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AL CONGRESSO FEMMINILE DELLE TRE VENEZIE *

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DOPO

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Signore !

non m'inganno, questo che oggi in questa sala gloriosa si inau• gura. è il primo congresso femminile delle Tre Venezie.

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Il titolo e la estensione di questo vostro primo congresso sono pieni di un profondo significato. Cinquanta anni fa non si poteva parlare di « Tre Venezie». Venezia stessa, dopo gli eroismi magnifici del ' 48 e del '49, era ancora avvinta nei ceppi della schiavitù straniera Nel '66 riscattammo Venezia, una delle Venezie Cinquant'anni dopo, riscattammo le altre due: quella che confina con il sacro ed intangibile Brennero, l'altra che confina con il non meno sacro e n on meno intangibile Nevoso.

I fascisti non appartengono alla moltitudi ne dei vanesi e degli scettici ·che intendono di svalutare l'importanza sociale e politica d ella donna. Che cosa importa il voto? Lo avrete! Ma anch e in tempi in cu.i le donne non votavano e non desideravano di votare, in tempi lontani, remoti o prossimi o vicini, la d onna ebbe sempre un'influenza preponderante nel determinare i destin i _d elle società umane.

Cosl il fascismo femminile che porta brava.mente la gloriosa camicia nera e si ra~coglie intorno ai nostri gagliardetti, è destinato a scrivere una storia splendida, a lasciare tracce memorabili, a dare un contributo sempre più profondo di passioni e di opere al fascismo italiano.

Non credete ai piccoli gufi più o meno impagliati, alle scimmie più o meno urlatrici, a tutta la bassa zoologia che crede di fa re della po· litica e che potrebbe chi amarsi con un n ome molto più infamante . N on credete a costoro, :1 quelli 'che p arlano di una crisi d el fascismo: sono dettagli, episodi nel g rande movimento. Questioni di uomini e n on questioni di massa. Fenomeno già superato, perché i fascisti quando non han no da picchiare nel mucchio dei nemici possono permettersi il lusso di litiga.re fra di loro. Ma se i ·nemici rialzano un po'la testa e il tono deJla loro più o meno stupida opposizione, i fascisti to rneranno immediatamente a fare blocco. Alloca guai ai vinti! (Appla1m).

• 1.a· sera del 31 maggio 1923, Mussolini era partito in treno alla volta del Veneto. Il 1° giugno, alle 8.4~, arriva a Padova, dove inaugura. la qu.inta fiera campionaria. Alle 10, si dirige verso il municipio, davanti a.I quale Cor rado Nicotera gli porge il saluto della Calabria. « Saputone il nome, Mussolini esclama a lui rivolto: "Le; è d r/la Jtìrpt dei Nir() fera? Ebbene, dira ai pr()d; m.()n/d.llari del/i:, Calabria che presto f/errò a trOf/df/i" ». Entrato in municipio, nel gabinetto d el sindaco, sul r egistro dei visitatori, scrive queste parole: « Vìva PaJof)a, proltsa verso U 1110 gr4nJ., /1111,ro J ». Passato n el salone della G ran Guardia, inaugura il primo congrc-$50 femminile fascista delle Tre Venezie In tale occasione, il Presidente del Consiglio pronuncia il discorso qui riportato. (Da LII Provincia di Pdova, N. 129, 1-2 giugno 1923, XXV, e da li Popol o d'llalia. N. 1H, 2 giugno 1923, X).

E ·giacché l'occasione è propizia, mi piace. dire a voi donne fasciste e ai fascisti d i tutta Italia che il t entativo di separare Mussolini d al • fascismo o il fascismo da Mussolini è jl tentativo più inutile, più grottesco, più ridicolo che possa essere pensato. (Appla1111).

· Io non sono così orgoglioso d a d ire che. colui che vi parla ed il f ascismo costituiscono una sola identità, ma quattro anni di storia h anno - dimostrato ormai luminosamente che Mussolini ed il fascismo sono due aspetti della stessa natura, sono due corpi ed un'anima, o due anime cd un corpo solo.

Io non posso abbandonare il fascismo peiché l'ho creato, l'ho allevato, l' ho fortificato, l'ho casdgato e lo teng o ancora nel mio pugno: sempre ! Quindi è perfettamente inutile che le vecchie civette della po· litica italiana mi facciano la loro corte gaglioffa. Sono t roppo intelligente perché possa cadere in questo agguato di mediocri mercanti, di fiere da villaggio.

