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La Camera dei Deputati ceca ha approvato un’ampia riforma del codice penale del Paese, spianando la strada a leggi sulla cannabis più permissive e al passaggio a condanne alternative. La proposta di legge, approvata da 142 dei 159 parlamentari presenti, segna uno degli aggiornamenti più significativi del diritto penale ceco da decenni a questa parte, con l’obiettivo di ridurre la popolazione carceraria e di promuovere la riabilitazione rispetto alla detenzione. La riforma, che richiede ancora l’approvazione del Senato, entrerà in vigore a partire da gennaio 2026.
Uno degli aspetti chiave della riforma è l’alleggerimento delle restrizioni sul possesso e sulla coltivazione di cannabis. Secondo le regole proposte, si potranno coltivare fino a tre piante di cannabis per uso personale e possedere fino a 100 grammi di cannabis essiccata a casa o 25 grammi in pubblico.
La detenzione al di là di questi limiti sarebbe comunque penalizzata, la coltivazione di quattro o cinque piante verrebbe classificata reato minore, e quantità maggiori trattate come reato penale. Anche il possesso di oltre 200 grammi di cannabis essiccata in casa sarebbe considerato reato.
Il nuovo quadro, introdotto dalla deputata Zdenka Němečková Crkvenjaš, rappresenta un compromesso, dopo che sono state respinte le proposte più ambiziose del Partito Pirata di creare un mercato regolamentato della cannabis.
Fra le modifiche figurano anche la creazione di una sezione dedicata ai reati legati alla cannabis nel codice penale, con pene calibrate per riflettere il minor rischio sociale della cannabis rispetto ad altre droghe.
Il Ministro della Giustizia Pavel Blažek, che si è dimesso dall’incarico sulla scia di uno scandalo Bitcoin, ha dichiarato che la riforma più ampia è volta a differenziare una condotta estremamente dannosa da infrazioni di entità minore che non devono gravare sul sistema giudiziario penale.
L’emendamento sulla cannabis ha attirato l’attenzione sia dei fautori della liberalizzazione della politica sulle droghe, sia di coloro che mettono in guardia dalla normalizzazione del consumo di droghe.
Per ricapitolare, ecco cosa è stato approvato:
• Gli over 21 potranno coltivare fino a 3 piante di cannabis per famiglia.
• Sarà legale detenere un massimo di 100 grammi di fiori secchi a casa e 25 grammi in pubblico.
Il possesso di un massimo di 200 grammi di cannabis sarà trattato come reato minore, mentre il possesso di oltre 200 grammi sarà considerato reato penale. Le sanzioni dipenderanno dalla quantità di cannabis detenuta, a partire da una sospensione della pena.
Sebbene gli attivisti cechi della cannabis sperassero in un minimo di 300 grammi per il possesso personale, si tratta comunque di un enorme passo in avanti per la community della cannabis nella Repubblica Ceca e in tutta Europa.
Il modello di legalizzazione approvato in Repubblica Ceca prevede un limite di possesso notevolmente maggiore rispetto ad altri Paesi europei dove è stata legalizzata la cannabis. Malta è diventato il primo Paese a legalizzare la cannabis per uso adulto nel 2021. A Malta gli adulti possono coltivare fino a 4 piante per uso privato e possono detenere fino a 50 grammi di cannabis.
In Lussemburgo, dove i legislatori hanno adottato un provvedimento nazionale di riforma della cannabis nel 2023, gli adulti possono coltivare fino a 4 piante per uso privato, ma possono detenere solo tre grammi di cannabis. La Germania, che ha legalizzato la cannabis per uso adulto nel 2024, consente agli adulti di coltivare fino a 3 piante in residenze private e di detenere fino a 50 grammi di cannabis.
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Biscotti
Tutte le cose belle vengono a tre a tre
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La vostra pianta madre e i vostri cloni
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European Hash Culture
Il mercato dell'hashish più grande del mondo
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Cannabis leggera, assoluzione pesante
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Intervista Steve DeAngelo
“Non volevo vivere da criminale tutta la vita”
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Foto: Derrick Bergmann / Gonzo Media
PREDOMINANZA INDICA
1 Zowanami | Dizzy Duck, L'Aia | 330,1
2 Red Red Wine | Club Animo, Gouda | 325,9
3 Dreams Gold | Relax Zuid, Amsterdam | 324,8
PREDOMINANZA SATIVA
1 Zprite | Meetpoint, Den Bosch | 313,3
2 Doctor Haze | Coffeeshop Fly, L'Aia | 309,7
3 Tropicana Cherry | De Ambassade, Zwijndrecht | 309,4
OLDSKOOL
1 Super Silver Haze | Hunter's Coffeeshop, Amsterdam | 321,3
2 Chemdawg x Tangie | Dizzy Duck Downtown, L'Aia | 311,5
3 Dreamsgold | Empire, Haarlem | 311,1
IMPORTATE DAGLI USA
1 Gelonade | Coffeeshop Solo, Amsterdam | 312,3
2 Zowahh | Dizzy Duck Downtown, L'Aia | 311,7
3 Super Buff Cherry | Genesis, Geleen | 307,4
VARIETÀ AMERICANE COLTIVATE IN UE
1 Apple Banana Ice | Coffeeshop Marbella, L'Aia | 331
2 Subzero | Genesis, Geleen | 324,6
3 Bio Pinata | Dizzy Duck, L'Aia | 320 OUTDOOR
1 Sour Dreams | Empire, Haarlem | 286,5
2 Skunk XL | Genesis, Geleen | 261,5
3 Passion #1 | Dutch Passion | 259,5
SPECIALITÀ DELLA CASA
1 Tropicana Cherry | Coffeeshop Marbella, L'Aia | 329,9
2 Sunsetz | Dizzy Duck Downtown, L'Aia | 318,2
3 Cherry Grapefruit | Club Animo, Gouda | 311,6
BANCHE DEI SEMI – PREDOMINANZA INDICA
1 Slush Mint Cake | Dutch Passion | 302,5
2 Pink Glitter Bomb | Growers Choice | 286,7
3 Granny's Home | Seed Stockers | 282
BANCHE DEI SEMI – PREDOMINANZA SATIVA
1 Mimosa | Royal Queen Seeds | 299,4
2 Girl Scout Cookies | Dutch Seed Farmers | 294
3 White Haze | Sensi Seeds | 293,6
BANCHE DEI SEMI – OUTDOOR
1 Rucu Cucu | Seedstockers | 312,7
2 Tangie | Royal Queen Seeds | 309,8
3 Auto Cinderella Yack | Dutch Passion | 282,8
BANCHE DEI SEMI– AUTOFIORENTI
1 NYC Diesel Auto | Royal Queen Seeds | 284,2
2 Auto Frozen Biscotti | Dutch Passion | 278,7
3 Tropical Zmoothie Auto | Seedstockers | 269,4
RUCU CUCU | SEEDSTOCKERS (CONTENUTO DI THC PIÙ ELEVATO)
La famosa HighLife Cup nei Paesi Bassi ha celebrato la sua 31a edizione lo scorso giugno. Organizzata da Soft Secrets, la HighLife Cup è una delle più antiche competizioni di cannabis al mondo e una delle più prestigiose in Europa. Scopri i vincitori qui!
HASHISH OLDSKOOL
1 Shaher Beldia | Coffeeshop Magic, L'Aia | 279,6
2 Banana OG | Barney's Coffeeshop, Amsterdam | 275,8
3 King Hassan Primero | Cremers, L'Aia | 266,8
HASHISH MODERNO
1 Mela Verde | Club Media, Amsterdam | 293,5
2 Pistacho | Coffeeshop Solo, Amsterdam | 289,5
3 Melonatta x Gelato 41 | Coffeeshop Fly, L'Aia | 285,4
HASHISH SPECIALITÀ DELLA CASA
1 Forbidden Fruit Calippo | Dizzy Duck, L'Aia | 296,7
2 Mandarim Jam | Club Media, Amsterdam | 273,7
3 Dosidos | Coffeeshop Solo | Amsterdam 273,5
HASHISH SPECIAL
1 Fruit Joy | Dizzy Duck, L'Aia | 320,5
2 Nam Wah | Coffeeshop Solo, Amsterdam | 309,2
3 Lemon Cherry Gelato | Coffeeshop Fly, L'Aia | 284,8
LEMON CHERRY GELATO | COFFEESHOP FLY (CONTENUTO DI THC PIÙ ELEVATO)
HIGHLIFE CUP 2025 MARIJUANA: Apple Banana Ice | Coffeeshop Marbella L'Aia
HIGHLIFE CUP 2025 HASHISH: Fruit Joy | Dizzy Duck L'Aia
Di Fabrizio Dentini
Armi del diritto alla mano l'avvocato Lorenzo Simonetti è riuscito a porre un freno all'aleatorietà del nuovo Codice stradale e a far annullare il ritiro della patente ad un proprio cliente.
Una sanzione che può cambiare drasticamente la vita di un lavoratore. Una sanzione draconiana e dal profilo incostituzionale voluta da un politico che probabilmente non ha mai lavorato un'ora della propria vita. Ne parliamo oggi con l'avvocato romano di Tutela Stupefacenti.
Ci racconta il contesto in cui il vostro assistito è stato fermato?
Il nostro assistito è un ristoratore che lavora in montagna. Il giorno del fermo stava accompagnando a casa un collega. Entrambi rientravano da una festa ed il nostro assistito, sapendo di dover guidare, non aveva toccato alcol. Al momento del fermo infatti è risultato negativo all'etilometro. Quando la polizia ha chiesto se avesse fatto uso di altre sostanze, ha risposto con sincerità d'aver consumato uno spinello qualche giorno prima. Viene eseguito immediatamente il test salivare che da positivo.
Dunque viene accompagnato in ospedale?
All'arrivo in ospedale il medico viene istruito dalle forze dell'ordine che spiegano, come da nuova prassi, che siccome con il nuovo Codice stradale viene soppresso lo stato di alterazione, non c'è più bisogno di visitare il paziente per verificare lo stato sintomatologico.
Quindi che succede?
Il medico dice al nostro assistito di vederlo in perfetta forma ed esegue gli esami dell'urina
(non quelli del sangue) ed il riscontro è nuovamente positivo. La patente è quindi confiscata. Dopo circa dieci giorni ci viene a trovare e lo mando immediatamente a prendere copia del verbale del Pronto Soccorso.
Concretamente quindi come vi siete attivati?
Nonostante la modifica normativa, l'attacco difensivo resta quello di verificare, tramite documentazione, che non sussista lo stato di alterazione. Dopo due giorni ricevo il verbale che non menzionava nulla rispetto allo stato di alterazione. A quel punto per dieci giorni, tutte le sere alle ore 22.00, mi sono attaccato al telefono col Pronto Soccorso cercando
di parlare con il medico che l'aveva accolto. Riesco quindi a farmi rilasciare una dichiarazione, ex post, come forma d'investigazione difensiva, nella quale il medico dichiara che il cliente, al momento dell'ingresso in ospedale era vigile, eupnoico e orientato nello spazio.
E con questa dichiarazione in mano?
Ho giocato questa carta nel ricorso al Giudice di Pace civile e nel frattempo era uscita la circolare del Ministero dell'Interno a correggere il tiro della modifica normativa. Quindi, sfruttando la circolare, ho chiesto alla Prefettura un annullamento della decisione in autotutela [Ndr. strumento per il quale un Ente può ricredersi della decisione pregressa]. La Prefettura che aveva sospeso la patente di guida ne ha annullato la sospensione. Ciò detto sono anche riuscito a convincere la Prefettura a restituire la patente, ma lo scacco matto, ed è il primo caso in Italia dopo la riforma, è che il nostro assistito non debba andare a fare le visite in Commissione medica locale.
Il nuovo Codice stradale non punisce lo stato d'alterazione, ma la semplice presenza dei metaboliti del THC.
Alla luce di questa dirimente differenza che tipo di ragionamento ha condotto la Prefettura che ha restituito il titolo di guida?
Mentre siamo in attesa dell'udienza presso il Giudice di Pace, alla luce della circolare abbiamo impulsato l'ente che ha sospeso, la Prefettura, in autotutela, ad annullare la sospensione.
Ovviamente in Prefettura abbiamo avuto la meglio anche perché stimolati dall'interpretazione a nostro favore della circolare, la quale in diversi punti rimarca che lo stato di alterazione debba essere comunque valutato.
La circolare del Ministero dell'Interno e della Salute del 11 aprile scorso introduce il concetto di metaboliti attivi nel campione sanguigno. Cosa significa?
La circolare para il tiro della modifica e mette nero su bianco tutta una serie di linee guida e pratiche operative per farsi che venga assicurata l'accuratezza dei risultati dell'indagine tossicologica.
I metaboliti attivi riguardano l'aspetto chimico-tossicologico e significa fondamentalmente che possono sospendere la patente a fronte di un esame positivo di urina e sangue.
In quale maniera questo passaggio ha permesso di bypassare la trafila alla Commissione Medica?
Siamo riusciti ad accoppiare una serie di argomenti, tra i quali, quello dirimente, è stata la dichiarazione del medico del Pronto Soccorso che stabiliva che la persona non fosse alterata.
Questo, unito al buonsenso ed alla ragionevolezza della Prefettura, ed al fatto che in Pronto Soccorso non avessero eseguito nemmeno un esame del sangue, ha fatto optare per l'annullamento della sospensione.
Quindi l'esame del sangue è fondamentale per decidere se sospendere la patente?
L'esame delle urine non serve a rimarcare lo stato attuale di presunta alterazione come può fare l'esame del sangue e questo deve essere eseguito con un doppio check.
Adesso qual'è il vostro prossimo obbiettivo?
Ottenere l'archiviazione in Procura.
Si tratta di una pianta piuttosto piccola, anche se estremamente ramificata e con una spaziatura internodale breve, grazie alla tendenza indica (circa il 70%). Ha una struttura molto resistente, che offre fiori di alta qualità con un ottimo profilo terpenico ed estremamente compatti, oltre a un gran numero di tricomi per centimetro quadrato. Sotto le sue sfumature dolci e cremose, che ricordano la vaniglia, con tocchi agrumati e tropicali, troviamo un elevato contenuto di THC, che arriva al 28%, e livelli medi di CBD, che si traducono in un effetto cerebrale e fisico molto intenso e duraturo. Questa varietà è pronta per il raccolto tra i 67 e i 70 giorni se coltivata indoor e a metà settembre se coltivata outdoor. Lo sballo offerto da questa varietà è molto intenso grazie alla tendenza Indica, presente in rapporto 70/30, che produce un effetto cerebrale molto intenso e rapido.
GERMINAZIONE
A prima vista i semi di Zerealz Milk sono molto omogenei, il che rende questa varietà una buona candidata per la coltivazione SOG, grazie all’uniformità di crescita prevista. Come di consueto, la germinazione è avvenuta in una capsula di Petri. A 24 ore di distanza dalla germinazione, sono stati aperti i tegumenti dei tre semi che ci sono stati inviati. Dopo 72 ore di vita vegetale, le piante hanno manifestato una marcata vitalità, facendosi strada nel substrato, questa volta una miscela di composti organici a base di guano, epsomite, fosforite, bokashi e cenere, mescolati con un po’ di substrato organico per promuovere una buona crescita e la consistenza desiderata per le nostre piante di cannabis.
CRESCITA
Abbiamo iniziato ad alimentare con uno stimolatore organico per le radici disciolto in acqua, somministrando circa 250 ml di liquido per vaso da 7 litri. Dopo la prima settimana di vita, i cotiledoni erano lunghi circa 4 centimetri e avevano un paio di foglie che facevano pressione attraverso il substrato, come di consueto, il che dimostrava la salute del materiale genetico. La settimana successiva abbiamo sostituito la soluzione di radicazione con acqua e fertilizzante organico (1 ml di fertilizzante per 2 litri d’acqua), creando una soluzione facilmente assimilabile con tutti i nutrienti, gli acidi e gli enzimi di cui la pianta aveva bisogno per crescere bene, dato che il sistema radicale si stava ancora sviluppando.
Infine, una volta che le radici si sono fatte più colonizzate, abbiamo incrementato il dosaggio a 350 ml di soluzione per pianta e avvicinato l’impianto a LED a circa 50 centimetri per stimolare la Zerealk Milk e garantire una crescita ininterrotta. Restavano ora solo le ultime settimane di crescita, il che significava che il passo seguente sarebbe stato cambiare il fotoperiodo da 18 a 12 ore di luce costante.
FIORITURA
Nelle settimane di vita successive, alle piante è stato applicato un fotoperiodo di 12 ore e la dis-
tanza dei LED è stata regolata, il che ha dato il via ai primi segni di prefioritura, come la comparsa dei primi chiari segnali della fase di prefioritura della pianta, seguiti dalla massiccia proliferazione di pistilli, che rivelavano alcune sfumature terpeniche che questa pianta di cannabis ci avrebbe offerto in futuro. Un altro aspetto importante da evidenziare, nonostante si tratti della fase iniziale di maturazione, è la quantità di tricomi prodotti, fini, estremamente chiari e dall’aspetto appiccicoso.
Anche i parametri di coltivazione si sono evoluti con la pianta, il dosaggio di fosforo e potassio è stato infatti incrementato per promuovere una fioritura ottimale e aumentare la massa delle cime. Questo aumento rappresenta il 10% del dosaggio iniziale, poiché i fiori iniziavano a mostrare segni estremamente fini di carenza di alcuni elementi. I fiori di questa varietà si stavano gradualmente facendo molto più duri, nonostante non fossero estremamente grandi.
Nelle ultime due settimane, abbiamo eseguito un flushing intensivo delle radici, poiché questo processo è fondamentale per eliminare i sali in eccesso o gli accumuli di fertilizzante e altri composti che possono creare depositi nel substrato. Si tratta di un metodo estremamente utile per la pianta. In questa fase finale, i pistilli hanno iniziato
a ossidarsi e hanno assunto una tonalità ocra. Le sfumature erano completamente cambiate, con forti note lattiche e di bacche ora percepibili. Infine, dobbiamo menzionare la durezza dei fiori: nonostante le dimensioni medie, sono molto duri e lucidi, con pochissimi angoli e fessure.
RACCOLTA
Come previsto, questa varietà ha soddisfatto le nostre aspettative, garantendo una fioritura completa in circa 63 giorni, producendo fiori densi, appiccicosi e pieni di tricomi, pronti per essere raccolti. Questa varietà ha fiori molto densi e pieni di tricomi, con note di frutta fresca. La raccolta è stata facile grazie alla compattezza delle piante e dei loro fiori, che hanno prodotto una media di circa 30 grammi per pianta, una volta essiccati. Durante la prima fase dell’essiccazione, abbiamo utilizzato una rete di plastica per posizionare i fiori in verticale.
Dopo due settimane appesi alla rete, abbiamo notato un lieve scolorimento e una riduzione delle dimensioni dovuti all’evaporazione dell’acqua.
Infine, una volta che i fiori hanno raggiunto il loro punto di essiccazione ottimale, li abbiamo riposti in vasi a chiusura ermetica, in modo da fissare le sfumature dei fiori e sviluppare tutte le loro proprietà organolettiche. In essi abbiamo potuto apprezzare sfumature di frutti di bosco, un forte odore lattico e una piccola acidità di fondo.
pprovato dall’Unione di Controllo per l’agricoltura biologica
Nutrienti direttamente disponibili per la pianta
Ricco di micronutrienti
Facilmente degradabile in natura
Sostiene l’economia circolare
VGN CalMag NON contiene AZOTO
Testo e immagini: Green Born Identity - G.B.I.
Se la Gelato, la Girl Scout Cookies e la OG Kush si uniscono in un incontro genetico al vertice e si fondono diventando una nuova varietà, il risultato dovrà essere semplicemente spettacolare, poiché ognuna delle tre varietà è una classe a sé, estremamente ambita dai coltivatori e dai consumatori di tutto il mondo ormai da anni. In qualità di rinomati esperti di genetica di alto livello della West Coast, i selezionatori di Barney’s Farm hanno creato una mega pianta partendo da queste tre varietà d’eccellenza, una loro versione del famoso concetto di varietà ‘Biscotti’. La versione BF della Biscotti - il cui rapporto indica/sativa è 80:20 - vanta diverse caratteristiche straordinarie: per cominciare, un favoloso aroma sfaccettato che, a detta di Barney’s Farm, si manifesta all’olfatto sotto forma di ‘sinfonia di aromi naturali’ - una miscela di note dolci, terrose e limonose, che danno vita a una fragranza e a un gusto da pasticceria. Anche per quanto concerne la psicoattività, la Biscotti ha molto da offrire: il suo elevato contenuto di THC, pari al 25-27%, regala una forte esperienza di sballo di lunga durata, caratterizzata da una calma pacifica e da un profondo rilassamento, ma al contempo provoca un’ondata di euforia. Dopo una fase di fioritura di 65-70 giorni, i coltivatori vengono abbondantemente ricompensanti da cime che, da essiccate, possono raggiungere i 650 grammi per mq. Le piante di Biscotti raggiungono un’altezza media indoor di 90-110 cm. Anche all’aperto la varietà non è da meno, con una produttività estremamente elevata in condizioni
ottimali: da piante che crescono raggiungendo soli 1,5-2 metri, i coltivatori riescono a raccogliere fino a 1,5 chilogrammi per pianta! In condizioni di luce naturale, la Biscotti matura nella seconda-terza settimana di ottobre.
