o w - c u l t d i s t a m p o a l t e r n a t i v o e

l’high-cult dei galleristi, imponendosi all’attenzione dell’ambiente artistico americano prima e ora europeo.

Il suo comunque non è un fenomeno isolato, decine di kids di New York stanno entrando con le loro opere nelle più pres t i g i o s e g a l l e r i e , e a r t i s t i c o m e R o n n i e C u t ro n e , H o u s t o n

Ladda, Kenny Scharf, Judy Rifka, Richard Bosman, J. Michael

Basquiat, Rammelzee, sono presenti ormai nelle più importanti mostre di arte contemporanea.

Mentre si celebra in arte il ritorno alla pittura, al bel quadro, al manierismo, alla tradizione, all’antico, ecco riemergere

l’irruente corrente dell’underground. L’arte dell’Avanguardia ha dissotterrato l’ascia di guerra e batte il suo tam tam dalla periferia verso il centro, mescolandosi con i detriti e le macerie della città degradata, confusa tra i ghetti delle minoranze razziali e nutrita dal sangue della negritudine.

Se Ronald Reagan ha donato all’America l’immagine plastificata di una società opulenta e razionale, gli artisti si sono

rituffati nei detriti e nelle macerie: rovine spazzature decomposizioni. Essi si compiacciono di una regressione neo-primitiva, di un ritorno all’incolto, all’affastellamento caotico uomo/cose/animali e alla volontaria auto-degradazione. Il tutto sostenuto però dalla piena consapevolezza di una cultura ipercivilizzata dai computer domestici e dall’intelligenza

artificiale dilatata e onnivora alimentata dai mass-media e dalla circolazione ininterrotta dell’informazione.

Lo stesso Haring in un’intervista afferma: “ L’arte oggi è l’unica cosa che non può essere meglio fatta dalle macchine. Ciò che io cerco di mettere a fuoco è l’intreccio tra una certa evoluzione tec-

n o l o g i c a e l a r e s i s t e n z a d i c e r t i v a l o r i , d i c e r t i a t t e g g i a m e n t i

umani…Penso alla fame, al cibo, ai nostri stessi istinti. L’evolu-

z i o n e t e c n o l o g i c a p u n t a a l l ’ u o m o - m a c c h i n a , m a p e r s o n a l m e n t e

credo ad un altro futuro, in cui il ciclo si concluderà e si tornerà ad una cultura rituale”.

Questa nuova arte non è solo sotterranea ma anche di front i e r a . E s s a n a s c e n e l l e i m m e n s e p e r i f e r i e d i N e w Yo r k e s i

pone in uno spazio intermedio tra cultura e natura, aggressività e ironia, immondizie e raffinatezze. Gli artisti che la att u a n o s o n o i n e w k i d s d i N e w Yo r k : r a g a z z i g e n t i l i e sbarazzini che riempiono di segni i muri della città, le super-

fici lisce della metropolitana e gli stessi vagoni dei treni. Fuori dai grandi net work televisivi l’unica strada che a loro rimane

è quella del contatto diretto col pubblico, quella di invadere

con i loro colori la città intera scaricandoci addosso la loro voglia di vivere e di comunicare. I kids sono i nuovi dominatori della scena artistica newyorkese, portatori di un ’estetica dell’eterna infanzia che gioca a guardie e ladri a rischio della propria pelle, essi si lanciano in scorribande in tutta la città mettendola a ferro e a fuoco e saccheggiandola dei suoi rifiuti. La metropoli, e non solo New York, si è auto degradata per eccesso e ora, come in un immenso campo di guerra, offre f ru t t i s p o n t a n e i : m o n i t o r s , f e r r a g l i e d ’ a u t o , v e t r i i n f r a n t i , frammenti di mobili usati, fili elettrici, valvole, spinterogeni.

Natura e cultura, nella periferia di New York, sono perfettamente integrate: sono tutt’uno. Ed è in questa nuova dimensione urbana, dove gli alberi crescono tra le macchine e gli uomini tra fili elettrici e video-games, dove i bambini succhiano le immagini dalla televisione e dai mass-media, che l ’ e s e rc i t o d e i n e w k i d s h a e l a b o r a t o i l s u o g e rg o l i n g u i s t i c o barbaro e futuribile. Un gergo dalla forza insidiosa che sconvolge e annulla i regolamenti della comunicazione ufficiale. Un gergo che mescola natura animale e natura tecnologica, biologia ed elettromagnetismo.

