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AGLI OPERAI DELLO STABILIMENTO MARELLI •
S. E. il rapo del Governo, d opo esursi dichiarato .soddisfatto di t roVa rJi fra gli operai d ella Mare/li anche perché ha p oluto rendersi conto che il loro entusù1smo partiva spontaneo dai loro cuori, così continua: Voi sapete, purché riflettiate un istante solo, che, in questi otto anni della rivoluzione fascista, il regime è stato sempre particolarmente pensoso detle sorti degli operai. Chi nel 1923 ha stabilito la legge delle otto ore come legge fondamentale dello Stato? (Si grida: «Il D uce.'»). Chi ha aumentato le pensioni per la invalidità e la vecchiaia degli operai?
(«Il Duce!)>). Chi ha awnentato i suss idi per le operaie nel periodo della maternità? («Il D 11cel»). Chi ha creato il Dopolavoro ? («Il DPce! »). Chi ha fondato l'ass icurazione obblig:Horia contro la tubercolosi, flagello che miet e soprattutto le sue vittime fra le d assi operaie?
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(<<Il D11ce! »).Questa non è che una parte delle opere assistenziali che il regime fascista ha creato per le classi operaie italiane. Ma esso ha fatto ben di più, o camerati operai : ha messo sullo stesso piano il capitale ed il lavoro, co.n ·uguagl ianza di d iritti , con uguaglianza di doveri , nella Carta del Lavoro. Questo non accade in nessuna parte del mondo.
(«Bene.'»). Se quakuno vi dicesse che altrove, oltre le frontiere, c'è il regno dell'abbondanza, quel qualcuno mentirebbe sapendo di mentire.
'Vi prego di aprire i giornali di questa mattina, 21 maggio 1930, anno VIIJ, cd allora leggerete ch'e nella fe lice lnghilterra, nella Inghilterra della sterlirla, i disoccupati si avviano ai due milioni ed il min ist ro laburista del Lavoro si d imette perché non sa come risolvere questo che è il più tormentoso problema deiJa potente- Gran Bretagna.
Condudendo il mo breve discorso, S. E. il. capo del G overno d ice che il fa scismo ht1 imegnato tJgli operai a non comiderani estranei agli interessi della nnione, perché, Je untl nazione è p overa, anche l e classi lavoratrici sono povere; quando in vece la nazione è potente, anche i lavoratori SO!JO f'ispettati nel mondo. Poi invita gli a.tco/Jatori a riflettere .sui concetti da l11i eJpressi e a farne riflellere /11tli i loro camerali o perai.
• A Milano, il 20 maggio al le 17, Mussolini inaugu rato il Planetario. Poi aveva visitato il Museo navale e la GaHeria d'arte moderna Il 21 maggio, verso le 10, si porta in a Sesto San Giovarmi per visitare Jo Stabi limento Marelli. T erminata la visita, il Presidente del Consiglio rivolge agli operai il discorso qui ri portato in riassunto. (Da Il Popo/ Q d'ItaliA, N n. 120, 121, 2J, 22 maggio 19 30, XVll).
(Scoppia un'indescrivibi/e ovazi one. La foJla esprime, ancora, 111nml· Juando, la propria devozione e /4 propria cieca fiducid nel condolliero).
Prima di lasciare il palco, il capo doma nda, ri volt o alla massa adunala:
A chi l'Italìa del lavoro e del fascismO? (Rùponde un urlo form ida bile:« A noi/»).
ALL' UMANlTARIA *
l/ capo del Governo ha manifestato il più sincero per l'opera svolta dai dirigenli l ' U manitaria ed ha incitato i giot' fWÌ allievi a lavorare con gioia perché la vita è lavoro e l'Italia di doma11i deve n;ere l ' l ttt!ia di chi lavora. ! n tal modo soltanto il gio r·,me si renderà degno di portare la camiria ,ura e di divmtare opertrio d ella divina /lalia d el Littorio.
