settemiglia
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SPIRAGLI... Deli o e Cas go
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[...]Eppure all’inizio c’era una visione chiara, un alto ed urgente proposito nella mia anima.” Eccoci qua, ci ritroviamo di nuovo per rifle ere, leggere, sognare. Ci sono libri che terrorizzano un le ore solo a sen rne il tolo. Bene, oggi vi parlerò proprio di uno di ques romanzi, sperando di sfatare l’angoscioso mito che l’accompagna. Il protagonista di questo mese è un “innocente” libricino in tolato DeliƩo e casƟgo di Dostoevskij, autore russo del secondo ‘800 indiscu bilmente conosciuto per la sua terrificante fama di scri ore prolisso e noioso. Allora, giustamente, vi chiederete: “Ma perché mai dovremmo leggerlo? Non ci basta unicamente essere a conoscenza della sua esistenza?” La risposta potrebbe essere che è un classico ed in quanto tale va conosciuto. Ma, precisamente, cos’è un classico? Per rispondere a questa domanda parafraserò le parole di uno stravagante autore italiano: Italo Calvino. Per lui un classico è un’opera che ha ancora qualcosa da dire. Forse è proprio racchiuso qui il fascino di questo libro spaventoso, è un romanzo che, nonostante sia cristallizzato nel tempo, ha ancora un sapore vero e reale. “Com’è possibile? Di cosa parlerà mai per essere così attuale?”. Per chi sa guardare in profondità, l’unico argomento senza tempo è l’uomo. Ricco di sfacce ature e incongruenze, dall’animo pieno di fiordi, l’uomo rimane il mistero più intricato da risolvere e il nostro Fëdor (permetterete l’informalità) sa bene come sca-
“Sarei curioso di sapere che cosa gli uomini temono più di tutto” vare in profondità e riportare alla luce tesori nascos . Tornando al romanzo, potremmo inserirlo nella categoria dei gialli; apparentemente ha tu e le carte in regola: l’omicida e la vi ma, l’inves gatore ficcanaso e tu a una serie di personaggi strani che non hanno nulla da invidiare alle figurine create dalla Chris e. Eppure c’è qualcosa di diverso. Forse è perché già conosciamo chi sarà l’assassino (e stavolta non è il maggiordomo), lo vediamo all’azione, ne conosciamo i proge , e le mo vazioni, sen amo i ba accelera del suo cuore, ne proviamo l’angoscia o la soddisfazione? Non credo. Per conoscere men depravate ci sono ben altri romanzi che potrebbero sconvolgere di più. E allora? Dov’è la novità? L’innovazione è nel percorso, nella strada tortuosa di un ragazzo che “Voleva diventare un Napoleone e perciò ha ucciso”, nell’introspezione sua e del mondo che gli è vicino, tu si trovano risucchiadal vor ce della perdizione, si cade, ognuno nel suo sarcofago, verso la stessa direzione, una caduta dolorosa che lacera e dilania, una caduta senza fine perché l’abisso nel quale si precipita è “se stessi”, figure accartocciate, immortalate in questo girone dantesco che li vuole sofferen e impossibilita dal risca o, almeno fino a che non si abbandonano alla loro finitudine di uomini ed acce ano la sfida più grande che
Deli o e Cas go Di Fedor M. Dostoevskij Editore Einaudi Collana Tascabili classici Data uscita 19/09/2005 Pagine 655 “È il rendiconto psicologico di un deli o. Un giovane, che è stato espulso dall’Università e vive in condizioni di estrema indigenza, sugges onato, per leggerezza e instabilità di concezioni, da alcune strane idee non concrete che sono nell’aria, si è improvvisamente risolto a uscire dalla bru a situazione. Ha deciso di uccidere una vecchia che presta denaro a usura...”
