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Trend mondiali nella Employee Experience
Nel secondo semestre del 2021 Qualtrics ha somministrato un questionario di clima organizzativo a un campione di 14.000 lavoratori in 27 Paesi (Italia inclusa) su temi quali la leadership, l’ambiente di lavoro, la motivazione.
I risultati sono molto interessanti e presentano alcune sorprese, pur confermando alcune tendenze che si erano già viste nel 2020, ma che oggi sono diventate temi davvero urgenti.
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In particolare, quattro sono le aree su cui ci siamo focalizzati: 1. La Great Resignation 2. L’ambiente di lavoro 3. La Diversity 4. Il Well-being
1. LA GREAT RESIGNATION
Se ne parla da mesi e se ne parla soprattutto come se fosse un fenomeno tutto americano.
La nostra ricerca conferma la presenza di questo trend in USA, ma lo allarga anche al resto del mondo. L’aspetto nuovo, che emerge dal nostro studio, è che sono soprattutto le donne in posizioni manageriali a dichiarare di voler lasciare la propria azienda, come ci mostra il grafico seguente.
I dati sulla intenzione di restare in azienda sono generalmente in calo dal 2021, a riprova del fatto che la Great Resignation non è solo una favola raccontata dai media, bensì una reale tendenza nel mercato.
La novità che introduciamo con questi dati è la notevole differenza fra uomini e donne, specialmente quando osserviamo le posizioni manageriali: fra le donne in posizioni apicali l’intenzione di continuare l’attuale rapporto lavorativo crolla di ben 18 punti percentuali in un anno, a fronte di un calo di solo 9 punti fra i pari-grado di sesso maschile.

Non c’è da stupirsi: molti studi hanno dimostrato che le lavoratrici hanno sofferto decisamente più dei lavoratori durante la pandemia poiché spesso (troppo spesso) il peso della famiglia ricade sulle spalle delle donne e nel momento in cui rendiamo labile la distinzione fra sfera privata e sfera professionale, sovrapponendo come mai prima nella storia i ruoli di professionista, madre, moglie – a volte anche figlia! – lo stress aumenta a livelli davvero preoccupanti.
2. L’AMBIENTE DI LAVORO
L’esperienza fatta in questi anni, dal lavoro in remoto a quello ibrido, alla maggiore flessibilità degli orari, ha profondamente modificato le aspettative dei lavoratori che oggi chiedono ambienti che supportino la loro produttività, rispettando però il work-life balance. Non è più accettabile considerare l’essere in ufficio parte delle mansioni di un lavoratore: andare in ufficio deve diventare un’opportunità e l’ufficio trasformarsi in uno strumento di lavoro, da usare quando serve.
Oltre un terzo dei rispondenti al nostro sondaggio ha dichiarato che cercherebbe un altro lavoro, se obbligato a lavorare full-time in ufficio; a giudicare dal grafico seguente, il motivo è semplice: l’ambiente di lavoro non è più vissuto come un elemento neutro della nostra vita professionale, ma come un vero e proprio fattore abilitante – o come un ostacolo.

3. LA DIVERSITY
Le aziende devono impegnarsi molto di più nella DEIB (Diversity, Equity, Inclusion, Belonging – cioè Diversità, Equità, Inclusione e Appartenenza).
Anche alla luce di recenti fenomeni (uno per tutti, Black Lives Matter), si è sviluppata una maggiore consapevolezza e sensibilità su questi temi e rispettare gli obblighi di legge non è più sufficiente: la gestione della diversità sul posto di lavoro deve diventare sistematica e la diversità stessa deve passare dall’essere un problema da risolvere a una risorsa da sfruttare.
Il grafico riportato di seguito ci mostra la fortissima correlazione fra la percezione di lavorare in un ambiente inclusivo e aperto e l’intenzione di restare a lungo nella propria organizzazione.
Chi dichiara di essere in cerca di lavoro esprime infatti opinioni decisamente negative sui temi DEIB.

4. IL WELL-BEING
Se da un lato la pandemia ha dimostrato che il luogo di lavoro non deve necessariamente essere l’ufficio affinché la produttività resti alta, bisogna però anche ammettere che la fusione di ambiente domestico e ambiente lavorativo ha, in molti casi, cancellato quella linea che divideva il privato dal professionale, consentendo al nostro lavoro di tracimare nei pranzi, nelle cene, di sostituire i tempi di viaggio. Di più: se una volta era accettabile spegnere il cellulare aziendale, una volta rientrati a casa e indossato quel morbido pile, oggi che il morbido pile è assurto a divisa, anche il momento in cui si mostrava a colleghi e clienti il cartello “The End” è stato cancellato.
Il risultato è, ovviamente, un peggioramento della salute mentale dovuto ad affaticamento e stress.
I dati che riportiamo di seguito mostrano che circa un terzo dei rispondenti nel mondo afferma di non prendere giorni di malattia, anche quando in realtà dovrebbe farlo. E, paradossalmente, cita il carico di lavoro (spesso la causa della malattia stessa) come ragione. Un quinto del campione si dice inoltre preoccupato dal lavoro.

CONCLUSIONI
I quattro punti chiave della nostra ricerca appaiono chiaramente collegati fra loro.
L’attenzione al Well-being, la gestione della diversity, lo smartworking sono tutti temi già presenti prima della pandemia, ma la loro importanza e portata sono state amplificate in modo eccezionale dagli eventi che hanno interessato il pianeta negli ultimi due anni.
E come spesso accade quando i grandi momenti di crisi sortiscono dei cambiamenti sociali, le conseguenze non sono buone o cattive a priori: diventano buone o cattive dopo che le abbiamo gestite nel contesto in cui avvengono.
In questo caso, il ricorso spinto al lavoro in remoto ha fatto sì che si creassero alcune situazioni positive per alcune fasce della popolazione che hanno goduto della aumentata flessibilità, senza subirne particolari conseguenze avverse, mentre altre fasce demografiche (in particolare: madri con lavori impegnativi) si sono trovate a sovrapporre pezzi di vita, che prima riuscivano a tenere separati.
In conclusione, è fondamentale per le aziende capire che indietro non si può tornare: il lavoro ibrido resterà il modo normale di operare, ovviamente con le dovute differenze, determinate dalle diverse professioni e situazioni. Ma è anche urgente ragionare su come fare in modo che il lavoro non diventi un lenzuolo che copre tutta la nostra vita, danneggiando chi questa vita l’ha già parecchio impegnata.
Il work-life balance del post-pandemia non sarà più scandito dal timbro di un cartellino o da una chiave che apre o chiude la porta di casa o dell’ufficio: sarà determinato da una nuova, più matura cultura organizzativa, capace di ascoltare le esigenze di tutti e di creare le migliori condizioni lavorative per i collaboratori.
E c’è solo un modo per cominciare a costruire questa cultura: chiedere feedback a tutti i collaboratori nei vari momenti significativi della loro vita professionale, per poi agire con tempismo sui commenti ricevuti.
Andrea Montuschi
Il report “Global Employee Experience Trends” di Qualtrics è scaricabile qui. https://www.qualtrics.com/ebooks-guides/2020-global-employee-experience-trends-report/