Outdoor Magazine #09-2025

Page 1


Anno 18 - Num. 9 - 2025

Il tessuto che respira con te.

FIERE

8 I Alleanza strategica tra EOG e MagNet

18 I Sport Achat Hiver a Grenoble

PUNTO IOG

10 I Quanto è importante la formazione?

ATTUALITÀ

12 I L’impatto dei dazi USA sul compar to sportivo

APERTURE

14 I Montura Store a Ponte nelle Alpi (BL)

29 I ATK Sports a Maranello

FANSOMETRO

16 I Lo storytelling che ripaga

HOKA ULTRA TRAIL DU MONT BLANC

20 I Caput montis: UTMB 2025

23 I Forza Azzurri. Fateci ancora sognare

24 I Katie Wright, atleta La Sportiva

25 I Rossignol, sempre più “4 seasons"

EVENTI

26 I Live dal Tor des Géants

28 I KOM – Kulture of Mountain

30 I 90 anni di Salewa

34 I Livigno si prepara a Milano-Cortina 26

ACTIVE TRAVEL

36 I Di corsa, alla scoperta di Pragelato (TO)

VETRINA PRODOTTI

54 I C.A.M.P.

58 I Climbing Technology

SPECIALE RESPONSABILITÀ -

37 I Climbing for a Reason in Tanzania

38 I La sostenibilità spiegata da Green Media Lab

39 I Patagonia: il futuro delle Alpi

40 I Il potenziale green dell’outdoor

42 I La strategia sostenibile di La Sportiva

44 I Decarbonizzare è la via: Carolina Simioni, CSR di AKU

46 I Polartec AirCore: traspirabilità rivoluzionaria

47 I Il primo Report di Sostenibilità di Montura

48 I La responsabilità che guida Kong

49 I Mico: un passo per volta

50 I MGM: innovazione, tradizione e impegno

51 I icebreaker: move to natural

52 I RELOVE del Gruppo F.lli Campagnolo

VETRINA PRODOTTI

55 I Trezeta

56 I E9

58 I Icepeak

Ruth Oberrauch,vice president di Oberalp

Da soli più veloci, insieme più lontano

Sarà l’influenza del significativo viaggio in Africa che vi raccontiamo nelle prossime pagine: tant’è, il titolo di questo editoriale prende spunto da un proverbio keniota e sottolinea come la collaborazione e lo spirito di squadra permettano di raggiungere traguardi più ambiziosi e duraturi, mentre l’azione individuale può sì ottenere risultati rapidi, ma spesso meno solidi nel tempo. Una riflessione quanto mai attuale per il momento che sta vivendo l’outdoor industry, non solo in Italia ma anche in Europa – e, per certi versi, su scala globale – pur con le inevitabili peculiarità dei singoli mercati.

Tutte le discipline outdoor, del resto, hanno sempre avuto questa duplice dimensione. Quella più individuale e solitaria, insieme a quella più allargata e condivisa. Due condizioni che possono risultare entrambe appaganti e per certi versi complementari. Le quali, oltre agli individui, possono riguardare anche le realtà del nostro settore: aziende, agenti, retailer e operatori in generale. Oggi, più che mai, l’unità d’intenti e la capacità di fare rete stanno emergendo come asset fondamentali per affrontare un mercato globale più instabile, competitivo e frammentato rispetto a qualche anno fa. Ecco perché a questo tema abbiamo dedicato e dedicheremo una particolare attenzione sulle pagine fisiche e digitali di Outdoor Magazine: l’alleanza come motore di cambiamento.

Lo avevano confermato ancora una volta molto bene gli ORBDAYS di Riva del Garda, dei quali abbiamo già ampiamente parlato negli scorsi numeri (nota bene: per il 2026 ci sono grandi novità, che vi sveliamo nell'articolo dedicato nelle pagine 8-9).

Lo confermerà, ne siamo certi, anche la prossima edizione di Prowinter (11-13 gennaio a Bolzano), che si preannuncia già da record con il raddoppio dei padiglioni, un numero crescente di brand con partnership importanti anche dall’estero e la consacrazione del settore outdoor come segmento fondamentale nella stagione invernale a fianco dello sci.

La stessa esigenza di ripensare l'approccio per renderlo più allargato e condiviso emerge nell'analisi sull’Accademia Outdoor Pro, che nel 2024 ha visto una flessione nella partecipazione da

parte sia dell’industria che della distribuzione. Per invertire il trend, l’Italian Outdoor Group di Assosport insieme a MagNet ha avviato un’indagine qualitativa e quantitativa sul fondamentale tema della formazione, della quale vi daremo conto nelle prossime settimane.

Anche le politiche internazionali impongono auspicabilmente un fronte comune. L’impatto dei nuovi dazi USA su molte categorie di prodotti outdoor – dai telai in carbonio alle scarpe tecniche, dalle attrezzature da neve ai dispositivi elettronici –rischia di penalizzare fortemente le esportazioni europee e italiane. Tra i settori più esposti ci sono quelli ad alta tecnologia e con supply chain complesse, come l’abbigliamento tecnico, le calzature sportive con materiali compositi e persino i sensori biometrici. Le imprese italiane, che nel 2024 hanno esportato articoli sportivi per oltre 1,4 miliardi di euro, sono chiamate ora a riorganizzare la logistica, a lavorare insieme per ridurre la vulnerabilità del comparto e guardare con ancora maggior interesse a nuovi mercati.

C’è infine un ambito nel quale è altrettanto (se non più) importante che il settore percorra la strada della collaborazione: la responsabilità nei confronti dell’ambiente e delle persone. A questa tematica, ancora un po’ troppo spesso affrontata in modo superficiale e utilitaristico, dedichiamo un interessante e dettagliato focus. Oltre all’inevitabile presa di coscienza che c’è ancora tanto lavoro da fare, emergono anche segnali positivi e incoraggianti. Con esempi virtuosi di aziende che non temono più di parlare di responsabilità sociale d’impresa (come accaduto anche nel recente passato), ma anzi la rivendicano con orgoglio, supportati da risultati concreti e misurabili.

Del resto, è sempre bene ricordare come il valore dell’outdoor non risieda solo nei suoi prodotti, bensì nella capacità del suo ecosistema di evolvere come comunità. Per affrontare il futuro, servono visioni comuni, progetti condivisi e un’identità collettiva forte. Su questi fronti saremo lieti e onorati di poter dare un contributo che riteniamo davvero molto importante con iniziative inedite e davvero eclatanti… in vista del 2026.

Benedetto Sironi benedetto.sironi@mag-net.it

Editore: MagNet Srl SB

Direttore responsabile: ANGELO FRIGERIO

Direttore editoriale: BENEDETTO SIRONI

Contributors: KAREN POZZI, PIETRO ASSERETO, SARA CANALI, BENEDETTA BRUNI, CRISTINA TURINI, TATIANA BERTERA, MAURIZIO TORRI

Art Director: ROSANGELA BARNI

Redazione: Corso della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) Via Tertulliano, 68 - 20137 Milano

Tel. 02.87245180 - Fax 02.87245182 redazione@outdoormag.it www.outdoormag.it

Stampa: Ingraph - Seregno (MB) - Anno 18 - N. 9 - 2025 Periodico mensile. Registrazione al Trib. di Milano n.186 del 20 marzo 2007. Iscrizione al ROC n. 16155 del 23 novembre 2007

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 - conv. in L. 46/2004 Art.1 Comma 1 - LO/MI Una copia 1.00 euro. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati in suo possesso. Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli abbonamenti e per l’invio di informazioni commerciali.

In base all’Art. 13 della Legge n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:

MagNet Srl SB Responsabile dati: Benedetto Sironi

Chiuso in redazione il 23 settembre 2025 Outdoor Magazine @outdoormag_ mag-net-srl

Go vertical. Vertigo™

Hervé Barmasse, Nives Meroi, Romano Benet.

GRUPPO TECNICA: I MARCHI SCI

SARANNO SOTTO UN’UNICA DIVISIONE ALPINA

Tecnica Group sta consolidando i suoi marchi sci, Blizzard, Nordica e Tecnica, sotto un’unica struttura di gestione. Il gruppo sarà guidato da Luka Grilc, che diventerà il direttore generale della Divisione Alpina. La ristrutturazione mira a favorire la collaborazione tra i tre brand, accelerando l’innovazione, sfruttando le sinergie e rafforzando le loro identità. Grilc ha recentemente guidato Nordica verso un forte incremento della quota di mercato e della redditività. “Sono felice e onorato di proseguire questo percorso insieme ad altri due nomi iconici, Blizzard e Tecnica”, ha dichiarato. “Coordinando i nostri marchi alpini sotto una visione coerente, stiamo rafforzando l’identità unica di ciascun brand”, ha dichiarato Andrea Dorigo, nominato ceo di Tecnica Group nell’aprile scorso.

THE NORTH FACE CELEBRA I 25 ANNI DI SUMMIT SERIES

GRIVEL CAMBIA MARCIA

NEGLI STATI UNITI

A partire da inizio agosto, negli Stati Uniti Grivel ha abbandonato il tradizionale modello di distribuzione tramite terze parti per adottare un approccio direct-to-business (D2B), ovvero la vendita diretta ai rivenditori specializzati, attraverso la nuova filiale americana Grivel Corp. Così facendo, i rivenditori statunitensi potranno ora interfacciarsi direttamente con un team dedicato di logistica e supporto, basato negli Stati Uniti. Questo significa tempi di consegna più rapidi, grazie a una gestione diretta della logistica; maggiore disponibilità di prodotto, con una gestione più efficiente degli stock; comunicazioni più snelle, senza intermediari; supporto commerciale e tecnico più diretto, con la possibilità di costruire iniziative mirate, formazione sul prodotto e attività di co-marketing.

The North Face festeggia i 25 anni della Summit Series, la collezione di punta dedicata alle performance estreme. Testata dagli atleti in tutto il mondo, la linea rappresenta l’apice delle tecnologie avanzate. Le condizioni estreme hanno stimolato innovazioni che hanno dato vita a diverse tecnologie proprietarie oggi presenti nella collezione, tra cui Dotknit, Futurefleece, Prodown, Ventrix, Flashdry, Futurelight e Clouddown. L’anniversario segna anche il ritorno del Gore-Tex nella collezione, a cui si aggiunge il filato Spectra. Guardando ai prossimi 25 anni, The North Face lancerà le nuove linee Summit Series dedicate all’alpinismo e agli sport sulla neve, che integreranno le più avanzate tecnologie del brand, incluso il sistema di stratificazione più evoluto di sempre, in arrivo a ottobre 2025.

DESIGNER BRANDS CRESCE GRAZIE A TOPO ATHLETIC, SEGNALI DI MIGLIORAMENTO NEL Q2

Designer Brands Inc., proprietaria di DSW, ha chiuso il secondo trimestre 2025 con vendite nette in calo del 4,2% a 739,8 milioni di dollari, una contrazione meno marcata rispetto al -8% registrato nel Q1. Le vendite comparabili sono diminuite del 5%, in miglioramento dal -7,8% precedente. Il vero motore di crescita è stato Topo Athletic, il marchio acquisito nel 2022, che ha visto le vendite aumentare del 45% su base annua, dopo l’84% del primo trimestre e una crescita di quasi l’80% nel 2024. Secondo il ceo Doug Howe, l’espansione della distribuzione, l’aumento degli spazi nei negozi e una strategia di prezzi tempestiva hanno sostenuto la redditività senza frenare la domanda. L’utile netto rettificato è sceso leggermente del 2,3% a 16,7 milioni di dollari. L’utile netto riportato è stato di 10,8 milioni di dollari, in calo dai 13,8 milioni dell’anno precedente.

ALL CONDITIONS RACING DEPARTMENT: IL PROGETTO DI NIKE

DEDICATO AL TRAIL RUNNING

Nike ha presentato l’All Conditions Racing Department, un nuovo collettivo di 22 trail runner d’élite provenienti da otto Paesi e cinque stati americani. L’iniziativa nasce con l’obiettivo di unire gli atleti più competitivi e innovativi del panorama internazionale e di coinvolgerli direttamente nello sviluppo delle attrezzature. Tra i prodotti già messi alla prova figura la Nike ACG Ultrafly, scarpa da trail sviluppata attraverso 13 cicli di test e oltre 30.000 miglia percorse, mentre il gruppo ha collaborato alla creazione di Nike Radical AirFlow, una tecnologia dei materiali progettata per contrastare le alte temperature durante le competizioni. Il roster include nomi noti del trail internazionale come la svizzera Nienke Brinkman, la spagnola Gabriela Lasalle e l’italiano Cesare Maestri.

SALOMON NOMINA BERTRAND GACHON DIRETTORE GENERALE EMEA

Bertrand Gachon ha ricevuto la nomina di direttore generale EMEA di Salomon. Era entrato in azienda nel novembre 2024 per guidarne la categoria Sportstyle. Con questa promozione, supervisionerà le operazioni più ampie del marchio in tutta l’area. Gachon ha iniziato la sua carriera in Nike, dove ha trascorso 25 anni, arrivando a ricoprire il ruolo di direttore della categoria Action Sports per la Francia. Nel 2011 è passato a Converse dove nel 2017 è stato promosso a direttore vendite per l’Europa occidentale. La nomina di Gachon coincide con un periodo di crescita per Amer Sports, la società madre di Salomon, che ad agosto ha rivisto al rialzo le proprie previsioni annuali dopo un aumento del 23% delle vendite nel secondo trimestre. L’accelerazione del footwear di Salomon e lo slancio di Arc’teryx hanno segnato un +35% nel segmento Outdoor Performance di Amer nel trimestre.

Bertrand Gachon, nuovo direttore generale EMEA

DAL 17 AL 19 OTTOBRE AD ARCO

TORNA ROCK MASTER 2025

Per la sua 38esima edizione, il Rock Master di Arco, nel Garda Trentino, torna con sfide verticali che tolgono il fiato in un format inedito di tre giorni dal 17 al 19 ottobre 2025. Competizioni, talk, workshop ed esperienze permetteranno ad appassionati e curiosi di confrontarsi con le diverse sfaccettature di questo sport. Tra le occasioni imperdibili, incontri con campioni come Adam Ondra, atleta di casa nel Garda Trentino e ambassador ufficiale dell’edizione 2025, Janja Garnbret e Stefano Ghisolfi. Oltre ai classici Duello Lead e KO Boulder, si potrà assistere alle competizioni Speed U19 e U17 FASI Chronos Clash e partecipare alle Rock Adventure, attività pensate per tutte le età e per ogni grado di esperienza. Infine, il “Village” del Rock Master offrirà un’area expo dove conoscere il meglio dell’offerta del mercato.

APPUNTAMENTO DAL 26 AL 28 GENNAIO 2026

CON SPORT ACHAT HIVER

Dal 2003 a Grenoble si tiene Sport Achat Hiver, la fiera b2b più importante per il mercato francese che riunisce tra i più grandi attori del mercato sportivo invernale. Nel 2026, l’evento ritorna nella location di Alpexpo dal 26 al 28 gennaio. Sport Achat Hiver è diviso in cinque settori: materiali, tessile, accessori, lifestyle e universo punto vendita, oltre alla “Fresh Zone”, un’area dedicata interamente ai giovani imprenditori. L’edizione di gennaio 2025 ha potuto contare su oltre 500 marchi specializzati per 270 espositori e 4.000 professionisti partecipanti, ripartiti su una superficie espositiva di 20.000 mq. Dal 2024, inoltre, la fiera si è impegnata ad accogliere distributori e visitatori stranieri, contando infine 70 espositori esteri tra cui in primis Italia, Svizzera e Paesi Bassi, ma anche 60 negozianti da sei diversi Paesi.

A PERFORMANCE DAYS DI MONACO LA RIVOLUZIONE CIRCOLARE SARÀ PROTAGONISTA

Performance Days torna dal 29 al 30 ottobre 2025 alla Messe München di Monaco di Baviera con l’edizione autunnale dedicata ai tessuti sostenibili e agli accessori funzionali. Tema centrale sarà “Textile to Textile, The Role of Recyclers”, che esplora sfide e opportunità del riciclo tessile-a-tessile, oggi al centro delle nuove direttive UE. L’evento si arricchisce di aree inedite come la Creative Area & Inspiration Walk, l’Innovation Area e l’Innovation Hub by FFE. Il programma include il Trend Forum con premi in cinque categorie, gli Expert Talks su circolarità e riciclo, oltre a sezioni specializzate su calzature, lana e sostenibilità, confermandosi hub di riferimento internazionale per designer e professionisti del settore.

REUSCH HA INAUGURATO LA NUOVA SEDE DI VIGNATE (MI)

LA MONTAGNA GUARDA AVANTI

CON APRESKI MILANO MOUNTAIN SHOW

Dal 16 al 19 ottobre 2025, Superstudio Maxi a Milano ospiterà la prima edizione di APRESKI Milano Mountain Show, un’occasione strategica per ripensare la montagna non più come meta stagionale, ma come ecosistema vivo e innovativo, capace di generare valore sociale, ambientale ed economico. Per quattro giorni, il capoluogo lombardo diventerà il fulcro di un dialogo ampio e multidisciplinare: esperienze immersive, talk, panel tematici, ospiti di rilievo, anteprime e momenti di confronto tra istituzioni, aziende, atleti, territori e comunità locali. Tanti i territori alpini che hanno scelto APRESKI per presentare i propri progetti: Trentino, Valle d’Aosta, Dolomiti Superski, Val di Fassa e Oasi Zegna. Presente anche il Pool Sci Italia che proporrà il “Prove Libere Tour” sulla pista sintetica allestita per l’occasione.

Giovedì 18 settembre Reusch ha inaugurato la sua nuova sede a Vignate in provincia di Milano, frutto di un investimento di quasi 20 milioni di euro. L’azienda lascia la storica sede di Cernusco sul Naviglio, attiva dal 1979, non più sufficiente per poter gestire un’organizzazione estremamente articolata. Con la nuova struttura il marchio intende concentrare le attività logistiche e migliorare il livello di servizio ai propri clienti. La nuova struttura si sviluppa con un edificio di 15.900 metri quadrati calpestabili, con il magazzino principale, sviluppato su tre livelli da 2.500 metri quadrati ciascuno. Si tratta di un immobile moderno, progettato per garantire efficienza logistica, sostenibile e qualità del lavoro, con spazi già predisposti a supportare una crescita fino al 75% della sede vignatese nei prossimi anni.

DATI & STATISTICHE - COME VA L’OUTDOOR NEGLI STATI UNITI?

Il nuovo Outdoor Participation Trends Report analizza in profondità i cambiamenti nella partecipazione alle attività outdoor negli Stati Uniti, fornendo dati fondamentali per orientare strategie di marketing, allocazione delle risorse e sviluppo prodotto per i brand del settore. Nel 2024, la partecipazione complessiva è cresciuta del 3%, raggiungendo 181,1 milioni di persone (il 58,6% della popolazione statunitense sopra i 6 anni), il dato più alto mai registrato. Il gruppo dei “core participants” (frequenti) è tornato a crescere dopo un decennio di cali, con un +5 milioni nel 2024. In crescita: giovani adulti (18–24), over 65, Black e Hispanic core participants. In calo: fascia 45–54 anni, redditi bassi (<50.000 dollari), partecipanti bianchi. Le attività più praticate sono state camminata per rimanere in forma (115 milioni); escursionismo (63 milioni – la più popolare tra le discipline outdoor vere e proprie); mentre camping, pesca, ciclismo e corsa hanno guadagnato in media 2,1 milioni di nuovi partecipanti ciascuna.

Michele Budelli, presidente di Fandango Club Creator

LA FIERA OUTDOOR RIPARTE DA RIVA CON GLI ORBDAYS

Grazie all’alleanza strategica tra EOG e MagNet, il trade show sarà l’evento clou della prima European Outdoor Week: un nuovo progetto che incorpora eventi per operatori e pubblico. Tra i quali anche la seconda edizione dell’Outdoor Impact Summit, l’Assemblea EOG, la cerimonia degli Outdoor Awards nonché attivazioni e iniziative dedicate a tutti gli appassionati degli sport outdoor, nello splendido scenario del Garda Trentino

_ di Karen Pozzi

Il mondo outdoor europeo e internazionale si prepara a vivere un momento di svolta: l’European Outdoor Group (EOG) e il nostro gruppo MagNet Srl SB annunciano una nuova e strategica partnership, con al centro gli Outdoor & Running Business Days (ORBDAYS), dando vita un nuovo grande progetto: la European Outdoor Week. L’evento si terrà dal 14 al 20 maggio 2026 a Riva del Garda e coinvolgerà anche altre località del Garda Trentino. Al centro della settimana si terranno proprio gli ORBDAYS, evento b2b giunto alla dodicesima edizione, insieme alla storica fiera Outdoor, che dopo il passaggio da Friedrichshafen a Monaco, approda ora a Riva del Garda per aprire un nuovo capitolo.

“EOG è nata per rispondere alla necessità di creare un evento fieristico dedicato all’outdoor. Per anni abbiamo gestito con successo la fiera Outdoor, che è stata un punto di riferimento per tutta l’industria. Ma i tempi sono cambiati, e con essi le dinamiche del mercato e le aspettative di brand, retailer e operatori. Dopo alcune edizioni più complesse, abbiamo deciso nel 2025 – non senza difficoltà – di mettere in pausa la fiera. Tuttavia, siamo rimasti fermamente convinti che un evento fieristico dedicato all’outdoor sia ancora fondamentale. È per questo che abbiamo lavorato a una nuova visione, pronta a concretizzarsi nel 2026, con un progetto che va ben oltre la

classica fiera e di farlo partendo da una partnership di valore come quella con gli Outdoor & Running Business Days”, così scrive Christian Schneidermeier, direttore generale dell’EOG, nella lettera inviata a tutti gli associati.

LA GENESI DEL PROGETTO

Proprio dopo la pausa di Outdoor, EOG ha ascoltato con attenzione le voci del mercato: brand, retailer, media e stakeholder hanno chiesto un evento più vicino alle reali esigenze, che sapesse offrire valore, emozioni, connessioni reali e con il giusto timing (tra inizio e metà maggio). Dove non ci fosse al centro solo il prodotto, ma anche innovazioni, anteprime e storytelling. Outdoor & Running Business Days ha già dimostrato di rispondere a questi bisogni. Per questo motivo è stato naturale costruire la nuova fiera Outdoor 2026 proprio a partire da ORBDAYS, che sarà il cuore pulsante della European Outdoor Week, nelle giornate del 17 e 18 maggio.

“I feedback raccolti nel corso dell’ultimo anno parlano chiaro: ci sono già troppi eventi nel settore, ma pochi realmente efficaci. Invece di creare un nuovo format da zero, che in un solo anno non sarebbe stato realistico fare, abbiamo deciso di valorizzare una piattaforma che funziona e condivide la nostra stessa visione e di portarla su un nuovo livello internazionale”, continua Schneidermeier.

© Giacomo Tonoli

“Siamo felici e onorati di questa partnership con EOG, che premia il grande lavoro fatto negli anni per far crescere gli Outdoor & Running Business Days. Ora il progetto si fa ancora più articolato e ambizioso, ma le sfide ci sono sempre piaciute e accogliamo con entusiasmo e determinazione questa responsabilità. Inoltre, in un momento storico come questo non ci si può permettere frammentazione e dispersione di energie: occorre concentrarsi su ciò che funziona, valorizzarlo e farlo crescere tutti insieme. Con questa collaborazione consolideremo il processo di internazionalizzazione già intrapreso nell’edizione 2025 degli ORBDAYS, grazie anche alla sempre proficua collaborazione con l’Italian Outdoor Group di Assosport e il dialogo già aperto con tutte le altre associazioni nazionali estere”, afferma Benedetto Sironi, ceo di MagNet.

I NUMERI DI ORBDAYS

L’edizione 2025 si è chiusa con numeri da record, confermandosi come il trade show di riferimento per il mercato outdoor e running, anche fuori dai confini. Con più di 3.000 operatori registrati, 130 espositori e 200 marchi, 1.600 retailer in rappresentanza di 600 insegne e 80 buyer provenienti da oltre 10 Paesi (Germania, Francia, Stati Uniti, Messico, Giappone, Romania, Slovenia, Austria, Moldavia, Ucraina, Spagna, Repubblica Ceca, Croazia, Grecia e Brasile), ORBDAYS ha confermato la forza del proprio format che combina test prodotto, workshop, networking e formazione.

L’EUROPEAN OUTDOOR WEEK

Il progetto, come detto, andrà al di là della fiera: dal 14 al 20 maggio, Riva del Garda e in generale il Garda Trentino si trasformerà nella capitale europea e internazionale dell’outdoor, ospitando non solo professionisti e aziende, ma anche consumatori, sportivi, media e istituzioni.

L’evento sarà così strutturato:

15–16 maggio: Outdoor Impact Summit

Focus su sostenibilità, innovazione, responsabilità sociale e futuro del settore.

17–18 maggio: Fiera Outdoor e Outdoor & Running Business Days Il cuore dell’evento, con esposizione di prodotti, novità, storytelling e relazioni commerciali.

19–20 maggio: Esperienze Outdoor, Eventi e Test Prodotto Attivazioni, attività immersive, test sul campo e contatto diretto tra brand e consumatori.

Sono inoltre previsti altri eventi speciali tra i quali l’Assemblea generale EOG, la cerimonia degli European Outdoor Awards, l’immancabile Outdoor Party e altre soprese.

LA LOCATION

La scelta di Riva del Garda, già casa degli Outdoor & Running Business Days, è un altro elemento chiave: un luogo che vive e respira Outdoor tutto l’anno, incastonato tra lago e montagne, ideale per un evento che vuole trasmettere energia, ispirazione e visione.

NO EXCUSES

Il tema della prima edizione sarà “No Excuses”: nessuna scusa per non esserci, per non agire, per non innovare. È un invito all’azione rivolto all’intera industry. Dopo anni difficili e tante incertezze, è il momento di ricostruire con coraggio, creatività e collaborazione.

OUTDOOR IMPACT SUMMIT

L’European Outdoor Week sarà inaugurata da questo importante appuntamento internazionale dedicato alla sostenibilità e all’impatto sociale nel settore outdoor. Riunirà aziende, esperti e organizzazioni per condividere strategie e buone pratiche su circolarità, biodiversità e politiche ambientali. Il programma prevede workshop, masterclass, momenti di confronto, oltre a offrire spazi di networking e collaborazioni concrete tra i partecipanti. Dopo la prima positiva edizione a Monaco di Baviera a maggio 2025, il prossimo appuntamento sarà quindi proprio a Riva del Garda nelle giornate del 14-15 maggio.

Altre specifiche sull’European Outdoor Week e sui vari eventi e iniziative che la compongono inizieranno a essere svelate nelle prossime settimane. Per qualsiasi informazione in merito potete contattarci all’indirizzo: info@mag-net.it

Ulteriori dettagli saranno disponibili sui seguenti siti: europeanoutdoorgroup.com/european-outdoor-week outdoorbusinessdays.com

© Luca Matassoni
Inquadra il QR Code per il video messaggio di Christian Schneidermeier

QUANTO È IMPORTANTE LA FORMAZIONE?

IOG di Assosport conferma l’appuntamento Outdoor Scenario/Accademia Outdoor Pro in programma per il 23 marzo 2026 a Verona. Tuttavia, gli ultimi anni hanno richiesto un ripensamento del progetto dell’associazione: a MagNet il compito di condurne l’indagine

_ a cura dell'Italian Outdoor Group

Da oltre 15 anni IOG crede e investe nella formazione dedicata al personale di vendita dei negozi specializzati. Un’attività che il Comitato di Gruppo IOG considera da sempre strategica e di importanza fondamentale per la trasmissione del valore, oltre che per offrire le giuste argomentazioni di vendita e per creare il giusto feeling tra aziende di produzione e negozianti. Con il passare delle edizioni, si è venuta così a creare una base relativamente stabile di marchi da una parte e di negozi dall’altra che, pur fra non poche difficoltà organizzative, considerano utile partecipare al programma di formazione che va sotto il nome di Accademia Outdoor Pro, dallo scorso anno inquadrato in un contenitore più ampio denominato Outdoor Scenario.

Negli ultimi anni, tuttavia, la partecipazione – sia dal lato dell’industria che della distribuzione – ha mostrato segnali di affaticamento, richiedendo uno sforzo sempre maggiore da parte della segreteria organizzativa di Assosport. Per questo motivo, il Comitato IOG ha deciso di aprire una riflessione sul format, sul valore percepito e sulle reali esigenze delle imprese. È stato affidato al partner MagNet il compito di condurre un’indagine rivolta al settore industriale outdoor, per comprendere le motivazioni dietro il calo di partecipazione e l’apparente difficoltà a pianificare una giornata di formazione e confronto diretto con decine di punti vendita. L'obiettivo è capire se si tratti di una disaffezione verso la formazione stessa o della necessità di rinnovare modalità e contenuti del format.

I risultati dello studio sono attesi per la fine di ottobre e saranno fondamentali per orientare le prossime scelte del Comitato: si potrà aprire un confronto con gli associati per ripensare il progetto, modificarne la struttura o immaginare nuove modalità più in linea con il contesto attuale.

