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3.3 Il caso di Livorno

Cremati ogni 1.000 morti per alcune città italiane (Colombo:2017)

Come evidenzia il grafico qui riportato delle percentuali di cremazione, è

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inderogabilmente Livorno a detenere un significativo primato, una sicura anomalia

italiana che cerchiamo in questa sede di analizzare meglio, per questo lavoro ci sarà

utile la monografia dedicata alla città di Catia Sonetti, Una Morte Irriverente (2007)

che risulta una fonte molto esaustiva malgrado la lacuna dovuta alla perdita

dell’archivio della società per la cremazione nell’alluvione del 1966. (Sonetti, 2007:28)

Seconda città è Milano che abbiamo analizzato già in apertura e che quindi preferiamo

sostituire all’analisi della città di Torino per la sua influenza e i suoi gruppi di potere interni.

3.3 Il caso di Livorno

Arriviamo con Livorno ad uno dei casi principe della nostra ricerca. Livorno ha

l’eredità di citta libera portuale e in fatto di cremazione alle élite sostituisce soprattutto

il proletariato urbano. Di sicuro è una città nota per il suo estro sovversivo che

contrappone anarchici e antifascisti a grandi borghesi e industriali oltre ad essere una

città dalla presenza multietnica particolare (come nel caso degli ebrei naturalizzati che

vedremo più avanti) e spicca soprattutto per il grande coinvolgimento femminile. A

livello bibliografico Livorno è una fonte interessante perché permette di spianarci la

strada sul piano storico attraversando le guerre mondiali e giungendo fino al tardo

Novecento.

Cominciamo dalla sua storia. Il fondatore, Federico Wassmuth, massone, è un

commerciante di origini tedesche appartenente alla comunità valdese e costituisce nel

1882 il primo nucleo dell'Associazione per la cremazione dei cadaveri.

Per avere un’idea del bilancio dei cremati basti sapere che gli iscritti passano dai 199

della fondazione ai 3.207 del 1911, dei quali ben 409 erano donne, mentre i cremati,

fra il 1885 e il 1918, sono 1.099. Gli uni e gli altri, in larghissima maggioranza,

appartengono alle classi popolari e politicamente erano schierati all’estrema sinistra.

È possibile individuare un carattere dominante in tutta la storia labronica, questo sta

sicuramente nella turbolenza dei suoi cittadini. Una città tenuta particolarmente

d’occhio dalle forze dell’ordine per una presenza massiccia di “sovversivi”, che si

faranno sentire per i moti del caro pane del 1898, per le dimostrazioni per Francesco

Ferrer, per lo sciopero contro il caroviveri a cui seguiranno negli anni del Fascismo

scritte sui muri, lancio di volantini, esposizione delle bandiere del movimento operario

alle manifestazioni di protesta vere e proprie come quella organizzata dai disoccupati

nel 1930 contro il locale ufficio di collocamento.(Sonetti:2007,30).

Operai, calzolai, falegnami, venditori ambulanti, barbieri, muratori, commessi,

manovali, barbieri, muratori, commessi, manovali, carrettieri, imbianchini, marinai,

spazzini, ferrovieri e stagnini rappresentano (in ordine di grandezza la componente

dominante dei cremati a Livorno, tutti appartenenti a ceti popolari a cui fanno seguito

bottai, camerieri, vetrai, pescivendoli, ortolani, stallieri, acquaioli, cenciai, scalpellini,

carrai, fattorini, lattaioli, arsellai, lavandaie e cocchieri. (Sonetti, 2007,137) Tra questi,

i facchini e i falegnami accanto a massoni e insegnanti saranno i più frequenti tra gli

iscritti alla Società di cremazione (Sonetti, 2007,32).

Cosa rilevare poi dello status di città portuale? La presenza in città di tanti piccoli

cimiteri nazionali ci da un’idea delle presenze che si sono aggirate in città: c’è un cimitero per i greci, uno per gli ebrei uno per gli inglesi e per gli olandesi-alemanni

(Sonetti:2007,139).

