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Fatti duri e puri // Emidio Bernardone

// Emidio Bernardone

STRAFATTI

Fatti duri e puri senza metafora Armato di pazienza, dosi massicce di lassativo e una raccolta delle migliori istruzioni di shampoo e detersivi, mi accingo a combattere la stitichezza. Il fatto è che il mio intestino più che pigro è egoista e si rifiuta di condividere con il fondo di un sanitario in ceramica ciò che si è faticosamente guadagnato col sudore dei villi. E qui veniamo alla questione della proprietà privata. Provate a toccare a qualcuno la sua proprietà privata, fossero anche scarti organici, e vi salterà addosso pronto a masticarvi i capezzoli. Rubategli il futuro e vi stringerà la mano cercando di fottervi l’orologio credendosi incre-

dibilmente furbo. Se c’è qualcosa per cui questo essere a metà strada tra la scimmia e una tomba è disposto a combattere è proprio la difesa della sua proprietà e questo ci porta al tema della violenza. La violenza è brutta, sporca e cattiva, perciò se sei violento ti strappo i denti uno a uno e te li rinfilo su per le gengive, al contrario. Sempre perché la violenza ci fa davvero orrore festeggiamo la nostra bella repubblica che ripudia la guerra con parate militari e addestriamo migliaia di giovani a spedire messaggi d’amore a mezzo proiettile nel cranio. E comunque ricordate sempre, se la polizia turca si comporta come

abbiamo visto, trattasi di brutale repressione, se quella italiana fa esattamente le stesse cose è colpa dei black block e se tra i black block c’è qualche poliziotto prendetevela con un estintore o con un asteroide lanciato contro la terra da qualche facinoroso alieno, funziona sempre. Ora scusatemi ma suonano al citofono, probabilmente sono i testimoni del processo Ruby che vogliono convincermi che Dio esiste e organizza festini porno nella sua villa ad Arcore, ma non gliela darò vinta. Un saluto e come disse Madre Teresa di Calcutta: “Se non ti lecchi le dita godi solo a metà”. // D puntata


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più Grande, più Pieno, più Sudato Stra è cresciuto ed è diventato un paper blog. Che cos'è un paper blog? È un free press che unisce l'agilità del blog alla leggibilità di un magazine. In un 'estetica volutamente strapiena troverete idee, spunti, tracce, sentieri da seguire per un intrattenimento sempre nuovo.

Indicazioni d'uso Strazio+Strafatti pag.1 Straoccupato del mese pag.7 Straportfolio pagg.8.9 Stramusica pagg.10.11 Strarte pag.12 Stralibri pag.13 Strafilm pag.14 Straintervista pagg.16.17 Strafumetto pag.21

Tema del mese

Il Combattimento è il mio Letto di Riposo (Miguel De Cervantes)

Combattere è una cosa seria, antica, sincera. Come il riposo. Ogni giorno combattiamo contro nemici sempre più numerosi. È quello che chiamano "la Vita". Battaglie, duelli, assedi, guerriglie, sacche di resistenza hanno ormai una dimensione quotidiana, giornaliera. Dormiamo su giacigli di kevlar un sonno bellicoso che ci prepara alle guerre di domani. E di dopodomani.

Neftali e figli pag.23 Stravizio pag.26 Straweb pag.27 Stralife pag.28 Stralunario pag.31 Abat-jour pagg.32.33 Defenestrazioni pag.34

Creatività Comunicazione Swing Pubblicazione gratuita dell'Associazione Straoccupati - Vasto (CH) Direttore Responsabile Tania Tardiola Autorizzazione n. 137 del Tribunale di Vasto del 11/6/2013

straoccupati@gmail.com

Padre Fondatore del Mese Miguel De Cervantes (1547-1616) Da giovane scappa dalla Spagna per evitare il taglio della mano destra. Perde l'uso della sinistra qualche anno dopo a Lepanto. Viene imprigionato per anni e costretto a lavori forzati. Anziano scrive la storia dell'eccentrico cavaliere Don Chisciotte ispirandosi forse alla sua stessa figura curva e acciaccata osservata in uno specchio. Il tema del mese è tratto dal primo libro del Don Chisciotte della Mancia.

In questo numero uno: Marco Taddei, Luigi Fiore, Marco Keno Del Negro, Tania Tardiola, Emidio Bernardone, Davide Pasquale, Alessandro Pace, Umberto Palazzo, Michele Montagano, Vanni Fabbri, Marco Bassi, Alessio Marianacci, Emanuela De Notariis, Virginia Capoluongo, Giovanna Eliantonio, Lino e Miriam Fedeli Lupinetti , Mascia Di Marco, Francesca Bonafini, Alessio Romano, Giovanni Di Iacovo, Francesco Chiatante, Luigi Di Felice, Daniele Lucinato, Alessandro Di Pasquale, Fabio di Campli, Nicola Alessandrini e Lisa Gelli, Orlando Furioso, Barbara Giuliani, Francesco Bevilaqua, Riccardo Ferrante, Fabio Riccio, Stefano Sasso, Nicola Murri, Alessandra De Santis, Annagina Totaro, Paolo Diazzi, Federica Madonna, Gaetano De Crecchio, Francesca Caraceni, Enrico Pantani, Fabiola Lavecchia Cercateli e distruggeteli chiuso il 4 Luglio alle ore 04.00 - Il Cairo


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Straoccupato del mese

andrea fabrizii Curioso / Maniacale / Irascibile

La musica ed il cinema quanto contano nella tua vita? Sono nato con un’ attrazione morbosa per la musica, ma la mia vera passione, poi sfociata anche nel collezionismo è nata grazie al cinema italiano degli anni sessanta e settanta. All’inizio degli anni ottanta, grazie alla rapida diffusione delle TV private, il palinsesto televisivo era infestato da vecchie pellicole di genere di produzione italiana. Gialli, polizieschi, erotici, mondo movies, documentari, commedie e commediacce. Adoravo guardare questi film, i commenti musicali, le colonne sonore di certe pellicole mi facevano impazzire. Non sapevo ancora di che cosa si trattasse, che genere di musica fosse. Ricordo che registravo le colonne sonore direttamente dai film, accostando il registratore alla TV. Intorno al 1997, acquistai la prima raccolta dell’etichetta bolognese Irma, una compilation di brani utilizzati per le trasmissioni tv e i film. Si può dire che tutto è iniziato da lì. Il cinema viaggia di pari passo con la musica. Cerco film per le musiche, da alcune composizioni risalgo alle pellicole. Per me musica e cinema sono indispensabili. I luoghi della vita: cosa mi racconti del Link di Bologna? È stata un’esperienza meravigliosa. Ad oggi l’esperienza formativa più importante della mia vita. Il Link era un luogo di vera aggregazione culturale e scambio. Io facevo parte di Caotica Eventi, Clinio Occhi ne è stato il fondatore, responsabile della compianta Notte Vidal, il famoso giovedì del Link in cui si mescolavano vecchie e nuove tendenze d’ogni genere. È in quel luogo che ho sentito parlare per la prima volta di Retrofuturismo. Quanto è difficile promuovere arte, musica e cultura in Italia? Temo che insieme alla ricerca del lavoro, promuovere arte, musica e cultura sia una delle cose più difficili

da realizzare. Sono finite in fondo alla lista delle priorità. Nel tempo si sono perse nell’imposizione del “superfluo quotidiano”. In Italia (e non solo) bisogna riacquistare la consapevolezza della nostra competenza e della nsotra creatività. Che cos’è il Maze? Natale 2011, io e Giuseppe Spinozzi, dopo una jam session ci siamo raccontati gioie e dolori fino a dirci: “Ma perchè non apriamo un posto tutto nostro a Pescara?” In totale assenza di budget abbiamo realizzato il Maze. Il Maze è un vero circolo culturale alla ricerca continua di contenuti, dove è possibile fare letture, ascolti, visioni, riflessioni, tutte cose che stanno scomparendo dalla società di oggi. Il passato ci influenza molto, i modelli attuali sono imbarazzanti. Vediamo il Maze come un concetto esportabile. Come ti vedi tra 5 anni? Spero di continuare l’attività intrapresa con il Maze, creare una vera identità culturale nella città di Pescara. Il piano B mi vede in fuga verso un posto caldo...una sdraio in riva al mare, sul giradischi Lady Magnolia del maestro Piero Umiliani.

Intervista a cura di Luigi Slim Fiore

MINI BIO Sono nato a Pescara il 24 Maggio 1977. Ho studiato organo dai 7 ai 16 anni, rapito dalla Seattle Invasion passai al basso elettrico, pesando fosse uno strumento più rock’n’roll... ma mi sbagliavo! Dopo aver suonato il basso per anni passando via punk, math rock e jazz, sono tornato al mio strumento d’origine. Oggi sono l’organista di una band garage beat: I Farabutti. Ho studiato Cinema al DAMS di Bologna, sono rimasto in Emilia Romagna per 16 anni e devo tanto a quella meravigliosa regione. Nel 2011 sono rientrato a Pescara per aprire insieme al caro amico Giuseppe Spinozzi il Maze.