In un’intervista rilasciata a Francesca Alinovi (giovane critica bolognese tragicamente scomparsa alcuni mesi fa) Keith

Haring così esprime il suo programma: “Biologia e tecnologia per me sono due forme di energia autonoma in diretto conflitto tra di loro. L’energia biologica naturale è quella prodotta dagli elementi

primari esistenti fin dalle origini del mondo: animali, esseri umani, acqua, fuoco, sesso. Ma ormai questi elementi convivono perennemente accanto ad altri fattori tipici della nostra epoca, come la televisione, il telefono, gli amplificatori, la bomba, gli elettroni, tutti prodotti specifici del XX secolo. Questi elementi combinati tutti assieme formano la nostra esperienza totale … L’età spaziale, fino ad ora, è stata soprattutto fantasia, nei prossimi anni diventerà realtà. Dalla nuova elaborazione della conoscenza prodotta dai computers verranno rivoluzionate anche molte concezioni attuali. Cambierà l’idea di Dio, cambierà il concetto di nazione, sostituito da un nuovo sistema di interrelazioni planetarie, cambierà la forma e la struttura stessa della guerra. Noi continuiamo a rimanere legati a vecchi concetti, ma intanto la tecnologia ci sta trasformando il mondo intorno.

Però è anche vero che la gente continua ad avere gli stessi problemi, gli uomini sono sempre assillati dagli stessi bisogni fondamentali e primari, quelli che ne definiscono la natura umana. Gli uomini non sono cambiati molto, tutto sommato, nei loro desideri e nelle loro ansie rispetto agli uomini delle caverne. La natura umana è sempre la stessa. In più ora la tecnologia ti controlla e tu non sai sfuggire a questo controllo tecnologico perché non possiedi i mezzi per definirti. L’uomo è debole.”

È forse questo bisogno di sfuggire al controllo, di difendere la propria identità, di opporsi alla tecnologia che ogni giorno ci fa usare tante cose di cui non conosciamo il funzionamento che porta i giovani americani a crearsi un loro lin-

g u a g g i o , u n l o ro c o d i c e , c h e t e n t a d i re n d e re p i ù u m a n o

quello freddo e razionale dei computers.

Keith scrive le sue calligrafie su qualsiasi superficie materiale disponibile. I suoi geroglifici assumono le forme sgangherate di immagini primigenie, la calligrafia si trasforma in ideogrammi frammentati nei quali domina il suo bambino radioso contaminato da animali e da macchine voraci. Senza coll e g a m e n t i , K e i t h , m e s c o l a n e l s u o b e s t i a r i o / o m i n a r i o

visionario elementi di alta tecnologia e di bassa istintività primordiale: umanoidi infantili, bambini degenerati in serpenti

tortuosi: figli della cultura della catastrofe e dell’apocalisse.

Figli della cultura dell’epoca sull’orlo del baratro della guerra atomica, dominata dall’incubo dell’eccesso e del disastro totale.

Keith Haring: cartolina invito per una mostra

Keith Haring: mostra personale, 1982
Keith Haring: Murale alla Marquette University Milwaukee, Wisconsin
Keith Haring: mentre disegna nella sub-way di New York

Venerdì 9 marzo 1984

I loro “graffiti” sono esposti nelle più grandi gallerie d’arte contemporanea. Vengono dai sotterranei del Bronx, dai dimenticati quartieri-ghetto dello straripante immondezzaio di New York

I Guerriglieri del colore

Scariche di segni, immagini, performance. E un capo indiscusso e venerato: Rammellzee, enigmatico protagonista di una banda armata di bombolette spray pronta a distruggere l’informazione massificante dei mass-media

Ormai è una vera e propria invasione. Dopo la mostra di Keith Haring alla Galleria Salvatore Ala di Milano i new kids newyorkesi stanno invadendo l’Italia. I loro graffiti vengono esposti nelle principali gallerie d’arte contemporanea e destano ovunque sorpresa e ammirazione.

Rammellzee a Martina Franca, A One a Milano, J. M. Basquiat a Roma … l’esercito dei graffitisti ha invaso la scena artistica italiana e sta innestando reazioni a catena nel mondo dell’arte.

Un esercito di guerriglieri del colore, una banda armata di bombolette spray, capeggiata dal negro Rammellzee. Una banda militare in piena regola che agisce prevalentemente nel Bronx e sui muri della sub-way newyorkese. Un esercito deciso a riprendersi il potere delle lettere e a trasformare il linguaggio in armamento per distruggere quello massificante dei mass-media.

