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Un modo diverso di essere intelligenti: l’autoconsapevolezza - 1a parte
Per innovazione del comportamento intendo riferirmi a: • essere aperti a nuove idee, nuovi approcci • essere flessibili nell’adeguarsi al cambiamento • valutare soluzioni non tradizionali, senza esclusioni a priori • correre dei rischi col proprio modo innovativo di pensare e di agire • adattare i propri riscontri e risposte alla dinamica delle situazioni • interpretare persone ed eventi in modo aperto e flessibile • mettere in discussione dogmi, certezze, abitudini, comodità, stereotipi.
Un alto grado di consapevolezza ti permette di monitorare te stesso, di osservarti mentre agisci; se difetti di autoconsapevolezza manchi anche di informazioni per prendere decisioni appropriate e prevederne le conseguenze.
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In buona sostanza, l’autoconsapevolezza ci aiuta a riconoscere e capire i nostri pensieri, aree di debolezza, idee ed azioni.
Le persone prive di consapevolezza non sono in grado di mappare criticamente i propri punti di debolezza e quindi non crescono, non evolvono, non migliorano la loro condizione.
L’autoconsapevolezza ci permette di distinguere tra la distorsione e la realtà, tra come le cose sembrano, o come vorremmo che fossero, e come sono veramente. semplice e sbrigativo se non si bada alle conseguenze delle nostre decisioni.
Senza autoconsapevolezza è spesso velleitario ed eccessivamente antieconomico tentare di modificare atteggiamenti e comportamenti non funzionali agli obiettivi.
Disporre di autoconsapevolezza ci consente di condividere l’importanza di un obiettivo, di un orientamento, di una decisione perché facenti parte della nostra intima personale convinzione circa la convenienza e l’opportunità a conseguirli.
In sintesi, i principali benefici dell’autoconsapevolezza sono: • saper riconoscere come le nostre emozioni influenzano le nostre performance • riuscire a riflettere sulle potenziali conseguenze di ciò che si sta per fare • favorire la nostra comprensione e la tolleranza verso gli altri • approcciare i problemi con flessibilità e disponibilità (adeguata predisposizione all’ascolto e all’apprendimento) • controllare emozioni e stati d’animo negativi • farci ricordare che sebbene i sentimenti siano elementi interiori, rivelano spesso manifestazioni esteriori: quelle percepite dagli altri • accettare il feed-back negativo. Quando ricevi una critica, accresci la tua consapevolezza di come gli altri percepiscono le tue azioni; hai quindi l’opportunità di modificare quei comportamenti che risultano inadeguati • controllare la nostra autostima e il nostro egocentrismo • sviluppare il nostro senso di responsabilità e di collaborazione di fronte ad un problema • sviluppare lo spirito di iniziativa, che non significa essere indiscreti o aggressivi. Significa riconoscere la nostra responsabilità nel fare in modo che le cose accadano.
L’autovalutazione e l’autocritica – che discendono dall’autoconsapevolezza – facilitano significativamente il processo di cambiamento.
Quando ci ritroviamo con obiettivi di prestazioni imposti da altri senza alcun nostro preventivo coinvolgimento, l’effetto è tendenzialmente opposto: la nostra motivazione vacilla, sorgono dubbi sulla possibilità di migliorare e ciò non favorisce di certo performance di livello. Ecco quindi un altro motivo per cui è indispensabile sviluppare e diffondere consapevolezza. In definitiva, quanto più l’adesione agli obiettivi sarà frutto di una decisione personale, tanto più sarà facile conseguirli.
Le energie personali – passione, entusiasmo, aspirazioni, prospettive – diventano, quindi, elementi determinanti ai fini di un cambiamento effettivo, duraturo e sostenibile.
GLI STATI D’ANIMO
Ogni nostro comportamento è il risultato dello stato d’animo nel quale ci troviamo. L’obiettivo è acquisire un adeguato livello di consapevolezza sui nostri stati d’animo riuscendo così a interpretarli e a governarli.
Gli stati d’animo non sono solo semplici emozioni; sono reazioni piuttosto complesse ed articolate che ciascuno di noi sceglie – consciamente o no – di adottare in dipendenza del momento contingente che sta vivendo: • gran parte dei nostri stati d’animo si verificano senza che da parte nostra ci sia controllo consapevole • quasi mai guardiamo introspettivamente dentro di noi bensì siamo costantemente attratti dal giudicare gli stati d’animo altrui • noi costantemente e continuamente – e spesso inconsciamente - entriamo ed usciamo da stati d’animo, positivi o negativi.
È importante per tutti noi riflettere sulla potenza di alcuni stati d’animo negativi: • la depressione, la sensazione di non poter incidere sugli eventi • la rabbia, la perdita di lucidità che ci portano a comportamenti di cui poi ci pentiamo • la paura, il rifiuto degli altri, il timore di relazionarsi, l’isolamento • la rassegnazione, il rifiuto alla collaborazione, allo spirito di iniziativa, alla decisione condivisa • l’autocommiserazione.