Crescita rapida e rigogliosa dopo una germinazione immacolata
Ancora una volta è stato niente popò di meno che la leggenda vivente dei coltivatori The Doc a decidere di esaminare la qualità della versione Barney’s Farm della Biscotti. Dopo una germinazione di tre giorni da manuale (a cui The Doc è abituato con le varietà BF), le due piantine sono partite per la loro avventura di coltivazione. Hanno avuto uno sviluppo vigoroso, producendo un’abbondante ramificazione laterale forte che ha dato alle piante una struttura cespugliosa ed estremamente compatta. Quando The Doc le ha messe in fioritura, tre settimane dopo la germinazione, le due piante avevano un’altezza di 28 e 31 cm.
Le voluminose cime grondanti resina sembrano pan di zucchero
The Doc è rimasto molto colpito dalle foglie d’ombra delle piante, grandi come piatti da portata, ma una volta iniziata la fioritura, la maggior parte delle stesse ha dovuto essere eliminata, in quanto queste oscuravano completamente i rami laterali e avrebbero ostacolato la formazione dei fiori. A
quattro settimane di distanza dalla fioritura, ha riferito: “Queste due piante manifestano un’esplosione di vigore! Anche se si sono allungate in modo energico durante le prime quattro settimane di fioritura, sono ancora piuttosto compatte, con la loro impalcatura di rami estremamente solida. La formazione dei grappoli di fiori ha in poco tempo preso slancio e già da ora, si può ammirare un abbondante rivestimento di tricomi sulle giovani cime! Anche se per me è ormai lo standard con le varietà BF, è comunque bello e affascinante riviverlo di volta in volta”. Altrettanto affascinanti sono stati gli ulteriori progressi compiuti dalle due piante di Biscotti di The Doc: hanno sviluppato una serie infinita di splendide cime che si sono fatte sempre più grandi, dense e ricche di tricomi - in una parola, sempre più da togliere il fiato! The Doc si è entusiasmato nel vedere che il traguardo si stava avvicinando dopo poco più di 60 giorni: “Un vero e proprio spettacolo floreale di gala! Cime voluminose e grassocce a bizzeffe
su entrambe le piante e, come avevo previsto, si sono fatte resinose in modo pazzesco, il rivestimento ghiacciato dei tricomi arriva fino alle cime più piccole, è una splendida visione in bianco, le cime più grandi sembrano pan di zucchero! Ovviamente, però, sono troppo buone per un Feuerzangenbowle (un punch tedesco al rum infuocato)...”, ha detto scherzando, e ha aggiunto “La fragranza dei fiori regala una sensazione olfattiva ammaliante, che vanta una complessità deliziosa, così dolce che quasi non si riesce a staccare il naso da queste cime”. E si ritrova tutto quello che riferisce Barney’s: un’intensa dolcezza marcata da una nota terrosa e legnosa e da una nota agrumata, oltre a un pizzico di pepe nero”. Per creare e portare a termine questo trionfo, le due piante di Biscotti non hanno neanche dovuto raggiungere il loro massimo: dopo 65 e 67 giorni, The Doc ha ritenuto che fossero completamente mature. E così le ha raccolte tutte e due, con un’altezza finale di 68 e 75 cm rispettivamente.
Un’abbondante resa: anche al di sopra degli standard elevati di The Doc
Pesando le cime essiccate e conciate a 3 settimane e mezzo di distanza, è emerso un risultato finale che ha persino superato gli elevati standard di resa di The Doc: gli abbondanti 135 e 144 grammi che ha felicemente intascato dalle sue due piante di Biscotti. Riccamente sfavillanti di cristalli, le grandi cime della Biscotti, dure come una tavola , erano un tripudio per gli occhi. E anche per l’olfatto di The Doc sono state una festa: “Benché i fiori avessero una fragranza estremamente dolce già in precedenza, ora da essiccate e conciate hanno aggiunto un ulteriore tocco di dolcezza al loro profumo, che unito alle note pungenti di pino, chiodi di garofano e di qualche agrume, ricorda un po’ i biscotti di Natale al cedro”.
Un viaggio nei regni del rilassamento profondo e beato...
La prima seduta di degustazione della Biscotti di The Doc prometteva quindi di essere un’esperienza dal sapore eccezionale, e le sue elevate aspettative non sono state certo disattese quando ha fatto il primo tiro dal suo Venty Vaporizer: “Durante l’inspirazione, le mie papille gustative hanno inviato al cervello un segnale di eccezionale dolcezza dell’erba e il retrogusto presentava quegli aspetti speziati della Biscotti che si dispiegavano anche al palato, come pino, garofano e un
tocco di pepato - che gusto delizioso!”. Poco dopo The Doc ha intrapreso un viaggio nei regni del beato relax... con tre tiri nei polmoni, si è insinuata in lui una sensazione in cui sembrava che la testa e il corpo fossero stati imbottiti di ovatta, tanto era forte il ronzio rilassante causato dalla Biscotti. Non si trattava di una pesantezza plumbea, ma dell’opposto: favoriva una sensazione di leggerezza e di facilità che si accompagnava a un brillante effetto di miglioramento dell’umore: “La Biscotti ha regalato un meraviglioso pacchetto di benessere che è durato molto più di due ore, perfetto per rilassarsi dopo una lunga giornata di lavoro ed estremamente compatibile con una serata davanti alla TV, senza alcun affaticamento”, ha riferito in seguito un Dockie super felice.
L’avvento della nuova magia della cannabis
The Doc ha concluso dicendo: “Con la Biscotti, Barney’s Farm ha presentato un’altra varietà sensazionale e sbalorditiva! Tutte le cose belle vengono a tre a tre: l’amalgama di Gelato, Girl Scout Cookies e OG Kush ha portato alla nascita di una nuova magia della cannabis. Questa varietà mi ha lasciato del tutto affascinato e credo che ogni altro coltivatore che la proverà sentirà la stessa cosa”.
Green Born Identity – G.B.I.
Genetica Biscotti (Gelato x Girl Scout Cookies x OG Kush)
Fase vegetativa 21 giorni (dopo la germinazione)
Fase di fioritura 65 + 67 giorni / 65-70 giorni in generale
Substrato Bionova Bio Soilmix, vasi da 11 litri
pH 6.4-6.7
EC 1,2-1,6 mS
Luce Fino a 4 x SANlight EVO 5-100, settate al livello 2 di 3
Temperatura 19-27°C
Umidità dell’aria 40-60%
Irrigazione A mano
Concimazione Bionova Soil Supermix, più PK 13-14 in fase di fioritura
Additivi/stimolatori Bionova Silution, The Missing Link, Vitasol e X-cel
Strumenti CleanLight Pro per la prevenzione delle muffe
Altezza 68+ 75 cm
Resa 135 + 144 g
Resa 88 + 81 g
Di Dott. Davide Calzolari
Quando si parla di insetti che colpiscono la cannabis, quello a cui si pensa per ultimo è sicuramente il moscerino dei funghi. Se vi è capitato almeno una volta di notare dei piccoli moscerini neri, di pochi millimetri di lunghezza, svolazzare tra i vostri vasi, mi sto riferendo proprio a quello. Questo piccolo insetto viene considerato poco pericoloso perchè il danno che causa non è evidente e poche volte porta alla morte della pianta. Con il termine generico moscerino dei funghi (in inglese fungus gnat) ci si riferisce a una tipologia di insetti, nello specifico gli sciaridi. In condizioni ottimali di temperatura e umidità, il ciclo vitale di questi insetti può durare circa un mese, di cui solo pochi giorni allo stadio di moscerino adulto e dotato di ali. La maggior parte della sua vita avviene infatti dentro al substrato, a livello dell’apparato radicale. Prima di diventare adulto, il moscerino passa metà della sua vita allo stadio di larva, dalle sembianze di un piccolo vermicello semi trasparente di 5 millimetri di lunghezza. In natura la larva di questi insetti si nutre preferenzialmente di funghi, da cui il nome, e di sostanza organica in decomposizione.
Purtroppo, oltre a nutrirsi di funghi, la larva è in grado di attaccare anche le piccole radici, penetrarne all’interno e nutrirsi del tessuto più tenero dell’apice radicale. Inizialmente questo causa l’appassimento delle radici attaccate, dalle cui ferite possono successivamente svilupparsi dei marciumi radicali, dove altre larve potranno nutrirsi con conseguente aumento esponenziale della popolazione dell’insetto. Il danno provocato dalle larve all’apparato radicale si traduce in una riduzione della capacità della pianta di assorbire acqua e nutrienti dal substrato. Tuttavia, solo in pochi casi, un’infestazione provoca la morte della pianta. La fase più delicata, in cui un attacco di questo parassita può uccidere in pochi giorni un’intera coltivazione, è durante l’attecchimento dei semenzali e delle talee. A questo stadio le piante hanno una o poche radici e virtualmente possono bastare una decina di larve per provocare l’appassimento degli apici radicali di una giovane piantina e la diffusione di marciumi ad opera di altri patogeni. Oltre al danno provocato dalle larve, che compromette la resa, i moscerini adulti possono abbassare la qualità del prodotto finito. La presenza di numerosi insetti che volano nell’ambiente di coltivazione e che inevitabilmente rimangono intrappolati nella resina dei tricomi, può causare la perdita intera di un raccolto, in particolar modo quando è necessario garantire determinati livelli qualitativi.
Prima di vedere alcuni metodi per combattere i moscerini dei funghi, dobbiamo identificare le principali sorgenti della contaminazione. Un mito da sfatare è quello secondo cui sono i semi delle nostre piante a veicolare larve o uova di sciaridi. I moscerini non depositano le loro uova sui fiori esposti alla luce diretta, ma scelgono preferenzialmente zone umide del substrato. Nella maggior parte dei casi è proprio il substrato che è stato
contaminato e contiene uova del moscerino. Nonostante i produttori garantiscano un ottimo livello di controllo durante il confezionamento e lo stoccaggio, spesso nei negozi generici per giardinaggio, la presenza di numerose piante nelle vicinanze, può attrarre i moscerini adulti che penetrano facilmente nelle confezioni di terriccio attraverso i fori utilizzati come sfogo per l’aria e lì depongono le loro uova.
Con una frequenza simile, la contaminazione può arrivare assieme alle piccole talee acquistate, è possibile in questi casi trovare le larve che si nutrono sulle giovani radici appena spuntate dal cubetto. Nei casi peggiori alcuni moscerini adulti possono annidarsi tra le foglie, pronti a svolazzare nella serra e depositare uova nel terriccio appena preparato nei vasi. Può capitare inoltre che la contaminazione provenga dall’ambiente esterno circostante. Nonostante le talee siano sane e il terriccio pulito, gli insetti adulti dotati di ali possono raggiungere facilmente le nostre coltivazioni e deporre le loro uova.
Nel momento in cui dovessimo notare all’interno del nostro spazio di coltivazione uno o più individui adulti, è necessario intervenire rapidamente per evitare che i nostri vasi vengano invasi da centinaia di larve. La prima azione di contrasto è la cattura con trappole adesive di colore giallo. Le trappole più comuni sono formate da un pannello o da un foglio di colore giallo cosparso di collante. Il colore attrae i moscerini adulti che rimangono incollati alla superficie. Per catturare in maniera più efficiente i moscerini adulti, le trappole vanno collocate in un punto illuminato e con poca ventilazione. In base alle istruzioni fornite dai produttori è possibile collocare fino a una trappola per pianta. Nel caso di infestazioni molto intense, potrebbe essere necessario sostituire le trappole con una frequenza maggiore rispetto a quella consigliata. Oltre all’utilizzo delle trappole gialle, è necessario agire sulla possibile presenza di larve a livello delle radici. Dal momento che non possiamo controllare visivamente ogni singola radice o catturare le larve con qualche tipo di trappola, dobbiamo intervenire con altri strumenti. Il sistema più diffuso prevede l’utilizzo di un agente di controllo biologico, ovvero di un altro organismo in grado di combattere il parassita. Per il contrasto alle larve dei moscerini dei funghi, l’organismo in questione è un nematode, dal nome scientifico Steinernema feltiae. Questo nematode microscopico della lunghezza di meno di 1 mm, è in grado di penetrare all’interno del corpo della larva del moscerino e di provocarne la morte per setticemia nell’arco di qualche giorno. I prodotti a base di Steinernema feltiae possono essere sia mescolati direttamente nel substrato oppure sciolti in acqua e applicati assieme alla soluzione nutritiva. L’accortezza principale, quando si somministra questo nematode assieme alla soluzione nutritiva, è quella di non utilizzare sistemi di filtraggio della soluzione: le maglie dei filtri potrebbero infatti intrappolarne la maggior parte con il rischio di non ottenere l’effetto voluto.
Oltre al Steinernema feltiae, in commercio sono disponibili numerose specie di nematodi, indicate per l’utilizzo contro uno svariato numero di altri insetti dannosi oltre al moscerino dei funghi; è importante quindi non sbagliare al momento dell’acquisto dove può capitare di confondere alcuni prodotti dal nome simile, ma dall’effetto differente.
Una strategia alternativa per trattare le larve degli sciaridi, soprattutto quando sono accompagnate da infestazioni di altri insetti dannosi che vivono nel substrato, è l’utilizzo di prodotti geodisinfestanti. Come per i nematodi, è possibile trovare differenti tipi di prodotti in commercio, alcuni dei quali sono consentiti in agricoltura biologica e hanno differenti spettri di azione. Prima di valutare l’impiego in pieno campo di geodisinfestanti, sia biologici che non, è bene considerare la loro specificità nei confronti degli sciaridi e degli altri insetti individuati tra le nostre piante. A differenza dei nematodi, l’effetto a largo spettro dei geodisinfestanti può causare sul lungo periodo una perdita della biodiversità degli insetti utili che vivono nel sottosuolo e rendere più vulnerabili le nostre coltivazioni.
In conclusione, per prevenire la diffusione nel nostro ambiente di coltivazione di questo insetto, si parte dalla scelta del substrato. L’acquisto in negozi generici come i grandi supermercati, espone maggiormente al rischio di una contaminazione. La probabilità che questo accada, aumenta ancor di più se dopo l’acquisto non conserviamo le confezioni chiuse e in un posto protetto. L’ideale è scegliere sempre negozi specializzati e dove c’è una netta separazione tra i sacchi di substrato e le piante in vendita. La seconda parte della prevenzione si basa sulle trappole adesive gialle,
almeno una va sempre collocata in prossimità di una pianta, per monitorare le catture con cadenza settimanale. Un consiglio è di annotarsi la data in cui è stata posizionata la trappola in modo da sostituirla con la frequenza consigliata. A scopo preventivo è ideale anche l’utilizzo dei nematodi Steinernema feltiae miscelati direttamente nel substrato prima della preparazione dei vasi per la semina e il trapianto. Nel caso in cui sulla trappola adesiva gialla dovessimo notare un aumento dei moscerini adulti catturati, è possibile intervenire con ulteriori applicazioni di nematodi anche a cadenza settimanale. L’effetto dei nematodi si noterà dopo circa una settimana, quando il numero di adulti catturati dovrebbe iniziare a calare in maniera drastica fino ad azzerarsi in circa tre settimane. Se questo non dovesse accadere, è possibile che le condizioni ambientali limitino l’attività dei nematodi, per esempio quando il terreno è troppo freddo o troppo caldo. In questa situazione è possibile aspettare qualche settimana in più, per vedere se i nematodi, sebbene meno attivi, siano comunque in grado di debellare le larve degli sciaridi, oppure è possibile valutare l’utilizzo di un prodotto geodisinfestante adatto alle nostre esigenze.
Nonostante i prodotti a base di nematodi siano estremamente efficaci e abbiano un costo relativamente contenuto, hanno alcuni limiti che vanno sempre considerati prima dell’acquisto. Dal momento che si tratta di prodotti a base di organismi viventi, vanno conservati a temperatura controllata e hanno una scadenza molto breve, per questo motivo vanno sempre acquistati a ridosso del loro utilizzo. Altro aspetto da considerare nel caso di utilizzo dei nematodi, è che il loro effetto contro le larve del moscerino, si nota alcune settimane dopo la prima applicazione e in questo lasso di tempo la nostra coltivazione potrebbe già essere stata irrimediabilmente compromessa. Al contrario, i prodotti geodisinfestanti agiscono più rapidamente contro le larve di sciaridi e, a differenza dei nematodi, si conservano per più tempo anche a temperatura ambiente.
In questo breve articolo abbiamo visto nello specifico quali sono gli effetti temibili del moscerino dei funghi e perché è considerato a tutti gli effetti tra i nemici da temere maggiormente nelle nostre coltivazioni. Nonostante debellare questo insetto sia facile e tutto sommato economico, molto spesso è possibile notare tra le foto e i video delle migliori coltivazioni indoor, la presenza di insetti adulti intrappolati tra i tricomi, segno evidente che questo insetto viene semplicemente ignorato. Al giorno d’oggi l’attenzione verso i numerosi nemici della cannabis si è focalizzata sui patogeni identificati più di recente e questa tendenza ha portato a sottovalutare altri insetti all’apparenza meno temibili. Gli attacchi di questo piccolo parassita vengono raramente considerati pericolosi e molti, inconsapevolmente, preferiscono convivere con qualche insetto adulto che svolazza tra le piante, solo all’apparenza in maniera innocua.
Coltiva con Stoney Tark
Stoney Tark
Non irrigate in modo eccessivo
L’irrigazione delle piante di cannabis è il modo in cui le radici hanno accesso all’ossigeno e ai nutrienti disponibili, sia dal substrato che da una soluzione nutritiva. Un’irrigazione eccessiva non giova alla pianta di cannabis e può provocare un appesantimento del substrato di coltivazione, creando un ambiente povero di ossigeno e producendo batteri aerobici dannosi che attaccano le radici. Il mio consiglio è quello d’irrigare leggermente le piante intorno ai bordi del vaso e lasciare che il substrato di coltivazione assorba l’acqua. Non date per scontato che più acqua ricevono le piante, più cresceranno. Ricordate che meno è meglio quando si parla di annaffiare le piante di cannabis. Assicuratevi che il vostro substrato di coltivazione abbia molte sacche d’aria e contenga un elevato volume di perlite per contribuire a velocizzare il processo di essiccazione tra un’annaffiatura e l’altra.
Evitate i terreni caldi
Scegliete il substrato di coltivazione giusto
Riempirete i vasi con il substrato di coltivazione, nel quale le radici cresceranno e si nutriranno.
La scelta del substrato di coltivazione giusto non deve essere affrettata; è fondamentale assicurarsi che abbia tutte le proprietà necessarie.
Il mio consiglio è quello di assicurarvi che il substrato abbia un buon drenaggio, una buona ritenzione idrica e molte sacche d’aria al suo interno. Idealmente dovrebbe anche contenere tutti i nutrienti di cui hanno bisogno le piante per crescere dal seme al raccolto. Creare una miscela personalizzata è sempre un’ottima scelta, prendete quindi in considerazione l’utilizzo di fibra di cocco, humus di lombrico, compost e terriccio miscelato con perlite e vermiculite per ottenere il substrato di coltivazione perfetto.
Tecniche di training delle piante
Se volete ottenere i migliori raccolti outdoor, il modo più semplice per farlo è quello di applicare le tecniche di training alle piante durante la fase vegetativa. Esistono molti modi diversi per effettuare training di una pianta di cannabis all’aperto, fra cui la cimatura, il fimming, la legatura verso il basso, il super cropping e la potatura.
Il mio consiglio è di quello di effettuare training solo da maggio a luglio e di evitare qualsiasi tecnica di training una volta che le piante iniziano a fiorire. Alcuni metodi ad alto stress possono danneggiare le piante e non essere benefiche, una volta che crescono i boccioli, e possono comportare piante stentate, ermafrodite e rese significativamente inferiori.
Se un terreno è caldo significa semplicemente che contiene troppe sostanze nutritive che possono danneggiare le piantine. Al vostro centro di giardinaggio di zona troverete un’ampia gamma di terricci in offerta. Alcuni terreni sono ricchi di elevati livelli di azoto, fosforo e potassio, e alcuni possono anche contenere nutrienti chimici. Quando acquistate il terriccio per il vostro progetto outdoor, controllate sempre le etichette per verificare il rapporto di nutrienti e capire se contiene sostanze chimiche. Il mio consiglio è quello di evitare tutto ciò che ha un rapporto N-P-K di 2020-20 e, se possibile, di creare miscele di terriccio personalizzate. Per le piantine è meglio utilizzare un terriccio leggero e prepararsi poi a rinvasarle in seguito, oppure integrarle con sostanze nutritive liquide se ritenete che il terriccio sia eccessivamente concimato.
Provate a utilizzare airpot o vasi in feltro
Potreste essere tentati/e di utilizzare gli stessi vasi che avete in giardino per la coltivazione all’aperto di quest’anno. Tuttavia, i vasi in plastica non sono
la scelta migliore per la coltivazione della cannabis. I vasi in plastica portano le radici ad aggrovigliarsi, limitando la massa radicale e l’altezza delle piante. Il mio consiglio è quello di usare airpot o vasi in feltro, in quanto forniscono molto ossigeno alla zona radicale, incoraggiano le radici a potarsi da sole ed vi consentono così di non preoccuparvi per le piante di cannabis con le radici aggrovigliate che hanno bisogno di continui rinvasi. Anche se gli airpot e i vasi in feltro possono essere costosi, valgono l’investimento e produrranno piante più belle e le migliori rese potenziali.
Svariati raccolti con le autofiorenti
Se in giardino non avete spazio per coltivare una varietà a fotoperiodo di grandi dimensioni o se siete troppo impazienti per aspettare la fine di settembre o la metà di novembre per raccogliere, perché non provare le varietà di cannabis autofiorenti? Le autofiorenti sono piante robuste e resistenti che fioriscono automaticamente dopo
È arrivato di nuovo il momento dell’anno in cui si ha la possibilità di coltivare all’aperto cannabis di alta qualità. Se siete alle prime armi nella coltivazione della cannabis, in questo articolo troverete i miei migliori consigli per portare le vostre capacità di coltivazione outdoor a un livello superiore!