è quella d’amare. Sembra di rivederci tu o il terrore e lo sconforto del Gesù dello Getsemani e, allo stesso tempo, la dolcezza infinita dell’abbandonarsi al meraviglioso a o d’amore che è il perdono di Dio. In questo romanzo, dunque, oltre all’apoteosi dell’uomo razionale che per esistere deve abbracciare la filosofia dell’annientamento, troviamo anche la dolcezza di un volto di donna, la comprensione di due occhi di padre, che sanno accogliere lo sgomento, ascoltare la superbia e con paziente maieu ca rar fuori le confessioni più dolorose ma paradossalmente più liberatorie. Per riuscire in questa missione d’ascolto, in questo lavorìo psicologico, ovviamente bisogna appartenere a quel mondo; ancora una volta troviamo il Dio che si è fa o uomo, che è disceso per comprendere, soffrire, arrabbiarsi, amare. Ancora una volta, dunque, Dostoevskij tesse una so le trama che ci riunisce al cielo. Tra la hybris (l’arroganza) dell’uomo e l’azzurro abbagliante c’è solo un passo da compiere, scendere giù in profondità, toccare l’umano troppo umano (per scomodare anche Nietzsche), per poi risalire a “riveder le stelle”. Elena Fiorenza
settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno
Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola Aut.ne Trib. di Napoli n. 3393 del 7/03/1985 Direttore Responsabile: MARCO IASEVOLI Coordinatore Redazione: DON GIUSEPPE DE LUCA Redazione: VINCENZO FIORENZA ENZO VITIELLO ALFONSO QUARTUCCI ELENA FIORENZA VINCENZO DONNARUMMA E-Mail ed Info: redazione@settemiglia.it Per leggere e scaricare le pubblicazioni precedenti: www.settemiglia.it
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Periodico Mensile Anno I - N°6 Aprile 2011 Mail ed Info: redazione@settemiglia.it www.settemiglia.it
Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa
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uesta raffigurazione del Risorto fa parte di un poli co dipinto da Isenheim di Grünewald (1475 – 1528), per un ospedale che accoglieva i mala di “fuoco di sant’Antonio” (Herpes Zoster), mala a che allora era ancora più devastante. In quell’ospedale, Grünewald, pensa di costruire una vera e propria “macchina sacra” a cui affida una straordinaria capacità di conforto: l’ammalato si immedesimava in Cristo in croce delle prime ante, piagato dalle sue stesse piaghe, in un secondo momento, quando le ante si aprivano, contemplava il dolce mistero del Natale e si faceva piccolo in braccio alla Madre della Luce che lo guidava a specchiarsi nel volto trasfigurato del Risorto, che abbagliandolo di luce, lo guariva dalla disperazione. Tanto è raccapricciante e umiliante l’uomo crocifisso, quanto sfolgorante ed esaltante l’uomo luminoso risorto. Questo è il Cristo che ci a ende il giorno di Pasqua, il Cristo che ci lascia vedere tu o: la luce del suo volto e le ferite che ancora sanguinano; la bellezza del suio corpo glorioso e la ferita inu le del costato, arrivata quando non c’era più sangue. Era già sparso tu o. Il Tempo di Pasqua - dopo quaranta giorni di preparazione, dopo le celebrazioni gravide di significato della se mana Santa - è anch’esso un periodo che ci perme e di accostarci ad un mistero grande e davvero difficile da comprendere: un mistero che sta nello spazio del paradosso tra il Crocifisso e il Risorto. E tu o questo ha una relazione molto dire a con noi tu , un effe o posi vo di salvezza sulla nostra vita concreta. Cosa ha compreso Grünewald quando ha rifle uto sulla morte e passione di Cristo? Cosa ha immaginato per giungere ad una immagine così radiosa della “luce dentro Gesù”? Gesù ha assunto le nostre tenebre, le ha caricate su di sé, nel suo corpo e nel suo spirito, ma misteriosamente e divinamente le ha trasformate in luce, annientandole nel suo amore così forte
per noi. Lo sfondo plumbeo e ossessivo della crocifissione si è trasformato in un infinito cielo stellato, rischiarato da un globo di luce sfolgorante che viene da Gesù stesso. Quando mai una luce così intensa si è sprigionata da una persona e non dal sole!? Quella stessa luce che vediamo è diventata per noi l’Eucaris a, il pane luminoso della vita che ci rende a nostra volta luminosi. E’ la stessa luce che ammiriamo no e e giorno ininterro amente nella cappella dell’Adorazione Perpetua; è la stessa luce che ci investe tu e le volte che ci riconciliamo con Dio. Gesù è la Luce - trasformato e riempito dalla luce, trasfigurato, nella visione straordinaria di Grünewald - ed è venuto, vissuto, morto e risorto per comunicarci che in lui anche noi possiamo
diventare luminosi figli di Dio. Gli eroi di questo mondo vengono illumina dai rifle ori esterni; ma in Cristo risorto ci è dato di essere illumina da dentro e trasforma dalla sua luce e grazia. Se quaranta sono sta i giorni di preparazione alla Pasqua, cinquanta ce ne sono offer per percepire, anche minimamente, la divinizzazione offertaci da Gesù Risorto. Essa è ben più di qualsiasi gloria terrena, perché non è cosa esterna a noi, fa a di beni e ogge , ma è una vera e propria, in ma e sostanziale trasformazione interna a noi, del nostro io più profondo, nella redenzione per tu quelli che credono in lui, e nella san tà per chi lo segue. La sua Pasqua sia la nostra Pasqua, la sua luce il riflesso con nuo sui nostri vol ! don Peppino, parroco