Intanto, la data del 23 marzo 2026 resta confermata: sarà un appuntamento cruciale non solo per la presentazione delle collezioni Spring Summer 2026, ma anche come possibile punto di svolta per il futuro della formazione nel settore outdoor.

Parallelamente, Assosport rivolge un appello anche ai retailer specializzati del settore, chiedendo un loro feedback sull’iniziativa Accademia Outdoor Pro – Outdoor Scenario. Essendo un evento pensato proprio per loro, il punto di vista dei negozianti è fondamentale per valutarne l’efficacia e raccogliere spunti utili al suo eventuale rinnovamento.

Per inviare osservazioni o suggerimenti, è possibile scrivere a: assosport@assosport.it

PUNTO IOG

L’IMPATTO DEI DAZI

Quali saranno le conseguenze dell’accordo USA-UE sull’economia italiana e sul comparto sportivo?

Un’analisi che propone scenari futuri alla luce di dati e considerazioni del settore

Il 27 luglio 2025 Stati Uniti e Unione Europea hanno concluso i negoziati per un accordo commerciale che introduce un'aliquota daziaria unificata del 15% su gran parte delle esportazioni europee verso gli USA, scongiurando l’entrata in vigore, prevista per i primi giorni di agosto, di un dazio del 30% nell’ambito della cosiddetta “dazi reciproci” statunitensi. L’intesa, che include settori ad alta intensità tecnologica come l’automotive, i semiconduttori e il farmaceutico, stabilisce anche un regime “zero-for-zero” per beni strategici, tra cui aeromobili, apparecchiature per semiconduttori, materie prime critiche e alcuni prodotti agricoli. Tuttavia, al momento rimangono in vigore le misure settoriali su acciaio, alluminio, rame e loro derivati, al 50% già attive o in fase di valutazione. Questo scenario genera inevitabilmente un impatto sull’economia italiana e nello specifico sul settore sportivo come dimostrato dalle varie fonti considerate in questo articolo: il rapporto ICE 2024-2025, l’analisi di ZPC Società Benefit, coinvolta dall’Italian Outdoor Group, e le dichiarazioni di alcuni brand outdoor interpellati da Outdoor Magazine

IL RAPPORTO ICE

Sebbene il rapporto ICE 2024-2025 “L’Italia nell’economia internazionale” sia stato redatto prima dell’accordo commerciale che dichiara ufficialmente la tariffa doganale unificata al 15%, offre una buona panoramica sulla performance (import-export) dell'Italia nel commercio internazionale. Valuta l'impatto potenziale dei dazi statunitensi sulle esportazioni italiane e l'esposizione delle imprese, identificando le regioni e le aziende più vulnerabili e presenta un Piano d'Azione per l'Export 2025, delineando le aree geografiche strategiche per la crescita futura.

L’Italia nel mondo - L’Italia occupa la sesta posizione come esportatore mondiale di merci e il secondo nell'UE per produzione manifatturiera. Nel rapporto viene analizzata la composizione delle esportazioni per settori e mercati di destinazione notando una flessione complessiva del valore delle esportazioni nel 2024. Il contesto globale di accresciuta incertezza, e previsioni di crescita economica e degli scambi inferiori alle medie storiche, rappresenta un fattore di rischio significativo per le prospettive future dell'export italiano. La minaccia di dazi statunitensi emerge come una delle principali vulnerabilità. Con un'esposizione stimata a 1,7 miliardi di euro nel 2024, che potrebbe salire a 9,4 miliardi (con dazi al 10%) o addirittura 18,9 miliardi (con dazi al 30%), i dazi USA potrebbero impattare una quota considerevole (fino al 26,8%) dell'import USA dall’Italia.

Esposizione regionale e delle imprese ai dazi USA - Sebbene l'Italia abbia un'esposizione al mercato USA (circa il 10% del totale export) inferiore a quella di Paesi come l'Irlanda, rimane comunque materialmente vulnerabile a queste misure protezionistiche. Un aspetto critico è l'elevata esposizione di oltre 6.259 imprese italiane, per le quali gli Stati Uniti rappresentano oltre il 50% del loro export. Queste imprese, che complessivamente esportano 11 miliardi di euro e impiegano 143 mila addetti, sono particolarmente a rischio, il che potrebbe avere ripercussioni significative a livello regionale e occupazionale.

Scansiona il QR Code per il rapporto ICE completo

_ di Karen Pozzi

LA STIMA DEL COSTO DEI DAZI USA

Macchinari e apparecchi elettrici

Altri settori

Agroalimentare

Mezzi di trasporto

Calzature, pelli e cuoio

Pietre, vetro, ceramica

Metalli e prodotti in metallo

Tessile-abbigliamento

Chimica-farmaceutica

Prodotti in plastica e gomma

Minerali e combustibili

L'IMPATTO DELL'ANNUNCIO DEI DAZI SULLE PREVISIONI DI CRESCITA ECONOMICA E SCAMBI

PIANO D'AZIONE PER L'EXPORT 2025

Commercio internazionale di beni e servizi Crescita economica

>> IMPATTO SULLA REALTÀ SPORTIVA

Secondo l’azienda di consulenza ZPC Società Benefit, coinvolta dall’associazione di categoria Italian Outdoor Group di Assosport per un’analisi della situazione, le implicazioni sono tutt’altro che marginali. Per il settore degli articoli sportivi, la nuova aliquota del 15% potrebbe incidere sui costi di esportazione di numerosi prodotti europei ad alto contenuto tecnico, come per esempio:

• telai in carbonio per biciclette da competizione, spesso prodotti in Italia, Germania e Francia;

• scarpe da corsa e da calcio con suole in materiali compositi, soggette a componentistica avanzata;

• abbigliamento tecnico sportivo con tessuti innovativi;

• attrezzature per sport invernali, come sci e snowboard, che integrano materiali metallici e polimeri ad alte prestazioni;

• dispositivi elettronici per il monitoraggio delle performance, come cardiofrequenzimetri, GPS sportivi e sensori biometrici.

La permanenza di dazi elevati su acciaio, alluminio e rame, potrebbe inoltre influenzare la produzione di attrezzature sportive che impiegano leghe leggere, come racchette da tennis, mazze da golf, telai per attrezzi ginnici e componenti strutturali per impianti sportivi.

>> LE DICHIARAZIONI

Abbiamo chiesto ad alcuni brand outdoor italiani quale potrà essere l’impatto dei dazi sulla loro economia

LORENZO DELLADIO, ceo La Sportiva

“ Abbiamo evitato il disastro.

L’accordo tra UE e USA ha scongiurato dazi fino al 30% che avrebbero colpito in modo pesantissimo il nostro settore e l’intero export europeo verso gli Stati Uniti. Per La Sportiva sarebbe stato un colpo durissimo. Il mercato americano è strategico per noi: abbiamo una filiale diretta con personale locale assunto, che rischiava seriamente tagli e ridimensionamenti. Le nostre calzature, con un aumento causato dai dazi, sarebbero diventate fuori mercato, mettendo a rischio le vendite. Negli USA le calzature hanno guidato la crescita della penetrazione del brand negli ultimi anni. Se quel volano si blocca, l’intero sistema ne soffre: dai piccoli rivenditori indipendenti ai grandi retailer che hanno puntato su prodotti tecnici di qualità. E non parlo solo del nostro marchio, ma dell’intero comparto outdoor europeo. Ci auguriamo che questo sia solo l’inizio di una politica commerciale più stabile e sostenibile per le aziende del nostro Paese.

“Le tariffe decise dall’amministrazione Trump sui prodotti importati negli USA hanno un impatto diretto sulla nostra filiale americana legato ad una molteplicità di fattori. Il primo riguarda la tipologia: per la maggior parte i nostri prodotti hanno componenti in acciaio e alluminio e quindi ricadono nelle speciali tariffe dedicate a questi materiali. Il secondo è legato al Paese di importazione e qui la competitività delle aziende spesso si gioca sulla casualità di come la supply chain aziendale è organizzata con una necessaria riorganizzazione (qualora possibile). Il terzo concerne le dinamiche interne agli USA con quelli che saranno i cambiamenti che i consumatori (e di riflesso i retailers) apporteranno a conseguenza degli aumenti di prezzo dei prodotti: questa dinamica potrà essere valutata solo nei mesi a venire, ma intanto aumentano i rischi legati alle decisioni di programmazione e gestionali che nel frattempo vanno affrontati. Nella pratica, poi, si aggiungono altri elementi: per esempio l’incertezza nell’applicazione dei calcoli da fare per la determinazione del dazio sui materiali che è già cambiata tre volte in pochi mesi e che porta al disorientamento delle dogane con il rischio di vedere lo stesso prodotto sdoganato in maniera differente. Se poi vogliamo alzare lo sguardo, riteniamo ci siano potenziali impatti di medio e lungo periodo derivanti dalla rottura del sistema multilaterale del commercio internazionale che si tradurranno in un aumento di pratiche protezionistiche anche da parte di altri Paesi con un evidente impatto per le aziende orientate all’export.

EDDY CODEGA, ceo C.A.M.P.

UN NUOVO PUNTO FERMO TRA LE DOLOMITI

A Ponte nelle Alpi nasce un Montura Store: un luogo d’incontro tra territorio, comunità e passione per la montagna. Ce lo racconta Elia Frittoli, responsabile retail area Nordest _ di Pietro Assereto

Dalla passione per la montagna alla responsabilità di coordinare lo sviluppo retail in un’area strategica per il marchio: Elia Frittoli, oggi district manager Nordest di Montura, ha vissuto dall’interno la crescita del brand e la sua evoluzione sul territorio. Con l’apertura del nuovo Montura Store a Ponte nelle Alpi, nel cuore della provincia di Belluno, in Veneto, prende forma una visione che intreccia tecnica, cultura e comunità. Un progetto che guarda ai climber, agli escursionisti, ai professionisti della montagna, ma anche a una nuova generazione di appassionati da coinvolgere e ispirare.

Ciao Elia, qual è il tuo ruolo all’interno di Montura da quanto tempo segui lo sviluppo retail del brand?

Ciao a tutti i lettori di outdoor magazine. Da appassionato di montagna, ho avuto il piacere di iniziare in Montura lavorando in store nel 2024, tempo in cui da una parte sono riuscito ad allinearmi alla filosofia del brand, e in aggiunta a empatizzare con la clientela. Questo mi ha permesso di capire nel dettaglio i prodotti offerti e le esigenze degli utilizzatori. Dopo un anno, questo percorso di crescita mi ha portato ad accettare l’incarico come figura di district manager dell’area nordest di tutti i negozi retail, un ruolo estremamente stimolante a unione tra le dinamiche aziendali e quelle di negozio.

L’apertura del nuovo store a Ponte nelle Alpi rappresenta un tassello importante per Montura. Qual è il significato di questo punto vendita per voi, anche in relazione al territorio bellunese e alle Dolomiti?

Montura nasce per soddisfare le esigenze delle persone che vivono di montagna, garantendo prodotti performanti e adeguati a scrivere ricordi, qualunque sia l’obiettivo da raggiungere. In questo senso, il brand ha sempre cercato di posizionarsi in luoghi dove le comunità di montagna fossero una parte fonda-

mentale del territorio. Ponte nelle Alpi racchiude tutto questo. Da qui la voglia di creare un punto vendita che possa essere un riferimento per le persone locali, offrendo collezioni di prodotti trasversali, dal tecnico al quotidiano. In aggiunta, Ponte nelle Alpi rappresenta, grazie alla sua posizione strategica, una modalità per rivolgersi e far conoscere il marchio a una clientela turistica e di passaggio verso le splendide Dolomiti.

In che modo questo store incarna la visione retail di Montura?

Montura è allo stesso tempo brand e azienda, due parti complementari indissolubili. Negli anni il brand non è cambiato: alla base c’è sempre la filosofia e l’etica che hanno plasmato la sua storia e che rimangono le radici di questa. La realtà, secondo le sue regole, sta evolvendo sempre di più, in linea con le esigenze che il settore dell’outdoor chiede. In questo senso, per Montura, retail vuol dire presidiare sempre di più i territori a forte vocazione montana attraverso aperture di nuovi negozi per diffondere la propria entità e collimare con le esigenze delle comunità locali.

Qual è il tipo di esperienza che volete offrire al cliente all’interno dello store di Belluno? Qual è il target?

I negozi Montura sono nati con l’idea che potessero essere uno spazio di ritrovo e aggregazione per tutte le persone con una forte inclinazione al mondo outdoor, attraverso l’offerta di prodotti utili a ogni tipo di necessità. Di conseguenza, il target di clientela non ha filtri, è rimasto il medesimo, sulla scia di quel senso di appartenenza nei confronti del marchio, attraverso la garanzia di prodotti e materiali efficienti e durevoli. Oggi, tuttavia, la vera sfida è cercare un ponte di collegamento tra le generazioni che hanno sposato da subito il nostro mondo e che ancora credono fortemente nei prodotti e valori di Montura, con invece quelle di una fascia di età più giovane. In questo senso, aprire uno store a Ponte nelle Alpi, per noi vuol dire anche ambire a empatizzare e convincere questo target di potenziale clientela. Questa è la vetta da scalare e raggiungere per poter continuare insieme a scrivere la storia di Montura.

Il negozio propone le linee tecniche Montura ma anche collezioni everyday, calzature e attrezzature. Com’è strutturata l’offerta e come si inserisce la linea Workframe in questo contesto?

Presso il Montura Store di Belluno si troveranno delle linee di prodotto multidisciplinari, sia caratterizzate da un’alta tecnicità per i praticanti più specifici di tutte le attività outdoor, sia abbigliamento per un utilizzo quotidiano. Per fare tutto questo, all’interno dello store si troverà uno spazio di prima linea della collezione attuale, affiancato da un’area molto ampia di prodotti di occasione e quindi scontati, di collezioni non attuali. Questo per assicurare a tutti la possibilità di avere qualche prodotto Montura in un’ottica di inclusività a prescindere dalle possibilità. Uno dei rapporti storici che Montura ha, è quello con il Soccorso Alpino. In quest’ottica, vista la presenza sul territorio di questo ente prezioso per la vita di montagna, lo store di Belluno avrà uno spazio dedicato a tutta la linea Workframe. Montura “Workframe” è

Elia Frittoli, responsabile retail area Nordest
Montura Store a Ponte nelle Alpi (BL)

una divisione dedicata al mondo del lavoro tecnico, creata per rispondere alle esigenze e alle problematiche riscontrate da chi vive la montagna e la natura non solo per passione, ma anche per professione. Montura è un brand che parla di montagna. Per fare questo, in passato e tutt’ora, all’interno dei propri store, offre ristoro a diversi marchi terzi che siano a completezza di tutto quello che occorre per vivere l’outdoor. A Ponte nelle Alpi, quindi, si troveranno anche altri brand, con focus sulle calzature e l’attrezzatura necessaria per il mondo climbing e non solo.

Anche Montura Editing ha uno spazio dedicato: quanto è importante la dimensione culturale per il vostro modello di retail? Montura per le persone, con le persone. Montura Editing è l’eco di questo principio, che da oltre 20 anni si concretizza in un impegno di responsabilità sociale finalizzato a un impatto valoriale sulle comunità montane di tutto il mondo, mediante progetti culturali e sociali. Ogni anno Montura stanzia risorse per garantire una diffusione di questa cultura, soprattutto attraverso i negozi. Qui è possibile respirare questa atmosfera, concretizzando il tutto attraverso un acquisto dei libri che raccontano queste realtà, a fronte di una donazione libera. Anche per Ponte nelle Alpi, Montura Editing avrà uno spazio dedicato all’interno dello store: uno spazio culturale pensato per promuovere racconti, progetti e iniziative editoriali legate al territorio e alla montagna.

Questo sarà il primo di tre store che aprirete nel 2025. Puoi anticiparci qualcosa sui prossimi opening?

Il 2025 per Montura identifica un anno di ripartenza, manifestando la propria presenza sul territorio con nuove aperture. Oltre a Ponte nelle Alpi, con le finalità espresse sopra, vogliamo garantire presenza sul territorio in due location per noi fondamentali. La prima è Montebelluna (via Feltrina, 57, 31035 Crocetta del Montello - TV), dove è stato sviluppato un progetto di valorizzazione di un precedente e vetusto stabile, bonificandolo

e rendendolo moderno preservando il suo valore. Tutto questo in pieno stile e secondo la filosofia del brand. Lo store ha già aperto al pubblico nella metà di agosto con uno spazio allestito ad outlet; tuttavia, l’inaugurazione ufficiale sarà prevista per metà ottobre, con l’apertura dei due piani superiori caratterizzati da una offerta commerciale di prima linea e un ampio spazio Editing. La seconda è Torino (via Pietro Micca, 18), con inaugurazione confermata per il 10 settembre, con uno store pensato per i torinesi, in grado di offrire più linee di prodotto dalla forte vocazione montana. Torino significa per Montura essere presenti e al fianco di tutte le comunità e persone appassionate di outdoor che vivono in città, dove il desiderio e il legame con la montagna si sta rinvigorendo sempre di più.

Montura Store a Ponte nelle Alpi (BL)

LO STORYTELLING CHE RIPAGA

Torna il Fansometro, la classifica dei brand outdoor per numero di follower ed engagement rate, quest’anno anche con un focus sul trail running

_ di Benedetta Bruni

OUTDOOR *

Da anni, le riviste di MagNet propongono un punto di vista diverso per guardare ciò a cui siamo sempre stati abituati. Uno di questi è il Fansometro, ovvero il ranking dei primi marchi outdoor in base al numero di follower ed engagement rate offerti da Instagram. Un dato, il secondo, che attesta non solo la notorietà del brand, ma anche la fedeltà e il grado di partecipazione delle community.

Ciò che emerge quest’anno, dal punto di vista dei follower, è una conferma di quanto già noto: icone globali come The North Face e Patagonia dominano la classifica e restano irraggiungibili da Arc’teryx e Salomon, subito dietro, pur superando il milione. Tuttavia, i numeri non sempre sottintendono un coinvolgimento. Probabilmente forti della propria notorietà, i primi nel ranking riportano engagement rate modesti e vengono superati da brand con dimensioni più contenute come Mammut (1,03%), Petzl (0,53%) e Rab (0,47%). Mammut, nello specifico, conquista il podio grazie a una strategia di comunicazione leggera e ironica, mentre Petzl è noto per condividere istruzioni d’uso dei propri dispositivi, oltre a “tips” e consigli reali sulle discipline che copre. Sorprende anche Columbia (0,65%) nonostante una comunicazione più tradizionale. L’engagement si concentra dunque su marchi tecnici o con forte storytelling verticale, mentre i giganti faticano a mantenere la stessa vicinanza con i fan.

Nel segmento di marchi con forte imprinting trail running la dinamica invece è più marcata: HOKA e Salomon Running distaccano gli altri brand per numero di follower, ma chi realmente fa la differenza sono i cosiddetti “newcomer”, ovvero i nomi più giovani che si caratterizzano per uno storytelling più autentico e genuino. NNormal (3,07%), a metà classifica per follower, è il primo nel ranking per engagement rate. Seguono Satisfy Running (2,22%) e norda (1,81%), dimostrando che un posizionamento che punta molto sul prodotto inteso anche come stile di vita si traduce in un forte senso di appartenenza a una community. Vale la pena notare come Salomon Running (0,42%) e The North Face Trail (0,39%) qui performano meglio delle loro controparti outdoor (Salomon riporta 0,23% e The North Face 0,16%), probabilmente dato dalla verticalità dei profili trail running e dall’ascesa della corsa off-road negli ultimi anni.

BRAND / ACCOUNT

Dati aggiornati al 18 settembre 2025

FOLLOWER

1. The North Face / @thenorthface 5,5 MLN

2. Patagonia / @patagonia 5,4 MLN

3. Arc’teryx / @arcteryx

4. Salomon / @salomon

5. Black Diamond / @blackdiamond

6. Petzl / @petzl_official

7. Fjällräven / @fjallravenofficial

8. Columbia / @columbia1938

9. Mammut / @mammut

10. Osprey / @ospreypacks

11. Merrell / @merrell

12. La Sportiva / @lasportivagram

13. Cotopaxi / @cotopaxi

14. Helly Hansen / @hellyhansen

15. Gore-Tex / @goretexbrand

16. Salewa / @salewa

17. Norrøna / @norrona

18. Rab / @rab.equipment

19. Jack Wolfskin / @jackwolfskin

20. Vibram / @vibram

MLN

MLN

*Vengono presi in considerazione solo i profili generici dei brand

TRAIL RUNNING **

Dati aggiornati al 18 settembre 2025

HOKA / @hoka

Salomon Running / @salomonrunning

3. Satisfy Running / @satisfyrunning

4. adidas Terrex / @adidasterrex

Altra Running / @altrarunning

NNormal / @nnormal_official

The North Face Trail / @thenorthface_trail

8. Craft Sportswear / @craftsportswear

**Per i brand legati al trail running vengono presi in considerazione quelli con un forte imprinting sulla corsa off-road

La redazione ha analizzato accuratamente gli account dei brand outdoor e trail running. Se il lettore dovesse rilevare qualche mancanza o inesattezza, è pregato di inviarci una segnalazione a redazione@outdoormag.it

*sekai (globo) descrive la vocazione nomade di una scarpa da indossare 24/7 ------ trezeta.com

RENDEZ-VOUS À GRENOBLE

Appuntamento ad Alpexpo dal 26 al 28 gennaio per Sport Achat Hiver, l'evento b2b di riferimento per il mercato francese e ora sempre più internazionale che da oltre 20 anni riunisce tutti gli attori dell'industria sci e snowboard

_ di Benedetta Bruni

Ogni anno, da più di 20 anni, i rappresentanti dei principali marchi di montagna e outdoor si ritrovano a Grenoble, una città circondata da tre diversi massicci alpini – Chartreuse, Vercors e Belledonne. È in questa cornice che si svolge Sport Achat Hiver, la fiera b2b più impor tante per il mercato francese che riunisce tra i più grandi attori del mercato sportivo invernale, uno strumento essenziale per tutti gli operatori dell’industria per mantenere e sviluppare relazioni. Nel 2026, l’evento ritorna nella location di Alpexpo di Grenoble dal 26 al 28 gennaio.

LA FIERA DELL’OUTDOOR FRANCESE

A partire dal 2003, Sport Achat Hiver è l’appuntamento di riferimento dell’outdoor invernale nel panorama francese per gli operatori di settore e i retailer che, anno dopo anno, vogliono offrire ai loro clienti le ultime tendenze in fatto di attrezzatura e abbigliamento e rimanere sempre aggiornati sulle novità. La fiera è infatti divisa in cinque settori: materiali, tessile, accessori, lifestyle e universo punto vendita, offrendo dunque a tutti gli interessati un’area nella quale ritrovarsi o fare business. L’edizione di gennaio 2025 ha potuto contare su oltre 500 marchi specializzati per 270 espositori e 4.000 professionisti partecipanti, ripartiti su una superficie espositiva di 20.000 mq (l’8% in più rispetto all’appuntamento del 2024 e un ritorno ai livelli pre-Covid), confermandosi come la fiera con il più grande numero di brand wintersport in Europa. Di fatto, l’evento è un’occasione per scoprire le ultime collezioni, lasciarsi ispirare dalle tendenze di mercato, incontrare i fornitori nello stesso momento e luogo, assicurarsi gli stock per il prossimo inverno arricchendo la propria offerta, e sviluppare il proprio network professionale presso i protagonisti del settore

_Dopo una splendida edizione 2025, desideriamo mettere a disposizione di tutti i professionisti lo strumento di lavoro globale che è diventato Sport-Achat. L'edizione 2026 sarà dedicata all'accoglienza dei rivenditori europei! Mathieu Kurtz, ceo di Sportair

sci e snowboard. Tutta la tre giorni è stata pensata come un modo per far risparmiare tempo e denaro in un periodo chiave per l’industria. Sport Achat Hiver offre inoltre l’opportunità di scoprire nuovi marchi e supportare gli ultimi arrivati nel panorama outdoor grazie alla “Fresh Zone”, un’area dedicata interamente ai giovani imprenditori nonché un vero e proprio trampolino di lancio per sviluppare la propria rete con la stampa e i marchi specializzati.

VERSO L’INTERNAZIONALITÀ

Dall’edizione 2024, Sport Achat Hiver si è proposto di estendere la portata della fiera anche fuori dalle frontiere francesi per incontrare i bisogni, le sfide e i calendari dei mercati limitrofi e più generalmente europei, di fatto simili tra loro. La fiera si è quindi impegnata ad accogliere distributori e visitatori stranieri, e contando infine 70 espositori esteri tra cui in primis Italia, Svizzera e Paesi Bassi, ma anche 60 negozianti da sei diversi Paesi.

© Maurizio
Torri
Guarda il video di Sport Achat Hiver 2025
Scansiona il QR Code per registrarti come visitatore

CAPUT MONTIS

L’UTMB ha confermato tutto il suo peso nel panorama outdoor mondiale.

Con oltre 30.000 presenze, 150 brand al Village Expo e nomi leggendari sul podio, Chamonix si è trasformata ancora una volta nel cuore pulsante del trail running

_ di Pietro Assereto

Se l’anno scorso era stata l’edizione delle sorprese, con la vittoria totalmente inaspettata di Vincent Bouillard – entrato in HOKA nel 2016 come stagista e uno degli ingegneri di punta nel product development, oggi parte del team Elite HOKA –, la 22esima edizione dell’UTMB è stata quella delle certezze. La prima è il successo consolidato di questo evento, ormai un must per tutti gli amanti del trail running ma non solo: erano infatti più di 150 i brand al Village Expo. Con oltre 30.000 persone presenti a Chamonix durante la settimana delle gare, era un’occasione imperdibile per molte aziende di presentare le novità al pubblico. Ogni trail runner, amatore o professionista che sia, sogna un giorno di poter correre su questi sentieri, sotto l’ingombrante presenza del massiccio del Monte Bianco. E lo testimoniano i numeri. Erano infatti circa 10.000 i corridori in rappresentanza di 121 Paesi, ma erano ben di più le richieste di partecipazione: oltre 25.000 tramite lotteria, +30% rispetto al 2024; in particolare: ~10.000 domande per OCC, 8.900 per UTMB e 6.000 per CCC. Chamonix si trasforma per una settimana nell’epicentro dell’outdoor, in un cuore pulsante di sport

e cultura. Ci sono concerti, stand, eventi collaterali che coinvolgono non solo i corridori, ma l’intera comunità alpina: tra operatori turistici, volontari (circa 2.000) e fan, si registra un clima di straordinaria condivisione ed entusiasmo internazionali. Da ogni angolo si percepisce una forte condivisione di valori: coraggio, rispetto per la montagna, solidarietà. Un tifo accesissimo, degno delle grandi manifestazioni sportive, come solo i francesi sanno fare.

La seconda certezza è dettata dai vincitori delle gare maschili: Jim Walmsley, Francesco Puppi, Tom Evans. Tre mostri sacri. Abbiamo avuto l’occasione di vedere dal vivo tutto questo grazie a HOKA che ci ha invitato all’evento di cui è main sponsor. Tra preview del corto Learning to Fly al Cinéma Vox – al quale è susseguito un panel con Vincent Bouillard, Eszter Csillag, atleta HOKA, Max Lowe, regista, e Aisha McAdams, fotografa –, test prodotto della nuovissima Trail X Rocket, contatti quotidiani con gli atleti del team e giri in van per seguire nelle varie tappe la gara regina, siamo riusciti ad assaporare a pieno l’entusiasmo che solo questa manifestazione è in grado di offrire.

UTMB 2025: IL FASCINO ETERNO DEL MONTE BIANCO

TOM EVANS, IL GIORNO PERFETTO

Nonostante le condizioni meteo abbiano costretto gli organizzatori a modificare il percorso (è stato neutralizzato il tratto delle Pyramides calcaires, il punto più alto della distanza) per garantire la massima sicurezza, la gara regina ha offerto spettacolo puro tra salite epiche e discese tecniche. Dopo due ritiri consecutivi, il britannico Tom Evans del team ASICS si è preso la rivincita: attacco decisivo al Grand Col Ferret, prestazione

impeccabile e trionfo in 19h18’56’’. Alle sue spalle Ben Dhiman e Josh Wade, mentre tre cinesi e tre francesi entrano nella top 10. Si ritirano, tra gli altri, D’Haene, Albon e Detienne.

RUTH CROFT: TRIPLETTA DA LEGGENDA

La neozelandese firma una storica vittoria in 22h56’23’’, diventando la prima donna a conquistare CCC, OCC e UTMB. Seconda Camille Bruyas, terza Katharina Hartmuth. “Con il freddo, partire forte era l’unico modo per sopravvivere alla notte”, ha raccontato Croft, visibilmente emozionata.

Tom Evans

>> COSA ABBIAMO TESTATO ROCKET X TRAIL

La Rocket X Trail è una dichiarazione d’intenti: velocità pura, senza compromessi. HOKA prende tutto il know-how delle sue scarpe da gara su strada e lo trasferisce in un modello trail ultraleggero, pensato per gli atleti che vogliono volare su ghiaia, sterrato e sentieri scorrevoli.