28 giorni di fase vegetativa e crescono raggiungendo fra i 75 e i 100 centimetri di altezza.
Il mio consiglio è quello di provare a piantare delle autofiorenti. Le autofiorenti consentono di produrre raccolti in successione da maggio a settembre inoltrato. Sono anche un’ottima soluzione per creare un giardino furtivo e discreto e vi consentono di raccogliere diversi sapori ed effetti nel corso dell’anno.
Conclusione
Coltivare la cannabis all’aperto è una grande esperienza di apprendimento e un modo per scoprire come le piante di cannabis si adattino alla luce del sole. Assicurarsi di avere il miglior substrato di coltivazione possibile e il miglior programma d’irrigazione delle piante, e lavorare con varietà di cannabis a fioritura rapida o autofiorenti, offrirà i migliori risultati, soprattutto nel Nord Europa.
Mr. José info@mrjose.eu
Ogni coltivatore domestico ha bisogno di materiale di partenza di alta qualità per ottenere un buon raccolto. La maggior parte delle persone acquista semi o cloni nei punti vendita, quando ne ha la possibilità. Può pero anche produrre cloni da sé e continuare a coltivare le varietà che preferisce, più e più volte. E non ha bisogno di molto spazio extra per farlo. Vi spiego come fare.
Uno dei vantaggi principali della coltivazione a partire da cloni è che si può già capire se la pianta sarà vigorosa e sana al momento della selezione. Si possono evitare anche i problemi legati alla germinazione dei semi, dove molte persone commettono errori che riducono i tassi di germinazione. Anche produrre i propri cloni non è del tutto semplice, ma una volta imparato a farlo, potrà creare un numero sufficiente di cloni per ogni ciclo di coltivazione e si potranno così scegliere solo i migliori.
COME OTTENERE UNA PIANTA MADRE
Una buona pianta madre è la pietra miliare di una coltivazione di successo. I coltivatori professionisti e i produttori di cloni hanno a cuore le loro piante madri di qualità, perché sono letteralmente insostituibili. I cloni ottenuti dalla stessa madre condividono caratteristiche di crescita identiche e in genere producono cime che presentano gli stessi livelli e rapporti di composti attivi. Da una singola pianta madre si possono creare innumerevoli altre madri, che saranno sufficienti a fornire cloni anche per una produzione commerciale su larga scala. Ma per la coltivazione domestica, è in genere sufficiente una pianta madre sana. Si può creare una pianta madre da un singolo seme femminizzato, da cloni acquistati o da una talea regalata da un amico. Il fattore chiave è mantenere la pianta in fase vegetativa e di tanto in tanto tagliare la cima per incoraggiare lo sviluppo di ramificazione laterale. Una pianta madre non deve necessariamente crescere in altezza, ma deve produrre un numero sufficiente di giovani germogli che abbiano steli robusti. Se si crea una pianta madre senza effettuare una selezione preliminare, non si potrà sapere quanto sarà buona la resa o l’effetto della pianta fino a dopo il primo raccolto, ma si potrebbe essere anche fortunati. Una selezione adeguata richiede più spazio, che non tutti i coltivatori hanno.
Se si vuole selezionare una madre di qualità veramente elevata, è meglio partire almeno da dieci semi convenzionali (non femminizzati). Dal momento in cui germinano e iniziano a radicare, osservate le piante e concentratevi sugli esemplari più forti. Dopo due o quattro settimane, potrete scartare le piante deboli o deformi. Anche in questo caso, la cimatura delle piante incoraggerà un maggior numero di rami laterali, come si può vedere nell’immagine di riferimento. Dopo circa cinque settimane,
le piante dovrebbero essere sufficientemente grandi per poter prelevare i primi cloni. Fate in modo di etichettare accuratamente i cloni, in modo da sapere da quale pianta madre temporanea provengono.
I cloni vengono utilizzati per un ciclo di coltivazione di prova. In genere, è sufficiente prelevare due cloni da ogni potenziale madre, ma più test si fanno, migliore sarà la valutazione. Il ciclo di prova aiuta anche a individuare ed eliminare le piante maschili, prestate quindi molta attenzione ai primi segni di fiori maschili e scartate sia il clone sia la pianta madre originale. Intorno alla terza settimana di fioritura, nella prova dovrebbero rimanere solo piante femminili, che farete crescere fino a maturazione.
Alla fine del ciclo, valutate i risultati e selezionate una o due madri temporanee i cui cloni hanno dato i risultati migliori. Prelevate nuovi cloni e selezionate i più forti: questi diventeranno le vostre piante madri definitive da utilizzare in futuro.
Un approccio più semplice e più diffuso è quello di selezionare a partire da semi femminizzati, che consentono di non dover individuare e scartare le piante maschili. Con molte varietà moderne, è difficile trovare semi regolari (non femminizzati), pertanto i semi femminizzati sono spesso l’unica possibilità. Tenete presente che le varietà autofiorenti non possono essere clonate, perché iniziano a fiorire troppo presto, prima che i cloni riescano a radicarsi in modo corretto. La selezione e i test richiederanno circa sei-dodici mesi, ma il gioco varrà la canela: avrete così una base genetica di partenza personalizzata proprio per le vostre esigenze.
La cannabis è estremamente adatta alla propagazione asessuata, che non è nient’altro che l’ennesimo termine per definire la clonazione.
A volte basta tagliare un germoglio robusto e metterlo in acqua: le radici possono comparire
in poche settimane. Otterrete però risultati migliori creando le condizioni ottimali per la radicazione. Io vi consiglio di utilizzare una piccola serra per piantine (propagatore), possibilmente con una base riscaldata, che contribuisce ad accelerare il processo di radicazione. Detto questo, potrete avere successo anche senza riscaldamento. La temperatura ideale della zona di radicazione oscilla fra i 22° e i 26° C, una temperatura facile da mantenere in casa, anche senza un propagatore riscaldato.
Distribuite 2-3 cm di perlite sul fondo del propagatore. Questa assorbe l’acqua in eccesso dai cubetti di radicazione e crea un ambiente perfetto per la crescita delle radici. Potete trovare vassoi e cubi di radicazione in qualsiasi negozio di giardinaggio. In commercio esiste un’ampia gamma di substrati di coltivazione, che vanno dal terriccio alla fibra di cocco, fino alla lana di roccia, estremamente utilizzata. Personalmente preferisco la lana di roccia per la clonazione: è facile da maneggiare, trattiene bene l’acqua e in genere non ospita parassiti o malattie.
Per radicarsi correttamente, i cloni hanno bisogno del giusto spettro di luce e di una giornata sufficientemente lunga. Vi consiglio di offrire loro 24 ore di luce continua. Potete utilizzare dei LED adatti o dei vecchi tubi fluorescenti T5-T8. Un’intensità luminosa di circa 100 µmol/ m²/s sarà sufficiente. In altre parole, per un propagatore di 60×40 cm, avrete bisogno di un LED con un assorbimento di circa 10-20 watt.
Se volete far radicare i cloni su un davanzale o in serra, assicuratevi di aggiungere un’illuminazione supplementare per garantire almeno 18 ore di luce al giorno. Per un radicamento costante e una crescita uniforme, vi consiglio
GLI STELI ECCESSIVAMENTE MORBIDI NON S’INSERISCONO BENE NEL SUBSTRATO DI COLTIVAZIONE, MENTRE GLI STELI SPESSI E CAVI SONO DIFFICILI DA FAR RADICARE
vivamente di attenervi a un fotoperiodo di 24 ore durante questa fase.
Avrete anche bisogno di un coltello affilato e di un ormone radicante, che potete trovare nella maggior parte dei negozi di coltivazione o dei centri di giardinaggio. Prima d’iniziare la clonazione, immergete i cubetti di radicazione in acqua con un pH corretto di circa 6,5 (è accettabile qualsiasi valore compreso tra 6 e 7).
Se utilizzate lana di roccia o cocco, vi consiglio di aggiungere alla soluzione uno stimolatore di radicazione. Lasciate drenare i cubetti e metteteli poi nel propagatore sopra la perlite. Versate una piccola quantità di gel o polvere radicante in un contenitore separato per immergervi le talee.
Selezionate un germoglio adatto come talea. Le migliori talee sono i germogli giovani lunghi
circa 10-15 cm con uno stelo solido. Gli steli eccessivamente morbidi non s’inseriscono bene nel substrato di coltivazione, mentre gli steli spessi e cavi sono difficili da far radicare. Molti coltivatori si chiedono se tagliare il gambo dritto o ad angolo. Non ho mai notato una differenza significativa nella velocità di radicazione in un caso o nell’altro, e le prove sperimentali sono giunte alla stessa conclusione, quindi è semplicemente questione di preferenze. Personalmente, preferisco i tagli angolati perché sono più facili da inserire nel substrato di coltivazione.
Dopo aver tagliato il clone, rimuovete circa la metà o i due terzi della superficie fogliare. In questa fase, la pianta non ha bisogno di una superficie fogliare così ampia, e la sua riduzione diminuisce anche il rischio di muffa. Potete
eliminare completamente le foglie più basse. Immergete la talea nell’ormone radicante e inseritela nel terreno precedentemente imbevuto. Una volta che tutti i vostri cloni saranno pronti, mettete il coperchio sul propagatore e posizionatelo sotto la luce.
Controllate con regolarità la temperatura e, attorno al quinto giorno, verificate se i cubi hanno bisogno di essere annaffiati. Le radici in
genere fanno la loro comparsa nel giro di 10-20 giorni. Una volta radicati, trapiantate i cloni in contenitori più grandi il prima possibile. Più a lungo i cloni radicati rimarranno nelle loro vaschette, più la loro qualità diminuirà.
Allora, darete un’occasione alla clonazione? In caso affermativo, vi auguro tutta la fortuna possibile e non arrendetevi se la prima volta non andrà alla perfezione.
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L'Europa è uno dei più grandi consumatori di hashish al mondo, da quando negli anni '60 hippie e contrabbandieri importavano clandestinamente la preziosa resina dai maggiori produttori dell'epoca cioè Afghanistan, India e Nepal, non ha più smesso di diffondersi fino a creare una vera e propria cultura dell'hashish.
Probabilmente la vicinanza con il Marocco che attualmente si attesta come il più grande produttore di hashish del pianeta gioca un ruolo di primo piano. Ma non è l'unico attore coinvolto, infatti anche gli hashmakers locali sono in continuo aumento insieme alle importazioni da altri paesi come gli Stati Uniti. In questo articolo esamineremo quali sono le tipologie più diffuse, le tecniche di produzione e i prezzi presenti sul mercato europeo.
L'HASHISH MAROCCHINO
Senza ombra di dubbio l'hashish di manifattura marocchina è il più diffuso sul mercato. Le tecniche tradizionali impiegate per l'estrazione della resina sono uniche della regione montuosa del Rif, i fiori di marijuana previamente essiccati al Sole vengono battuti nei mesi più freddi con delle bacchette di legno su un apposito setaccio, un particolare tessuto chiamato chiffon, messo in tensione su una bacinella di acciaio. Lo chiffon è in grado di trattenere le parti vegetali che si polverizzano sotto i colpi delle bacchette e allo stesso tempo di lasciar passare la resina che si raccoglie sul fondo della bacinella. I lotti di marijuana vengono processati più volte a distanza di alcuni giorni, per estrarre qualità più inferiori. Questa tecnica è comunemente chiamata dry-sieving. L'hashish marocchino generalmente si presenta in placche di forma rettangolare dal peso di 100 grammi, sebbene esistono anche altri formati come ovetti e cilindri.
Sul mercato le qualità disponibili sono indicate con vari nomi che il più delle volte risultano errati, ma allo stesso tempo comodi per fini commerciali. Inoltre negli ultimi anni sono nati tantissimi brand che si dedicano alla sua produzione e vendita. Partiamo dalla qualità più bassa.
HASHISH COMMERCIALE
Il termine è impiegato in molti paesi d'Europa per indicare la qualità più bassa di hashish
marocchino, si presenta in placchette da 100 grammi, molto dure e con un profumo terroso, la resina al contatto con la fiamma dell'accendino ha la tendenza a bruciare rapidamente fino a carbonizzarsi. Si ottiene dalle resine di bassissima qualità miste a resti vegetali, senza nessun tipo di filtraggio; data la scarsa percentuale di tricomi ghiandolari è necessario eseguire la pressatura a caldo per ottenere una placca solida e compatta. In alcuni casi viene adulterato per migliorarne le caratteristiche. Il prezzo per chilogrammo parte da 600 euro in Spagna fino ad arrivare a 2000 euro in paesi come la Germania e la Repubblica Ceca, mentre il costo di un singolo grammo va da 3 a 6 euro. La vicinanza o lontananza dal paese produttore influenza tantissimo il prezzo dell'hashish.
MOUSSE
Il nome di questa qualità di hashish marocchino deriva dal suo aspetto chiaro e dalla texture altamente friabile. Si tratta di un mix di resine di bassa qualità ricavate a partire dalla quarta battitura oppure con l'impiego del Pollinator. Il contenuto di tricomi ghiandolari è molto basso ma risulta più profumato della qualità sopra descritta. Le placche vengono realizzate con delle presse senza l'aggiunta di calore. Il contenuto di THC è di circa il 10%. Il prezzo è di 800-3000€/kg e di 4-8€/g.
In gergo viene chiamato semi-dry, un nome piuttosto fuorviante, nato per giustificare una qualità di hashish con caratteristiche simili a quelli di gamma top ma ad un prezzo molto più contenuto. Anche in questo caso si tratta di un mix di resine di varia qualità; generalmente vengono mischiate le resine estratte dalla prima alla terza battitura oppure è ottenuto da piante nate da semi di seconda generazione. La percentuale di THC di questa qualità varia tra il 15 e il 20%. Il prezzo è di 2000-5000€/kg e di 5-10€/g.
PRIMA BATTITURA
La qualità più pura di hashish marocchino è ottenuta dalla prima battitura dei fiori. Nel corso del tempo sono stati utilizzati vari nomi per indicare questa qualità, come ad esempio ZeroZero e Primera, attualmente nel vocabolario di strada i termini più diffusi sono Dry Sift e Filtrato. Negli ultimi anni, grazie alla collaborazione nata tra agricoltori marocchini e numerosi growers europei che hanno introdotto tecniche di estrazione più raffinate insieme ai semi di cannabis femminilizzati dei migliori strains in circolazione, il livello di qualità e di potenza dell'hashish è aumentato notevolmente. In alcuni casi la resina viene ulteriormente filtrata
con appositi screen oppure con le bubble bags per ottenere un estratto più puro; il range migliore è quello compreso tra 90 e 160 micron. Il contenuto di THC supera facilmente il 40%. Il prezzo è di circa 5000-9000€/kg e di 10-20€/g.
FROZEN SIFT
Il Frozen Sift è una versione superiore della prima battitura, viene realizzato con la stessa tecnica ma con due differenze chiave, i fiori di marijuana destinati alla sua produzione vengono congelati pochi giorni dopo essere stati raccolti e il processo di estrazione avviene all'interno di celle frigorifere che garantiscono temperature bassissime. Questo metodo aiuta a preservare le caratteristiche della resina viva. Sicuramente è il miglior hashish marocchino in circolazione ma bisogna fare molta attenzione agli scammer sempre in agguato. Il prezzo del frozen sift è di circa 8000-12000€/kg e di 15-25€/g.
Lo Static di manifattura marocchina viene fatto a partire dalla resina estratta dalla prima battitura. Questo metodo utilizza la carica elettrostatica di alcuni materiali per separare le teste dei tricomi ghiandolari dal resto della materia vegetale, in questo modo si ottiene un estratto dalla purezza elevatissima. Il risultato è un hashish dall'effetto psicoattivo molto potente ma poco saporito, infatti le qualità
organolettiche ne risentono molto da questa lavorazione. Generalmente la tecnica viene eseguita manualmente ma da circa due anni molte farm si stanno attrezzando con apposite macchine, già descritte nell'articolo Static Machine pubblicato sul precedente numero di Soft Secrets. Il prezzo è di 10000-18000€/kg e di 25-35€/g.
Sebbene rappresenti un fetta molto piccola del mercato, l'hashish prodotto in Europa si
Il water hash è un estratto di cannabis che si ottiene utilizzando acqua, ghiaccio e apposite sacche dotate di setacci sul fondo, le bubble bags.
L'estrazione della resina viene eseguita in acqua freddissima e per mezzo dell'agitazione del materiale vegetale i tricomi ghiandolari si separano e vengono raccolti sul fondo delle sacche.
La resina è una sostanza considerata apolare quindi non è direttamente solubile in solven-
sta imponendo con forza sulla scena. Non è un caso se qui risiedono tra i migliori hashmakers al mondo. La maggior parte dell'hashish fatto in Europa viene prodotto in Spagna, soprattutto dalle coltivazioni di marijuana indoor, mentre l'Olanda si classifica al secondo posto. Il numero di growers che stanno passando dalla produzione di marijuana a quella di hashish è in costante aumento. Vediamo quali sono le tipologie disponibili sul mercato.
ti polari come l'acqua. Il water hash sfrutta questo principio. Il resto lo fanno il freddo e il movimento agitatorio che aiutano la resina a separarsi dalla materia vegetale.
Generalmente viene realizzato dai resti della potatura dei fiori di marijuana.
È una tipologia di estrazione 100% solventless. Il prezzo è di 8000-20000€/kg e di 20-60€/g.
Per molti hashmakers è considerato il Santo Graal dell'hashish, attualmente uno dei maggiori protagonisti della scena europea. Il fresh frozen water hash è estratto solo da fiori di marijuana freschi e congelati subito dopo essere stati raccolti. Il risultato è un water hash con delle qualità eccezionali, dal profilo terpenico unico. I tricomi ghiandolari non subiscono nessun tipo di degradazione mantenendo la loro forma intatta, simili a dei diamanti. È uno degli hashish più costosi in commercio. Il prezzo è di 25000-50000€/kg e di 50-120€/g.
altre tecniche di estrazione, come il dry-sieving e il water hash, viene inserita in un apposito sacchetto da 25 micron e pressata tra le due piastre previamente riscaldate. La pressione e il calore esercitato dalle piastre consentono la fuoriuscita di un concentrato ricco di terpeni e cannabinoidi. Il rosin si può anche estrarre direttamente dai fiori di marijuana, ma la resa e la qualità risultano essere molto più basse. La domanda e l'offerta di rosin è abbastanza limitata in Europa, è una tipologia di hashish diffusa soprattutto tra gli amanti del dabbing. Il prezzo è di 30000-50000€/kg e di 80-120€/g.
Dopo l'entusiasmo iniziale, gli estratti di cannabis realizzati con gas butano, non hanno mai davvero preso piede sul continente europeo. È una tipologia di estrazione della categoria solvent. La maggior parte del BHO ha un contenuto di THC elevatissimo, d'altra parte però anche il rischio che contenga sostanze chimiche residue, dannose per la salute, è abbastanza alto. Il prezzo è di 10000-25000€/kg e di 25-60€/g.
La cultura dell'hashish in Afghanistan ha una lunga storia millenaria, per i popoli originari di quelle zone l'hashish ha sempre fatto parte della loro vita quotidiana. Mazar-i-Sharif era l'epicentro della sua produzione, dando il suo nome alle qualità più pregiate di hashish afghano. Durante gli anni '70 e '80' l'hashish proveniente dall'Afghanistan dominava il mercato europeo. Altre varianti del nome sono Black Afghan, o Afghano Nero. Per la sua estrazione viene adottata la tecnica del dry-sieving, la resina ottenuta viene riscaldata e mescolata con un poco d'acqua o di tè per renderla compatta ed elastica allo stesso tempo. Oggigiorno ne gira poco in Europa. Il prezzo è di 30006000€/kg e di 20-30€/g.
La charas è originaria di alcune zone dell'Himalaya che si affacciano su India e Nepal. È una tipologia di hashish che si consuma prevalentemente con il Chilum, una pipa specifica fatta di terracotta. La sua estrazione è realizzata letteralmente a mano; le infiorescenze di marijuana, ricche di resina, vengono strofinate ripetutamente tra le mani in modo che la resina si appiccichi sul palmo. Quando la mano risulta piena, la resina viene delicatamente raccolta dai palmi. L'effetto provocato dalla charas è davvero unico, introspettivo e trascendentale allo stesso tempo. Per lo più è diffusa tra i vecchi hippie e soprattutto all'interno del movimento musicale psy-trance. Il prezzo è di 8000-15000€/kg e di 20-40€/g.
Le importazioni di hashish insieme a quelle di marijuana dagli Stati Uniti sono in continua crescita. Da quando lo Zio Sam ha legalizzato la cannabis in molti degli Stati, la produzione di marijuana ed estratti è salita alle stelle.
Il rosin è la tipologia di hashish più pura tra gli estratti solventless. Per la sua estrazione vengono utilizzate delle presse pneumatiche dotate di piastre riscaldanti. La resina ottenuta con
Dry Sift e Rosin sono quelli maggiormente importati. Il costo dell'hashish americano risulta essere leggermente più economico di quello fatto in Europa.
Di Fabrizio Dentini
Nel 2017 l'imprenditore ed attivista radicale Luca Marola inventa la filiera della cannabis light con lo scopo di risvegliar l'interesse della classe politica rispetto ad una legge di settore poco chiara. Nel 2019 invece della politica, risveglia l'interesse della Finanza che sequestra il sito della sua impresa, Easyjojnt, quasi sette quintali di infiorescenze e 19 litri d'olio di CBD per un valore di almeno 2 milioni di euro.