Vì assicuro, miei cari amici, che tutte queste piccole vipere, tutti questi politicanti avranno la più acerba delwione.

Credere che io mi possa abbrutire nella pratica parlamentare è credere l'assurdo. Sono, in fondo, un discendente di génte del lavoro, ma uno spirito troppo aristocratico per non sentire il disgusto della bassa CU· cina parlamentare. Noi continueremo - dice M111.rolini alzando il t ono della 11o ce - la nostra marcia severamente, perché questo ci è imposto da l destino Non torneremo indietro, non segneremo nemmeno il passo

Già dissi che noi no n ab bfamo voluto proiettare il pendolo all' estremo per non vedercelo dopo ricacciato all'altro estremo. Preferisco, come g ià dissi in. un a rticolo che sollevò mo lto clamore in tutti g li ambienti, preferisco di marciare continuamente, g iorno per g iorno, alla maniera· romana; di Roma che non si rassegna mai a nessuna sconfitta ; di Roma che accolse Terenzio Varrone, reduce da Canne, pur sapendo che aveva impegnato una battaglia contro il parere oppost o del èonsole Paolo Emilio, ed era, in un certo senso, il responsabile de-ila disfatta; .di Roma che proibl alle niatrone di uscire dopo Canne perché col loro portamento addolorato non turbassero la forza della cittadinanza e non c'era bisogno; di questa Roma che riprendeva continuamente i capitoli della sua storia, che trovava in ogni insuccesso i motivi per perdurare, per serrare i denti, per potenziare gli spiriti, per irrigid ire i nervi, per esaJtare la passione. Questa è la Roma che noi sogniamo; la Roma in cui tutte le gen~razioni sono rispettate, la g erarchia d ella forza, della bellezza, dell'intelligenza, della bontà ' umana. Roma che picchiava dwamente sui. suoi nemici ma poi Ii risollevava rendendoli p-artedpi del su~ grandioso .destino; Roma che lasciava la _ massima li· bertà alle credenze dei diversi popoli assoggettati al suo dominio purché ubbidissero. ·

Diceva Giuseppe Mazzini che la potenza non è che la un ità e la costanza· di tutti gli sforzi. Ebbene, la potenza italiana, Ja potenza fascista, Ja potenza di tutte le nuove generazioni che sbocciano in questa superba primavera della nostra vita e della nostra :storia sarà. il risultato della unità dei nostri sforzi,· della tenacia del nostro lavoro.

In fondo che cosa domandano i fascisti? Non sono d egli ambiziosi, non dei faziosi, hanno il senso del limite ed il senso · della loro responsabilità. . . .

Io son sicuro di interpretare il vostro pensiero, l'anelito . più profondo d el vostro spirito se dico che i !astisti, dal primo all'ultimo, dal s9mmo dei capi all'estremo dei g reg ari, ch iedono una co~ sola: servire con umiltà, con devozione, con inflessibilità l'adorabile nostra Patria: l'Italia. (Il dùconQ d el Prnidente def. C(Jmiglio è accQ/f(J aUa fin ~ da una en!UJÌdJlica ovazione).

ALL'ATENEO DI PADOVA*

Eccellentissimo Retto're ! Signori Professori! Miei giova ni amici!

Non sono iO che onoro il vostro studio, è il vostro st udio che onora me e vi confesso che, pure essendo da tempo, a causa del faticoso commercio degli uomini1 un po' restio alte emozioni, oggi mi sento tra di voi profondamente commosso, tutto pervaso da una sottile emozione.

No.i ci conosciamo da un pezzO. Ci c:onOSciamo fin da l 1915: dalle g iornate d èl maggio radiosò sempre.

Ricordo -che gli studenti di P adova impiccarono sulla. porta de,ll'Università uri grosso fantoccio che raffigurava un uomo politico sul quale in quèsto momento non voglio esprimere giudizio alcuno, ma quel gesto voleva dire che la gioventù universitaria di Padova non voleva sentire parlare d i ignobili mercati diplomatici (appla111i), non voleva vendere la suà splendida primogenitura ideale pei- un piatto di .l?iù o meno miserabili lenticchie.