IL CUORE? UNA PIASTRA IN CARBONIO A FORMA DI H

La vera novità tecnica è la piastra in fibra di carbonio, progettata con una struttura a “H” per garantire propulsione senza perdere il controllo. È lo stesso concetto di “plate” che ha rivoluzionato le scarpe da maratona, ma qui declinato per sentieri dove la reattività conta tanto quanto la stabilità. Combinata a un’intersuola a doppio strato con super schiuma A-TPU, la sensazione sotto il piede è quella

CCC: PUPPI NELLA STORIA

Con una gara autoritaria, Francesco Puppi diventa il primo italiano a vincere la CCC, chiudendo in 10h06’02’’. Una prestazione da manuale, davanti agli americani Sinclair e Holmen. Netto miglioramento anche per Arnaud Bonin, quarto. Un risultato che consacra Puppi nell’élite mondiale.

CCC DONNE: FINALE DA THRILLER

La polacca Martina Mlynarczyk vince in volata una delle gare più tirate di sempre: 11h41’55’’, solo 18 secondi davanti alla norvegese Sylvia Nordskar. Terza la spagnola Tarasova. Fuori per infortunio le favorite McCann e Kaspersen, entrambe costrette al ritiro mentre erano in lotta per il podio.

di una corsa pronta a esplodere a ogni passo: ritorno energetico altissimo, ma con una base stabile e una transizione fluida grazie al MetaRocker aggressivo.

PESO PIUMA, GRIP ESSENZIALE

Sotto la suola, il brand americano ha fatto una scelta chiara: tagliare il superfluo. La gomma è posizionata solo dove serve, i tasselli sono da 3,5 mm, sufficienti per offrire aderenza su terra compatta e ghiaia, ma senza penalizzare il peso o la corsa. Non è una scarpa da fango o da trail tecnici, e non vuole esserlo.

FIT DA GARA, TOMAIA DA RECORD

In alto, la tomaia in mesh tecnico e traspirante è minimal, ma efficace. Una mascherina dinamica elasticizzata – in attesa di brevetto – si adatta al gonfiore naturale del piede durante le uscite lunghe, mentre la linguetta liscia e sottile elimina ogni possibile distrazione. Ai piedi, la Rocket X Trail si sente come una scarpa da gara: avvolgente, precisa, affilata.

IL VERDETTO DOPO CHAMONIX

Durante i test sui percorsi dell’UTMB, la Rocket X Trail ha confermato tutte le sue promesse: su sterrati compatti e trail scorrevoli è una scheggia. Leggera, precisa, veloce. Perfetta per chi cerca prestazioni pure su terreni “gravel” e da “fast trail”. Non è pensata per la tecnica estrema o le discese su roccia, ma per tutto il resto è difficile trovare qualcosa di più rapido e divertente da calzare.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Peso / 268 g

Drop / 6 mm

OCC UOMINI: WALMSLEY VS MINOGGIO, CHE DUELLO!

In uno dei finali più emozionanti di sempre, Jim Walmsley supera Christian Minoggio negli ultimi metri, vincendo l’OCC in 5h00’35’’. L’azzurro chiude secondo con un distacco di soli 20 secondi, mentre il polacco Witek è terzo.

OCC DONNE: CHEPNGENO SQUALIFICATA, TRIONFA YAO

Aveva concluso in testa la keniota Joyline Chepngeno, la prima atleta nera a vincere una finale UTMB, ma, in seguito ad accertamenti antidoping, è stata squalificata. A trionfare quindi la cinese Miao Yao, seguita dalle svizzere Judith Wyder e Maude Mathys.

Jim Walmsley, atleta del team Elite HOKA
Miao Yao
Pre-test della Rocket X Trail
Cinéma Vox durante la proiezione di Learning to Fly

>> L'INTERVISTA

CYNTHIA VAN DER MOOLEN, EMEA MARKETING DIRECTOR, HOKA

TRAIL IS COMMUNITY: LA VISIONE GLOBALE DI HOKA PER IL MONDO UTMB

HOKA è stato sponsor principale della UTMB World Series dal 2022. Tre anni dopo, come valutate l’impatto della partnership sul brand e sulla community di trail running?

La nostra partnership con l’UTMB World Series si basa su valori condivisi, uno scopo comune e una profonda passione per il trail running. Fin dall’inizio, la nostra missione è stata rendere questo sport più accessibile, dai neofiti della corsa agli atleti di livello mondiale. Questa sintonia ha creato una partnership forte e in continua evoluzione con l’UTMB World Series e, insieme, siamo impegnati a generare un impatto positivo e duraturo nel mondo dello sport. Dal 2022, HOKA ha contribuito a espandere la portata globale dell’UTMB World Series, supportando lo sviluppo di un circuito di gare che oggi si estende su cinque continenti. Questo ha avvicinato l’esperienza UTMB alle community di trail running di tutto il mondo, permettendo a un numero maggiore di persone di partecipare, competere e connettersi attraverso la passione per i sentieri.

Come contribuisce attivamente HOKA all’esperienza dell’UTMB, oltre alla sponsorizzazione?

Il ruolo di HOKA come Title Partner dell’UTMB World Series va ben oltre la sponsorizzazione tradizionale. Siamo profondamente integrati nell’evento, attraverso il supporto alla crescita degli atleti, l’innovazione di prodotto e la connessione con la community. In vista dell’HOKA UTMB Mont-Blanc ogni anno, organizziamo un training camp che riunisce più di 30 dei nostri atleti del team Elite. Questi camp sono dei veri e propri hub collaborativi dove gli atleti si allenano insieme, testano prodotti non ancora sul mercato e interagiscono direttamente con i nostri team di prodotto. Questa stretta collaborazione contribuisce alla continua innovazione nel campo delle calzature e abbigliamento, garantendo che la nostra attrezzatura soddisfi le esigenze dei più grandi eventi sportivi. Un esempio significativo di questa sinergia è rappresentato dalla storia di Vincent Bouillard. Partito come stagista HOKA nel 2016, oggi è Senior Manager of Product Engineering e nel 2024 ha conquistato una vittoria indimenticabile all’UTMB. Il suo successo non è stato solo un traguardo personale, ma un esempio concreto dell’impegno di HOKA nel coniugare l’esperienza degli atleti con le prestazioni dei prodotti. Lo stesso spirito di collaborazione caratterizza tutto il nostro team di atleti. Siamo orgogliosi di supportare i trail runner a tutti i livelli e investiamo nel futuro dello sport. Siamo promotori d'iniziative come l’HOKA Prize Purse, che aumenta i premi in denaro negli UTMB World Series Majors e Finals (con premi equi tra uomini e donne), aiutando gli atleti d’élite a costruire carriere più sostenibili, valorizzando al contempo questo sport.

Quanto ha contato UTMB 2025 per HOKA?

La settimana della gara ha regalato performance indimenticabili e un senso di comunità senza precedenti. Nell’OCC, Jim Walmsley ha dominato e vinto la gara indossando una versione personalizzata della Tecton X, la nostra scarpa da trail a doppia piastra in carbonio sviluppata insieme agli atleti del team Elite. Nella CCC, gli atleti HOKA hanno dominato il podio, guidati da Francesco Puppi con la Tecton X 3, diventando il primo italiano a vincere la gara maschile, e Martyna Mlynarczyk, vincitrice della gara femminile con la Mafate X, in un finale mozzafiato con soli 18 secondi di vantaggio sulla seconda classificata. Durante la settimana di gara è stata anche lanciata la Rocket X Trail, una nuova scarpa da performance co-sviluppata con Jim Walmsley e il nostro team di innovazione, un altro traguardo nell’ideazione di prodotti guidata dagli atleti. In HOKA, non ci limitiamo a sponsorizzare l’UTMB World Series, contribuiamo a plasmarla. Attraverso il lavoro con gli atleti, la nostra costante innovazione e l’autentico coinvolgimento con la community globale di trail running.

UTMB non è solo una gara, ma un ecosistema che coinvolge territori, culture e atleti di tutti i livelli. Come si inserisce HOKA in questo contesto, anche in termini di sostenibilità e responsabilità sociale?

L’UTMB è una celebrazione del trail running globale, che riunisce atleti

La nostra connessione profonda con lo sport, dalla progettazione di calzature da podio al racconto di storie quotidiane dei runner, assicura che, man mano che il trail running cresce, HOKA cresca con esso, rimanendo sempre fedele al nostro scopo: dare alle persone la possibilità di muoversi a modo loro Cynthia van der Moolen

di ogni esperienza, area geografica e livello. Come Title Partner, HOKA è orgogliosa di supportare questo ecosistema non solo durante la gara, ma nel corso di tutto l’anno, attraverso un impegno condiviso verso comunità, sostenibilità, impatto sociale e innovazione. Sul fronte ambientale, siamo pienamente allineati con il percorso dell’UTMB di riduzione dell’impatto ambientale. Insieme stiamo lavorando per ridurre le emissioni del 20% entro il 2030. Solo nel 2024, iniziative come reti di navette ecologiche e opzioni di carpooling hanno eliminato oltre 6.000 viaggi in auto, risparmiando circa 200 tonnellate di CO₂. Ma la sostenibilità non si limita alla logistica. Incoraggiamo attivamente fan e atleti a viaggiare responsabilmente, rispettare gli ambienti locali e partecipare a programmi di compensazione del carbonio che aiutano a proteggere le regioni attraversate dai trail. Il 2025 segna l’Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai e, in collaborazione con UTMB Mont-Blanc, HOKA ha lanciato una campagna per sensibilizzare sul ruolo cruciale dei ghiacciai nel nostro ecosistema climatico. Nei giorni precedenti la settimana di gara, HOKA ha organizzato una corsa di sensibilizzazione con ospiti di spicco e leader ambientali, per evidenziare l’impatto del trail running sulla natura e l’urgenza di proteggere gli ambienti alpini. Questa iniziativa riflette la nostra più ampia missione CSR: ispirare azioni consapevoli e proteggere i sentieri per le generazioni future. Quest’anno è stato anche il lancio del HOKA Neutral Assistance Program, una prima assoluta nel trail running. Con quasi il 35% dei partecipanti all’UTMB che non terminano la gara nel 2024, la difficoltà dell’evento è indiscutibile. Il tempo medio di completamento supera le 39 ore, spingendo anche i runner più preparati al limite. In risposta, HOKA ha introdotto un supporto esterno indipendente per tutti i runner al punto di assistenza nevralgico a ChampexLac (130 km), fornendo sostegno fisico e psicologico, recupero, incoraggiamento e rinnovato senso di motivazione per aiutare gli atleti a superare i momenti più difficili. È stata una potente espressione della nostra convinzione: ogni atleta, indipendentemente dall’affiliazione, merita la possibilità di continuare e superare i propri limiti. In HOKA, crediamo che il trail running sia una forza positiva, che unisce le persone, rispetta il pianeta ed eleva lo spirito umano. Il nostro ruolo come Title Partner dell’UTMB World Series è coltivare questa visione, supportando gli atleti, promuovendo la sostenibilità e investendo nel futuro dello sport.

L’UTMB è oggi un evento globale, con tappe in tutto il mondo. Quanto è strategico il legame con questo circuito per lo sviluppo internazionale del brand HOKA?

L’UTMB World Series è molto più di un calendario di gare: è un movimento globale di trail running, con eventi su cinque continenti e una comunità appassionata in crescita. Per HOKA, questa partnership rappresenta un pilastro strategico per l’espansione internazionale e si allinea direttamente ai nostri valori fondamentali di inclusività, comunità e sostenibilità. Far parte dell’UTMB World Series ci permette di connetterci in modo autentico con i runner di tutto il mondo attraverso iniziative come HOKA FlyLabs, corse di gruppo, test di prodotti e attivazioni dirette per i consumatori. Siamo più di uno sponsor principale; siamo partecipanti attivi nella cultura e nel futuro dello sport. Con la crescita globale del trail running, la UTMB World Series funge da piattaforma principale per presentare HOKA come brand di performance focalizzato sul trail. Questa partnership ci consente di guidare il movimento con innovazione, credibilità e autenticità.

FORZA AZZURRI. FATECI ANCORA SOGNARE

Le final by UTMB di Chamonix e le prove iridate di Canfranc sono a tutti gli effetti i “big event” di questo finale di stagione. Per chi corre in montagna due appuntamenti con la storia

_ testo di Maurizio Torri

MAURIZIO TORRI Giornalista freelance, fondatore del sito sportdimontagna. com, fotoreporter e consulente di comunicazione per alcuni degli eventi più iconici del settore trail, skyrunning e scialpinismo

Tutto in un mese. Ciò che si è raccolto sinora conta relativamente. Le final del circuito UTMB di agosto e i Campionati Mondiali di Mountain e Trail Running in programma a fine mese sui sentieri e le vette pireneiche di Canfranc sono la giusta vetrina per chi ambisce a sponsor di livello e a una vita da professionista.

ULTRA TRAIL DU MONT BLANC, QUO MAIUS COGITARI NON NEQUIT

Tutti gli atleti vogliono correre queste gare, per la bellezza dei tracciati, per il livello organizzativo, per l’importanza mediatica che hanno e il prestigio che danno a chi le vince. OCC, CCC e UTMB sono gli appuntamenti più ambiti, prova ne è che la maggior parte delle selezioni nazionali ha lasciato carta bianca agli atleti per paura che di fronte a una scelta obbligata, in molti avrebbero boicottato i mondiali di Canfranc. Il motivo è facilmente quantificabile: 10.000 runner da 51 differenti Paesi (di questi il 30% provenienti da Francia, Italia, Svizzera, 61% dal resto d’Europa, 13% dagli USA e 8% dalla Cina). La percentuale femminile è stata del 25%. I giornalisti accreditati erano oltre 600. Il piano editoriale digitale ha generato 10 milioni di visualizzazioni sulle piattaforme ufficiali, con un aumento del +11% rispetto al 2024. Quasi 1,5 milioni di follower hanno portato 175 milioni di visualizzazioni video (+24% rispetto al 2024). Non solo, sono state contate oltre 4 milioni di interazioni con la comunità (+56% rispetto alla precedente edizione). Altro dato importante, 1 milione di persone ha potuto seguire i propri runner preferiti al via delle otto gare dell'HOKA UTMB Mont-Blanc grazie al servizio Live Tracking. In crescita anche i follower italiani. Il commento live nella nostra lingua ha fatto registrare più di 100.000 visualizzazioni (tre anni fa, quando è stato introdotto il live in italiano, erano poco più di 6.000).

ITALIANI GRANDI PROTAGONISTI AL GRAN GALÀ DEL TRAIL

Al momento ci manca ancora un top runner che possa ambire a vincere la gara principe da 174 km succedendo nell’albo d’oro tricolore a Olmo e Canepa, ma diamo tempo al tempo. Nel frattempo guardiamo il “bicchiere mezzo pieno”. Alzi la mano chi non è saltato sulla poltrona tifando Christian Minoggio e Francesco Puppi. Quest’anno, nonostante la vicinanza con la rassegna iridata, gli atleti élite al via delle tre final erano 561 (+7% rispetto allo scorso anno). Non solo: in molti hanno preferito salvare le gambe scegliendo OCC e CCC rispetto al giro completo del Monte Bianco. Nonostante un parterre di un livello mai visto i nostri hanno corso da veri protagonisti. Nella più corta delle tre final l’assenza per infortunio di Nadir Maguet e Davide Magnini sembrava relegarci a un ruolo da comprimari. Invece il piemontese del Team Kailas ha stupito tutti mettendo alle corde una super star mondiale del calibro di Jim Walmsley. Ok, Minoggio non ha tagliato per primo il traguardo, ma è stato il vero eroe della OCC 2025. E che dire della straordinaria impresa di Puppi? Il lariano

del Team HOKA. Era al suo esordio nella 100k transalpina e partiva con il favore dei pronostici. Ha gestito la gara da campione navigato. Nessun dubbio, nessuna incertezza, nessuna sbavatura. Chapeau.

A CANFRANC ITALIANI A CACCIA DI MEDAGLIE

Mai come quest’anno la nostra selezione appare più attrezzata nelle medie e lunghe distanze, più che nel mountain running classic. Permettetemi di puntualizzare, non che nell’up&down o nell’uphill siamo diventati scarsi. Tutt’altro. Isacco Costa, Cesare Maestri, Francesca Ghelfi, Xavier Chevrier sono ottimi atleti. Il nostro problema in queste discipline è la manifesta superiorità delle compagini africane che, oltre alle individualità, hanno l’organico per primeggiare anche nella classifica a squadre. Il trail, invece, potrebbe essere per noi ancora terra di conquista. Il livello degli avversari sarà in ogni gara altissimo, ma di sicuro a rappresentare i colori azzurri sono stati selezionati i migliori interpreti della specialità. Davide Magnini, Andreas Reiterer, Christian Minoggio, Francesco Puppi, Fabiola Conti e Martina Valmassoi hanno i numeri e la classe necessari per regalarci belle soddisfazioni.

IL MODELLO INNSBRUCK 2023 DIFFICILMENTE REPLICABILE

La sensazione è che l’elevato livello organizzativo dell’ultima rassegna iridata sia difficilmente raggiungibile. La mancanza di un live in italiano e di una sor ta di hospitality per i giornalisti di settore penalizzeranno di sicuro la copertura mediatica dell’evento. Visti i costi onerosi di una trasferta e la logistica non cer to semplice della sede scelta per i mondiali di trail e mountain running in molti saranno costretti a seguire le gare da casa scegliendo tra il live spagnolo e inglese per tifare i nostri beniamini.

>> GLI AZZURRI A CANFRANC

Mountain Classic: Lorenzo Cagnati, Isacco Costa, Cesare Maestri, Luca Merli, Beatrice Bianchi, Alice Gaggi, Anna Hofer, Angela Mattevi. Riserve: Francesca Ghelfi e Xavier Chevrier

Vertical Uphill: Xavier Chevrier, Andrea Elia, Tiziano Moia, Andrea Rostan, Lucia Arnoldo, Benedetta Broggi, Martina Falchetti, Francesca Ghelfi. Riserve: Angela Mattevi e Isacco Costa

Short Trail: Lorenzo Beltrami, Luca Del Pero, Davide Magnini, Daniel Pattis, Lorenzo Rota Martir, Mattia Tanara, Cecilia Basso, Martina Cumerlato, Roberta Jacquin, Sophie Maschi, Alice Testini

Long Trail: Gionata Cogliati, Cristian Minoggio, Riccardo Montani, Francesco Puppi, Andreas Reiterer, Martina Chialvo, Fabiola Conti, Irene Saggin, Giuditta Turini, Martina Valmassoi

U20 Mountain Classic: Francesco Pepe, Stefano Perardi, Pietro Ruga, Marco Stupiggia, Camilla Bonariva, Licia Ferrari, Martina Ghisalberti, Alice Rosa Brusin

Francesco Puppi
Cristian Minoggio

OGNI ANNO UNA LEZIONE DIVERSA

Per molti l’UTMB è la settimana santa del trail running. Per Katie Wright è un banco di prova, un laboratorio di esperienze e un appuntamento che torna ogni anno con sfide sempre nuove

_ di Pietro Assereto

In occasione dell’UTMB siamo stati ospiti di La Sportiva nel loro chalet. Tra presentazione della Prodigio Max e un talk tenuto da Anton Krupicka, siamo riusciti a scambiare due chiacchiere con Katie Wright, atleta neozelandese del team. Tra un taglio di capelli pre-gara e le ultime rifiniture alla strategia, ci ha raccontato cosa rende questa gara così speciale, come si affronta davvero una 100 miglia e quanto conti il rapporto con un brand che crede nelle persone prima ancora che nei risultati.

Per molti l’UTMB è la settimana santa del trail running. Perché secondo te questo evento è così speciale?

È sicuramente molto conosciuto, sono più di 20 anni che c’è ed edizione dopo edizione è cresciuto. È entrato nei cuori di molti trail runner per via della complessità del circuito e dei paesaggi mozzafiato. L’UTMB rispecchia la popolarità del trail: negli ultimi 5/10 anni si sono avvicinate molte persone a questa disciplina ed è ovvio che una delle gare più importanti ne abbia tratto beneficio. Io conoscevo la gara ancor prima che mi dedicassi a questo sport. E poi quando la si corre è veramente un’emozione indescrivibile, non è paragonabile agli altri eventi.

Come ci si prepara per una corsa del genere?

Dietro ogni runner, amatore o professionista che sia, ci sono anni di preparazione. Questa è la terza volta che partecipo a UTMB e ogni volta ho imparato qualcosa di nuovo perché si palesava un problema diverso, un dolore nuovo. È tutta esperienza: provare una strategia, sbagliare, cambiarla, capire se funziona, sperimentare con la nutrizione. Io trovo questo aspetto della gara stupendo.

Hai un rituale particolare?

Non sono particolarmente scaramantica quindi no. Anche se ti sei perso il mio rituale annuale: prima di una gara lunga mi taglio sempre i capelli. Fortunatamente abbiamo nel team Sophie Grant che, per chi non lo sapesse, usa le forbici in maniera sublime. Paradossalmente la settimana di UTMB è il periodo dell’anno in cui sono più libera da qualsiasi impegno e quindi ho tempo per un giro dal parrucchiere.

Con che scarpe correrai l’UTMB?

Inizierò con le Prodigio Pro.

Sono le tue scarpe preferite al momento?

Sono le mie scarpe preferite per questo tipo di gara. Sono una grande fan delle Mutant ma sono adatte a un terreno più tecnico e a un circuito più corto. Quindi se il terreno è super bagnato e il meteo terribile potrei cambiare, me le porto dietro di scorta. Le Prodigio Pro sono state realizzate proprio per questo tipo di gara.

_L’UTMB è tutta esperienza: provare una strategia, sbagliare, cambiarla, capire se funziona, sperimentare con la nutrizione. Trovo questo aspetto della gara stupendo Katie Wright, atleta del team La Sportiva

La gamma Prodigio ha sicuramente segnato un cambio di rotta per La Sportiva. Tu eri ambassador anche prima di questa linea, hai vissuto il cambiamento? Cosa ne pensi?

La gamma Prodigio ha indubbiamente alzato il livello delle calzature, portando il brand a una popolarità mai raggiunta prima in questa disciplina. Storicamente La Sportiva era conosciuta per le sue calzature da trekking e arrampicata, estremamente durevoli e più pesanti. Ora invece realizza scarpe leggere e veloci, in linea con quello che è richiesto per la disciplina.

Da quanto sei atleta La Sportiva? Cosa ti unisce così tanto al brand? Quanto conta il suo supporto e viceversa quanto contribuisci allo sviluppo dei suoi prodotti?

Ho iniziato a correre nel 2019 e ho ricevuto le mie prime scarpe dal brand nel 2021, durante il Covid. Mi sono piaciute immediatamente, trasmettendomi la voglia di esplorare. Ora vivo in Nuova Zelanda e grazie a un incontro con Jonathan Wyatt sono entrata in contatto con La Sportiva. Con loro mi trovo benissimo, ci confrontiamo molto nella realizzazione dei prodotti, c’è una comunicazione reciproca. Mi mettono a mio agio: non sono molto abile con i social e quindi, nonostante sia importante anche questo aspetto, non me la fanno pesare e ci concentriamo maggiormente sul feedback dei prodotti.

Prodigio Max di La Sportiva
Vittorio Barrasso, brand & communication
corporate manager di La Sportiva (primo a sinistra), presenta ai media la Prodigio Max
Katie Wright, atleta del team
La Sportiva

SEMPRE PIÙ

UN BRAND “4 SEASONS”

A Chamonix, in quella che ormai è a tutti gli effetti

la settimana più importante dell’anno per il trail running, Rossignol ha presentato la nuova Vercors, la sua prima scarpa off-road per le lunghe distanze. Parla

Simone Mancini, marketing manager Rossignol Italia

_ di Maurizio Torri

Rossignol è sempre più l’alleato di chi ama vivere le proprie passioni con materiali top di gamma. A Chamonix, il prestigioso marchio transalpino ha presentato la nuova Vercors, la sua prima scarpa da trail per le lunghe distanze. L’occasione è stata propizia per conoscere come sta andando il progetto trail running e quali sono gli obiettivi futuri. Quale miglior interlocutore di Simone Mancini, marketing manager Rossignol Italia.

Rossignol è da sempre un brand di alta fascia. Anche nel mondo trail puntate a mantenere questo posizionamento?

A 365 giorni dal lancio ufficiale di Vezor, tenutosi proprio qui a Chamonix, come sta andando questo primo anno nel mondo trail running?

Abbiamo già da diversi anni una collezione di abbigliamento springsummer e mountainbike. Il trail running va a completare questo puzzle. È una sorta di ultimo tassello, il più importante per poterci avvicinare agli appassionati di corsa in natura. Direi che un primo bilancio in corsa ci lascia soddisfatti: il mercato ci ha accolto molto bene. Noi siamo sicuramente forti dal punto di vista del brand, perché Rossignol dal 1907 è la montagna. Per questo vogliamo offrire ai nostri clienti e agli appassionati un’opportunità di viverci tutto l’anno, anche nella stagione estiva. Analizzando i dati, l’Italia è stata uno dei primi Paesi per risultati e vendite, vuoi per la qualità dei prodotti impiegati, vuoi per la riconoscibilità del brand. Negli stabilimenti di Montebelluna, gli stessi da cui escono i nostri scarponi da sci, sono nate le nostre prime due scarpe da trail running SS 25: la Vezor, un modello per la performance, dedicato ai garisti, e Venosk, una scarpa door-to-trail perfetta per l’allenamento. Con la SS 26, infine, arriva Vercors, la nuova scarpa ultra. La famiglia dunque si allarga e il progetto acquisisce ulteriore importanza. L’azienda ha investito e continua a investire molte risorse; tra gli obiettivi c’è l’ampliamento del team e i primi risultati si sono già visti proprio nelle gare di Chamonix.

Non potrebbe essere altrimenti. Non a caso abbiamo scelto una suola Michelin e introdotto diversi accorgimenti tecnici che derivano dal nostro know-how nel mondo sportivo legato alla montagna. Per noi la riconoscibilità è importante. Infatti, il colore che abbiamo dato a questa scarpa è il neon red che, per chi conosce Rossignol, è molto iconico perché è lo stesso dei nostri sci, quelli con cui Federica Brignone ha vinto la Coppa del Mondo.

Non solo scarpe, ma anche una linea di abbigliamento tecnica per chi ama la corsa… Sì, esatto. Abbiamo una collezione di abbigliamento uomo-donna da trail con capi altamente tecnici per la corsa, corredata di tutti gli accessori che servono agli appassionati. A tutto ciò si aggiunge una parte di collezione spring-summer un po’ più casual che va comunque a completare l’offerta di Rossignol, che ora è a tutti gli effetti “quattro stagioni”.

Qual è il vostro obiettivo?

Dal 1907 siamo eccellenza per lo sport invernale. Adesso la nostra missione è poterlo essere anche nelle stagioni estive, con prodotti tecnici e di livello premium. Come anticipavo prima, l’accoglienza nel mondo trail è stata superiore alle aspettative, forse perché il brand si porta dietro davvero una quota di appassionati molto vicini al marchio. L’inserimento di nuovi prodotti ci permetterà di ritagliarci uno spazio sempre più importante anche nel trail running.

A livello di distribuzione nazionale, sfruttate la medesima che avete sull’inverno?

Non esattamente la medesima, però in Italia a oggi abbiamo circa 70 punti vendita che distribuiscono la nuova collezione.

LA PROTAGONISTA

A un anno esatto dal lancio della Vezor, sempre a Chamonix, Rossignol ha presentato un nuovo modello da ultra distanze. Una sfida come il team pro che ha l'obiettivo di eccellere nelle gare più impegnative del circuito mondiale. La nuovissima Vercors (collezione primavera-estate 2026) è dedicata ad atleti che cercano prestazioni e comfort nelle loro corse di endurance. Grazie alla propria versatilità, Vercors completa l'offerta trail running del brand, offrendo agli amanti delle lunghe distanze tutte le caratteristiche tecniche e il comfort necessari per affrontare la corsa con fiducia.

La sua geometria unica e la tomaia Dragonfly Light favoriscono una falcata fluida ed efficace, senza affaticare il piede. La schiuma E+FOAM, morbida e nel contempo reattiva, assicura un comfort duraturo, anche dopo diverse ore di attività. La suola DuraGrip Ultra offre un'aderenza sicura su tutti i tipi di terreno e un'eccellente durata. L'integrazione della nuova piastra comfort Diapazon Shield X-LT protegge il piede a ogni falcata e riduce la fatica, chilometro dopo chilometro.