AL BREFOTROFIO DI MILANO**
11 Duce esprime, con brevi ed incisi ve parole, il mo alto .compùtcimen/o per l'opera di umanità e di bene cbe uell'lJtiluto si compie.
Com/4ta come le l eggi del regime 11011 rimangano 'Iella prot'incia d i M ilano lellera morta ed aggùmge che MrtÌ bene che t uil i gli italiani C01lOJcttno quello che Milano h a f ano, ÙJ m od o che eJJÌ Jappitwo cbe, ancbe in questo campo, M ilrmo è di ercmpio e m onito a tuili gli ifa· liani. (A cclamazioni accolgono le parole del capo) .
• Il 2 1 maggio 1930, verso le I l , l\{us soli ni San G iovJ nn i in auto diretto a Monza. Giunto a Monza, visita la Mostra d 'arte decorativa . Circa Jc 13, rientra in aut(} a MiJ:m(). Alle 16 30, visita le Scuole dell'Umanitaria. Al saluto rivoltogli dal commenJato r Ghezzi, presidente J elle Scuole, il Prcsidcnte d'el Consiglio risponde co n le parole qui riportate in r iassunto. (Da Il Popolo d 'llali<t, N 121, 22 maggio 1930, XVII)
• • A Milano, il 21 magg io 1930, alle 17, Muswlini visita il Bre-fotrofio. D opo la relazione del grand'ufficia.l Sileno Fabbri, presidente della D rp ut.uione provinciale, il Presidente d el Consiglio pronWlcia le parole qui r iportate in ri3ssunto . (Dil Il Popolo N. 121, 22 maggio 1930, XVII).
IL « BASTONE DEL COMANDO >> *
Camerati! Mutilati!
Non per la inclemenza della stagione, che noi abbiamo imparato a sopportare nelle_ trincee, ma per la imponenza e il carattere stesso della vostra manifestazione, il discorso mio deve essere necessariamente b reve, e deve avere uno stile tipicamente militare.
Il camerata Ddcroix ha già espresso, con la sua eloquenza fascinatrice,
• A. Milano; in piana Sant'Ambrogio, 1a mattina del 22 mlggio 1930, si svolge la cerimonia per la consegna del «bastone del comando » a Mussolini. Il deputato Alessandro Gorin.i, presidente della Federa.ziooc provincio1le mi lanese dci mutilati , dice:
«"Duce! D:l tut te le città e dai borghi della terra lombarda quest a notte in colonne serrate sono pattiti a migliaia e migliaia i mutilati di g uerra, L'a.lba li h3. trovati ìn lieta attesa alle porte di Milano. A loro nome e per b memoria di quanto avete compiuto, per la fede in tutto ciò che ancora avne da compiere, 'vi offro il $egno che consacra questa nostra memoria, questa fede, nel chiaro simbolo matniato d all'arte dell'orafo italiano, Sarà esso è il p remio della riconoscenza al restauratore della patria, Perché quand o altri cedeva le chiavi per un baratto di una vita vile, voi gettaste attraverso la porta il vostro corpo e la vostra anima, solo, contro tutto un mondo crollante, Q uel mondo fu da. voi rovesciato e l'Italia fu salva e novellamente sacra per tutti g li ita liani la vittoria. E i ntorno all'idea della vittoria troviamo oggi un popolo che lavora e che sale concorde nella sua nuova libertà. :S giusto che noi che, per la g loria e la vittoria della patria, donammo il nostro sangue; che siamo pron ti a seguirvi nelle battagl ie a cui vi piacerà di è giunto che noi Y i comegmmo, con gesto di orgoglio e insieme dì riverenza, questo segno di potere e di conferma. _ Ve lo consegnamo qui, dcwe, intorno a Carlo Delcroix, che parlerà per tutti noi, sono prese01i i vostri più. vicini c devoti compagni d'arme, qui dove è presente tutta l'Italia, dai capi, ai più umili greg:ui, che vi adorano quasi come un mito e come un'idea".