L'Università di Padova, la gioventù studiosa discend ente non degenere da quegli studenti toscani che andarono a ~orice a (urtatone .e Montanara1 volJe allora .essère all'avanguardia, prendere il suo posto di combattimento, trascinare i riluttanti, fustigare i pwillanimi, rovesciare il Governo e andare a combattere verso il sacrificio, verso I.a morte, ma anche verso la grandezza e la gloria.

• Discorso pronuncia'to all'Ateneo di PadÒva, ne ll"Aula. magna, i l 1° giugno 1923, verso le 12. {Da Il Popol o d'Italia, N, 131, 2 giugno 192}, X).

Da allora io so che tra di. voi vi sono d ei fedeli gregari, da allora io so che questa Università fra tutte le altre è veramente un focolare di fede e di passione italica. Se io per un momento immergo il mio spirito nel fluire infinito dei secoli, io vedo questo vostro studio come . una grande fonte alla quale si sono dissetati uomini a mig liaia e a migliaia, di tutti i paesi, di tutte le generazioni, di tutte le stirpi.

Il Governo che ho l'oà.ore di rappresentare, essendo u n Governo che ripudia, almeno nella persona del capo, la dottrina del materialismo e le dottrine che pretendono di spiegare la storia complessissima d elle società umane soltanto dal punto .di vista unicamente materiale (un fenomeno della storia, non tutta la storia, un incidente, non una dottrina), ebbene questo Governo, che tiene in alto pregio i valori individuali, spirituali e volontaristici, ha in somino apprezzamento le Università. Io non so se il mio runico De Stefani abbia raccolto l'accenno, che io riconosco asSai discreto, del vostro magnifico Rettore ( ap plau11), ma, ad ogni modo,_ il Governo contà. sulle Univers ità, perché anche le Università sono punti fermi . e gloriosi nella vita dei popoli. Io non esito ad affermare che se la Germania ha potuto · re"sistere alla suggestione del bolscevismo, ciòè dovuto soprattutto alla forte tradizione universitaria di quel popolo.

In fondo, coloro che si avvicinano di frequente alla comun ione dello spirito non possono rimanere a lungo infettati da dottrine assurde ed antivitali. Un popolo come il nostro, un popolo di grande ingegno e di grande passi~ne è necessa riame nte un pcpolo di equil ibrio e di armonia. Il Governo farà tutto il possibile per le Università italiane. Il Governo comprende la loro eno rme importanza storica, rispetta le loro nobilissime tradizioni, vuole porta rle all'alte2:Za delle necessità moderne. Tutto ciò non può essere opera di un mese : non si può dare in sei mesi fondo all'universo. (Appfau11). Noi non facciamo che liberare il t erreno da tutti i detriti che la vecchia casta _F?litica ci ha lasciato in tristissima eredità. (Appldu11), ·

Come potrebbe un Governo di combattenti avere in dispregio le Università? Ciò sarebbe non solo assurdo ma delittuoso

Dalle Università sono usciti a migliaia i valontari, sono usciti a decine di mig liaia quei superbi plotonisti che andavano aJ l'assalto delle trfocee n emich e con un disprezzo magnifico della morte: sono i compagni la cui memoria noi portiamo profondamente incisa nei nostri cuori. Voi inciderete i loro nomi sulle porte di bronzo, ma ben più imperitura della incisione sulle porte di bronzo è la loro memoria nei nostri spiriti. Non li possial'Ilo dimenticare l Come non dimenticheremo che dalle Università sono usciti a migliaia le giovani camicie nere: quelJe che a un dàto momento hanno interrotto la vicenda ingloriosa della poljtica italiana,., che hanno preso per H collo, con d ita robuste, tutti i vecchi profittatori che apparivano sempre i più inadeguati con la loro paralitica decrepitudine alla impazienZa esuberante delle nuove generazioni italiane. (Applauu).

Ebbene, finché d saranno Università in Italia - e ce ne saranno per un pezzo - finché ci saranno dei giovani che frequente ranno queste Università e che si mettono in contatto con la storia. _ di ieri , preparando la storia di domani, finché ci saranno questi giovani, le porte" del passato sono solidamente chiuse. Io ne prendo garanzia forma le; ma aggiungo di più: che fin ché ci saranno questi g iovani e queste Università, la Nazione non può p erire, la Nazione non p uò diventare schiava .perché le Università infrangono i ceppi, non ne creano di nuovi . (A pp lttrm).