CARATTERISTICHE

PESO / 290 g per scarpa (42 uomo) - 250 g per scarpa (38 donna)

DROP / 6 mm

STACK / 32 mm

TASSELLO / 4 mm

AMMORTIZZAZIONE / morbida, reattiva e durevole

MATERIALI RICICLATI / tomaia in mesh 100% riciclato, fodera in tessuto 80% riciclato, suola realizzata con materiale riciclato al 30%

PLUS AMMORTIZZAZIONE

Performante per assorbire gli urti

COMFORT

Materiali traspiranti e fit preciso per evitare sfregamenti

EFFICACIA Riduzione del dispendio di energia a ogni passo

Gruppo Rossignol Italia - 0161.855513 - info.italia@rossignol.com

Al centro, Vincent Wauters, ceo di Rossignol, durante la presentazione della nuova Vercors a Chamonix
Simone Mancini, marketing manager Rossignol Italia

VIC...TOR DELLE MERAVIGLIE

Nuovo record sulla distanza regina da parte del franco-belga Victor Richard e tanti colpi di scena.

L’edizione 2025 del maxi evento brandizzato Kailas è stata la più partecipata (e seguita) di sempre

_ dalla nostra inviata Tatiana Bertera

66 ore 08 minuti e 22 secondi: il francese Victor Richard ha siglato il nuovo record del Tor des Géants, diventando così il Gigante più veloce di sempre. È arrivato a Courmayeur nella mattinata di mercoledì alle ore 4:08 lasciando tutti a bocca aperta, dopo una gara strategicamente perfetta e stravolgendo la convinzione che per vincere il TOR330 sia necessario privarsi (completamente o quasi) del sonno. Il 39enne, nato in Francia e vissuto per molti anni in Belgio, si è infatti concesso ben 1 ora e 40 minuti di sonno e un trattamento di bendaggio al polpaccio per una infiammazione al tendine d’Achille effettuato niente meno che dal mitico Marco Patacchini (responsabile dei MassaggiaTor e medico di grande esperienza), oltre che un abbondante piatto di polenta e funghi al Rifugio Coda. Insomma un’anti-strategia solo in apparenza, la sua. In realtà un piano ben preciso studiato a tavolino per rimanere performante sino alla fine. Quella di Richard tuttavia non è stata una cavalcata in solitaria perché, a giochi fatti possiamo dirlo, questo TOR330 è stato probabilmente il più combattuto di sempre visto che, per buona parte della gara, sono stati ben 10 gli atleti che hanno scalato e poi ridisceso la classifica provvisoria dando prova di un livello medio che si alza di anno in anno. Tanto l’amaro in bocca, invece, per il quattro volte vincitore Franco Collè che, al suo ultimo TOR330, avrebbe voluto chiudere in bellezza. Dopo le prime 24 ore e una notte di allunghi e sorpassi, pit stop volanti, infortuni e ritiri, la seconda giornata è stata teatro di quel triste spettacolo di cui avremmo fatto volentieri a meno: il ritiro di un Collè a causa di problemi agli occhi. Il campione stava viaggiando in testa alla gara e sugli stessi tempi del suo record del 2023. Decisione assai sofferta di cui gli avversari hanno subito approfittato. Nell’ultimo terzo di gara il francese ha messo il turbo e si è portato in vantaggio senza speranza, per gli avversari, di raggiungerlo. Testa a testa tra Simone Corsini e Martin Perrier che a un certo punto hanno sportivamente deciso di condividere il secondo gradino del podio. Sorprendente la prestazione del tiranese Daniele Nava che, alla sua prima esperienza al Tor des Géants e per scelta senza assistenza, è arrivato a occupare la seconda e terza posizione della classifica provvisoria concludendo, però, in ottava piazza. Che abbia preso le misure in vista del futuro?

TOR330 DONNE

“Sono soddisfatto del nuovo format, in cui il sito ha avuto un ruolo centrale. Attraverso lo streaming anche chi non era presente qui in Valle d’Aosta ha potuto vivere il TORX attraverso le dirette commentate, gli inviati sul percorso, la nostra carovana che si è spostata nelle basi vita, gli ospiti qua in studio. Quanto fatto fa parte di un piano di comunicazione complesso e che stiamo sviluppando. Tanto il materiale raccolto, che verrà reso pubblico nei mesi che ci aspettano… perché il TORX sia qualcosa che va avanti per tutto l’anno, e non solamente nelle giornate di gara” Paolo Griselli, vicepresidente di VDA Trailers e responsabile comunicazione

Tiratissima anche la gara femminile con Lisa Borzani (due volte vincitrice della competizione) in testa per buona parte del percorso fino a che delle brutte vesciche non l’hanno costretta a rallentare. Borzani ha dovuto accontentarsi di una seconda e sofferta seconda piazza, alle spalle della splendida olandese Noor Van Der Veen, capace di chiudere sotto le 80 ore (seconda donna di sempre a riuscirci) e vicinissima al record di Katharina Hartmuth. Terzo posto per Natalie Taylor.

NON SOLO TOR330

TORX with Kailas non è solo Tor des Géants, nome con cui viene designata la distanza regina. Le altre gare sono infatti TOR 450-Tor de Glaciers, TOR 30-Passage au Malatrà, TOR 130-Tot Dret e TOR 100 – Cervino Monte Bianco. Tutte si sono svolte nella “settimana” (in realtà 9 giorni) compresa tra il 13 e il 21 settembre. In totale i partecipanti sono stati quasi 3.000 (2.794 per la precisione, suddivisi in 2.487 uomini e 487) provenienti da 73 nazioni del mondo. Tutte le gare sono andate sold out sin da subito, dimostrazione del buono stato di salute della manifestazione. Da sottolineare una crescita al femminile sulla distanza XXL (il Tor des Glaciers ha infatti fatto registrare un +20% di donne al via: 22 i pettorali “in rosa”). Nella scheda a lato tutti i numeri del TORX with Kailas suddivisi per distanze.

EVENTI EXTRATOR

“Seguire il TORX with Kailas è anche vivere la sua anima e il suo spirito” – è questa la convinzione degli organizzatori. Come spesso afferma Alessandra Nicoletti, Presidente di VDA Trailers (la società che organizza la gara), lo spirito del TORX sono tutti gli atleti, dal primo all’ultimo nessuno escluso. Sono loro, ma anche tutte quelle persone che operano affinché i corridori possano portare a termine la loro prestazione, non importa in quale posizione: assistenti, volontari, massaggiatori, medici, sicurezza sul percorso e nelle basi vita. Proprio per far sì che tutti possano vivere appieno lo spirito del TOR, è nato ExtraTOR: un calendario di eventi diffusi nei tanti Comuni valdostani toccati dalla manifestazione. Da quest'anno, a rendere l'esperienza ancora più speciale, c’è stata la carovana itinerante TORX on the Road, un villaggio che si è letteralmente “spostato” da una tappa all'altra e che ha portato ancora più energia, con momenti di intrattenimento quali lancio di gadget, quiz, musica e divertimento.

COMUNICAZIONE ANCHE PER CHI HA

SEGUITO TORX DA CASA

Live streaming, social network, classifiche, live blogging aggiornato costantemente con tutti i momenti più importanti: sono stati tantissimi i modi per seguire il TORX with Kailas. Uno streaming attivo in ogni ora della giornata con conduttori, ospiti e momenti di talk, immagini e video dal percorso, infografiche, interviste agli atleti pre e post gara. Racconti di gara, foto e video sono stati postati anche sui nostri canali social, Facebook e Instagram.

Victor Richard, vincitore TOR330
Noor Van Der Veen, vincitrice TOR330
© ZZAM AgencyStefano Coletta
© ZZAM AgencyLuigi Vacchelli
© ZZAM Agency - Roberto Roux

L'INTERVISTA

CHI ARRIVA NON ANDREBBE MAI VIA. KAILAS LA NOSTRA PORTA VERSO L'ORIENTE

Ciao Alessandra, partiamo dicendo che questa XVI edizione di TORX è la più partecipata di sempre. A un giorno dalla chiusura dell’evento (sabato 21 settembre, ndr), riusciamo già a fare un breve bilancio? Per quanto riguarda il TOR330, è già il terzo anno che partono più di 1.000 atleti. Da sottolineare anche che è il primo anno che il TOR450 fa sold-out. Il meteo è stato eccezionale, in alcune giornate quasi un po’ troppo caldo ma soprattutto senza grosse perturbazioni come invece è accaduto, a volte, nelle precedenti edizioni. Di conseguenza abbiamo registrato anche più finisher. Solitamente solamente la metà riescono a portare a termine l’intero percorso, quest’anno invece sono stati un po’ più della metà. Senza contare gli atleti sulle altre distanze e le persone che stanno partecipando sia per seguire gli atleti in gara, sia come volontari nei nostri punti di assistenza e basi vita. Poi arrivano qua, al traguardo dove ora ci troviamo, e non scappano subito a casa come a volte accade nelle manifestazioni: la gente si ferma per chiacchierare nonostante la stanchezza e condividere insieme agli altri Giganti la loro esperienza di viaggio. A volte ho l’impressione che chi arriva qui, non vorrebbe mai andare via. Sono davvero molto soddisfatta di questa edizione.

NINA SUN, direttrice della linea FUGA di Kailas

“TORX È LA GARA PIÙ IMPORTANTE”

Siamo più attivi negli eventi europei di trailrunning, il marchio cinese ha avviato nel 2025 nuove collaborazioni con gare ultra nei Pirenei, in Svizzera e altrove. Tuttavia, come afferma Nina Sun, TORX continua a essere la gara di partnership più importante. “Quest'anno è stato particolarmente emozionante, poiché abbiamo visto i concorrenti di tutte le distanze darsi battaglia fino alla fine, dando prova di vero spirito sportivo. Le buone condizioni meteorologiche hanno portato a molti risultati eccezionali, soprattutto nella distanza di 330 km, dove i nostri corridori hanno dimostrato la loro resistenza e il loro talento sul percorso. Ciò che colpisce del Tor de Géants è il numero di corridori che tornano a gareggiare anno dopo anno, attratti dalle sfide estreme del percorso, dal viaggio unico e dall'opportunità di scoprire se stessi. La bellezza dell'ambiente e l'immenso entusiasmo e amore dei partecipanti e dei volontari lasciano un segno profondo in tutti coloro che vi prendono parte. Non è solo una gara, è un viaggio per tutti coloro che si presentano alla linea di partenza”.

Il numero delle donne sulla distanza da 330 km si mantiene stabile negli anni. Il loro numero è però aumentato sulla distanza da 450 km, che ha fatto registrare un +20%. Cosa ne pensi?

Sai, io credo che gare di questo genere (330 e 450 km) siano quasi più adatte al pubblico femminile, rispetto a quello maschile. Mi spiego: gli uomini fanno grandi prestazioni, hanno una forza fisica che è sicuramente maggiore. Ma per portare a termine queste competizioni la forza non basta. Bisogna anche saper sopportare, soffrire. La donna è più metodica, razionale, multitasking, mentalmente più flessibile a risolvere tutte le problematiche che si possono presentare via via, anche in contemporanea, e questa è una caratteristica fondamentale per portare a termine prove di questo genere.

Parliamo delle distanze: 30, 100, 130, 330, 450 chilometri. Mancano una o addirittura due distanze intermedie, no? Hai mai pensato alla possibilità di inserirne almeno una, ad esempio, sui 60 o 70 chilometri?

Quest’anno avevamo quasi 3.000 corridori sul percorso e non è facile gestire il tutto. Soprattutto perché il terreno di gara è spesso di alta montagna e quindi bisogna essere sempre pronti a “correre” in soccorso di chiunque, in qualunque luogo e soprattutto con qualsiasi condizione climatica. Per noi, come deve essere per ogni gara, la sicurezza viene prima di ogni altra cosa, per cui, prima di pensare di aggiungere una distanza, è necessario fare tutte le valutazioni del caso. Non posso dire di escludere la possibilità, perché nella vita nulla è impossibile (sorride, ndr), ma prima di annunciare una nuova distanza dovremo essere certi al 100% di poter sostenere questo ulteriore sforzo organizzativo.

Abbiamo notato un aumento degli atleti provenienti dall’Oriente, forse anche grazie allo sponsor Kailas?

La presenza di Kailas quest’anno è stata davvero importante, con tanti giornalisti, fotografi, persone che hanno seguito l’evento producendo materiale finalizzato a raccontarlo. Kailas è stato per TORX una porta verso l’oriente, cresce il numero di atleti provenienti dalla Cina ma non solo: Giappone, Thailandia, Corea, Indonesia, Vietnam e Malesia. Anche le gare della TORX Experience stanno portando buonissimi risultati. Anche in queste giornate continuano arrivare mail da atleti che chiedono come partecipare alle diverse gare del circuito.

Alcuni corridori hanno anche avuto modo di utilizzare le nuove EX330 in gara. “Il lancio del nostro nuovo modello di scarpe EX330 è stato visibilmente apprezzato dai corridori, che hanno potuto sfruttare la maggiore durata e il comfort delle scarpe. Molti sono rimasti colpiti dall'assenza di vesciche o dolori, e l'aderenza potente ha garantito stabilità e precisione su ogni salita ripida. Ridurre lo sforzo e il consumo di energia è fondamentale in queste distanze più lunghe. Siamo motivati e ispirati a ottimizzare ulteriormente i nostri prodotti, per consentire a più corridori in tutto il mondo di celebrare la bellezza dell'ultra e spingersi verso nuovi limiti”.

Daniele Nava, ottavo classificato TOR330
Premiazioni 2025, Courmayeur

THE KULTURE OF MOUNTAIN

KOM 2025 ha regalato un’esperienza indimenticabile tra natura, sport, cultura e comunità al Rifugio Fauniera in provincia di Cuneo. Parla Enrico Arese, ad di Karhu

_ di Sara Canali

A cavallo tra giugno e luglio, il Colle della Fauniera e il suo rifugio a 2.350 metri di altitudine hanno ospitato un evento che ha messo insieme arte, sport, musica e cultura della montagna. Con il nome di KOM – Kulture Of Mountain, la manifestazione ha registrato un’ottima affluenza, con quasi tutti i posti disponibili esauriti nelle tre sessioni proposte: oltre cento persone hanno preso parte alle giornate del festival, immersi in un programma ricco di esperienze collettive e momenti intimi a contatto con la natura. L’entusiasmo è stato palpabile e i partecipanti hanno avuto l’occasione di condividere un’esperienza montana a 360 gradi con ospiti di rilievo come Maurizio Carucci, Jack Jaselli e il cantante Ghemon. Un ruolo fondamentale lo hanno avuto anche i partner: Karhu, Ferrino, Garmin, Alba Optics e Officine Mattio che hanno contribuito concretamente all’esperienza, offrendo ai partecipanti un welcome kit funzionale e curato, comprensivo di attrezzatura da campeggio, accessori outdoor e strumenti per la performance fisica. Ogni pacchetto includeva anche una donazione all’associazione Arvinca, a sostegno della manutenzione dei sentieri del Colle Fauniera, rafforzando così il legame tra il festival e il territorio che lo ospita. Ne abbiamo parlato con Enrico Arese, amministratore delegato di Sport Leader s.r.l, distributore ufficiale di Karhu per l’Italia.

aperto a qualsiasi tipo di progetto. Lo considero un grande lavoratore, molto professionale e soprattutto con tantissime competenze. Il Rifugio Fauniera è un’eccellenza in termini ospitalità capace di offrire un’alta qualità dei servizi e non abbiamo mai avuto dubbi che fosse la location adatta.

Attività outdoor, ma anche musica e cultura. Come si legano questi due mondi?

Enrico Arese, amministratore delegato di Sport Leader, distributore ufficiale di Karhu per l’Italia

È stato fatto un eccellente lavoro a monte dal direttore creativo Alberto Bianco, che ha individuato artisti appassionati di sport e di montagna, ma anche di ciclismo e di running capaci di raccontarsi ed emozionare. Grande ruolo poi è stato giocato dalla montagna stessa che è un palcoscenico incredibile per ospitare concerti all'alba o una presentazione di un libro la sera sotto le stelle. Sono situazioni uniche e sempre diverse.

Ci puoi fare una panoramica dei numeri?

Quando e come è nata l'idea di KOM? È nata per un mix di situazioni che si sono incontrate nel momento giusto. Da diverso tempo, la nostra azienda voleva sviluppare un progetto insieme ad altri marchi indipendenti come noi per provare a far nascere delle nuove sinergie: investendo un budget condiviso, è più facile creare qualcosa di importante rispetto a quello che si può fare da soli. Inoltre, dopo un viaggio nelle Dolomiti e parlando con Giorgio Rabajoli di Ferrino, ho pensato di sviluppare un progetto per il consumatore finale che potesse valorizzare le Alpi Marittime e le Alpi in generale. Infine, era da molto tempo che io e Alberto Bianco, direttore creativo del progetto KOM, ci eravamo promessi di sviluppare un’idea insieme. Insomma, tutto sembrava confluire a creare questo festival.

Come si organizza un festival a più di 2000 metri?

Si organizza soprattutto grazie alle persone che ci ospitano, in questo caso a Colle Fauniera, nell’omonimo rifugio gestito da Marco Vittori, che è una persona straordinaria, oltre a essere molto

Sono stati creati tre slot da 30 persone l'una e abbiamo praticamente fatto il sold out. È un progetto che è nato per piccoli numeri con la volontà di rispettare la montagna. Non vogliamo creare un progetto con tante persone, ma trovare un modo per fare comunità con calma, nel rispetto dei valori della natura. Si sono svolte parecchie attività, dai trekking con le guide esperte, a un torneo di Mölkky, ovvero un gioco di lancio finlandese che ricorda un po’ le bocce, fino a una caccia al tesoro con i dispositivi Garmin. Inoltre, la gente poteva rilassarsi nella sauna e godere della musica di ben tre concerti e ascoltare la presentazione di tre libri. Insomma, un palinsesto importante.

Che ruolo ha avuto Karhu in questo progetto e che sinergia è nata con gli altri sponsor/partner?

Karhu ha avuto il ruolo principale di mettere insieme i pezzi: studiare l'idea e il format ma anche creare la sinergia tra i cinque brand partner ovvero Ferrino, Officine Mattio, Garmin, Alba Optics e, ovviamente, Karhu. Insieme, abbiamo sviluppato le attività legate in modo che si potessero legare a ognuno di noi per esaltare al meglio le peculiarità di ognuno a ciascun marchio: una camminata con noi, la notte in tenda con Ferrino, la gara sui rulli e sulle bici Officine Mattio. Inoltre, abbiamo creato un servizio fotografico che ha unito tutti i cinque brand in un concept unico.

Tirando le conclusioni, che voto possiamo dare alla prima edizione e perché?

Direi che possiamo darci un bel 8.5-9 perché è andato tutto bene: gli ospiti sono stati contenti, tanti hanno chiesto di avere la prelazione per partecipare al prossimo evento e noi, come marchi, siamo rimasti molto soddisfatti e vogliamo ampliare KOM organizzando anche una seconda tappa in Abruzzo.

UN NUOVO CAPITOLO

Venerdì 12 settembre è stata inaugurata la moderna sede di ATK Sports a Maranello: un passo importante per un’azienda che rappresenta un’eccellenza del 100% made in Italy

_ di Sara Canali

“Questa nuova sede è molto più di uno spazio produttivo: è la sintesi della nostra crescita e della nostra visione. Ci permetterà di essere ancora più reattivi, coesi e pronti ad affrontare le sfide del mercato globale”. Sono queste le parole di Davide Indulti, fondatore di ATK, pronunciate in occasione dell’inaugurazione della nuova sede centrale in via Ignazio Giunti a Maranello. Un momento che ha rappresentato il culmine di un discorso emozionante, capace di ripercorrere la storia dell’azienda, oggi tra i leader mondiali nella progettazione e realizzazione di attacchi da scialpinismo e freeride. C’eravamo anche noi ad assistere al taglio del nastro, avvenuto venerdì 12 settembre, che ha sancito l’inizio di un nuovo capitolo per l’azienda fondata nel 2007 da Giovanni Indulti insieme alla moglie Guerrina a Fiorano Modenese. Oggi le sue soluzioni, interamente realizzate in Italia con lavorazioni CNC su alluminio e acciaio pieni, sono utilizzate da sciatori professionisti, atleti di Coppa del Mondo, guide alpine e corpi istituzionali italiani ed esteri come il Centro Sportivo Esercito e il Soccorso Alpino.

L’INAUGURAZIONE

Toccante e commovente il discorso della famiglia Indulti al momento del taglio del nastro, con Giovanni, Guerrina e il figlio Davide che hanno ripercorso la storia aziendale, partita come realtà semi-artigianale fino a diventare un’impresa super tecnologica, capace di aprire ben due nuove sedi nell’arco di 15 anni. Insieme ai fondatori e proprietari, hanno preso la parola anche i partner strategici del progetto, a partire dal fondo Progressio SGR che nel 2021 aveva rilevato una quota di maggioranza del capitale di ATK Sports S.r.l., fino all’architetto che ha progettato il nuovo headquarter del brand. E ancora le istituzioni, dall'ex presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini all'attuale vicepresidente Vincenzo Colla, fino al sindaco Luigi Zironi, a testimonianza della forte connessione con il territorio. È stato poi possibile visitare la struttura, con un tour nei vari reparti e l’occasione di interagire direttamente con alcuni dei 90 dipendenti.

>> STORIA DI UN'IMPRESA

Questa storia inizia nel 2006, in un’officina meccanica CNC ad alta precisione a Fiorano Modenese, nel cuore della Motor Valley. A lavorarci c’erano Giovanni Indulti e la moglie Guerrina che, insieme, pro ducevano componenti meccanici di precisione per le indu strie della ceramica, degli imballaggi e dell’automotive. Poi, un giorno, tutto cambiò: un appassionato di competizioni di sci alpinismo portò nel laboratorio di Fiorano Modenese un vecchio attacco da touring, chiedendo se, con la loro competenza, potes sero migliorare quel difficile pezzo di metallo, così pesante e com-

LA SEDE

Con una superficie complessiva di 11.000 m², l’headquarter di ATK Sports è stato progettato per migliorare l’efficienza e l’organizzazione interna. Cuore pulsante dello stabilimento è l’area produttiva di 9.000 m², equipaggiata con 40 centri di lavoro tra macchine CNC, stampanti 3D e magazzini automatizzati. A completare la struttura, una palazzina uffici di 2.000 m², pensata per favorire la collaborazione tra i vari reparti aziendali. Particolare attenzione è stata dedicata alla sostenibilità: il nuovo impianto fotovoltaico consente ad ATK di produrre più energia di quella necessaria per le proprie attività. Con una produzione annua stimata di 1.400 MWh e un consumo di circa 1.000 MWh, l’azienda genera un surplus di 400 MWh di energia rinnovabile. Un modello virtuoso che coniuga performance industriale e responsabilità ambientale. A colpirci è stata la modernità e l’estetica degli spazi, con un utilizzo armonico di legno, vetro e ferro. Abbiamo visitato il magazzino, il reparto prototipazione e la produzione, oltre agli uffici adibiti alla ricerca e sviluppo, dove abbiamo potuto osservare da vicino alcune novità che aprono l’attività aziendale a nuovi mondi e applicazioni, come quello della bici. La serata si è poi conclusa con una cena a base di prodotti tipici del territorio: dalla pasta fresca, alle tigelle, fino allo gnocco fritto.

A fianco, sul palco, Giovanni Indulti e Guerrina Amorotti. Sopra, Giovanni Indulti, fondatore ATK

plesso da gestire. Così, nel 2007, nacque ATK Sports, affermandosi in poco tempo come uno dei principali riferimenti internazionali nel mondo degli attacchi da scialpinismo e freeride. Il brand è riconosciuto per la qualità delle sue soluzioni tecniche, realizzate interamente in Italia con lavorazioni CNC su alluminio e acciaio pieni. Una filiera corta che consente ad ATK di mantenere il controllo diretto su quasi tutto il valore aggiunto del prodotto. Negli ultimi anni l’azienda ha registrato una crescita costante, con un incremento medio annuo del 15% a partire dal 2020 e un fatturato che ha toccato i 25 milioni di euro nel 2022. Il team conta oggi 90 dipendenti, oltre la metà dei quali ha meno di 30 anni, e serve più di 1.500 clienti b2b distribuiti tra Europa, America, Asia e Oceania. Una realtà giovane, dinamica e internazionale, che fa dell’innovazione e della sostenibilità due pilastri centrali della propria strategia.

Dall'alto, la nuova sede ATK a Maranello e il taglio del nastro: da sinistra, On. Matteo Richetti, Giovanni Indulti, fondatore ATK, Luigi Zironi, sindaco di Maranello, Vincenzo Colla, vice presidente della Regione EmiliaRomagna, Davide Indulti, ceo ATK e Guerrina Amorotti, cfo ATK

90 ANNI DI SALEWA

Da bottega di Monaco di Baviera a brand internazionale di sport di montagna. Le voci di coloro che hanno fatto la storia del Gruppo Oberalp e di chi ha un ruolo determinante per il suo futuro

_ di Benedetto Sironi

Il viaggio di Salewa ha inizio nel 1935 a Monaco di Baviera, quando Josef Liebhart fonda un’attività specializzata nella produzione di articoli in pelle e da selleria. Da qui nasce il nome originario SA-LE-WA, acronimo tedesco di Sattler- und Lederwaren. Quella che era una bottega artigiana locale è diventata, con il tempo, un brand internazionale riconosciuto nel mondo degli sport di montagna. Dopo i primi prodotti come ramponi regolabili, il celebre zaino per le spedizioni sulle Ande o il casco Helium, l'azienda continua oggi a creare attrezzatura alpina tecnica che unisce materiali tradizionali con un design all’avanguardia e innovativo, rispettando sempre standard ambientali e sociali molto elevati e mantenendo una profonda consapevolezza per l’importanza della regionalità, della qualità e del valore.

DALLA BAVIERA ALLE DOLOMITI

A metà degli Anni '80, Heiner Oberrauch, oggi presidente del Gruppo Oberalp, intuisce le potenzialità del pile, un materiale innovativo proveniente dagli USA: leggero, traspirante, idrorepellente e termicamente efficiente, perfetto per l’alpinismo. All’epoca, Heiner e suo fratello gestivano un grande negozio sportivo a Bolzano. Fu lui a importare Salewa in Alto Adige, ancora focalizzata solo su attrezzatura, e a trasformarla nel marchio che conosciamo oggi. Propose infatti a Salewa di sviluppare la prima linea di abbigliamento in pile, dando il via a una nuova fase nella storia del brand. Nacquero così gli ormai celebri pullover in pile Polarite, funzionali, colorati e perfettamente in linea con lo stile degli Anni '80: un successo travolgente, oggi celebrato con la capsule “90 Years Anniversary Collection”. Nel 1990, Heiner Oberrauch acquisì Salewa e ne spostò la sede a Bolzano. Da allora il brand ha un cuore che batte al centro delle Dolomiti. Salewa è stato anche il primo brand nel portafoglio del Gruppo Oberalp,

che comprende oggi sei marchi internazionali dedicati allo sport in montagna.

UN’IDENTITÀ FORTE E RADICATA NELLE ALPI

“Pure Mountain – Engineered in the Dolomites” non è solo un claim, ma una dichiarazione di intenti: la sede Salewa a Bolzano, con la sua iconica architettura e una palestra di arrampicata interna, rappresenta il centro pulsante di una visione che unisce innovazione, territorio e cultura alpina. Salewa è oggi molto più che un produttore di attrezzatura tecnica. È un marchio che promuove un modo di vivere la montagna basato sul rispetto per l’ambiente, sul valore dell’esperienza condivisa e su una profonda connessione con il territorio.

GUARDARE AVANTI, CON L’EREDITÀ DEL PASSATO

Nella visione della famiglia Oberrauch, la vera eredità è costruire un futuro sostenibile da lasciare alle nuove generazioni. La missione di Salewa va oltre la performance e l’estetica del prodotto: si fonda su valori autentici, sulla capacità di innovare senza dimenticare le proprie origini e sulla volontà di ispirare chi vive la montagna – a ogni livello.

L’ANNIVERSARIO

Per festeggiare questo importante traguardo, Oberalp ha organizzato un evento dedicato alla stampa nazionale e internazionale che da Bolzano ha portato i partecipanti a Tires dove risiede il maso della famiglia Oberrauch. Qui, il fondatore ha ripercorso il viaggio di Salewa fino a oggi, 90 anni di storia. Il giorno successivo abbiamo raggiunto il rifugio Kölner Hütte 2.337 m nel cuore delle Dolomiti. Un’occasione unica per confrontarci con coloro che hanno fatto la storia di questo brand e chi ha un ruolo determinante per il suo futuro.

HEINER OBERRAUCH,

Se dovessi scegliere i momenti chiave che ricordi con più piacere della storia di Salewa, quali sarebbero?

Quelli che ricordo con più piacere sono i momenti condivisi con la comunità, più delle singole innovazioni di prodotto. Sono le esperienze collettive che mi emozionano di più. Un altro aspetto importante è stato vedere i giovani crescere all'interno dell’azienda, assumersi responsabilità e sviluppare la propria personalità. Poi certo, a livello di prodotto ci sono state tappe fondamentali: l’avvio del footwear e le nuove sedi di Bolzano e Kiefersfelden. Ma forse ancora più importante è stato il cambio di mindset: il nuovo logo, il riposizionamento del brand sotto il concetto di “progressive mountaineering”. Abbiamo cercato di rimanere fedeli alle nostre radici, la montagna, ma trasformarle in qualcosa di rilevante per una nuova generazione. Questo è stato un passaggio fondamentale.

