Uscita n°8 dic 2014

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RIVISTA ONLINE

N-8 2014


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Al Suono Delle Eolie

Al morir del suono delle Eolie placa l’ira e dorme l’errante Odisseo. I Ciclopi dal Mongibello lanciano incandescenti sassi, lapilli e sbuffano nubi nere, mentre le Sirene ammaliano i naviganti che osano varcare lo Stretto. Scilla e Cariddi si guardano in cagnesco nel tempo, al pizzichÏo delle Eolie, Omero canta, Vulcano e Stromboli chiamano il fratello Etna ed al risveglio trema Zancle e Rhegjon soave tramonto al morir del suono delle Eolie!

Rocco Giuseppe Tassone


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Indice La Chimera e Bellerofonte I Lupanari Scautismo a Reggio

Pasquale Alecce L’Abbazia Benedettina di Sant’Eufemia Conflito sul Brasileiro Difesa del territorio Calabrese Claudio Casalguida, Parlando di … Uomini di Cultura, Novità dal … -Concorsi,Eventi Contatti ,Redazione


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La Chimera Chim e Bellerofonte: rofonte: il mito, o, la sto storia ed il clima culturale lturale d della To Toscana dei Medici.

Ad Arezzo, nel novembre bre del 1553, in occasione della costruzione one di fortificazioni f che interessavano la zona di Porta San Lorentino, alla periferia della cittadina, ittadina, fu recuperato il magnifico bronzo oggi conservato conserva al Museo Archeologico Nazionale le di Firenze: Fir la Chimera L’opera è considerata tra i più grandi capolavori dell’arte della lavorazione lavorazi dei metalli, indubbiamente tra i reperti perti più noti al grande pubblico ed entrataa ormai n nell’immaginario collettivo come simbolo lo non solo so di una città ma anche, e soprattutto,de ttutto,del mondo e della cultura etrusca. Con l’obiettivo l’obietti di stimolare la curiosità e l’interess ’interesse verso questo capolavoro, non mancando ando di accennare al mito della Chimera e Bellerofonte, Bellero si offre un quadro esaustivo dell’opera. pera. Fin Fi dal VII sec. a.C., la città di Arezzo risulta essere un centro di primo ordine nella lavorazion vorazione dei metalli, ponendosi in forte concorren oncorrenza con Volterra, come attesta l’alta frequenza uenza di d ritrovamenti di suppellettili in bronzo. Analisi Ana mineralogico - petrografiche condotte tte sui reperti, coadiuvate da indagini diagnosti iagnostiche dei terreni, portano a ritenere che e il benessere ben economico della città fosse se assicurato assicu da attività estrattive. Le zone immediatam ediatamente limitrofe al centro risultano tutt’oggi molto generose in quanto a materie prime; rime; non no è un caso, infatti, che attorno aii monti Rognosi, riserva naturale di 171 ettari, siano note no vene di metalli ferriferi e cupriferi, eri, sfruttate sfrut in antichità per il reperimento deii metalli. metalli Questo dato ha rappresentato una na prova prov di importanza primaria nella ricostruzione zione degli de aspetti economici della città, nonché, della nascita e dello sviluppo del centro.1L’antica L’an Arezzo nasce su un’altura protetta rotetta naturalmente n da dolci colli e bagnata da corsi d’acqua; d’ dal punto di vista insediativo, o, quindi, quind gli aspetti geomorfologici hanno sicuramen curamente avvantaggiato l’insediamento e lo sviluppo s di una comunità. Il centro moderno derno insiste in su quello antico e domina, a nord, ili Casentino ed il medio Valdarno, ad ovest est le colline co del Chianti, ad est le valli che portano ortano al Tevere e a sud la Valle del Chiana. Allaa facies villanoviana, v inquadrabile dal IX al pieno VI VIII sec. a.C., viene attribuito un sepolcreto to in località loc Caselle, lungo la via Fiorentina, tina, da cui provengono fibule bronzee e cinturoni. 1

G. CAMPOREALE 2004, pp. 333 ss.


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Al primo orientalizzante, nte, ossia oss dal VII agli inizi del VI sec. a.C., ., sono riferiti bronzetti votivi filiformi in stile le geometrico, geome raffiguranti soggetti sia maschili schili sia femminili dalla testa sferoidale con sommari sommar accenni fisionomici. Ai primi decenni cenni del de VI sec. a.C., in località Poggio del Sole, ole, a nord/ovest no dell’abitato, viene datata una necropoli ne separata dall’abitato che invece ce si concentra co nell’attuale zona di S. Jacopo, da cui derivano antefisse a figura umana ana intera int e sime rampanti,databili fino a tutto il V sec. a.C. Il recupero di bronzetti tti votiv votivi di vario genere in grande quantità antità ha h permesso di identificare santuari in località localit San Bartolomeo e Fonte Veneziana. ana. A questo q proposito, alla fine del V/inizi dell IV sec. a.C. risalgono suppellettili e doni votivi otivi recuperati rec nell’area cittadina, nonché ceramica amica a vernice nera la cui produzione si protrae rotrae fino f al I sec. a.C., quando viene rimpiazzata zzata dalla dal ceramica corallina. Dal IV/III sec.. a.C. la città c sembra aver assunto un atteggiamento ento filo fil romano; lo dimostra il fatto che gli aretini aret siano stati gli unici tra i popoli d’Etruria Etruria a non approfittare delle guerre sannitiche nnitiche per minacciare Roma. Inoltre, al 302 2 a.C. si data una guerra intestina alla città, ttà, divisa divis tra la fazione aristocratica e quella servile, e che viene risolta grazie all’intervento ento di Roma. Di questo episodio si hanno tracce cce su un’epigrafe u di età giulio – claudia in cui si menziona me un certo Aulo Spurinna, tarquiniese, iniese, che avrebbe risolto il conflitto: non on infrequenti infre risultano essere iscrizioni su ceramica eramica o su lastre funerarie in cui si leggono ono nomi nom di personaggi romani appartenenti alla gens gen Spurinna. Dal III sec. a.C. la cittàà gode di d un particolare momento di floridezza za a cui vengono fatti risalire complessi sacri, cri, tra cui il più noto è stato identificato in località ocalità Castelsecco, C in contesto extraurbano o che dista dis circa 3km dal centro, in direzione sud/est. ud/est. Arezzo A si dimostra ancora filoromanaa nel 205 20 a.C., quando si distingue dalle altre città etrusche etru per aver donato ingenti quantità tità di frumento fr ed armi a Publio Cornelio Scipione pione in preparazione della guerra contro Annibale. Annibal Il fatto che la città di Arezzo fosse se un centro c di primo ordine lo dimostra stra anche anc la semplice constatazione che dal al II sec. a.C. viene raggiunta dalla Cassia. Dopo la l guerra sociale dell’88 a.C., la città viene iene ascritta asc alla tribù Pontina, messa a ferro rro e fuoco fu dall’esercito vittorioso di Sillae, 6 anni più pi tardi, precisamente nell’82 a.C., diventa colonia militare con il nome di ArretiniFide identiores, poco dopo viene insignita ta del titolo t di colonia cesariana. Dal I sec. a.C. .C. la città cit si fa conoscere al mondo antico grazie alla al produzione di ceramica sigillata, anche che nota not in letteratura come “ceramica aretina”; retina”; utilizzata per la dispensa, si classifica come un u prodotto di élite, un vero e proprio roprio status symbol del proprietario e del benessere nessere economico - sociale raggiunto. Questa uesta è una produzione molto particolare, dall caratteristico caratte colore rosso, lucidata ed imprezios mpreziosita con eleganti decorazioni a rilievo, impresse impress o applicate. Contemporaneamente te la città si arricchisce di edifici pubblici, tra cui teatro, teat anfiteatro e terme; questo benessere benesser sembra però cominciare ad affievolirsi olirsi già agli inizi del II sec. d.C., quando la a città viene v lentamente messa in ombra dall’affermaz affermazione in campo politico - territoriale di Florentia. Flore La Chimera venne recuperata il 15 5 novembre novem 1553, durante la realizzazione di lavori lavo per la fortezza medicea voluta da Cosimo osimo I; I la scultura in bronzo, imponente te e maestosa ma sia nelle dimensioni (circa 65 cm di altezza) alt sia nella resa plastica, raffigurante rante il m mostro morente, veniva strappata allaa terra che l’aveva gelosamente custodita ta per secoli. s Da subito suscitò grande interesse esse e forte fo curiosità, stimolando ancora di più ili clima culturale toscano; 2

Galleria degli Uffizi


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dal 1400, infatti, era vivo un vero v e proprio mito sugli Etruschi, una na sorta di “revival”, al punto che prese campo po la ten tendenza di ricercare nel passato glorioso ioso dei p propri antenati le legittimazioni dell potere poter temporale, concordemente alla lla linea di pensiero dominante, secondo la quale la grande Roma dei Papi nasceva sulle imponenti im rovine della Roma dei Cesari. ri. Pertanto, Pertan quando i Medici si insediarono o a Firenze, Firen l’interesse per il mondo e per le antichit antichità etrusche si mantenne vivo più che e mai, tanto ta che il duca fu paragonato alla figura di d Porsenna, monarca etrusco, nell’esplic ell’esplicito intento di mitizzare e glorificare non sol solo il passato ma anche e soprattutto o il presente. prese Nacquero così i primi nuclei delle collezioni co di oggetti antichi, recuperati perati casualmente ca in occasione di lavori pubblici, bblici, unici u materiali di cui si disponeva per er far luce luc sulla storia e per dare lustro alla famiglia amiglia al a potere. In questo clima di fervore e culturale, cultura fu lo stesso Cosimo I che, affascinato ato dal mondo etrusco, si prese cura di restaurare taurare personalmente p la Chimera che fu quindi indi trasferita trasf nello studiolo del duca. A tale proposito, propos Benvenuto Cellini (scultore, orafo o ed artista, arti 1500 – 1571), nella sua autobiografia grafia “La Vita”(1558 – 1566) menziona il recupero recuper dell’esemplare, offrendo al contempo ontempo una curiosa immagine del duca: “essendosi “essend in questi giorni trovato certe anticagl anticaglie nel contado d’Arezzo, in fra le quale le si era la Chimera, ch’è quel lione di bronzo, zo, il qua quale si vede nelle camere con vicino alla la gran sala del Palazzo; ed insieme con la a detta Chimera si era trovato una quantità di picco piccole statuette, pur di bronzo, le qualii erano coperte c di terra e di ruggine, ed a ciascuna scuna di esse mancava la testa o le mani o i piedi, ili duca pigliava piacere di rinettarselee da per se medesimo con certi cesellini da orefice…” orefice… specificando che al momento, l’esemplare semplare era stato trasferito nella stanza dei bronzi bro della “Real 1 Galleria” . Il nome della ella fiera deriva dal greco Χίμαιρα (chímaira)) che si traduce con “capra”: Omero descrive rive l’ani l’animale come un mostro dalla sola testa sta di leone, leo dalla coda 1 di serpente e dall’intero intero corpo c di capra. Il bronzo si presenta resenta non dissimile dall’accenno del poema, ma, con la sola differenza che il corpo, interamente interam di leone, presenta la testa di capra apra sulla sull schiena.

Dall’anno della scoperta, rta, il bronzo br fu oggetto di restauri; al momento ento del de ritrovamento la statua si presentava va mutila della coda che fu recuperata in un n secondo second momento e purtroppo, da come si deduce dal confronto di varie iconografie, fu rimontata rimon male, 3

Iliade, libro VI, 180 – 182.