L'accusa è traffico di stupefacenti e la pena richiesta sono cinque anni di detenzione e 55 mila euro di multa.
Lo scorso giugno, dopo innumerevoli udienze, la sentenza è finalmente proclamata: il fatto non sussiste, la sostanza non è ha efficacia drogante e quindi non sussiste alcun traffico di stupefacenti.
Oggi, doverosamente, festeggiamo con Marola del quale vi offriamo le prime dichiarazioni in purezza...
Cosa ti senti di dire alla luce della piena assoluzione?
Nel 2017 avevo ragione nel denunciare la legge 242/2016 come legge scritta male. Tanto è vero che ha portato una Procura all’erronea convinzione che una normale attività d’impresa fosse addirittura un’attività di spaccio a tutto vantaggio di chi, in altre città, continuava a vendere infiorescenze senza problemi. Avevo ragione nel sostenere che nella vendita del fiore non vi fosse nulla di penalmente rilevante e di definire il fiore di canapa non stupefacente. Il proibizionismo ha obnubilato la mente di molti legislatori e tutori della legge e se, alla meglio, porta a comportamenti ridicoli e grotteschi, alla peggio, genera dolore e ingiustizia. Finalmente, con cognizione di causa, mi viene da rispondere che tutta la faccenda della cannabis light, per capirla, interpretarla e agirla, la si deve guardare come lotta antiproibizionista e non come mera questione agricola o commerciale.
Questo processo ha perseguitato l'imprenditore Marola mentre
sublimava l'attivista politico, ma la canapa come esce dal processo?
Penso che ne esca alla grande! Al massimo ne esce colpevole di…incapacità drogante. Fuor di battuta, ho voluto con tutte le mie forze un processo vero e proprio rifiutando ogni scappatoia legale e rifiutando la possibilità di un giudizio abbreviato nonostante la proposta molto vantaggiosa prospettata dalla Procura. Volevo un vero dibattimento per poter portare periti, ricercatori e testimoni e fare chiarezza, soprattutto dal punto di vista scientifico. E perché fosse un processo che “insegna qualcosa”, abbiamo chiesto e ottenuto che Radio Radicale potesse fin dalla prima udienza registrarlo e metterlo online.
Avevi timore che il quadro politico attuale potesse incidere negativamente sul processo?
No, questo timore, tra i tanti che avevo, proprio no. Mi sono aggrappato alla convinzione, dovuta forse al mio background politico liberale e radicale, che la Magistratura giudicante sia e resti un potere indipendente. E per dirla tutta abbiamo avuto una giudice che fin da subito confermava questa convinzione. Non tanto perché sono stato assolto, ma per il modo professionale con cui ha gestito il processo.
E’ stata imparziale, scrupolosa ed analitica nel leggere quella gigantesca mole di carte giudiziarie, umile nel chiedere ai testi o alle due parti chiarimenti quando qualche aspetto non le era chiaro, precisa nell’amministrare l’aula e anche nel bacchettare a volta noi, a volte il pubblico ministero. Per valutare la qualità giuridica della decisione dobbiamo aspettare il deposito delle motivazioni, ma son certo che anche da lì emergeranno le competenze giuridiche e professionali della giudice. Tutt’altra faccenda il giudizio verso la magistratura inquirente, quella che apre le inchieste, fa le indagini e rappresenta l’accusa in aula. Un’inchiesta tutta politica che non aveva senso di esistere, una gestione delle prove scandalosa, un teorema accusatorio inconsistente. In un Paese civile chi sbaglia, e così tanto, paga, ma in Italia, per parafrasare un celebre imputato che ha
subito un’ingiustizia incommensurabilmente più crudele della mia, Enzo Tortora, solo i bambini, i matti e i procuratori non sono responsabili delle proprie azioni. Grazie ai miei avvocati Turco, Gamberini e Bulleri, si è posto fine a quello che considero un barbarico abuso di potere. Il tema della responsabilità civile dei magistrati, soprattutto dei pubblici ministeri, dovrebbe essere centrale in una qualunque riforma della giustizia.
Cosa insegna la storia della canapa light?
Quando per primo in Italia diedi il via al commercio della cannabis light dichiarai pubblicamente di disobbedire a una legge che non prevedeva esplicitamente la vendita del fiore di canapa preconizzando quello che sarebbe accaduto nei mesi successivi: la nascita di centinaia di negozi specializzati e nuove aziende agricole per far sì che il legislatore, davanti all’evidenza della potenzialità del fiore come traino per tutta la filiera agroindustriale della canapa, correggesse la lacuna. Già alla nostra fondazione, avevamo dichiarato che la nostra ragion d’essere era e rimane il pieno riconoscimento della liceità della vendita del fiore di canapa. Ci abbiamo provato senza successo in dialogo con la politica e con le istituzioni, ci siamo riusciti nel primo processo penale.
Se la mia storia, e la storia della cannabis light, ha qualcosa da insegnare è che anche un atto solipsistico può generare rivoluzioni. O almeno un gran casino. Un’azione individuale di disobbedienza civile ha generato un intero settore legato alla canapa. Tradotto in numeri si parla oggi di circa 4.000 ettari coltivati per circa 3.000 imprese agricole e un migliaio di negozi specializzati con un centinaio di grossisti, per un fatturato complessivo di 500 milioni di euro l’anno. Di cui 150 rigirati allo Stato sotto forma di tasse. Questo ha creato la mia iniziativa solitaria. E circa 20.000 posti di lavoro, soprattutto giovani. E ne vado assolutamente orgoglioso.
E tu cosa hai imparato in questi anni di processo?
Ho imparato che per capire se la cannabis light abbia capacità drogante è più efficace e conveniente acquistarne un barattolo a circa 20 euro e provarla subito anziché sequestrarne 700 chili, imbastire un’inchiesta per tre anni, spendere una quantità esorbitante di soldi pubblici, avviare un processo e farlo durare altri tre anni. E, nonostante tutto, non riuscire comunque a dimostrare alcunché. Mi auguro l’abbia imparato anche il Procuratore di Parma Alfonso D’Avino.
La tua assoluzione implica che la sostanza che distribuivi non fosse
uno stupefacente. Cosa significa, oggi, questa assoluzione per la filiera della canapa?
Sono stato accusato anche di essere la “macchina del consenso” capace di propagare l’equivoco sulla liceità della vendita della cannabis light influenzando l’opinione pubblica, la politica, le istituzioni, i media e la magistratura associata…In aula ho terminato il mio intervento rivolgendomi alla giudice con queste parole “anche se la decisione che Lei dovrà assumere riguarderà soltanto me, gli effetti impatteranno necessariamente sulla vita di migliaia di persone, di colleghi, di ragazzi e ragazze che hanno investito le proprie risorse costruendo insieme a me questo settore imprenditoriale, agricolo e commerciale. Questa è la storia della cannabis light. Resta a Lei, ora, stabilire se sia solamente una storia criminale”.
Dal punto di vista giuridico, il processo a EasyJoint rappresenta un precedente importante per la canapa industriale in Italia. Ora le motivazioni della sentenza che mi assolve potrebbero fornire elementi giuridici a coloro che puntano a disinnescare la norma del governo Meloni. La struttura dell’accusa è identica alla struttura del decreto Sicurezza, per questo, quando arriveranno le motivazioni della sentenza, sarà interessante capire se potranno essere usate, e io credo proprio di sì, per smantellare il decreto Sicurezza. Io sono pronto a rimettermi all’opera.
Il Decreto Sicurezza, nel voler mettere fuori legge un'intera filiera, sfida la priorità del diritto UE ed ogni evidenza scientifica.
Anche il tribunale di Parma con la tua assoluzione decreta che i fiori di CBD non siano sostanza narcotica. A che gioco gioca il Governo?
Gioca al solito gioco della destra: inventa nemici, minacce e pericoli inesistenti, come i rave party, la ricerca sulla carne coltivata, la gestazione per altri, la “teoria gender”, la “sostituzione etnica”, per poi fornire al proprio elettorato cavernicolo finte e facili soluzioni. Spesso sgangherate. Il loro furore ideologico li porta a scrivere leggi che fanno strame di diritto, della scienza, della realtà, del buonsenso e, appena portate davanti a un giudice, vengono disapplicate perché contrarie al diritto italiano o comunitario. Ma intanto i proclami a reti unificate son partiti e l’effetto l’hanno ottenuto. Poi nel mezzo, tra l’approvazione di una legge e la sua decadenza, ci passa almeno un ricorso o un processo, anni di ingiustizia subita e soldi spesi, libertà compresse. Insomma, un calvario come quello da cui sto uscendo.
Come disinnescare le conseguenze nefaste del Decreto Sicurezza?
Con la disobbedienza politica, con la consapevolezza di essere tutti, dall’agricoltore al negoziante al dettaglio, dei militanti antiproibizionisti. Portando il decreto in tribunale facendo sì che ad essere processati siano il decreto e il proibizionismo tutto. Continuare a vendere e urlarlo pubblicamente perché si venga indagati e che si festeggi il sequestro e il processo, come abbiamo fatto noi di Easyjoint perché consapevoli non solo di esser dalla parte giusta, ma anche di aver ragione davanti ad un magistrato.
L'Italia è meno sicura quando la canapa è illegale? Perché?
Certamente è più povera a causa dell’eliminazione delle aziende della cannabis light e quindi delle loro, nostre, entrate fiscali. E' più povera perché chi può si sta trasferendo
all’estero, in paesi più civili e meno repressivi. E' più povera perché l’incertezza del diritto in tutti questi anni e poi l’illegalizzazione del fiore di canapa hanno fatto scappare tutti gli investitori esteri. Potenzialmente è meno sicura perché dove lo Stato vieta, il mercato nero ingrassa e per l’enorme distrazione di uomini, mezzi e risorse economiche dalla lotta alla criminalità alla caccia al fiore di canapa. Vista da Marte, questa situazione sembrerebbe grottesca, come lo è stato il mio processo. Invece è la triste realtà di quando a maneggiare il potere arrivano degli integralisti reazionari completamente scollegati dalla realtà.
Pensi di procedere alla richiesta danni?
Puoi scommetterci!
Conservare la vostra erba
di Robert B.
Quando si parla di marijuana, molti pensano che sia tutto merito del tetraidrocannabinolo psicoattivo (THC), che provoca lo sballo. Diversi altri cannabinoidi e terpeni, invece, sono fondamentali per la qualità dell’effetto. Se riuscite a mettere le mani su un po’ di dronabinol, avrete una droga finita che contiene solo THC come principio attivo. Le varietà altamente selezionate da coffee shop hanno spesso un contenuto di THC estremamente elevato, con altri cannabinoidi, come il cannabidiolo (CBD), presenti in concentrazione minore. Chi assume dosaggi elevati non gradirà più lo sballo, potrebbe diventare temporaneamente paranoico e sviluppare una ‘psicosi da fattone’ fino al giorno successivo.
Vari cannabinoidi e terpeni incidono in modo significativo sullo sballo o sull’effetto medicinale della marijuana o dei suoi estratti e preparati. In particolare, il suddetto CBD rende più piacevoli i dosaggi elevati di THC. Molti di coloro che ne fanno uso, quindi, non amano la marijuana con un contenuto di THC estremamente elevato. Preferiscono una marijuana più equilibrata e di più facile fruizione.
In questi tempi di ‘politica del disgelo’ si sta sviluppando sempre più consapevolezza su questi concetti di base. Possiamo cercare e scambiare informazioni in modo più facile, il che a volte rende le cose più complesse. Ma, per favore, non aspettatevi informazioni troppo approfondite in questo breve articolo.
THCA, DELTA-9-THC E 11IDROSSI-THC
Il THC ha diverse versioni molecolari. Queste molecole sono in parte assemblate nella pianta di cannabis. Il THCA, che non è psicotropo, si forma prima del Delta-9-THC, psicoattivo e medicinale. In questa fase preliminare (precurs-
I prodotti “commestibili” arriveranno sul mercato dopo la legalizzazione.
ore), la molecola viene convertita in Delta-9-THC all’interno della pianta o tramite riscaldamento. Se il Delta-9-THC viene fumato o nebulizzato sotto la lingua, si ingerisce Delta-9-THC. Ma per mangiarlo, è anche necessario scioglierlo in acidi grassi. Per farlo, si può prima di tutto preparare del burro di canapa per pasticceria. Verrà assorbito dall’intestino attraverso gli acidi grassi o un vettore che rende il cannabinoide
idrosolubile. Verrà poi metabolizzato dal fegato in 1- Idrossi-THC. Durante questo processo, una parte del principio attivo verrà scomposta, ma l’11-Idrossi-THC sarà più potente e il processo si equilibrerà in una certa misura.
Per alcune condizioni come i tumori, il Delta-9THC non dovrebbe essere inalato bensì ingerito, in quanto si ritiene che l’11-idrossi-THC contrasti
meglio il cancro; la ricerca in questo senso è ancora in corso. Con una canna, un paziente può mangiare meglio e sopportare il dolore provocato dal tumore. Con i biscotti al burro di hashish può anche lottare contro il cancro. Allo stesso tempo, non deve interrompere le altre terapie in corso, ovviamente, perché sarà difficile che qualche biscotto al burro di hashish sia sufficiente.
Nei fiori di marijuana sono presenti anche altri cannabinoidi, sia in fase precursore che in fase attiva. Il Delta-9-THC, tuttavia, ha una caratteristica particolare: si ossida se viene esposto all’ossigeno e quindi non è più efficace. Questo è il motivo per cui, per esempio, l’hashish in mattonella diventa nero verso i bordi e non all’interno. Quindi, mentre il Delta-9-THC si ossida all’aria, il THCA non si ossida. Quando viene
almeno metterli in un sacchetto chiuso con una fascetta. Avvolgerli nella pellicola, metterli sottovuoto o conservarli in un barattolo ben chiuso sarebbe ancora meglio. L’idea non è quella di aprire e chiudere continuamente il barattolo, ma di avere un barattolo per la conservazione e uno per il consumo continuo.
La marijuana, l’hashish o gli estratti dovrebbero essere sempre conservati al buio o in barattoli o
esposto al calore, mentre si fuma o durante la cottura, si trasforma nell’efficace Delta-9-THC. Questo significa che anche i fiori di marijuana conservati a contatto con l’aria avranno comunque un effetto.
Se siete alla ricerca di un effetto psicotropo, non dovreste conservare i fiori di marijuana, l’hashish o gli estratti all’aria aperta, dovreste
bottiglie in vetro marrone. Inoltre, la marijuana che deve essere conservata non deve essere umida. Neanche l’hashish e gli estratti devono essere esposti all’umidità. E non è tutto. Marijuana, hashish o estratti contengono i terpeni. Da soli non hanno probabilmente alcun effetto, ma incidono sull’effetto dei cannabinoidi. A quanto pare, diversi terpeni si integrano a vicenda. Ciononostante, sono estremamente volatili.
Alcuni terpeni volatilizzano già a temperature ambiente più elevate. La marijuana perde il suo sapore e il suo effetto non è più armonioso. Per questo motivo, in estate non si dovrebbero conservare i fiori di marijuana sotto il tetto, bensì in una cantina asciutta. Molti consumatori addirittura congelano le cime. Durante lo scongelamento, è importante controllare che non si sia formata umidità in alcuni punti del sacchetto, altrimenti i fiori dovranno essere essiccati di nuovo.
LA GIUSTA PREPARAZIONE
Dopo aver parlato di queste nozioni di base e della strategia per una conservazione adeguata, passiamo ora al metodo corretto di preparazione. Nelle cime di marijuana, i cannabinoidi sono presenti in uno stadio di precursori inattivi e
in composti molecolari attivi. Quando vengono riscaldati, i precursori si trasformano, per esempio, in Delta-9-THC, che si ossida all’aria. Chi è interessato all’effetto del Delta-9-THC o dell’11-Idrossi-THC dovrebbe aspettare a effettuare la decarbossilazione fino a poco prima del consumo. La decarbossilazione è il termine tecnico che indica la conversione, per esempio, del THCA in Delta-9-THC mediante il calore. Se il calore è eccessivo e troppo prolungato, tuttavia, il Delta-9-THC si decompone nuovamente.
I precursori di altri cannabinoidi possono essere convertiti mediante il calore in composti efficaci, per poi essere decomposti di nuovo. I vari cannabinoidi richiedono tempi e temperature diverse a tal fine, ma i fiori possono essere trattati solo secondo una di queste serie di parametri.
Di conseguenza, la scelta fra una decarbossilazione più volatile o più intensa dipende dalla varietà e dal procedimento applicato, ma non è possibile definire una formula empirica. Da 20 a 120 minuti a 80-140° centigradi sarebbe il parametro di riferimento. Si dovrebbe impiegare più tempo a temperature più basse e meno a temperature più elevate. A temperature più elevate, tuttavia, non rimarrà molto dei terpeni.
Se volete fumare una canna o un bong, riscaldate i fiori di marijuana in un vaporizzatore oppure usate il burro di canapa per la cottura, il calore produrrà già un effetto e innescherà automaticamente la decarbossilazione. Molti consumatori affermano che il riscaldamento prima del consumo o prima della lavorazione consente di ottenere un effetto maggiore in una fase successiva. In questo caso, però, la marijuana dovrebbe essere riscaldata per meno tempo o in modo meno intenso.
D’altro canto, chi trasforma la marijuana per farne unguenti, la mette in alcol o la trasforma in gocce o estratti che vengono ingeriti senza essere riscaldati, sprecherà tutto il suo THCA. In questo caso avrebbe senso mettere i fiori di marijuana in un forno adeguatamente riscaldato prima di trasformarli.
La decarbossilazione è estremamente importante, soprattutto in queste situazioni, poiché un buon terzo dei cannabinoidi presenti nei fiori di marijuana potrebbe essere presente come precursore inattivo.
Cultura della cannabis
Testo e immagini: Derrick Bergman / Gonzo Media
Dal 1888 l’Archivio Comunale di Amsterdam gestisce i documenti d’archivio sulla storia della capitale olandese e dei suoi abitanti. Tuttavia, gli oltre cinquanta chilometri di archivi contengono pochissimo materiale su ciò per cui la città è nota in tutto il mondo: la cultura della cannabis. Un nuovo progetto di archiviazione mira a cambiare questa situazione.
Il 23 maggio, nell’imponente edificio dell’Archivio Comunale, è stata lanciata la Collezione sulla cultura della cannabis di Amsterdam. L’archivista Renée Cranen, promotrice del progetto, ha lavorato in un coffee shop e conosce quindi la
cultura dall’interno. È riuscita a entusiasmare i colleghi all’idea di creare una collezione sulla cultura della cannabis ad Amsterdam.
L’Archivio Comunale dispone di materiale sulla cannabis e sui coffee shop, ma si tratta soprattutto di documenti relativi ai problemi di parcheggio davanti a un coffee shop.
Questi documenti raccontano naturalmente solo una piccola parte della storia della cultura della cannabis ad Amsterdam. Per questo motivo l’Archivio ha stanziato tempo e fondi per raccogliere materiale da aziende, organizzazioni e privati.
Il progetto è stato avviato con alcune presentazioni e due tavole rotonde. Erano presenti i fondatori del primo e più famoso coffee shop di Amsterdam: Wernard Bruining (74) del Mellow Yellow e Henk de Vries (75) del The Bulldog. Queste leggende viventi hanno raccontato dei primi anni dei coffee shop all’inizio degli anni ‘70.
Wernard Bruining ha spiegato come i coffee shop siano nati non grazie, ma nonostante il governo.
Chiunque disponga di materiale d’archivio in particolare sulla cultura della cannabis ad Amsterdam e desideri donarlo all’Archivio Comunale può mettersi in contatto con lo stesso via email: verwerving.saa@amsterdam.nl.
Nota bene: l’archivio raccoglie solo documenti e file digitali, come documenti cartacei, album fotografici, corrispondenza e-mail e disegni. L’archivio non raccoglie libri né oggetti.
“I coffee shop sono nati perché non sono riusciti a eliminarli. Abbiamo scoperto che non potevano chiudere un locale se al suo interno si trovava qualcuno con una dose eccessiva di fumo o hashish. Non esisteva una legge che lo vietasse”. All’interno poteva quindi esserci sempre uno spacciatore che lavorava in segreto con il negozio.
August de Loor, esperto navigato di droghe e pioniere della riduzione del danno, ha affermato che con l’ascesa dell’eroina a partire dal 1972, i coffee shop sono diventati alleati del governo. L’eroina era un problema molto più grave della cannabis e i coffee shop hanno contribuito, e continuano a contribuire, a separare il mercato della cannabis da quello delle droghe pesanti.
Tutti i relatori hanno criticato la tendenza dei coffee shop ad abolire le aree di consumo e a trasformarsi in negozi da asporto. Questo significa che perdono il loro carattere unico e la loro funzione sociale di luogo dove le persone possono consumare cannabis in compagnia. Henk de Vries ha invitato i colleghi a valorizzare questa funzione sociale e a “non diventare farmacie”.
‘Quando spacciavo erba, facevo trucchi per i clienti”.
Il mago americano Ben Zabin ha tenuto il suo primo spettacolo europeo Smokus Pocus il 20 aprile, al teatro Boom Chicago di Amsterdam: esalta il tuo 4/20 con una notte di magia con un effetto davvero diverso! Prodezze e trucchi innovativi si fondono con il mondo dell’erba, quando il mago Ben Zabin accompagna il pubblico in un viaggio di dissolutezza dank. Appaiono barattoli di cime, accendini che prendono vita e bong che piegano la realtà in uno spettacolo indimenticabile, progettato per affascinare sia gli strafatti che i sobri.
Soft Secrets ha fatto alcune domande a Ben Zabin.
Prima d’iniziare a fare il mago sulle navi da crociera, spacciavi erba. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?