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Straportfolio Portfolio del mese è una rubrica che raccoglie progetti fotografici. Ci farà immergere nelle storie e nelle emozioni di chi ha scelto il linguaggio delle immagini per raccontare il mondo che lo circonda. È una rubrica pronta a lanciare stimoli attraverso temi differenti proposti ogni mese. Portfolio del mese si propone di essere un veicolo con il quale far conoscere i giovani fotografi in un panorama in cui l’eccesso di immagini prodotte rende sempre più difficile una loro chiara identificazione.

MARCO LACHI

How does it feel to be leaving the most beautiful city in the world? È un progetto di documentazione fotografica di Cape Town (Sud Africa), nato dalla collaborazione tra il fotografo Marco Lachi e lo scrittore Olufemi Terry. Il lavoro si snoda intorno alla percezione estetica di Cape Town ed alle sue realtà dense di contraddizioni. Il risultato è un libro che attraverso fotografie di paesaggio rende esplicita la quotidianità della città sudafricana con il suo golfo, i suoi palazzi, i suoi ritrovi. Ad un certo punto però lo sguardo del fotografo si sposta: appaiono muri, recinzioni e telecamere a circuito chiuso. Una serie di costruzioni, versione avanzata delle cittadelle medioevali, protette da mura, torrioni e ponti levatoi, galleggiano come isole nel tessuto urbano. Bastioni e serrature elettroniche tengono i pericoli del mondo esterno lontani, sono strategie che ci raccontano in maniera asettica la paura urbana. Una paura che deriva dalla presenza dei cosiddetti malintenzionati, quelli che hanno intenzioni se non brutali, per lo meno non pacifiche, belligeranti. Questa tribù di malintenzionati sta dall’altra parta della porta di casa, sono gli esclusi dal salotto familiare, ed incarnano tutte le paure e le ossessioni del mondo contemporaneo. Marco Lachi ci racconta questa demonizzazione dei malintenzionati, che a Cape Town è diventata effettiva, tangibile paura di esserne vittima. Un fenomeno generalizzato che ha portato ad una realtà deviata: si investe sempre di più nella sicurezza e meno nella prevenzione della povertà e delle conflittualità inter-etniche, evitando di integrare tutti i gruppi sociali (bianchi e neri, ricchi e poveri) in un concreto terreno comune che è quello delle istituzioni pubbliche e della legalità.

mini bio

Marco Lachi nasce a Firenze il 5 giugno del 1979, si diploma presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze. Nel 2010 nasce la collaborazione con lo scrittore Olufemi Terry, che porterà alla nascita del libro: How does it feel to be leaving the most beatiful city in the world? (sarà pubblicato a settembre 2013 da Documentary Platform). Collabora con Abitare, Il sole 24ore, Sportweek, Iodonna. I suoi lavori sono stati esposti in diversi musei tra i quali il Maxxi di Roma, Le Bal a Parigi, Finnish Museum of Photography ad Helsinki.

a cura di Alessandro Pace



10 Stramusica

Il loft

Mettetevi comodi e godetevi il panorama Contrariamente a quello che si crede i dischi di Bowie Low, “Heroes” e Lodger non sono stati prodotti da Brian Eno, ma da Tony Visconti, che è anche il produttore dell’ultimo The Next Day oltre che di buona parte dei dischi del Duca Bianco. Eno in Low e “Heroes” è intervenuto solo quando le basi delle canzoni erano già state registrate e ha trattato i suoni con il suo EMS Synthi, un sintetizzatore arcaico oggi, ma futuristico allora. L’idea di chiamare Robert Fripp fu di Brian Eno. Comunemente si pensa che la famosa linea melodica della canzone “Heroes” sia stata fatta con un e-bow, un magnete che permette di allungare le note all’infinito. In realtà Fripp ottenne le note dal semplice feedback della chitarra regolando la distanza dall’amplificatore. C’erano linee di nastro adesivo sul pavimento come punti di riferimento. Il testo di “Heroes” fu scritto in un’ora di pausa. Si registrava all’Hansa Studio e le finestre della regia davano sul muro di Berlino. Bowie allontanò tutti per concentrarsi sul testo e dalla finestra vide Tony Visconti e la corista del disco che si baciavano sotto il muro. Visconti era sposato e quella relazione era segreta. Al ritorno di Visconti, Bowie incise la parte vocale alla prima take, come suo solito. Nella seconda facciata di “Heroes”, quella strumentale, Bowie suona anche il koto e il sax. Bowie sostiene di non essere capace di suonare, ma basta ascoltare la musicalità di queste sue improvvisazioni per capire che anche questa è una delle sue famose non verità. I brani strumentali di Low sono rielaborazioni di pezzi scartati dalla colonna sonora dell’Uomo che cadde sulla terra. La collaborazione con Brian Eno nasce da quei pezzi. Berlino fu scelta per il fascino che Bowie provava per Kraftwerk, Cluster e Neu. Il chitarrista dei Neu, Michael Rother fu prima convocato, poi si preferì, in termini che rimangono misteriosi, non farlo partecipare alle sessioni di registrazione. La canzone “Heroes” è virgolettata perché è una citazione del titolo della Hero dei Neu, uno dei pezzi preferiti da Bowie in quel periodo. Curiosamente la band base che ha registrato questi tre album considerati la base del rock bianco privo di influenze blues che sarebbe diventato poi il post punk era formata da tre musicisti di colore: Carlos Alomar, Dennis Davis e George Murray. // Umberto Palazzo

lo scantinato

Microchiacchiere in una stanza senza finestre / Bachi da Pietra Mutevoli e oscuri, insetti predatori che tarlano la roccia e penetrano la psiche. Al quinto album la granitica unione artistica tra Succi e Dorella cambia i propri connotati musicali e si getta a capofitto nell’hard rock. Battaglieri e duri come il marmo. Un quintale di stone(r) tutto da disintegrare. Il Baco è mutato. Cosa è uscito fuori dal bozzolo? Un insetto mutante, che da quasi-muto, mutando, si è fatto molto sonoro: un bacoleottero umanoide metallico corazzato da un quintale. Circa.
 Qual è il peso di un quintale in musica? Non è un gran che. Ma per un insetto, se ci pensi, è già un bel po’. Se doveste combattere contro qualcuno o qualcosa contro chi vi abbattereste? Contro noi stessi. Siamo i responsabili di tutto. Noi facciamo e disfiamo di continuo.

Se ci sono responsabilità in qualche cosa che ti riguarda, è meglio cominciare dalle più vicine: le tue. Tutto il resto sono belle parole e le trovate nelle canzoni degli altri. Meglio strisciare per vivere o alzarsi e morire?
 Fuori dalle belle metafore, nei fatti, strisciamo per morire. Pensate che l’organizzazione della società degli insetti sia migliore di quella umana?
 In natura non esisteno bisogni o aspirazioni che portino gli esseri a commettere errori, orrori o crudeltà. La natura è perfetta, a parte l’uomo. Ma credimi, né io né Dorella siamo adatti a parlare di organizzazione, tanto meno umana... Chi ci conosce lo sa. L’organizzazione non è il nostro forte.

a cura di Michele Montagano foto Gabriele Spadini


Stramusica 11

IL GRASSO CHE COLA

shorts

CCC CNC NCN / Suicidio Modo D’Uso (Nautilus Autoproduzioni, 1989) Nel 1982 esce Suicide, Mode D’Emploi, guida al suicidio come possibile tattica rivoluzionaria scritta da Claude Guillon ed Yves Le Bonniec; in pratica un invito a combattere, resistere, vivere, con la consapevolezza dell’opzione suicidio. Questa sottile ironia viene (di proposito?) travisata e il libro viene censurato e condannato ovunque. Nel 1989 il collettivo di artisti e performer anarchici CCC CNC NCN decide di intitolare così il loro primo ed unico album su vinile. Il gruppo, proveniente da El Paso, storica ‘casa occupata’ di Torino, sceglie l’anonimato e rifiuta le logiche dello showbiz presentandosi sempre a viso coperto. Non conosciamo nemmeno i titoli dei brani. Rarefatti ed inquietanti suoni industrial/ambient ci introducono al primo vero brano dell’Atto Primo, una lenta tortura plasmata sul modello degli Swans con in più l’utilizzo di suoni industriali in senso stretto, di scuola Test Dept. C’è spazio anche per un velato riferimento alla RAF, gruppo di lotta armata tedesco i cui membri finirono tutti suicidati dalla Repubblica Federale Tedesca nel carcere speciale di Stammheim, sito edificato apposta per loro. Nell’Atto Secondo sono più frequenti utilizzi umanoidi degli strumenti musicali, svelando così la natura punk del collettivo e avvicinandoci a sonorità più affrontabili (post-punk ad esempio) pur sempre in tono parossisticamente oscuro, sinistro e decadente, quando non macabro e grottesco. Per chi vi scrive il disco in questione è una delle uscite più importanti nella storia della musica italiana in assoluto, l’unico esempio di autentico punk/industrial mai apparso sul nostro territorio. Se mai questo mostro sia davvero esistito. // Vanni Fabbri

Bachi da Pietra / Quintale (La Tempesta/Woodworm 2013). Il Baco è uscito dal bozzolo. L’unione bellica di un duo che vale quanto mille eserciti. Quintale esprime a pieno il peso del conflitto a suon di hard-rock, stoner e noise. Smitragliate verbali del paroliere Succi che, tra citazioni e critiche più o meno lampanti, segna un distacco col passato e regala un album che non fa prigionieri. Carri armati ritmici a guida del maestro Dorella. Tagliare la pietra come se fosse burro.

