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dalle visioni pop à la X-Files avvolto dall’angoscia pre-nuovo millennio. In termini più strettamente musicali i nuovi sguardi da ricordare sono quello art-rock industrial dei Nine Inch Nails e quello trip-hop e techno di Chemical Brothers, Tricky e Goldie. E’ in questo spazio ampio, vario e soggetto a scosse ancora tutte da esplorare, che Bowie colloca le sue nuove mosse, tanto ardite, high profile, quanto geniali. In questo panorama si vanno configurando tre macroelementi essenziali alla lavorazione e alla riuscita finale dell’album: il ritorno, già preannunciato nemmeno troppo velatamente in The Buddha of Suburbia, di Brian Eno, una formazione composta da musicisti con già più o meno consolidate esperienze con il Nostro e un permeante enorme numero di riferimenti all’arte contemporanea e alle sue derive più estreme. A quindici anni di distanza dalle sessions di Lodger, Eno e Bowie si danno un nuovo appuntamento ai Mountain Studios pronti a mettere insieme quelli che Bowie definì negli anni come due afflati distanti ma facilmente combinabili: quello romantico e “ottocentesco”, il suo, e quello del suo compagno, più strettamente inserito nelle visioni del XX secolo. Con Brian Eno ritornano le Strategie Oblique, questa volta declinate - come lo stesso musicista racconta nel suo diario “1995, A year with swollen appendices” - in una serie di giochi di ruolo che coinvolge ogni membro della band. L’idea del gioco di ruolo è fondamentale per comprendere l’ideologia e la messa a punto concettuale di 1.Outside: ogni giocatore/musicista si libera di sé stesso seguendo i dettagli di un personaggio che gli viene assegnato, ne legge i tratti e può permettersi, stando chiuso in una stanza con il proprio nome anagrammato e una nuova personalità, di provare ad aggirare i limiti del sé e spingersi in territori, anche e soprattutto creativi, completamente nuovi. Al fianco di Bowie e Eno si configura una band che è sintesi di vari stadi della carriera del Nostro: ancora Mike Gar-

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son al piano, Reeves Gabrels alla chitarra solista (da ora in poi membro permanente della band), Erdal Kizilcay - già ospite negli ultimi due lavori - al basso e f “il creativo” alla batteria. Tutti ricordano quel periodo in studio come uno dei più creativi mai vissuti: all’inizio, per alcuni giorni, Bowie non toccò musica, limitandosi a dipingere sulla tela mentre gli altri suonavano, tutti alla ricerca di snodi interessanti da cui partire o da utilizzare. Le radici di questa nuova factory trovano terreno in quella che per Bowie è l’ultima grande passione/ ossessione: l’arte contemporanea, specie nelle sue derive più macabre e violente, quelle della della body art, in particolare portate avanti dai Castrazionisti viennesi di Rudolf Schwarzkogler e dalle performance del sieropositivo newyorkese Ron Athey, con un’attenzione particolare anche al neo brutalismo britannico di artisti come Damien Hirst (che utilizzerà poi l’album come colonna sonora alle sue “mucche sezionate”). A tutto ciò va aggiunto un generale interesse anche per le derive pop della body art, che in quegli anni si diffondono sempre di più: scarnificazioni, piercing e, naturalmente, tatuaggi. Di tutte le influenze che abbiamo citato, da 1.Outside, Bowie non lascia fuori nulla, trasformando così la propria figura nell’eteronimo di ruolo, detective Nathan Adler, protagonista di un mondo lynchano vicinissimo a quello descritto in Twin Peaks, in cui una novella Laura Palmer, la quattordicenne Baby Grace, viene uccisa misteriosamente durante un rituale artistico. L’indagine di Adler diventa dunque l’espediente narrativo attraverso il quale Bowie dipinge una gran quantità di personaggi bizzarri, osceni, malati psichici, sospettati dell’assassinio della ragazza. Oxford Town, città del New Jersey in cui il Nostro ambienta questo concept, si configura come un’oscura Spoon River cibernetica, popolata da esseri umani misteriosi, che Bowie/ Nathan Adler svela uno a uno nelle pagine del suo diario, canzone dopo canzone. Il disco vede la luce nel settembre del 1995 con


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