Ho lasciato l’università per diventare mago a tempo pieno e all’epoca vivevo a Boston, MA. Ero circondato da molte persone che avevano bisogno di erba, così ho pensato di mantenermi con un reddito extra vendendola. In quel periodo tutti gli altri vendevano l’erba in sacchetti di plastica economici, ma io mi sono reso conto che potevo far pagare la stessa erba di più mettendola in sacchetti in mylar più eleganti.
Lavoravi come mago sulle navi da crociera fino all’inizio della pandemia di COVID. Come ti èvenuta l’idea di unire erba e magia?
Quando vendevo erba, a volte facevo dei trucchi per i clienti e questo mi ha fatto capire quanto la magia e l’erba andassero d’accordo. Nel frattempo, stavo cercando di fare la mia scalata nello showbiz ed ero arrivato a fare spettacoli sulle navi da crociera (purtroppo senza erba sulle navi), ma non mi piaceva granché. Quando è iniziata la pandemia e il lavoro sulle navi da crociera si è fermato in modo repentino, ho deciso che era giunto il momento di attuare un cambio di rotta e di lanciare lo spettacolo di magia sull’erba a cui avevo pensato. Mi sono quindi trasferito dall’altra parte del Paese, a Portland, in Oregon (noto per la cultura dell’erba) e ho tenuto il mio primo spettacolo nel maggio del 2021.
Hai una varietà preferita? E come ti piace consumare l’erba? Canne, vape, bong?
Sono un po’ all’antica – preferisco fumare cime in una pipa o in un bong e sono un tipo da sativa. Non ho grandi esigenze in fatto di varietà, ma la mia erba preferita (e la maggior parte di quella che fumo) viene coltivata nel Pacifico nord-occidentale (Stati Uniti).
Hai mai avuto problemi con la legge durante i tuoi spettacoli? O mentre non li facevi?
In linea di massima non ho avuto problemi con la legge con Smokus Pocus. Ricevo alcune chiamate dalle forze dell’ordine locali che chiedono informazioni sull’erba che uso nello spettacolo, ma per lo più vogliono solo assicurarsi che non sia nel business della vendita di prodotti a base di THC.
Usi cannabis vera durante i tuoi spettacoli?
Sì. Nel barattolo che vedi in una delle foto ci sono più di 100 grammi di Sour Diesel.
Ti sei mai esibito in altri Paesi europei? Ti piacerebbe?
È stato il mio primo spettacolo in Europa! Da un paio d’anni a questa parte ho dato in licenza lo spettacolo a un mago canadese che fa i nostri spettacoli in Canada (si chiama Eric Leclerc, è un grande), ma mi piacerebbe espandermi anche in altri Paesi europei.
Hai fatto degli spettacoli nel dispensario di cannabis Planet 13 a Las Vegas. Hai mai incontrato o visto il famoso mago olandese Hans Klok?
Ricordo che da bambino guardavo le videocassette di Hans Klok e da grande volevo essere come lui. Quale giovane mago non vorrebbe fare illusioni con Pamela Anderson a Las Vegas? E ha la migliore capigliatura nel mondo della magia – quell’uomo è una leggenda. Non l’ho mai incontrato, ma mi piacerebbe fumarmi una canna con lui.
Ultima domanda. Come ti è venuto in mente il nome Smokus Pocus? E hai mai sentito parlare della canzone Hocus Pocus della band olandese Focus?
Devo riconoscere a mio padre il merito di questo nome. È stata la prima cosa che gli è uscita dalla bocca quando gli ho parlato dell’idea che mi era venuta. Mi è sempre piaciuta la canzone Hocus Pocus, ma non sapevo che fosse di una band olandese!
www.smokuspocus.com
Award-Winning cannabis cultivation author Jorge Cervantes teams up with Seedsman for a FREE, comprehensive digital book on home growing.
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Co-Authors
Chief Scientific Officer, Dr. Gary Yates
Stefan Meyer
Table of Contents
• Cannabis Botany
• Life Cycle of Cannabis
• Cannabis Seeds & Seedlings
• Plan Your Garden
• Grow Room Setup
• Twelve-week Garden
• Harvest, Manicuring, Drying, Curing & Storage
• Diseases, Pests & Problems
Author Marijuana Horticulture.
Legendary Jorge Cervantes, published in eight languages sold over a million copies worldwide.
CANNABIS EXPERT VS BEGINNER IN EIGHT EPISODES
Scegliere il fertilizzante giusto è una delle decisioni più importanti nella coltivazione della cannabis. La scelta influisce direttamente sulla resa, sulla qualità del raccolto e sulla salute complessiva delle piante. Tra le opzioni più comuni troviamo i fertilizzanti liquidi e quelli solubili in polvere. Entrambi offrono vantaggi e svantaggi. Conoscerli a fondo aiuta i coltivatori a fare scelte consapevoli, adattate alle proprie esigenze specifiche.
Fertilizzanti liquidi: praticità e uniformità I fertilizzanti liquidi offrono numerosi vantaggi che li rendono molto apprezzati, soprattutto da chi cerca semplicità e risultati prevedibili. Uno dei principali punti di forza è la facilità d’uso. I fertilizzanti liquidi arrivano già miscelati e sono pronti per essere diluiti nell’acqua prima dell’applicazione. Questo rende l’intero processo più rapido e meno faticoso, con un notevole risparmio di tempo e manodopera.
Un altro aspetto importante è l’uniformità. Essendo soluzioni omogenee, garantiscono una distribuzione regolare dei nutrienti, con effetti positivi sulla crescita equilibrata delle piante. Inoltre, i nutrienti contenuti nei fertilizzanti liquidi vengono assorbiti facilmente dalle radici o dalle foglie, migliorando l’efficienza dell’intervento. La loro solubilità immediata permette un’assimilazione
Fertilizzanti solubili in polvere: flessibilità e risparmio
I fertilizzanti solubili in forma secca stanno guadagnando sempre più popolarità, soprattutto grazie al loro costo contenuto e alla possibilità di personalizzazione. Il prezzo d’acquisto è generalmente più basso e anche le spese di trasporto risultano ridotte, grazie al loro formato compatto e leggero. Inoltre, occupano poco spazio, un vantaggio non da poco per chi ha magazzini piccoli o lavora in spazi ristretti.
Un altro punto di forza è la durata. Se conservati correttamente, i fertilizzanti secchi possono conservare le proprie caratteristiche per lunghi periodi. Questo è ideale per chi desidera fare scorte senza il rischio di sprechi. Inoltre, permettono una grande libertà nella preparazione di miscele personalizzate. I coltivatori possono dosare con precisione i singoli elementi nutritivi, creando combinazioni su misura per le proprie piante. Dall’altro lato, è necessario considerare che l’uso dei fertilizzanti secchi richiede più tempo e attrezzature specifiche.
Prima dell’uso devono essere disciolti in acqua per creare una soluzione madre, e il processo può essere più complesso rispetto ai liquidi. Possono servire miscelatori, serbatoi e strumenti di dosaggio. Se la miscela non è ben amalgamata,
rapida ed efficace. Va però tenuto conto di alcuni aspetti pratici. I fertilizzanti liquidi tendono ad avere un prezzo leggermente più alto rispetto a quelli secchi solubili. Inoltre, occupano più spazio per lo stoccaggio e comportano costi di trasporto maggiori, a causa del peso e del volume. Nonostante ciò, la facilità d’utilizzo e l’affidabilità nel lungo periodo rappresentano per molti un buon motivo per preferirli. In più, non serve quasi nessuna attrezzatura aggiuntiva.
si rischiano dosaggi irregolari, con possibili conseguenze negative sulla crescita uniforme delle piante. Per esempio, prendere a caso cucchiai da una miscela non ben omogenea può causare sbalzi nella concentrazione dei nutrienti.
Un’ulteriore difficoltà può essere la formazione di grumi o incrostazioni, soprattutto se i fertilizzanti sono esposti all’umidità. Questo può rendere difficile la dissoluzione e portare alla formazione di
CARATTERISTICA FERTILIZZANTI LIQUIDI FERTILIZZANTI SOLUBILI Praticità Altissima – pronti all’uso Serve tempo per preparare Assorbimento Veloce e uniforme Richiede dissoluzione accurata
Personalizzazione Limitata Alta – si possono creare miscele
Costo iniziale Leggermente più alto Più economico all’acquisto Spazio & trasporto Più ingombranti e pesanti Compatti e facili da stoccare Durata Meno stabili nel lungo periodo Lunga durata se ben conservati
Errori di dosaggio Rari – prodotto già omogeneo Più probabili se non ben miscelato
Ideale per chi... Vuole semplicità e affidabilità Cerca risparmio e controllo totale
sedimenti nei serbatoi, o peggio ancora, causare blocchi nei sistemi di irrigazione. Per evitare questi problemi è fondamentale scegliere fertilizzanti solubili di alta qualità e seguire con attenzione le istruzioni di preparazione.
Come scegliere al meglio Non esiste una risposta unica. La scelta tra fertilizzanti liquidi e solubili dipende dal tipo di coltivazione, dal livello di esperienza del coltivatore e dalle risorse disponibili. I fertilizzanti liquidi sono perfetti per chi cerca velocità, semplicità e risultati costanti. I fertilizzanti solubili, invece, offrono maggiore flessibilità, controllo e risparmio economico, ideali per chi ama sperimentare o ha esigenze molto specifiche. Prima di decide-
re è importante valutare alcuni aspetti pratici: quanto tempo puoi dedicare alla preparazione dei nutrienti? Quanto spazio hai a disposizione per conservare i prodotti? Quanto controllo vuoi avere sulla composizione dei fertilizzanti? Conoscere bene i punti di forza e le sfide di entrambe le soluzioni ti permette di scegliere in modo consapevole. In questo modo potrai sostenere la salute delle tue piante e ottenere raccolti sempre più soddisfacenti, coltivando con passione e intelligenza.
Consiglio dell’esperto: Se sei all’inizio o vuoi evitare complicazioni, scegli i liquidi. Se invece ti piace avere il controllo totale e personalizzare l’apporto nutritivo, i solubili sono la scelta giusta.
Coltiva con Stoney Tark
Di Stoney Tark
Le piante a fotoperiodo sono le piante di cannabis che dipendono da un ciclo di luce per crescere. Al chiuso, ad esempio, le piante a fotoperiodo rimangono in fase vegetativa se il fotoperiodo è 18/6, per poi fiorire quando ricevono 12 ore di buio e 12 ore di luce.
Le piante a fotoperiodo vegetano all’aperto da maggio alla fine di luglio, prima di passare alla fioritura. In questo periodo, si allungano e raddoppiano o triplicano le proprie dimensioni, cominciano a mostrare i pre-fiori e successivamente sviluppano le cime.
I VANTAGGI DELLA COLTIVAZIONE DI PIANTE A FOTOPERIODO
Le piante a fotoperiodo possono diventare piante molto grandi all’aperto durante l’estate, il che consente di ottenere raccolti enormi. Rispetto alle autofiorenti, le piante a fotoperiodo richiedono molto più tempo, impegno e manutenzione. Un coltivatore può effettuare training su una pianta a fotoperiodo per mesi, il che significa che
la forma e la struttura possono essere manipolate per ottenere il risultato desiderato. Sulle piante autofiorenti non si può effettuare training per più di 4 settimane, poiché la fioritura viene indotta a prescindere, indipendentemente dal numero di ore d’illuminazione.
Le piante a fotoperiodo possono essere clonate durante la fase vegetativa, il che significa che è possibile produrre una pianta vera e propria che è un clone genetico della pianta da cui è stata prelevata.
I cloni possono essere trasformati in piante madri, il che consente di ottenere altri cloni in futuro. Una pianta madre può essere coltivata indoor con un fotoperiodo 18/6 e, se non si consente loro di fiorire, le piante madri possono essere mantenute in vita per anni senza problemi.
Online si può acquistare un’ampia gamma di piante di cannabis a fotoperiodo, che possono essere regolari o femminizzate. La maggior parte delle banche di semi vende piante a fotoperiodo
femminizzate, il che vi evita la necessità di sessare le piante ed eliminare i potenziali maschi.
PIANTE DI CANNABIS AUTOFIORENTI
Le autofiorenti sono piante di piccole e medie dimensioni che contengono un gene chiamato Ruderalis. Questo significa che saranno identiche alle piante a fotoperiodo. Ciononostante, hanno un ciclo di vita breve dal seme al raccolto, in genere di circa 10-12 settimane. Le piante di cannabis autofiorenti possono essere coltivate indoor con fotoperiodo 18/6 o 20/4, ottenendo risultati eccellenti.
Supponiamo che desideriate una pianta di medie dimensioni che mantenga un profilo basso, che richieda poca manutenzione e che sia eccezionalmente resistente ai climi freddi. In questo caso, le autofiorenti sono la vostra migliore opzione. Rispetto alle piante a fotoperiodo di grandi dimensioni, i coltivatori che vivono estati brevi troveranno nelle autofiorenti le migliori genetiche con cui lavorare.
Grazie alla loro altezza medio-contenuta, le autofiorenti possono essere piantate in svariati spazi esterni, come un balcone, una terrazza, una serra o un giardino sul retro, ma anche un ampio davanzale che riceve la luce del sole. Le autofiorenti sono incredibilmente diverse e possono essere coltivate in un giardino soleggiato in diverse posizioni.
Le autofiorenti non richiedono molta manutenzione e sono molto facili da coltivare. Sono ideali per i coltivatori alle prime armi o per chi non riesce a occuparsi quotidianamente delle proprie piante di cannabis a causa di grandi impegni lavorativi.
Le piante autofiorenti sono ottime se si vuole nascondere il proprio raccolto outdoor ai vicini e alle autorità. Ho coltivato diverse autofiorenti in configurazioni Sea of Green nel mio giardino sul retro, senza che raggiungessero più di 100 cm di altezza.
Con un passaggio così rapido dal seme al raccolto, un coltivatore può piantare autofiorenti ogni 11-12 settimane, il che significa che, nelle giuste circostanze, è possibile raccogliere le autofiorenti una dopo l’altra. Supponiamo che sappiate che le vostre piante a fotoperiodo non hanno mai avuto la possibilità di maturare completamente a causa di condizioni meteo limitanti. In questo caso, non potrete sbagliare con le autofiorenti, se piantate da maggio all’inizio di agosto.
Le piante di cannabis autofiorenti potrebbero non consentire al coltivatore di effettuare training in modo continuo, a differenza di quelle a fotoperiodo. Ciononostante, se le legate verso il basso e
utilizzate vasi grandi, otterrete risultati nettamente migliori. Evitate di cimare le piante autofiorenti, soprattutto quando si avvicinano al 28° giorno dalla germinazione, perché non avranno tempo a sufficienza per riprendersi e vi ritroverete con piante di piccole dimensioni.
3 DRITTE DA TENERE IN CONSIDERAZIONE
Dritta n. 1:
Coltivare piante di cannabis autofiorenti e a fotoperiodo una di fianco all’altra è un ottimo modo per pianificare diversi raccolti durante l’estate. Potete raccogliere le piante autofiorenti a luglio e agosto, per poi prepararvi per un altro grande raccolto a metà o fine settembre.
Dritta n. 2:
I coltivatori del Nord Europa che non possono fruire di un clima soleggiato costante si renderanno conto di come le autofiorenti siano le piante di cannabis più resistenti per la loro situazione. Non c’è niente di peggio di una pianta a fotoperiodo che non ha avuto la possibilità di produrre cime grandi e grasse a causa del clima, effettuate quindi una ricerca sulle autofiorenti di Indica a fioritura rapida disponibili sul mercato.
Dritta n. 3:
Se decidete di lavorare con piante di cannabis a fotoperiodo, utilizzare semi femminizzati garantirà che ogni pianta produca femmine e solo cime. I semi regolari possono produrre piante maschili e richiederne quindi la rimozione, limitando il numero finale di piante e i potenziali raccolti.
Le piante a fotoperiodo richiedono un impegno maggiore rispetto alle autofiorenti. Ciononostante, le rese sono nettamente migliori. La coltivazione di autofiorenti in configurazione Sea of Green è un modo per produrre un raccolto epico in tempi rapidi.
Di Fabrizio Dentini
Quando si parla di cannabis e regolamentazione, all'interno del panorama informativo nostrano, e ovviamente al di fuori delle nostre iper-specializzate colonne, è davvero difficile trovare una voce informata e pertinente.
Una voce fuori dal coro, insomma, che non ripeta a pappagallo gli sconci mantra del proibizionismo italico. Nadia Ferrigo, giornalista della Stampa, rappresenta quindi un'apprezzata sorpresa. Le diamo quindi oggi il benvenuto ed il microfono per presentarci il suo ultimo libro di inchiesta sul tema cannabis e legalizzazione: “ L'erba e le sue buone ragioni”...
Intanto ti presenti ai nostri lettori?
Mi chiamo Nadia Ferrigo, 40 anni appena compiuti, giornalista, vivo a Milano e lavoro per il quotidiano La Stampa. Scrivo, tra le altre cose, di droghe. Sulla legalizzazione negli Stati Uniti ho registrato con Luca Marola il podcast "L'erba del vicino" per il Post e nel 2020 con People ho pubblicato il libro "Easy narcos, la sfida della canapa legale".
Cosa ti ha spinto a dedicare un libro alla canapa ed ai paradossi che ne avvolgono l'esistenza?
L’illogico paradosso, la presa in giro collettiva. I danni alla salute pubblica, lo sperpero di denaro e le vite rovinate. Quando parlo di cannabis tanti mi dicono “scusa non ne so niente io non mi faccio le canne”. Ma la liberalizzazione riguarda tutta la società, come dice la copertina del libro. Siamo il paese che santifica l’alcol, permette il gioco d’azzardo ovunque, si imbottisce di psicofarmaci. Però se si parla di cannabis.. la pianta del diavolo.
Cosa ti ha colpito maggiormente nel tuo percorso di ricerca?
Ho incontrato persone molto diverse tra di loro, che probabilmente sedute allo stesso tavolo non avrebbero niente da dirsi o peggio non sarebbero d'accordo su niente.
Scienziati e santoni, attivisti, imprenditori.. Ma la convinzione che la canapa non vada cancellata li unisce tutti, con modalità diverse, a volte opposte, portano avanti un pezzettino ciascuno della stessa battaglia.
L'ERBA NON DOVREBBE ESSERE UNA QUESTIONE DI DESTRA O DI SINISTRA, MA CHE RIGUARDA TUTTI
Hai dedicato il tuo libro ai " disobbedienti". Per quale motivo?
C’è il diritto positivo, che sono le leggi, e quello naturale, dove si parla di quel che sentiamo come giusto. I miei disobbedienti sono tutte persone che non si sono accontentate delle risposte date e ne hanno cercate di proprie. Tutti hanno rischiato, tutti navigano da sempre in direzione ostinata e contraria. Il libro è dedicato a loro.
Parlando di cannabis, la società civile italiana ha un atteggiamento molto più rilassato rispetto alla classe politica che la rappresenta. Come spieghi questo scarto?
Vero, la cannabis ormai è anche abbastanza conosciuta e tollerata. Ma fumare o consumare in altro modo l'erba resta ancora un tabù.
Sono moltissimi i consumatori abituali over 30, che la sera tornano a casa e invece di
aprire una birra fumano l'erba. Si fa, ma non si dice. Il cambiamento potrebbe passare anche per una presa di coscienza collettiva.
Perché regolamentare la cannabis è un lavoro da conservatori?
Da un punto di vista squisitamente liberale, lo Stato non deve entrare nel tuo salotto per vedere e giudicare cosa fai. Se non fa male agli altri, ma solo a te stesso, allora sei libero di farlo.
La tessera numero 2 di Forza Italia, Antonio Martino, che si descriveva come "semplicemente liberale" era a favore della legalizzazione. Negli Stati Uniti non se ne fa nemmeno più una battaglia politica, non è di destra o di sinistra.
Anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump per esempio ha graziato delle persone condannate all'ergastolo per crimini connessi all'erba e si è più volte dichiarato favorevole alla legalizzazione e non è certamente un hippy. Anzi. L'erba non dovrebbe essere una questione di destra o di sinistra, ma che riguarda tutti.
Cosa ci insegna il modello tedesco e perché le profezie proibizioniste sono pretestuose perché non si avverano?
Il modello tedesco ci può insegnare due cose. Primo, ogni paese deve pensare e costruire il proprio modello. Quello che può funzionare in una parte del mondo potrebbe non funzionare dall'altra.
In Germania per esempio è vietata la pubblicità, l'idea è tutelare la salute del consumatore e arginare il traffico illegale. La cannabis all'Oktober Fest è vietata. Chiaro che non si è voluto creare un "turismo da cannabis", come per esempio accade in Spagna. Il legislatore tedesco si è anche dato un periodo di tempo di due anni per monitorare e gli effetti della legalizzazione e se necessario aggiustare il tiro.
Mi sento abbastanza sicura nel dire che come non è successo nel resto del mondo nemmeno in Germania ci saranno buchi nel cervello o un'impennata di incidenti stradali e tossicodipendenti. Non sono nemmeno profezie, sono solo bufale.
Hasch Special
sudestfam@protonmail.com
Il laboratorio per l'estrazione del water hash è un requisito fondamentale per gli hashmakers che vogliono portare il loro lavoro ad un livello successivo. Un ambiente pulito, con il clima controllato, comodo e ben attrezzato possono fare la differenza sul prodotto finale.
Lavare la cannabis all'interno di un laboratorio consente di lavorare in un ambiente privo di contaminazioni, garantisce una temperatura fredda, imprescindibile soprattutto per l'estrazione della resina da materiale fresco congelato, WPFF. La resina viva è difficile da maneggiare con un clima caldo e umido, si appiccica rapidamente dappertutto. Inoltre un ambiente di lavoro progettato in modo ergonomico favorisce la produttività e riduce lo stress.