La recensione che non ti aspetti

affondo

BIG ONE

Joshua Redman / Walking shadows (Nonesuch Records, 2013) La battaglia ancestrale dei figli contro i padri. Sul binario emotivo del blues, Joshua Redman prosegue la sua personale discesa all’inferno come prodigio del jazz, allevato dal padre Dewey a raffiche di note e pomeridiane con gli amici di famiglia: Ornette Coleman e Keith Jarrett per commensali. 15 album come band-leader, primo con un intero ensemble orchestrale. Brad Mehldau e Brian Blade nel combo acustico. 12 ballad presentate come la sporca dozzina dei sentimenti. Oltre gli inediti, Bach e Lennon-McCartney tra gli autori. Il sicario delle ance, autore noir di Jazz Crimes, posa il mitra e si inventa griot. Una secchiata di anima soul. Il preludio introduttivo di Stardust al solo sax, vale almeno tutti i vostri cento dischi di jazz. Lasciate perdere se avete prenotato per Ibiza. // Marco Bassi

Franco Battiato / Fetus (bla bla records, 1972). Dopo aver fallito agli esordi una carriera da cantante di canzonette, Battiato decide di seguire le proprie inclinazioni culturali e artistiche. È da qui che parte il percorso che lo porterà ad essere il più originale e sofisticato cantante pop italiano. Fetus è un disco di avanguardia per le masse in cui la forma canzone di matrice pop viene rivoluzionata negli arrangiamenti, nei timbri e nella ricerca testuale. Il disco è un lucido viaggio psichedelico sul processo che porta dalla cellula alla nascita. Musicalmente domina il synth analogico VCS3 usato in contrasto alle chitarre acustiche, melodie dal sapore orientale vengono giustapposte a rumorismi e a ripetizioni strumentali ossessive kosmische musik. La chiave dell’album è la formula x1 = A*sen (ωt), x2 = A*sen (ωt + γ) cantata in Fenomenologia. // Alessio Marianacci

Alternative di profondità

Aspettando quello grosso

a cura di Michele Montagano

Fine Before You Came / Come Fare a Non Tornare (Legno/La Tempesta Dischi 2013) Quella degli alfieri dell’emo-core italiano è una battaglia vinta nel mondo musicale DIY (album rilasciato secondo le proprie esigenze senza velleità d’alcun tipo) ma al tempo stesso persa nell’ambito dell’esistenza. Testi essenziali, personali, stracciati di vita vera, sonorità rallentate e melanconicamente estremizzate. In questi cinque pezzi, pregni di dolore e sincerità, la guida a come scomparire lentamente. Metz / S.T. (Sub Pop 2012) I Metz sono i figli marci ed anfetaminici degli anni ‘90. Una pioggia di feedback, il nervo teso delle percussioni che palpita ad ogni skip, l’urlo che ti entra dentro e sa di aneurisma imminente. Sono il rinculo del Remington calibro 20 di “flanella” Cobain (Wasted), sono i trip acidi e dissonanti della Gioventù Sonica (Rats, Nausea), il ghigno famelico di David Yow (Get Off), la visceralità primigenia dei Drive Like Jehu. Come passare un chiodo sul vetro bagnato.

Ascolto del mese

Machweo / Leaving Home (Flyning Kids Records, 2013) Machweo fa fredda, mortale e lenta musica da ballare. Piccoli omicidi seriali tra amici discotecari.


12 Strarte

DEGNO DI (de)nota

crampi

Può un collage diventare un coltello da cucina? Eh si. Per sapere come, bisogna andare dietro le quinte del teatro artistico del primo dopoguerra berlinese, per scovare il lavoro battagliero di un’artista che del collage ha fatto la propria arma di dissidenza politico-sociale: Hannah Höch. La sua opera più nota ha un titolo d’effetto: Taglio con il coltello da cucina attraverso l’ultima era germanica della cultura del ventre pieno di birra della Repubblica di Weimar. Pance birrose collegate a materia grigia sopita, tremate: la Hoch taglia ventri d’ottusi con maestria degna del cacciatore che fece uscire dal ventre del lupo Cappuccetto Rosso. Senza però versare una gocciolina di sangue, tagliando e incollando fotografie e carta stampata. Nella società androcratica segnata dalle due guerre mondiali, in cui le donne avevano diritto di voto in pochissimi Stati d’Europa, la Hoch era protagonista del Dada berlinese, ma per la critica è passata in secondo piano rispetto ai suoi colleghi fallomuniti, fino agli anni ’80. Eppure le sue opere, dai collage alla pittura, hanno una forza dirompente e un’intensità affascinante che la catapultano tra i migliori artisti dell’epoca. Il suo assemblaggio di figure, apparentemente casuale, è un “je accuse” contro totalitarismi e accademismi, conservatorismi e perbenismi, rivelando una figura di donna indipendente che rivendicava il protagonismo femminile nella storia, nell’arte, nel pensiero della società occidentale. Ha resistito anche al regime Hitleriano, non è fuggita negli anni ’30, è rimasta a Berlino e, bollata dal nazismo come “culturalmente bolscevica”, le fu vietato di esporre. Ma non ha mai deposto le armi di carta. // Emanuela De Notariis

Opera: The Sum of All Evil Artisti: The Chapman Brothers / Anno: 2012-2013 Dove: White Cube, Hong Kong in mostra fino al 31 Agosto 2013. Una moltitudine di nazi-soldatini di plastica, una fossa comune ucraina, numerosi Ronald McDonald crocefissi, zombie e fast food carbonizzati, c’è anche un piccolo Hitler nascosto sulla collina a dipingere. Tutto in un apocalittico scenario creato dai fratelli inglesi Jake e Dinos Chapman, che mettono insieme anacronisticamente varie forme di Male in un’enorme installazione: The Sum of All Evil, un meraviglioso/orrendo mondo in miniatura. I personaggi nazisti non sono nuovi nell’iconografia umoristica e surreale dei fratelli Chapman, nel 2008 ad esempio inseriscono in un campo da minigolf una statua di Adolf Hitler attraversata da un tunnel che alza il braccio nel saluto fascista e grida Nein Nein Nein quando una pallina la oltrepassa. Per deridere il dittatore tedesco hanno anche comprato alcuni dei suoi acquerelli originali ridipingendoli con arcobaleni colorati: If Hitler Had Been a Hippy How Happy Would We Be. // Jukuki

Arte, defibrillatori e contraerea

AUTOPSIE

La collezionista e l’anatomopatologo

Autore sconosciuto \correre\paura\grida\spingi\schiaccia\cadi\ disperazione\raccogli\conta\nonfermarti\scava\rabbia\collasso\disorientato\debole\lacrima\sangue\perchè\no\basta\ora\dimentica\ annegare\calore\stretto\sudore\attesa\niente\ricomincia\spossato\ egoista\sopravvivere\senza\ultimo\singhiozzi\pochi\abbandono\ mancanza\lacerato\impotenza\possibilità\insetto\morte\perdono\ amore\morte\morte\morte\solo\morte\lino miriam fedeli lupinetti

Itinerari d’arte per sociopatici

lapislazzuli

Fotografia ed altre gemme preziose Stamattina mi sono alzata e al terzo caffè ho deciso di cliccare su spencertunick.com, scegliere il codice colore della mia pelle e poi iscrivermi tra i volontari. 1.200 sulle rive del Mar Morto, 5.200 sui gradini del Teatro dell’Opera di Sydney, 200 a Piazza Navona, 1.800 sugli spalti dello Stadio Happel di Vienna, 650 nel reparto cosmetici di Selfridges, 7 collezionisti per le vie di Milano, 1.700 nella Max-Joseph-Platz di Monaco, 2.000 a Helsinki, 600 a Miami Beach, 1.100 a San Sebastian, 2.800 nella Baia di Dublino, 100 a Basilea e a Salford, 1.000 al Blarney Castle di Cork, 18.000 a El Zòcalo a Città del Messico, 7.000 a Barcellona. Poi c’è NY, Montreal, San Pietroburgo, Santiago del Cile, Parigi, Buenos Aires, Lisbona, Melbourne, San Paolo, Buffalo e Caracas. Tutti nudi nelle piazze o nei parchi per disegnare un nuovo genere di land art umana fatta di spazio e tempo alle 6 della mattina. Per questo Spencer Tunick è stato arrestato 5 volte per atti osceni dal 1992, ma ha anche vinto il Bachelor of Arts. Nulla a che fare con trasgressione o sesso, è un’operazione democratica di liberazione ma spesso anche di denuncia, come nelle foto per Greenpeace contro lo scioglimento dei ghiacci eterni o quelle scattate dopo la fuoruscita del petrolio nel Golfo del Messico. Spencer Tunick aspetto la tua mail! // Giovanna Eliantonio