Inoltre, su questa mescolanza di popoli e civiltà, la storia ci dà una lezione particolare,

che rappresenta una chiave di volta nell’assetto cittadino. E cioè: già nel XV secolo, Livorno è una città slegata dal feudalesimo e si incammina verso un primato di polo

commerciale nel Mediterraneo. Leopoldo II favorisce l’insediamento degli ebrei (esuli sefarditi della Spagna e del Portogallo), concedendo loro la nazionalità toscana e il

diritto alla libera circolazione. I livornesi, quindi, avevano una storia, usi e costumi

diversi dalla comunità ebraiche locali: si sentono prima di tutto italiani, di cultura e di

lingua (Gianturco, Zaccai:2004,31). Questo sarà il germe verso la loro laicizzazione,

influente e compatta sarà poi la comunità di ebrei livornesi a Tunisi: li ritroviamo con

Vittorio Emanuele II che in accordo con la Reggenza di Tunisi concede a loro, italiani

a tutti gli effetti, di essere soggetti solo alla propria giurisdizione consolare con il diritto

di viaggiare liberamente e svolgere attività commerciali e industriali con garanzie

contro la concorrenza e del beneficio dell’extraterritorialità per le loro imprese. (Gianturco, Zaccai: 2004, 34) Questa presenza ebraico-livornese a Tunisi ci torna utile

perché questo gruppo connotato da uno spirito di élite appare strettamente legato ai

moti risorgimentali e agli eventi che successivamente portarono all’Unità d’Italia. Qui

vi troviamo soprattutto liberi professionisti, commercianti e intellettuali, legati a

Giuseppe Mazzini. Tra questi patrimoni c’erano gli animatori del comitato della Giovine Italia; un comitato di esuli che operava per sostenere dalla Tunisia le lotte per

l’unità d’Italia. La comunità livornese, inoltre, ebbe un ruolo determinante, all’interno

della collettività italiana, per il mantenimento dell’identità nazionale. (Gianturco, Zaccai: 2004,31). Si tratta di una presenza caratterizzante, ciò vale sia per la presenza

degli ebrei livornesi nei registri di cremazione in città sia per i legami con Tunisi. Con

un notevole salto temporale, possiamo ritrovare, ad esempio, il sindaco di Napoli

esponente del Partito Comunista Italiano Maurizio Valenzi, ebreo livornese a Tunisi

che, sepolto a Napoli è stato cremato nel 2009.1

Andiamo ora ad approfondire queste non poche premesse e gradatamente andiamo

anche a progredire con le datazioni fino al Fascismo e alla problematizzazione della

cremazione in quegli anni.

Analizziamo quindi dal principio tutte queste varie componenti.

La figura della presidenza di Federico Wassmuth è complessa. Le sue origini tedesche

sono alquanto articolate: la famiglia tedesca, della Baviera, emigrò a Schaffhausen in

Svizzera al tempo delle guerre di religione e un ramo della medesima si trasferì da lì in

Italia, prima a Napoli, dove aprì un'attività commerciale, e poi dalla città partenopea a

Livorno. Possiede una fabbrica di pipe e fonda una Società di soccorso per gli Svizzeri

1http://napoli.repubblica.it/dettaglio/napolitano-omaggio-a-maurizio-ma-il-pd-dimentica-il-sindaco-rosso/1661277 128

e un'assicurazione elvetica. Molte fonti lo collegano alla loggia Garibaldi e Avvenire e

al gruppo dirigente nazionale della massoneria (di rito inglese) (Sonetti, 2007:38).

Come mai la scelta di Livorno per Wassmuth? In un’intervista di Catia Sonetti a sua figlia Margherita, si parla di caso fortuito e giusto tempismo: giunge a Livorno in

quanto città libera poco prima dell’Unità d’Italia che farà perdere a Livorno uno status privilegiato, ecco le sue parole:

Diciamo che la mia famiglia era venuta giù per questioni commerciali. Cioè

erano quelle famiglie grandi che mandavano un figlio di qua, uno di là, a

curare gli interessi della famiglia. A quei tempi Livorno era un porto

importante e poi una zona libera, dove si poteva per l'appunto commerciare

senza grossi problemi, senza grandi spese (...). E diciamo che Livorno era una

zona molto importante dal punto di vista commerciale. Fino a quando l'Italia

non è diventata un regno unito, e sono state levate queste franchigie,

francamente Livorno era uno dei porti più importanti del Mediterraneo. Poi

è cominciato a decadere, perché a parità di costi, allora Genova diventava

più interessante. I miei avevano una ditta di trasporti, e avevano un'agenzia

marittima, e poi hanno fondato delle compagnie di assicurazioni.

Quello che però è importante analizzare è il suo legame con la Massoneria di tipo

simbolico e non scozzese: a Livorno non era una novità visto che si tratta della città

con più logge massoniche d’Italia. La posizione di Wassmuth canalizza quindi i dibattiti sull’igiene e la nascita delle prime società di mutuo soccorso. Quanto alla

massoneria, le prime logge risalgono agli inizi del Settecento, (1729 o 1734, non c’è certezza sulla datazione della prima loggia massonica). Il fatto che si trattasse del rito

simbolico non deve stupirci visto che il gruppo degli inglesi è presente a Livorno, fu

quindi naturale organizzare le regole della massoneria inglese a tre gradi. Indubbio

appare anche il ruolo dell’ebreo Joseph Attias .