Se domani sarà ancora necessario per l'interno o -per oltre l e frontiere suonare Ia. graride campana della storia, io sono sicuro che le Università ·si vuoteranno per tornare a ripopolare Je tri ncee. (Acclamazioni vivh1ime).

Ed ora che mi avete ringiovanito di venti anni, vorrei che intonassimo tutti insieme il gaudeam#I igitur. In fondo aveva ragione Lorenzo de' Medici di cantare

Co'me è bella giovinezza

Ebbene, o miei giovani amici, non ci può essere la certezza del nost ro domani individuale, ma c'è la certeua meravig liosa e suprema del nostro· domani come Nazione e popolo.

E accanto all'inno goliardico pronunciamo anche in . lat ino una paro la più sempHce: laborem,u. lavorare con d ìgnità, con probità, con aUegrezza. Prend ere la vita veramente d'assalto, considerare la vita come una missione, cercare ognuno di noi di rea lizzare in se stesso l' imperativo categorico dei nostri morti. _Essi ci comandano di ubbidire e di servire, ci coma.Odano la disciplina, il sacrificio e l'obbedienza.

Noi saremmo veramente gli ultimi degli uomini se mancassimo al nostro preciso dovere. Ma non mancheremo. Io che ho il polso della Nazione nelle mani, che ne conto diligentemente i battiti, io che qualche volta tremo clìn~nzi alle responsabilità che mi sono assunte, io, più che una speranza, sento ferm entare nel mio spirito la suprema. certezza, ed è questa: che per volere di capi, per volontà di popolo, per sacri• ficìo delle g enerazioni c~e furono e di quelle che saranno, l'Italia im· pcriale, l'Italia dei nostri sogni sarà la realtà del nostro domani, (Appla111ì vìvinimi e prol11ngatJ).

AL POPOLO DI ROVIGO *

Come trovare le parole necessarie per ringraziarvi di q ueste magnifiche accogJienze ? Pochi istanti fa il vostro sindaco mi recava il saluto della città e della provincia Ho attraversato oggi le vostre terre dolci e feconde, solcate 'da fiumi, riscattate giorno per giorno d alJa vostra opera tenace.

L'Italia tutta deve avete il senso di gratitudine per questo solido popolo lavoratore che, essendosi riconciliato con la realtà bella e suprema della Nazione, ha riscattato il diritto di essere trattato con un magg iore spirito di amicizia e di p robità. ·

Io so di parlare ad una folla d ove i lavoratori sono certamente la enorme maggioranza. Ebbene, a costoro io dico con tranquiUa parola e con cosdenza ancora più tranquilla che jl Governo che ho l'onore di rappresentare non è, non può essere, non sarà mai nemico della gente che lavo ra. (App lausi vivissimi).

Sei mesi di governo sono ancora troppo pochi perché un programma sia condotto a termine, ma sono sufficenti, a mio avviso, per segnare le direttive di questo Governo. Ora le direttive sono precise, sicure. Il mio non è un Governo che inga nna il popolo. (Appla1111). Noi n on possiamo, non vogliamo fare delle promesse se non siamo matematica· mente sicud _ di poterle mantenere. Il popolo è stato per troppo tempo ingannato e mistificato perché g li uomini della mia generazione continuino ancora in questo basso mest iere,

Noi abbiamo tracciato u n solco nettissimo e profondo tra quella che era l'Italia di ieri e quella chè è l'Italia d'oggi. N ell'Italia d i oggi le classi tutte devono trovare il terreno per la loro feconda collaborazione.

La lotta di classe può essere un episodio nella vita di un popolo: non può essere il sistema quotidia no perché significherebbe la distruzione d ella ricchezza e quindi la mise ria un iversale. (Appùum).

La collaborazione, o cittadini, tra chi lavora e chi dà il lavoro, tra chi dà le braccia e chi dà il cervello, tutti gli elementi della produzione hanno le loro gerarchie inevitabili e necessarie; attraverso a questO p ro· gramma voi arriverete al benessere, la N azione arriverà alla p rosperità ed alla grandezza. se io non fossi sicuro di tenere fede a queste mie parole, io non le pronuncerei dinanzi a voi in una occasione cosl solenne e memorabile. (ApplauJ1) .