I soldati di Rammellzee hanno nomi di lettere seguite da un numero, come A One, uno dei più famosi guerrieri della notte, B One, C One … Essi sono esponenti di quello che è stato definito il Panzerismo Iconoclasta ormai conosciuto in tutto il mondo. Già da tempo dominatori nella musica e nella danza, i negri d’America stanno imponendosi, per la prima volta, anche nell’arte. Oltre ai graffiti, con i quali riempiono i muri del Bronx e della sub-way, gli uomini di Rammellzee organizzano grandiosi concerti rap in quelle distese infinite che sono le piste di pattinaggio di New York, trasformate in megagalattiche discoteche. Ai concerti, affollatissimi, i new kids scaricano nell’aria, attraverso il megavoltaggio di megaamplificatori, la loro rabbia, il loro grido di sfida, il loro indecifrabile linguaggio che attraversa i nervi e il cervello come scariche elettriche. Meetings in cui si esprime, attraverso i più strani atteggiamenti, la cultura dei negri, che non è solo esplosione di energie biologiche, ma anche di logiche fondate sull’accumulazione di antiche tradizioni mescolate con la cultura ipercivilizzata dei computers. Una cultura sommersa, impenetrabile, rimasta insondata per tanti anni e che oggi con i graffiti si esprime in tutta la sua irruenza. I graffiti non sono solo selvaggi ma contengono una sorta di cultura superiore dove tutto è mescolato, combinato e ritrasmesso mediante scariche di colori, di segni e di immagini.

Il capo di questo esercito, che si fa chiamare Rammellzee, si sta imponendo come enigmatico e inafferrabile protagonista dell’arte dei graffiti. Rammellzee ha 24 anni ed è emerso dall’oscurità dei

sotterranei del Bronx, dallo straripante immondezzaio di New York. Un capo indiscusso e venerato che urla nei concerti rap, divorando al microfono raffiche di parole imparate sui fumetti e sui libri di filosofia. In queste performances, di alta intensità emotiva, Rammellzee, mentre grida, emettendo ogni tipo di suono, spara su metri di carta e di tela i colori delle sue bombolette spray. Rammellzee non è mai stato a scuola ma ha assorbito come una spugna tutto il sapere dell’uomo attraverso la televisione, i musei, i dizionari, e tutto ciò che la società dei consumi e dell’informazione gli ha messo a disposizione. Egli è padrone di tutti gli stili praticati dell’esercito dei graffitisti: dal Futurismo Gotico al Ninfismo, dalla Tecnica del Progetto alla Tecnica della Mappa, dal Panzerismo Iconoclasta al Panzerismo Mimetico. Tutti stili che rifondano su basi esclusivamente intuitive e visionare la scienza del linguaggio. Un continuo, inesauribile miscuglio di termini estrapolati da tutte le discipline dello scibile umano: dalla semiotica alla matematica, dalla fisica alle scienze occulte, il tutto mescolato con un gergo da bassifondi, con lo slang dei ladri e degli emarginati, dei carcerati e dei negri, delle comunità derelitte ed emarginate nelle grandi periferie di New York. La novità del linguaggio di Rammellzee sta proprio in questa sua indecifrabilità, in questo nebuloso miscuglio di diagrammi, equazioni matematiche e assurdità scientifiche di ogni genere, apprese dalle più banali divulgazioni di massa. Eppure le sue teorie hanno una loro logica, una loro scientificità, e colpiscono per la violenta immaginazione e per la capacità che hanno di rendere banale e super-

flua anche la più spavalda sicurezza comunicativa.

Così spiega Rammellzee: … noi scriviamo l’illeggibile. Io poi sono riconosciuto come master killer perché sono a capo di una banda armata, i membri della mia banda sono A One, B One, C One,… e io posso armarli, però sono anche totalmente autonomi di armarsi da soli. Quello che fanno le lettere armate è deviare la conoscenza della comunicazione verbale verso una struttura simbolica capace di contraddire la comunicazione verbale stessa, affermando lo slanguage, perché le lettere sono state rubate al loro luogo d’origine. La falsificazione del linguaggio è iniziata molto prima che iniziasse l’attuale cultura occidentale. La falsificazione è iniziata quando i popoli hanno deciso di differenziarsi gli uni dagli altri e quando hanno iniziato ad agire in modo diverso e a stabilire valori fonetici diversi dando origine a centinaia e centinaia d’anni di rapine, saccheggi, devastazioni. Il Panzerismo Iconoclasta non è il mio movimento. Esso è iniziato circa tremila anni fa da monaci religiosi che sono stati fatti fuori quando hanno perso il loro potere sulle lettere, e questo potere è stato preso dai re e dai vescovi e si è trasformato in potere militare.