Stralibri 13

sidecÀr

mandibola

bad boys

Fiabe italiane, Italo Calvino (Mondadori, Collana I Meridiani, 2012) Trame politiche, congiure, principesse da salvare, lotte estenuanti con animali fantastici, riconoscimenti finali e un fresco venticello di ribellione nell’aria. Quando nel 1954 a Calvino venne proposto, dall’editore Einaudi, di raccogliere le più belle fiabe italiane, a lui, che aveva fatto da sempre del sogno, della fantasia visionaria, della fiaba come metafora di vita una bandiera della sua poetica, corse un brivido lungo la schiena. Di piacere, s’intende, se accettò dopo qualche dubbio quello che considerava a ragione un lavoro lungo e difficile. Me lo immagino, con quei sopracciglioni aggrottati e lo sguardo severo, chiuso in un felice isolamento e perso tra centinaia di pagine dimenticate. Raccogliere, catalogare, riscrivere con la leggerezza e lo stile che lo caratterizzavano, duecento favole della tradizione folklorica italiana, in un viaggio quasi allucinato nella memoria e nell’Italia contadina da nord a sud. E come in ogni favola che si rispetti, nell’eterna lotta fra il Bene e il Male alla fine è sempre il primo a spuntarla. Zuccherino per bambini creduloni, ovvio, ma se ricominciassimo a crederci un po’ anche noi? // Mascia di Marco

Il soccombente, Thomas Bernhard (Adelphi, 1985) Come mai le genti s’incaponiscano a battagliare e dannarsi con intento prevaricante anziché voler del bene ai propri limiti, vallo a capire. Mica il valore della persona è relativo alle abilità, il valore è a prescindere, è assoluto: ognuno è unico e irripetibile e ontologicamente bellissimo, benché la mendace mondanità s’ostini a inculcare il fasullo contrario. La catastrofe dell’invidia e del paragone che annichilisce ce la racconta Bernhard in un combaciare di lingua e materia narrata, ovvero significante e significato stan lì a baciarsi in incastro perfetto. Lo stile ossessivo asfissiante ben rende l’angoscia di chi, per ambizione, soccombe per sua stessa mano, trascinando con sé nell’infelicità quanta più gente possibile: «Wertheimer non era capace di vedere se stesso come un essere unico al mondo, mentre in effetti è così che ciascuno di noi può e deve concedersi di vedere se stesso se non vuole cadere in balia della disperazione, ogni essere umano, comunque sia fatto, è un essere unico al mondo, io stesso me lo dico di continuo e con questo son salvo.» // Francesca Bonafini

L’Amore è un Cane che viene dell’Inferno, Charles Bukowski (Guanda, 2007) È il più cattivo di tutti i cattivi maestri. Non c’è uno di noi che dopo avere letto un suo libro (e non c’è nessuno di noi che non abbia mai letto un suo libro!) non abbia fatto come lui quando, ubriaco e senza un centesimo, scovò una copia di Chiedi alla polvere e gridò alla troia di turno: “Non chiamarmi figlio di puttana, io sono Arturo Bandini!”. E noi tutti, almeno una volta, abbiamo gridato al mondo di essere Henry Chinaski. Nei nostri taccuini di vecchi sporcaccioni c’è almeno un racconto di ordinaria follia con erezioni ed eiaculazioni. Ma i più onesti di noi hanno subito capito che lui, lo scrittore che tutti riescono a leggere, il poeta più venduto del ‘900, è e rimarrà per sempre unico e inimitabile. Scimmiottarne la vita e/o l’opera è patetico e inutile. Il suo libro che preferisco è di poesie: L’Amore è un Cane che viene dell’Inferno. Non venitemi a dire che Charles Bukowski è uno scrittore facile: vi manderei al diavolo. Se non ti piace Bukowski o non hai capito nulla della letteratura o non hai capito nulla della vita o, e questa è l’ipotesi più probabile, non hai capito nulla di nessuna delle due. // Alessio Romano

Guida tu, io sto leggendo

I nutrimenti di Bonnie

I cattivi maestri all’opera

BOOkAkKE

Tutto quello che Pornotube non è ancora riuscito a spiegarvi Portami tante rose di Tenera Valse (Cooper, 2011) Portami tante rose, titolo del libro di cui parliamo questa volta, può sembrare un invito piuttosto romantico ma non lo è. O, meglio, lo è in un modo differente. Nel gergo clandestino degli incontri di domanda-offerta di alcune particolari categorie di escort, portami cento rose, indica semplicemente la cifra di euro per questa o quella prestazione. Esattamente a questo fa riferimento l’autrice del libro cioè Tenera Valse. La seconda parte del suo nome è l’anagramma di Slave (schiava) ed è appunto, nella vera vita, una escort che lavora in proprio e che si offre per giochi di ruolo sessuali in cui lei interpreta la sottomessa. Il libro è uno straordinario diario in presa

diretta delle esperienze fortissime e dolci, intriganti e ironiche, affascinati o grottesche della sua vita. Il libro è assolutamente ben scritto, con un grande ritmo e una profonda intelligenza, che fa subito capire che ci troviamo in presenza di una vera scrittrice, impressione confermata dal suo successivo libro, un romanzo, dal titolo Anatomia della Ragazza Zoo. Tenera Valse ci proietta all’interno del vero e segreto cuore delle pulsioni e passioni umane, con crudezza, semplicità, lucidità e utilizzando ad arte gli arnesi della narrazione. Offrendoci riflessioni che ci aiutano comprendere alcuni profondi meccanismi che a volte neghiamo ai nostri stessi occhi. // Giovanni Di Iacovo


14 Strafilm

L´anticipo

SERIE Z

Far East

La leggenda di Kaspar Hauser (Davide Manuli, Italia 2012) Il criptico, taciturno e androgino Kaspar Hauser (Silvia Calderoni) arriva, trascinato dal mare, su un’isola sconosciuta e semidisabitata, dove la manciata di abitanti del luogo l’aspettava da tempo. Le reazioni al suo arrivo saranno le più disparate.“Kaspar Hauser era un santo, un idiota, un impostore… o semplicemente il loro Re?”, così si apre il nuovo film di Davide Manuli che ci trasporta in questa messinscena d’autore tra lunghe pause, ironie, visioni, assurdità e fantascienza. Protagonista di questa affascinante pellicola è l’incontrollabile attore/ musicista Vincent Gallo qui nella duplice parte di Sceriffo e Pusher e protagonista incontrastato dell’intero film. La stupenda fotografia in bianco e nero esalta i paesaggi di una terra, la Sardegna, che si presta a luogo imprecisato tra mare e deserti. La divisione in capitoli, le continue statiche inquadrature che alternano silenzi e parole in più lingue (persino Gallo parlotta in italiano!), la piacevole musica elettronica di Vitalic, martellante al punto giusto, e un’intrigante ricerca simbolica (con tanto di nomi scritti sui personaggi) fanno il resto! // Francesco Chiatante

Howling 2 (Philippe Mora, USA 1985) Sequel del classico di Joe Dante - tenta la via di Hunger, ma Mora, pittore e regista, fa qui tanta plin plin. H2 è montato col criterio che fece del secondo film di Dennis Hopper un boh a caso. Forse unico film USA con un fuoristrada Lada Niva (produzione sovietica), è metafora dell’epopea Cannon Group, il Ronzinante di Menhem Golan che la rilevò-cavalcò dal fallimento per consegnarla ad un fallimento over the top. Cannon contribuì a inventare la grana anni 80 ch’oggi piace agli hipster e alle loro pulitissime ragazze. | Questa Golan’s Ride merita una telecronaca: minuto 07.05 Christopher Lee vestito da punk pedina alcuni malaticci che sembrano i Magazines (vedi tutto il rimosso della new wave) | 14.00 Appaiono pezzi di scenografia di Blade Runner | 29.40 Festino DC con vecchia signora trasformata in scambista: è Stirba la Licantropa. Poi trafila di transizioni: a rombo, a spirale e (forse) a stella | 34.28 Stirba si strappa il reggiseno e lo rifarà a: 1.22.51, 1.22.53, 1.23.10, 1.23.14, 1.24.03, 1.24.05, 1.24.53, 1.25.01. La cavalcata selvaggia di Golan verso l’autodistruzione. Distribuzione DVD: Storm Video - Moviemax Media Group. // Luigi Di Felice

Una tomba per le lucciole (Isao Takahata, Giappone 1988) Come si può guardare in faccia la guerra? Come possono due bambini innocenti essere abbandonati in un mondo che brucia? Questo è l’affresco che Isao Takahata ci dà con Una tomba per le lucciole film d’animazione del 1988. Ispirato all’omonimo romanzo di Akiyuki Nosaka che aveva vissuto la terribile esperienza del bombardamento della città di Kobe nel giugno del 1945 in prima persona, questo film ci proietta nella cruda realtà di una guerra dove non ci sono eroi ma solo uomini soli, anzi bambini spaventati che vogliono solo vivere felici. 21 settembre 1945: alla stazione di Kobe il 14enne Seita muore di inedia. Il suo fantasma ripercorre i tragici eventi degli ultimi quattro mesi: i bombardamenti americani, il corpo agonizzante della madre sfigurato dalle ustioni, il ricordo del padre con la sua bianca uniforme da ufficiale a difendere la gloria dell’Impero, Seita e la sorellina Setsuko soli contro il mondo. E poi il terrore, i furti, la povertà, la fame. Le soffocanti notti estive erano rischiarate solo dai flebili bagliori delle lucciole, ma all’alba non ne rimaneva più nessuna viva e l’unica cosa da fare era seppellirle per donare loro la pace. // Daniele Manga-Man Lucinato

Streming or not streaming?