• Il 1° giugno 1923, alle 1 5, Mussolini si porta in automobile a Battaglia per inaugurare la conca di naViga2ione fluviale. Dopo una sosta a MonseliCC' e ad Este, raggiungé Rovigo, dove, dal ba lcone del palazzo municipale, pronuncia. il discorso qui riportato. (Da Il Popolo d'llalìa, N. 132, 3 giugno 1923, X)

A que.sto punto del diicorso un aeroplano piJoJato da Ferrarin. compie arditinime evoluzio ni tt basshsima quoJa sopra il palazz<1 del munidpio. Il Pruidente d el Consiglio interrompe p er qualche istante il s110 dire, ug11endo le evoluzioni"dell'aeroplano, indi contin11a;

Fascisti!

L'altro giorno io sono passato su uno di quegli apparecchi sulla vostra città. Quel volo, che certamente ha fatto trepidare quàkuno di voi, era pieno di ùn profondo significato: doveva dimostrare c he sei mesi di governo non mi hanno ancora inchiodato nella comoda polt rona della burocrazia; ha ·dimostrato anche che io, con:ie voi tutti, siamo _ ancora pronti a osare, a combattere. se occorre, a morire_ perché i f rutti della mirabile rivoluzione fasci sta non siano dispersi.

Viva il Fascismo! Viva l'Italia! (// discorso del Presidente ha porIdio un'impressione t1ivissima ed è staio /ungamenJe ed ent11siasticamm1e •ppla"dito).

AL POPOLO DI PADOVA*

Padovani! Nobile famiglia di un nobile popolo!

Non mai come in questo. momento ho sentito che partire eqùivale qualche volta a morire un pOCo. Voi mi àvete fatto accÒglienze cosl entusia5tiche che io debbo pensare che non a me sono dirette, ma all'idea che rappresento e al Governo che dirigo.

Proseguo il mio viaggio per i luoghi sacri della nostra passione, per i luoghi memocabiU del nostro martirio e della nostra gloria imperitwa. Sarò a Vene-zia, tornerò quindi a Roma, ma porterò con 'me, nel mio profondo spirito, il ricordo della vostra ardente ospitalità. Viva il Veneto! Viva Padova! (Il grido è ripetuto da mille e mille voc,).

ALL'ARRIVO A VENEZIA**

Veneziani!

Grazi~ dal profondo del cuore per le vostre accoglienze m agnifiche. Questa è una delle più memorabili giornate della mia vita. Io sono ammiratore della vostra città cd esaltatore . della vostra mirabile storia.

• Il 1<1 giugno 1923, alle 19.30, dopo aver inaugunto l a Casa . del fascio di Rovigo, Mussolini riMtra in automobile a Padova. Alle 20, nel Casinò Pedrocch.i », partecip a ad un banchetto in suo onore offerto dal municipio e dalla Federazione provinciale fa scista. AII(! 21, t erminato il banchetto, d alla le rruza del « Ca!inò », rivolge al popolo che l'accl ama le parole qui riportate. (Da 1/ V , n,t,) di Padova, quotidiano della regione, N. 126, 2-3 giugno 1923, XXXVI).

•• La partMu. di Mussolini da Padova era s tata fissata per le 21.30 del 1° g iugno 1923. Ma egli era arriva to a lla st a.2ione appena « pochi istanti prima

DALLA MARCIA SU ROMA AL V(AGGJO NEGU ABRUZZI 2JJ

Da Vittorio Veneto al martirio, alla gloria, .ai lavori d el vostro porto ho avuto l'impressione che Ja·vostra razza è piena di fortuna e d i v~taIità. lo sento che il vostro popolo rinnoverà i prodigi d ella Serenissima, che sorse piccola nelle vostre lagune e che portò a poco a poco, attraverso i secoli, in trionfo i gonfaloni nel Mediterraneo, che è mare nostro.

Viva il re! Viva l'Italia! Viva il fascismo! (Un frenetic" dp p!at1Jo accoglie le 1ignificative parole del PreJidente1 mentre le banda di Marina intona la marcia reale. Le dtdamazioni continuano a lungo fra il canto di « Giovinezza»

AL POPOLO DI VENEZIA *

Veramente il luogo sacro e memorabile e il discorso alato pronunciato testé dal pri mo mag istrato della Serenissima mi. cons ig lierebbero l'assoluto silenzio.