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in quanto non avrebbe dovuto rivolgersi verso la testa di capra sulle ulle sue spalle s ma contro Bellerofonte, in un ultimo imo sforzo sfor per istinto di sopravvivenza. Laa testa e le zampe sono invece frutto di restaurii neoclassici. neoclas

Il Vasari, nella seconda metà del de XVI sec. a.C., si interessò alla Chimera, era, in merito m all’aperta questione dell’originalità lità dell’arte dell’ etrusca, ed afferma, con assoluta soluta certezza, c quanto segue: “Si riconosce la a perfezione perfez di quell’arte essere stata anticame nticamente appresso ai 1 toscani, come si vede alla maniera ma etrusca.” Non è questo il contesto contest per aprire un dibattito sulle radici dell’arte ell’arte etrusca e e della sua evoluzione, ma è doveroso dover sottolineare che l’Etruria è tra le regioni che, c dal primo millennio avanti Cristo, risto, ha sviluppato una tradizione artistica vivace e poliedrica. pol Ciò che ha contraddistinto il popolo etrusco è stato l’aprirsi al Mediterraneo, o, lasciando lascia che la propria cultura recepisse e esperienze esperie straniere, in una commistione che ha prodotto prodo risultati magnifici dal punto di vista qu qualitativo, tra cui proprio la Chimera. In tutto questo, q il commercio ha giocato un n ruolo chiave: fin dagli ultimi decenni dell’ VIII II sec. a.C., a. l’Etruria è stata raggiunta dai fenici enici e dagli d euboici che hanno introdotto l’alfabeto beto greco gre ed il tornio. Dagli inizi del secolo lo successivo, succes nelle rotte commerciali si sono sostituiti stituiti i greci orientali ed i corinzi che hanno o trasmesso trasme agli etruschi l’arte della ceramografia. ia. A que questo proposito, si perde nella mitistoria la leggenda le secondo cui sulle coste tirreniche he sareb sarebbe approdato Demarato, un commerciant erciante di Corinto che assieme a Eucheir, Eugrammos rammos e Diopos avrebbe introdotto l’arte della coroplastica, co della scultura e della modellazione llazione dell’argilla, da cui poi sarebbe fiorita rita la gr grande tradizione della ceramografia. Dunque, un profondo legame con la cultura ura greca, grec uno scambio culturale stretto e reciproco roco che ha reso l’arte etrusca unica nel suo o genere. genere IL MITO Il mito greco racconta che Bellerofonte, Belle figlio di Glauco re di Corinto, to, essendosi esse macchiato della colpa infamante di aver ucciso il fratello, fuggì a Tirinto dove ove trovò trov ospitalità alla corte del re Preto, conosciuto osciuto ccome sacerdote espiatore di peccati. ti. Stenebea, Stene consorte di Preto, fin dal primo momento mento si s innamorò di Bellerofonte ma poiché ché fu respinta re dall’eroe, in preda all’ira e dall’orgoglio rgoglio ferito, fe tramò una crudele vendetta contro ontro di lui, ordinando a Preto di ucciderlo poiché, hé, a suo su dire, colpevole di averle fatto violenza. iolenza. Così, Preto inviò Bellerofonte dal padre della donna, d Iobate, al quale era stato segretam egretamente ordinato di uccidere il giovane. Iobate ate però, però frenato dalle leggi greche che vietavano etavano l’uccisione di un ospite, pensò di risolvere ere la questione qu chiedendo a Bellerofonte di uccidere uccid la Chimera, mostro che terrorizzavaa da seco secoli le tranquille ed indisturbate terre e della Licia. Li 4

G. Camporeale 2004, pp. 100 ss.


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In questo modo, il giovane iovane sarebbe s stato ucciso dal mostro e giustizia sarebbe stata fatta; l’orgoglio di Stenebea tenebea sarebbe stato riscattato ed i patti ti con Preto P rispettati. Bellerofonte, però, con on l’aiuto l’aiut di Pegaso riuscì ad uccidere la Chimera himera con c un colpo di lancia, dopo di ché tornò da Iobate il quale, meravigliato dell’impresa dell’im e della temerarietà del giovane, ne, svelò le trame di Preto e Stenebea. L’opera immortala lo scontro scont epico tra il mostro e l’eroe; la Chimera Chim è ritratta sofferente, morente, mentre si ritrae in un atteggiamento di difesa. fesa. È ferita, f il sangue sgorga abbondante e le vene sono messe in forte evidenza a sottolinear ttolineare la tensione e lo sforzo della bestia prima che ch Bellerofonte, in sella al suo cavallo llo alato, alato Pegaso, sferri il colpo di grazia.

A questo proposito vale spendere sp qualche parola sulla figura ra epica dell’animale; donato all’eroe da Poseidon oseidone, è il più noto tra i cavalli alati nella mitologia m greca. Secondo il mito, il cavallo vallo nacque na dal terreno bagnato dal sangue gue che sgorgava dalla testa recisa di Medusa, usa, uccisa ucc da Perseo, che per primo lo o cavalcò cavalc per salvare Andromeda. Andromeda eda era stata esposta su uno scoglio per essere ssere uc uccisa e divorata da un mostro mandato to da Poseidone, Po ma Perseo, appena giunto to in sella sell di Pegaso, si innamorò della donnaa e uccise uccis il mostro marino che stava per divorarla, vorarla, aiutandosi con 1 la testa di Medusa daa lui decapitata dec . Fu poi cavalcato da Bellerofonte ofonte cche lo ricevette in dono da suo padre e Poseidone, Poseid dio del mare, che lo assistette tte nell’epica nell’ battaglia contro la Chimera. Ed è proprio p il momento della morte della fiera fie che viene immortalato dalla statua atua in bronzo; b le fauci, spalancate in un ultimo ltimo ruggito rug di dolore, lasciano mostrare i denti enti in un u atteggiamento minaccioso e di sfida, fida, come com se il mostro stesse per sferrare un n ultimo attacco, mentre ormai la testa caprina sulla s schiena è morente e quasi totalmente lmente reclinata r sul fianco sinistro. 5

Enciclopedia dell’arte antica. M. MORETTI 1966; S. STEINGRABER 1985; S. STEINGRABER 2006.

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CESAR Nelle zampe, dagli artigli rtigli ben be piantati a terra, sta tutta la ferocia ocia della del bestia che nonostante stia morendo ndo sotto sot i colpi di lancia, non si dà per vinta inta e se sembra pronta ad attaccare di nuovo, vo, con impeto e violenza. La statua è una sorta sort di “fermo immagine” di un momento mento di d alto pathos, azione e concitazione; ne; dunque, dun efficace rappresentazione di un mostro most che sembra stia per prendere vita. ita. In co considerazione di quanto recitava il mito, è stato ipotizzato che l’opera facesse e parte di un gruppo statuario che avrebbe e visto Bellerofonte in sella a Pegaso dalle alle ali spiegate s e la Chimera morente ma, a, alla lluce di due semplici considerazioni, i, manca manc (e sempre mancherà) la certezzaa sull’eff sull’effettiva realizzazione di questo capolavoro lavoro d di bronzistica: innanzitutto, non sono testimoniati te ulteriori ritrovamenti in zona, zo per cui sembrerebbe che la Chimera stesse, lei sola, a rappresentare il mito. Inoltre, dato non meno importante, te, sulla zampa destra dell’animale è leggibile bile un’iscrizione un’i che recita “TINSCIVIL” o “TINS VIL”, V traducibile come “in dono all dio Tin”, Tin una delle massime divinità del panteon etrusco; si crede che si tratti di unaa dedica ed è proprio grazie a questo elemento che la statua è interpretata come offerta rta votiva votiv a sé stante, voluta da un privato cittadino etrusco che dunque commissionò l’opera alla bottega di bronzisti greci per fare un’offerta un al dio (foto 7). Dunque, una na specie spec di voto in onore della divinità, per er una grazia g ricevuta o per propiziare un avvenime vvenimento.

Considerate le dimensioni nsioni notevoli n dell’opera ma anche il materiale ateriale utilizzato, si ritiene che la Chimeraa sia frut frutto di una bottega locale, insediatasii nel cuore cuo di Arezzo, capolavoro di artisti greci che vivevano e lavoravano in città; sono no infatti infatt notevoli gli influssi arcaici che si riscontrano, riscontr ad esempio, nella particolare resa della de criniera a ciocche “a fiamma”, simile imile a modelli scultorei e iconografici dii V sec. a.C.1Ma non solo; la minuzia di particolari articolari con cui è reso il corpo sublima aspetti spetti ar arcaici, appena descritti, con aspetti naturalistici: naturalis si noti, non a caso, il costato messo esso in evidenza e la resa delle zampe e del mus muso leonino, immortalati in un momento ento estremamente drammatico in cui sembra mbra effettivamente ef di essere in presenza di un le leone in carne ed ossa. Inoltre, la secchezza cchezza del corpo, decisamente austera e rigorosa rigorosa, ma efficace al punto di rendere estrema remamente realistica la figura del mostro, tro, denota den un gusto 1 tipicamente “severo”, che riprende rip canoni stilistici della grande Atene di d Clistene. La commistione che dunque nque si riscontra nell’opera e che sublimaa stile naturalistico, arcaico e severo, tipica del el gusto g etrusco di IV sec. a.C., permette tte di d datare l’opera attorno al 380/360 a.C.; la l cronologia è confermata anche e dalla paleografia dell’iscrizione sulla zampa.8 Gem Gemma Bechini 7

Lo Stile severo è una fase della cultura e della scultura cultura greca, g databile dal 480 al 450 a.C. 8 R. BIANCHI BANDINELLI – M. TORELLI, 1976.

R. Bianchi Bandinelli – M. Torelli, “L’arte dell’antichità antichità classica. Etruria – Roma”, 1976. G. Camporeale, oreale, “Etruschi. Storia e Civiltà”, 2004. M. Moretti, “Nuovii Monumenti Monum della Pittura Etrusca” 1966. S. Steingraber, “Catalogo o Ragionato Ragion della Pittura Etrusca”, 1985. S. Steingraber, Steing “Affreschi Etruschi” 2006.


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I LUPANARI Pompei, città commerciale, ciale, er era attrezzata per accogliere numerosi rosi fore forestieri e, come avveniva in tutte le cittàà di questo que tipo, tra i tanti luoghi d’interesse, se, non spiccavano s solo la Palestra e il Teatro, ma vi erano er anche numerosi luoghi di ristoro oro e di alloggio e non potevano di certo mancare ncare quei qu luoghi dove si incontravano giovani iovani donne do e ragazzi disponibili….. a pagamento. A Pompei sono stati riconosciu conosciuti oltre trenta bordelli, alcuni erano o molto modesti, altri erano posti nei piani ni superiori supe delle cauponae (alloggio), altri ancora erano appositamente costruiti iti e organizzati org per questo tipo di attività. à. Nel 2 2006, dopo un accurato e intenso lavoro oro di restauro re che ha interessato i complessi essi architettonici arch e gli apparati decorativi, è stato riaperto ri al pubblico uno degli edifici ici più noti n dell’antica Pompei, trattasi del Lupanare panare (nome ( derivato dal latino lupa e che vuol dir dire prostituta) il più importante dei numerosi merosi bordelli b di Pompei, l’unico costruito to con questa q finalità. Esso era il luogo del el piacere piac erotico trasgressivo, una vera e propria casa d’appuntamento, quella la che noi n oggi chiamiamo comunemente “casa a luci rosse”. Il lupanare è un piccolo edificio che si trova all’incrocio di due strade ade secondarie seco ed era costituito da un piano terra e un u primo piano. Al piano terra si accedeva cedeva da d due ingressi separati: il primo si trovava vava nel cosiddetto “Vicolo del Lupanare” il secondo, second comodo per chi arrivava dal Foro, sii trovava al vicolo sud-ovest. Entrambi gli ingressi ngressi conducevano c in una specie di saletta centrale entrale , intorno alla quale si aprivano cinque cellae cell meretriciae con i letti in muratura. ra. Le pareti p delle celle erano intonacate te di bianco b e quasi completamente coperte te da gr graffiti incisi sia dagli avventori che e dalle ragazze che vi lavoravano. I graffiti è certo che sono posteriori al 72 d.C.. ciò si può asserire dall’impronta lasciata daa una moneta m sull’intonaco fresco.