Il fondo del barile

C'era una volta l'Oriente

Terra Incognita Là dove si spingono solo i veri cinesploratori

Jîn di Reha Erdem, 2013 (122 minuti) Nella natura incontaminata, a cavallo fra le montagne e la foresta, Jîn, una guerrigliera curda di 17 anni, abbandona di nascosto la propria squadra, in fuga da una guerra con cui non vuole più avere nulla a che fare. Ancora armata del proprio fucile, in breve tempo si ritrova chiusa fra due fuochi, costretta a correre, a ripararsi dai bombardamenti, esattamente come gli animali che abitano questi luoghi, vittime innocenti di una battaglia che non li riguarda. E proprio come questi animali, con cui comunica e che spesso le vengono in aiuto, Jîn è impaurita ma allo stesso tempo forte ed in grado di cavarsela da sola in un territorio inospitale, capace di recuperare cibo e sopravvivere al freddo. Il suo tentativo di lasciare questi luoghi, diri-

gendosi verso le pianure, alla ricerca delle grandi città e all’inseguimento dei propri sogni, le dimostra ben presto che la civiltà può essere ancora più inospitale dei luoghi da cui proviene. In un mondo condizionato dagli scontri, dove l’innocenza è sempre in pericolo e dove l’unica grazia è quella della natura, è difficile per una ragazzina realizzare i propri desideri e cambiare il proprio destino. A metà fra la critica sociale e una fiaba, questo film incanta con i suoi paesaggi fantastici, merito della cura estetica tipica del regista turco, ma riporta anche alla mente il conflitto fra la Turchia e i guerriglieri Curdi, in cui hanno preso parte anche numerosi bambini, allontanati dalle famiglie e costretti ad entrare a far parte dei guerriglieri. // Alessandro Di Pasquale



16 Straintervista

Virginia mori Bianco / Nero / Grigio

Quale simbolo sceglieresti per il tuo vessillo da battaglia? Un letto Fin dove arriveresti a piedi? Fin dove serve Com’è nata la figura delle tue signorinelle nerovestite? Non saprei , ho sempre disegnato signorinelle, ora sono prevalentemente nerovestite ,ma la cosa potrebbe cambiare... Quante penne consumi al mese per disegnarle? 5 o 6 dipende, non lo so con precisione perchè ne inizio di continuo, dopo un pò che la usi la punta inizia ad avere un tratto diverso e l’inchiostro è più denso, a volte mi serve un tratto più preciso e allora ne comincio una nuova... (ammetto che è abbastanza paranoico come comportamento..) Tra di loro sono sorelle? Figlie? Madri? Vicine di casa? Si anche, sono tutte diverse e tutte la stessa persona, sono simboli, a volte rapresentano anche luoghi , uomini o stati d’animo. L’allegro sadismo delle tue opere è di un fascino innegabile: a cosa devi una miscela così equilibrata? Grazie mille, penso che lo devo al mio allegro sadismo :) Le tue vivide scene di docile tormento quotidiano quando ti vengono in mente? Quando ti siedi al tavolo da disegno hai già qualcosa in mente? Spesso sono trasposizioni di incubi, allegorie, metafore di eventi realmente accaduti a me o a persone a me vicine, mi vengono in mente quando ripenso a quei sogni o a quegli eventi, se ho tempo di disegnare lo faccio subito, altrimenti butto giù uno schizzo. Un conto è disegnarle, ma cosa provi ad animare le tue fanciulline? Animare è un pò un’ illusione, in fondo si tratta sempre di disegnarle semplicemente con ancora più ossessione... Ti piaceva giocare a nascondino da piccola? Non saprei, mi metteva un pò di ansia, sia contare che nascondermi... Dove vorresti farti seppellire? Mi piacerebbe essere seppellita nella terra senza bara, ma visto che è impossibile credo che mi farò cremare, dove di preciso non lo so ancora...ma non mi interessa forse. Che rapporto hai con le clessidre? E’ un bellissimo oggetto, penso che lo disegnerò molto presto. Cosa pensi della pornografia? È divertente Odio e amore. Mi definiresti queste due parole? Scusa devo andare.... :)


Straintervista 17

Che ne pensi delle doppie identità? Curiose Tra Sancho Panza e Don Chisciotte chi scegli? Don Chisciotte, ma anche i mulini a vento.. Cosa distruggerà il mondo? Non so, forse un meteorite? Tanto per essere originali... Qual è il primo colore di cui hai memoria? Il bianco Come preferiresti eliminare il tuo peggior nemico? Non lo eliminerei... Secondo te cosa c’è in fondo all’abisso che c’è dentro ogni essere umano? Niente Mi suggeriresti un libro da leggere per non stare tranquillo la notte... Mi dispiace leggo molto poco in questo periodo preferisco osservare... Cosa pensi del tuo corpo? Quale? Come distruggeresti la tua intera opera? Dipende dai giorni, oggi gettando “i disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio” (cit.)

Intervista a cura di Marco Taddei

Mini bio

Nasce a Cattolica nel 1981. Vive e lavora a Pesaro. Dopo il diploma al Liceo Scientifico, si perfeziona in Illustrazione e Animazione all'Istituto Statale d'Arte di Urbino, esperienza formativa che contribuisce a costruire e consolidare il suo immaginario artistico e che le permette di muovere i primi passi nella realizzazione di corti di animazione tradizionale e nell'illustrazione.



Virginia Mori per STRA / 01 / Luglio 2013



Strafumetto 21

CHINA & MARTIRI

BENEDIZIONI

Slaine, Mills & Bisley (Magic Press, 2008) Nella bollente albione fine anni ‘70, tra lady di ferro e pistole sessuali, nasceva una rivista che avrebbe accolto tra le sue pagine la crema del fumetto inglese. Il suo nome era (ma lo è ancora) 2000 AD ed a crearla fu Pat Mills, lo stesso che poco dopo avrebbe dato vita a Slaine, il Dio Cornuto, edito in Italia da Magic Press. Illustrata da Simon Bisley la storia, ispirata da antiche leggende celtiche, vede il possente Slaine Mac Roth, re di Sessair, della città di Murias, diventare il nuovo Dio Cornuto al posto del corrotto e putrescente Slough Feg. Per farlo dovrà possedere quattro antichi tesori: il calderone di sangue, la spada d’argento della luna, la lancia del sole e la pietra del destino, così da restaurare l’antica società matriarcale della Dea Terra Danu, portatrice di pace. Il pennello di Bisley dà vigore a tutta la vicenda, con uno stile che nell’esaltazione della fisicità dei personaggi, la loro posa all’interno della scena e nell’utilizzo dei chiaroscuri non disdegna il riferimento michelangiolesco. I testi di Pat Mills passano senza traumi dall’epico all’ironico, regalandoci perle come “Baciami l’ascia” (che in inglese rende sicuramente meglio). Qui l’attitudine underground degli autori si scontra brillantemente con il classico di genere. Questo mondo fantasy che vede druidi contro druni, putridi demoni, streghe e draghi-fantasma va affrontato di petto. Ma vi farà bene. KRAKKK! // Fabio Di Campli

“Questo fumetto non contiene bestemmie o atti di violenza ma solo loro rappresentazioni. Con questo libro imparerete a distinguere una coltellata dal disegno di un coltello” Inizia così Blorch, penultima fatica di Maicol&Mirco. Più che un’ammissione d’innocenza di un autore che prende le distanze dalla concretezza, ci è sembrata la più radicale dichiarazione di guerra nella storia delle dichiarazioni di guerra, giacchè è l’estremo atto d’indipendenza della maieutica artistica nei confronti della realtà. L’azione creativa è sostitutiva dell’azione reale in quanto più forte: con una coltellata vera si può uccidere in modo definitivo, ma con il disegno di una coltellata si può accoltellare all’infinito. E cambiare coscienze. Blorch era al Forte Prenestino di Roma, al Crack, il principale appuntamento italiano per la stampa, l’editoria, il fumetto e l’illustrazione underground. L’Orda, ecco il tema dell’ultima edizione: un manipolo caotico, ad evidenziare il variegato sottobosco editoriale nazionale ed internazionale, ma anche un’orda ordinata, collaboratrice, che riesce insieme a rendere costruttiva un’energia sproporzionata e indomabile come quella creatrice. Fare insieme, fare meglio: questo lo slogan di molte realtà che abbiamo incontrato nelle celle sotterranee del Forte. Dopo Blorch allora ecco Lucha Libre: con la stessa agilità coreografica di luchadores messicani, scrittori, illustratori, artisti, matematici si affrontano nell’eterna lotta fra Spirito e Corpo, fra Fine del Mondo e Paesi delle Meraviglie, fra Padri e Figli. Insieme in un duello che è riflessione, una battaglia che è corteggiamento: Dunque alla lotta, aspiranti autori! Non esiste conflitto senza confronto, come crescita senza scontro. // Lisa Gelli e Nicola Alessandrini

