Giorgio Distefano - senza geografie

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Giorgio Distefano

senza geografie micro monografia


©”Giorgio Distefano” micro monografia di Sebastiano A. Patanè-Ferro Catania 2015 ©”Giorgio Distefano” by Ilaria Giacobbi Roma 2016 ©opere di Giorgio Distefano Firenze 2013/15 copertina Giorgio Distefano

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Giorgio Distefano di Ilaria Giacobbi

Il diffuso sentimento di “religiosità” della natura si precisa nei dipinti di Giorgio Distefano in alcuni dettagli simbolici che potrebbero infatti accennare all’immortalità dell’anima, all’ infinitamente piccolo dinnanzi all’ infinitamente grande. Una pittura di paesaggio meditata e carica di significati paradigmatici si riflette sul senso della natura ma anche del viaggio: che sia una barca dimenticata sulla spiaggia, un faro e una luna, o una bandiera strappata dal vento si tratta di una disposizione mistica. 3


Giorgio Distefano sembra lavorare sul motivo, sul soggetto naturale, svolgendo un’importante funzione di transizione dalla sensibilità romantica all’impressionismo, collocandolo in una dimensione metafisica. Da notare un’immediatezza e un equilibrio sottile tra la struttura materiale degli oggetti e il cambiamento continuo della luce, le pennellate dense e veloci, in alcuni punti, conferiscono alle opere quell’aspetto di improvvisazione esecutiva. Il soggetto diventa pretesto di una composizione pittorica giocata su puri rapporti di colori, di materia cromatica. Queste opere sono caratterizzate dai colori freddi ma permeati da una luce scintillante, il mare si fonde nel cielo con cromie che vanno sempre più scurendosi, il paesaggio è osservato con intensità e innocenza. Il tono dei dipinti è silenzioso e malinconico, quasi onirico. Una visione mistica e simbolica della natura, che oscilla tra la manifestazione del divino e l’alienazione dell’uomo. Lo spazio in cui opera l’artista contribuisce a questa trasformazione-fusione confrontandosi prima con la distesa di un mare visivamente sottile ma 4


incommensurabile che, sull’orizzonte basso e continuo, diventa poi cielo e nuvole che si estendono verso quell’ infinito accessibile solamente alle sensazioni interiori. È palese il contrasto acuto tra il vicino e il lontano, il terreno e l’immateriale, passa attraverso questa anti convenzionale spazialità spirituale che si palesa all’osservatore rimarcata dalle linee della carta da modello utilizzata come tela. L’effetto di spiazzamento nello spettatore è funzionale alla percezione di una dimensione trascendente rispetto alla realtà quotidiana. Con Giorgio di Stefano si delineano progressivamente le sue idee di una pittura nuova, che sembra essere svincolata dalle norme accademiche e basata sulla libertà dell’artista di ricorrere sia a modelli alti (molte le citazioni di grandi artisti del passato), sia a modelli bassi l’uso della carta modello Burda). L’artista incide sul mondo reale contribuendo al suo cambiamento, eleva il paesaggio a un livello di assoluta potenza emozionale e simbolica utilizzando il linguaggio laico. Il carattere malinconico e cerebrale della scena è acuito, oltre che dalla luce, dai colori e dalle lunghe ombre, dall’assenza di figure umane e da una precisione 5


degli scorci prospettici “fatti su misura” che donano allo spazio una qualità ma allo stesso tempo una immaterialità che ci trasporta in un mondo onirico. I dipinti sono una sorta di speculazione sulla “nullità dell’essere” paragonata all’infinito del mare e del cielo, un infinito che può essere disegnato e poi cucito senza imperfezioni nella nostra mente.

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Senza geografie di S. A. Patanè-Ferro

Quando osservo un’opera, normalmente scruto i particolari per definirne l’imponenza, perché credo che è lì, nei dettagli che l’opera assume la forza di penetrare il pensiero e stabilirsi come soggetto e non più come oggetto. Nei lavori di Giorgio Distefano, questa mia teoria perde significato (non sono un critico d’arte, non ne ho i titoli, mi baso sulle impressioni) in quanto l’opera di Giorgio è tutta un dettaglio. Non trovo un punto che non sia oggetto di studio, per la cura, per il dinami7


smo, la morbidezza e per quello che riesce a smuovere, e non solo al poeta, ma anche al distratto fruitore dell’arte. Quello che trovo in questi lavori, non è solo un’immagine “rubata” alla natura o un’espressione astratta dell’anima, ma ambedue le cose in un insieme che diventa reale. La nave fantasma che riesco a vedere al posto delle antiche lenzuola sgualcite e torturate dal vento, impigliate all’albero di “Levante 1”, con una bandiera che non è pirata ma me ne ricorda vagamente il senso, in un luogo senza “thopos” e senza coordinate cioè in un non luogo, mi risucchiano dentro quel cielo che non è più un cielo ma uno “studio” in cartamodello pieno di quelle geometrie e quelle matematiche che mi affascinano tanto e dal quale si dipartono le visioni che in me diventano soggetto quasi sonoro, dove si può sostare e perdersi nella poesia emanata. La delicata esposizione, la distribuzione della massa cromatica, la luce potente di un sole assente, ma che si mostra in tutta la sua gamma luminosa, fanno di quest’opera un capolavoro pieno di essenziale e nessun vuoto.