L'on. Gorini si interrompe, Eg li, fra il ddirìo dci presenti, che subito vru;tamente risorgt-, consegna il "bastorie dd comando " a l Duce, Egli lo afferra e lo chiude, vigorosamente, nel pugno desi:ro, Protende il braccio verso l'alto, e osserva, attentamente, lo scettro prezioso; poi lo porge, nel gesto, a lla f olla, Il segno è mat"Stoso, superbo. Gli occhi della moltitudine sono <ome per un ipnosi. Egli lassù, fiero per l'insegna, grato per il dono. N el suo gesto è, ancora una volta, la. comunione del condottiero con le moltitudini. E quando l'uragano di voci si placa, 1'on Gorini cosl riprende: o: " Camentì! Alzate le vostre bandiere, presentate le armi, levate Ja mano! Al Duce affid iamo quest<t insegna di comando, con la promessa, che ha 1!1 forza di un giuramento di soldati , di seguirlo ne:! nome d'Italia". Il Duce dà il segnale degli applausi, d icendo all'oratore: "Bra vQ! B ravo !". Dopo qualche minuto, ristabilitosi il silenzio, prende la parola il grande mutilato 'veggente, l'onorevole Carlo )}, Indi il Prtsidente del Consiglio p ronuncia il discorso qui ri portato. (Da Il Popolu d'll«/i{J, N. 122, 23 maggio 1930, XVII). il sìgnHicato dì questo rito. IO vi considero, o mutilati ed invalidi di lombardia e di tutta Italia, come i miei fratelli più cari. (Grida di: «Bravo!». Cla mor1). Ed abb:acciando, come faccio in questo momento, il vostro capo che vi guida da dieci anni con tanta saggezza, con tanta abnegazione, con tanta intelligenza, e con tanto amore, io intendo abbracciare spiritualmente tutti i mutilati e gli invalidi d'Italia. (Il D uce abbracci<'! l'on. Delcroix, fra le o vazioni d ella folla).
Voi avete udito i miei discorsi di Livorno e di Firenze. Questi d iscorsi hanno avuto, tra l'altro, il merito di far strepitare tutte le oche che si sono messe a difendere i Camp idogli pacifondai dei diversi paesi d'Ewopa. Mai si vide spettacolo più lampante di umana ipocrisia («Bene!)>). Parrebbe che solo in Italia ci siano degli aeroplani, perché altrove evidentemente ci sono soltanto d egli innocenti aquiloni di ca rta velina (riJ.:); solo in Italia esistono d ei cannoni, perché altrove nori: ci sono che deJJe canne da passeggio (risa); solo in Italia ci sono delle caserme, mentre altrove ci sarebbero soltanto d egli ameni luoghi di svago e di raccog limento; solo l'Italia avrebbe la tracotanza di possedere u na rilarina da guerra, mentre le altre nazioni avrebbero soltanto delle na\'i da pesca o da diporto.
Ora voi sapete che la realtà è profondamente diversa e che se t utti i paesi sono armati o si armano, non si capisce perché solo l'Italia dovrebbe essere disarmata e non dovrebbe giustamente armarsi.
Camerati! Mutilati!
Voi mi avete offerto questo bastone , che avete definito « del comando ». Ma per mc, questo è il b:lStone della mia obbedienza allo spirito della vittoria e alla volontà della patria. (Le ultimt> parole dd Dure /rasrinano la folla al d elirio. Il rlttmore dd/e grida di en llniaJmo 1i leva alto, verso il ciel o, in una voct sola, c/;e è la vore di tul/o un popol o A1ille e milltJ. "!Ha((Ùt si rome ·per tm sol en ne giu ram mlo. l gagliarde/li e l e bomdiere ondeggiano suJ/a f olla, come fiamm e vi ve; e l'urlo di pauione : «. Duce.' Dure! l> di vi ene 1111 im zo di gl oria).
AGLI EX-COMBATTENTI MILANESI*
Combattenti milanesi!
Voglio esprimere la mia profonda simpatia per tutti voi e per tutt i i vostri came-rati che sono rimasti ai loro paesi.