Le pareti della saletta centrale entrale erano e decorate con riquadri e ghirlande ande stilizzate stil su fondo bianco, ma al disopra delle elle porte por d’ingresso alle celle, erano sistemate, mate, come co fregio, una serie di pitture murali erotiche che, probabilmente, costituivano una specie spe di catalogo circa le possibili prestazioni tazioni che c le prostitute potevano offrire al cliente. clien Al piano superiore si poteva accedere edere tramite tr una scaletta posta nella stradina adina che ch scendeva dal Foro. La scala conduceva va in una un specie di corridoio esterno che permett ermetteva l’accesso ad altre cinque stanze che presentavano present una decorazione più ricercata, a, in IV sstile, prive però di scene erotiche e sicurame icuramente riservate ad una clientela di rango più elevato. Il lupanare era l’unico luogo ogo in cui c si praticava la prostituzione, come ome vien viene definita dal diritto romano: “in maniera aniera notoria e indiscriminata” cioè, senza la possibilità di scegliersi i clienti.


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L’antico lupanare di Pompei attira a attualmente l’attenzione di molti olti visitatori visi i quali, visitando gli ambienti, ti, vengono veng a diretta conoscenza della vita ita erotica erot di nobili patrizi, uomini giovanii e non dell’antica epoca romana. I lupanari, ri, non mancavano m di certo a Roma, anzi potremo otremo dire che ce n’erano tanti. Erano per er lo più concentrati nella Suburra, abitataa dalla plebe, p o nei luoghi circostanti il Circo co Massimo, Massi allineati uno accanto all’altro.. Erano tutti personalizzati da una particolare lare lanterna lan e dagli organi maschili scolpiti, piti, ben visibili, mentre gli interni erano caratterizzati caratter da un desolante squallore, da un ambiente am sporco e saturo di fumo delle lle lanterne. lanter I romani più ricchi ricevevano le prostitute prosti in casa ma vi erano anche locali li per uo uomini d’elite, come il lupanare costruito truito sul su Palatino, di proprietà di Caligola, a, dove esercitavano donne di classe e fanciulli liberi. Il lupanare era un’istituzione ione sociale so tesa a soddisfare le molteplici ici tendenze tende della sfera sessuale dei romani con assoluta asso e totale tolleranza ed è per questo motivo che si trovavano anche i lupanari lupan per gli omosessuali dove sii recavano recavan schiavi e gladiatori. Le lupe che esercitavano eser nei postriboli dovevano fronteggiare frontegg perennemente la concorrenzaa di una significativa quota di patriziato femminile mminile che amava camuffarsi per poi prostituirsi stituirsi nei lupanari. Questo era il passatempo tempo preferito dell’imperatrice Messalina, a, moglie mogl di Tiberio Claudio, che amavaa prostituirsi prosti con lo pseudonimo di Lycisca. Sebbene la prostituzione a Romaa come a Pompei e come d’altronde in tutto to il mondo mo romano, non era considerataa moralmente mora negativa e molto diffusa, usa, era comunque considerata infamante e al pari del mestiere di attore o di chi praticava icava l’u l’usura ed è per questo che qualche patrizio atrizio preferiva p non farsi riconoscere in questo uesto caso ca si serviva di una parrucca e si copriva opriva il volto con una maschera.

Diversi ricercatori conferiscon nferiscono proprio ai Romani l’ideazione, nel el senso più moderno della parola, come un “settore “settor di mercato” che rappresentava una na parte significativa nell’economia dell’impero, pero, con co prostitute, per la maggior parte schiave sstraniere, che venivano regolarmente te iscritte, iscrit con il proprio nome, nel registro ro degli edili, pratica questa che si diffuse a dismisura dismi fino a coinvolgere, durante il primo impero, im il fior fiore delle matrone patrizie. atrizie. La pratica dell’iscrizione nel registro degli edili e si spiega molto semplicemente: e: poiché poich le prostitute non potevano contrarre trarre matrimonio m e l’adulterii crimen veniva niva per loro a cessare, l’iscrizione in questo sto apposito appo registro consentiva a ogni donna nna che ne avesse fatto richiesta di eludere l’incrim ncriminazione per il reato d’adulterio.


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Tiberio, Domiziano e Adriano affrontarono la prostituzione con n l’obiettivo l’obiet realistico di contenere gli eccessi,, e ricor ricorsero a provvedimenti indiretti tra cui l’imposizione l’im di una tassa. Come sappiamo, o, in antichità a i Romani erano soliti affiancare iancare alle a monete che circolavano in tutto il vasto territorio, sottoposto al dominio dell’URBE, dell’UR anche delle tessere in bronzo, ne e sono un esempio le tesserae frumentariae tariae, che servivano a comprovare il diritto al ritiro ritir di grano o altre derrate nelle pubbliche pubblich elargizioni e, probabilmente, proprio rio a seguito s del divieto d’introdurre all’interno all’intern dei lupanari monete con l’effige imperiale periale che, intorno al I secolo d.C. (tra la fine del regno r di Augusto e quello di Tiberio), furono urono battute ba apposite monete che presero o il nome nom di spintria, più precisamente si trattava ttava di tesserae eroticae, con le quali era possibile pos pagare le prestazioni sessuali alle lle prostitute. prost L’ipotesi dell’uso specifico della spintria spin nei lupanari è basato su un passo si Svetonio Sveto (Vita di Tiberio LVIII) dove si dice ice che nelle n latrine e nei bordelli l’Imperatore proibì l’uso l’ di monete e di anelli recanti l’effige effige imperiale im (nummo velanulo effigem impressam pressam latrinae aut lupanari intuisse). Comunque Comunq non esistono altre fonti che confermano mano l’a l’applicazione pratica di tale divieto. La spintria, spintr nel dettaglio, era una tesserae in bronzo, del diametro di circa 20-23 mm,, caratte caratterizzata da varie raffigurazioni erotiche e sul lato diritto (conio d’incudine), accompagnate pagnate sul lato rovescio (conio di martello) da un numerale num romano, generalmente da I a XVI, che ch probabilmente costituiva una specie di contromarca cont con un ben preciso valore e economico econom espresso in assi. Sono discordi le ipotesi circa c le possibili funzioni delle tesserae rae erot eroticae. La diversità delle opinioni degli studiosi deriva dal fatto che i vari autori ori latini latin parlano molto raramente di questa “moneta” “monet e se lo fanno lo fanno in modo o tale da d non poter far individuare con certezza zza la loro lo funzione. Comunque la più accreditata reditata ipotesi è quella che fa della spintria la moneta mo dei lupanari. A causa della lla componente comp erotica riprodotta, inusuale sulle monete, m le spintriae, considerate molto rare ra a causa dei pochissimi esemplarii noti per pe ogni combinazione di conio, furono ono molto mo ricercate dai collezionisti. Con ognii probabilità probab molte tesserae furono imitate sia in epoca e romana sia al tempo rinascimentale tale e post-rinascimentale rendendo molto lto difficile diffi riconoscere l’autenticità delle stesse. I Musei italiani che custodiscono alcuni cuni esemplari esem di questa moneta sono pochi e si trovano trova soprattutto a Roma, Firenze, Bologna, ologna, Forlì (Collezione Piancastelli), Padova e Milano; Milano sono presenti degli esemplari anche he nella Galleria Estense di Modena. Non mancano ncano esemplari e nei vari musei europei come quelli q del British Museum di Londra.

Sama Samantha Lombardi


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Scaut Scautismo a Reggio: Un n giglio fiorito nel territorio rritorio

Il punto di partenza di questa secolare storia è un’idea tutta british,, partorita, par in terra d’Oltremanica,dalla mente rivoluzionaria r e fantasiosa di Robert bert Baden-Powell Bad un colonnello dell’esercito ito britannico. britan Da lì a poco, L’idea si concretizzerà tizzerà originando o una significativa realtà di grande attrattiva a e prospettiva futura;i confini fini del lluogo d’origine saranno ben presto oltrepass ltrepassati e questa splendida neo-creaturaa muove muoverà in direzione di molteplici tappe,tra cui ui naturalmente na la sponda calabra dello Stretto di Messina. Lo scautismo all’epoca e sin dalle da primordiali sperimentazioni, sii rivelò u un qualcosa di totalmente innovativo, o, rivoluzionario rivolu poiché andava innestandosi dosi progressivamente pro all’interno dell’ambiente rigorosamente rigido e conservatore re .Lo scautismo, s nel tempo,ha certamente te fatto considerevoli progressi, adattandosi dosi alla mutevolezza socio-culturale dell’ambiente mbiente circostante e alle rinnovate esigenze ze di una gioventù che, col trascorrere del tempo, empo, rrispondeva a sempre nuovi interessi ssi e maggiori ma bisogni. Quale può essere il segreto egreto di d un successo così longevo ed attrattivo?N ttivo?Naturalmente, Il forte senso di appartenenza enenza al a gruppo, le varie attività, l’aspetto relazionale,i relazion momenti di condivisione ed altri ltri aspetti,fattori as che hanno orientato ed d orientano orienta tutt’oggi i giovani ad optare verso erso la scelta s scout che per alcuni è una scelta transitoria, t che interessa una particolare lare fase della crescita, ma per molti altri è una scel scelta di vita e per la vita. pr ritiene scout per sempre re e quella qu divisa che Chi ragiona secondo tale prospettiva,si indossa non è più un semplice indumento, è una seconda pelle. In Italia, fin dalle prime e apparizioni, appa sì affermano due grandi realtà ltà scautistiche: scau CNGEI e AGESCI con la sostanzial anziale differenza che la prima è a-confessionale. sionale. L’AGESCI nata invece dalla fusione tra ra ASCI ed e AGI, ha una significativa impronta ta religiosa, religio impressa al movimento dal cattolicesimo licesimo. Si verranno a costituire anche altre ltre realtà rea eterogenee alcune longeve, altre dalla durata du temporanea.