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“Levante 1” tecnica mista su carta

Non è difficile perdersi tra le linee di quel cielo o i chiaroscuri del paesaggio che ritrovo, proprio come se avessi girato lo sguardo un po’ più in là, in “Levante 2” che, oltre alla perfetta continuità nella rarefazione e 9


nella consistenza insieme, mi mostra l’ampiezza di un pensiero che va molto oltre la cortina del reale pur rimanendo entro quella sfera: quel paesaggio esiste e non solo nella mente di Giorgio Distefano, esiste in quanto capace di perforare ogni resistenza anartistica e si lascia osservare e vivere. L’adagiare il pensiero su piani orizzontali, allenta ogni tensione e lascia che la poesia si svolga in ogni direzione, senza contrasto, libera di spostarsi da un oggetto all’altro senza, per questo, disperdersi in queste geo-grafie avvolte da un cielo che è una combinazione di “forme” indefinibili ma chiare. Personalmente ci trovo il soggetto per un tema poetico alchemico che, tuttavia, non riesco a decodificare, ma del quale ne percepisco il suono, ancestrale come il rumore di fondo cosmico o del crepitio di stelle che si espandono. Suoni violenti ma, nello stesso tempo, talmente distanti da arrivare con aperta delicatezza: un silenzio appena accennato, all’interno di un pensiero immobile nella gola di un sogno.

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“Levante 2” tecnica mista su carta

Ed è un sogno destinato a innalzarsi verso una realtà sorprendente che si verticalizza, ma rimane sullo sfondo senza disturbare minimamente il paesaggio selvatico in primo piano.

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In questo “Chiarodiluna di Montalbano” le linee delle strutture umane, non confondono la tessitura geometrica antistante che, per me, rimane il tracciato

“Montalbano's moonlight” tecnica mista su carta

astrale di un’idea che genera spazio pittorico e si pone, a impulso, su diversi piani dimensionali. Sembrerebbe la “vista” dal monitor di un’astronave aliena. La luna, poi, una sorta di calendario, posta al di sopra di un rientro alla natura che si perde verso l’orizzonte, che viene ripreso in “Paper viewabusiveness”, dove vedo ritornare i fantasmi di forme

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che si spostano verso l’inquietante, questa volta un residuo di “umanità”, qualcosa che, forse, tra qualche tempo, capiremo che è servito a ben poco.

“Paper view-abusiveness” tecnica mista su carta

Io credo che quell’altrove, le geometrie, i geo-logismi dipinti dal Distefano, non siano molto distanti e nemmeno periferici, credo che maturino e crescano tra le sfaccettature degli occhi che non nascondono un’anima ultrasensibile, e che proprio lì trovano l’equilibrio per la giusta serenità

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Giorgio Distefano nasce a Ragusa nel 1972. Frequenta e consegue il diploma con il massimo dei voti all’Accademia di Belle Arti di Firenze, città dove tuttora vive e lavora. Dal 1995, intraprende lo studio delle tecniche pittoriche presso note botteghe fiorentine, acquisendo una solida base tecnica e un’ampia conoscenza degli stili pittorici e dei materiali. L’interesse costante per le arti visive e lo stimolo della coerenza formale tra aspetti progettuali e realizzativi gli permettono di approfondire anche il suo rapporto con la scultura e la fotografia, in un percorso di ricerca stilistica personale. Dal 1998 si avvicina all’attività di costumista teatrale e allo studio del costume-oggetto e della maschera, nel momento in cui questi diventano estensione del corpo dell’attore e generatori della dinamica nello spazio scenico, elaborando percorsi progettuali che vanno dalla tradizione della Commedia dell’Arte italiana alla sperimentazione performativa. Dal 2003, focalizza la sua attenzione intorno al concetto di artista-performer, autore e tramite diretto, nel-

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lo spazio dell’azione o di allestimento, delle sue stesse creazioni. La sua pittura indaga la rappresentazione degli Stati di luce, dalla dimensione linguistica propria del mondo della fisica alla dimensione visiva. In questa direzione di ricerca la quantità di luce presente al crepuscolo, all’alba, nel controluce o alla luce solare piena, e la qualità dello spettro luminoso, si associano a stati emotivi-emozionali che si nutrono di tali condizioni. L’emozione della visione, nella fusione tra paesaggio e geometria dei luoghi urbani, si trasforma in atmosfera di luce e profondità e le superfici scabrose e i rilievi evocano il ricordo della materia luminosa delle cose e l’assenza nostalgica dell’umanità.

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Senza geografie Catania 2015

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