Indagini su quel sommo sacrificio che è la graphic novel

RONCISVALLE

In fumetteria con Durlindana in mano Cinquecento milioni di stelle, Mabel Morri (Kappalab, 2012) Ci sono combattimenti che non si possono evitare, pena una vita somigliante più che a un riposo, a un sonno senza sogni. Mabel Morri (Rimini, 1975) racconta il pezzo di vita fondante di Rebecca, che lavora con la mamma in una bella libreria di Rimini. Non sa ancora tante cose di se stessa, Rebecca (ma il suo cuore, invece, già conosce tutto). Il più bel fintofidanzato non vale un solo secondo trascorso a guardare gli occhi di chi ami davvero. Che sarà una ragazza, Caterina. Certo: è una storia dolce, ma è la storia di una battaglia, intensa, anche feroce. Contro la Norma Imposta, pregiudizi, amiche anaffettive, mamma (vedova) comprensiva, ma… Bisogna leggerlo questo fumetto, per entrare nel cuore della battaglia di un amore che nasce, incazzarsi e commuoversi, con quel segno-disegno che sembra non staccarsi mai dal foglio mostrando che persone e cose sono unite da un filo comune. Disegni personali graffiati e teneri, nasi grossi e occhi un po’ tristi, persone e cose e paesaggi, auto e città, da guardare e riguardare e l’emozione, mentre leggi, che monta e se non capisci getta via quel sasso che hai al centro del petto. E riprovaci, forza! È una battaglia anche per te. La battaglia, per Rebecca, alla fine è vinta, o forse è appena cominciata, così come la vera vita. Niente di mitico, niente stereotipi, l’autrice riesce senza sforzo a starne alla larga… e in una sola notte 500 milioni di stelle. // Orlando Furioso

Illustratori in odore di santità



Neftali e Figli 23

NEFTALì

sms dall´Inferno

Mosè dormiva. Si svegliò. E fin qui tutto bene. Una volta sveglio gli apparve il Signore, armato di spade fiammeggianti, meravigliosi stivali di cuoio, cinturoni carichi di cartucce e armi, armi ,armi, era un crogiolo di armi, era una fontana, che dico fontana, una cascata di armi, sempre nuove, di ogni genere, poderose, potenti, a corto e medio raggio. Un raggiante dito di kevlar si pose sul naso di Mosè ed una voce annunciò: “Mosè tu oggi eseguirai i miei ordini”, “Certo Signore, sai che sono un attivista della causa”, “Prendi tuo figlio e portalo al ponte sul fiume Kwai.” “Sissignore, Signore.” Mosè disse al figlio di seguirlo. Lungo la strada il figlio non chiese nulla al padre e Mosè non chiese nulla al Signore. Gli ordini erano ordini e si eseguivano e basta. Il ponte sul fiume Kwai era un bastione inespugnabile. Giunti lì, Dio riapparve a Mosè: “Prendi tuo figlio ed imbottiscilo con questo tritolo. Poi fallo incamminare verso il ponte e con questo telecomando, una volta vicino al cuore della struttura, attiva il detonatore.” Mosè disse: “Wow dovrei sacrificare il mio unico figlio Signore?” “Esatto Mosè! Il ponte sul fiume Kwai è stato costruito da una tribù di miscredenti invertiti senza fede. Offende me e tutto quello che rappresento, compreso te e la tua tribù che è pia e sana. Solo il figlio innocente del migliore dei miei figli può riparare a questa offesa secolare.” “Ok Signore, io e mio figlio distruggeremo il ponte degli invertiti in tuo onore.” Carico di tritolo, il figlio di Mosè si incammina verso il ponte sul fiume Kwai. Il bambino è ad un passo dal primo pilone quando appare l’angelo del Signore a Mosè e gli dice: “Hai superato la prova. Richiama tuo figlio” “Ora che è quasi arrivato?” “Richiama tuo figlio Mosè, il Signore non vuole che muoia.” “Un secondo, cagasotto, è praticamente arrivato!” “MOSÈ!” tuonò allora il Signore visto che l’angelo non poteva nulla. “Che cazzo c’è? Li vogliamo fare secchi ‘sti inverti sì o no?” fece il profeta indispettito. Dio rimase in silenzio un secondo e poi disse: “Scusa. Aspetta solo che raggiunga il sesto pilone che è quello portante, e poi premi il detonatore.” Consiglio del mese: se entrate in chiesa in cerca del Signore, è meglio prima mettersi un giubbotto anti-proiettile, perché Lui potrebbe trovarvi prima di voi. // Marco Taddei

Mamma li turchi! P.zza Taksim è piena di gente ke urla contro il governo, lanciano garofani e suonano pentole. Assurdo. Torno presto cmq. Ps. Benitez al Napoli allora?

foto PerlaMadonna

Confondersi tutto d’un pezzo

L’ovvio di petto in 160 caratteri

Fabiano Farina, Scrittore e Vendicatore Sonico

Lo spigolo della scienza Il mal di testa della sapienza

La furia della natura. Così amava definirsi Arturo Marecchia in arte “El Pannella” il più grande lottatore sud americano degli anni novanta. Padre Italiano e madre messicana, Arturo nasce il primo giugno del 1963 nei quartieri malfamati di Caracas dove a soli 15 anni inizia la sua carriera da professionista. Famoso per la sua ferocia lui stesso racconta ad una testata giornalistica nel 1979: “Il mio primo incontro l’ho combattuto all’età di sei anni con mia madre! Ci siamo rotti un braccio a vicenda. Mio padre era già scappato negli Usa da tempo!” All’apice della sua carriera la sfortuna però si abbatté su di lui: “Ricordo che eravamo a Tijuana per un incontro,” racconta la madre, “mentre il suo avversario era steso sul ring, si voltò ad offendere il pubblico ma si distrasse troppo e venne raggiunto da una ginocchiata alla tempia destra.” Era il primo luglio del ‘93, data del grave infortunio, quando “El Pannella” smette di relazionarsi con il mondo esterno e cade in uno stato vegetativo. Coma? Paralisi? Cosa è accaduto ad Arturo la furia? Ci illumina il Professor Eugenio Marchi, neuropsichiatra del policlinico Gemelli di Roma: “Non fu tanto il duro colpo quanto il trauma della sconfitta a far cadere Arturo nel suo stato di totale assenza. Dopo averlo esaminato nei primi mesi non riscontrammo nessun ematoma permanente ma il suo stato vegetativo non mutava. Resta il fatto che reprimere manifestazioni d’ira è nocivo per la salute!” Infatti il 4 giugno scorso, all’indomani del miracoloso risveglio del lottatore, cinque infermieri del Policlinico Gemelli vengono ricoverati in traumatologia. // Frankie Berardi



graficastra


26 Stravizio

abraCantabria

L´antipasto

"In realtà nessun essere umano indifferente al cibo non è degno di fiducia" M.V. Montalbàn. Barcellona 1983. Una forte pioggia si abbatteva sulla Rambla e dall’asfalto saliva forte l’odore pungente di umido dell’acqua che lo bagnava. Anche la mia gola aveva bisogno di essere bagnata e svoltato l’angolo con Carrer de Jerusalem, dietro il mercato de La Boqueria mi ritrovai sulla testa la scritta La Dolce Vita. La porta di ferro battuto e vetro consumato da decenni di piogge e sole stava lì dal 1928. Tutto a La Dolce Vita era vecchio e puzzava di fritto e aceto. A Guevara non piaceva quell’odore e la sua espressione si faceva sempre più cupa e misteriosa. Lo sguardo del mio amico percorse diverse volte la figura esile e piegata dagli anni di Pepita de Caballon, vestita di nero con in dosso uno scialle di lana che dava l’idea di un poncho messicano tagliato con le forbici da cucina adattato alla sua stazza. A me stava simpatica quella vecchia. Mi dava una strana sensazione di sicurezza e pericolo insieme. Pericolo per quello che ci avrebbe portato di lì a poco sul nostro tavolo di marmo. Il ragazzo discreto e ossuto, si è presentato subito con una caraffa di albarino galiziano e la faccia di Guevara cominciò sorso dopo sorso a ritrovare il suo ghigno grottesco e divertito. Pepita arrivò da noi con due piatti di tapas de pulpo a la gallega che sapevano di mare invernale e erba falciata data dal profumo del prezzemolo appena tagliato e dal polpo sbattuto poche ore prima sui banchi de La Boqueria. Erano le tapas più buone di Barcellona. E all’odore e al vecchiume non ci pensò più nessuno. // Riccardo Ferrante

“Se Pietro Micca avesse dato fuoco alle polveri ma queste, essendo bagnate, non fossero esplose e lui non fosse morto, nessuno lo considererebbe un eroe”. Achille Campanile, L’Eroe (1976) Un ristorante “stellato” sarebbe troppa grazia per un borgo, un minimale borgo di quelli dove le elezioni comunali si fanno in piazza per alzata di mano... come a Montelongo, borgo dimenticato in quella sorta di terra di nessuno che divide il Molise dalla Puglia. Un borgo fuori dal civil consesso, dove però c’è una ostinata e bellicosa donna, un vero eroe della cucina (ma chissà se lei sa di esserlo). In tempi di cibo appiattito da una globalizzazione che globalizza le merci ma non le idee, una donna, non più nel fiore dei suoi anni, che insiste nella sua politica di ristoratrice assolutamente autarchica e contro-corrente è un eroe. Ecco cosa dichiara: “Non lo faccio per guadagnare, ma per cucinare: amo farlo e, siccome sono qui da sola, non voglio prenotazioni per più di un gruppo alla volta”. Approccio drastico, magari troppo, visto che forse un’aiutante tra i fornelli sarebbe buona idea. Ma a parte questo, nelle sue pietanze, dai nomi spesso impronunciabili e dall’aspetto a volte truculento, c’è davvero il sapore delle cose reali, di quelle fatte un po’ sbilenche o non perfette per i canoni della cucina da neo-reality televisivo, ma stra-assolutamente dal gusto autentico. Vi sembra poco? // Fabio Riccio

Di vizi, vini, crapule e bordelli

GASTROPEDIA Pulpo a la Gallega.