CESAR Nel suo iter storico,, rallentato rallen e minacciato solo dall’ideologia logia fascista, fa con la repressione del libero o pensiero pensie e la nascita dell’Opera Balilla, lo scautismo scau italiano, ruota attorno a diversi rsi educatori educ tra cui Mario Carpegna. In Calabria, lo scautismo, trova un terreno assaii fertile e le condizioni idonee che consentono ono al ““seme scout” di crescere, di germogliare, are, di u uscire dal suo bocciolo e di fiorire come ome un giglio violaceo dalla bellezza rara ed incontaminata. incontam È un analogia ad hoc, se si considera consider che proprio il giglio è il simbolo delle lle molteplici molte ramificazioni scout. Il primo gruppo ruppo sorge so a Cosenza grazie a Mons. Vincenzo nzo Lem Lembo e sulla base di quell’esempio sbocceranno sboccera altri gigli” attivi e operosi nei soccorsi umanitari come in occasione dell terremoto terrem in Irpinia. Specificamente al reggino,la gino,la sstoria scout ebbe inizio nel lontano 1915 come co riporta un documento elencante e i membri memb dell’Assemblea Costituente recapitato pitato d dal Notaio Carlo Zagami, stimato capo o della sezione CNGEI di Reggio negli anni ni settanta/ottanta. settan La storica rivista scout “Sii Sii Preparato” Prepa in quell’anno commentò il tragitto ragitto compiuto c da un ventina di giovani esploratori loratori ed esploratrici, prima uscita di questa sta comitiva com di ragazzi, con meta una segheria ria dell’Aspromonte dell’A vicino al ceppo e al monumen onumento di Giuseppe Garibaldi per poi diramarsi marsi in parte a Gioia Tauro e in parte a Montalto, ontalto, poi Bovalino e infine il ritorno. La storia oria CNGEI CNG reggina s’interrompe bruscamente te nel 1928 1 per ordine del regime fascista. Dopo la ccaduta di quest’ultima rinacque grazie azie al prof. Raimondo Zagami, padre di Carlo, lo, e grande gra educatore. Andando un po’ a ritroso nel tempo, nel 1924, a Reggio si era assistito anche alla nascita dell’ASCI, quando o venne immatricolato il reparto RC1 presso l’Istituto San Prospero (Istituto fondato dopo il tragico tra terremoto del 1908 che accolse migliaia migliai di ragazzi orfani, al fine di aiutarli arli ad aapprendere un mestiere per la vita e tra le tante attività fu inserito anche il metodo scout), in via Trabocchetto II, e l’Assistente ssistente Spirituale fu don Biagio Marabotto. o. Pochi giorni dopo fu inaugurato il secondo o reparto, reparto RC2 nei locali della Parrocchia dii San Giorgio Gio al corso e in questo caso l’Assistente stente Spirituale Sp fu don Demetrio Moscato.. Dopo lo l scioglimento temporaneo del mondo do scout scou italiano, imposto da Mussolini, ill silenzio che vige sulla storia degli scout reggini gini ed italiani in genere, viene finalmente e spezzato spezza nel periodo post-bellico, una fase di ristrutturazione ristru politica e sociale, che segna egna la crescita sia del CNGEI che dell’ASCI, aumentano aument il numero degli iscritti e numerosi erosi sono so gli elogi e i meriti. È una domenica del 1946, sembra se una domenica come tante a Reggio, ma si assiste a qualcosa di insolito, che non si vedeva da tempo in città: ecco un gruppo grupp di ragazzi di Cefalù in divisa, con on cappelli, capp organizzati in fila come laboriose laborios formichine, sventolavano allegramente mente alcune a bandiere ed erano agli ordinii di un caposquadriglia, ca il quale col mesto suono ono del suo fischietto richiamava la loro attenzione attenzio e impartiva alcune direttive. Cosa potr trà mai essere? Chi sono questi ragazzi? Si sarà certamente domaandata la gente che accorreva incuriosit sita e in maniera capillare per assistere aall’evento. Lo spettacolo era destinato a ripetersi con frequenza in futuro. Tra gli g spettatori vi erano Pino Orlando e Nucci cio Castorina, con già un passato da scout, t, che furono stuzzicati dall’idea di ripor ortare in auge lo scautismo cattolico in citt ttà, progetto che si concretizzò prontamen nte e si formò un gruppetto presso la parro rocchia di Santa Lucia e successivamente venne v assicurata una sezione/piano del campanile c del Duomo con incontri fo formativi, guidati dall’Assistente Ecclesiastic tico Don Leonardo Delfino, presso l’Istituto to San Gaetano di via Aschenez; Il 1° Gruppo po Nautico fu invece il “San Giorgio”.


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Anche Il guidismo (scautismo autismo femminile) reggino, registrò un gran n numero nume di iscritti. La realtà scautistica femminile minile “mise “ piede sul suolo reggino” intorno rno agli anni Sessanta, tardivamente rispetto o ad altri alt nuclei già operativi nei centri della ella penisola. pen Ciò non avvenne casualmente e ma vi è un presupposto logico legato all’ambien ll’ambiente reggino. La struttura sociale reggina gina degli de anni Quaranta e Cinquanta di stampo stamp fortemente patriarcale, maschilista ta e misogina, mis rappresentava un ostacolo insormontabile insormo per le ragazze che inseguivano ano que questo sogno. Chi manifestava il desiderio derio di prender parte alla realtà AGI non poteva oteva non n scontrarsi nelle contrapposizioni ni e nei divieti paterni, ma presto la societàà subirà una forte trasformazione e si apriranno aprirann interessanti prospettive in questo senso. Tutto nacque quasi per gioco, un gioco ioco intrapreso intr da due bambine piene di sogni gni e di d aspettative: Sara Bottari e Vera Zito. È il desiderio di emulare i coetanei dii sesso opposto o il motore dell’iniziativa che he da semplice se attività ludica, assumerà consistenza consisten maggiore coinvolgendo tante nte ragazze rag che si consacreranno con spirito pirito di abnegazione e dedizione. Il nome del neonato neo reparto è assai significativo perché rché attinge att dai fasti gloriosi della memoria ria locale loca antica; è “il Reparto Magna Grecia” ia” artic articolato in due sezioni “Squadriglia Farfalle” arfalle” e “Squadriglia Rondini”, fu poi incaricata ricata capogruppo ca Licia Musumeci e l’Assistente istente Ecclesiastico E fu Don Enrico Marcianò.Fu ò.Fu un lavoro encomiabile, apprezzato dalle famiglie fa e dalle autorità ecclesiastiche e locali, persino il Comitato Centrale dell’AGI GI rivolse rivols i suoi sinceri complimenti. Non solo olo Reggio Regg e Cosenza, ma anche altri centri ntri calabresi cala daranno successivamente il loro ro placet nella costituzione di ulteriori nuclei ei AGI. Questo Q l’elenco: Cetraro, Lamezia Terme, rme, Lo Locri, Nicastro, Roccella, Sambiase,, San Marco, M S’Agata d’Esaro, Siderno, Trebisacce, bisacce, Vibo V Valentia e Villa San Giovanni. Nel reggino regg AGI, l’ASCI, AGESCI,CNGEI saranno no affiancati affia da altre realtà scautistiche: e: il MASCI, MA il FSE(la Federazione Scout d’Europa);gli d’Europa Scout Nautici ed i Radio Scouting. couting. Tra tutte le organizzazioni esistenti, nti, vi sono so piccole differenze sulla divisa, l’organizz ’organizzazione interna ai vari gruppi e anche e i nomi nom dei gradi. A Villa San Giovanni abbiamo l’AGESCI (con sede, nella sala parrocchiale cchiale della Chiesa del Rosario), facente parte della de “Zona dei 2 Mari” che comprende e 21 grup gruppi AGESCI attivi e presenti nella provincia rovincia reggina e nella porzione territoriale che va da Scilla a Pellaro. Questo è l’elenco lenco completo: co RC 1 (Duomo), RC 3 (Candelora), elora), RC R 4 (S.Francesco), RC 5 (Sacro Cuore), re), RC 7(San 7 Brunello), RC 8 (S.Caterina), RC 9 (Archi Carmine), RC 10 Nautico (Cattolica), ), RC 12 (Loreto), RC 14 (Modena), RC 15 (Archi hi S.Giovanni), S.Giov RC 16(S.Lucia). Sempre nel comune di Reggio operano i gruppi: Pellaro 1, Catonaa 1e Arghillà Arg 1. Inoltre, nell'hinterland sono presenti: present Villa S.G. 1, Villa S.G. 2, Campo po Calabro1, Cala Saline1, Condofuri1 e Scilla 1. A Villa San Giovanni c’è ancora oggi fruibile ile al pubblico pub il museo degli scout, ubicato in via Riviera, R presso il centro sociale Baden-Pow Powell. A Campo Calabro esiste invece ce un Archivio scout all’interno dell’Istituto tituto Mons. M Lembo. Quest’ultima struttura ra contiene con informazioni di certo interesse sse inerenti inere alle unità “gigliate” locali. Ogni gruppo possiede de caratteristiche cara tipiche che possono variare dal vestiario (uniforme, foulard, cappello, cappello stemma) alle attività,più o meno o similari. simila Nei Lupetti CNGEI e nell’ AGESCI la base di riferimento è il Libro del giunglaa coi suo suoi personaggi (i capi) ognuno dei quali ali ricopre ricop un ruolo importante nell’iter della ella promozione pro della crescita del ragazzo: l’orso Ba Baloo nel mondo AGESCI è impersonato to dal prete. pr


CESAR Chi pensa che essere e scout comporti esclusivamente escursioni, ni, attività attiv all’aperto si sbaglia: si mira allo o sviluppo svilup integrale della persona e del el buon cittadino con consapevolezza dell’educazi ’educazione civica, dell’amore fraterno,, del rispetto ri e della tolleranza. Promuove e tali aspetti e si identifica in questi ti valori, valori impegnandosi socialmente, e il suo saluto universale un racchiude intrinsecamente e un significato sign simbolico di rara bellezza. Le tre dita rivolte verso il cielo “incarnano” la Triade: Triad Dio, Patria e famiglia. È l’impegno morale di questi ragazzi che si prodigano a proteggere proteg i deboli e i sofferenti come ricorda da quel p pollice poggiante sul mignolo, altra caratteristica caratter del saluto, mentre lo spazio lasciato ciato vuoto vuo raffigura il mondo. Nel corso della ella loro storia, le unità scout reggine hanno dato un u contributo notevole e lodevole garantendo garante lo sviluppo sociale/territoriale tramite amite particolari, pa e cicliche manifestazioni.. Molti ssono quei ragazzi che hanno sperimentato ntato nella ne loro vita un’esperienza commemorat emorata con orgoglio. Ricordo come “Particolarme icolarmente significativi, i campeggi,il senso nso di libertà l a stretto contatto con la natura ra che permetteva p di assaporare l’essenza della vi vita, il silenzio, la condivisione, la costituzione ituzione di forti e saldi legami amichevoli, alcuni dei d quali si sono rivelati eternamente duraturi”; duratur c’è chi pone l’accento su particolari icolari ed e intensi viaggi: “Attraversai insieme al mio gruppo rover reggino la Corsica a piedi, pied scegliemmo il percorso e muniti ciascuno scuno di d uno zaino grande e pesante sulle ulle spal spalle, contenente il materiale necessario,, ci spostammo spo tra paesaggi di una bellezza zza incontaminata”. inco “Fu un’esperienza formativa tiva note notevole, ricordando i fuochi di bivacco; co; il grande gra gioco; palla scout;il teknicamp (un n campeggio campe AGESCI (12-16 anni)comprendente ente alc alcuni corsi come il campismo (corso per le tecnic tecniche da campo);l’insegnamento dei sistemi di d comunicazione (alfabeto semaforico scout, mors); m Simile al teknicamp era l’avventurove nturover (CNGEI) campo solo per i rover caratterizzato terizzato da attività come speleologia e torrentism rrentismo. Sogno di tutti gli scout è però il Jamboree boree, il campo mondiale scout, organizzato to ogni quattro q anni. Per tutti questi aspetti, essere ssere scout sc è un’esperienza unica, irripetibile, bile, indimenticabile ind che forma ai sani principii che incarnano inc il prototipo dell’uomo ideale, le, un uomo uo che vive nel mondo e per il mondo, o, che lotta lo e non rimane impassibile ai problemi blemi che ch lo circondano. È un agire umile, disinteress sinteressato che non ostenta l’aiuto verso o il prossimo pros senza mai dimenticare che chi soffre e ha un vuoto da colmare, uno sfrenato to bisogno bisog da appagare, un bisogno che si chiama ama “Amore”. “Am Se tutti riflettendo considerassimo assimo tale t presupposto allora un giorno potremo emo realizzare rea ciò che nella società odierna impregnata impreg da egoismo e dal pragmatismo esaspe sperato sembra utopico ed inarrivabile. abile. È l’impegno che richiedeva lo stesso B.P., .P., per“lasciare per il mondo migliore di quello che si è lasciato”.