"' P!llrole pronunciate a Milano, cortile della Rocchetta di U..SteUo Sfor· zesco, il 22 maggio 1930, verso le 12. 1), davanti alleo rappmentante degli t'X COn'l· battenti di Milano e della provin<ia (Da li fqpqJ q d'ltaHa, N. 122, 23 maggio 1930, XVII).
A chi l'Italia dell'intervento e dt>lla vittoria? (<(A: n oi!», riJponde la ma.JJa dei combatlenti, che, mentre il Duce si ritira salutando romanammle, intona a gran voce l' inno
AL POPOLO DI MILANO *
Camicie nere di Milano! Milanesi del «Ca rroccio », delle Cinque Giornate, dell'intervento e del fascismo!
Milanesi, che equilibrate in voi un sano attivismo pratico e nello stesso tempo un idealismo vibrante; milanesi, che mi avete offerto lo spettacolo deIla vostra città piena di vita, come nelle grandi giornate: ecco che io mantengo la mia promessa («viva il Duce!», ovaziom) per il tempo strettamente necessario a dimostrarvi che l'ho mantenuta.
Sono sicuro che voi non vi attendete da me dei supplemffiti ai discorsi di livorno e di da me lungamente meditati prima di essere pronunciati. ( Ot•aziom).
Essi avevano lo scopo, perfettamente raggiunto, di non fare addor· mentare il popolo italiano davanti al belare degli agnelli, che sono degli autentici lupi, e di non farlo trovare domani svegliato di soprassalto di front e a sorprese più o meno tragiche della storia.
Tuttlvia, alcuni motivi polemici io debbo ribattere.
Si sono stabiliti dei. paralleli che io non so se qualificare più grott eschi o ridicoli .
Come dei sa ltimbanchi acrobati, si è saltato lo spazio, il tempo, gli individui e perfino la logica più elementare delle cose. Si è detto anche che il mio viaggio, che ha scatenato in tutta Italia folle dalle ampiezze oceaniche, sia stato f:!.tto in vista della situaZione econOmica della nazione. Ciò è perfettamente falso e coloro che lo affermano mentiscono sapendo di mentire. («Benissimo!»).
La situazione cconom_ica dell'Italia - sia proclamato in questa,. città che è il centro produttivo più importante di tutta .l'economia della nazione - non è peggiore dì quella degli altri paesi.· Comunque, il Go·
• A Milano, il 22 ma.s,gio 1930, alle 12.30, Mussolini partecipato ad un offerto .in suo onore. Nel pomeriggio, aveva visitato g li stabili· menti dell"Alfa Rome(). Il 23 maggio, fra l"altro, aveva passato in rivista, nei \"i aii della Fiera, «oltre cinquemila militi della Milizia universitaria, giunti d ai vari Atenei dell"aJta Italia» La mattina del 24 maggio, aJ ·Parco, assiste ad una imponente sfilata militare. Nel pomeriggio, in piazza del Duomo, pronpnda il diswrso qui riportato. (Da Il PopQ/Q d'/lalia, Nn, 122, 123, 124, 23, 24 , 25 maggio 19!0, XVII), vernO la controlla giorno per giorno, p'renderà ed ha già preso delle misure che nemmeno gli smemorati di p!ofessione possono aver dimenticato, perché sono le misure piii recenti, di ieri. dimenticano che questo non è più un ministero, ma un regime. (Appl(llm). Costoro dimenticano che que.sto regime non è nato dalla composizione o decomposizione alchimistica dei gruppi parlamentari, ma è nato attraversò lo sforzo sangu inoso delle camicie nere. (A p· plauu). 'una insurrezione ( ovaziom), è una rivoluzione che ha avutÒ un lungo periodo di lotte, che i nostFi stessi avversari calcolano in un sessennio. Ebbene: io sOno il capo, il creatore, e debbo essere il_ difensore di questa_ rivoluzione (JeroJcianti ovaziom), poiché questa rivoluzione è misconosciuta nella suà dottrina, vilipesa e oltraggiata nei suoi capi, insid iata nei suoi. sviluppi. Non faccio delle affermazioni vaghe: noi siamo abbastanza bene informati di quello che si prepara· e sappiamo quale spirito domini taluni dei nostri vicini. (Un uragano di appla1w).