Seguendo questa guida passo per passo potrete costruire facilmente un Hash Lab professionale.
LOCATION
Il luogo dove allestire il laboratorio deve essere fresco e asciutto, le cantine e le stanze a piano a terra sono la migliore opzione, è importante che non sia esposto direttamente al Sole per favorirne il controllo del clima. Le stanze di passaggio non sono adatte perché si aumenta la probabilità di contaminare gli estratti prodotti.
Per realizzare un laboratorio non sono necessari spazi enormi, una stanza di circa 15 metri quadrati è sufficiente per produrre più di 1 chilogrammo al giorno di fresh frozen water hash. Il luogo deve essere munito di un buon sistema elettrico in grado di fornire l'energia necessaria per il funzionamento di alcune macchine come il Freeze Dryer o la Rosin Press.
La gestione dell'acqua è un altro fattore importantissimo, avere a disposizione una fonte d'acqua come un rubinetto dotato di scarico semplifica molto il lavoro. Dotare il pavimento con una canalina per lo scarico dell'acqua è una miglioria molto comoda. Il pavimento e le pareti di un laboratorio devono essere impermeabili e facilmente lavabili, riguardo il pavimento si può optare per l'installazione di un semplice tappeto di gomma nero antiscivolo, mentre per le pareti si possono adottare soluzioni differenti come i pannelli sandwich, le lastre in FRPV oppure i rotoli di materiale isolante
autoadesivi. Le pareti lisce sono più facili da pulire. Le celle frigorifere sono il luogo migliore dove allestire un laboratorio, nascono già attrezzate di molti dettagli importanti. Un'alternativa economica ma efficiente è l'impiego di un grow box, facile da installare e mantenere pulito.
ELETTRICITA
Un requisito fondamentale all'interno di un laboratorio è la sicurezza, le prese elettriche devono essere impermeabili e posizionate in alto per ridurre il rischio di incidenti. Alcune macchine potrebbero avere bisogno di una linea specifica dotata di interruttore con magnetotermico. Il fabbisogno di elettricità di un laboratorio dipende dalle apparecchiature installate all'interno; il freeze dryer assorbe in media 1000 watt per ora durante tutto il processo di essiccamento del water hash, con picchi massimi di 1500 watt.
Anche la pressa per il rosin e il condizionatore d'aria hanno un consumo di circa 1000 watt ciascuno, mentre per il deumidificatore il carico si riduce a 500 watt. Nei sistemi monofase, con tensione di corrente di 220V, il carico totale di un laboratorio completo di tutte le attrezzature si attesta a circa 25 Amp.
La qualità dell'acqua utilizzata per lavare la marijuana durante il processo di estrazione incide notevolmente sul risultato finale. L'acqua dura e calcarea non è adatta per fare un hash 6-stars, è piena di residui che contaminano la resina. La soluzione migliore è l'installazione di una pompa ad osmosi inversa per avere sempre a disposizione acqua pulitissima, l'unico svantaggio è lo spreco esagerato che comporta la sua produzione. I depuratori d'acqua domestici rappresentano una buona alternativa poco costosa. I filtri UV per la sterilizzazione dell'acqua sono un ottimo accessorio per migliorarne ulteriormente la qualità.
Per lavorare con piante fresche congelate e raccogliere facilmente la resina estratta senza il rischio di compromettere il lavoro è necessario un clima freddo e secco. Il range di temperatura ideale va da 4 a 12°C e il tasso di umidità non deve essere superiore al 55% per favorire la separazione della resina dal
materiale vegetale. Per ottenere la temperatura ideale è necessaria l'installazione di un unità di refrigerazione per celle frigorifere oppure in alternativa si può modificare un normale condizionatore d'aria e trasformarlo in una potente camera frigorifera. Alcuni condizionatori d'aria permettono di modificare la sonda che rileva la temperatura ambientale, posizionandola a contatto con
con i principali modelli presenti sul mercato. Il costo del CoolBot originale è di circa 400 euro ma ci sono anche modelli alternativi più economici.
Seguire alcuni principi di ergonomia per stabilire la disposizione di tutta l'attrezzatura
una fonte di calore il condizionatore non rileva correttamente la temperatura raggiunta e continua a soffiare aria fredda. L'opzione migliore è l'installazione di un CoolBot, un dispositivo nato per questo scopo. Per ottenere un clima secco potrebbe essere necessario un deumidificatore, soprattutto nelle giornate più umide, in alternativa si può impiegare un estrattore che evacua l'aria fuori dal laboratorio. L'estrattore d'aria, dotato di filtro ai carboni attivi, è necessario in tutti i casi per il trattamento degli odori che emana la marijuana.
COOLBOT
Il CoolBot è un dispositivo brevettato che permette di trasformare un normale condizionatore in un Walk-In Coler, cioè un'unità di refrigerazione per celle frigorifere. Il suo funzionamento è abbastanza semplice, il dispositivo consente di bypassare il termostato del condizionatore d'aria al quale segnala una temperatura più calda di quella reale, in questo modo il compressore continua a spingere alla massima potenza. Un sensore aggiuntivo controlla la temperatura della ventola che soffia l'aria, quando sta per congelarsi il CoolBot blocca il funzionamento del condizionatore consentendogli di sbrinarsi. È facile da installare ed è compatibile
è utile per semplificare il processo di estrazione. Se il lavaggio della marijuana viene eseguito con le lavatrici sarebbe opportuno posizionarle sopra un ripiano più alto dei secchi contenenti le bubble bags per favorire lo scarico dell'acqua alla fine di ogni lavaggio. Alcune lavatrici industriali nascono già dotate di supporti rialzati.
Un tavolo di appoggio, immediatamente al lato della postazione destinata al lavaggio, potrebbe tornare molto utile. Le apparecchiature elettriche, come il freeze dryer e la pressa per il rosin, devono stare il più lontano possibile dall'acqua.
Una scaffalatura all'interno del laboratorio potrebbe servire per tenere in ordine tutti gli strumenti di lavoro necessari. Per appendere le sacche ed evitare che si sporchino si può optare per l'installazione di un barra portasciugamani dotata di ganci ad S.
EQUIPAGGIAMENTO
Un Hash Lab completo è dotato di tutti gli strumenti che servono per estrarre la resina, per la sua cura e la sua conservazione. Per eseguire il lavaggio manualmente sono necessari dei secchi rotondi delle dimensioni adeguate alle bubble bags utilizzate. I secchi
di plastica vanno benissimo ma il materiale migliore è l'acciaio perché la temperatura all'interno rimane stabile più a lungo. Per lavare a mano è indispensabile un remo da canoa.
Per lavare con la lavatrice si può optare per una soluzione economica, impiegando una lavatrice di plastica simile a quelle da campeggio, oppure comprare dei modelli specifici come quelli dell'azienda LowTemp, ma non sono alla portata di tutti. Rivestire la lavatrice o il bidone dell'acqua con un isolante termico, come le giacche termiche della marca PellePolare, favorisce la stabilità della temperatura richiesta. Le bubble bags sono imprescindibili per il water hash, le sacche migliori sono quelle all-mesh.
Per monitorare la temperatura dell'acqua è necessario un termometro, i modelli laser sono precisi e istantanei. Per raccogliere la resina dal fondo delle sacche un polverizzatore d'acqua risulta molto utile, quelli elettrici sono l'opzione migliore. Il metodo migliore per essiccare la resina è con l'ausilio del freeze dryer, in alternativa si può utilizzare un frigo no-frost per un'essiccazione lenta e naturale.
In questo caso potrebbero tornare utili i cartoni della pizza per collocare la resina al -
l'interno del frigo e occuparne tutto lo spazio se necessario. A seconda della quantità di marijuana a disposizione sarà necessario un numero adeguato di congelatori a pozzetto. Il minifrigo portatile conosciuto con il nome ICure è un accessorio utile per la cura dell'hashish.
Carta forno, colino d'acciaio, cucchiai, dabber, vasetti di vetro di varie dimensioni, macchina del sottovuoto, etichette e guanti in lattice sono tutti componenti che non possono mancare. Un vestiario adeguato è indispensabile per mantenere alto il livello di pulizia, camice e cuffia devono stare sempre a portata di mano.
Infine per completare l'equipaggiamento del laboratorio non può mancare una pressa pneumatica per il rosin.
La spesa necessaria per realizzare un laboratorio per l'estrazione di hashish completo di tutto dalla A alla Z parte da circa diecimila euro. Il freeze dryer e la pressa per il rosin incidono sulla metà del preventivo.
Il costo può lievitare ulteriormente se si opta per attrezzature specifiche ancora più costose.
Di Olivier F
Plinio il Vecchio nacque nel 23 d.C. a Como, nell’Italia del nord. Da giovane, il padre lo portò a Roma e affidò la sua educazione al poeta e generale Publio Pomponio Secondo. Appartenente alla classe sociale dei cavalieri romani, intraprese la carriera equestre nell’amministrazione imperiale. Nominato amministratore imperiale nella Gallia Narbonese, iniziò a raccogliere osservazioni su geografia fisica, idrografia, meteorologia, fauna, flora, cerealicoltura, viticoltura e metodi di coltivazione adatti al clima. La Storia Naturale è l’unico libro di Plinio il Vecchio giunto ai nostri tempi. In una lettera cita tutte le sue opere: Sull’arte di lanciare da cavallo (1 libro), De vita Pomponii Secundi (2 libri), Bella Germaniae (20 libri), I dubbi di lingua (8 libri), Continuazione della storia di Aufidio Basso (31 libri) e Historia Naturalis (37 libri).
Historia Naturalis è un’enciclopedia che raccoglie gran parte delle conoscenze dell’epoca. L’opera di Plinio il Vecchio fu realizzata sotto la direzione dell’imperatore romano Nerone. I libri dal XII al XXVII trattano di botanica. Plinio raccolse tutte le conoscenze sulle piante dell’epoca.
Queste opere sono il risultato della lettura di libri, di osservazioni effettuate in natura e di incontri con medici ed erboristi. Contengono informazioni sulla botanica delle piante, sulle loro proprietà officinali e “magiche” e sul loro uso alimentare.
I LIBRI XIX E XX CONTENGONO BRANI SULLA CANNABIS
“C’è la canapa, pianta utile per fare corde, e seminata in genere dopo che i venti occidentali hanno cominciato a soffiare e a portarla via: più la si semina fitta, più gli steli sono sottili. Il seme viene raccolto quando è maturo, dopo l’equinozio d’autunno. Viene essiccato dall’azione del sole, del vento o del fumo. La canapa stessa viene
raccolta subito dopo il raccolto e viene mondata e pulita dai lavoratori durante la notte”. (Libro XIX, La natura e la coltivazione del lino e un resoconto di varie piante da giardino).
“Inizialmente la canapa cresceva nei boschi. Le foglie erano di colore più scuro ed erano più ruvide. Si dice che il suo seme renda gli uomini impotenti. Il succo dei semi elimina vermi e insetti dall’orecchio, ma a costo di un mal di testa. La sua natura è così potente che quando viene versato nell’acqua, il succo di cannabis la coagula. Mescolato all’acqua potabile del bestiame, regola il transito intestinale. La radice di cannabis, bollita in acqua, è utile per le articolazioni “bloccate”, ma anche per la gotta e disturbi simili. Le applicazi-
Plinio il Vecchio, Caio
Plinio in latino, è uno scrittore e naturalista romano che scrisse un’enciclopedia in 37 volumi intitolata Storia
Naturale (Historia Naturalis). In quest’ opera, Plinio il Vecchio ha elencato 900 piante, fra cui la cannabis.
oni di semi crudi aiutano nel trattamento delle ustioni, ma bisogna fare attenzione a rinnovare le applicazioni prima che si asciughino”. (Libro XX, Rimedi dalle piante del giardino).
Plinio morì nel 79 durante l’eruzione del Vesuvio.
NELL’ANTICHITÀ, ALTRI SCRITTORI FECERO RIFERIMENTO ALLA CANNABIS IN TESTI SCRITTI IN GRECO O IN LATINO
Nel I secolo d.C., il farmacologo Pedanio Dioscoride scrisse un’opera intitolata De Materia Ledica, che fa riferimento alla cannabis: “La cannabis coltivata, che taluni chiamano cannabion, altri schoenostrophion e altri ancora asterion, è una pianta utile per fare corde forti. Le sue foglie sono come quelle del frassino. Emana un odore sgradevole e ha steli lunghi e cavi. I suoi semi hanno una forma sferica e mangiarne troppi riduce la potenza sessuale. Il succo dei semi freschi, versato nelle orecchie, è utile nel trattamento delle otalgie. La cannabis selvatica, che alcuni chiamano hydrastina e i romani terminalis, ha steli come quelli della malva ma più ruvidi, più piccoli e di colore più scuro”.
Il medico greco Claudio Galeno, nato nel 129 e morto intorno al 201, esercitò a Roma, dove curò diversi imperatori. Fu autore di numerose opere, per un totale di 20.000 pagine. Fa riferimento alla cannabis in due delle sue opere. “Il seme della cannabis elimina i gas intestinali e disidrata a tal punto che chi ne ha mangiati troppi perde la capacità sessuale. Alcuni spremono i semi quando sono ancora acerbi per ottenere un succo che utilizzano nel trattamento delle otalgie”. (De simplicium medicamentorum temperamentis et facultatibus, vol. XII).
“La pianta è in parte simile al pepe selvatico. Il seme è difficile da digerire, fa male allo stomaco e fa venire il mal di testa. Alcuni mangiano i semi fritti con i dolci. Io chiamo dolci i cibi serviti come dessert per incoraggiare la gente a bere. I semi portano una sensazione di calore e, se mangiati in grandi quantità, colpiscono la testa inviandovi vapori caldi e tossici”. (De alimentorum facultatibus. Vol. VI).
Di Hortizan
Le minatrici fogliari (Liriomyza spp.) sono piccoli ditteri della famiglia
delle Agromyzidae, ampiamente diffusi in tutto il mondo. Di dimensioni comprese tra 1 e 3 mm, gli esemplari del genere Liriomyza sono spesso di colore nero e giallo, con ali chiare e trasparenti. Sono estremamente simili dal punto di vista morfologico, il che ne rende difficile l’identificazione. Tra le specie più diffuse in Europa figurano Liriomyza huidobrensis, Liriomyza trifolii e Liriomyza bryoniae.
Il ciclo di vita delle minatrici fogliari prevede quattro stadi: uovo, larva, pupa e adulto. Le uova, spesso invisibili a occhio nudo, vengono inserite sotto la superficie della foglia. Le larve, che misurano tra i 2,5 mm e i 3,5 mm, scavano le tipiche gallerie per alimentarsi, il che provoca danni considerevoli. Una volta completato il loro sviluppo, le larve si trasformano in pupe, spesso all’interno del terreno, prima di emergere come adulte pronte a riprodursi. Questi insetti prediligono condizioni calde e umide e prosperano sia all’aperto che al chiuso. Si moltiplicano su numerose piante ospiti, fra cui cannabis, solanacee e anche crucifere.
Le minatrici fogliari provocano danni diversi a seconda del loro stadio di sviluppo. Le femmine adulte perforano le foglie con il loro ovopositore (un’appendice appuntita che penetra
nel supporto della pianta) per estrarre la linfa e deporre le uova. Queste piccole punture clorotiche sono visibili sulle lamine delle foglie. Anche i maschi, che non hanno coclee, sfruttano tali perforazioni per nutrirsi. I fori indeboliscono la foglia e creano punti di ingresso per gli agenti patogeni, il che incrementa il rischio di malattie in modo notevole.
Le larve, invece, causano danni di gran lunga più gravi: scavano gallerie sinuose all’interno delle foglie. Queste gallerie bianche si snodano sotto la superficie della lamina fogliare, interrompendo la fotosintesi e provocando l’ingiallimento e il successivo disseccamento delle foglie (vedi figura 2). Poiché le larve consumano il tessuto vegetale, la pianta non è in grado di svilupparsi correttamente e di conseguenza la crescita rallenta e la resa diminuisce drasticamente. Questo tipo d’impatto è
aggravato anche dalle bruciature subite dalle piante a causa del fogliame danneggiato. Per individuare le infestazioni, è fondamentale effettuare ispezioni con regolarità per individuare in modo veloce le piante contaminate. Per individuare gli adulti vengono spesso utilizzati pannelli gialli adesivi, posti sopra le colture al chiuso.
La prevenzione delle invasioni di minatrici fogliari si basa su pratiche colturali rigorose. Prima di tutto, la rotazione delle colture contribuisce a interrompere il ciclo vitale dell’insetto. La gestione dei detriti vegetali, in particolare mediante la raccolta e la distruzione delle foglie estremamente rovinate, è fondamentale per eliminare i punti di riproduzione. Si consiglia inoltre di diserbare la serra e l’area circostante per ridurre i potenziali habitat. L’uso di reti anti-insetto nelle serre può costituire un accorgimento fisico efficace per prevenire l’ingresso di mosche adulte.
Favorire la presenza di predatori naturali è un modo efficace per controllare le minatrici fogliari. Outdoor o indoor, gli imenotteri parassiti rappresentano una minaccia per questi insetti infestanti. Per esempio, Phaedrotoma sp. e Chrysocharis caribea parassitano le larve di Liriomyza spp. riducendone notevolmente le popolazioni. I Diglyphus isaea, per esempio, non solo sono in grado di nutrirsi di queste mosche, hanno anche la tendenza a paralizzare alcune prede prima di deporre un uovo accanto ad esse, consentendo così alla larva di cibarsene. Altri predatori, come Dacnusa sibirica oppure Opius pallipes, possono essere inseriti nelle colture per attaccare le larve fin dentro le foglie.
Per quanto riguarda le soluzioni biologiche, è possibile applicare lo Steinernema carpocapsae, un nematode entomopatogeno
(parassita degli insetti), per colpire le larve nel terreno. Anche prodotti come il Bacillus thuringiensis var. kurstaki (un bioinsetticida batterico) e la Beauveria bassiana (un fungo entomopatogeno) vengono utilizzati per controllare le larve, sebbene la loro efficacia possa variare a seconda di numerose condizioni ambientali (John L. Capinera, Università della Florida, 2001).
Anche i prodotti a base di spinosad (ottenuto dalla fermentazione del batterio Saccharopolyspora spinosa) o di abamectina (ottenuta dalla fermentazione del microrganismo Streptomyces avermitilis) sono consigliati per la loro efficacia contro le minatrici fogliari. Tuttavia, questi prodotti devono essere utilizzati in rotazione con altri metodi per preservare i benefici naturali ed evitare che i parassiti sviluppino resistenza. Infine c’è l’olio di neem, che può sembrare una soluzione più delicata: viene spesso utilizzato nelle coltivazioni biologiche per respingere gli adulti e trattare le piante giovani. Tuttavia, va applicato con cura, perché può lasciare residui indesiderati: l’azadiractina che contiene è un interferente endocrino per alcuni mammiferi, con caratteristiche cancerogene e genotossiche.
Purtroppo, il surriscaldamento globale sta incrementando la minaccia delle minatrici fogliari in quanto crea le condizioni ideali per la loro proliferazione. L’aumento delle temperature e dell’umidità accelera il loro ciclo riproduttivo, rendendo le infestazioni più frequenti e difficili da controllare. Inoltre, è probabile che il cambiamento climatico agevoli l’avvento di nuovi parassiti in regioni precedentemente indenni dagli stessi. Di fronte a queste nuove minacce, è fondamentale continuare a sviluppare strategie di controllo ecologiche e innovative per proteggere le colture in modo sostenibile e preservare la biodiversità.
Di Hortizan
Il crop steering è un metodo di coltivazione di precisione che consiste nel manovrare la crescita delle piante modulando il loro ambiente. L’obiettivo: influenzare la pianta in ogni fase del suo percorso. Questa strategia si basa su un concetto semplice ma poderoso: la crescita può essere stimolata da stress controllati che innescano determinate risposte fisiologiche. Sviluppato inizialmente per sistemi di coltivazione intensiva, in particolare in fibra di cocco o lana di roccia, questo approccio è stato concepito per ambienti completamente controllati. Tuttavia, i principi del crop steering possono essere trasferiti ad altri contesti di coltivazione: sia in terra che in idroponica, sia con concimazione minerale che organica. Una volta appresi i meccanismi sottostanti, ogni coltivatore può adattare questa logica al proprio sistema per migliorarne la resa, la qualità e la regolarità.
Il crop steering si basa sull’alternanza tra due grandi dinamiche di crescita: la fase vegetativa, orientata allo sviluppo della struttura, e la fase generativa, incentrata sulla riproduzione, quindi sulla fioritura. Questi due stadi possono essere indotti o rafforzati a seconda dei segnali che riceve la pianta. Nella fase vegetativa, la pianta, poco stressata, sviluppa
foglie, steli e radici in un ambiente umido e stabile. Nella fase generativa, stress controllati innescano la fioritura e concentrano l’energia nella formazione rapida delle infiorescenze. Il crop steering consente quindi di passare strategicamente da uno stato all’altro, grazie alla gestione dell’ambiente e dell’irrigazione. Il crop steering adatta la conduzione della
coltura alle esigenze fisiologiche della pianta in ogni fase del suo sviluppo. Nella coltivazione della cannabis, questo approccio si articola in quattro fasi principali, ciascuna delle quali ha un obiettivo specifico e un tipo di gestione prevalente. È prima di tutto necessario capire bene come gestire le radici. Si basa su una gestione accurata del substrato, in particolare attraverso il volume e la frequenza delle irrigazioni, nonché la conduttività elettrica (EC). Un elemento importante da capire in questo metodo è il concetto di dry back: consiste nel lasciare asciugare moderatamente il substrato tra un’annaffiatura e l’altra. Nella fase vegetativa, si privilegiano annaffiature frequenti e leggere, mantenendo un’umidità costante nel substrato. Nella fase generativa, al contrario, le annaffiature diventano più distanziate, con dry back più consistenti, il che crea le condizioni di stress necessarie per orientare la pianta verso la fioritura:
Fase 1 - Vegetativa - Crescita vegetativa (crescita):
Sviluppo radicale e fogliare. Questa fase è volta a costruire una base solida: un apparato radicale denso, una struttura vegetativa vigorosa. Si applica una fase vegetativa: ambiente stabile, stress ridotto, irrigazione frequente e poco intensa, EC moderato, dry back brevi.
