Bacanal del Gnoco - Carnival people

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mente da San Bernardino durante la sua predicazione quaresimale a Verona. Più probabile una radice storica del Carnevale veronese che risalirebbe al tempo di Cangrande della Scala (il più grande signore di Verona) nel ‘300. Ogni anno, nel giorno dell’anniversario della traslazione del corpo di San Zeno, sul sagrato dell’omonima basilica avveniva una grande fiera che coinvolgenva mercanti (anche stranieri), e si svolgevano canti, balli e suonate di popolani, avventurieri e nobili tutti insieme. È quindi possibile che la tradizionale festa divenuta carnevale affondi le proprie origini in quel contesto, in quel periodo buio e al tempo stesso affascinante, dove una tale manifestazione poteva risollevare in parte la popolazione funestata dalla miserabile vita quotidiana, e poteva segnare una tregua nelle lotte intestine.

Il carnevale nel ‘700 Gianalberto Tumermani (stampatore ed editore veronese), in uno scritto del 1759 racconta usi e costumi del tempo: animazione strepitosa di gente in maschera e cavalli con carrozze per le vie di Verona, le cerimonie dei nobili col magnifico convivio del Palazzo del Podestà, le compagnie di San Zeno accompagnate dalla musica, cavalieri che con spade in resta precedono il loro stendardo, l’omaggio di una corona di fiori sulla carrozza del Podestà al quale uno dei sazenati, salito a cavallo di un asino bardato in maniera colorita, rivolge un complimento ed un saluto. Descrive quindi una processione di centinaia di persone uscite dalla corte pretoriana mostrando cibi e vino, per unirsi in un corteo nell’antistante piazza a figura di “bogon” (lumaca), in una spirale a tre giri. Il corteo, scrive il Tumermani, prosegue poi verso piazza San Zeno, dove ci sono persone che impastano e cuociono gnocchi per tutti. Inoltre al tavolo in pietra vicino alla statua del Da Vico c’è imbandita la tavola per i dodici bisognosi che mangiano anch’essi gli gnocchi. La festa proseguiva fino al mattino al palazzo del Podestà, che i cittadini il giorno dopo tornavano a ringraziare. Questa tradizione, nel periodo di dominio veneziano, era a carico dell’erario.

Dal dominio francese al ‘900 Nemmeno l’invasione napoleonica riuscì ad estirpare la tradizionale festa. La festa continuò anche nel primo ‘800 e così durante la Repubblica Cisalpina, che anzi ne pagava le spese. Nel 1806 fu il viceré Principe Eugenio a formalizzare un contributo di 6.000 lire per la realizzazione del Baccanale, restando a spese dei veronesi i carri allegorici. Un decreto del Capitanio di Verona, Francesco Donato, consentiva per l’11 luglio 1779 la riunione a San Zeno per l’elezione delle 36 persone contradaiole che dovevano formare la mascherata, i quali, con successivo suffragio, eleggevano il loro Capo della Mascherata. Tutti gli atti erano sigillati dal Notaio della contrada e riposti nell’archivio del parroco di San Zeno, con la chiave conservata dal più anziano Deputato del rione. La festa, in mezzo a mille difficoltà, proseguì ininterrottamente fino al 1838 quando, per volontà del podestà Giovanni Orti Manara, riprese vigore e vennero introdotte novità essenziali come la Cavalcata di Tomaso da Vico, scortata da 24 cavalieri in costume del XVI secolo. Venne inoltre reintrodotto il Carro dell’Abbondanza, in ricordo del Carroccio veneziano. Il Baccanale ebbe vita florida fino al 1848, al crepuscolo della dominazione austriaca, quando quasi si interruppe e comunque perse ufficialità. Anche con l’unità d’Italia, pur riprendendo forma, non ci fu grande entusiasmo, tanto che nel 1900 venne sospeso.


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