Guardando al futuro, da qui ai 100 anni di Salewa, cosa dobbiamo aspettarci?

Mi aspetto che Salewa non sia più solo un'azienda di prodotti. In fondo, un marchio è una comunità di valori, fatta di persone che lavorano insieme. Credo che il futuro vedrà Salewa come un’azienda di servizio: non solo vendere articoli, ma avvicinare la montagna alle persone, offrire educazione, esperienze e strumenti per viverla consapevolmente. Vogliamo anche trasmettere ciò che la montagna ci insegna: equilibrio, semplicità, connessione. E questo potrà avere un impatto positivo anche sulla società.

E a livello personale, cosa rappresenta per te il brand Salewa? Ti aspettavi questa evoluzione?

Quando abbiamo rilevato l’azienda, ho subito pensato che, in un mondo economicamente più ricco, con più tempo libero, la montagna avrebbe avuto un grande potenziale di crescita. Poi è arrivata la rivoluzione digitale, e ho capito che le persone avrebbero avuto sempre

più bisogno di staccare, di riequilibrarsi, di ritrovare se stesse nella natura. E lì ho visto la montagna come una risposta. E oggi vediamo un ulteriore elemento: la montagna è diventata anche fitness, benessere. Guardando avanti, tra crisi climatiche, sociali ed economiche, il mondo sarà meno stabile. E nei momenti di incertezza, le persone tornano alla natura. La montagna può offrire rifugio, senso, connessione.

E quando hai iniziato, ti vedevi arrivare fin qui?

No, sinceramente non ho mai avuto il sogno di diventare qualcuno di importante nel mondo outdoor. Da giovane mi chiedevo: “Cosa voglio diventare?” La mia risposta era: magari gestore di un rifugio, guida alpina... oppure lavorare in un negozio di sport. Non c’era un piano preciso, solo il desiderio di fare buoni prodotti, con un bel gruppo, e costruire qualcosa insieme. Certo, volevamo crescere, ma dobbiamo anche ridefinire cosa significa crescita. Può voler dire fare meglio, dare più valore, creare più impatto. Il profitto è importante, ma non è mai stato il primo obiettivo. È piuttosto una conseguenza del fare le cose con passione e visione.

In alcuni Paesi siete un marchio di riferimento indiscusso nel mondo outdoor, mentre in altri c’è ancora margine di crescita. Cosa serve secondo te per diventare davvero un brand globale?

I prossimi step sono chiari: dobbiamo raccontare meglio la nostra storia. Salewa è un marchio nato nelle Dolomiti, e questo deve emergere con forza. Le Dolomiti per noi rappresentano molto più di un luogo: sono un modo di essere, un sistema di valori. Un marchio non è mai solo un prodotto: è qualcosa in cui chi lo segue deve credere. Per questo, non vogliamo che Salewa venga conosciuta solo per la tecnicità dei suoi prodotti, ma perché trasmette una storia, una visione. E raccontarla in culture diverse, che magari non hanno familiarità con le Dolomiti, come in Asia o negli Stati Uniti, richiede la capacità di diventare bravi storyteller. Nei prossimi dieci anni, questo

CHRISTOPH ENGL, ceo di Oberalp
Catalogo 1975/76
Heiner Oberrauch (founder di Oberalp) e l'ex-alpinista Heinz Claus
Da sinistra, Christoph Engl (ceo Oberalp), Manfred Steiner (CFO Oberalp), Heiner Oberrauch (founder di Oberalp) e l'ex-alpinista Heinz Claus

sarà il nostro grande compito: far vivere la nostra storia anche a chi non conosce le montagne da cui veniamo.

Come gruppo siete sempre stati molto attenti all’evoluzione del vostro pubblico. Quale tipo si svilupperà di più?

La direzione è chiara: la montagna si sta democratizzando. Oggi e nei prossimi vent’anni, circa il 75% della popolazione mondiale vivrà in contesti urbani. E questo significa confrontarsi con spazi piccoli, digitalizzazione costante, ritmi frenetici. In tale contesto, cresce il desiderio di fuggire, di trovare spazi aperti, silenziosi, non urbanizzati. Credo che la città si muoverà verso la montagna per trovare ristoro. Allo stesso tempo, la montagna entrerà nelle città. Un esempio perfetto è quello delle climbing gym, che sono un frammento di montagna portato nei centri urbani. Questo processo porterà due tipi di pubblico: chi vive in città e si avvicina alla montagna e viceversa adattandosi a un contesto urbano, più ampio, più variegato. I “veri montanari”, quelli che vanno in alta quota per passione e dedizione, resteranno, ma saranno una minoranza consapevole. La maggior parte delle persone invece cercherà un'esperienza più leggera, accessibile, ispirazionale.

Quali strumenti state usando oggi per analizzare il mercato? Avete già implementato l’intelligenza artificiale?

Oggi possiamo ottenere analisi quantitative in pochi secondi, grazie a una velocità impressionante. L’intelligenza artificiale, che in fondo non è vera intelligenza, ma una capacità enorme di processare e combinare dati, permette tutto questo. Ma c’è un limite: non può entrare in un vero dialogo con le persone. Non può ancora capire cosa c’è dietro ai dati. Per questo, accanto all’AI, serve sempre un lavoro di ascolto umano, di analisi qualitativa. Noi stiamo monitorando molto da vicino cosa pensano le nuove e le vecchie generazioni della montagna, anche quando queste riflessioni non sono ancora pubbliche o visibili nei dati. L’intelligenza artificiale può aiutare, certo,

ma non può sostituire la relazione umana. Per questo io dico sempre: oggi non siamo più nel business del prodotto, siamo nel business delle persone. E chi lavora con le persone, deve conoscerle profondamente, ascoltarle, capirle. Questo sarà sempre più il nostro lavoro.

STEFAN RAINER, group chief sales officer di Oberalp

Per anni il gruppo Oberalp è stato identificato principalmente con Salewa. Oggi siete una realtà più variegata. Quanto conta ancora oggi Salewa dai vari punti di vista? Salewa è sicuramente il marchio da cui è partita tutta l’azienda, quello che ha fatto fare i primi passi importanti. È stato il nostro primo brand di proprietà e rappresenta un pezzo fondamentale della nostra storia. C’è dentro tanto sudore, cuore e passione. Per me personalmente è speciale, perché ho avuto anche il privilegio di svilupparlo da brand manager per cinque anni, proprio nel periodo del rilancio con il nuovo logo e della nuova visione, che sarà determinante anche per la prossima fase. Dal punto di vista economico, Salewa contribuisce per circa il 35% al fatturato del gruppo: è il marchio più importante in termini di business. Ma al di là dei numeri, ha un valore simbolico e affettivo molto forte per tutti noi.

Quali sono oggi i mercati migliori per Salewa e dove vedi ancora margini di crescita?

Salewa ha una particolarità unica: storicamente è riuscita a trovare un buon equilibrio tra i mercati DACH (Germania, Austria, Svizzera) e l’Italia. Questo anche grazie alle nostre radici altoatesine, che ci permettono di comprendere entrambe le culture. In termini di quota di mercato, quello italiano è il Paese più importante. Da 22 anni abbiamo sviluppato una rete retail con focus proprio sull’Italia, e questo ha consolidato la percezione di Salewa come sinonimo di qualità e montagna. Siamo arrivati oggi a 95 negozi in Europa, in tutti i format, e l’Italia ne è il fulcro. Però vediamo un grande potenziale anche in Austria, Germania, Svizzera e soprattutto in Europa dell’Est, dove abbiamo avuto uno sviluppo eccezionale, in particolare in Polonia e Repubblica Ceca.

Salewa festeggia il suo compleanno lanciando la “90 Years Anniversary Collection”, una linea straordinaria ispirata alle radici del brand e allo stile degli ultimi decenni, per rendere omaggio allo stile di vita alpino.

La collezione unisce elementi di design iconici con tecnologie all’avanguardia e materiali sostenibili.

Come siete entrati nei mercati dell’Est?

Abbiamo seguito una strategia chiara: sviluppo retail strutturato, forte connessione con i professionisti di montagna (come i soccorritori alpini e le guide), e un approccio innovativo al mercato. Un esempio è la nostra convention, un format che abbiamo creato e che oggi è diventato un punto di riferimento. Organizziamo due eventi

LA CAPSULE
Ruth Oberrauch dà il benvenuto all'evento

all’anno, uno estivo e uno invernale, in Repubblica Ceca/Slovacchia e in Polonia, dove invitiamo tutti i retailer a testare i prodotti, partecipare alle presentazioni e fare gli ordini. In soli due giorni, chiudiamo l’intera campagna vendite Salewa per quella stagione. È un format molto smart, dove tutta l’organizzazione si dedica con passione a coinvolgere i rivenditori, non c’è solo il classico agente che vende.

Dopo il boom del 2021-22, il mercato outdoor ha rallentato. Come avete reagito?

Dal punto di vista della domanda reale, il mercato outdoor continua a crescere. Lo dicono i dati e lo si percepisce anche nei sentiment delle persone. Il boom post-Covid ha generato un effetto amplificato: la produzione è aumentata molto, ma poi i retailer hanno dovuto ridurre i magazzini, e questo ha causato uno squilibrio. Anche noi abbiamo visto una crescita raddoppiata in quattro anni, ma non era organica: era l’effetto di un sistema sbilanciato. Ora il mercato si sta normalizzando, e già il 2025 ci dà segnali positivi. Anche per il 2026 siamo ottimisti. Se guardiamo al medio termine, la crescita è stabile, in linea con il nostro storico: una media del 700% in 40 anni, sempre in modo sostenibile.

Quindi non avete tagliato le collezioni drasticamente?

No, abbiamo scelto una strategia diversa. Essendo brand builder, il nostro obiettivo è dare valore ai prodotti. Non ha senso svendere solo per fare spazio a cose nuove. Abbiamo mantenuto le collezioni stabili, per tutelare il valore dei nostri partner e il loro magazzino. Ora stiamo lanciando una nuova ondata di innovazioni, con un ridimensionamento intelligente: meno articoli “di contorno” e più innovazione vera.

Anni fa avevate cominciato a parlare di mid-season e di formati più flessibili. Come si è evoluta quella visione?

Il mercato è sempre più seasonless, il clima è variabile e il business è sempre più internazionale, con mercati in controstagione come l’emisfero sud. Per questo serve il prodotto giusto al momento giusto, e anche una distribuzione più digitale. Abbiamo lanciato un progetto molto interessante, che presenteremo a breve: usando intelligenza artificiale, abbiamo monitorato giorno per giorno il meteo in

tre località, per analizzare la correlazione tra condizioni climatiche e performance dei negozi. L’obiettivo è arrivare a un sistema predittivo: sapere con tre giorni di anticipo che meteo farà e ottimizzare di conseguenza l’assortimento, la presenza dello staff, e così via, basandoci su dati storici.

Quanto contano in Oberalp i temi di risorse umane e sostenibilità?

Per noi sono due pilastri. A livello di gender balance, per esempio, siamo molto equilibrati: circa 46-47% donne, quasi pari. E questa parità si riflette anche nello spirito aziendale. Ci definiamo una “squadra di appassionati di montagna”, ed è davvero così. Quasi tutti in azienda hanno una passione per la montagna, la natura, lo sport, e chi non ce l’ha all’inizio, spesso la sviluppa lavorando con noi. Facciamo molte attività insieme, anche informali: camminate per vedere il tramonto, escursioni, persino vacanze insieme ogni cinque anni. Abbiamo anche un valore aziendale che si chiama “studiare insieme”: lavoriamo duramente, siamo ambiziosi, ma ci prendiamo il tempo per festeggiare i successi.

Guardando al futuro, da qui ai 100 anni di Salewa, quali sono sogni, obiettivi, visioni che avete per il brand?

Salewa per me è sempre stato un brand capace di reinterpretare la montagna in chiave moderna. È profondamente legato alla tradizione alpinistica, a quello che noi chiamiamo il “progressive mountaineer”: un approccio che rispetta la storia, ma guarda avanti. Negli anni abbiamo lanciato categorie nuove quando ancora non esistevano, come lo speed hiking – oppure attività di nicchia come l’hike and fly. Questo è lo spirito che vogliamo mantenere: rimanere vicini alla community, agli atleti, alle persone che vivono davvero la montagna. Per me il valore più grande di Salewa è proprio questo: la capacità di osservare la montagna con occhi nuovi, restando fedeli a ciò che siamo.

Heiner Oberrauch alla fisarmonica

UNA SFIDA CHE PARTE DALL'IDENTITÀ

In occasione della Stralivigno del 19 luglio siamo stati nella località dove il sogno olimpico prende forma. Con Luca Moretti, presidente di Livigno Next, abbiamo parlato di futuro e sfide condivise. Un viaggio tra sport e identità alpina con una grande occasione da cogliere _ di Cristina Turini

Livigno sarà uno dei palcoscenici chiave dei Giochi Olimpici e ospiterà tutte le competizioni di snowboard e freestyle skiing, assegnando ben 26 medaglie d’oro in discipline spettacolari come slopestyle, big air, halfpipe, snowboard cross e skicross. Un evento che consacra la località come punto di riferimento internazionale per gli sport invernali più giovani e in rapida crescita. Ma al di là delle gare e del calendario sportivo, la sfida è anche – e soprattutto – strategica. Come si trasforma un territorio alpino in chiave olimpica senza snaturarne l’identità? Cosa rimarrà di questa esperienza una volta spenti i riflettori? E come si fa a conciliare accoglienza, sostenibilità e visione a lungo termine? A queste domande ha risposto Luca Moretti, voce autorevole del turismo locale, che ci ha raccontato un progetto che va ben oltre l’evento: un piano di sviluppo che mette al centro la comunità, la qualità dei servizi e un’idea di montagna moderna ma radicata nelle sue origini.

Livigno è tra le venue protagoniste di Milano-Cortina 2026, come vi state preparando a livello infrastrutture e servizi per accogliere atleti e pubblico da tutto il mondo?

La parte sportiva dell’organizzazione olimpica è affidata a SIMICO (Società Infrastrutture Milano-Cortina), mentre noi, come amministrazione locale, ci stiamo concentrando sul miglioramento delle infrastrutture e dei servizi per rendere Livigno ancora più accogliente. Tra gli interventi principali, stiamo potenziando il trasporto pubblico locale e introducendo una nuova “card di località”, che verrà consegnata al momento del check-in. Questa card sarà uno strumento digitale self-service, pensato per funzionare come un concierge virtuale: permetterà agli ospiti di accedere facilmente ai vari servizi offerti sul territorio, garantendo una gestione più fluida ed efficiente dei flussi turistici. Inoltre, stiamo progettando aree e strutture dedicate ai servizi per il pubblico, destinate a chi raggiungerà Livigno con il biglietto dell’evento ma senza una sistemazione in loco. Questi visitatori potranno arrivare in autobus e usufruire di spazi dedicati. Al contrario, chi dispone di un alloggio – oltre al ticket – potrà accedere con il proprio veicolo. Anche in questo contesto, la card sarà uno strumento chiave per organizzare e regolare gli accessi, contribuendo a una gestione sostenibile e intelligente della mobilità durante il periodo olimpico.

L’Olimpiade è un acceleratore potente, ma su quale visione di lungo termine si innesta? Dove vuole arrivare Livigno tra dieci anni?

Le Olimpiadi rappresentano un potente acceleratore di sviluppo, e come destinazione – sia come amministrazione che come Ente del Turismo – abbiamo elaborato un piano strategico che si estende dal 2027 al 2037. L’obiettivo è quello di riposizionare Livigno nel panorama dell’ospitalità, orientandola verso un’offerta più premium. L’evento olimpico è un’opportunità senza pari: non esiste altra manifestazione capace di portare l’attenzione di oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone su una singola località. Partendo da questa visibilità straordinaria, stiamo gettando le fondamenta per un’evoluzione della nostra proposta turistica. L’intento non è quello di criticare l’offerta attuale, che è solida e apprezzata, ma di anticipare le sfide del futuro, in particolare il rischio di “overtourism”. Guardando ciò che accade in altre destinazioni simili alla nostra, riteniamo sia fondamentale introdurre un cambio di passo: elevare il livello dei servizi, puntare sulla qualità e definire un posizionamento leggermente più alto anche in termini di costo. Non si tratta di diventare “cari”, ma cosapevolmente più costosi, per garantire un’esperienza autentica, sostenibile e di

valore. In questo modo potremo preservare l’equilibrio del territorio, limitando l’accesso di massa tipico del turismo frugale, e costruire un futuro in cui Livigno continui a distinguersi per eccellenza e vivibilità.

“Milano-Cortina 2026” è un evento globale, ma si gioca anche in casa: quale cambiamento concreto volete lasciare alle persone che Livigno lo vivono tutto l’anno?

Le Olimpiadi rappresentano un’enorme opportunità per potenziare le infrastrutture, non solo in vista dell’evento sportivo, ma soprattutto per migliorare la qualità della vita quotidiana della comunità. Stiamo lavorando per ampliare una serie di servizi che andranno ben oltre la manifestazione: tra questi, nuovi parcheggi, il collegamento tra i due versanti del paese e il progetto delle gallerie verso la Forcola. Interventi, questi ultimi, non direttamente legati alle Olimpiadi ma pensati per offrire

_La “fiamma” per noi non è solo simbolo olimpico, ma anche il segno concreto di un riscatto collettivo, che vogliamo condividere con il mondo intero

Luca

benefici duraturi alla cittadinanza, contribuendo a una maggiore vivibilità del territorio. L’attuale venue olimpica sarà trasformata nel futuro centro servizi di Livigno, accogliendo in un’unica struttura moderna e funzionale i vigili del fuoco, il soccorso alpino, la polizia locale, i carabinieri e tutte le istituzioni fondamentali per la sicurezza e l’efficienza del territorio. Inoltre, realizzeremo una cabina primaria per la distribuzione dell’energia elettrica, con un investimento di 400 milioni di euro, essenziale per evitare i frequenti blackout che si verificano nei periodi di massimo afflusso turistico. Grazie alle Olimpiadi, anche il governo sta iniziando a guardare con maggiore interesse alle nostre esigenze. Uno dei temi più critici che stiamo portando ai tavoli di confronto con lo Stato riguarda la programmazione dei servizi, tradizionalmente basata sul numero di residenti. Per una località come Livigno questo approccio non è sostenibile: a fronte di 7.000 abitanti, ospitiamo regolarmente 30-35.000 persone durante tutto l’anno, ad eccezione di due mesi di bassa stagione (tra ottobre e novembre). Questo significa che viviamo costantemente con una popolazione quattro o cinque volte superiore rispetto ai residenti ufficiali. I servizi sanitari e quelli alla persona non possono essere pianificati solo sui numeri dei residenti, ma sulla reale capacità turistica della destinazione. Le Olimpiadi ci danno finalmente la possibilità di aprire un dialogo concreto con il Governo per cambiare questo criterio.

Il rischio di “olimpicizzazione” – grandi opere, grandi numeri, grandi attese – esiste. Come si preserva l’identità autentica di Livigno, fatta di natura e cultura alpina?

In realtà, questa Olimpiade è stata costruita al contrario. Non si è partiti dai grandi numeri o dalle grandi opere, ma dalla reale capacità del territorio. Ci si è chiesti: qual è la portata sostenibile della destinazione? Quante persone può supportare la viabilità, ad esempio la nostra strada d’accesso? E da lì si è lavorato per sottrazione, non per aggiunta. Ho seguito il percorso fin dalla candidatura e, avendo vis-

Moretti, presidente di Livigno Next

_Le Olimpiadi rappresentano un’enorme opportunità per potenziare le infrastrutture, non solo in vista dell’evento sportivo, ma soprattutto per migliorare la qualità della vita quotidiana della comunità

suto altre esperienze olimpiche – da atleta a Sestriere e da allenatore a Vancouver – posso dire che in passato si ragionava al contrario: si cercava di massimizzare l’affluenza, costruendo infrastrutture e trasporti per accogliere quanta più gente possibile, in modo da vendere più biglietti e rientrare nei costi. Qui, invece, no. A Livigno avremo tribune da 10.000 posti e ci aspettiamo tra le 40.000 e le 45.000 presenze totali, ovvero i numeri tipici della nostra alta stagione. È un flusso importante, ma gestibile. L’obiettivo è ottimizzare ciò che già abbiamo, senza stravolgere nulla. Quindi il rischio di un’eccessiva “olimpicizzazione”, con tutto ciò che ne consegue, io sinceramente non lo vedo. Ovvio, dovremo essere bravi a gestire la situazione, ma credo che riusciremo a farlo senza compromettere la nostra identità alpina.

Come le Olimpiadi stanno cambiando il modo in cui Livigno si racconta al mondo? C’è una nuova narrazione turistica che sta prendendo forma?

Le Olimpiadi stanno contribuendo a una nuova narrazione turistica di Livigno, e questa visione si lega strettamente a ciò che dicevamo prima: vogliamo raccontare la nostra identità autentica, senza snaturarci. Abbiamo avviato un importante lavoro di riposizionamento della destinazione, costruendo un racconto che parte da chi siamo veramente. Livigno non è né Cortina né Milano. Ognuno ha la sua storia e le sue peculiarità. Noi vogliamo usare la visibilità che ci offre l’evento olimpico per dire con chiarezza chi siamo: da dove veniamo e dove vogliamo andare. Raccontare, ad esempio, che siamo nati come un paese isolato, con risorse limitate – la rapa era l’unico ortaggio che riusciva a crescere qui – e che oggi stiamo riscoprendo e valorizzando anche quella semplicità, riproponendola in chiave moderna nella nostra cucina. Vogliamo dire al mondo che Livigno è un piccolo paese di 7.000 abitanti, in una posizione remota, sì – “in culo al mondo”, come diciamo con affetto – ma che ha costruito un’economia autonoma e un’offerta turistica capace di far vivere esperienze autentiche di montagna. Il turismo per noi è centrale. È su questo che stiamo costruendo un percorso di storytelling coerente con il nostro posizionamento: non inventiamo una Livigno che non esiste, la raccontiamo per com’è. E le Olimpiadi sono un’occasione unica per farlo arrivare più lontano.

Il legame tra sport e natura è parte del dna di Livigno. Come riuscite a conciliare la crescita infrastrutturale con la sostenibilità ambientale, soprattutto in vista di un evento così imponente?

Cerchiamo sempre di affrontare il tema della sostenibilità in modo completo, andando oltre la sola dimensione ambientale. La sostenibilità, per noi, ha molte facce: è ambientale, certo, ma è anche economica, sociale e legata alla qualità della vita quotidiana. È fondamentale trovare un equilibrio tra tutti questi aspetti, anche se non è affatto semplice. Prendiamo ad esempio l’area di Mottolino, uno dei punti nevralgici delle Olimpiadi, dove verranno assegnate ben 24 medaglie. Si tratta della zona con l’intervento più esteso di tutta l’edizione olimpica: parliamo di circa 20.000 metri quadri di superficie coinvolta. Pensare di realizzare infrastrutture di questo tipo senza alcuno squilibrio sarebbe irrealistico. È evidente che un certo impatto c’è e ci sarà, ma il nostro sforzo è quello di contenerlo e gestirlo

>> LIVIGNO IN NUMERI (2024)

~2,1 milioni presenze turistiche annue

Riferite all’anno solare 2024 (gennaio–dicembre) fonte: Confcommercio Sondrio / Regione Lombardia

~17.000 posti letto disponibili

Dato strutturale aggiornato al 2024, non stagionale: capacità ricettiva complessiva del comune (hotel + extra-alberghiero), di cui:

• circa 25% in hotel

• circa 75% in strutture extra-alberghiere (appartamenti, B&B, case vacanza)

PRENOTAZIONI INVERNO 2024–25

• +10% nel settore alberghiero

• +20% nel extra-alberghiero

Come andamento delle prenotazioni per la stagione dicembre 2024 – aprile 2025.

nel modo più responsabile possibile. Stiamo cercando di intervenire in modo serio su tutti e quattro i fronti della sostenibilità.

Quali opportunità pensate che il turismo sportivo potrà cogliere, a Livigno, una volta finita l’Olimpiade? Oggi Livigno è conosciuta principalmente per lo sci alpino e per il turismo leisure legato alla settimana bianca. Ma grazie all’eredità olimpica, potremo finalmente promuovere un’immagine invernale molto più ampia e moderna, che includa tutte le discipline che le Olimpiadi hanno portato alla ribalta. Livigno potrà diventare il vero e proprio hub internazionale per il freestyle e lo snowboard, sport che negli ultimi anni stanno crescendo moltissimo in termini di visibilità e partecipazione, specialmente tra i più giovani. Discipline che, seppur considerate ancora “minori” rispetto allo sci alpino, oggi attirano numeri importanti, sia a livello mediatico che agonistico. Con l’arrivo della Coppa del Mondo di Sci Alpino il 27 dicembre, Livigno non sarà più soltanto una località di villeggiatura, ma un punto di riferimento per l’alta competizione.

Ci puoi anticipare qualcosa sulle iniziative, gli eventi o i progetti collaterali che accompagneranno la “road to 2026” nei prossimi mesi?

Stiamo lavorando su alcune iniziative significative. Una delle più importanti è il “Percorso delle Torce”, un progetto che avrà un forte valore simbolico e culturale. La torcia olimpica non si limiterà a passare, ma verrà accompagnata da una serie di attivazioni nelle varie località coinvolte, tra cui Livigno. Sarà un’occasione per raccontare i veri valori che questi Giochi rappresentano, soprattutto nei territori di montagna. La torcia qui avrà un significato speciale. Non sarà solo un simbolo sportivo, ma un emblema di riscatto per territori che, fino a pochi decenni fa, erano isolati e dimenticati. Fino al 1957, Livigno era praticamente tagliata fuori dal mondo per gran parte dell’anno: l’inverno durava nove mesi e si viveva di provviste, di fieno e del calore delle stalle. La torcia che attraversa questi luoghi oggi racconta un’altra storia: quella di una rinascita, di un territorio che si è saputo trasformare e che ora può presentarsi con orgoglio al mondo. Tra i progetti collaterali che stiamo preparando,

_Cerchiamo sempre di affrontare il tema della sostenibilità in modo completo, andando oltre la sola dimensione ambientale. La sostenibilità, per noi, ha molte facce: è ambientale, certo, ma è anche economica, sociale e legata alla qualità della vita quotidiana

uno dei più affascinanti sarà il labirinto di neve più grande del mondo, che sorgerà accanto al “perimetro rosso” delle Olimpiadi. Sarà una vera e propria esperienza immersiva: un intreccio di muri di neve, piazze nascoste, e percorsi sorprendenti. Uno spazio pensato per il divertimento, per il coinvolgimento delle famiglie e per ospitare eventi legati ai Giochi nei momenti in cui non si svolgeranno le competizioni ufficiali. Insomma, anche se molti dettagli ufficiali non sono ancora stati definiti, Livigno si sta preparando a vivere l’Olimpiade non solo come evento sportivo, ma come racconto di identità, cultura e resilienza alpina. Una fiamma che per noi non è solo simbolo olimpico, ma anche il segno concreto di un riscatto collettivo, che vogliamo condividere con il mondo intero.

IMPIANTI SPORTIVI E INFRASTRUTTURE

• 115 km di piste e 31 impianti di risalita suddivisi in due grandi comprensori: Carosello 3000 e Mottolino (6 funivie, 13 seggiovie, 11 skilift)

• 46.460 persone/ora capacità complessiva degli impianti di risalita, a cui si aggiungono 40 km di piste da sci di fondo

• tra 1.816 e 3.300 m s.l.m. di altitudine ideale per allenamenti di federazioni internazionali

• primo impianto per moguls e aerials a Carosello 3000 inaugurato a dicembre 2024, in vista dei Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina 2026, parte integrante della candidatura di Livigno a sede olimpica (“Livigno Aerials and Moguls facility”)

DI CORSA, ALLA SCOPERTA DI UN TERRITORIO

Correre non è soltanto fatica. Può trasformarsi in un modo per scoprire luoghi, incontrare persone e respirare tradizioni. Con questo spirito Michele Evangelisti, atleta di endurance e guida di media montagna, ha dato vita ai Training Camp nei posti più magici d'Italia e non solo

I training camp (trail running, trekking, gravel) guidati da Michele Evangelisti, atleta, coach e guida escursionistica, sono esperienze che uniscono corsa, cammino o bici e natura, pensate per chi vuole vivere la montagna in modo autentico. Non solo allenamento e tecniche di running, ma un viaggio fatto di panorami, cultura locale e convivialità. Ogni percorso è studiato per adattarsi alle esigenze dei partecipanti, con momenti di apprendimento, scoperta e condivisione. Un’occasione per migliorarsi, divertirsi e portare a casa ricordi che restano ben oltre i chilometri percorsi.

>> L’ESPERIENZA DI PRAGELATO

Evangelisti ha accompagnato un gruppo di runner in un’esperienza speciale: con partenza da Pragelato, nel cuore dell’alta Val Chisone (TO), hanno esplorato i sentieri che abbracciano il massiccio dell’Albergian passando per il Colle dell’Assietta dove si trova una delle strade militari più spettacolari d’Europa.