Questi sono esempi di stati d’animo negativi e perversi perché: • li nutro di sofferenza e di negatività • mi consentono autoammirazione in quanto stoicamente soffro, dunque continuo a soffrire per continuare ad ammirarmi • consolidano il mio bisogno di avere ragione a tutti i costi e verso tutti • allontanano da me la possibilità di fare consapevolmente qualcosa di buono per il mio benessere e per coloro con cui interagisco.
Come nascono gli stati d’animo?
Hanno origine da due componenti fondamentali: • le nostre rappresentazioni interne, in particolare credenze, valori, pregiudizi, convinzioni, percezioni, alibi • lo stato della nostra fisiologia, in particolare respirazione, alimentazione, sonno: bioritmo, in sintesi.
COSA SONO LE RAPPRESENTAZIONI INTERNE
Sono approcci preformati e preorganizzati - cose che ci raffiguriamo - che portano a consapevoli o inconsapevoli convinzioni che influiscono sulle nostre decisioni e sui nostri comportamenti.
Ciò in cui un individuo crede, quello che ritiene possibile o impossibile determina in larga misura quello che costui può o non può fare/essere.
Da dove derivano le Rappresentazioni Interne? • dall’ambiente d’origine e da episodi di vita quotidiana • da eventi che hanno segnato la nostra esistenza • dalla conoscenza ed esperienza derivanti dai rapporti interpersonali • dalla storia delle nostre performance.
Dedichiamo ora un po’ di attenzione alle nostre principali Rappresentazioni Interne che incidono sulle nostre decisioni e, quindi, originano il nostro comportamento.
CREDENZE
Le neuroscienze hanno ormai da tempo assodato che la felicità ed il benessere non arrivano dall’esterno, meno che meno dall’abbondanza dei beni e dal consumismo compulsivo, ma piuttosto sono dimensioni da coltivare interiormente e alle quali l’individuo tende spontaneamente.
Ciò che spinge ogni individuo a scegliere un comportamento nasce dalle sue credenze e convinzioni più profonde che oltrepassano la logica della razionalità trovando fondamento nell’inconscio. Ma qual è la natura di queste credenze?
Le credenze sono delle generalizzazioni dedotte dal passato - motivo per cui i bambini non hanno credenze - caratterizzate da aspetti fondamentali: • non le scegliamo consciamente • sovente si basano su nostre errate interpretazioni di esperienze di vita appartenenti al passato • una volta memorizzate nel cervello emotivo possono condizionare e limitare le decisioni future.
Siamo spesso portati a credere che gli eventi esterni condizionino la nostra vita e che l’ambiente abbia un influsso determinante sulla nostra evoluzione.
In realtà non sono gli eventi esterni a modellarci, bensì le nostre credenze che nascono dal significato che noi diamo a tali eventi.
Il nostro cervello è una fabbrica a ciclo continuo di credenze.
Siamo soggetti ad una moltitudine di fattori che plasmano le nostre credenze. Partendo dai dati che raccogliamo coi nostri sensi, la nostra mente inizia spontaneamente a creare schemi ricorrenti per poi dotarli di un significato. Così gli schemi si trasformano in credenze. Una volta costruite le credenze, il cervello cerca prove a loro sostegno, il che lo incoraggia e rende le convinzioni ancora più radicate e, quindi, più immuni dagli strumenti educativi - conoscenza e consapevolezza - specie per chi non è disposto a prendere atto delle prove che le contraddicono.
Vi è poi da considerare che più abbiamo investito energie nervose e mentali in una credenza e più essa è duratura e appartenente a pieno titolo al mondo delle nostre granitiche certezze.
“Una volta costruite le nostre credenze, le difendiamo e le giustifichiamo tramite una vasta gamma di teorizzazioni intellettuali, argomentazioni persuasive e spiegazioni razionali. Prima arrivano le credenze, poi le spiegazioni” (Michael Shermer).
Il nostro cervello valuta le credenze e tende a classificarle come buone o cattive, a secondo della comodità e della convenienza che esse rappresentano per noi. L’evoluzione dei nostri istinti primordiali ci porta a fare gruppo con chi la pensa come noi e a demonizzare quelli che non la pensano come noi. Ne consegue che, quando entriamo in contatto con credenze diverse dalle nostre, siamo naturalmente portati alla diffidenza, a criticarle e a demolirle perché inconsistenti e “pericolose”.
Una tendenza questa che ci rende ancora più difficile cambiare idea a dispetto di ogni evidenza.
Le credenze spesso derivano dal modo in cui ci vengono presentate; tendiamo a trarre conclusioni, e conseguenti decisioni, diverse a seconda del modo in cui fruiamo delle informazioni con cui percepiamo la realtà.
In sintesi, le credenze sono il modo in cui ognuno di noi vede il mondo. Ognuno ha il suo mondo. Fino a qui, nulla da eccepire. Ma il fatto è che le credenze influenzano gli stati d’animo e, quindi, originano i nostri comportamenti; vale pertanto la pena di allenarsi a migliorare obiettività e fondatezza delle nostre credenze.
Fabrizio Favini