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Banca, quale futuro?

Il conservatorismo dei clienti rischia di compromettere la crescita: siamo in netto ritardo sull’offerta dei nuovi servizi a valore.

Banche italiane e tecnologia digitale? È una liaison che promette bene, ma all’orizzonte non mancano certo le nubi. E a frenare la corsa sarà soprattutto il conservatorismo dei clienti - millennial esclusi - e, quindi, delle banche. Questa, in sintesi, la visione espressa nel report Tech disruption in retail banking: italian banks not adapting to the digital world quickly will be left behind a firma di S&P Global Ratings.

Il report di S&P rileva che ad oggi le banche italiane si stanno affidando alla digitalizzazione soprattutto come strumento per migliorare l’efficienza e la produttività, non tanto, quindi, per formulare nuove proposte di servizi di valore ai clienti.

Oggi, sempre secondo S&P, il settore bancario italiano rimane dominato dalle realtà tradizionali, che continuano a beneficiare di relazioni di lunga data con i clienti, ma che stanno ormai soffrendo da troppo tempo sul fronte dei rendimenti. Un trend che deriva dall’elevata pressione sui margini, a sua volta dovuta a tassi di interesse costantemente in calo. E, nonostante le tante misure messe in atto per tagliare i costi, il risultato netto è stato solo un calo delle perdite, non un aumento dei ricavi.

È uno scenario in cui i nuovi concorrenti digitali hanno l’opportunità di guadagnare significative quote di mercato, avvantaggiandosi di costi di struttura decisamente molto più ridotti.(*) Progressivamente verrà così a scardinarsi il tradizionale modello di business delle realtà bancarie più deboli.

(*) ”Gli investimenti bancari sono ingenti. Oggi, in generale, le banche investono in IT circa il 10% dei ricavi, di cui i 2/3 vengono destinati a mantenere i sistemi attuali e solo 1/3 destinato alle nuove tecnologie” (da un’intervista rilasciata al Corriere della Sera da Flavio Valeri - CEO di Deutsche Bank Italia – 15/09/19).

La crescita delle transazioni digitali e la concorrenza sempre più agguerrita comporteranno per le banche europee una perdita dei ricavi stimata nel 20% e valutata in 280 miliardi di dollari. È quanto emerge dallo studio Banking Pulse Survey: two ways to win, presentato da Accenture in occasione del Salone dei Pagamenti. Secondo Accenture, partendo da una crescita dei ricavi da pagamenti al tasso annuo dei 3,4% entro il 2025 solo le banche che sapranno far evolvere i propri modelli di business adottando le tecnologie più avanzate e concentrandosi sull’offerta di servizi a valore aggiunto per i clienti si aggiudicheranno una quota di questa crescita incrementale dei ricavi. Il mondo dei pagamenti è in profonda trasformazione: non solo vediamo una diffusione sempre maggiore dei pagamenti digitali, ma sono in atto anche molteplici cambiamenti sia da un punto di vista regolamentare che tecnologico e competitivo.

La concorrenza dei player non bancari nel settore dei pagamenti invisibili, ossia dove le transazioni vengono effettuate in un portafoglio virtuale con una app o con un dispositivo mobile, metterà a rischio il 3,4% dei ricavi delle banche europee.

Inoltre, la sostituzione delle carte di credito con i pagamenti istantanei minaccerà un ulteriore 1,8% dei ricavi (2,7% nel mondo). Con i pagamenti istantanei, che trasferiscono il denaro in tempo reale, le banche, infatti, ricavano pochi interessi, se non nessuno.

Più di due terzi (71%) dei top manager bancari concordano sul fatto che i pagamenti stanno diventando gratuiti; quasi tre quarti di essi (73%) ritiene che la maggior parte dei pagamenti siano già invisibili o lo diventeranno nei prossimi 12 mesi; e un numero ancora più alto (78%) ha dichiarato che i pagamenti sono già istantanei o lo saranno nei prossimi 12 mesi.

Il mercato dei pagamenti rimane comunque sempre molto interessante: non solo per il suo valore – che in Italia, è di circa 4 miliardi l’anno – ma anche perché è un canale di importanza cruciale per presidiare la relazione tra le banche e i propri clienti. Di fatto, le esperienze di pagamento restano l’occasione di contatto più rilevante in termini di elevata frequenza e offrono l’opportunità di essere integrate da servizi a valore aggiunto quali offerte di credito veloce ed assicurazioni istantanee.

“Il boom digitale significa che le banche devono cambiare il modo di vedere il loro mix di fonti di ricavo”, ribadisce Alan McIntyre, a capo della divisione Accenture Banking. “I canali che una volta fruttavano alle banche miliardi di dollari non esisteranno più. Per avere successo nel futuro le banche dovranno sviluppare nuovi modelli di business digitali su vasta scala, con pagamenti one-click che diventano la norma, e dovranno fare in modo di dare ai clienti esperienze sicure, convenienti, semplici e omogenee sui vari canali”.

In Europa è anche la nuova direttiva sui pagamenti PSD2 (Payment Services Directive 2) a favorire la digitalizzazione del settore ma anche l’apertura del mercato ad attori finora esterni al mondo finanziario grazie all’open banking, che impone agli istituti tradizionali di condividere informazioni dei clienti con terze parti accreditate che possono costruire servizi a valore aggiunto. L’ingresso di start-up e di attori alternativi dell’industria digitale, anche grazie alla direttiva PSD2, potrebbe sottrarre alle banche tradizionali fino al 15% delle loro entrate provenienti dai pagamenti entro il 2025 su scala globale.

I gruppi dell’hitech sono comunque destinati a sottrarre quote crescenti di business alle banche: i timori suscitati nel settore finanziario tradizionale dall’apertura del mercato del prestito e dei pagamenti a nuovi attori del mondo tecnologico vengono confermati da un nuovo studio di Citigroup intitolato “Bank of the Future” dove si prevede che entro il 2025 le banche del Nord America potrebbero perdere il 34% delle entrate derivanti da attività tradizionali – gestione del risparmio, pagamenti, prestiti, investimenti – a favore di nuovi entranti del mondo finanziario fortemente basati sulle tecnologie digitali. Il mercato bancario di Stati Uniti e Canada subirebbe l’impatto più profondo, capace di modificare radicalmente il business degli incumbent per effetto dei “disrupters”, attori rivoluzionari che includono fintech, società tecnologiche e le stesse start-up che le banche hanno recentemente avviato o finanziato nel tentativo di farsi trovare pronte alla trasformazione digitale.

La crisi innescata dal Coronavirus accelererà certamente alcuni degli aspetti che abbiamo trattato. I primi sviluppi di questa evoluzione verranno argomentati in un prossimo articolo.

A cura di Paolo Brambilla