LE PIETRE RIFLESSE
Introduzione
Rileggendo Le pietre di Venezia di John Ruskin non ho mai accantonata la volontà di dedicare un’opera alla città che tanto appartiene alla mia storia e al mio sentire. Il legame coi suoi luoghi e passaggi ineffabili appare dunque, attraverso ventiquattro sonetti e due canzoni, affatto inscindibile da un raccoglimento memoriale e da una costante riflessione sul tempo, dal loro maturare durante assidue passeggiate sulle sue pietre antiche e disseminate di indizi. L’affiancamento delle fotografie opera perciò una sorta d’arresto nei testi, un gesto in cui rinvenire non tanto una giustapposizione, un commento o un richiamo esteriore, ma la genitura dell’emozione e del ricordo, il contorno della parola in una genuina continuità con l’immagine. Similmente la scelta della forma chiusa, adattando il modello della tradizione, funge sia a tale articolazione meditativo-intimistica che a un vero e proprio richiamo analogico: al propagarsi sulle sponde dei versi e nel riflesso delle rime di quello rinviato fra le chiese, i palagi, le finestre ed i loro più consistenti, forse miracolosi riverberi d’acque.
Roberto Valentini

Finestra veneziana
Ti guardo dentro l’aria già conclusa dalla fatica di altri occhi, nell’aria
sui muri sgretolata, ormai precaria; penombra in una bava circonfusa
d’amori, dalle antiche gronde chiusa.
Fiammeggia il sangue della saponaria
dal buio delle corti, solitaria
nel cuore smuovi una luce, confusa.
Ti guardo tra le logge, i tondi, gli archi, queste pietre del cielo diroccato, questi secoli dalla meridiana
resistiti fra marmi rosei e varchi
d’edera. Ti ritrovo sull’ornato acqua verdognola, di una persiana.

La gondola
Sotto i muri scivoli, ormai corrosi, col frangersi d’ondicelle ai giardini, dentro gli ozi di quei rii cinerini dove tra allori e magnolie riposi; come un’anguilla sfuggendo a sinuosi grovigli d’attracchi, a svolte e gradini, mescola il tuo remo i fiotti vicini quanto un sospiro fra scorci viziosi. Nera bocca moresca sussurrata da baci d’acqua all’arcata d’un ponte, che saresti senza un’altra sonata, i canti sperdendo quali tue impronte?
Così accendi i riflessi a ogni vogata se in un’eco poi abiuri l’orizzonte.

Il ponte
Si perdono le calli sparpagliate come corridoi d’un solo palazzo; le sorveglia il vento, ancora il suo sprazzo che gli occhi usura e le pietre, in estate dalla veglia delle notti cercate; e mentre un riso accarezza lo spiazzo, dal campo un ponticello è lo svolazzo sul canale, d’incerte scalinate. Ma si china una cuspide devota sulla schiena retta di barbacani: lì è quel “del paradiso” , ultima nota sulle labbra… Mentre all’alba rimani su una balaustra, e laggiù, remota, è l’ombra che pare dirci più vani.

Festa del Redentore
Ancora al molo sta il ponte legato di legno sulla Giudecca; dattorno il dondolio delle barche, più adorno di luminio come un paese portato sull’ampio bacino; e lanterne e il fiato turbati dalle maree in un frastorno di motori e berciare. Alacre giorno di festa, grazia del mondo lodato. Ma nei trepestii di calca incessanti sùbito tutto si placa. I rimbombi schiudono gemme di fuochi e i sestanti della notte vi disegnano rombi, fronde d’oro e ricordi; quegli istanti poi un colpo ci esili, fra altri colombi.

Il carnevale
Oh ecco le maschere dentro l’inverno che pure s’addobba in travestimenti di cornicioni e abbaini, con frammenti di risa nel buio di calli. Scherno di coriandoli e d’irreale, alterno clamore d’ugge, di brio e di fermenti; sui campi come un turbine d’accenti, merletti e vesti scarlatte è il governo indolente d’ogni suo carnevale.
Finché di nuovo la vostra vaghezza accompagni le tenebre al canale, dai suoi fumi avremo poi una certezza.
Perché qui è un gioco quel funerale di volti, che in voi arresta una salvezza.

Campo San Polo
S’offre in una chiarezza più diffusa dai fregi una conca alle calli, e tardi, aspramente ne sfiora alla rinfusa l’accia del vento i pretesi riguardi; ma non ancora, smossi dall’accusa del silenzio, vi crollano i baluardi, se mentre increspa l’aria ci è preclusa poi una preghiera. Fra torbidi azzardi non invano nei fornici sai il marmo, le lacrime di crepe nel magenta d’una facciata, e lì appresso i contorni di farnia, o lontano il naviglio in armo. Se al chiosco una folata spicca lenta un ventaglio, che poi al cuore ritorni...






Indice
Pag. 5: Introduzione
Pag. 7: Finestra veneziana
Pag. 9: La gondola
Pag. 11: Il ponte
Pag. 13: La calle
Pag. 15: Il rio
Pag. 17: San Giorgio
Pag. 19: Festa del Redentore
Pag. 21: Il carnevale
Pag. 23: Campo San Giacomo all’Orio
Pag. 25: Danze in San Giacomo all’Orio
Pag. 27: Rialto
Pag. 29: Chiesa di Santa Maria dei Miracoli
Pag. 31: Ca’ Vendramin-Calergi
Pag. 33: Rio di Santa Marina
Pag. 35: Basilica della Salute
Pag. 37: Palazzo Contarini del Bovolo
Pag. 39: Ca’ Dario
Pag. 41: Campo del Ghetto Novo
Pag. 43: Campo San Polo
Pag. 45: Punta della dogana
Pag. 47: Ca’ D’oro
Pag. 49: Basilica di San Marco
Pag. 51: Piazza San Marco
Pag. 53: Palazzo Ducale
Pag. 55: Canal Grande
Pag. 65: Venezia e la laguna
Pag. 75: Galleria fotografica
Pag. 85: Attribuzione foto
Pag. 87: Indice