Ingredienti (per 2 persone) 1 polpo 1 kg e mezzo / 300 g di patate / mezza cipolla / 1 mazzetto di prezzemolo / peperone rosso dolce in polvere / sale e pepe q.b. / olio q.b. Preparazione Prendete il magnifico polpo già arriciato (cioè sbattuto, le pescherie lo danno) immergetelo in acqua bollente con mezza cipolla per 25 minuti, valutatene la morbidezza infilzandolo con la forchetta. Lasciatelo raffreddare. Nella stessa acqua che avrete accuratamente filtrato, ponete le patate precedentemente tagliate a rondelle non troppo spesse e fatele bollire per 10 minuti, in modo che rimangano sode. Una volta cotte mettetele in una grande ciotola. Ora tagliate sempre a rondelle anche il polpo, tritate il prezzemolo e condite tutto insieme ad olio, peperoncino, sale e pepe. Servitelo su crostini di pane a mo’ di tapas. // RF

Gradisce un assaggino?

PSICOCUCINA Mens sana in corpore sazio

Eminenza, da quando ho scoperto che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi non riesco più a dormire, cosa posso fare? Jan Svankmajer Mio piccolo bambino svankmajeriano, è inutile prendersi in giro: i proverbi restano la prima causa di insonnia, seconda solo al palinsesto notturno di TeleCipro. Ti devo contraddire: il diavolo usava sempre coprire il pentolame con preziosi coperchi ma nel 1985 prestò tutto il mefistofelico set a Tullio De Piscopo per le registrazioni del singolo E fatto ‘e sorde, eh?, il quale non glieli restituì mai. Per porre rimedio alla tua insonnia dovrai perciò riportare tutto alla condizione iniziale e spezzare l’incantesimo che da lustri pervade l’immaginario della gente. Il Sacro Libro consiglia la ricetta del Pandoro di Pandora. Metti a bagno un pandoro in una mistura di valium e cammomilla e procurati l’infausto 45 giri di De Piscopo. Ascoltalo al contrario per settantasette volte sette, mentre conti e smatassi, una per una, tutte le pecore telefoniche di Jean Luc Cornec. Per finire, spremi il pandoro e trangugia il succo che ne fuoriesce. Avrai così il meritato riposo e De Piscopo resterà con bel palmo di naso. // L’Eminente


Straweb 27

bloggario

evviva la draga

La disgrazia di Don Chisciotte non fu tanto la sua fantasia quanto piuttosto Sancho Panza, asserì Franz Kafka tirando acqua al suo mulino di affezionatissimo visionario in attesa che qualcuno ci si schiantasse contro. Ferocissimi, i mulini. Tritano e trinciano e se ne stanno con la faccia stoica e le pale girate. (Dutchwindmills.tumblr. com immortala questi mostri portentosi mentre, appostati nei campi, attendono il nemico) È giusto provare ad ammazzarli, ma solo se ne sentite la vocazione.

La battaglia tra il reale e l’irreale, l’oggetto e la natura, l’esistente e il costruito. L’oggetto contestualizzato nell’ambiente smette di essere inanimato e si amalgama alla realtà in una mimica quasi stealth. È forse questo il concetto che vuole esprimere Nathan Sawaya insieme al fotografo australiano Dean West nel progetto In Pieces. Fondendo scultura e fotografia si dà vita ad uno scenario iperreale dove, mettendo in evidenza il particolare e la cornice della società, la disgregazione e la riconciliazione diventano un tutt’uno; immagini in cui la calma è apparente, dove i colori sono tenui e tranquilli, dove i soggetti vengono catturati in scene minimali, spaventosamente vuote e dove il senso di abbandono è allarmante. Su questa atmosfera si aggiungono le scultore di Sawaya, maestro di brick art, che, grazie a comunissimi mattoncini Lego, riesce a ricreare perfettamente oggetti d’uso quotidiano che si fondono con quello che li circonda e si incastrano a puntino negli scatti di West. È come se ci stessero dicendo: è tutto a pezzi, ma noi stiamo benissimo e abbiamo la colla. Lotta dunque: tra il particolare e il tutto, l’illusione e l’effettività; l’identità, commercializzata e manipolata, che riproduce nei minimi particolari la vita contemporanea, vuole affermarsi divenendo, da falsa, vera. Ripenso a quel gruppetto di ragazzi che negli anni ottanta, all’epoca del Conopalla, (forse anche prima tipo la nascita del televisore) canticchiava All in all you’re just another brick in the wall, tutto sommato è un altro mattone nel muro ed io aggiungerei, tutto sommato non fanno più i muri di una volta. Qui accanto, lettore di QR permettendo, un pratico tutorial su come creare muri mentali alla moda per poi abbatterli. Ciao. // Annagina Totaro

a cura di Nova Nanà

Se serpeggia la rivolta clandestina e partono le sassaiole nella gabbia toracica, per un po’ di sana motivazione politico-telematica, sincera, da sedicenni col cuore rosso che fanno l’amore e la guerra al centro sociale scendete in piazza qui: untiltheriot. tumblr.com. La rivoluzione ha dentro di sé un germe simile all’amore, e quindi alla gramigna. Pertanto tende a fare un po’ come vuole, a nascere in posti assurdi, a diffondersi quanto più riesce e a dar fastidio a chi è allergico. Prolifica indoor in un ufficio nel quale dipendenti sottopagati presi da un moto insurrezionalista elevano il livello di procrastinazione al 2.0 e attaccano alle finestre gli alieni di space invaders fatti di post-it. Dal palazzo di fronte l’offensiva viene ripagata con la stessa moneta, e il conflitto dilaga rapidamente fino a diventare mondiale. (postitwar.com)

Ogni mese drago per voi il meglio dalla poltiglia del web

Ascolta un creativo Consigli di bricolage da un artigiano elettronico

Motoi Yamamoto è un mio coetaneo giapponese. Nascere a Hiroshima, deve essere in qualche maniera determinante, che tu creda o meno nel destino. Un po’ perché è senza dubbio un luogo epico, che si porta appresso, oltre agli echi di una guerra, una serie di simboli legati a un momento decisamente imbarazzante per la razza umana, e un po’ perché quel momento, quel piccolo Big-Bang ha fatto nascere un universo parallelo irradiato dal caldo tepore del fallOltreoceano, tra una missione di pace out nucleare. Probabilmente è per finta e l’altra, eserciti di farfalle altret- questo che Motoi, colpito dalla mortanto finte ma di intenzioni genui- te della sorella causata da un cancro namente liberatorie, attaccano il pa- al cervello, inizia un personalissimo norama urbano colpendolo dritto in percorso per ricordarla. Secondo la mezzo agli occhi. (guerillasculpture. tradizione giapponese, ai funerali tumblr.com). Che magari ci piove su, si butta il sale dietro le spalle come e si staccano domani, eh. Ma neanche rito di purificazione, Motoi sceglie le farfalle vere, alla fine, campano si- il sale come mezzo e materia prima cure. Tanto vale l’idea. per le sue incredibili opere. Labirin ti, pattern intricati, paesaggi, tunnel

irraggiungibili e scale impraticabili. Metafore di vita interrotta, percorsi non terminati ma pieni di significati simbolici. Combatte la sua silenziosa battaglia spirituale attraverso questi mandala ionici, una forma di meditazione, centinaia di ore passate a centellinare grani di sale, creare forme, percorsi, mai uguali, mai perfetti, le imperfezioni sono parte dell’opera. Finita l’esposizione, il pubblico è invitato a distruggere le opere, raccogliere il sale in buste e sacchi perché possa tornare al mare da cui arriva e completare in un certo senso il suo percorso catartico. Motoi hai raccolto 14 anni di opere e di installazioni in un libro che consiglio: Return to the Sea: Saltworks by Motoi Yamamoto, ma consiglio anche di dare uno sguardo alle sue performance su Vimeo o Youtube. // Paolo Diazzi


