Roma Tre News 3/2016

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La memoria della guerra Ricordare il passato perchè non ritorni Alessandro Cavalli

Fare esperienza della guerra nell’arco della propria vita è qualcosa di comune alla maggior parte degli esseri umani che hanno vissuto in quasi tutte le epoche della storia. Nella storia europea degli ultimi secoli non vi è praticamente stata Alessandro Cavalli generazione che non abbia pagato un tributo di sangue, di atrocità, di saccheggi, di distruzioni, di violenze fatte e subite, di devastazioni fisiche e morali. I periodi di pace sono stati brevi intervalli, temporanee sospensioni di operazioni di guerra. La guerra è stata per secoli una condizione endemica e i libri di storia, ma anche molta letteratura, il cinema, la televisione testimoniano della presenza costante della guerra. Chi non ha letto almeno uno dei libri di Tolstoj, di Erich-Maria Remarque o di Elsa Morante (ma l’elenco è ovviamente lunghissimo)?

Un conto però è leggere o guardare la guerra al cinema o alla televisione e un conto è farne esperienza diretta. È vero che viviamo nella società dell’informazione e che di scene di guerra sono pieni i telegiornali, ma tra l’informazione e l’esperienza c’è sempre una bella differenza. Voglio dire: la guerra, fa differenza vederla in faccia coi propri occhi, sentirne i suoni e i rumori con le proprie orecchie, avvertirne gli odori acri col proprio naso. E un conto ancora è esser stati addestrati a farla, a tirare fuori il coraggio e a vincere la paura, a celebrare gli eroi, a subire e a provocare sofferenze e morte. Per millenni, le virtù militari sono state additate come ideali ai quali ispirare la vita, al punto di esser pronti a sacrificarla.

Per la prima volta nella storia di (alcune) società europee le armi tacciono da 70 anni e per la prima volta la grande maggioranza della popolazione non ha conosciuto l’esperienza della guerra nell’arco della propria esistenza. Ci sono delle eccezioni: alcuni paesi sono stati coinvolti nelle guerre che

hanno segnato la fine del colonialismo: la Francia in Algeria e Indocina, il Belgio in Congo, il Portogallo in Angola, altre hanno vissuto le guerre succedute al crollo della repubblica jugoslava, altri paesi, e anche l’Italia, hanno partecipato alle cosiddette “missioni di pace” in zone calde del mondo. Ma, salvo Serbia, Croazia, Bosnia e Kossovo, la vita quotidiana delle masse non è stata sconvolta dalla presenza della guerra sul proprio territorio. È un fatto straordinario, di cui non sempre ci si rende conto, che i giovani d’oggi, ma anche i loro genitori, non hanno vissuto nessuna esperienza diretta della guerra. Per trovare dei testimoni diretti bisogna risalire alla generazione dei nonni e ai loro ricordi infantili, perché coloro che la guerra l’hanno vissuta sui campi di battaglia, o nelle città bombardate, sono troppo vecchi o in gran parte già scomparsi.

Per la prima volta nella storia di (alcune) società europee le armi tacciono da 70 anni e per la prima volta la grande maggioranza della popolazione non ha conosciuto l’esperienza della guerra nell’arco della propria esistenza. È un fatto straordinario che i giovani d’oggi, ma anche i loro genitori, non hanno vissuto nessuna esperienza diretta della guerra. Per trovare dei testimoni diretti bisogna risalire alla generazione dei nonni e ai loro ricordi infantili, perché coloro che la guerra l’hanno vissuta sui campi di battaglia, o nelle città bombardate, sono troppo vecchi o in gran parte già scomparsi

Il fatto di non avere esperienza della guerra e neppure testimoni vicini che hanno fatto quell’esperienza è un’immensa fortuna di coloro che oggi sono giovani. Ma questa “immensa fortuna” ha però un lato che può apparire inquietante. L’assenza di memoria può essere insidiosa. In che senso si può parlare di “assenza di memoria”? Abbiamo

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