Fase 2 - Generativa - Allungamento floreale (prime 2 settimane di fioritura): Induzione floreale e formazione dei siti di testa. La pianta passa dallo sviluppo strutturale alla riproduzione. Si applica una fase generativa: stress moderato (VPD più elevato, irrigazione meno frequente, dry back più marcati), EC più elevata.
Fase 3 – Vegetativa – Ingrossamento dei fiori (fioritura):
Aumento del volume delle cime. I siti floreali sono in posizione, si tratta ora di “riempire” i fiori. Seconda fase vegetativa, per sostenere il rigonfiamento dei fiori: condizioni più miti, irrigazione più regolare, dry back più limitati.
Fase 4 – Generativa – Maturazione (ultime 2 settimane):
Alla fine del ciclo, si cerca di spingere la pianta a portare a termine la maturazione. Ritorno a una fase generativa mediante stress progressivo: VPD più elevato, irrigazioni distanziate, dry back abbondanti. In idroponica o cocco, questi dry back consistenti provocano un aumento dell’EC nel substrato, che aggiunge uno stress osmotico finale che favorisce la concentrazione dei composti attivi. Al contrario, nella coltivazione in terra, si osserva piuttosto una riduzione progressiva della concimazione, al fine di evitare l’accumulo di sali e favorire una maturazione più pulita.
Ogni fase deve essere calibrata con precisione: un errore a livello di tempistica o d’intensità può provocare uno squilibrio, una perdita nella resa o un rallentamento. Da qui l’importanza di seguire indicatori affidabili in ogni fase. Il crop steering si basa sul controllo dell’irrigazione, ma anche del suo rapporto con il clima ambientale.
Tutti questi adeguamenti devono essere precisi, misurati e coerenti: il clima della stanza influisce direttamente sulla traspirazione, sulla fotosintesi e sull’equilibrio ormonale. Ed è la somma di questi segnali percepiti che determina la risposta fisiologica della pianta.
Ecco quindi il metodo che molti sistemi di coltivazione in fibra di cocco/lana di roccia con integrazione di CO2 scelgono di adottare:
Il crop steering non è un metodo esoterico riservato agli esperti, bensì uno strumento di gestione preciso, basato sull’osservazione e l’adeguamento. Imparando a leggere i segnali di ogni pianta e a modulare con precisione il suo ambiente, il coltivatore può orientare ogni fase del ciclo verso un obiettivo chiaro: più controllo, più qualità, più resa. E questo è solo l’inizio. Spinto al suo massimo potenziale, questo approccio spiana la strada a una coltivazione ultra-personalizzata, in cui ogni fenotipo potrebbe beneficiare di un SOP su misura. In futuro, la maggior parte dei cloni sarà probabilmente venduta con il proprio protocollo di coltivazione dedicato, il che offrirà una precisione senza precedenti per esprimere appieno il potenziale genetico in un ambiente controllato.
Di Tommy G. / Foto: Jaypp e Sweet Seeds
Nel celebrare il 20° anno di presenza sul mercato, Sweet Seeds® ci sorprende ancora una volta con una serie di nuove varietà piuttosto interessanti. Oggi parleremo di un poli-ibrido di nuova generazione che promette di fare faville fra gli appassionati di estrazione e gli amanti della cannabis ad alta potenza.
Salutate la Monster Maker® (SWS117), una varietà lanciata all’inizio del 2025 che unisce un’elevata produzione di resina, terpeni deliziosi e un effetto ben bilanciato, tanto creativo quanto rilassante.
Il nome non mente, perché questa varietà è una vera bestia in tutti i sensi. La Monster Maker® è una varietà dipendente dal fotoperiodo, il che la rende una soluzione ideale per i coltivatori che amano fare training e modellare le loro piante o che vogliono conservare piante madri per la clonazione. È inoltre una macchina per la resina, perfetta per creare concentrati con una resa eccellente e un sapore da acquolina in bocca.
spaziatura internodale corta che contribuisce a massimizzare la resa in spazi di coltivazione stretti. Le cime sono pesanti, dense e ricoperte di resina appiccicosa che si accumula all’inizio della fioritura e continua a farsi sempre più densa. Con questa varietà, non ci sono problemi di sensibilità ai nutrienti e la pianta risponde
Coltivata in casa con stile
Di recente ho avuto la possibilità di testare la Monster Maker® indoor con illuminazione a LED, utilizzando un substrato di cocco e un solido piano di concimazione minerale, arricchito con vita microbica ed enzimi per aumentare la vitalità delle radici. Come c’era da aspettarsi da una varietà che ha Chimera #3 e
Permanent Marker nel mix genetico, le piante si sono sviluppate in poco tempo e con un vigore eccezionale. La struttura di questa cultivar è compatta ma ben ramificata, con una
bene sia all’LST che alla cimatura. Inoltre, è una varietà che non si allunga eccessivamente nel passaggio dalla vegetativa alla fioritura, il che la rende ideale per i coltivatori che lavorano in spazi verticali limitati. All’ottava settimana in fotoperiodo 12/12, le piante stavano già dando segni di essere pronte a tagliare il traguardo, e alla nona settimana avevano raggiunto la piena maturazione con cime rigonfie che sembravano immerse nello zucchero.
Con livelli di THC che possono raggiungere il 30%, è fondamentale monitorare attentamente i tricomi verso la fine del viaggio per non perde-
re la finestra ideale per il raccolto, soprattutto se si punta a un effetto più equilibrato e non a rimanere attaccati al divano. Questo aspetto è ancora più importante se s’intende utilizzare il raccolto o una parte del raccolto per le estrazioni, perché bisognerà avere i terpeni più freschi e intatti possibile.
Il viaggio del gusto - Dal cipresso agli agrumi e oltre
E ora, la parte migliore: la degustazione. La Monster Maker® non si limita alla potenza: offre un viaggio aromatico che comincia con note fresche di cipresso e agrumi e si evolve in una miscela più profonda di Diesel e sfumature terrose.
Questa complessità deriva direttamente dal suo patrimonio genetico d’élite: la Chimera #3 apporta gli elementi gassosi e terrosi, mentre la Permanent Marker contribuisce con un cocktail di agrumi freschi e dolci, con un po’ della famosa cremosità in stile Biscotti in sottofondo.
Al palato è una delizia assoluta, con fragola e limone in testa, seguiti da mandarino e frutti di bosco che rendono ogni tiro un’esperienza di sapore a tutto tondo. La vaporizzazione di questa varietà fa emergere le note di testa di meravigliosi agrumi, mentre una canna offre un finale più ricco e terroso.
L’effetto è esattamente quello che si desidera da un ibrido moderno: inizia con una spinta alla creatività e all’energia mentale, perfetta per fare brainstorming, disegnare o semplicemente vibrare con la musica. Dopo un po’, vi pervade un’ondata calda di rilassamento, radicando l’esperienza senza togliere la capacità di pensare chiaramente. È ideale per il tardo pomeriggio e la sera, quando ci si vuole rilassare senza addormentarsi.
Il paradiso dell’estrazione - Il sogno di un artista del concentrato Una delle caratteristiche principali della Monster Maker® è la sua eccezionale produzione di
resina, che la rende una candidata di alto livello per tutti i tipi di estrazione, dal dry sift e dal bubble hash al rosin senza solventi. Le cime sono assolutamente intrise di tricomi alla fine della fioritura, con uno strato spesso e appiccicoso che si estende anche alle foglie più piccole, il che rende anche il materiale da trimming quasi altrettanto potente del fiore stesso.
Che stiate pressando rosin o preparando un BHO ricco di terpeni, i risultati saranno impressionanti sia in termini di quantità che di qualità. Il profilo terpenico risplende in forma concentrata, soprattutto le note di agrumi dolci, frutti di bosco e Diesel, che si traducono straordinariamente in saporiti dab. Grazie all’elevato contenuto di THC, gli estratti realizzati con la Monster Maker® non solo hanno un ottimo sapore, colpiscono anche per intensità e chiarezza. Se vi piace creare concentrati artigianali con la massima espressione di terpeni e cannabinoidi, questa varietà è più che all’altezza di questo compito.
Considerazioni finali - Degna di questo nome
La Monster Maker® è all’altezza del suo nome in ogni categoria: sapore, produzione di resina, potenza e facilità di crescita. Che siate coltivatori domestici alla ricerca di qualcosa di nuovo o collezionisti a caccia della prossima grande novità, la Monster Maker® è una varietà fotoperiodo-dipendente di alto livello che non vi deluderà.
Coltiviamo
Di Stoney Tark
Da coltivatori indoor avete molte opzioni per quanto riguarda le luci di coltivazione, i sistemi e il tipo di varietà che desiderate coltivare. Al momento di decidere se lavorare con i semi di cannabis o con i cloni, dovete essere a conoscenza dei pro e dei contro legati a ciascuna delle due opzioni. In questo articolo, vi spiego tutto ciò che dovete sapere, in modo tale che possiate prendere la decisione migliore in base a ciò che fa più al caso vostro e si adatta meglio al vostro spazio di coltivazione.
Esistono due tipi di semi di cannabis. I primi sono i semi regolari, il che significa che una volta fiorite, le piante saranno maschili e produrranno polline, oppure femminili e produrranno cime.
I contro
Poiché non è garantito un numero fisso di femmine, il numero finale di piante indoor potrebbe essere significativamente inferiore a quello previsto. Coltivare un numero ridotto di femmine in una grande spazio di coltivazione non è una scelta efficiente. Può essere un progetto costoso in termini di bollette dell’elettricità.
SEMI FEMMINIZZATI
I semi femminizzati hanno rivoluzionato il panorama della coltivazione indoor e hanno consentito ai coltivatori di riempire per la prima volta i loro spazi e i loro sistemi idro.
I semi femminizzati si trovano in genere in confezioni da 3, 5 e 10 e costano di più rispetto alla versione regolare.
I pro I semi regolari possono produrre piante sia maschili che femminili, sono quindi l’opzione migliore se siete selezionatori e volete creare i vostri semi. Tutto ciò che serve è una pianta maschio e una pianta femmina.
I semi regolari sono più economici di quelli femminili; in genere trovate 10-15 semi in una confezione. Naturalmente, dovrete eliminare i maschi. Tuttavia, per quanto riguarda il budget, i semi regolari possono aiutare i coltivatori indoor a risparmiare.
Se un coltivatore vuole lanciarsi in una lunga caccia al fenotipo e trovare le piante migliori partendo da un’ampia selezione, i semi regolari produrranno più fenotipi rispetto ai semi femminizzati.
I pro I semi femminili consentono al coltivatore di piantare 10 semi e coltivare 10 piante.
Questo non solo è il modo più efficiente di coltivare, ma lo spazio di coltivazione è massimizzato completamente e non c’è bisogno di eliminare le piante maschili o di sprecare elettricità, nutrienti o spazio scartando le piante maschili.
Supponiamo che abbiate una tenda da coltivazione di 1 metro. In questo caso potrete coltivare contemporaneamente 4-6 varietà femminili indoor, il che significa che avrete a disposizione più varietà al momento del raccolto.
Molti coltivatori amano fumare il maggior numero possibile di varietà diverse, pertanto lavorare con semi femminili è una scelta saggia.
I contro
In presenza di elevati livelli di stress, i semi femminili possono tendere a produrre ermafroditi, rispetto ai semi di cannabis regolari sessati.
Non troverete la stessa variazione genetica se andrete a caccia di diversi fenotipi utilizzando semi femminili. La maggior parte delle piante sarà identica a livello di terpeni e di effetti.
COSA SONO I CLONI DI CANNABIS
Un clone di cannabis si ottiene quando si preleva una talea da una pianta in fase vegetativa e la si lascia radicare in un propagatore, ottenendo una versione di dimensioni infantili.
Un clone è una replica genetica esatta e consente al coltivatore di preservare la genetica per la coltivazione o il progetto di selezione successivo.
I pro
La clonazione delle piante di cannabis è facile e poco costosa. Tutto ciò di cui avrete bisogno per clonare sono un paio di forbici affilate o un bisturi, un ormone radicante, un propagatore e una luce di coltivazione a bassa potenza, come una fluorescente compatta o un LED a bassa potenza.
I cloni possono essere trapiantati in un vaso grande e sospesi in fase vegetativa, producendo una pianta madre. La pianta madre fornisce poi altri cloni, il che consente al coltivatore di creare il numero ottimale di piante per il ciclo successivo.
I contro
Se l’ambiente non è adatto, non tutti i cloni formeranno le radici, il che può comportare una perdita di tempo e potenzialmente far perdere settimane
al coltivatore per la preparazione e il conteggio delle piante. I cloni possono essere suscettibili a malattie come l’oidio, il viroide latente, i ragnetti o i tripidi.
Molti coltivatori hanno inconsapevolmente infettato le loro coltivazioni con cloni contaminati e si vedono costretti a eliminare le loro piante e ricominciare da capo.
I VANTAGGI DELL’USO DEI SEMI DI CANNABIS
• I semi di cannabis non contengono malattie o parassiti e producono piantine sane.
• In commercio si trova un numero enorme di varietà sia in forma regolare che femminile.
• Se ordinati online, i semi possono essere spediti a casa del coltivatore in modo facile e discreto.
Molte banche di semi offrono promozioni che danno ai coltivatori più genetiche durante l’acquisto.
I VANTAGGI DELL’USO DEI CLONI DI CANNABIS
I cloni possono essere imballati e spediti ai coltivatori in diversi Paesi.
Una pianta madre sana è in grado di produrre un numero elevato di cloni ogni 6 settimane. I cloni hanno una massa radicale e possono ridurre i tempi della fase vegetativa prima della fioritura.
• L’utilizzo di cloni evita di dover spendere soldi per l’acquisto di semi di cannabis.
• I cloni sono ottimali per pianificare il numero di piante nel vostro spazio di coltivazione.
Hemporium
Cose di Canapa, Vicenza
S.S. 11 Padana Sup. Verso Verona, 283 36100 Vicenza presso Multicenter hemporiumvi@yahoo.it
dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.30 sabato dalle 11 alle 19 cell. 339 61 02 455
CHACRUNA Hemp & Growshop
Chacruna Trento dal 2003
Corso 3 Novembre 72 – Galleria al Corso Tel. 0461 922896
Chacruna Dispensario CBD & Info Point
Corso 3 Novembre 72 – Galleria al Corso
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Orangebud the Club
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Legalized
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Lunedì - Sabato
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Gillyweed Grow Shop
Via Chiesanuova 173, Padova (PD) 35136 Cell. +39 049 645 8981 gillyweedgrowshop@gmail.com
Dal Martedì al Sabato 10:30-13.00 e 15:30-19.30
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Sea of Green - Trust in Nature
Lo storico Hemp & Grow shop dell'Alto Adige
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City Jungle
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Growerline, Pomezia
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La cannabis è una pianta con un'alta richiesta di sostanze nutritive, per prosperare ha bisogno del giusto apporto di micro e macroelementi. Il magnesio è uno di questi elementi vitali, un perno fondamentale per la fotosintesi clorofilliana ed altri processi metabolici.
Il magnesio è un elemento chimico della tavola periodica, il suo simbolo è Mg ed è il settimo elemento più abbondante sul pianeta Terra, di vitale importanza non solo per le piante ma anche per animali e persone. In natura non si esiste una forma pura di magnesio ma si trova sempre in combinazione con altri elementi, sotto forma di minerali, dei quali i più comuni sono la magnesite e la dolomite.
Il magnesio può essere disponibile per le piante sotto varie forme, di origine naturale o di sintesi. Il solfato di magnesio, conosciuto anche con i nomi di sali epsom, è la principale fonte di origine organica; l'epsomite è un minerale cristallino che prende il nome dalla città di Epsom, in Gran Bretagna, dove fu scoperto per la prima volta. I sali epsom contengono zolfo e magnesio, il primo in percentuali più alte del secondo, infatti risultano molto efficaci per fornire i due elementi alle piante e correggere eventuali deficit nutrizionali. È consigliato utilizzare solo sali epsom specifici per agricoltura, da non confondere con quelli venduti come sali da bagno.
È IL SETTIMO ELEMENTO PIÙ ABBONDANTE SUL PIANETA TERRA
Il magnesio è un macroelemento mobile, cioè in grado di spostarsi all'interno della pianta in base alle sue necessità. Rappresenta uno dei componenti centrali della clorofilla, il pigmento che conferisce il colore verde alle piante. Oltre ad essere essenziale nei processi di fotosintesi clorofilliana, il magnesio è coinvolto in numerose funzioni fisiologiche chiave, come il trasporto dei nutrienti attraverso i vari organi della pianta, la sintesi e attivazione di oltre 300 enzimi diversi e nei meccanismi di resistenza agli stress biotici e abiotici.
Il magnesio influisce anche sulla qualità delle colture condizionandone il sapore e la consistenza. Perciò è molto importante fornire alle piante il giusto apporto di magnesio per non compromettere la loro crescita. La cannabis è molto golosa di questo elemento e per prosperare ha bisogno di grandi quantità.
La calce dolomitica, o dolomite, è un minerale costituito da carbonato di calcio, si presenta come un polvere finissima ed è ricca di calcio e magnesio. È impiegata come integratore nutrizionale a rilascio lento e anche come regolatore del Ph del suolo, infatti è in grado di incrementare il Ph dei terreni acidi e aumentare la disponibilità di altri nutrienti. Inoltre stimola la proliferazione degli organismi del suolo.
La cenere di legna è un fertilizzante naturale in grado di fornire nutrienti essenziali come potassio, calcio, magnesio e fosforo. La composizione della cenere varia in base alla tipologia di legna d'origine. È ad azione rapida ed ha un'alta capacità alcalinizzante, per questi due motivi bisogna utilizzare la cenere con molta cautela.
Il kelp è un tipo di alga marina bruna appartenente all'ordine delle Laminariales e contiene oltre 60 minerali tra i quali anche una buona percentuale di magnesio.
La farina di kelp è il formato più comune e si presenta come una polvere granulosa ma anche gli estratti in forma liquida si trovano facilmente.
L'ortica dioica è un'ottima fonte naturale di magnesio e di molti altri elementi; il purin di ortica, ottenuto dalla macerazione della pianta in una soluzione acquosa, risulta molto efficace nella coltivazione della cannabis.
Le fonti di origine sintetica più comuni sono il nitrato di magnesio e il magnesio chelato. Entrambi sono dei fertilizzanti ad azione rapida, prontamente disponibili e sono completamente idrosolubili. In commercio esistono anche dei fertilizzanti a base di magnesio venduti come mono elementi oppure in combinazione con il calcio.
La carenza di magnesio è un deficit comune nelle coltivazioni di cannabis indoor, soprattutto in quelle illuminate con i sistemi LED di nuova generazione. Le lampade LED emettono un'intensità luminosa elevatissima inducendo un incremento dell'attività di fotosintesi, per questo motivo le piante consumano grandi quantità di magnesio. Generalmente la carenza di magnesio non si manifesta nei primi stadi di crescita, le piante in fase vegetativa potrebbero iniziare a mostrare i primi segnali di deficit a partire dalla quarta settimana. Durante la fase di fioritura il fabbisogno di magnesio aumenta notevolmente e le carenze potrebbero apparire più visibili ed
Calce dolomitica.
estendersi velocemente. I primi sintomi di carenza di magnesio si manifestano sulle foglie più vecchie, le aree internervali iniziano a schiarirsi diventando progressivamente giallo pallido, come una clorosi. I nervi della foglia invece assumono un tono blu violaceo. Quando la carenza non viene trattata i sintomi iniziano ad interessare anche le foglie più giovani. Nei casi più gravi, delle macchie color ruggine appaiono sulla superficie delle foglie e la punta tende a bruciarsi piegandosi verso l'alto. Le piante con carenza di magnesio faticano a crescere, la loro struttura è debole e sembrano sempre sciupate. Le principali cause del deficit di magnesio sono la mancanza di un apporto adeguato e la presenza eccessiva di potassio e di carbonato di calcio nel substrato rispetto alla quantità di magnesio che ne inibiscono l'assimilazione. Il mancato sviluppo dell'apparato radicale e i substrati acidi oppure troppo umidi e freddi sono tra le altre possibili cause.
L'eccesso di magnesio è un fenomeno meno comune rispetto alla carenza ed è molto difficile da identificare. In alcuni casi le foglie assumono un colore verde scuro, soprattutto la nervatura centrale. Bisogna tenere in considerazione che quando si verifica un eccesso, il magnesio entra in conflitto con il calcio bloccandone l'assorbimento, uno dei possibili segnali potrebbe essere la carenza di quest'ultimo elemento.
del terreno, è consigliata in piccole dosi per via dalla sua alta capacità alcalinizzante che potrebbe causare degli squilibri del Ph del terreno. La qualità dell'acqua utilizzata per irrigare è un altro fattore che influenza la disponibilità di magnesio. La durezza dell'acqua è un parametro che indica la quantità di sali minerali disciolti, principalmente calcio e magnesio. L'acqua dolce a basso contenuto di minerali, come ad esempio l'acqua di osmosi inversa, ha bisogno di essere arricchita con calcio e magnesio prima di essere somministrata. I fertilizzanti mono elementi sono perfetti per questo incarico. Un misuratore di elettroconduttività è utile per stabilire la giusta quantità di calcio e magnesio da aggiungere all'acqua d'irrigazione. Il range di valore ottimale dell'EC varia da 0,2 a 0,4 mS/ cm a seconda della fase in cui si trovano le piante. L'acqua di rubinetto generalmente risulta essere molto dura, analizzarla potrebbe essere d'aiuto per conoscere l'esatto contenuto di minerali.