Qualcuno si stupisce del mio stile. Veramente ci sono dei malinconici anche in Italia, pochi per fortuna, ma ci sono: · quelli che alla più innocente·maretta smarriscono gli attributi della loro virilità per poi andarli a rintracciare spiaccicati sotto le · suole altrui. Alruni, dicevo, preferirebbero di vedermi sottC? le spoglie. di un ministro del vecchio Stampo, di uno di quei Presidenti del Consiglio che parlavano soltanto dopo i banchetti, p er affaticare ancor più la già affaticata digestione. (« Bene! » Ilarità).
Non è proprio ieri che si è diffusa la burlesca notizia che Milano era in stato di assedio? (Si ride, Ji urla). Invito i quattordici giornalisti stranieri, che ieri vennero a palazzo Monforte a rendermi omaggio, a smenti re questa fandonia e a trasmettere oltre frontiera la verità .vera dei fatti, che è questa: che in Italia popolo e regime, popolo e fascismo sono una sola ed indissolubile realtà, come è provato da questa ffiolt itudine sterminata. («E vero!». ApplatJJi. «Viva il D11ce! »).
Non è di ieri un'altra ancor più assurda notizia diramata proprio all a vigilia dell'anniversario della nostra dichiarazione di guerra; e cioè che l'Italia aveva sbarcato delle sue truppe in Albania per sostenere il Regno del re nostro amico e alleato? ·
Altra ·menzogna.
Ebbene, davanti a queste prove di evidente, perfetta· malafede, noi non possiamo illuderci, e soprattutto non dobbiamo· illudere il popolo.
Quindici anni or sono, i n questo giorno, Sua Maestà il re, -racco· gl iendo l'imperativo moule della nazione, snudava Ja spada(« 11iva il fel viva il Duce!>>) e lanciava il popolo nel più grande cimento della sua storia. Quel giorno segnava il destino: segnava il destino per caduti, per mutilati, per un milione di ·feriti; morti , mutilati e feriti di autentica razza italiana. (Ovazionr). mesi di cimenti durissimi, poi finalmente la vittoria. Non solo per noi, la vittoria, ma per tutti gli alleati (« beniuim.o! »), anche se qualcuno lo mette in dubbio. Troviamo delle testimonianze preziose fra coloro stessi che abbiamo combattuti. E. un generale austriaco che ali" indomani della vittoria italiana del giUgno "su l Piave, diceva: «L'In· tesa hd vinto definitivainente fa guerra ». :B un arciduca magiaro che ha dconosciuto con alte parole commosse l'eroismo veramente leggendario dei fanti italiani. («Bene!»).
Ma, noi non commemoriamo questa data per rinfocolare degli odi, perché coi nostri nemici di ieri ci siamo pienamente e lealmente ricon- · cil iati; anzi con qualcuno di essi abbiamo stretto dei vincoli di sincera amicizia. Ma ricordiamo soprattutto questa data perché dal maggio del 19n ha inizio la rivoluzione italiana, nella quale il popolo cessa di essere spettatore per diventare finalmente il protagonista unico sulla scena della storia.
L"interve nto prepara il fascismo. L'intervento annuncia la marcia su ·Roma. Oggi il popolo italiano è perfettamente padrone dei suoi destini . Voi lo avete visto oggi, il popolo arrriato in tutte. le sue dassi , dagli operai agli studenti. ·popolo armato, cioè popolo pronto a difendere i suoi diritti sotto i simboli del Littorio. Noi siamo sicuri del nostro futuro , perché a questo scopo affiniamo tutte le energie, organizziamo tutte le forze, perché non ci faremo mai sorprendere dagli avvenimenti. Chi può dubitare ancora dell'idealismo e d ello spirito fascista del popolo Jiano, quando esso ci offre lo spettacolo della Milizia Volontaria, quando domani ci darà dei battaglioni che prenderanno l'impegno di servire per dieci anni la causa della rivoluzione e la causa della patria ?