. Ma io non v i infliggerò un discorso. La più profo~da eloquenza è oggi nelle cose, nei fa tti, in questa sublime e quasi leggendaria realtà, della quale siaino insieme e spettatori e protagonisti. Realtà che si ('Sprime dalla superba parata di stamane; nelle truppe d el g loriosissimo Esercito d i Vittorio Veneto che è stato dal '70 ad oggi il potente crogiolo deila razza italiana; che si esprime nel passo energico e ritm ico dei ma• rinai che attendono a ncora cimenti e g lorie. (Applausi vivissilm).

E si esprimC anco ra daUe squadre delle camicie nere, dalla nuova delle 22. Giunto sotto la: tettoia e scorto ~I caposta2ione principale cav. uff Maini », g li si era avvicina lo- a dicendogli in tono ·scherzoso: "E un Irmo che fJdrle in rifttrdo ma """ per colpd loroi; lr1 colpa q11e11r1 vo!Jd è mia " rl Alle 23.40, era arrivato a Vittorio Veneto. li 2 giugno, nelle prime ore del mattino, visita l'impianto idroelettrico di Cadole e la centrale elettrica di Fadalto. Verso le 9, rientra a Vittorio Veneto, dove partecipa a manifestuioni in suo onore, A lle 15, parte in automobile alla volta di Venezia. Durante il viaggio sosta a T reviso e a Me,tre. Verso le 19.30, arriva a Venezia. Sceso :i li'« hOtel Danieli », da un balcone al primo piano, rivolge al popolo che lo acclama le pa.role qui riportate. (Da li Vene/o, N. 126, 2-3 giugno 1923, XXXVI ; da LA Provincia di Padovtt, N. no, 2-3 giugno 1923,· XXV; dalla GttZretla di Venezia, N. 144, 3 giugno 1923, 181°; da 11 Popol o d'TJ,dùr, N. 132, 3 giugno 1923, X).

• A Venezia, in piazza San Marco, il 3 g iug no 1923, aJ lc 9, Mussolini passa in rivista reparti del l'esercito. Terminata la .rivista, sale a pa lano Du• cale, dove, nella sa la del Gran Consig li o, dopo il saluto rivoltogli dal commendator Davide Giordano, commissario regio della città, consegna le «drappelle» alle trombe della lesione della M.V.S.N. San Marco. Jndi pronuncia il discorso qui riportato. (Da TI Popolo d'Italia, N . 133, :5 giugno 19H, X),

Milizia, la quale non è ormai più l'espressione di un partito, ma è realmente una creazione della coscienza nazionale, che non ammette ritorni dacché ha aperto innarizi a ·sé la strada luminosa dell'avvenire

E- si esprime infine dalle migliaia e migliaia di bambini il cui spettacolo poco fa mi conunov~va fino alle lacrime. Sono essi la primavera della nostra stirpe, l'aurora della nostra giornata, il regno infallibile della nostra fede. · t appena un secolo, d al 1820, che l'Italia ha ripreso a camminare su lle strade segnatele dal d estino.

Altri popoli invidierebbero e invidiano questa Nazion~ proletaria, prolifica e intelligente, saggia, laboriosa, serrata in una piccola e divina penisola, troppo angusta ormai per la nostra razza.

Tutti gli italiani della mia generazione sentono l'angustia del nostro territorio, in cui tutti ci conosciamo, dalle Alpi alla Sicilia. Per cui se sognfamo .talvolta di poterci espandere, ciò è espressione di una rc:iltà storica ed immanente: un popolo che sorge ha dei diritti di fronte ai popoli che declinano. (Applami fr eneJicr). E questi "diritti sono incisi a caratteri di fuoco nelle pagine del n ostro destino.

Questa terra che i poeti di Roma chiamavano sacra agli idoli, è certamente una delle creazioni più straordinarie deJJo spirito umano e della storia. Noi eravamo già. grandi quando in molte parti del mondo j popoli non erano ancora nati.· Avevamo agitato fiaccole luminose di me-ravig"liosc civiltà. quando il mondo conosciuto era imme(SO nelle tenebre della barbarie.

Parve, dopo i superbi fastigi dell' impero, che un lungo periodo di tenebre dovesse sommergere la nostra civiltà. Ma in quelle tenebre ma· turavano i germogli della nuova vita ed ceco, dopo l'eclisse, il Rinascimento glorioso, ecco per la s.:conda volta l'Italia pronunciare paro le di significato universal_e. Altri secoli d'eclisse dovranno passare, ma ecco di nuovo prodursi il prodigio della rinascita.