Per trattare i sintomi di tossicità provocati dal magnesio è necessario irrigare il substrato abbondantemente con acqua per ridurne la concentrazione.
Il colore della cenere che deriva dalla combustione di un joint di marijuana è
utilizzato da molti come parametro per stabilire la qualità dei fiori. La cenere di colore bianco è ritenuta sinonimo di buona qualità mentre quella più scura viene considerata negativamente.
In realtà questa affermazione non è del tutto esatta e non ci sono evidenti prove scientifiche che la supportano.
Il colore della cenere dipende soprattutto dalla combustione, quando la combustione è completa tutti i composti organici si volatilizzano mentre quelli inorganici rimangono come residuo.
La parte inorganica è composta da minerali come calcio, magnesio, potassio, silicio e fosforo, caratterizzati da un colore biancastro. Se la combustione è incompleta, a causa dell'umidità residua nei fiori oppure per la presenza di aria all'interno del joint rollato male, i composti organici non si bruciano completamente e rilasciano un residuo carbonioso di colore scuro.
Al contrario di quello che si pensa riguardo l'influenza dei fertilizzanti sul colore della cenere, alcuni studi condotti sul tabacco utilizzato nelle sigarette industriali hanno dimostrato che la presenza di sostanze nutritive come il calcio e il magnesio, assimilati durante il ciclo di vita delle piante, influiscono sulla composizione della cenere e sul suo colore rendendolo più chiaro.
È importante fornire alle piante il giusto equilibrio tra calcio e magnesio. Nella coltivazione di marijuana il rapporto Ca/ Mg cambia a seconda della fase in cui si trovano le piante. Durante la fase vegetativa la quantità di calcio deve essere pari a quella di magnesio mentre in fase di fioritura è necessario aumentare la quantità di calcio somministrata fino ad arrivare ad un rapporto di 2:1 tra i due elementi.
Per correggere le carenze di magnesio i sali epsom rappresentano la soluzione più efficace. La epsomite è un cristallo completamente idrosolubile, si può somministrare per irrigazione oppure attraverso applicazioni fogliari. La polverizzazione delle foglie è il metodo più rapido per correggere la carenza di magnesio. Una soluzione contenente dal 2% al 4% di sali epsom è sufficiente per fornire l'apporto necessario. In pratica, per ogni litro d'acqua vanno aggiunti da 2 a 4 grammi di sali epsom. Grazie alla sua composizione la epsomite risulta efficace anche per il trattamento delle carenze di zolfo. Per prevenire il deficit di magnesio è possibile preparare con anticipo il substrato aggiungendo sali epsom alla miscela oppure calce dolomitica per un effetto a lungo termine. La cenere di legna si impiega soprattutto come ammendante
Steve DeAngelo è un attivista americano che da 40 anni milita a favore della cannabis, imprenditore nel settore della cannabis, conduttore televisivo, estremamente noto negli Stati Uniti e in altri Paesi. È stato soprannominato “il padre dell’industria della cannabis”. Vendeva marijuana illegalmente ed è diventato un imprenditore legale. Soft Secrets lo ha intervistato.
SSIT: Quando hai scoperto la cannabis per la prima volta? E quando hai iniziato a difendere questa causa?
Steve DeAngelo: Ho scoperto la cannabis per la prima volta quando avevo 13 anni e la mia prima esperienza è stata davvero trasformativa. Mi sono innamorato della pianta fin dalla prima
subito attirato. Sono cresciuto a Washington DC, la capitale degli Stati Uniti. In quel periodo venivano organizzate molte manifestazioni per vari motivi, per i diritti civili, per l’uguaglianza razziale, per fermare la guerra in Vietnam o contro il nucleare... I miei genitori facevano parte del movimento per la giustizia razziale e del movimento per i diritti civili. Sono quindi cresciuto in una famiglia in cui l’attivismo era di casa. Mi è stato insegnato che se vedevo un’ingiustizia o una persona che soffriva e avevo la possibilità di fare qualcosa per rimediare, dovevo farlo.
Quando ho fatto la mia prima esperienza con questa pianta, mi sono detto: “Non è una pianta cattiva, è una pianta buona” e l’idea che fosse illegale mi ha semplicemente indignato. Ho anche capito fin dall’inizio che questa pianta mi avrebbe accompagnato per tutta la mia vita. Lo sapevo intuitivamente. Non volevo vivere da criminale tutta la vita. Non volevo essere perseguitato dal governo per tutta la vita. Quindi, per tutti questi motivi, mi è venuto spontaneo iniziare a pensare all’attivismo per la cannabis. Ho quindi cominciato a informarmi e a guardarmi attorno per capire se esistessero organizzazioni militanti per la cannabis. All’epoca non ce n’erano.
Dove si è tenuta la tua prima manifestazione a favore della cannabis?
Avevo 13 anni quando mi sono innamorato della pianta. Pensavo all’attivismo a favore della cannabis, ma solo a 16 anni ho intravisto la mia prima opportunità. C’era questo gruppo noto come Yippies che ha organizzato quello che veniva chiamato “smoke in” il 4 luglio, il giorno dell’Indipendenza, nel centro di Washington DC, al Washington Monument, che si trova molto vicino alla Casa Bianca. Mi è sembrato davvero favoloso. Quella è stata la mia prima manifestazione per la cannabis. Siamo andati lì e abbiamo trovato un ragazzo che non conoscevo, Dana Beale, che aveva un sacchetto con circa un chilo di erba non rollata che aveva appena tirato fuori sul prato del Washington Monument... Non ho esitato e ho iniziato ad aiutarlo prendendo l’erba e rollando le canne, per poi accenderle e distribuirle alla folla.
In seguito ho scoperto che Dana era un attivista molto coinvolto nella lotta per la legalizzazione della cannabis, davvero uno dei più impegnati che abbia mai incontrato. Ma non era certo il miglior organizzatore. Infatti non era stato allestito nessun palco. Non era stato previsto nessun oratore. L’erba non era stata rollata in canne prima dell’evento, ma lui era lì, tenendo fede al suo impegno e facendo fumare la gente. Nel corso degli anni ho quindi collaborato con questo gruppo, gli Yippies, e ho sviluppato lo “smoke in” per diversi anni fino a renderlo una grande manifestazione di tre giorni. A un certo punto c’erano palchi con 25 gruppi diversi e 30 o 40 oratori. È stato quello l’inizio della mia fase di attivismo.
Perché hai iniziato a vendere marijuana?
Ho iniziato a venderla perché non potevo permettermi di fumare o di pagare la quantità di cannabis che volevo. Quindi, poco dopo aver iniziato a fumare erba, ho cominciato a capire come funzionava il commercio della cannabis.
E penso che quando ho fumato la prima volta mi è stato chiesto: “Dove trovi questa roba? Quanto costa?”. E così, in quei pochi anni, avevo già lavorato con impegno per diventare un venditore di erba piuttosto importante.
Hai scritto un libro intitolato
The Cannabis Manifesto...
Il libro è stato pubblicato in tre lingue: inglese, spagnolo e portoghese. Ha ricevuto recensioni davvero incredibili. Ho iniziato a lavorare a un secondo libro dal titolo provvisorio “Come non legalizzare la cannabis”.
Penso che The Cannabis Manifesto sia un’ottima scelta per chiunque si avvicini al mondo della cannabis. In questo libro affronto davvero la storia e alcuni aspetti culturali della cannabis. Parlo della storia del proibizionismo e offro anche una prospettiva internazionale sul tema. Ma penso di aver soprattutto introdotto un nuovo modo di considerare la cannabis in questo libro, che non si limita a riflettere l’idea proibizionista della cannabis come una cosa che fa sballare. Volevo davvero esaminare gli effetti della cannabis come prodotto per
il benessere, perché credo che sia proprio così. E il benessere è un concetto molto ampio. Può essere importante per diverse malattie gravi che conosciamo.
Ma la cannabis ha anche una serie di altri effetti che spesso vengono considerati semplici effetti di sballo. Io penso invece che in realtà si tratti di effetti legati al benessere che possono contribuire alla creatività. È così che la cannabis può aiutare le persone. Può aiutare un musicista a trovare la nota giusta, aiutare un poeta a trovare la parola giusta... Può aiutare un pittore a trovare il colore giusto. La cannabis può avvicinarci alla natura. Può trasformare una passeggiata nel bosco o nel parco in un’esperienza quasi spirituale. La cannabis può incoraggiarci a fare un inventario di noi stessi, a esaminare le nostre azioni e ad assicurarci che le nostre azioni quotidiane siano davvero in sintonia.
Negli Stati Uniti sei uno dei più noti fautori della cannabis. A quali documentari o programmi televisivi hai partecipato?
La produzione video più importante a cui ho partecipato è stato il primo reality show su un dispensario di cannabis, noto come Weed Wars, trasmesso da Discovery Channel nel 2011. Lo si può ora vedere in differita su YouTube. Ho partecipato a numerosi documentari e interviste. Non ricordo più l’elenco completo dei documentari, delle interviste, dei programmi televisivi... Sono diventato molto famoso per la mia intervista con Bill O’Reilly, uno dei grandi conduttori di talk show conservatori. Sono stato su Fox TV, CBS e NBC. L’altro progetto degno di nota a cui ho partecipato è Radio Free Cannabis, che potete ancora trovare sul mio canale YouTube. Radio Free Cannabis era un programma di attualità mondiale sulla cannabis che abbiamo trasmesso in circa 26 episodi.
Nel 2018, l’obiettivo di tutta una vita, ovvero la legalizzazione della cannabis, è stato raggiunto nello Stato della California, ma c’è stato un problema con la legislazione. La California ha legalizzato la cannabis, ma non ha rilasciato nessuno dei detenuti per reati legati alla cannabis. E se si guarda in tutto il Paese, nessuno degli altri Stati che hanno legalizzato la cannabis ha rilasciato i propri detenuti. Riuscite a immaginare come si sente una persona in questa situazione, guardando ciò che succede e vedendo nascere questa nuova industria legale della cannabis? Come movimento, non possiamo permettere che le persone che hanno contribuito a far uscire questa pianta dall’oscurità del proibizionismo, che hanno permesso a tutti di consumare cannabis in questi anni, rimangano in prigione dopo la legalizzazione della cannabis. A quel tempo ero per certi aspetti una celebrità. La battaglia con il governo federale mi aveva davvero fatto finire sulle prime pagine dei giornali e apparivo spesso in televisione. Alcune aziende stavano andando piuttosto bene. Così ho sfruttato la notorietà che avevo acquisito per rivolgermi a queste aziende e chiedere loro di sostenere The Last Prisoner Project (Il progetto dell’ultimo prigioniero). È stato così che è nato The Last Prisoner Project.
Tu collabori con la banca di semi Blimburn Seeds in veste di ambasciatore globale. Qual è esattamente il tuo ruolo?
Illustro la missione di Blimburn Seeds che oggi, negli Stati Uniti, è quella di offrire una selezione di genetiche adatte alle esigenze dei coltivatori domestici. Blimburn si concentra davvero sulla soddisfazione delle esigenze di questi piccoli coltivatori. Spiego cosa stanno cercando di realizzare qui sul mercato americano. Naturalmente, in Europa ci sono eserciti di coltivatori autosufficienti. Negli Stati Uniti ce ne sono meno. Perché, sapete, chi coltiva anche quantità molto piccole di cannabis è stato messo in prigione, a volte per 5, 10, 15 anni, semplicemente per aver prodotto, coltivato la propria cannabis per uso personale. Ci sono stati quindi meno coltivatori domestici negli Stati Uniti. Faccio quello che fanno gli ambasciatori. Partecipo a eventi. Parlo con i media. So cosa succede qui per strada, nella community della cannabis. Parlo con i coltivatori e con chi fa autoproduzione. Parlo con i selezionatori. Ho un’idea di ciò che sta succedendo. E faccio poi rapporto a Blimburn.
In questa rubrica intervistiamo artisti e personalità che fanno uso o coltivano cannabis. Lutan Fyah è un prolifico cantante e musicista giamaicano che ha pubblicato numerosi album. Chronixx, Queen Omega e Akae Beka, il gruppo fondato dai membri di Midnite, sono gli special guest del suo nuovo album, Strength and Resilience. Nel corso della sua carriera, Lutan Fyah ha registrato una serie di brani sulla gangia, tra cui Weed Oooooh e il fantastico Spliff Tail.
A che età e in quali circostanze hai fumato la tua prima canna?
Ah, la mia prima canna l’ho fumata quando avevo circa 12 anni. I miei amici mi hanno dato dell’erba e l’ho fumata.
E la tua ultima canna? L’ultima è stata oggi.
Preferisci l’hashish o la marijuana? Beh, mi piace l’hashish perché non ne uso molto.
Quindi, quando sono in Francia, per esempio, prediligo l’hashish, perché quando torno in Giamaica, non ne trovo più. Mi piace la marijuana, ma scelgo l’hashish quando sono in Francia.
Sei è più da indica o sativa?
Preferisco la sativa.
Che tipo di cartine usi?
Uso le cartine del marchio Raw.
Sei mai stato in un negozio di cannabis negli Stati Uniti?
Mi rivolgo direttamente alle aziende che coltivano cannabis in California. Andiamo in California e troviamo i coltivatori giusti.
Ha mai provato il CBD?
Sì, e mi fa venire il mal di testa. Ero in tournée con Max Romeo e non riuscivamo a trovare erba. Abbiamo quindi provato il CBD. Ma ero l’unico a fumarlo. Nessun altro lo voleva!
Preferisci l’erba coltivata indoor oppure outdoor?
Beh, in origine l’erba viene coltivata all’aperto, giusto? E quando è indoor, ci sono tantissime tecnologie diverse che vengono utilizzate per gestire la crescita dell’erba. E non credo che sia naturale. Preferisco piantare un albero, concimarlo con fertilizzanti naturali, farlo crescere e fumare erba naturale.
In che Paese pensi che si trovi l’erba migliore?
Secondo me in Giamaica.
Cosa pensi della liberalizzazione della cannabis in Giamaica? Ha fatto qualche differenza per te?
Beh, in quanto rastafariani, cantiamo sempre per il libero uso della marijuana in tutto il mondo. È la nostra caratteristica. Quindi la legalizzazione della cannabis non ci riguarda così tanto. Vogliamo solo essere liberi con la cannabis come nostro sacramento.
Quanti brani sulla gangia hai registrato finora?
Finora ho pubblicato circa quindici brani sulla gangia. L’ultimo è stato Ganja Fi Bun.
A parte i tuoi brani, qual è la tua canzone preferita sulla gangia? “Legalize it and we’ll promote it” di Peter Tosh! Senza dubbio.
A quale artista o gruppo ti senti vicino dal punto di vista musicale?
Mi piace molto Akae Beka. Penso che con Akae Beka l’atmosfera sia pura e originale. È il migliore!
Come descriveresti il tuo nuovo album Strength and Resilience?
Direi originale e autentico. Con l’ispirazione e il duro lavoro, credo che si riesca a sentire l’energia del mio spirito. Cerco d’integrare il mio spirito nell’atmosfera musicale. Cerco di non assomigliare a nessun altro, anche se imparo da tutti. Non è una ricetta, è una descrizione. Descrivo ciò che vedo. E le persone che hanno la stessa esperienza possono essere attirate dalla mia musica.
Hai registrato una meravigliosa melodia sulla ganga intitolata Spliff Tail (la coda della canna). Fumi anche tu delle spliff tail al mattino, come nella canzone?
Sì, certo. A casa ho un posacenere dove metto le spliff tail. In Giamaica si chiamano mozziconi della gangia.
Quando non ho la mia erba, un po’ di erba da fumare durante la giornata, preparo almeno dieci diverse spliff tail ed è un grande spliff. Questo spliff aiuta a meditare. La spliff tail è lo spliff più pesante. Perché contiene diversi tipi di mozziconi e li mescola tutti insieme per farne uno grande. Sono un fan delle spliff tail. Lo sono davvero.
Attualmente sei in tournée in Europa, compresa la Francia. Cosa pensi del pubblico francese? Mi piace molto il pubblico francese. Il pubblico francese mi fa sentire come mi sento la maggior parte del tempo in Giamaica.
E sono davvero grato di partecipare a questa tournée in Francia. Credo che la Francia apprezzi davvero il reggae, in modo diverso da altri Paesi europei.
Vedo questo Paese come un hub del reggae, davvero.
Grazie a Max Iwelcome e a Damalistik.
TECHGNOSIS:
MITI, MAGIA E MISTICISMO NELL'ERA DELL'INFORMAZIONE
Erik Davis è uno scrittore, giornalista e studioso americano ma prima di ogni cosa è un visionario. I suoi scritti spaziano dal misticismo all'esoterismo passando attraverso la controcultura, la critica musicale e lo studio degli stati visionari indotti dalle sostanze psichedeliche. In passato ha collaborato con varie riviste musicali e come oratore ha partecipato a molti eventi di fama internazionale come il Burning Man e il Boom Festival. Ma Davis è conosciuto al mondo soprattutto per essere l'autore del libro capolavoro Techgnosis: miti, magia e misticismo nell'era dell'informazione.
Il libro è uno dei massimi contribuiti mai fatto ai media studies ma tenete in mente che non è un libro accademico che illustra i pensieri filosofici e le tecnologie che si sono succedute nel corso della Storia ma piuttosto è una complessa rete interconnessa tra tecnologia dell'informazione, misticismo e antichi saperi. A prima vista possono sembrare estranee l'una con l'altra ma l'autore getta lo sguardo in alcune zone della conoscenza mai esplorate fino ad ora creando un filo conduttore. Il lettore che si lascia andare vivrà un vero e proprio viaggio
leggendo questo libro.
Il significato della parola techgnosis è espresso perfettamente dallo spirito del nostro tempo ovvero una società dove l'Intelligenza Artificiale è vista come l'ascesa del divino sul pianeta Terra e la tecnologia come la via per trascendere l'anima dai nostri corpi.
Techgnosis è uscito per la prima volta nel 1998 e da allora è diventato un testo di culto, ripubblicato più volte negli anni su grande richiesta. Hakim Bey ha affermato al riguardo che la religione è un perfetto provider di contenuti e la tecnognosi è la religione perfetta per un mondo in cui il Capitale è dio. Prima di registrarvi per effettuare il download della vostra coscienza, però, fareste meglio a leggere Erik Davis.
alla ricerca del privido attraverso la paura, come descritto dal frontman Alex Kapranos. A proposito di Alex, è inutile dire che la sua voce e il suo carisma ancora una volta accompagnano con energia il ritmo di una musica che invita a ballare. L'album ha fatto il suo debutto il 10 gennaio di quest'anno.
The Human Fear è l'ultimo album realizzato dalla rock band scozzese Franz Ferdinand. Era dal 2018 che non si sentiva parlare dei ragazzi di Glasgow, anno di produzione del loro penultimo album. The Human Fear è il primo lavoro realizzato in studio con la batterista Audrey Tait, subentrata dopo l'abbandono di Paul Thomson, uno dei membri fondatori della band.
L'album è in pieno stile Franz Ferdinand, una miscela di suoni che fondono il tipico rock di stampo britannico con la new wave e il post punk, con contaminazioni che provengono dalla musica elettronica. Il titolo The Human Fear è un chiaro riferimento alle paure che caratterizano gli esseri umani, l'album ne tratta alcuni aspetti, dalla paura di rimane soli a quella dell'esclusione sociale, da quella di cambiare
Tratto dal romanzo semi-autobiografico del giornalista australiano Trent Dalton, la miniserie tv Ragazzo divora Universo racconta la storia di un ragazzino di nome Eli cresciuto nelle periferie di Brisbane negli anni '80. Eli ha tredici anni e vive con la sua famiglia, il fratello Gus, la madre Frankie e Lyle, il nuovo compagno della madre. Frankie è una donna problematica, tossicodipendente e che non sa badare a se stessa.
Il suo compagno Lyle cerca di fargli da stampella, lavora in fabbrica e spaccia eroina per arrotondare, completando una situazione famigliare alquanto disagiata. Un bel giorno un terribile gangster russo di nome Ivan Kroll si presenta alla loro porta e da li in poi tocca ad Eli prendere in mano la situazione, trovandosi ad affrontare un tremendo mondo degli adulti. Il fratello Gus, di qualche anno più grande di Eli, è un ragazzo introverso, non parla da anni e si esprime con gesti, disegnando in aria le parole; il potere di Gus tornerà utile ai ragazzi quando dovranno salvarsi dalle grinfie di criminali spietati. Un altro personaggio con un ruolo di primo piano è Slim, un ex criminale che contro la sua volontà fa da padre per Eli. Da non perdersi la scena dell'intrusione nel carcere per andare a trovare la madre e della fuga quasi riuscita. Davvero coraggioso Eli.
Ragazzo divora universo è una serie divertente ma allo stesso tempo triste, momenti di spensierata felicità ed allegria si alternano a scene di cruda violenza.
Prodotta da Andrew Mason e Troy Lum e scritta da John Collee per Netflix ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti.
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