Ebbene, questo nostro regime, che è un regime di popolo, swcita non soltanto l'ammirazione, ma !"invidia e, oggi, anche qualche timore.
Siamo usciti da Versaglia con una vittoria mutilata. Ma la vittoria è ancora nel nostro pugno. («Ben e!»). Fu mutilata nei protocolli diplo· matici, ma non è mutilata nelle ·nostre braccia. e nei nostri cuori. (Ovaziom).
Camicie nere milanesi!
A dimostrarvi che noi siamo sicuri di quello che è il' nostro diato e lontano futuro, io vi dò appuntamento formale .in questa stessa piazza per il 28 ottobre del 19321 perché Milano, che ha visto sorgere U Fascio p rimogenito, deve anche celebrare solennemente l' inizio del se1:ondo decennio della rivoluzione fascista, che è destinà'to, poiché noi lo vogliai!JO, a fare sempre più gra nde il popolo italiano.. Ci sa rete voi ? («Si! Sì!»).
Con lo stesso entusiasmo e con la stessa fede? («Sì! Sì!»).
Alzate i gagliardetti, alzate i vostri mosch etti, simboli e strumenti della nostra invincibile fede !
ALLE FORZE SINDACALI MILANESI *
Operai dell'industria! Lavoratori della terra!
Questa adunata condude in maniera mirabile quella che si può chiamare Ja mia settimana milanese Ho visitato alcuni del ' vostri stabilim enti, mi sono trovato fra talune delle vostre maestranze. Mi_ rammarico soltanto di non averne potuto visitare un maggior numero. Lo farò un'altra volta.
Dopo aver detto che egli si trova volentieri in mezzo agli operai, che comribuiJcono ad aumentare la ricchezza del popolo italiano1 e dopo aver affermato che la· Jituazione economica in lttt lia è da conSiderarli migliore di quella di altri p.1eJi, perché fra noi vi è la dùcipJinà, S. E. il rapo del Governo rontim1a: ·
Voi sapete quello c.he ha fatto H Governo fas dsta per le classi operaie italiane. Sta sCritto nella storia. Nessuno lo può negare, nessuno lo d eve dimenticare. Chi afferma che il Governo ·fascista si tiene estraneo agli interessi delle masse laboriose, afferma una patente menzogna: Il Governo fascista tutto, ed io in particola r m odo, pensiamo ai vostri interessi, cerchiamo di tutelare i vostri bisogni.
E conclude: ·
Fra poco, decorando d ella «Stella» quelli fra voi che hanno più lungamente e diligentemente lavorato, vi sarà dimostrato coi fatti come H regime fasci sta rispetta ed onora il lavoro ed i-lavoratori ·italiani.**
• A Milano, all'Arena, il 25 maggio 1930, verso le 10.30, Mussolini as.siste «alla grandiosa manifestazione giovanile ocganinata dalla presidenza del Comitato provinciale di Milano » . Circa le 11, nel cortile grande di Castello Sforzesco, davanti a più di -centoveotimila lavoratori milanesi, pronuncia il discorso qui riportatO in riassWltO. (Da Il Popolo d 'Ila/i.:, N. 125, 27 maggio 19}0, XVII).
** «Quando J'ovazione frenctiu.• che è durata alcuni minuti, è cessata ·e viene ristabilito il silenzio, t"on. Alfieri fa l'appello degli operai de<:orati con la "Stella al merito del lavoro" e con un dono di mille. lire. Essi sono : ( +).
Quando· l'ultimo della schiera dei premiati sceso dai podio, il Duce si affacdn e dice alla folla: "La cerimonia i finila .A chi /'lttdia tle/ lavoro -e delle vitlorit Ji domani?" (Un "A Noi!" formidabi le come cannonata si inalza da. migliaia e migliaia di petti)». (Da 11 Popolo d'Italia, N. 12 5, 27 maggio 1930, XVII) .