Michele Evangelisti, guida di media montagna

TRAIL CAMP

Sicuramente il training camp più amato. Con i suoi Trail Camp, Michele propone un evento dedicato al trail running praticato mentre si scopre un territorio. Un nuovo modo di intendere la corsa, non più ridotta alla sola performance, ma arricchita dalla tecnica, dal contatto con la natura e dal valore della condivisione. In un’epoca in cui si cerca sempre più autenticità, il trail running può essere un ambasciatore ideale: muoversi lentamente, a passo sostenuto o di cammino, osservando, assaporando e lasciandosi trasformare dal paesaggio.

La corsa è diventata il mezzo per scoprire la località in modo profondo e alternativo. Non si è trattato solo di sport, ma di un vero viaggio sensoriale di circa 40 chilometri, dove corsa e cammino si sono intrecciati con natura, storia, gastronomia e vita di montagna. La giornata è iniziata a Pragelato, tra entusiasmo e energia condivisa. Dopo un breve briefing motivazionale, il gruppo si è avviato lungo boschi di larici e prati che profumavano d’estate. Con un ritmo accessibile a tutti, ogni passo ha regalato scorci nuovi e panorami che si aprivano improvvisi sulle cime vicine. Con il salire della quota la fatica si è fatta sentire, ma è proprio qui che lo spirito del trail prende forma: non correre contro il tempo, ma in armonia con se stessi, con la montagna e con i compagni di viaggio. Il percorso è stato arricchito da incontri con la cultura locale. In una malga, i partecipanti hanno assaggiato il formaggio della valle, scoprendo come l’identità di un territorio si custodisca nei suoi prodotti. Più avanti, un semplice panino in baita si è trasformato in simbolo di autenticità: nutrirsi di ciò che nasce in quelle terre, circondati da paesaggi che tolgono il fiato.

Il cammino ha toccato borghi suggestivi, tra cui Laux, con i suoi murales che raccontano storie di montagna e il piccolo lago omonimo che riflette le vette circostanti. Più in alto, la salita lungo il Vallone di Laux ha messo alla prova resistenza e determinazione: pendenze impegnative,

compensate dalla bellezza di pascoli, torrenti e cime che si stagliavano limpide nel cielo. Qui, le antiche fortezze costruite per la Seconda guerra mondiale – e mai utilizzate – hanno ricordato la sfida continua tra uomo e montagna.

La natura non è stata solo cornice, ma protagonista: famiglie di stambecchi dal portamento fiero, marmotte curiose, gipeti che volteggiavano alti e caprioli rapidi hanno reso il percorso vivo e sorprendente. Sentieri alpini, pietraie, cime: poi la lunga discesa verso Pragelato attraverso la spettacolare Val Troncea, conosciuta non solo per la sua bellezza, ma anche per aver ospitato la 50 km olimpica di sci di fondo alle Olimpiadi invernali di Torino.

Ad attendere il gruppo, sorrisi, stanchezza e la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di unico. Non un semplice allenamento, non una sola escursione, ma un’esperienza capace di unire sport, territorio e comunità. Da Pragelato ai borghi dipinti, dai laghi cristallini ai sapori di malga, il gruppo guidato da Michele ha vissuto una giornata che resterà impressa nella memoria. Un invito, per chi ama corsa e avventura, a scoprire che lo sport non è soltanto allenamento, ma un viaggio. Un viaggio che parte dai sentieri e arriva molto più lontano: dentro la cultura, dentro la comunità, dentro se stessi.

Una giornata, 40 chilometri che hanno unito gambe e cuore, fatica e sorrisi, scoperta e legami. Un esempio di come le montagne italiane possano proporsi non solo come mete turistiche, ma come veri teatri di esperienze autentiche.

Guarda il reel che racconta il Trail Camp di Pragelato

Sei una località e sei interessato a organizzare un Trail Camp nel tuo territorio?

CONTATTACI: redazione@outdoormag.it

IL CORAGGIO DI GUARDARE IN ALTO

A Jipe Moyo Centre, in Tanzania, i ragazzi vulnerabili, strappati a violenze e soprusi, hanno la possibilità di costruirsi una seconda vita anche grazie all’arrampicata. Il nostro racconto da volontari

_ dalla nostra inviata Sara Canali

In lingua swahili, “jipe moyo” è un’espressione che significa “abbi coraggio”. Ed è proprio questo il nome scelto per l’organizzazione dedicata ai diritti dei bambini, fondata nel 2001 e attualmente gestita dalle Immaculate Heart Sisters of Africa (IHSA). Il Jipe Moyo Centre si trova a Musoma, una cittadina che si affaccia sul Lago Vittoria, nella Tanzania centrale, e opera come casa per bambini vulnerabili, strappati a forme di violenza come matrimoni precoci, stupri, torture e negligenza. Noi, come Outdoor Magazine, abbiamo trascorso nel centro quindici giorni da volontari, per vivere dall’interno una realtà che, dal 2022, è stata scelta dalla ONG cilena “Climbing for a Reason” come sede di uno dei suoi progetti umanitari, con al centro l’amore per l’arrampicata. Due settimane intense, a contatto con una realtà che mette i bambini al centro, dando loro la possibilità di riscatto rispetto a una vita che non si sono scelti, ma che è stata loro imposta da condizioni di povertà o violenza. E di coraggio questo luogo ce ne ha infuso parecchio: per questo possiamo davvero dire che mai nome, come quello di “jipe moyo”, fu più azzeccato.

IL CENTRO

Oggi questo spazio ospita circa 43 ragazzi di età compresa tra i 3 e i 19 anni. La maggior parte di loro frequenta la scuola anche grazie alle sponsorizzazioni di cittadini privati che hanno preso a cuore le loro storie personali. Chi arriva qui in età più avanzata, e non ha avuto modo di frequentare la scuola primaria, può imparare un mestiere, grazie ai corsi di sartoria, di matematica di base o di imprenditoria. A raccontarcelo è suor Faustina, oggi la sorella che si occupa a tempo pieno della gestione del centro. È lei a presentarci uno a uno i ragazzi, a raccontarci di più su come la vita viene organizzata e ad accoglierci con torte di farina di lenticchie appena sfornate. Qui la vita scorre con orari ben precisi, scandita tra momenti di studio, di preghiera, di attività di gestione e, ovviamente, di svago. Da volontari possiamo scegliere come dare il nostro contributo: giocando con loro, affiancandoli nelle attività come la mondatura del mais o la cura dell’orto o, semplicemente, giocando con i più piccoli. È il weekend il momento in cui c’è più tempo per

stare insieme. La domenica inizia alle cinque, con una corsa insieme ai ragazzi del centro e a suor Faustina, prima di concederci una ricca colazione al sapore di chapati. Qui conosciamo Daniel, che sogna di diventare dentista; Estha, che invece sta studiando per poter essere giornalista; e Joseph, che non ha dubbi sulla volontà di intraprendere la carriera da dottore, ma soprattutto di diventare il più forte climber della Tanzania. Sono loro, infatti, i primi scalatori del Paese, coloro che vedono nei bellissimi massi granitici che si affacciano sulle rive del Lago Vittoria non solo un monolite naturale, ma una sfida da affrontare. Per questo, ogni domenica, abbiamo accompagnato i ragazzi sulle falesie e sui boulder che costellano il territorio, e loro, in cambio, ci hanno restituito ottime performance, dimostrando grande potenzialità e talento. Che se potesse essere allenato con maggiore continuità, darebbe forma ad atleti con molto da dire.

CLIMBING IN TANZANIA

L’arrampicata non è solo uno sport, ma un vero e proprio mezzo di empowerment personale, capace di creare fiducia e rapporto con il compagno. Ne sono convinti Lucho Birkner e Mateo Barrenengoa, fondatori della ONG Climbing for a Reason, che dopo il Pakistan, il Messico, il Nepal e il Cile è arrivata in Tanzania e in Angola. A loro si è affiancata anche Javiera Ayala, la compagna di Lucho, con l’entusiasmo di chi vede nella propria passione un mezzo per poter creare comunità. E dare una possibilità in più a chi vive in un territorio ricco di rocce perfette, ma di cui non c’è ancora piena consapevolezza. A Jipe Moyo, Lucho, Mateo e Javi hanno costruito una parete di arrampicata artificiale per insegnare ai bambini a scalare e hanno aperto alcune vie intorno al centro e nelle zone limitrofe. Allo spazio di Musoma si è poi affiancata anche la realtà di Baraki Centre, sempre gestito dalle Heart Sisters of Africa, che offre istruzione, assistenza sanitaria e guida spirituale. Anche qui è stata installata una parete con prese artificiali, ed è stato mostrato ai ragazzi come muovere i primi passi. In questo modo è possibile creare una prima community, che abbia come testimonial i ragazzi stessi, per una promozione del loro stesso territorio. “Dopo aver valutato il potenziale del luogo e organizzato alcune videochiamate con la suora e i bambini, che hanno mostrato grande motivazione, CFR ha deciso di unirsi all’iniziativa”. A parlare è Javi, che ha risposto ad alcune delle nostre domande. “Così è nato il progetto, spinto dall’entusiasmo condiviso, che ha portato il team a viaggiare dal Cile all’Africa per renderlo realtà. CFR utilizza l’arrampicata per creare connessioni umane e un forte senso di appartenenza, qualcosa che è profondamente radicato anche in Jipe Moyo, dove la vita comunitaria ha un ruolo centrale. Entrambe le organizzazioni riconoscono l’impatto concreto del lavoro di squadra, del rispetto della cultura locale e della collaborazione autentica con le persone coinvolte nel progetto”.

SPECIALE RESPONSABILITÀ INTERVISTA

Elisa Flamini, head of sustainability di Green Media Lab

COSA VUOL DIRE OGGI “SOSTENIBILITÀ”?

Lo abbiamo chiesto a Elisa Flamini, head of sustainability di Green Media Lab, società B Corp di comunicazione e consulenza strategica con un focus su ESG, outdoor e lifestyle _ di Sara Canali

Per aprire questa rubrica, abbiamo deciso di fare un po’ di chiarezza sul ruolo delle figure esperte di ESG nel settore outdoor e su come è cambiato il concetto stesso di responsabilità nel tempo. Parla Elisa Flamini, head of sustainability di Green Media Lab, società B Corp di comunicazione e consulenza strategica, con un focus su sostenibilità, outdoor e lifestyle.

Di cosa si occupa il dipartimento di sostenibilità all’interno di un’azienda?

Avere una figura o un dipartimento di sostenibilità in azienda oggi non è più opzionale: è una leva strategica fondamentale di competitività e resilienza. Oltre a gestire gli impatti ambientali (rifiuti, emissioni, risorse), sociali (diretti e nella catena di fornitura) e di governance (trasparenza, etica, diritti umani), è il centro di coordinamento delle relazioni con i principali stakeholder (investitori, comunità, autorità regolatorie), della misurazione dei rischi e delle opportunità legate alla transizione e della reportistica di sostenibilità, che oggi, oltre a essere obbligatoria per alcune aziende, ha un impatto importante sul valore reputazionale e sul costo del capitale.

Cosa vuol dire oggi sostenibilità? Ha lo stesso significato che aveva cinque anni fa o si è evoluto e stratificato?

Cinque anni fa i temi ambientali, sociali e di governance erano già in crescita, ma per molti erano ancora marginali, percepiti come un costo o come investimenti di immagine. Oggi è divenuta una condizione imprescindibile: senza credibilità ESG, specie in Europa, si rischia l’esclusione da mercati, finanziamenti, investimenti istituzionali. Inoltre si è inquadrata in decine di standard, metriche, regolamenti, non solo volontari ma obbligatori (CSRD, Tassonomia, Due Diligence, ecc.). Forse l’elemento di cambiamento che considero più rilevante è che oggi, più che mai, si richiede coerenza su tutti i fronti: non basta dichiarare un impegno, serve integrarlo nel modello di business, nella cultura aziendale, nella governance interna e dev’essere coerente con gli impatti attuali e potenziali della industry di appar tenenza e dell’azienda stessa.

Quali sono stati i maggiori cambiamenti normativi degli ultimi mesi in ambito ESG?

Negli ultimi mesi lo scenario normativo ESG ha vissuto un passaggio delicato. Da un lato, l’Europa ha spinto verso una maggiore trasparenza e standardizzazione, con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e i nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS), che chiedono alle aziende dati concreti, comparabili e verificabili. Allo stesso tempo, però, Bruxelles ha sentito la necessità di “frenare un po’ la corsa”: con il cosiddetto pacchetto Omnibus ha introdotto una sorta di “stop-the-clock”, rinviando di uno o due anni alcuni obblighi di rendicontazione e di due diligence. Il quadro si complica se guardiamo oltreoceano: negli Stati Uniti, con il ritorno di Trump, si è assistito a una vera e propria battuta d’arresto: tagli agli incentivi per le rinnovabili, ordini esecutivi che indeboliscono le politiche climatiche locali, fino al ritiro di colossi come BlackRock dalla

Net Zero Asset Managers Initiative. Qui il tema ESG purtroppo si è trasformato in campo di battaglia ideologico, più che in una strategia condivisa di sviluppo economico. La mia personale visione è che bisogna guardare oltre gli “stop-and-go” della politica e rimettere al centro la sostanza vista come una condizione di resilienza e di continuità per qualsiasi impresa che voglia sopravvivere nel lungo periodo.

Tra le varie iniziative che le aziende presentano come “sostenibili”, come si riconoscono quelle davvero rilevanti in ambito ESG?

Le iniziative rilevanti hanno alcune caratteristiche comuni: sono “materiali”, cioè rispondono a temi ESG realmente critici per il settore; sono misurabili, con target chiari e KPI verificabili; sono integrate nella strategia aziendale, non iniziative isolate di sostenibilità fine a se stesse o con puri obiettivi di comunicazione; sono trasparenti, con rendicontazione pubblica e verifiche indipendenti. In generale, se un progetto di sostenibilità viene raccontato più che misurato, rischia di essere greenwashing; se invece è inserito in un percorso strategico e con una prospettiva futura, contribuisce realmente al valore ESG. Secondo la prima indagine sulla maturità ESG dell’industria outdoor italiana, il panorama di queste aziende risulta fortemente polarizzato. Vi aspettavate questo risultato? Cosa ci restituisce?

L’indagine che come Green Media Lab abbiamo sviluppato sulla maturità ESG del settore outdoor in Italia evidenzia una forte polarizzazione, tra realtà già molto mature e altre molto indietro. Non sorprende, anzi, fornisce importanti indicazioni: le imprese con più risorse tendono ad avere avanzamenti più rapidi; mentre le piccole faticano per limiti di competenze interne, di dati, di capacità di misurazione e rendicontazione. Anche se non sempre è un tema di dimensione, spesso riguarda la cultura aziendale stessa e i valori trasferiti dalla proprietà. Serve un ecosistema collaborativo per supportare e trasferire le competenze, parlo di consorzi, associazioni, supporto istituzionale. Questa polarizzazione può generare rischi di competizione diseguale: chi resta indietro perde non solo in reputazione, ma anche in opportunità di mercato o di finanziamento.

Qual è il ruolo della comunicazione della sostenibilità e quanto conta? La comunicazione della sostenibilità oggi è sempre più cruciale e noi come Green Media Lab lo vediamo ogni giorno. Saper comunicare “bene”, cioè in maniera onesta ma accattivante, garantisce un enorme fattore competitivo all’azienda, catturando l’attenzione e la fiducia verso gli stakeholder. È importante però ricordare che bisogna cambiare prospettiva: cioè prima “fare” e poi “raccontare”. Passare cioè dallo “story-telling” allo “story-doing”. Il rischio del greenwashing (o social washing) è qualcosa da prendere seriamente. Fare uno scivolone, magari anche involontariamente, può costare molto, sia in termini finanziari che reputazionali. Il greenwashing ha davvero tante forme e per questo è importante affidarsi a consulenti e professionisti che siano esperti sia di comunicazione che di tematiche ESG.

MONTAGNE IN BILICO: PATAGONIA LANCIA IL DIBATTITO SUL FUTURO DELLE ALPI

Due incontri pubblici a Milano e Cortina per riflettere, con esperti e attivisti, sul destino delle terre alte tra turismo di massa, crisi climatica e grandi eventi

“Quali futuri per le nostre montagne?”: è la domanda urgente e provocatoria che Patagonia pone alle comunità di Milano e Cortina d’Ampezzo in vista delle Olimpiadi Invernali del 2026. Due appuntamenti pubblici, il 16 e 17 ottobre, porteranno sul palco esperti, attivisti, amministratori e cittadini per discutere ad alta voce delle sfide e delle opportunità che attendono le Alpi nei prossimi anni. Il contesto è particolarmente significativo: a pochi mesi dai Giochi Olimpici, l’attenzione internazionale è puntata sulle montagne italiane, ma troppo spesso la narrazione è schiacciata sullo sport e sul turismo. Patagonia, invece, rilancia il focus sulle vere protagoniste della storia: le comunità alpine, i territori fragili, le risorse naturali da difendere.

UNA MONTAGNA SOTTO PRESSIONE

I temi sul tavolo sono tanti e complessi. Da un lato, l’incremento esponenziale del turismo ad alta quota, sempre più concentrato in

>> DUE SERATE DI CONFRONTO PUBBLICO

Il primo incontro si terrà giovedì 16 ottobre a Milano, negli spazi di Combo (Ripa di Porta Ticinese 83), a partire dalle ore 20:00.

A moderare il dibattito sarà Duccio Facchini, direttore della rivista Altreconomia, voce autorevole del giornalismo indipendente.

Interverranno:

• Giorgia Garancini, coordinatrice di Protect Our Winters Italia, organizzazione che unisce atleti e attivisti nella lotta alla crisi climatica in ambiente alpino.

• Grammenos Mastrojeni, esperto di geopolitica ambientale, docente e Segretario Generale Aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo.

• Tommaso Goisis, urbanista e attivista, impegnato in progetti di rigenerazione urbana e territoriale.

pochi mesi e in pochi luoghi, con impatti spesso insostenibili per l’ambiente e per le comunità locali. Dall’altro, lo spopolamento dei paesi di valle, la difficoltà di accesso ai servizi, la marginalizzazione sociale e politica di chi abita la montagna tutto l’anno. Senza dimenticare, naturalmente, gli effetti sempre più visibili del cambiamento climatico: ghiacciai in ritirata, siccità, eventi estremi, erosione del suolo.

“Le montagne non sono solo un paesaggio da cartolina o una destinazione per il tempo libero: sono territori vivi, abitati, vulnerabili” – si legge nella nota diffusa da Patagonia –“e meritano di essere pensati e protetti anche al di là delle logiche del profitto o del grande evento”

Il giorno successivo, venerdì 17 ottobre, il dialogo si sposta nel cuore delle Dolomiti, a Cortina d’Ampezzo, presso l’Alexander Hall (Via Marangoi 2), con inizio alle 20:30. A guidare la serata sarà Ferdinando Cotugno, giornalista ambientale e autore di riferimento nella narrazione della crisi climatica.

Sul palco saliranno:

• Michil Costa, albergatore, attivista culturale e ambientale, noto per il suo impegno nella valorizzazione sostenibile delle terre alte.

• Grammenos Mastrojeni, già relatore a Milano, per approfondire il nesso tra ambiente e geostrategie globali.

• Sofia Farini, general coordinator di Protect Our Winters Italia, attiva nella progettazione di campagne per la tutela del clima alpino.

Entrambi gli eventi sono gratuiti e aperti al pubblico, fino a esaurimento posti. Per partecipare è richiesta la prenotazione online.

>> TRE BUONI MOTIVI PER ESSERCI SECONDO GIORGIA GARANCINI

1. Il futuro delle montagne non è solo quello delle terre alte ma attivamente forma e impatta anche la bassa valle fino in pianura.

2.

Sarà un pannello multi livello, dai grandi sistemi sovranazionali alle realtà di territorio - come stanno cambiando le carte in tavola e quali sono le implicazioni.

3 .

In un’ottica di migrazione sempre più verticale e di cambiamento climatico, immaginare il futuro dei luoghi così a rischio e così desiderabili è fondamentale.

IL POTENZIALE GREEN DELL’OUTDOOR

Secondo un rapporto promosso da EOG, il settore ha le capacità per ridurre le emissioni di gigatonnellate facendosi modello di prosperità umana e ambientale

di Sara Canali

EXECUTIVE SUMMARY

outdoor and sports sector has the potential to deliver solutions on a gigaton scale while delivering flourishing lives, rather than just reducing emissions from current systems.

EXECUTIVE SUMMARY

the global footprint (scope 1-3) of the outdoor and sports sector is small compared to other sectors (roughly estimated to be about 10 million tonnes), it has the potential to deliver savings on the magnitude of million tonnes CO2e by 2030, by supporting smarter wardrobes with high quality and multifunctioal garments.1 avoiding 100 million tonnes of CO2e is impressive, that number is dwarfed by the potential the outdoor and sports sector has, in collaboration others such as the health sector, to support flourishing lives that require few resources. The impact of these healthy, experience-filled lives are the magnitude of 2.5 gigatons of avoided CO2e emissions.2

The outdoor and sports sector has the potential to deliver solutions on a gigaton scale while delivering flourishing lives, rather than just reducing emissions from current systems.

While the global footprint (scope 1-3) of the outdoor and sports sector is very small compared to other sectors (roughly estimated to be about 10 million tonnes), it has the potential to deliver savings on the magnitude of 100 million tonnes CO2e by 2030, by supporting smarter wardrobes with fewer, high quality and multifunctioal garments.1

Il settore outdoor e quello sportivo hanno il potenziale per diventare una forza trasformativa trainante per la sostenibilità globale con azioni che riguardano il clima, la salute e il benessere sociale. A sostenerlo è un nuovo rapporto stilato da Flourishing lives 4 All, RISE e Net-Zero Compatible innovations initiative e promosso dall’European Outdoor Group dal titolo “Outdoor and Sports as a Leading Climate Solution Provider”. Infatti, pur avendo l’outdoor industry un'impronta globale stimata di soli circa 10 milioni di tonnellate di CO2e, possiede un potenziale trasformativo in termini di influenza per le soluzioni climatiche su scala di gigatonnellate, secondo quanto riportato dal documento. Questo perché è in grado di ispirare comportamenti a basse emissioni di carbonio, capaci di migliorare il benessere umano. Per decenni, l'approccio alla crisi climatica si è concentrato principalmente sulla riduzione delle emissioni e dunque sulla riduzione del danno. Con l'accordo di Parigi del 2015, invece, l'obiettivo è diventato quello di accelerare una transizione legittima verso la soddisfazione dei bisogni umani in modi che consentano a tutti di vivere vite fiorenti su un pianeta fiorente, spostando spostare l'attenzione dalla riduzione delle emissioni alla creazione attiva di una società che soddisfi i bisogni umani in modo sostenibile. Il settore outdoor, in questo senso, offre una visione positiva che si focalizza nel supportare le persone a essere la migliore versione di loro stesse, vivendo vite sane e ricche di esperienze in un futuro efficiente in termini di risorse.

DUE MECCANISMI DI IMPATTO

While avoiding 100 million tonnes of CO2e is impressive, that number is dwarfed by the potential the outdoor and sports sector has, in collaboration with others such as the health sector, to support flourishing lives that require very few resources. The impact of these healthy, experience-filled lives are on the magnitude of 2.5 gigatons of avoided CO2e emissions.2

unique aspect with the measures that enable and support outdoor sports activities, is that most of these measures require only minor investments. In addition, and even more unique, is that these measures could deliver a significant net economic benety. Besides addressing the

A unique aspect with the measures that enable and support outdoor and sports activities, is that most of these measures require only minor investments. In addition, and even more unique, is that these measures could deliver a significant net economic benety. Besides addressing the

Una parte significativa di questo potenziale è rappresentata da due meccanismi di impatto: la creazione di armadi più intelligenti e la promozione di vite sane all’aria aperta a contatto con la natura. Nel primo caso, si fa riferimento al fatto che il settore outdoor promuove la produzione di un minor numero di capi di abbigliamento, preferendo un approccio di alta qualità e multifunzionale, in netto contrasto

con l'industria del fast fashion. Un armadio "intelligente" con 50 capi di alta qualità che durano in media 10 anni potrebbe portare a sole 50 kg di CO2e/anno di emissioni, un contrasto sorprendente rispetto ai 1.650 kg di CO2e/anno di un armadio di "fast fashion" con 150 capi che durano un anno. Nel secondo caso invece, il fatto di spingere le persone a vivere una vita più attiva facendo affidamento su meno risorse e sprechi, ha un impatto stimato di 2,5 gigatonnellate di emissioni di CO2e evitate entro il 2030. Per esempio, se le attività outdoor e sportive influenzassero gli stili di vita di 60 milioni di persone in Europa, riducendo la loro impronta di carbonio personale di 2 tonnellate di CO2e all'anno (attraverso pendolarismo più intelligente, vacanze sostenibili, scelte alimentari più sane), la riduzione totale delle emissioni sarebbe di 120 milioni di tonnellate di CO2e all'anno.

a flourishing planet. By delivering low-carbon solutions that also address physical and mental health challenges, this outdoor and sports-driven solution agenda would also deliver three important factors:

1. Provide a positive vision for society

a flourishing planet. By delivering low-carbon solutions that also address physical and mental health challenges, this outdoor and sports-driven solution agenda would also deliver three important factors:

1. Provide a positive vision for society

MIGLIORARE LA SALUTE

The way climate action is often communicated and implemented today tends to result in situations where citizens feel that things are taken away from them and they are told what they cannot do. The outdoor and sports agenda has an opportunity to provide an alternative agenda, focusing on supporting people to be, and do, what they want; how they can be the best version of themselves. This positive agenda would result in a very different climate communication, with actions that focus on helping people fulfil their New Year’s resolutions. It would help people live more physically and mentally healthy lives, filled with fantastic experiences from outdoor and sports activities. It would do this in a way that supports a resource efficient future, in which 8-11 billion people can live flourishing lives on a flourishing planet.

2. Support a shift toward companies being solution providers delivering on human needs

The way climate action is often communicated and implemented today tends to result in situations where citizens feel that things are taken away from them and they are told what they cannot do. The outdoor and sports agenda has an opportunity to provide an alternative agenda, focusing on supporting people to be, and do, what they want; how they can be the best version of themselves. This positive agenda would result in a very different climate communication, with actions that focus on helping people fulfil their New Year’s resolutions. It would help people live more physically and mentally healthy lives, filled with fantastic experiences from outdoor and sports activities. It would do this in a way that supports a resource efficient future, in which 8-11 billion people can live flourishing lives on a flourishing planet.

Negli ultimi anni, i livelli di inattività fisica sono aumentati, con il 31% degli adulti (circa 1,8 miliardi di persone) che non si muovono abbastanza per mantenersi in salute e ben l'81% dei giovani che non raggiungono i livelli raccomandati di attività fisica. Questo determina un onere economico significativo per la società. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che l'inattività fisica potrebbe tradursi in quasi 300 miliardi di dollari di costi sanitari entro il 2030, con una media di circa 27 miliardi di dollari all'anno. Inoltre, l'obesità, spesso legata all'inattività, potrebbe costare a livello globale oltre 4 trilioni di dollari all'anno entro il 2035. Anche in questo senso, il settore outdoor e sportivo può farsi fonte di ispirazione per quanto riguarda la prevenzione e il miglioramento della salute fisica e mentale. La promozione di attività fisiche migliora la salute cardiovascolare, la forza muscolare e la funzione respiratoria mentre l'esposizione agli ambienti naturali offre benefici significativi per la salute mentale, riducendo stress, ansia e depressione e migliorando

For the outdoor and sports industry to be acknowledged as an important climate solution provider, a shift in thinking is required when it comes to howwe address climate change. Instead of only asking companies to reduce emissions from their own activities, it is time to ask how they can help deliver on human needs. We need to ask companies how much they can contribute to avoided emissions by making the world a better place and delivering on human needs.

2. Support a shift toward companies being solution providers delivering on human needs

For the outdoor and sports industry to be acknowledged as an important climate solution provider, a shift in thinking is required when it comes to howwe address climate change. Instead of only asking companies to reduce emissions from their own activities, it is time to ask how they can help deliver on human needs. We need to ask companies how much they can contribute to avoided emissions by making the world a better place and delivering on human needs. Vantaggi economici entro il 2030 >1 trilione di dollari risparmiati: Risparmio climatico totale

Riduzione delle spese mediche (fisiche e mentali) grazie a una vita più sana

Aumento della produttività

Aumento della produttività

Si prevede un'accelerazione dell innovazione in particolare nei settori che rispondono alle esigenze umane in una popolazione più sana

Si prevede un accelerazione dell'innovazione

OUTDOOR AND SPORTS: BEST PRACTICE

l'umore. Le attività outdoor, spesso svolte in gruppo, favoriscono le interazioni sociali, riducono i sentimenti di isolamento e sviluppano un senso di appartenenza. Spingere a fare attività fisica dunque, garantisce risparmi globali di almeno un trilione di dollari statunitensi entro il 2030. Infine, promuovendo diete a base vegetale e alimenti di provenienza locale, il settore può contribuire a ridurre il consumo di carne riducendo le emissioni legate alla nutrizione fino al 70%.