Felice Delfino


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Pas Pasquale Alecce Il mottese che ha fondato l’istituto l’istitut farm farmacoterapicoitaliano

Fino a non molto tempo po addietro, addie a Motta S.Giovanni, l’attuale Piazza della de Municipalità, cuore pulsante della vita politica po locale, era intitolata sulla toponom oponomastica comunale Piazza Pasquale Alecce; ce; l’attuale l’attu Palazzo Municipale che insiste proprio su questa piazza è intitolato allo stesso so Pasquale Pasq Alecce. Ma chi è Pasquale Alecce? lecce? Se S ponessimo la domanda alle persone e più anziane an sicuramente una larga maggioranza gioranza saprebbe darci una risposta; se ponessimo essimo la l stessa domanda a tanti giovani,, forse un u po’ meno. La città di Motta San Giovanni Giovann vanta infatti l’onore di aver dato i natali a questo personaggio che riuscì, scì, nel corso del ventesimo secolo, a laurearsi urearsi in farmacia e a condurre importanti studi in ambito farmaco-terapico quando ancora ncora non no esistevano gli antibiotici e la penicillina. Pasquale Alecce nacque a Motta San Giovanni Giovann il 21 aprile del 1887 da Antonio e Francesca Frances Squillaci. Giovanissimo si laureò reò in Farmacia F presso l’Università degli Studi di di Catania. Cat Subito dopo la laurea ritornò a Motta Mott dove si dedicò alla produzione artigianale, ianale, ed e in conto proprio, dei primi farmaci aci nella locale farmacia. Nel giro di pochi anni ni riuscì a creare una piccola azienda a conduzion nduzione familiare nella quale, in seguito, furono no impiegati impi altri suoi concittadini. In breve tempo il giro o commerciale comme dell’azienda Alecce si allargò ò in modo mod considerevole uscendo così dall’ambito bito territoriale terr mottese e raggiungendo i principali rincipali centri dell’Italia meridionale. In ambito ito medico-terapico, med Pasquale Alecce aveva va condotto cond importanti studi relativi alla scarlattina arlattina e alle bronchiti che egli guariva con sostanze so sedative preparate personalmente ente nel laboratorio della sua piccola industria tria a Mo Motta. Molti infatti furono in n questo periodo storico i mottesi impiegati ti nella rraccolta di molte


CESAR Molti infatti furono in questo periodo storico i mottesi impiegatii nella raccolta ra di molte erbe medicamentose che na nascevano spontaneamente sul nostro tro territorio terr come la famosa Nipitedda, laa Nepitella,un’erba Nepit aromatica della famiglia iglia delle d Lamiacee, utilizzata dall’Alecce come ottimo o sedativo della tosse e di buona ona parte par delle forme patologiche bronchialili per via delle sue azioni febbrifughe ed espettoran ettoranti. Dopo questi importanti nti successi succe in ambito medico, nel 1915 l’Alecce, ecce, decise de di lasciare Motta e di trasferirsi a Roma dando così continuità nella capitale ai suoi studi e alle sue attività produttive. Tre anni dopo, nel Giugno iugno del de 1918, fondò cosi l’Istituto Farmacoterapi coterapico Italiano, un importante laboratorio io chimico-farmaceutico chimi nei pressi di Piazzaa Venezi Venezia. Furono anni importanti questi perr l’industria l’indus farmaceutica italiana che crebbe bbe proprio pro in questo periodo in modo esponenzia onenziale grazie alla nascita di tanti nuovii prodotti prodot e per i tanti progressi effettuati in campo camp medico. La figura di Pasquale Alecce assume a in questa periodo storico, a cavallo d degli anni venti e trenta del secolo, un ruolo principe nel quadro della farmaceutica eutica italiana. it Infatti, dopo i primi anni spesi esi nell’assestamento nell’a di una struttura al quanto o più pi efficiente ed operativa possibile, l’I.F.I. di Pasquale Alecce venne inserito nel 1930 ne nell’Annuario per le industrie farmaceutiche utiche e nel 1935 ottenne anche il prestigioso ioso riconoscimento rico di essere inserito Biografia afia Fina Finanziaria Italiana con un capitale dii trecentomila trecen lire. Gli anni del dopoguerra videro, per l’industria dell’Alecce il rinnovo ovo integrale inte di tutti i macchinari avviato con on un generale g processo di ristrutturazione e e di riadeguamento r alle rinnovate esigenze ze produttive produ e di mercato. L’I.F.I. si trovò ben presto resto a dover competere con un nuovo colosso che c fece il suo ingresso nel mondo farmaceutico farmace italiano: gli Stati Uniti, ma Pasquale Alecce molto abilmente e con grande ande dip diplomazia riuscì ad instaurare anche he rapporti rapp di fattiva collaborazione e motivo tivo di u ulteriore sviluppo anche grazie alla sua posizione pos politica non strettamente legata gata al regime fascista. Il nome di Pasquale ale Alecce Alec infatti non comparve mai negli archivi del Regime Fascista, né nelle pubblicazio bblicazioni biografiche dell’epoca. L’unico dato apprezzabile zabile dal d punto di vista storico in merito, rito, è sicuramente s la presenza al suo funerale rale del marchese Lucifero e da ciò è possibile ibile solo supporre una certa simpatia dell’Alecce lecce verso v la casata monarchica dei Savoia avoia guidata gu in quel momento da Sua Altezza zza Umberto Umb II. Lasciati i locali nei pressi essi di Piazza P Venezia, divenuti ormai troppo po ristretti ristre ed obsoleti per il ruolo che l’Istituto tituto ormai or ricopriva nel panorama medico-scien scientifico italiano, l’I.F.I. si trasferì nei nuovi uovi locali loc nei pressi della Via Salaria; occupando upando un imponente fabbricato con una superficie perficie di oltre centotrentamila mq. I locali risultarono daa subito, subito essere ben attrezzati sia per la produzione produzio per via dei nuovi ed efficienti macchinari macchin sia nel campo della ricerca con apparecchiature d’avanguardia tanto che nel corso degli anni ’50 e ’60 l’Istituto arrivò a rappresentare uno fra i primissimi centri entri di studio s e di ricerca non solo italiani maa anche europei. Nel 1951 l’I.F.I. incrementò mentò ulteriormente u la sua produzione farmaceut rmaceutica e Pasquale Alecce divenne uno dei soci s più attivi della Società Italiana liana di Farmacologia contribuendo in seguito, ito, in maniera m rilevante, alla costituzione dell’Istitu ell’Istituto Zooterapico Italiano di cui divenne, e, fin da subito, consigliere delegato. Ottenne cosi numerosi si riconoscimenti ricono tra cui la nomina di Cavaliere ere del Lavoro. L


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La personalità di Pasquale asquale Alecce risulta essere a questo punto to pienamente piena inserita nel contesto della realtà mondana della capitale, ma l’Alecce cce volle voll ugualmente mantenere un rapporto orto intimo inti e conservato con i suoi conterranei anei e ciò ebbe il modo di dimostrarlo molto lto significativamente signi nell’ottobre del 1953, 53, quando qua a seguito dell’alluvione che devastò evastò la l Calabria e il reggino in particolare e causando causan gravi danni anche sul territorio comunale comuna di Motta San Giovanni, fu tra i primi rimi ad iinviare cospicui aiuti. Pasquale Alecce, il mottese che fondò l’I.F.I. morì a Roma il 20 0 marzo del 1955 nella clinica Bastianelli, dii sua proprietà. pro Alle esequie presero ro parte numerose autorità dello Stato italiano aliano e l’Associazione Nazionale dei Calabresi resi donò don alla vedova una medaglia d’oro.

Saverio Verduci


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L’Abbaz ’Abbazia Benedettina ttina di Sa Sant’Eufemia L’Abbazia benedettinaa di Sant’Eufemia San fu fondata nel 1062 da Roberto il Guiscardo, con l’intento di realizzare zare un maestoso mausoleo per la sua famiglia; sorge sor in località Terravecchia di Sant’Eufemia Eufemia, a Lamezia Terme, sulle rovine di un antic antico monastero bizantino. Quest’ultimo mo è citato cit nel diploma di fondazione dell’Abbazi ll’Abbazia e sulle sue rovine nacquero numerosi erosi edifici, e la chiesa e il convento dei monaci. L’ideatore e costruttore dell’Abbazia azia di Sant’Eufemia fu un monaco normanno rmanno, Robert de Grandmesnil, il quale,, nel 1062, 106 giunse in Calabria dalla Normandia dia con 1 11 monaci; fu il primo abate di Sant’ nt’ Eufemia. Eufem L’Abbazia divenne una grande e potenza poten feudale e nella sua potestà giudiziale diziale rientrava ri una buona parte della cittàà di Nicastro Nica insieme al Castello Normanno, o, diversi divers territori della piana, scali fluviali e marittimi. maritt Sotto gli Svevi, i possedimenti nti benedettini bene furono successivamente ridimensionati, ridimen ma l’Abbazia mantenne la sua “potenza “p di culto”; Federico II nel 1239 39 si app appropriò anche del castello e della città ittà di Nicastro. N Dall’inizio del 1300 e fino alla sua distruzione a causa del violentissimo mo terremoto terr del 1638, l’Abbazia fu in mano all’Ordine a dei Cavalieri di Malta, detti anche a dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Fràte Signorin Signorino Gattinara, appartenente all’ordine dine dei Cavalieri di Malta, fece erigere e un n nuovo villaggio sul piccolo promontor montorio collinare, immediatamente a nord-est est dell’Abbazia, d dove attualmente sorge ge S. Eufemia Euf Vetere. Il nuovo villaggio eraa costituito costit da poche abitazioni, nelle quali uali si stanziarono s i cittadini che si occupavano upavano delle terre possedute dall’Abbazia. azia. All’interno Al del villaggio fu edificata una piccola pic chiesa e all’interno di essa furono urono trasportate tr le numerose reliquie di Santi che ch i Cavalieri di Malta avevano custodito todito nell’Abbazia n e che riuscirono a recuperare uperare tra le macerie. L’Abbazia decadde, de, com come istituzione religiosa e feudale, nel el 1806 con c la legge dell'eversione della feudalità dalità pr promulgata da Giuseppe Bonaparte. Nonostante Nonosta della struttura originaria non rimanga imanga ormai molto, è possibile oggi riconoscere noscere e visitare, grazie agli scavi archeologici, eologici, la chiesa, il chiostro, numerosi ambienti mbienti di d uso abitativo e la torre della cintaa muraria murar (Fig. 1; Fig. 2).

Fig. 1. Vedut uta area da nord dell’area archeologica dell’Abbazia di Sant’Eufemia ia


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Fig.2. 2. Vedut Veduta area da sud dell’area archeologica dell’Abbazia di Sant’Eufemia ufemia

Gli scavi condotti hanno nno permesso perm di portare alla luce parte della lla chiesa permettendo di definire lo stile architetton hitettonico dell’edificio. Sono state individuate uate due absidi: quella laterale e centrale; quest’ultima quest’ult è più ampia e sporgente rispetto etto a quella q laterale. Questo elemento assieme ssieme alla tendenza alla verticalità, appartiene appartie allo stile cluniacense. La pianta ta della chiesa cruciforme e le tre navate, invece, appartengono alla tradizione latina: a: le navate n sono delimitate da colonne ne come com le basiliche paleocristiane. All’epoca le abbazie erano simbolo sim del potere religioso della Chiesa, iesa, quindi qu del Potere Temporale, e furono utilizzate dai Normanni, o da Federico II nell nostro e esempio, come luoghi strategici di occupazio ccupazione in quanto punti di controllo politico ed economico nelle regioni meridionali. nali. Le abbazie erano importanti, non solo lo per la l ridefinizione delle circoscrizioni ecclesiast cclesiastiche e di conseguenza del potere re circoscrizionale, circos ma anche per la riorganizzazione zazione feudale e lo sfruttamento agricolo del territorio. territ David Mastroianni Davide


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Os líderes íderes pl platinos na guerra civil ci farroup farroupilha (1835-1845): 1845): o conflito ito sulsul-brasileiro sob uma a perspectiva perspe internaci nternacional Resumo (II parte) di Janaita da Rocha Golin A posição do governo no orien oriental, sustentada pelo comissário Jose María Reyes, yes, era de “fazer chegar à fronteira uruguaia, pelo menos, enos, at até o rio Ibicuí”. Essa opinião também era compartilhad partilhada pelo visconde de São Lepoldo, o qual afirmou que o Uruguai, aproveitando a conjuntura de guerra ccivil no Rio Grande, pretendia reviver eviver as “antigas divisórias pelo tratado extinto de 1777” 777” (GOLIN, (GO 2002, p. 347).