Quanti sacrifici, quanti sogni, quanta passione, quanto calvario, quanto sangue! Dalla sintesi del secolo che abbiamo vissuto possiamo avere l'impressfone. direi quasi plastica di qualche cosa di soprannaturale che sorge dal profondo, grandeggia, s'impone, trionfa. Trionfa per j morti che abbiamo salutato il 24 maggio· sulle pietraie carsiche, nel cimitero di Redipuglia e sul San Michele.

Tutti i popoli che hanno dovuto sostenere e vincere una grande suerra, anche gli inglesi dopo Waterloo, hanno conosciuto una crisi di depressione, di s.fiducia, per il naturale rilassamento dei nervi e dei mu· scoli tesi nello sforzo spasmodico d i combattere e vincere. Ma poi si produce il fenomeno contrario, Si risente la nostalgia delle g randi giornate che si son Vissute, si risente l'orgoglio dell'epopea di cento leg- gende, e quelJi .che non vi furono vorrebbero esservi stati, poiché là era il privilegio supremo della morte e della g loria. (A ppla,ui Calot'o1iuim1).

Di questi sentimenti è intessu ta la n ostra opera di partito e di Governo. State sicuri, veneziani, che quest'opera sarà condotta sino alla fine. (li magni ffr o vibranJe diJcor10 de} Pre1ide11te d el Consiglio è calororamente applaudito da Jutlo il pubblico in piedi Jr~ grida di« viva M11JJolini.' »).

COMMIATO DA VENEZIA*

Veneziani!

Poche volte nella mia vita mi è accad uto di assistere ad uno spettacolo cosl superbo come quello ch e voi mi offrite. Fra poche ore lascerò la !ostra città. P orto con me il ricordo vivo, palpitante, d i queste rad iose g iornate e non vi sembri org og lioso se affermo che fra voi e mc, fra Venezia l'erede di Roma, quella che dopo Roma ebbe l'impero più duratwo, ed il Governo nazionale si sia stretto un p atto ind issolubile Il Governo nazionale:, sorto dal pop olo, vuole vivere, soffrire, combattere col popolo. Siamo all'inizio di un nuovo grande periodo della storia nazionale, vi Sono fratelli che attendono e non saranno dimenticati. Ovunque siano questi nostri fratelli, al di là dei monti, dei mari, de ll'Oceano, noi porteremo con n oi il nostro travaglio. Oggi il ·Governo chiede al popolo l'obbedienza e la disciplina, ed il Governo promette di essere degno di questo onore e di q uesta stima,

Vi saluto col cuore di combattente, di camerata, di fratello.

Viva il re! Viva Venezia ! Vi"a l'Italia ! (Un delirio di appla111i 14/ul'!_ l a fine d el breve m a vibrante dù cor;o d el Pre;idenJe).

• A Venezia, il 3 giugno 1923, verso le 12, .Mussolini vis ita la Casa del fascio Il colonnello Barbieri, segretario dell a Federazione provinciale, gli.rivolge queste pa.ròle: «" Eccellenza, io vi porto il saluto ed il giuramento di fedeltà dei fascisti della provincia d i Venezia". Mussolini. gli s t ringe la mano e fa: "Bta ti o, .' So no queJIÌ i diuo rJi , b e pùtecio no- a me "». Alle 15.15, ! nel cimitero di Croce di Musile, dove rende omaggio alla tOffiba del capita no T ito Acerbo Alle 15,30, arriva in automobile a San Dooà di Piave.· Qui inaugura la nuova sede del municipio e detta, per una lapide che sani murata sulla faccia ta principale, queste parole : « Q 11i una vo/Ja ghmu il nemico Q 11i gli iJaliani gi11ra,10 rhe non arriverà mdi più » Alle 17, è a Treviso, Sull'dlbum d 'onore d el comu ne scrive : « Benilo t.1uuolhti 1J111a la rtrra Trevise, rhe un giorno f u bal11~do estremo della Patria )) , Compiuta una visita a Mur.ino, rientra a Venezia. Alle 20, nel salone napoleonico dell'ex palazzo reale, pru-tecipa ad un banchetto in suo o no re o ffe rto da l comune. Durante il banchetto, la sottostante piazza San Marco si g remisce di pop0lo acclamante al Presidente del Consiglio. Il quale appare al balcone del palazzo e pronuncia. le parole qui riportate. (Da Il Popolo tl' lralia, N. 1331 5 Biugno 1923, X) .

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