CAMBIAMENTO DI PARADIGMA

2.1 Focus of innovation and sustainability leaders on more than just the individual product

Il settore outdoor e sportivo sta subendo una trasformazione fondamentale, passando dal miglioramento dei singoli capi allo sviluppo di sistemi di guardaroba completi che rispondono ai bisogni umani in modi globalmente sostenibili. Un prodotto "green" con un basso impatto climatico non è una soluzione a basse emissioni di carbonio se è di qualità scadente, progettato e commercializzato come un prodotto di fast fashion o se è venduto come parte di una campagna che celebra stili di vita insostenibili. In questi casi, il prodotto fa parte del problema e non della soluzione. Questo cambiamento è guidato dai progressi nella qualità dei capi, nella

Today, companies often compare products, but that is not enough and usually provides insufficient data to guide anything more than optimisation in current systems. Instead, it is important to determine how systems can be

multifunzionalità e nella riparabilità, nonché da nuovi approcci al marketing responsabile che incoraggiano guardaroba più piccoli ed efficienti. In questo senso, i brand del settore outdoor e sportivo sono riconosciuti come fornitori di soluzioni cruciali per il clima e il benessere umano. Aziende come Vaude, Ortovox e Icebug progettano capi di alta qualità e durevoli, offrendo anche servizi di riparazione per prolungare la vita dei prodotti. Questo contrasta la cultura del "usa e getta" e promuove l'economia circolare. Marchi come Salomon e Millet creano capi versatili adatti a diverse attività, riducendo la necessità di acquisti eccessivi mentre realtà come la catena di Intersport propongono noleggio di attrezzature rendendo le attività all'aperto più accessibili e riduce il consumo. Non solo prodotti, ma anche in termini di responsabilità sociale molte aziende promuovono stili di vita attivi e la connessione con la natura, attraverso iniziative di inclusione per gruppi sottorappresentati e partnership con organizzazioni ambientali. Icebug propone di trasformare la ricevuta da semplice prova d'acquisto a strumento di dialogo tra azienda e cittadino, riflettendo sull'impatto dell'acquisto sull'armadio, sulla vita fiorente dell'individuo e sul suo ruolo di cittadino che contribuisce a plasmare la società.

UNA DIMENSIONE TRASVERSALE

Quello di Jessica Genta, head of strategy & sustainability di La Sportiva, è un ruolo determinante per rendere concreto ogni valore e principio di rispetto verso l’ambiente e la comunità

_ di Karen Pozzi

Il 26 e 27 maggio abbiamo preso parte all’International Media Day organizzato da La Sportiva: un evento dedicato alla stampa e ai content creator europei, pensato per raccontare da vicino l’identità e i valori dell’azienda. Durante le due giornate, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di visitare l’headquarter di Ziano di Fiemme (TN) e conoscere il dna del brand attraverso il racconto diretto e le interviste da parte delle figure chiave del team. In questa occasione abbiamo intervistato Jessica Genta, head of strategy & sustainability, rispetto alla strategia di sostenibilità dell’azienda, presente e futura.

Quando sei arrivata in azienda, esisteva già una figura come la tua?

No, non esisteva una figura simile, né per la parte strategica né per quella legata alla sostenibilità. La mia posizione nasce con l'obiettivo di affiancare il team dirigenziale nello sviluppo di una visione a lungo termine. In passato c’era già qualcuno che si occupava della redazione del bilancio di sostenibilità, ma mancava un approccio integrato e proiettato nel medio-lungo periodo.

Oggi qual è il tuo ruolo esattamente?

tempo e risorse sulla parte ambientale perché è più complessa da affrontare. Serve tempo per capire davvero quali sono i nostri impatti, da dove derivano, e come possiamo misurarli. Stiamo lavorando con Carbon, partner tecnologico francese, per misurare la nostra impronta carbonica, incluso lo Scope 3, e avere per la prima volta una visione completa del nostro impatto ambientale da inserire nel prossimo bilancio. Questo per noi rappresenta un passaggio fondamentale.

Il mio ruolo attuale è proprio quello di unire strategia aziendale e sostenibilità, creando un piano pluriennale con obiettivi di crescita, consolidamento sul mercato e innovazione, che identifichi le leve principali per lo sviluppo e il posizionamento del marchio. La sostenibilità è uno dei pilastri di questa strategia, ma non l’unico. All’interno di questa visione complessiva, non è un capitolo a parte, ma una dimensione trasversale che tocca tutto: prodotto, filiera, organizzazione interna. Con il mio team definiamo obiettivi e iniziative sia a breve che a medio termine, per rendere la sostenibilità parte integrante delle scelte aziendali.

C'è stato un momento preciso in cui La Sportiva ha cambiato rotta verso la sostenibilità?

Non c’è stato un cambiamento netto, perché questi valori sono sempre stati parte del dna aziendale. Il fatto stesso di essere rimasti in Val di Fiemme per oltre cent’anni e di valorizzare il territorio e la filiera artigianale italiana lo dimostra. Anche la scelta di produrre scarpe durevoli e risuolabili è sempre stata coerente con un approccio responsabile. Oggi però affrontiamo questi temi con maggiore consapevolezza e struttura. Il mio team lavora proprio per portare un approccio più metodico – consapevole, misurabile e strutturato – non per cambiare i valori, ma per trasformarli in azioni concrete.

Nel bilancio di sostenibilità, quanto pesano gli aspetti ambientali rispetto a quelli sociali?

Diamo loro pari importanza, ma attualmente investiamo più

La pressione verso queste pratiche arriva più dall’interno o dall’esterno?

Ci sono tre spinte principali. La prima è interna: l’etica aziendale e il desiderio di fare sempre meglio. La seconda viene dagli stakeholder, soprattutto i clienti b2b, che sono sempre più esigenti e informati. La terza è la componente normativa, che dà un orientamento utile, ma non è il nostro driver principale. In sintesi, sono l’etica interna e il dialogo con clienti e partner a spingerci ogni giorno.

E i consumatori?

Li includerei nel gruppo degli stakeholder esterni, ma con una specifica: il cliente b2b oggi ha esigenze molto più strutturate e chiare, mentre quello b2c è più eterogeneo. Alcuni sono estremamente sensibili, ci scrivono per sapere la composizione di un prodotto acquistato 15 anni fa. Altri invece non sono interessati. La nostra strategia è di prendere spunto proprio dalle richieste dei consumatori più esigenti per continuare a migliorare e, dove possibile, guidare anche gli altri verso scelte più consapevoli.

Il prodotto sostenibile deve costare di più?

È una questione ancora aperta. Quando lavoravo in McKinsey, già quattro o cinque anni fa, emergeva che la sostenibilità era un fattore importante ma non determinante nella scelta d’acquisto, e che il consumatore non era disposto a pagare di più per essa. Credo che questa dinamica sia ancora in parte valida. Ma non è nemmeno detto che un prodotto responsabile debba costare di più: dipende dalle scelte sui materiali e dai processi produttivi. Lo sviluppo sostenibile non implica sempre un sovrapprezzo, ma richiede investimenti, esattamente come ogni altra innovazione.

Quali sono le azioni concrete di cui sei più fiera?

Sicuramente l’avvio della misurazione dell’impronta carbonica, che ci permette di lavorare a stretto contatto con l’R&D per orientare le scelte sui materiali. È un vero cambio di passo. Un’altra grande soddisfazione è il coinvolgimento con la comunità locale, attraverso progetti legati al territorio, che rendono tangibile il nostro impegno verso l’ambiente che ci circonda.

Jessica Genta, head of strategy & sustainability di La Sportiva

DECARBONIZZARE È LA VIA

AKU conferma il proprio impegno responsabile nei confronti dell’ambiente, con un programma di riduzione su basi scientifiche. Ne parliamo con Carolina Simioni, CSR del brand

Era il 2011 quando in AKU si cominciò a parlare di tematiche di responsabilità ambientale e sociale. Un primo seme che, nel tempo, è cresciuto rigoglioso evolvendo in termini di impegno e consapevolezza con un approccio sempre scientifico, misurabile e concreto. Non stupisce quindi che a dicembre 2024 AKU abbia annunciato la sua adesione a SBTi (Science Based Targets initiative) ritenendola un’evoluzione naturale, quasi ovvia che ha dato il via al suo percorso verso la decarbonizzazione. SBTi, l’organismo indipendente che dal 2015 detta le linee guida a livello globale per la riduzione del livello di emissioni di gas climalteranti da parte delle organizzazioni industriali, chiede alle aziende di stabilire un anno base, definire un obiettivo di riduzione delle emissioni e poi raggiungerlo entro un anno target. Quello che l’azienda di Montebelluna dovrà affrontare sarà un viaggio lungo, sfidante ma necessario. Soprattutto, in linea con l’Accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento della temperatura globale entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Ne abbiamo parlato con Carolina Simioni, Coordinatrice di Responsabilità Sociale d'Impresa di AKU che, insieme a Giulio Piccin, coordina i progetti AKU di azione responsabile.

‘phase-out’ di queste molecole stia funzionando, ma anche come il mercato stia rispondendo sempre di più con alternative performanti. Abbiamo poi lanciato la Omnia V-Light, una scarpa pensata secondo il nostro principio “Design to Reduce”, ossia ridurre l’impronta di carbonio fin dalla progettazione. È realizzata quasi interamente con materiali riciclati e ha una carbon footprint pari a 11,01 kg CO2e, circa il 30% in meno rispetto a un modello simile. Infine, l’iscrizione a SBTi a dicembre 2024, e la validazione ufficiale del nostro piano di decarbonizzazione a giugno 2025.

Quali sono i principali obiettivi raggiunti nel 2024 evidenziati dal bilancio di sostenibilità aziendale?

Uno dei traguardi più importanti è stato il “come” abbiamo redatto il nostro Bilancio di Responsabilità 2024, ovvero utilizzando volontariamente, come linea guida, la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e gli standard ESRS (European Sustainability Reporting Standards). AKU è una PMI quindi lo sforzo è stato notevole, ma la trasparenza per noi è un principio imprescindibile. Interessantissimo è stato applicare il principio di doppia materialità con i nostri stakeholders: abbiamo chiesto quali fossero per loro i temi ambientali e sociali più importanti, ma con una duplice visione: gli impatti che noi generiamo verso l’esterno e quelli che l’esterno può avere sull’azienda. Ne è emerso che, per loro, i temi più rilevanti sono la nostra forza lavoro e l’economia circolare. Un obiettivo raggiunto è stato l’avanzare nel nostro percorso di eliminazione dei PFAS: nel 2024, infatti, abbiamo acquistato al 95% solo materiale PFAS-free. È stata una bella soddisfazione vedere come il nostro programma di

Come si inserisce il processo di decarbonizzazione nella strategia di sostenibilità di AKU?

In AKU la problematica del cambiamento climatico è un tema intrinseco nelle scelte progettuali che facciamo. Infatti, la nostra strategia di responsabilità parte sempre da una misurazione: un numero che dobbiamo migliorare. SBTi ci aiuta a fare proprio questo: rid urre le nostre emissioni di CO2e attraverso un obiettivo basato sulla scienza e in linea con l’Accordo di Parigi per limitare l’aumento della temperatura globale entro il grado e mezzo rispetto ai livelli pre industriali.

Quali sono i principali step di questo processo?

Si parte scegliendo l’anno base: per noi è il 2022. Poi si definisce l’anno target di raggiungimento dell’obiettivo: il nostro è il 2034. In questo arco di tempo dobbiamo ridurre le nostre emissioni di Scope 1 e Scope 2 del 58.8%. Per arrivarci mettiamo in campo progetti concreti che andranno annualmente misurati, migliorati e adattati alle esigenze che riscontreremo.

A che punto siamo e quali sono i prossimi obiettivi?

A giugno 2025 siamo stati validati ufficialmente da SBTi ed è ora che comincia la versa sfida. Abbiamo preparato un piano d’azione che vede coinvolti tantissimi soggetti: dal designer, al modellista, all’ufficio acquisti, alla logistica. Assieme, stiamo studiando vari progetti da mettere in pratica nel corso degli anni per poter raggiungere l’obiettivo. Sarà il 2026 l’anno in cui verranno effettivamente messi in atto tanti progetti di decarbonizzazione, lo stesso del Rebranding per AKU: direi che cade a pennello.

Carolina Simioni, CSR AKU

Perché per un brand outdoor è importante fare propria una politica di decarbonizzazione?

In AKU siamo consapevoli che, in quanto produciamo, emettiamo. Per questo non amiamo parlare di “sostenibilità” o definirci come “brand sostenibile”. Se lo fossimo, dovremmo chiudere baracca e non produrre più. Preferiamo parlare di “responsabilità”, in quanto siamo consapevoli dell’impegno che abbiamo rispetto l’ambiente nella quale viviamo e che condividiamo con altri esseri viventi. La nostra consapevolezza ci spinge a fare azioni concrete, come appunto mettere in atto una politica di decarbonizzazione.

Come comunicherete queste novità ai consumatori?

Ogni anno calcoleremo le nostre emissioni aziendali, le faremo certificare da un ente terzo secondo lo standard ISO 14064 e le pubblicheremo nel Bilancio di Responsabilità. Al nostro utilizzatore vogliamo raccontare tutto in modo trasparente. Anche perché questo percorso non riguarda solo noi: le scelte d’acquisto dei consumatori influiscono tantissimo sulle nostre emissioni. È importante non pensare alle proprie azioni responsabili solo in termini di riduzione della CO2e. Purtroppo la lista delle sfide ambientali cresce ogni giorno e oggi una delle più urgenti su cui ci stiamo concentrano è la perdita di biodiversità. Quando gli ecosistemi si impoveriscono, perdiamo anche i servizi che ci offrono, dall’acqua pulita alla fertilità del suolo, con effetti diretti sulla qualità della vita di tutti noi.

>> UN NETWORK PER IL CAMBIAMENTO

Nel dicembre 2024, Fondazione Sportsystem, organismo che aggrega le aziende appartenenti allo storico distretto della calzatura di Asolo e Montebelluna, ha dato vita allo Sportsystem Sustainability Network, un tavolo di lavoro permanente con funzioni operative. Ne fanno parte AKU, Alpinestars, La Sportiva, SCARPA e Tecnica, uniti dal comune obiettivo di fare insieme la cosa giusta. “Ci troviamo una volta al mese per affrontare insieme diverse tematiche di CSR e ci diamo una mano a vicenda per affrontare al meglio le sfide”, spiega Carolina Simioni. “Anche EOG promuove tavole rotonde su questi temi, ma mancava una realtà che coinvolgesse in prima persona il reparto calzaturiero di Montebelluna e siamo orgogliosi di farne parte”

Le stringenti richieste dell’Europa per ottenere la neutralità climatica entro il 2050, unite alla

fronte a sfide del tutto nuove, che richiedono un coordinamento e una collaborazione per essere meglio affrontate. Gli obiettivi del Network sono dunque la costituzione di un tavolo di lavoro permanente per condividere informazioni e buone prassi su temi legati alla sostenibilità ambientale di prodotto, lo sviluppo di progetti comuni legati ai temi di sostenibilità ambientale in linea con le priorità dell’agenda europea (Green Deal) e la definizione di standard, approcci, metodologie e soluzioni organizzative condivise.

“Questi momenti di confronto sono preziosi perché ci premettono di lavorare insieme verso obiettivi comuni. Pur essendo concorrenti sul mercato, abbiamo capito che ci sono sfide ambientali che nessuna azienda può affrontare da sola. Condividere esperienze, difficoltà e sviluppare progetti ci aiuta a migliorare come singole realtà ma soprattutto, a far

TRASPIRABILITÀ RIVOLUZIONARIA: PRESTAZIONI SENZA COMPROMESSI

Polartec AirCore è la nuova membrana che sfrutta lo scambio d’aria per favorire l’evaporazione, mantenere la pelle asciutta, regolare la temperatura corporea e ottimizzare la performance

di Sara Canali

Mantenere il corpo asciutto dall’interno verso l’esterno e proteggerlo dagli agenti esterni è l’obiettivo di Polartec AirCore, il primo tessuto laminato realmente permeabile all’aria e totalmente nonPFAS. L’azienda americana ha lavorato per creare questa soluzione partendo dall'assunto che la traspirazione influenza le prestazioni ben più delle condizioni meteo. Polartec ha progettato AirCore per offrire una protezione efficace dagli agenti atmosferici, favorendo il rilascio dell’umidità corporea grazie a una naturale migrazione delle molecole. Il risultato è una massima aerazione e traspirabilità, prevenendo l’accumulo eccessivo di calore corporeo durante le attività aerobiche più intense, senza compromessi su comfort, libertà di movimento e longevità del capo. Quello che AirCore vuole fare dunque è ridefinire il concetto di “asciutto” puntando tutto sulla performance.

COMPOSIZIONE

Questo tessuto laminato è il risultato della combinazione tra permeabilità all’aria e una membrana in nanofibra sviluppata da Polartec. Il risultato è una tecnologia all’avanguardia che scambia l’aria dall’interno verso l’esterno per accelerare la dispersione del calore e promuovere il raffreddamento evaporativo, ovvero l’unico meccanismo di dispersione del calore realmente efficace per chi svolge attività ad alta intensità. Più intenso è lo sforzo, maggiore è la risposta del tessuto: il movimento stimola la ventilazione, mentre l’aria contribuisce a raffreddare il corpo. Restando più asciutti e confortevoli, è possibile contare su una maggiore performance, guidata dall’aria e ottimizzata per l’attività dinamica.

“Polartec AirCore rappresenta alla perfezione la nostra missione di unire prestazioni all’avanguardia e sostenibilità. Il nostro avanzato tessuto a tre strati permeabile all’aria utilizza un nucleo d’aria ingegnerizzato per consentire un flusso controllato, eliminando attivamente umidità e calore corporeo durante l’attività aerobica intensa”

Ramesh Kesh, senior vice president di Milliken & Company e business manager di Polartec

“Si tratta di un importante passo avanti nella protezione traspirante contro il maltempo e di un esempio concreto del nostro impegno nel creare tessuti performanti che favoriscono l’eccellenza, restando fedeli ai nostri valori di responsabilità ambientale”

Karen Beattie, director of product management di Polartec

PERFORMANCE

Con un tasso di trasmissione del vapore acqueo (MVTR) leader nel settore, superiore a 25.000 g/m2/24h*, e permeabilità all’aria** da 0,4 a 1 CFM, Polartec AirCoreTM garantisce prestazioni senza pari durante le attività ad alta intensità, respingendo allo stesso tempo l’acqua proveniente dall’esterno. Inoltre, in linea con l’impegno costante di Polartec per la sostenibilità, Polartec AirCore è realizzato con tessuti esterni e interni riciclati, abbinati a una membrana nonPFAS. Una struttura intelligente, che lo rende la scelta ideale per chi non vuole scendere a compromessi tra prestazioni e responsabilità ambientale. Il lancio sul mercato è previsto per settembre 2025 all’interno delle collezioni Autunno/Inverno 2025 di Castelli e Sportful. Per quanto riguarda il mercato outdoor italiano, Montura sarà il primo brand ad adottare la tecnologia nella collezione FW 25/26.

>> CARATTERISTICHE PRINCIPALI DI POLARTEC AIRCORE

• Permeabilità all’aria**: sfrutta la potenza dell’aria per mantenere asciutti dall’interno verso l’esterno

• Idrorepellenza***: valutazione minima 4 nello spray test, secondo GB/T 4745-2012 (ISO 4920-2012, MOD)

• Resistenza al vento: funzionalmente antivento, effetto windchill azzerato

• Alta traspirabilità: MVTR* e permeabilità all’aria** leader nel settore permettono al vapore e all’umidità di fuoriuscire più rapidamente rispetto alle soluzioni tradizionali

• Elasticità per il comfort: tessuto elastico e resistente per un’ampia liber tà di movimento nelle attività più impegnative

• Costruzione sostenibile: materiali riciclati, strati, membrana e DWR non-PFAS

* MVTR misurato secondo JIS L1099, B1

** Permeabilità all’aria (CFM) misurata secondo ASTM D737 a 125Pa

*** Idrorepellenza – minimo grado di spruzzo 4, secondo GB/T 4745-2012 (ISO 4920-2012, MOD)

SPECIALE RESPONSABILITÀ

UN SENTIERO RESPONSABILE

Dal prodotto al territorio, passando per persone e cultura: Montura presenta il suo primo Report di Sostenibilità e rilancia il proprio impegno verso un futuro più etico e consapevole

_ di Pietro Assereto

Nel cuore delle Alpi, dove ogni sentiero porta a una vetta e ogni scelta pesa quanto uno zaino ben equipaggiato, Montura ha costruito in oltre 25 anni molto più di un marchio: ha creato un modo di intendere l’outdoor basato su etica, qualità e relazioni. Il primo Report di Sostenibilità 2024, appena pubblicato, non rappresenta un punto d’arrivo, ma una tappa lungo un cammino iniziato da tempo, in coerenza con il motto che accompagna il brand: Searching for a New Way.

PRODURRE MENO, MA MEGLIO

Per Montura, la sostenibilità comincia dalla durata. Lontano dalle logiche dell’usa-e-getta, ogni capo è progettato per durare, resistere, accompagnare chi lo indossa in ambienti complessi e per lunghi anni. Una scelta che si riflette nella cura con cui vengono selezionati i materiali e gestita la filiera produttiva: gran parte della produzione avviene in stabilimenti di proprietà, con un centro Ricerca e Sviluppo a Zanè (VI) e un sito produttivo in Moldavia che realizza oltre il 60% dei capi. A Verona, l’hub logistico certificato LEED Gold assicura una distribuzione efficiente e attenta all’impatto ambientale. Nel 2024, il 100% dei prodotti ha rispettato il regolamento REACH, l’84% è certificato Standard 100 by Oeko-Tex, mentre il 93% dei tessuti è ora PFC Free. Cresce anche la quota di materiali riciclati certificati GRS, arrivata al 17%. A testimoniare l’impegno per l’estensione del ciclo di vita, Montura ha attivato un servizio di riparazione con centinaia di interventi già effettuati.

DIETRO OGNI PRODOTTO, PERSONE

Alla base di ogni collezione c’è una rete di relazioni: atleti, guide alpine, ambassador e soccorso alpino sono coinvolti direttamente nello sviluppo dei prototipi, testando sul campo capi e attrezzature prima del lancio. Ma il vero cuore del progetto Montura sono le persone che ogni giorno costruiscono il brand, dentro e fuori l’azienda. Il Piano Strategico di Sostenibilità, avviato nel 2022, include oltre 120 azioni che spaziano dalla gestione della supply chain al benessere dei dipendenti e comprendono aspetti come bonus, smart working e flessibilità oraria.

CULTURA, COMUNITÀ, CONSAPEVOLEZZA

Montura non si limita a produrre abbigliamento tecnico ed è probabilmente ciò che differenzia il brand da altri. Montura Editing è il cuore culturale e sociale dell’azienda: un laboratorio creativo che amplifica i valori del brand attraverso progetti editoriali, e solidali.

“Per Montura, raccontare il proprio impatto significa prendersi la responsabilità di mostrare con trasparenza ciò che siamo, che facciamo e in cui crediamo. È da questa consapevolezza che nasce l’esigenza di redigere il nostro primo Report di Sostenibilità: non come semplice esercizio di stile, ma come strumento per riflettere, raccontare e migliorare”

Claudio Marenzi, presidente Montura

Nato come estensione naturale della ricerca e innovazione alla base dei prodotti Montura, non è un editore tradizionale, ma un generatore di contenuti ad alto impatto culturale e sociale. Attraverso Montura Editing, il marchio ha sostenuto in 20 anni oltre 100 pubblicazioni, 200.000 libri distribuiti e più di 100 film, molti dei quali presentati in festival internazionali. Dal sostegno al Trento Film Festival alla collaborazione con Onlus attive in Nepal, Perù e Mongolia, l’azienda dà corpo a un’idea di impresa che mette al centro l’impatto positivo sul territorio e sulle comunità montane globali. Accanto a questo impegno culturale, c’è Montura Workframe, la divisione che sviluppa abbigliamento tecnico per professionisti del soccorso alpino, vigili del fuoco e protezione civile. Una conferma che sostenibilità, per Montura, significa anche contribuire concretamente alla sicurezza e alla resilienza dei territori di montagna.

VERSO NUOVE VETTE

Il 2024 è stato anche l’anno della misurazione delle emissioni Scope 1 e 2 dell’headquarter e dello stabilimento in Moldavia, con il 100% dell’energia elettrica acquistata da fonti rinnovabili con garanzia d’origine. Ma l’impegno continua: nei prossimi mesi, Montura lavorerà a un nuovo piano strategico che guiderà le scelte future in termini di clima, innovazione e inclusività. Con il Report di Sostenibilità, l’azienda sceglie la trasparenza e conferma la volontà di essere parte attiva nel costruire un futuro outdoor più responsabile. Un cammino che non ha una fine, ma infinite possibilità.

OLTRE IL PRODOTTO: LA CONSAPEVOLEZZA CHE GUIDA KONG

Persone, territorio, materiali, supply chain: per l’azienda di Monte Marenzo (LC), la sostenibilità passa per ambiti tanto diversi quanto essenziali per favorire una crescita organica e rispettosa

_ a cura della redazione

Essere produttori oggi significa assumersi una responsabilità che va oltre la qualità: ridurre gli sprechi, scegliere materiali a minor impatto, usare energia rinnovabile, limitare le emissioni, creare un ambiente di lavoro inclusivo e favorire la crescita e lo sviluppo professionale delle persone. Non è un’opzione: è lavoro quotidiano. Per Kong la sostenibilità non è uno slogan, ma un impegno coltivato nel tempo.

LE ORIGINI

Nell’azienda di Monte Marenzo questa attenzione ha radici lontane e guida le scelte aziendali da tempo: sin dal 1981, quando è stato costruito il capannone principale, Kong ha previsto vasche di raccolta dell’acqua piovana, riutilizzata nei cicli produttivi per ridurre i prelievi idrici. Nel 2010 ha poi installato un impianto fotovoltaico da 200 kW che copre circa il 25% del fabbisogno di energia elettrica. Ha investito nell’efficientamento degli impianti, nel territorio e in tutto ciò che accompagna il prodotto: fornitori locali, quando possibile, per ridurre i trasporti e valorizzare l’economia della zona; imballaggi riciclabili/riutilizzabili; stampa interna “on demand” delle istruzioni – cioè solo quando servono e nelle quantità effettivamente necessarie – evitando copie inutili e obsolescenza di queste; cataloghi digitali; punti di ricarica per auto elettriche a disposizione di dipendenti, clienti e fornitori; sistemi di recupero e riutilizzo delle acque di lavorazione; illuminazione LED ad alta efficienza in tutti i reparti.

“La sostenibilità non è un traguardo: si progetta, si misura, si migliora. Così Kong crea valore oggi e per chi verrà domani”

Nicolas Rossi, HSE manager Kong

IL CAPITALE

UMANO

Il percorso non si è fermato qui. Kong crede che il capitale umano sia il vero motore di crescita e cambiamento dell’azienda, anche per la sostenibilità: per questo sta investendo sulle persone in tutti gli ambiti – produzione, ricerca e sviluppo, qualità, supply chain e uffici – con inserimenti, formazione mirata, percorsi di crescita e nuove responsabilità. Ha inoltre avviato una diagnosi energetica volontaria per individuare margini di efficienza su impianti e processi e sta completando l’iter per la certificazione ISO 14001. In parallelo porta avanti azioni quotidiane: campagne interne di sensibilizzazione su raccolta differenziata, priorità al recupero nella gestione dei rifiuti e inclusione; progressiva digitalizzazione di documenti e manuali; revisione delle forniture per ridurre componenti superflue e materiali difficili da separare.

I PRODOTTI

I suoi prodotti nascono per durare a lungo: questa è la prima forma di sostenibilità. Per questo Kong progetta e testa tutti i dispositivi con attenzione alla vita utile e alla manutenibilità, e accompagna il prodotto con indicazioni chiare per uso e manutenzione, per allungarne la vita. Qualità e sostenibilità non sono separate: un controllo più efficace, un lotto meglio tracciato, un imballo semplificato sono scelte che pesano meno e funzionano meglio.

IL FUTURO

Kong guarda avanti con interventi misurabili. Sul fronte energia amplierà il fotovoltaico con un impianto da 150 kW che coprirà circa un ulteriore 15% del fabbisogno elettrico, riducendo le emissioni indirette. Kong intende inoltre investire nella sostituzione dei macchinari meno efficienti con tecnologie di ultima generazione e in un monitoraggio puntuale dei materiali impiegati, così da prevenire sprechi e ottimizzare gli acquisti. Proseguono anche i progetti sulle persone: l’azienda ha avviato il percorso per la UNI/PdR 125 (parità di genere), perché sostenibilità significa anche oppor tunità, benessere organizzativo e sviluppo professionale.