Com o auxílio dos farroupilha roupilhas, Rivera invadiu o Uruguai e conquistou istou a maior parte do país, com a exceção de Montevidéu. Mon Oribe, derrotado, partiu para a A Argentina após renunciar à presidência cia urug uruguaia. Em 1838, Rivera foi reeleito presidente preside do Estado Oriental. Para o historiador riador JJosé Pandiá Calógeras, eram evidentes tes o planos pl de Rivera na tentativa de fazerr frente simultaneamente ao Império brasileiro leiro e à Confederação Argentina. Os planoss dos caudilhos ca platinos em relação ao Rio io Grande Grand do Sul eram 1 vistos com desconfiança nça pelo farroupilha Luís Rossetti. Nas duas correspondências corresp em que Rossetti enviou a Domingos Domi José de Almeida, em janeiro e fevereiro feve de 1838, foram mencionadas suas suspeitas susp quanto aos uruguaios Oribe e Rivera e o argentino Rosas. Na opinião de Rossetti, Ross o governo oriental demorava va muito tempo para reconhecer a independência ndência da República Rio-Grandense e talvez lvez este est atraso fosse sinal de alguma tramaa com o Império do Brasil. A vinculação com om Frutuoso Frutu Rivera foi descrita como “falsa, efêmera e prejudicial”. Apesar das suspeitas as em relação re à Oribe e Rosas, Rossetti julgava va que era necessário manter relações diplomáti iplomáticas com estes líderes, pois na sua opinião, opinião exerciam forte influência em seus eus domínios. dom Criticou também a postura dos os chefes chefe rebeldes Antônio de Souza Netto e David Canabarro no que se referia aos tratados atados aacordados com Lavalleja, ao invés de e priorizar prioriz os contatos 1 com Manuel Oribe. Além de Rossetti, o partido da minoria , especialmente especialm Antônio Vicente da Fontoura,, condenavam conden os laços estreitos do grupo de Bento Bent Gonçalves e outros caudilhos rebeldes eldes com co Rivera. Embora os alertas de Rossetti em relação à indole de Rivera tenham ham chegado che aos governantes da República ca Rio-Grandense, Rio não houve rompimento de e relações relaçõ com o caudilho oriental. Manifestação festação dessa estreita relação com os líderes es farroupilhas farrou pode ser expressa na participação icipação de Rivera nas forças rebeldes, comandado andado pelo coronel João Antônio da Silveira. lveira. Bento Manuel 1 Ribeiro ordenava a Silveira, em ofício de 21 de março de 1838,, que qu orientasse a movimentação militarr do capitão cap Porto e de Rivera para onde fosse preciso, pre inclusive para a região de fronteira. 1

CV-8033 - Ofício de Luís Rossetti a Domingos José dee Almeid Almeida, em 5 de janeiro de 1838 e CV-8035 - Ofício de Luís Rossetti a Domingos José de Almei Almeida, em 5 de fevereiro de 1838. Além dos grupos formados por compadrios, politicamente, amente, os “rebeldes” formavam três partidos, muitas vezes expressando programas difusos sos e in incongruentes, nos espectros das tendências da maioria monarquista-militar, da oposição ão mon monarquista-liberal, e da minoria republicana separatista. Invariavelmente, as lideranças nças dessas des tendências procuravam manter relações com segmentos políticos e econômicos cos no Prata, P via representações governamentais ou pessoais. Ver: GOLIN, Tau. A Tradicionalidad onalidade na cultura e na história do Rio 1 Grande do Sul. Porto Alegre: Editora Tchê, 1989. CV-7726 7726 - Ofício de Bento Manuel Ribeiro a João Antônio da Silveira, em 21 de março de 1838. 2


CESAR Em setembro de 1839,, Rosas rrecebeu o ministro da República Rio- Grandense, Grand Antônio Manuel Correa da Câmara. âmara. Na prática, reconheceu o governo rno do dos rebeldes e, habilmente, justificou ao governo gov legal que “não o rechaçava para que q o governo argentino tivesse oportunidade tunidade de exercer seus bons ofícios para o bem da d paz entre os partidos contendores” (GOLIN, (GOLIN 2002, p. 344). O Império, por outro utro lado, lado concentrava suas ações na tentativaa de dificultar dif as negociações dos rebeldes es com Oribe O e Rosas, mantendo Rivera como aliado importante no empreendimento de e contenção conten da revolta farroupilha. Por sua vez, z, Rivera colaborava com o Império na medida ida em que q temia uma intervenção militar brasileira sileira combinada c com Rosas, para liquidar ar simultaneamente simult os colorados (seu grupo político, em oposição aos blancos, grupo político de Oribe) da Banda Oriental e os rebeldes eldes do Rio Grande do Sul. Estrategicamente, o Império pério pr pressionou Rivera até que ele rompesse sse relações relaç comerciais com a República Rio-Granden Grandense, que sobrevivia em grande parte arte devido dev às trocas comerciais estabelecidas das na praça comercial de Montevidéu. u. Entretanto, Entre Rivera permaneceu durante o período de aliança com o Império, perfazendo endo ações açõ que iam de encontro ao pacto firmado, ado, continuando co a auxiliar os farroupilhas. has. Do outro lado, os rebeldes permaneceram m em u uma dúbia relação com Rivera e Oribe, ribe, in interessados em manter a logística de e suas ações militares, suprindo-se de e armas e munições provenientes da região do Prata. Prat A política exterior dos farroupilhas, has, a partir pa do final do ano de 1839, inclinou-se se para o lado de Rivera, declinando da aliança ança com Rosas, como 1 sugeriu Luís Rossetti, em correspondência corre com Domingos José de Alme Almeida, em 22 de janeiro de 1840: “Vejo com imensa im satisfação que a política exterior terior do d gabinete vai seguindo melhor caminho. inho. Esforce-se Esf contudo para que seja celebrado elebrado o tratado de confederação com a Repúblic República Catarinense, e faça de modo que ue nele intervenha o presidente Fructo”. Os auxílios entre os farroupilhas e Frutuoso Rivera vera permaneceram. per O legalista João Paulo doss Santos Barreto reclamou ao ministro e secretário cretário de estado dos Negócios da Guerra, Francisco ancisco Paula P Cavalcanti de Albuquerque, em m 22 de maio de 1841, sobre a dificuldade em comprar compra cavalhada no Estado Oriental.1 Segundo gundo Jo João Paulo, isso devia-se à proteção dada ada por po Rivera aos rebeldes, de armamentos entos e fardamentos enviados de Montevidéu éu pelo chefe uruguaio. As suspeitas confirmaram rmaram-se verdadeiras quando foi celebrada a Convenção Conven de Auxílios entre Rivera e Bento to Gonçalves, Gonça no dia 18 de dezembro de 1841.. No aco acordo, os rebeldes cederiam 700 homens mens com co o intuito de 1 invadir e ocupar a província de Entre Rios , depondo a sua ua administração. admi Em contrapartida, Rivera enviaria nviaria 2 mil cavalos para o serviço do exército rcito da República RioGrandense. No dia 26 de dezembro dezem 1, Bento reforçou a convenção o firmada, firmad informando que iria enviar os soldados ados prometidos pro e exigindo a cavalhada que ue fora negociada. No dia 13 de janeiro de 1842, 42, Bento Ben finalmente avisou Rivera do envio io dos soldados s para a campanha de Entre Rios, s, levados levad pelo general Antonio Netto. Naquele quele momento, mo Bento Gonçalves fazia um enorme orme sacrifício, sa pois emprestava os soldados dos quando quan o governo imperial aumentava suas as tropas tropa e preparava-se para atacar em várias rias fren frentes. Esperavase que Rivera cumprisse e sua pro promessa assim como Bento havia cumprido mprido a sua: Ninguém melhor que V. Ex. pode avaliar o quilate de sacrifício por mim feito atualmen tualmente com a ida dessa divisão, no instante te em qu que o governo imperial esgota todos os recursos os de que pode lançar mão, 1

CV-8046 - Ofício de Luís Rosseti a Domingos José de Almeida, em m 22 de janeiro de 1840. Ofício de João Paulo dos Santos Barreto a Francisco Paula Cavalcanti canti de Albuquerque, em 22 de maio de 1841. ARARIPE, Tristão de Alencar. Guerra civil do Rio Grande do Sul. Revista Rev do Instituto Histórico e Geográfico Brasileiro. 1883. Vol. 462, p. 348-349. 1 O governador de Entre Rios era Justo José de Urquiza, aliado no o então m momento de Juan Manuel de Rosas, a quem Rivera pretendia combater. 1 Ofício de Bento Gonçalves da Silva a Frutuoso Rivera, em 26 de dezembro dezemb de 1841. ARARIPE, Tristão de Alencar. Guerra civil do Rio Grande do Sul. Revista do Instituto Histórico stórico e Geográfico Brasileiro. 1883. Vol. 462, p. 359-360. 1


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Due giorni ni di stu studi di come veniva a Proge Progettata la difesa e rapprese appresentato il territorio o nei se secoli XVI – XVIII nel Me Mediterraneo con l’esposizi esposizione esclusiva siva del Codice Romano Carrate CarratelliFig. 1_ Manifesto del Convegno

Fig. ig. 2 _ 3 Aula ula magna mag della facoltà di Architettura: inizio Convegno Con con presenta-zione da parte arte dell’autorità del e introduzione dell’Arch ell’Arch. Prof. Francesca Martorano

Nei giorni 23 e 24 ottobre tobre 2014 20 si è svolto, presso l’Università Mediterr editerranea di Reggio Calabria nell’Aula magna gna dell’ex del Facoltà di Architettura, il Convegno egno internazionale int di studi “Progettare la difesa, ifesa, rappresentare ra il territorio (secoli XVI-XVII). XVII). Il Codice Romano Carratelli arratelli e la fortificazione nel Mediterraneo” aneo”. A introdurre le giornate studio la relazione lazione dell’Arch. Prof. Francesca Martorano ano e la prolusione di Alicia Cámara Muñozz dell’Universidad dell’Un Nacional de Educación a Distancia Distanc – Madrid. Il Convegno si è articolato olato in tre sessioni: la prima, dedicata a “Il Il Codice C Romano Carratelli e il Regno di Napoli”, Napo la seconda, dal tema “Gli Stati Italiani e la difesa”, la terza, intitolata “Il Mediterran editerraneo Difendere, Spiare, rappresentare”. Il convegno è iniziato o alle ore or 9.30 del 23 ottobre ed è terminato ato alle ore 13.30 del giorno successivo; ha visto la partecipazione di qualificati espertii italiani e stranieri, che hanno affrontato il tema ema dei sistemi di difesa che hanno costituito ito una d delle azioni più incisive della politicaa portata portat avanti nei secoli XVI - XVII in funzione funzion antiturca e antibarbaresca, e le modalità modal di gestione del controllo territorial rritoriale nella scena mediterranea, scegliendo ndo com come punto di partenza un manoscritto o inedito e rarissimo, il Codice Romano Carratelli, telli, di recente r venuto alla luce. Questo Codice era conosciuto, conosci si parlava nel mercato dei libri antichi an a livello internazionale, ma nessuno ssuno riusciva ri a confermarne l’esistenza;