Quello che noi facciamo con i graffiti è riprendersi questo potere Il titolo di graffiti era un titolo che nessuno di noi aveva mai usato, era un titolo, insomma, che ci era stato appiccicato addosso e che significa pressappoco sgorbio-scarabocchio o semplicemente scrivere-scribacchiare sui muri. Allora ci siamo chiesti “scrivere

che cosa?”, “ che cosa stiamo scrivendo?” senza saper rispondere. Così abbiamo cercato di scoprirlo e ci siamo accorti che stavamo scrivendo il Panzerismo Iconoclasta. Stavamo scrivendo la pratica di un armamento militare fondato su un simbolo di distruzione E il risultato che stavamo facendo usciva dai ricordi che noi avevamo ancora dei tunnell, del buio, dei topi, dei poliziotti, del binario della morte e della merda”.

A One è il più agguerrito tra i soldati di Rammellzee. A soli 18 anni già sta conquistando un posto nella storia dell’arte, annaspando con le sue lunghe dita nere tra i misteriosi codici delle lettere cifrate.

A One, nella rigida e gerarchica organizzazione dell’esercito di Rammellzee, ha il compito della difesa e del rinforzo della lettera

A. Egli è abilissimo a spruzzare con senno, e non con semplice e volgare istinto selvaggio, la vernice spray sui muri e sulle tele. Attualmente ha esposto delle grandi opere alla galleria Salvatore Ala di Milano che sta diventando il centro di ritrovo degli artisti graffitisti newyorkesi in Italia. Chi l’ha visto preparare queste grandi tele è rimasto impressionato dalla sua sorprendente abilità e velocità d’azione e di pensiero. Bombolette di colore spray e pensiero sembrano essere la stessa cosa. Anzi, si può dire che A One pensa con lo spray. Il suo segno corre velocissimo sulla tela o sul muro, ma non a vanvera o creando ghirigori senza senso. Ogni segno inventa un imprevisto, una sorpresa, un continuo incastro di situazioni che vanno a costruire un organico risultato finale. A One ha nel sangue

il frenetico pulsare della vita di New York e rivive questa vita nell’attimo del segno, nell’impetuoso spruzzo del colore spray. E in questo coacervo di situazioni le sue lettere e l’indecifrabile linguaggio appaiono simboli di indiscussa potenza.

“ … Le lettere stanno alle spalle della lingua, egli dice, e ancora

…se non ci fossero le lettere non ci sarebbe la conoscenza e senza conoscenza non ci sarebbero le case e senza case non ci sarebbe chi grida e se non ci fosse chi grida dove sarebbe Rammellzee? Lui grida e io sparo, con la vernice spray, perché questa è una vera guerra. La guerra delle lettere. L’assassinio delle lettere da parte di altre lettere armate. Il mio compito è di fare la guerra, ma non una guerra tra bande o tra uomini, ma la guerra delle lettere che uccidono altre lettere. Anche se la gente ha sempre combattuto a causa delle lettere. E può darsi che in futuro combatta ancora proprio a causa delle lettere”.

Rammellzee: Hell, the finance field wars, 1983

Rammellzee: Fiat 500 – Spray su carrozzeria auto, 1984

Rammellzee: Mettropposttersiter, 1985/86. (Galleria Lidia Carrieri, Roma)

Rammellzee: Atomic Futurism atomic Note Atomblast Mster , Olio spray, resina su moquette cm. 173x120, 1986 (Galleria Lidia Carrieri, Roma)

Un’opera di A One presentata alla Galleria Salvatore Ala di Milano nel 1983

ISBN: 9791282018128

Stampato a Palermo - Settembre 2025

Studio Byblos

Editore

Rolando Zucchini è nato nel 1947 a Foligno (PG) Umbria. Vive e lavora a Scandolaro, un paesino sulle colline umbre, in una antica casa – torre di avvistamento alle pendici del Monte Cologna. Laureato in matematica. Si occupa di pittura, installazioni, narrativa, e, ovviamente, di matematica. Ha partecipato alla mostra ASTRATTA (1988-1989). È presente nella Storia dell’Arte Italiana del ‘900 del prof. Giorgio di Genova, CAQ 2° tomo. Dal 1980 al 1990 ha recensito mostre umbre, nazionali ed estere, sulla Terza Pagina del Corriere dell’Umbria.

EURO 15,00

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