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Il gioco delle emozioni e dei sentimenti

➜ Completa le seguenti carte delle emozioni e dei sentimenti: in ognuna, scrivi sui puntini quello che puoi fare o non puoi fare quando provi quella emozione e completa una faccina che la rappresenti al meglio. Segui l’esempio.

FELICITÀ quando mi sento così... lio gioioso/a divertito/a contento/a disperato/a dispiaciuto/a

TRISTEZZA quando mi sento così... deluso/a terrorizzato/a preoccupato/a

PAURA quando mi sento così... spaventato/a strabiliato/a stupito/a

MERAVIGLIA quando mi sento così... sbalordito/a furibondo/a irritato/a

RABBIA quando mi sento così... scocciato/a

CORAGGIO quando mi sento così risoluto/a eroico/a deciso/a nauseato/a infastidito/a

DISGUSTO quando mi sento così... schifato/a

TRANQUILLITÀ quando mi sento così... rilassato/a pacifico/a calmo/a situazione carta

➜ Scrivi di fianco a ognuna delle situazioni seguenti quale carta della pagina precedente esprime la tua emozione. Ogni carta può essere usata solo due volte.

Comincio una nuova scuola e non conosco nessuno/a.

Comincio una nuova scuola e trovo i miei amici e le mie amiche ad aspettarmi.

Il mio amico/La mia amica del cuore andrà in una scuola diversa dalla mia.

Vedo che qualcuno/a se la prende con un bambino o una bambina più piccoli.

Un mio nuovo compagno/Una mia nuova compagna inaspettatamente mi invita alla sua festa.

Arrivo a scuola e nessuno/a mi saluta.

Ho inavvertitamente fatto cadere la bici del bullo/della bulla della scuola.

C’è una verifica e non ho studiato.

Devo mangiare in mensa, ma non mi piacciono gli odori che sento.

Il mio compagno/La mia compagna di banco continua a parlare, ma l’insegnante riprende solo me.

L’insegnante fa una verifica a sorpresa su un argomento che ho studiato bene.

➜ Ora dividetevi a coppie: per ogni situazione dell’esercizio precedente provate a indovinare quale carta delle emozioni ha giocato il vostro compagno o la vostra compagna. Se avete indovinato, mettete una nella casella corrispondente.

➜ In classe, confrontatevi sulle carte che avete giocato in ognuna delle situazioni descritte nella tabella. Potrete scoprire le emozioni che vi accomunano.

Ecco un breve percorso per scoprire storie speciali di bambine e bambini come te, che magari vivono o provengono da altre parti del mondo.

Siamo un frullato

Il mio nonno paterno non l’ho mai conosciuto, ma l’ho sognato tante, tantissime volte.

In questi sogni facevamo lunghe passeggiate e parlavamo sempre in un luogo diverso, sempre a scavare nel passato. Mio nonno si chiamava Omar Scego.

Le foto che avevamo di lui a casa erano poche e quasi tutte in bianco e nero. Quella che più mi colpiva era appesa sopra il divano.

Era una foto non grande, a mezzo busto, dove il nonno aveva uno sguardo intenso, luminoso, limpido come la rugiada del mattino, e indossava una veste e un turbante bianchi. Da piccola passavo ore a guardare quella foto.

A colpirmi, in quel ritratto appeso sopra il divano, era il suo colore: il nonno era chiaro, chiarissimo, quasi bianco. Potevi scambiarlo benissimo per un italiano, uno spagnolo, un algerino, un francese.

Come mai era così? Il suo colore mi confondeva!

La mia famiglia è di origine somala. La Somalia è il naso dell’Africa.

La prima volta che ci ho messo piede ho pensato di essere arrivata nel paradiso terrestre, pieno di dolci manghi, soffici papaie, profumati pompelmi e una flora di cielo e di terra tra le più svariate al mondo.

Vi ho parlato della Somalia per potervi anche raccontare che il colore della pelle della mia famiglia e della gran maggioranza dei somali è nero.

Allora come mai il nonno era così chiaro, così bianco?

E fu la prima cosa che chiesi al nonno durante quel primo sogno, quando mi apparve per la prima volta, sorridente e con il turbante bianco arrotolato in testa.

– Nonno, perché sei bianco?

– Non sono bianco – mi disse il nonno serafico. – Sono di Brava. Devi sapere, nipote, che a Brava siamo tutti mescolati con qualcuno di vicino o di lontano. Per capire Brava, ma per capire anche me, tuo nonno Omar, il mio colore, devi pensare al mare. Essere una città di mare significa vivere in una casa con la porta sempre aperta. Ti busserà sempre qualcuno, da lontano, da una terra di cui nemmeno immagini l’esistenza. Ed è così che a casa, a Brava, sono passati antichi Egizi – sì, quelli dei faraoni e delle piramidi – approdati in Somalia in cerca di incensi, e poi nubiani, indiani dal subcontinente, abitanti creoli dell’isola Mauritius, omaniti dalla penisola arabica, yemeniti sempre dalla penisola arabica e poi i portoghesi, che approdarono a Brava quando Vasco da Gama circumnavigò il globo nel 1497-1499. Quindi, quando guardi me, ma anche quando guardi te stessa allo specchio, ricordati che in te ci sono l’Egitto delle piramidi e il Portogallo con le sue caravelle. Che siamo fatti di Africa, ma anche di Asia e di Europa. E quel colore che tu chiami bianco, in realtà nasce da tutti questi mescolamenti. Siamo un frullato di storie, di genti, di lingue, di visioni.

Igiaba Scego, Figli dello stesso cielo, Mondadori Libri S.p.A. per il marchio Piemme

➜ Osserva la carta e individua la Somalia, definita nel racconto “il naso dell’Africa”; poi colorala.

➜ Come mai il colore della pelle di nonno Omar è bianco?

Perché viene dall’Europa.

Perché in lui c’è un miscuglio di Africa, Asia ed Europa.

Perché l’acqua del mare ha tolto colore alla sua pelle.

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