CESAR per anni è rimasto avvolto lto nel mistero m e nei segreti archivi di stato spagnoli. agnoli. C Come racconta L’Onorevole Romano Carratelli, Carratell presente al Convegno: << … Era come un sogno per i collezionisti, ma un sogno no che da qualche parte si era materializzato perché si sapeva che, fino ad un certo punto, dopo la Spagna, l’aveva custodito una “grande famiglia” famiglia italiana, che lo aveva in biblioteca, da prima dell’Unità d’Italia … >>. Il giorno che e il Codice Codi è riapparso proprio Mimmo Romano no Carratelli, Carr che lo inseguiva da qualche tempo è riuscito ad acquistarlo, a chi gli pone e la domanda: dom Qual è il valore di questo codice?? Lui risponde: ris << … Il sogno di ogni bibliofilo … il Codice, Cod per me che sono calabrese e amo la mia terra, è molto importante, anche perché rché è unico. u Adesso, si può tramandare la storia della Calabria com’era, prima delle innovazio nnovazioni, degli sconvolgimenti tellurici e deii disastri disastr naturali che l’hanno sconvolta nel corso orso dei secoli. In questo libro, rivive la storia di un passato pa che non conoscevamo. E’ questo to il suo valore … >>. Il Codice desta sempre e più l’interesse degli studiosi, non solo di storia della d Calabria e del Mezzogiorno d’Italia, ’Italia, ma m anche del Mediterraneo per la suaa importanza import storica, topografica, geografica e antropologica. antropo Infatti, il codice rappresenta un n unicum nato per esigenze di difesa militare; al suo in interno si ha la rappresentazione descrittiva rittiva di d città fortificate, Castelli, apprestamenti menti difensivi d e del territorio della Calabria Ultra alla all fine del Cinquecento.

Fig. 3 _ Codice Romano Carratelli: Capo Colonna, quando le colonne del Tempio di Hera Lacinia erano due

Fig. 4 _ Codice Romano Carratelli

Fig. 5 _ G. Carla RO ROMBY - Università di Firenze interven intervento: Fortificare il mare. La difesa ifesa costiera cos medicea e i Presidios di Toscana

Attraverso questo Codice ce sono visualizzate le realtà esistenti e le soluzioni zioni possibili pos al fine di organizzare un sistema difensivo difensiv completo per assolvere il problemaa drammatico dramm di quel tempo dei continui assalti salti dei pirati moreschi; da qui una serie di studi udi e di proposte risolutive e utili per tale problema problem e quindi la costruzione di torri che garantisse arantissero per tutto il Regno l’avvistamento delle elle flotte flot turche quando erano ancora in mare re per permettere p alla popolazione di mettersii in salvo, salvo per questo vengono rappresentate anche nche i castelli ca e le città fortificate. Redatto da un esperto espe dell’arte fortificata nel corso delle «visite» alle strutture fortificate meridionali, è il frutto frutt di un lavoro lungo minuzioso condotto tto in si sito con grande professionalità e precisione ione e ccon riscontri di certa rispondenza sia per er la rappresentazione rap dei luoghi sia per le notizie tizie riportate. rip Ampio spazio è stato dato in queste ueste due d giornate di Convegno non solo al Codice odice Romano Ro Carratelli e alla strategia progettuale tuale me messa in atto dai vari Stati italiani contro la costante costa minaccia turca e barbaresca, ma anche che alla raffigurazione di luoghi fortificati dell’area ’area mediterranea. me Numrosi gli interventi quali: “Gli Gli ingegneri i della Repubblica Veneta e la conoscenza conosce del territorio dominato in età moderna, erna, il caso c del Regno di Candia” di Donatellaa CALABI CALAB dell’università Università IUAV di Venezia, enezia, “Fortificare il mare. La difesa costiera medicea medice e i Presidios” di Toscana di G. Carla ROMBY dell’Università di Firenze, “Varietas architetton chitettonica di torri costiere e fortezze del litorale le tirren tirrenico dello Stato Pontificio dal XV al XVI VI secolo seco negli esempi di Ostia, Nettuno e Fiumicino” Fiumic di Enzo BENTIVOGLIO dell’Università ersità Mediterranea, M “L’esordio di un sistema di difesa costiera e le dinamiche interpretative ve nei codici c di Spannocchi, Camiliani e Negro” di Nicola ARICÒ dell’Università di Messina; ina; per citarne alcuni, indagati attraverso lo sguardo guardo d di due opposti mondi, il turco e il cristiano. ristiano. Il Convegno ha riportando un gran successo success nell’ambito accademico dove si è svolto, olto, e n non solo, grazie alla professionalità e consistenz nsistenza con cui sono stati trattati i temi in itinerario. nerario. Vincenza Triolo


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Claudi Casalanguida Claudio guida L’artista Claudio Casalanguid alanguida (vedi foto), ha iniziato il suo percorso rcorso con c la scuola d’arte e tutt’oggi la lavorazione lavorazio dell’argilla è tra i suoi principali li interessi. interes Nel corso della sua carriera le opere pere compiute co da Casalanguida sono state numerose: numero Un presepe artistico nel 1989, 198 un Colosseo che ha donato all’olimpiad olimpiade di Spagna, una statua raffigurante nte Santa San Cecilia poi regalata alla cattedrale drale di Tornareccio (1985), nel 1996 la statua atua AripaTeatina, Ari il ritratto di Padre Pio portato ortato d dal medesimo artista a San Giovanni ni Rotondo Roton e tante altre. Casalanguida ha partecipato partecip anche a molte mostre come (ad ad esempio esem quella ospitata dal museo etrusco usco di Villa V Giulia in Roma, oppure l’Accademia demia Degli De Incolti di Porto Santo Stefano e infine alla fiera di Taiwan nel 1995 ecc). I suoi su studi sull’argilla (in particolare quelli riguardanti r il bucchero etrusco), sono no conosciuti cono da ENEA,CNR e Alenia, dal Poligrafic oligrafico Dello Stato Dell’Aereonautica Militare, ilitare, ma m anche da giornali come “Il Tempo”, o”, “Il SSole 24 ore” e tanti altri ancora. L’artista, rtista, attraverso at l’utilzizo di social networkk espone e promuove le sue numerose opere re e rice ricerche, dando loro maggiore visibilità nel mondo, m inoltre cura anche un sito, dove è possibile p trovare filmati, foto testimonianz monianze di opere e invenzioni. Il suo studio dio maggiormente mag conosciuto riguarda la teoria sull’argilla su e il perfezionamento del coccio fino f alla trasformazione in conduttore re elettrico. elettr In commercio non esiste siste qu quest’argilla ed è stata anche analizzata zzata accuratamente ac dagli Enti Pubblici sopra opra citati cit (CNR ecc). L’argilla dello studio io in questione qu si è rivelata un buon conduttore condutto elettrico e possiede delle proprietà proprie alquanto sorprendenti. E’ un trasformatore trasfor ma non riscalda, è un potenziom otenziometro, carica energia statica, scherma rma le radiazioni, resiste agli acidi, elimina ina rapidamente rap le ustioni e infine non conduce conduc calore. Casalanguida è alla ricerca cerca di un’industria elettronica che si occupi upi a fondo fon della scoperta per verificarne l’esatto esatto im impiego. L’artista inoltre, con grande impegno, si assume ogni responsabilit onsabilità di ciò che dichiara e della veridicità idicità della d scoperta nonché del processo o di realizzazione rea e trasformazione del materiale material con tecniche completamente diverse iverse da d quelle già esistenti.

Claudio audio Casalanguida C


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Caro AMICO MICO ‌ a te che stai leggendo la rivista Cesar ,ti auguro un n felice inizio anno. Ti ringrazio per er aver sostenuto s il nostro progetto e spero che continuerai ai a segu seguirci in questo lungo viaggio verso la Cultura!

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Pa Parlando di … GEMMA BECHINI : nasce a Pistoia ili 30/07/1986. Dopo essersi diplomata al Liceo Classico “Carlo arlo Lorenzini” Lore di Pescia(PT), ha conseguito la Laurea Triennale in Storia e Tutela d dei Beni Archeologici in data 5/11/2009, presso l’Università degli Studi di Firenze. Firenz Durante la carriera universitaria ha effettuato tirocinio partecipando pando a cinque campagne archeologiche: Gavorrano – Castel di Pietra (luglio uglio 2008 200 - GR), Populonia (settembre 2010 - LI), Monte Giovi (ottobre 2010 - FI), ), Tarquinia Tarqui – Tumulo della Regina (agosto 2012 - VT), Pietramarina (luglio 2014 - PO). Ha partecipato pa per conto del F.A.I. (Fondo Ambiente Italiano) liano) alle Giornate di Primavera (23 e 24 marzo ma 2013), in qualità di guida museale, presso i locali cali del P Palagio e del Museo Civico di Pescia (PT). È iscritta al G.A.R.S. ha frequentato il “Corso di Perfezionamento ento in G Geomatica per la Conservazione dei Beni Culturali”, ali”, cons conseguendo la relativa qualifica. In data 23/09/2013,, ha preso pres parte al corso “Laser Scanner 3D - Metodologia gia di lav lavoro: dall'acquisizione sul campo, all'elaborazione dati", tenutosi te presso la sede Microgeo S.r.l., Campi Bisenzio.Da senzio.Dal mese di febbraio collabora in qualità di volontaria ria con la rivista on-line Mediterraneo Antico (Egittologia.net), gia.net), per la redazione di articoli divulgativi – sezione Etruscolog truscologia. Dal mese di marzo 2014 a Giugno 2014, ha prestato prestat collaborazione professionale presso il Museo Archeologi cheologico “Francesco Nicosia” di Artimino (Carmignano – PO), in qualità di guida museale, guida presso il Tumulo ulo di M Monterfotini (necropoli di Comeana – PO). Ha parte partecipato al Corso di Restauro Archeologico, organizzato zato dal CAMNES (Fi), Center for Ancient Mediterranean ean and Near Eastern Studies.

DAVIDE MASTROIANNI Nasce il 16/11/1984 a Lamezia Lamezi Terme (CZ). Archeologo Classico e Topografo, esperto in fotointerpret nterpretazione aerea, ha studiato presso l’Università della Calabria, l’Università niversità La Sapienza di Roma e l’Università del Salento. E’ vincitore di concorso della Scuola di Dottorato – XXIX° Ciclo - in “Architecture, “ Industrial Design and nd Cultural Cultu Heritage”, presso La Seconda a Univers Università di Napoli. Ha maturato esperienze esperien pluriennali di scavo in Calabria, Lazio, azio, Toscana Tos e Emilia Romagna come archeologo e come libero p professionista.

VINCENZA TRIOLO, nata a Reggio Reggi Calabria nel 1980, consegue nel 2014 la laureaa in Scienze Scien dell’architettura e nel 2012 la laurea laure in Storia e Conservazione dei Beni Architettoni itettonici e Ambientali nella Facoltà di Architettura di Reggio ggio Calabria. Cal Nel 2001 collabora, con l’incarico di esperto esterno, erno, al progetto p PON per il recupero e la valorizzazione del centro o storico di Motta San Giovanni. Nel suo iter universitario partecipa artecipa a numerosi stage: Fortificazione di Santo Niceto, to, rilievo e analisi di degradi e dissesti, Archeologia e cantieri di restauro tauro nella ne Sicilia centrale, Studio di edilizie di base del paese di Armo Gallina G (RC), Rilievo e analisi dei degradi e dissesti di Palazzo Spinelli di Motta San Giovanni (RC). Nel 2013 collabora a progetti tti di ricerca ri con il Dipartimento PUA presso l’Università tà “Mediterranea” “Med di Reggio Calabria ed è stagista ista presso pres la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Paesag delle provincie di Reggio Calabria ria e Vibo Vib Valentia. Nel 2014 collabora con la Soprintendenz tendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici ci delle provincie p di Reggio Calabria e Vibo Valentia con la qualifica qualifi di esperto esterno all’attività di catalogazione gazione relativa all’uso del sistema informatico per i Cantieri ieri di Restauro Re SICaR del MIBACT e all’uso del sistema tema informatico in per la catalogazione relativa all’uso dell sistema sistem informatico per i Beni Culturali SIGEC/WEB EC/WEB del MIBACT. Nello stesso anno pubblica il saggio dal titolo: Il Quartiere Praci di Motta San Giovanni Giov (RC). Storia, architettura e conservazione: linee guida per il recupero e il ripopolamento to con la l GB Editoria; e scrive in diverse riviste online che si occupano di Architettura, Storia e Conservazione rvazione dei Beni Culturali.