UN PASSO PER VOLTA

Nessun greenwashing, nessun manifesto da copertina: per Mico Sport la responsabilità ambientale è fatta di azioni quotidiane, prodotti duraturi e una filiera corta a conduzione familiare

_ di Pietro Assereto

Da oltre cinquant’anni, l’azienda di Brescia produce calze e capi tecnici pensati per durare nel tempo, con un approccio alla sostenibilità che rifugge la retorica per concentrarsi su ciò che conta davvero: qualità, efficienza e rispetto per il territorio.

“Non abbiamo un documento ufficiale di sostenibilità,” spiegano dall’azienda, “ma crediamo che siano le azioni concrete a fare la differenza.”

UNA FILOSOFIA CHE SI TRADUCE IN QUATTRO PILASTRI FONDAMENTALI

1. Durabilità come primo atto ecologico - Per Mico, la sostenibilità comincia dalla durata del prodotto. Ogni calza o capo tecnico viene realizzato in Italia, con attenzione artigianale ai dettagli e controlli individuali per garantire l’assenza di difetti. Un prodotto che dura

più a lungo è un prodotto che riduce sprechi, consumo di risorse e impatto ambientale complessivo.

2. Filiera corta e controllo familiare - Essere un’azienda a conduzione familiare permette a Mico di mantenere una filiera snella, agile e facilmente controllabile. I fornitori sono selezionati anche in base alla prossimità geografica: meno chilometri, meno emissioni, più controllo sui processi. Una scelta non solo logistica, ma etica.

3. Ottimizzazione in ogni fase - La sostenibilità si costruisce anche con l’efficienza operativa. Dalla riduzione dei consumi delle macchine alla pianificazione attenta delle consegne per evitare doppie spedizioni, ogni fase del processo produttivo è pensata per ridurre al minimo gli sprechi di energia e risorse.

4. Materie prime responsabili e certificazioni - Grande attenzione è rivolta anche alla scelta dei filati, che devono rispettare criteri etici e ambientali stringenti. Mico utilizza materiali certificati ETIC-ET e si avvale di standard riconosciuti a livello internazionale, come il marchio tedesco Der Grüne Punkt, garanzia di impegno nella gestione responsabile degli imballaggi e dei rifiuti.

UN LEGAME PROFONDO CON IL TERRITORIO

Alla dimensione industriale si affianca un forte impegno locale, come il sostegno al progetto di piantumazione nelle Torbiere del Sebino, una riserva naturale che unisce biodiversità e valore paesaggistico. “La sostenibilità, per noi, è anche prendersi cura del proprio territorio”.

SOSTENIBILITÀ PER SCELTA, NON PER MODA

Nel mondo dell’outdoor, dove la performance è tutto, è facile cadere nella tentazione del “green” di facciata. Mico Sport sceglie invece la strada più lunga ma più autentica: quella fatta di miglioramenti costanti, investimenti concreti e rispetto profondo per chi produce, per chi indossa e per l’ambiente che tutti condividiamo. Perché la vera sostenibilità è costruita per durare. Proprio come le loro calze.

INNOVAZIONE, TRADIZIONE, IMPEGNO

Sono questi i tre pilastri su cui si basa la strategia aziendale di MGM Spa, di cui la sostenibilità ambientale è una componente integrante grazie anche all'impegno di Rekord

_ di Sara Canali

Era il 30 novembre 2022 quando MGM Spa annunciò di aver siglato l’acquisizione del Gruppo Rekord Srl, uno dei principali produttori europei di scarpe tecniche, sportive e outdoor di alta gamma che conta oltre 700 dipendenti e tre stabilimenti nell'area di Alba Iulia in Romania. Una realtà all'avanguardia dal punto di vista non solo produttivo, ma anche e soprattutto dell'impegno responsabile, componente integrante della strategia aziendale del gruppo MGM. La sede rumena ha infatti ottenuto la Certificazione ISO 14001:2015 che fornisce un quadro rigoroso per gestire e migliorare continuamente l'impatto ambientale, aiutando a identificare, controllare e monitorare gli impatti delle operazioni, assicurando conformità con le leggi ambientali e gli obiettivi di sostenibilità.

HERITAGE

La storia di Rekord affonda le sue radici nel 1980 con la fondazione del Calzaturificio Play Sport Srl da parte di Alcide Giacometti, a Montebelluna, diventata Rekord Srl nel 1994, con l'ampliamento della capacità produttiva e l’influenza nel settore. ll passaggio sotto la guida di MGM Spa, guidata dalla famiglia Congiu/Foglio, ha rappresentato un punto di svolta significativo, unendo alla produzione innovativa una forte progettualità creativa. Il mantenimento della produzione in Europa è diventato un punto chiave nella strategia, in grado di garantire qualità superiore, reattività alle richieste del mercato e sostenibilità. Oggi Rekord impiega oltre 700 professionisti e ha una capacità produttiva che supera il milione di paia di calzature all’anno, che la eleva a principale produttore europeo di calzature tecniche per l’outdoor.

NON LASCERÒ TRACCIA

Basandosi su questa filosofia, Rekord ha migliorato diversi aspetti della produzione a partire dall'alimentazione energetica che si basa completamente su fonti rinnovabili. L'80% dell'energia utilizzata è quella fotovoltaica, con un totale di 5472 mq di pannelli solari installati nelle sue tre strutture. In particolare, il sito di Teius ha una potenza di 300 kwp grazie a 654 pannelli fotovoltaici su una superficie totale di 1472 mq. Il restante 20% dell'energia utilizzata, invece, proviene da fornitori certificati green. Questo permette di ridurre significativamente l'impronta di carbonio e di operare in modo energeticamente autonomo e sostenibile. Non solo: Rekord presta attenzione a tutti gli aspetti della produzione, inclusi i materiali utilizzati e le soluzioni di packaging. Un esempio, è l'utilizzo di pellami provenienti dall'industria alimentare, una scelta che supporta l'economia circolare e l'uso responsabile delle risorse. In questo modo, si riduce lo spreco e si

assicurano processi produttivi ecocompatibili senza compromettere la qualità o la durata dei prodotti. Infine, l'automazione avanzata contribuisce ulteriormente a ridurre gli scarti e gli imballaggi sono studiati per essere ecocompatibili.

RESPONSABILITÀ SOCIALE

In un'ottica di responsabilità generale, non si può non parlare di quella sociale, un tema molto sentito in Rekord, convinta che le persone siano il cuore e la risorsa più preziosa dell'azienda. Per questo, ha attuato politiche e iniziative volte a creare un ambiente di lavoro più equo, dove valorizzare i talenti, promuovere la crescita umana e professionale dei dipendenti, con particolare attenzione alla tutela dei loro diritti, della salute e della sicurezza sul lavoro. Questi sforzi sono stati riconosciuti con l'ottenimento di certificazioni importanti, tra cui la SA8000:2014 – Social Accountability, che attesta le condizioni dei lavoratori. Inoltre, Rekord è impegnata in iniziative sociali sotto il cappello di "Rekord per il Sociale", credendo fermamente nel restituire alla comunità e nel fare la differenza nella vita delle persone attraverso attività e programmi mirati. L'azienda dimostra che il vero progresso è quello di cui beneficiano tutti, condividendo il successo commerciale con chi ha meno opportunità e con il territorio.

>> I TRE POLI PRODUTTIVI

Rekord si compone di tre stabilimenti produttivi, che rafforzano la capacità produttiva annuale e testimoniano la dedizione a mantenere elevati standard qualitativi ed etici.

Quello di Alba Iulia, inaugurato nel 1994, è stato il primo impianto della realtà che allora si chiamava Play Sport Srl. Oggi questa sede rappresenta il più grande stabilimento del network e si distingue per la sua scala produttiva e per l'impegno verso standard qualitativi e responsabilità sociale di alto livello, come dimostrato dalle certificazioni ISO 9001:2015 e SA8000:2014.

La sede di Teius è stata inaugurata nel 2001, e a oggi detiene la certificazione ISO 9001:2015. La struttura è stata progettata con un forte accento sulla tecnologia e sull'efficienza energetica, ospitando anche i pannelli fotovoltaici per una produzione sostenibile.

Infine, il polo di Zlatna è nato nel 2004 e vanta anch'esso la certificazione ISO 9001:2015, garantendo standard rigorosi per la qualità e la sicurezza dei processi produttivi.

Headquarter di Alba Iulia (Romania)

MOVE TO NATURAL

Un payoff che è alle spalle di ogni decisione di icebreaker, che da 30 anni offre alternative in lana merino alle materie plastiche e promuove una comunicazione aperta e trasparente con i propri consumatori

Dal 1995, icebreaker ha rivoluzionato l’abbigliamento tecnico introducendo la lana merino come alternativa naturale ai materiali sintetici. In questi 30 anni, il brand ha dimostrato che la natura offre le soluzioni migliori: dai primi strati base in merino fino ai capi tecnici pluripremiati, icebreaker ha sempre puntato su comfort, semplicità e durata, rimanendo fedele ai suoi valori fondamentali.

IMPEGNO E TRASPARENZA

Il marchio si impegna alla trasparenza sin dalla sua fondazione, che sia tramite una comunicazione aperta e onesta circa i materiali utilizzati o attraverso l’approvvigionamento diretto presso i fornitori per una completa visibilità lungo tutto il processo produttivo, a partire dalla tosatura per arrivare al prodotto finito. Questa relazione d’altronde facilita l’adozione di pratiche sostenibili in ogni tappa della supply chain, aiuta a identificare aree di intervento e consente al marchio essere completamente responsabile di tutto

l’ecosistema naturale della fibra. Da 30 anni, icebreaker cerca attivamente alternative naturali ai materiali sintetici con l’obiettivo di rid urre la dipendenza da materie plastiche petrolchimiche. Test rigorosi hanno confermato che queste soluzioni naturali offrono benefici tecnici misurabili mentre aiutano a eliminare la plastica non necessaria. Per alleggerire ancora di più la propria impronta di carbonio, icebreaker supporta l’impiego di risorse rinnovabili presso i fornitori di lana merino e promuove l’agricoltura rigenerativa: un termine che abbraccia varie pratiche consapevoli dal punto di vista ambientale e sociale.

Inquadra il QR Code per leggere il 2024 Transparecy Report completo

Fin dalla sua nascita, icebreaker ha offerto un’alternativa sostenibile all’abbigliamento derivato da materiali sintetici. Tra le tappe più significative:

1997 - partnership a lungo termine con allevatori di lana merino 2003 - espansione della produzione a livello globale 2012 - lancio di MerinoLoft, alternativa naturale al piumino 2014 - introduzione di Cool-Lite, blend merino-TENCEL 2021 - debutto di ZoneKnit, tecnologia per una traspirabilità mirata

Nel 2024, il brand ha raggiunto il 97,56% di tessuti in fibre naturali, riducendo drasticamente l’uso della plastica. Grazie a pratiche di approvvigionamento responsabile e produzione etica, icebreaker dimostra che è possibile coniugare alte prestazioni e rispetto per il pianeta.

The Original Zip: l’icona reimmaginata

Per celebrare i 30 anni, icebreaker rilancia l’Original Half Zip con una costruzione a maglia transfer full-fashioned, senza cuciture, per un comfort superiore. Realizzato in lana merino 100%, questo capo unisce prestazioni elevate e stile contemporaneo. La struttura mappata sul corpo migliora la traspirabilità, mentre l’etichetta commemorativa rende omaggio alla storia del brand.

Featherlight: il futuro della corsa

Featherlight è la nuova frontiera dell’abbigliamento da running: uno strato base ultra-leggero e traspirante, pensato per le alte temperature e le prestazioni più intense. Progettato per aderire come una seconda pelle, combina materiali naturali e tecnologia avanzata, offrendo il massimo in termini di comfort e sostenibilità.

Un legame autentico con gli allevatori

Da oltre 25 anni, icebreaker collabora con allevatori di lana merino che condividono i suoi valori. Attraverso il Growers Club, il brand ha instaurato contratti decennali che garantiscono stabilità agli agricoltori e qualità alla lana. Queste partnership vanno oltre il business: sono una missione condivisa per proteggere la terra, sostenere le comunità rurali e promuovere un futuro più naturale.

ABBIGLIAMENTO CIRCOLARE

Il Gruppo F.lli Campagnolo lancia RELOVE, un progetto che unisce riparazione, riuso e responsabilità sociale per prolungare la vita dei capi outdoor

di Pietro Assereto

Riparare, riutilizzare, rinnovare. È attorno a questi tre concetti chiave che il Gruppo F.lli Campagnolo costruisce il progetto RELOVE, nuova iniziativa dedicata alla sostenibilità e alla responsabilità sociale nel mondo dell’abbigliamento outdoor. In un settore dove durabilità e performance sono fondamentali, RELOVE si propone di allungare il ciclo di vita dei prodotti, ridurre gli sprechi e rafforzare il legame affettivo tra consumatore e capo tecnico. Il nome unisce la particella “RE” (riprendere, ricominciare) a “LOVE”, per trasformare l’approccio all’abbigliamento tecnico: da consumo rapido a uso consapevole e duraturo.

DUE ANIME DEL PROGETTO: REFIT E RESTART

A partire da ottobre 2025, RELOVE si articola in due servizi disponibili in alcuni store monomarca CMP e factory outlet del Gruppo.

REFIT - Un vero e proprio atelier tecnico dove capi danneggiati vengono riparati, personalizzati e rinnovati. Un team esperto analizza il capo e propone interventi sartoriali mirati, con l’obiettivo di preservarne l’identità e allungarne la vita utile.

RESTART - Un angolo second-hand all’interno dei factory outlet: capi provenienti da resi, fine serie o invenduti vengono proposti a prezzi accessibili, garantendo qualità, funzionalità e una seconda opportunità per i prodotti.

“Con RELOVE vogliamo dare una risposta concreta a una delle sfide più urgenti dell’industria outdoor: ridurre l’impatto ambientale dei capi che mettiamo sul mercato. È un progetto che va oltre il prodotto: abbraccia l’ambiente, il territorio e le persone. Una strategia circolare che ridefinisce il nostro modo di fare impresa”

Giorgia Sartori, sustainability manager del Gruppo

INCLUSIONE SOCIALE

Oltre al valore ambientale, RELOVE integra un importante aspetto sociale. Le borse per la raccolta dei capi nei negozi sono realizzate riutilizzando teli pubblicitari dismessi, confezionati all’interno del carcere di Vicenza da detenuti coinvolti in percorsi formativi grazie alla collaborazione con l’associazione Il Filo che Unisce. Lo stesso materiale verrà utilizzato anche per realizzare oggetti utili per le iniziative interne al Gruppo, chiudendo il cerchio virtuoso del riuso creativo.

Anche la comunicazione nei punti vendita segue la logica della circolarità: i materiali informativi vengono realizzati riciclando vecchi elementi espositivi, azzerando sprechi e promuovendo coerenza tra messaggio e azione.

>> LA STRATEGIA RELOVE

Il contesto di mercato conferma la direzione scelta da F.lli Campagnolo. Secondo il report Global Market Insights (aprile 2025), il mercato globale del second-hand fashion è stimato a 190 miliardi USD nel 2024 e atteso a crescere fino a 208,6 miliardi nel 2025, con un CAGR del 10,7% fino al 2034. Intanto, Textile Exchange evidenzia che ogni anno vengono immessi sul mercato tra 80 e 150 miliardi di capi: un dato che sottolinea l’urgenza di ripensare modelli produttivi e distributivi. In questo scenario, RELOVE non è solo un progetto sostenibile: è una scelta di posizionamento, un segno di ascolto delle nuove abitudini di consumo e un ponte tra innovazione ambientale e valore sociale. Un nuovo modo di vivere – e far vivere – l’outdoor.

11-13/01/2026

Fiera Bolzano

Messe Bozen

PROGRESSIONE ASSISTITA

La linea Peak di C.A.M.P. per la SS 26 presenta tre ramponi per diverse uscite alpinistiche e skialp, realizzati con materiali innovativi come l’Alleima Nanoflex e un sistema di adattamento a ogni calzatura

Per la SS 26, C.A.M.P. presenta tre ramponi di nuova generazione: Peak 12 ALU Auto/Semi-Auto, Peak 12 STL Auto/Semi-Auto, e Peak 12 Nanotech Auto/Semi-Auto, rispettivamente pensati per lo scialpinismo e le escursioni sulla neve, l’alpinismo classico e tecnico e lo scialpinismo più impegnativo, e infine lo skialp esigente e l’alpinismo su neve con tratti ghiacciati.

I tre modelli sono realizzati con una costruzione innovativa per una calzata ideale, sia sugli scarponi da skialp che su quelli da alpinismo, grazie al rivoluzionario sistema Boot Adapt System (Pat. Pend.) che, scambiando tra loro i due puntali, consente di ottimizzare l’angolatura dell’attrezzo ai diversi tipi di calzatura senza comprometterne la stabilità laterale. Inoltre, la totale intercambiabilità di puntali, tacchi e sistemi di allacciatura della linea Peak permette la completa personalizzazione. I ganci anteriori automatico e universale sono forniti di serie per adattarsi a scarponi con o senza intaglio anteriore. Il gancio posteriore universale, acquistabile separatamente, consente di montare il rampone anche su calzature prive di intaglio posteriore. L’asta

PEAK 12 ALU

AUTO / SEMI-AUTO

• Rampone in alluminio a 12 punte

• Ideale per lo scialpinismo e tutte le escursioni sulla neve

• Particolarmente leggero e adatto per le progressioni in camminata, senza calciare

in acciaio inox garantisce rigidità e allo stesso tempo flessibilità, massimizzando la stabilità del rampone su tutte le misure di scarponi. Un Antibott ad azione attiva per ridurre l’accumulo di neve è montato di serie su tutti i modelli. È possibile una regolazione micrometrica della lunghezza con asta in acciaio inossidabile a doppia fila di fori, settabile sul puntale in due posizioni per coprire tutte le misure di scarponi. Il fermo in fettuccia installato sull'asta di regolazione permette di ripiegare i ramponi per minimizzarne il volume durante il trasporto. Sono dotati di una fibbia in plastica per fissare l’eccesso della fettuccia di chiusura. Il gancio anteriore è regolabile su due posizioni, mentre la talloniera è regolabile su due posizioni con leva compatta a tre posizioni.

Il modello Peak 12 Nanotech è inoltre realizzato in Alleima Nanoflex, un’innovativa lega d’acciaio con un'elevata resistenza meccanica e una durezza del 25% superiore ai normali acciai legati. Questo materiale permette di ridurre la quantità di metallo da utilizzare, diminuendo notevolmente il peso mantenendone intatta la resistenza.

PEAK 12 STL

AUTO / SEMI-AUTO

• Rampone polivalente in acciaio a 12 punte

• Ideale per l’alpinismo classico e tecnico e per lo scialpinismo più impegnativo

• L’acciaio lo rende adatto per le progressioni calciate come richiesto arrampicando

PEAK 12 NANOTECH

AUTO / SEMI-AUTO

• Rampone a 12 punte con inser to frontale a 4 punte in acciaio inox Alleima Nanoflex

• Ideale per gli scialpinisti esigenti e per gli alpinisti classici che cercano un attrezzo leggero

• Adatto alle salite su neve con tratti ghiacciati

C.A.M.P. - 0341.890117 - contact@camp.it

MOOD URBANO, ANIMA OUTDOOR

Dalle passeggiate urbane alle fughe nella natura, questo lo spirito della collezione Travel & Lifestyle di Trezeta con suola Vibram Ecostep per uno stile eco-chic senza confini

Dal lavoro al viaggio, da una gita fuori porta a una serata con gli amici, la collezione Travel & Lifestyle di Trezeta è progettata per gli spiriti avventurosi: per chi ama scoprire nuove terre o semplicemente concedersi brevi fughe dalla città. L’obiettivo è offrire a chi le indossa scarpe comode e versatili, capaci di accompagnare ogni esperienza e di far vivere appieno l’energia di un nuovo ambiente. Un elemento distintivo della collezione è l’integrazione della suola Vibram Ecostep, realizzata con un compound specifico per calzature destinate al light hiking e all’uso quotidiano. Questa tecnologia riduce sia gli sprechi che l’impiego di materiali vergini: è infatti riconosciuta a livello mondiale come punto di riferimento per le suole in gomma riciclata. La sua produzione avviene attraverso il recupero dello scarto di gomma generato dai processi produttivi Vibram, dando vita a una mescola di alta qualità composta da almeno il 30% di materiale riciclato. Una scelta tecnologica che rende la collezione Travel & Lifestyle di Trezeta non solo versatile e confortevole, ma anche attenta all’impatto ambientale.

LA COLLEZIONE

La linea comprende modelli come la Zeta Mid WP, ideale per proteggere la caviglia e adattarsi a uno stile contemporaneo, perfetta tanto in città quanto per l’animo del travel blogger. La Zeta WP, invece, è una calzatura leggera e polivalente, adatta sia alle situazioni urbane che outdoor. Si tratta di scarpe multifunzione, belle da vedere e piacevoli da indossare. La tomaia in suede waterproof protegge il piede con eleganza, garantendo resistenza e impermeabilità grazie all’inserto laterale in mesh traspirante e alla membrana Trezeta Water Stopper. Le varianti colore riflettono lo spirito eclettico di chi si sente a proprio agio sia in città sia nella natura: toni naturali dal carattere casual ed eco-chic, capaci di adattarsi a ogni outfit.

M.G.M. S.p.a. - 0423.489310 - trezeta.com

Suola Vibram Ecostep
Zeta Mid WP
Zeta WP

QUESTIONE DI STILE

In pieno spirito E9, la collezione FW 25 coniuga caratteristiche di termoregolazione e un’estetica unica con un’attenzione particolare all’ambiente

- PER LUIAPE9-BB

Pensato per chi vive la montagna con passione e rispetto per l’ambiente, APE9-BB è il pantalone per arrampicata e outdoor che coniuga funzionalità, stile e una forte attenzione alla sostenibilità.

Realizzato in bambù e cotone organico, due materiali naturali e traspiranti, questo capo si distingue per il comfort sulla pelle anche nelle sessioni più intense e per il ridotto impatto della sua produzione. Il bambù, in particolare, è una fibra innovativa e a basso consumo di risorse, apprezzata per le sue proprietà antibatteriche e la straordinaria morbidezza. Il taglio skinny garantisce libertà di movimento e rende il pantalone ideale sia in falesia che in palestra. La vita è regolabile grazie all’elastico personalizzato, pensato per offrire il massimo della comodità. Non mancano caratteristiche funzionali come il portaspazzolino integrato sul fianco, un must per chi pratica boulder o arrampicata sportiva. Il design è curato nei minimi particolari: dal logo ricamato all’etichetta in ecopelle, ogni dettaglio esprime una scelta consapevole, in equilibrio tra estetica e rispetto per l’ambiente.

Come tutti i capi della collezione, questo modello è interamente made in Italy, a garanzia di qualità, tracciabilità e attenzione artigianale.

- PER LEIHIT

Per chi desidera vivere la natura con leggerezza, senza rinunciare a stile e sostenibilità, nasce il modello HIT: un pantalone da donna pensato per l’arrampicata e le attività outdoor, dove comfort, praticità e design si fondono in un capo unico.

Il fit rilassato è studiato per garantire libertà di movimento, che sia in parete o lungo i sentieri, offrendo una comodità ottimale in ogni situazione. Realizzato in raso di bambù e cotone organico, il pantalone è incredibilmente morbido al tatto, traspirante e con un impatto ambientale ridotto, oltre a essere ideale per le giornate più attive grazie alle proprietà termoregolanti che caratterizzano il materiale. Questo modello si caratterizza per i suoi dettagli raffinati: la cintura regolabile, con un pattern floreale stampato che richiama la natura, e il laccio con perline decorative, che aggiunge un tocco artigianale e femminile. Il ricamo frontale, infine, evidenzia la cura e l'attenzione dedicata al design.

Interamente made in Italy, HIT è l’incontro perfetto tra funzionalità, estetica e rispetto per l’ambiente. Ideale per chi cerca autenticità e comfort, sia in parete che nel tempo libero all’aria aperta.

SCELTE RESPONSABILI DA UNA GENERAZIONE ALL’ALTRA

Le azioni di Icepeak sono guidate da una mission che mette al centro l’importanza di preservare l’ambiente. Una tra tutte, l’impiego dell’imbottitura riciclata Repreve dalle qualità analoghe alla piuma

In linea con i suoi valori di sostenibilità, Luhta Sportswear Company – la casa madre di Icepeak – si impegna a lasciare un mondo migliore tramite le sue azioni. L’azienda segue infatti un programma di sostenibilità e ha fissato degli obiettivi che orientano in tal senso il

BARTON M/W

Giacca da escursionismo leggermente imbottita che dona calore nelle giornate fre sche. Dettagli pratici come il cappuccio regolabile, due tasche frontali con zip e l’orlo regolabile la rendono un prodotto funzionale per le attività all’aria aperta. Le rifiniture idrorepellenti offrono pro tezione da potenziali acquazzoni: questa giacca con tecnologia A.W.S. Extreme soddisfa infatti i bisogni degli amanti dell’outdoor anche nelle condizioni più estreme. Infine, l’imbottitura riciclata Repreve fornisce le stesse qualità di gestione del calore della piuma.

TECNOLOGIA

lavoro e le scelte di tutti i giorni. Il design e lo sviluppo di ogni marchio Luhta e delle categorie di prodotto si basano dunque sulla progettazione e sulla produzione di articoli durevoli e di alta qualità, che tengono però sempre il cliente al centro.

BYHALIA M

Softshell ibrido da uomo per l’hiking, idrorepellente, caldo e che favorisce un’ottima libertà di movimento. È un capo comodo e funzionale per l’outdoor con dettagli pra tici come polsini regolabili, due tasche frontali con zip e orlo regolabile. Quando il meteo peggiora, il cappuccio fisso con apertura elasticizzata garantisce una protezione ottimale. Anche Byhalia presenta l’imbottitura riciclata Repreve.

info@luhta.it - luhta.com

DI ALTO LIVELLO

Climbing Technology presenta ABO, l’imbracatura ultraleggera e sostenibile progettata per il massimo comfort e performance, e MORFO SET UL PRO, il rinvio ergonomico e resistente

ABO

L’IMBRAGATURA ULTRA-LIGHT CHE RIDEFINISCE IL COMFORT

Imbragatura mono-fibbia pensata per l’arrampicata sportiva ad alto livello, le competizioni e l’alpinismo tecnico. Leggera (solo 135 g in taglia M/L), avvolgente e flessibile, è realizzata in tessuto anisotropo che garantisce sostegno senza l’uso di imbottiture. La forma ergonomica della cintura e dei cosciali – ispirata ai materiali utilizzati nelle regate veliche – assicura un comfort elevato unito a un impatto ambientale contenuto: il materiale (rPES) è riciclato post-consumo e 100% climate neutral, con un contenuto di riciclato che va dal 28 al 39%.

CARATTERISTICHE TECNICHE /

• Anello di assicurazione senza cuciture, compatto e maneggevole

• Punti di attacco rifrangenti, per sicurezza anche in condizioni di scarsa visibilità

• Cosciali fissi con elastici regolabili

• Cinque porta-materiali e due inserti per moschettoni porta-materiale

• Struttura pieghevole e flessibile, perfetta per essere riposta anche in una tasca

MORFO SET UL PRO

IL RINVIO PENSATO PER SUPERARE I PROPRI LIMITI

Per maggiori informazioni sul programma e gli obiettivi di sostenibilità

Progettato per offrire massima affidabilità e prestazioni elevate nell’arrampicata sportiva. Caratterizzato da moschettoni forgiati a caldo e fettuccia rastremata in UHMWPE (polietilene ad altissimo peso molecolare), è robusto, leggero e facile da maneggiare.

CARATTERISTICHE TECNICHE /

• Forma “snag-free” del becco per moschettonaggi fluidi

• Leva dritta ergonomica sul moschettone superiore

• Leva sagomata forgiata sul moschettone inferiore per un inserimento della corda ottimale

• Zone di contatto rinforzate per una maggiore durata

• Fettuccia variabile 25/16 mm, flessibile e poco ingombrante

• Fixbar sul moschettone superiore per evitare la rotazione

• Fixit su quello inferiore per proteggere la fettuccia e garantire stabilità

• Disponibile in tre lunghezze: 12 cm (107 g), 17 cm (109 g), 22 cm (113 g)

WEIGHTLESS WARMTH.

In montagna il calore ha un peso. Lo abbiamo ridotto al minimo.

Lumina è la gamma di piumini tecnici progettata per il massimo calore e il minimo ingombro. L’isolamento 1000 Fill Power, il più caldo e comprimibile, fornisce la massima combinazione possibile fra protezione termica e leggerezza. Il tessuto Pertex® Quantum Diamond Fuse abbina a un peso ridotto al minimo a una resistenza all’uso e durabilità nel tempo.

Un rapporto fra isolamento e leggerezza mai raggiunto prima: il calore che serve, senza un grammo di troppo.

Scopri Lumina su lasportiva.com

Punta Helbronner, Courmayeur, Italy Silvia Loreggian e Stefano Ragazzo Mountaineers and La Sportiva athletes

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.