28 Stralife

SUrviving life

SENZA BENZA

Combatti per tenere gli occhi aperti come questa mattina di lunedì. Combatti per tenere gli occhi aperti davanti a ciò che i tuoi occhi non vorrebbero mai vedere. Orrori ed errori umani. I nostri mondi si sorreggono su una serie di illusioni non tangibili ma che ci fanno galleggiare in uno stato di incoscienza. Facendo finta che le guerre non esistano, che il tempo sia uguale un po’ per tutti, dimenticando quanto esso sia prezioso. Siamo immobili o mutanti? Combatti contro il deterioramento del corpo che lega e imbriglia e ci non lascia andare DOVE vorremmo e COME vorremmo. Ne approfitto per fare gli auguri a te, Frida /6 luglio 1907/ basta citare solo il tuo nome per evocare milioni di immagini. VIVA LA VIDA? Tu si che ne hai assaporata di vita, combattendo ogni giorno nella tua prigione corporale. Che è trappola o vasca dove ritrovarsi. Può scaldare e gelare allo stesso tempo. Grazie per i tuoi colori i tuoi fiori e tutto il tuo impegno. I tuoi volti che sbocciano dal fogliame sgorgante dai tuoi organi vitali. Pulsanti. | Compiti per casa: andatevi a vedere il progetto Flin Flan Frida di Gesus Teisseyre // Perla Madonna

“Le frecce sibilarono in aria, le fiamme avvolsero il borgo e l’odore del sangue si estese ovunque. Non c’era più nulla da fare e la speranza di salvezza svanì. Il nobile signore dovette arrendersi alla cruda realtà ed accettare l’ignominiosa resa concedendo per una lunga notte al nemico, tutte le donne del borgo”. Oggi Montebello sul Sangro, ieri Buonanotte, in principio Malanoctem: il paese si sgretola e frana letteralmente sul versante orientale del Monte Vecchio, alla sinistra del fiume Sangro, ad una mezz’ora di macchina da Villa Santa Maria. “Abbandonate ogni speranza voi che entrate” sembra sussurrare il campanile che dal punto più alto guarda le rovine. La scalinata in pietra invece, tra i rovi e le macerie s’illumina come il sentiero di mattoni d’oro nel Mago di Oz e, poco c’è da pensare, non puoi far altro che salire. L’abbandono regna sovrano e, grazie ad esso, tutto continua ad essere vivo, mai uguale, mai immobile, surreale e magico. Malanoctem è uno di quei posti dove si va a perdersi per tentare di ritrovarsi e quando il “viaggio” finisce, non si è nè migliori nè peggiori di prima ma, sicuramente diversi. Stay tuned. // Gaetano de Crecchio

Teoria e prassi della sopravvivenza

Dentro e fuori dai paraggi

Very Superstitious L'angolo dell'esoterismo

Wilfrid Voynich ha comprato nel 1912 dai gesuiti il Manoscritto che ora porta il suo nome, e che per anni ha turbato gli animi dei ricercatori di tutto il mondo, poiché completamente indecifrabile. L’anonimo autore del quattrocento pare si sia dilettato a illustrare le pagine con piante e fiori sconosciuti, donne nude, scissioni cellulari e volte celesti, provvedendo a inserire delle didascalie scritte in una lingua totalmente sconosciuta. Nel tempo le teorie si sono avvicendate senza sosta: è un antico dialetto asiatico, è una lingua aliena, è lo scherzo di un monaco buontempone, è un falso, è un compendio cifrato dell’arte alchemica… Di certo è uno dei più compatti misteri dell’umanità, forse il prodotto della mente di un solo essere umano, un antico Luigi Serafini, una mente sottile, affilata, un Don Chisciotte della semantica. Ma il vero mistero non è linguistico. Il mistero è nella storia, come sempre, ed è un interrogativo eterno: perché il manoscritto è stato occultato, come gran parte di un certo tipo di sapere, per ben 400 anni dai gesuiti? Ed ecco che risuona nelle orecchie il vecchio motto, il dardo di Sciascia, todo modo, todo modo para buscar la voluntad divina… // Giulietto Andrio

BOROTALCO

Per scivolare sulle cose a passo di danza Una Nash del 52’ verde cristallo tirata a lucido come fosse nuova , appena uscita da un salone di Las Vegas. Si sfreccia veloci , tutto scorre e va da sé , dall’interno non percepiamo nient’altro che piacere… Via! E’ tutto saltato, coordinate spazio temporali sfalsate, voliamo attraverso un’altra epoca, ascoltando Doo Wop e canticchiando leggeri, girato l’angolo non ci sembrerebbe strano scorgere Duke Ellington che ci manda un saluto, noi lì distesi sul nostro lettone di cuscini combattiamo contro il tempo, in verità abbiamo già vinto e lo sappiamo tutti, trascendendo attraverso il sogno assoluto della musica più elegante e travolgente che sia mai stati composta: Swing baby, let’s swing. Nulla ci tange, ma appena arrivati, avvertiamo come una rottura, un forzato distacco ed i parametri per un attimo tornano ad essere quelli reali, ma ehi, solo per

un attimo. Il Black Cotton Club, ancora Londra, è l’ennesima porta temporale, è stato un attimo, siamo già rientrati nella dimensione che più ci aggrada, è il nostro modo di combattere, è la nostra strategia di fuga, sommersi dalle note di vecchi 78 giri, si passa di tutto, ci accomodiamo sereni tra le note di Art Tatum, Benny Goodman, Johnny Dodds, Jimmy Lunceford, Lionel Hampton, luci soffuse, si balla lindy hop, lo swing. Ah che notte quella notte, la ragazza vestita di bianco, sembrava un angelo no… Nino? Ora di angeli come lei chissà quante ne avrei al tuo fianco. Ciao Nino, metto su un disco, alla prossima! In memory of the mighty legendary dj El Nino, London, Uk // Slim-Imangiadischi




STRALUNARIO L'agenda del perdigiorno Thalassa Art in the Dunes Mostra d’arte / fino al 21 luglio Punta Penna - Vasto (CH) White Women Mostra fotografica di Helmut Newtonfino al 21 luglio Palazzo Esposizioni - Roma

FESTIVAL MAREMOTO 2013 Prevista onda anomala a San Benedetto del Tronto – Area Ex Galoppatoio dal 25 al 28 Luglio. Gli artisti e lo staff raccomandano di munirsi accuratamente di occhi e orecchie perchè potrebbe venire a galla una piacevole quantità di musica, mostre, fumetti, proiezioni e tanto altro ancora. Gli scienziati confermano: Massimo Zamboni che rifà i CCCP assieme alla Baraldi, i Ministri, i Mellow Mood e tanti altri. Gratis non solo per i geologi e i surfers ma anche per voi comuni mortali antisismici. Tutte le info le trovate su www.maremotofestival.it

(Al)Lago Festival Festival musicale / 19-20 luglio Laghetto di Monteverde - Vinchiaturo (CB) You wanna be american Vintage Festival / 19-20-21 luglio Porto turistico - Pescara notte bianca Manifestazione cittadina / 20 luglio Vasto Blur Live / lunedì 29 luglio Le Capanelle - Roma

live franco battiato “A Pescara, cantautori che fanno di tutto”. Ci piace segnalarvi la tappa pescarese di Apriti Sesamo Live del 31 Luglio all’Anfiteatro D’annunzio giocando a stravolgere una recente dichiarazione di Battiato. Siamo sconvolti quanto l’opinione pubblica se pensiamo alla carriera profonda e poliedrica di questo esploratore musicale e pensiamo che non sia giusto perdersi quest’appuntamento. Info e costi su internet, siamo troppo turbati per rivelarveli ora.

Banda do Choro Feliz Live / lunedì 29 luglio | 24.00 Giardini d’Avalos - Vasto Marta sui Tubi Live / mercoledì 31 luglio Le Naiadi - Pescara Last Minute Ska Festival Festival Ska / giovedì 1 agosto P.zza C. Colombo - San Salvo Marina (CH) Nuvole, Chitarre e Note Festival musicale 10-11 agosto P.zza Municipio - Carovilli (IS)

mostra HITCHCOCK e la UNIVERSAL PICTURES Cosa c’è dietro le quinte del più ancestrale tra i sentimenti umani, ovvero la paura? Una grande mostra a Palazzo Reale a Milano celebra Hitchcock, il più abile giocoliere del brivido attraverso i suoi capolavori firmati Universal Pictures. Fino al 22 Settembre sarà possibile calarsi nel backstage della suspance e ricostruire, attraverso un curatissimo percorso tematico fatto di contenuti speciali, tavole fotografiche, aneddoti e approfondimenti, i segreti che si celano dietro le inimitabili suggestioni hitchcockiane. C’è il rischio di farsela sotto!

Retrospettiva Mostra fotografica di Elliott Erwitt fino al 1 settembre Museo Civico Palazzo Madama - Torino Kubrick fotografo Mostra fotografica di Stanley Kubrick fino al 25 agosto Palazzo Ducale - Genova a cura di Fabiola Lavecchia


ABAT-JOUR Piccole illuminazioni

Sabrina Caramanico / www.sabrinacaramanico.com


Silvia Idili www.silviaidili.com

Marco Puccini marcopuccini.tumblr.com


DEFENESTRAZIONI Galateo dell'Exit Strategy

// Enrico Pantani




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