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Par Parlando di … SAMANTH THA LOMBARDI Archeologa, laureata nel 2005 in Scienzee Storiche Storich e Archeologiche del Mondo Classico e Orientale con tesi in Preistoria ia e Protostoria, P dal titolo: “Le sepolture del Paleolitico Superiore in Italia con Manifest Manifestazioni Artistiche“; nel 2008 consegue la Laurea Magistrale in Archeologia cheologia e Storia dell’Arte del Mondo Antico e dell’Oriente con lode, de, con una tesi dal titolo: “La Catacomba Ebraica raica di Vigna Randanini”. Entrambe le lauree sono no state conseguite presso l’Università di Roma “La Sapienza”.Blog za”.Blogger per il suo sito, www.ilpatrimonioart onioartistico.it, dove pubblica regolarmente articoli che trattano la Storia dell’Arte, l’Archeologia e gli usi e costumi delle popolazioni antiche. Collabora con l'associazione zione culturale, cul Il Consiglio Archeologico, gico, do dove cura i contenuti del sito e delle brochure ed saltuariame tuariamente gestisce visite guidate.Attualmente collabora labora con co Il tabloid.it curando la sezione Cultura e Ambiente.I nte.I suoi suo hobbies sono: la fotografia, la lettura,, la musica musi e la cucina. Pratica la speleologia, la subacquea, a, l'equitazione l'equit e il tiro con l'arco. Ama viaggiare per scoprire sempre nuovii luoghi. Cell : 3661398806

SAVERIO VERDUCI ( Melit elito Porto Salvo, 1979 ) Stor e giornalista divulgatore si è laureato in Lettere Storico re Moderne Mode presso la Facoltà di Lettere Le e Filosofia dell’ Università degli Studi di Messina ssina nel 2006 con una tesi di laurea dal titolo: “La Calabria nello spazio mediterran diterraneo in epoca romana. Prod Produzioni, rotte e commerci”. Nel 2007 ha conseguito o presso la medesima facoltà il Perfezionamento Per post-laurea in storia e filologia: dall’antichi ll’antichità all’età moderna e contemporanea con una tesi dal titolo: “ I rapporti commerciali commer tra la Sicilia e le provincie orientali ientali in epoca tardoantica”. Nel 2010 ha conseguito il Perfezionamento post-laurea rea in studi st storico-religiosi e nel 2011 ha conseguito il Master di II Livello in Architettura hitettura e Archeologia della Citta Classicapresso la Scuola di Alta Formazione in Archi Architettura e Archeologia della Città Classica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria C con una tesi dal titolo “ Rhegion egion fra Atene e Dionisio I ”. Studioso di storia antica e medievale si occupa upa della valorizzazione della plurimillenaria storia del territorio reggino e seguee con par particolare interesse la ricostruzione delle vicende storiche relative al territorio torio di Leucopetra L ( Lazzaro) dov egli vive. Nel 2012 è stato nominato membro della dove lla giuria Premio Letterario “ Metauros ” sez. A – Libro edito di storia locale e nel 2013 sempre sem per il medesimo premio ne è stato nominato presidente di giuria della ella stess stessa sezione. Collabora inoltre con l’Istituto Comprensivo Motta San Giovanni vanni ormai or da alcuni anni in qualità di esperto e referente storico per i vari progetti di ricerca storica sul territorio lazzarese e mottese. Attualmente Attualm collabora con le rivisteCostaviolaonline.it per la quale cura le pagine di appr approfondimento storico, con il portale Grecanica.com -voci dalla alla Calabria Cala greca, con il sito Lazzaroturistica.it per il quale cura le pagine di storia oria e di archeologia, e con la rivista di studi storici Cesar.


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Pa Parlando di … FELI DELFINO. FELICE Nato il 04 Ottobre del 1979 a Oppido ppido Mamertina Ma (Rc), ha conseguito nel 2009 il Magistero istero presso p l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Mons. Zoccali" li" di Re Reggio Calabria. Ha insegnato per due anni nni relig religione e cultura storico-sociale presso la Do.Mi. i. di Villa San Giovanni ed ha collaborato con alcune riviste storico-culturali st locali pubblicando articolili religiosi religios per la rivista dell'Associazione Mariana "Amici di Fatima" di Rosalì (Rc), ma anche articoli e saggi aggi storici sto con alcune riviste cartacee e online tra cui costaviola cost online. Appassionato da annii alla storia sto ebraica ha preso parte a diversi convegni incentrati rati sugl sugli ebrei reggini (nel 2011 al Palazzo della Provincia cia di Reggio Re Calabria, evento organizzato dalla Fi.da.pa dii Rc, insieme insie con l'avv. Franco Arillotta e con lo storico Natale tale Zappalà; Zap nel 2012 nella conferenza presso la sez.UNLA LA di Arg Arghillà Gallico). Ha pubblicato nel 2013, 13, con la casa editrice Disoblio io di Bagnara Bag Calabra, l libro "La presenza ebraica nella storia st reggina". Attualmente nte vive a Catona (Rc).

JANAÍTA AÍTA DA ROCHA GOLIN 03/05/1981 - Santa Maria/RS M – Brasil Endereço profissiona ofissional Universidade Federal da Fronteira Sul, Pró-Reitori Reitoria de Graduação Totais de produção: ução: Artigos completos public publicados em periódico Artigos aceitos para publicação licação LLivros publicados Trabalhos publicados publica em anais de eventos Apresentações de trabalho rabalhos (Comunicação) Apresentações de traba trabalhos (Simpósio) Eventos: Participações Particip em eventos (congresso) Participações em eventos eve (seminário) Partic Participações em eventos (simpósio) Participaçõess em eventos eve (encontro) Participações ções em eventos (outra) Organização de evento (congresso)Organi )Organização de evento (outro)Participação em banca dee trabalhos trabalh de conclusão (curso de aperfeiçoamento amento/especialização)


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Uomi di Cultura Uomini

Vincenzo Salvatore Vincenzo Salvatore Carmelo rmelo Fr Francesco Bellini, compositore italiano, tra ra i più celebri c operisti dell'800, nascee a Catania Cata il 3 novembre 1801. Studia musica a Catania, Catania poi a Napoli (1819). Tra i suoi oi maestri maes vi è Nicola Antonio Zingarelli, che lo indirizza verso lo studio dei classici. Conosce osce il calabrese c Francesco Florimo, con cui instaura taura una un profonda e duratura amicizia; micizia; Florimo diventerà bibliotecario del conservator servatorio di Napoli e sarà biografo dell'amico dell'am Bellini, prematuramente scomparso.. Tra le sue prime composizioni, in questo to period periodo, vi sono opere di musica sacra, alcunee sinfonie sinfoni e alcune arie per voce e orchestra, tra, tra ccui la celebre "Dolente immagine", oggii nota per pe i successivi adattamenti ti per voce voc e pianoforte. Presenta nel 1825 al teatrino atrino de del conservatorio "Adelson n e Salv Salvini", sua prima opera e lavoro finale del corso di d composizione. Solo un anno do dopo con "Bianca e Fernando", arriva il primo rimo gra grande e inaspettato successo. Per non mancare di rispetto al principe Ferdinando ndo di Borbone, Bo l'opera va in scena al teatro Sa San Carlo di Napoli con il titolo modificato to in "Bianca " e Gernando". Nel 1827 gli viene commissionata un'opera da rappresentare tare al TTeatro alla Scala di Milano. Bellinii lascia Napoli N e anche Maddalena Fumaroli, la ragazza di cui è innamorato ma che non on aveva potuto sposare a causa dell'opposizione ne del padre. pa A Milano vanno in scena a "Il pira pirata" (1827) e "La straniera" (1829) ottenendo endo clamorosi cla successi; nelle pagine della stampa sta milanese dell'epoca si può apprezzare zare come com Bellini fosse considerato l'unico ico operi operista italiano con uno spiccato stile personale nale in i grado di tener testa a quello di Gioacchino Gioacch Rossini. La svolta decisiva nella sua carriera come nella sua evoluzione artistica rtistica ccoincide con il suo trasferimento a Parigi. i. Qui Vi Vincenzo Bellini entra in contatto to con alcuni al dei più grandi compositori d'Europa a (tra cu cui Fryderyk Chopin); pur conservando ndo inta intatta l'ispirazione melodica di sempre, il linguaggio linguagg musicale dell'italiano si arricchisce arricch di colori e soluzioni nuove. A Parigii compone compo numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese. france E' ormai maturo e pronto o per com comporre un'opera in francese per il Teatro ro dell'O dell'Opéra di Parigi: purtroppo la carriera arriera e la sua vita vengono stroncate alla giovane ane età di 33 anni, da un'infezione intestinale inale pro probabilmente contratta qualche anno prima.


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Orvieto rvieto : la testa del Dio deg degli Etruschi Trovata la testa del el Dio degli de Etruschi, Voltumna, il capo delle divinità dell'antico popolo. Nuovi eccezionali ezionali ritrovamenti archeologici a Orvieto nell'area nell'are del Fanum Voltumnae, il grande nde e mitico mi santuario federale degli Etruschi hi risalente risalen al VI secolo avanti Cristo. to. Alla luce l anche il tempio principale e la strada sa sacra. Ne da notizia la direttrice degli gli scavi, s l'archeologa Simonetta Stopponi oni dell'Università dell'U di Perugia, alla vigiliaa della conferenza c che terrà domani a Carmignano ignano ((Prato) nell'ambito del ciclo clo sui "Grandi "G santuari del mondo antico" (ore 21, p palazzo Comunale) organizzato izzato dal da Museo etrusco di Artimino. Insieme e a un tempio t di grandi dimensioni, i, probabilmente probab il principale del Fanum, è venuta aalla luce una splendida testa ta maschile masch in terracottain origine policroma, a, a grandezza gran naturale e su base e dello stesso st materiale, che secondo i primi accerta ertamenti potrebbe identificarsi carsi proprio pro con Voltumna, divinità supremaa del pantheon pa etrusco. Scoperto inoltre un u tratto della via sacra che conduceva eva al te tempio. “La testa è molto bellaa e ben conservata c - spiega la professoressa Stopponi Stoppo - Un ritrovamento importante ortante così come quello del tempio che misura isura 12 metri per 18. Finora non sono state tate rintracciate rint iscrizioni, ma stiamo ancoraa scavando scavan e contiamo di trovare re presto altro eccellente materiale. Sarà invece vece problematico pro far riaffiorare l’intera tera stra strada sacra. Sul percorso si trova infatti ti una villa vil privata la cui costruzione ha certo compromesso co l’integrità della zona". http://www.adnkronos.com nos.com/intrattenimento/cultura/2014/11/20/trovata /trovata-orvietotesta-del-dio-degli-etruschi_ truschi_jH9urNOXaUjPwDoDLnFDfO.html


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