D’altro canto però, anche la Baviera offre spunti interessanti e si ricollega ad una tradizione massonica più democratica e quindi, a seguito degli ideali giacobini della

Rivoluzione Francese, più facilmente posizionabile verso idee radicaliste. (Sonetti,

2007:37) A Livorno quindi, nelle file della Massoneria, che abitualmente è restia ad

una presenza popolare, vede qui concretizzarsi la presenza di massoni di classi sociali

non elitarie (Sonetti, 2007:45). Non a caso poi, per quanto riguarda le cremazioni, nel

1906 la quota di iscrizioni di 3 lire viene abbassata a 1 lira, per allargare il numero dei

soci, che già ammontavano a 1.170 uomini e 152 donne. (Sonetti: 2007,80).

Per quanto riguarda gli ebrei, secondo le fonti di Sonetti, è di 22 defunti presenti nel

cimitero israelitico della città, eppure, almeno dalle sue stime ve ne sarebbero altri 41

risalendo alle origini dei cognomi. Di questi, solo 6 sono donne. Questi dati si

concentrano soprattutto nell’Italia liberale. Il dato può comunque essere dubbio visto

il loro forte grado di assimilazione (Sonetti: 2007,143-144). Gli ebrei nel Settecento

rappresentano il 15% della popolazione. Secondo gli studi condotti da Michele Luzzati,

dalla prima guerra mondiale in poi comincia a diffondersi nella città la figura

dell’operaio ebreo, facendo sì che la comunità ebraica livornese fosse ancor più ancorata alla composizione sociale specifica della città. Il processo di integrazione

degli ebrei nella città, anche dal punto di vista della compattezza sociale, li rende

protagonisti e partecipi attivi del movimento risorgimentale prima, dell’ideologia liberale poi, fino all’adesione di istanze fortemente anticlericali e laiche, tra cui la cremazione. Essa infatti aveva il valore di una scelta paradigmatica che, come

ripartiamo, non è stato però possibile verificare da un punto di vista quantitativo.

(Filippa: 2001,75).

Quanto ai colori politici della città possiamo notare che, per i primi anni di questa

ricerca la massoneria fu una componente trasversale a tutti gli schieramenti, fu il vero

e proprio gruppo egemone. All’inizio il potere amministrativo è in mano ad esponenti

crispini, per poi passare nelle mani dei rappresentanti della borghesia radicale nel 1894.

Questa è un’esperienza breve perché il comando ritornò in mano al partito liberal-

monarchico. A partire dal 1903 le diverse giunte comunali dovettero comunque tener

conto dell’opposizione dei consiglieri socialisti entrati con alcuni rappresentanti nel Consiglio. Intanto compare anche una Camera del lavoro sindacale, minoritaria ma

agguerrita con una radicalizzazione del conflitto sociale sul tema della guerra e la

comparsa sulla scena dei comunisti. (Sonetti, 2007:33)

I socialisti vinceranno le elezioni del 7 novembre del 1920, con Umberto Mondolfima

nel 1922 sarà scacciato dal Fascismo.

Bisognerà attendere il 19 luglio del 1944 per aspettare la liberazione della città.

(Sonetti: 2007,29-30)

C’è da dire che il Fascio in città è coltivato dalla ricca borghesia, mentre il proletariato

non abbandona il dissenso. Negli anni del ventennio le manifestazioni di opposizione

al regime non mancano, c’è consistente partecipazione alla guerra di Spagna sul fronte repubblicano ed è capillare l’organizzazione della raccolta fondi per il soccorso rosso,

l’organizzazione clandestina nel partito comunista che, stroncata da una parte, risorge

con un altro gruppo di militanti da quell’altra, fino alla organizzazione degli scioperi del ’43, particolarmente diffusi nelle fabbriche della città e della provincia, dimostrano

che i fascisti non riuscirono mai ad egemonizzare fino in fondo la componente operaia

e popolare. (Sonetti, 2007,31).

Con la fine della guerra, il Partito comunista, vince le elezioni. Ma negli anni del

Fascismo, la So.crem resta il luogo di ritrovo di una irriducibile militanza laica che

attraverso il rito dell’incenerimento dei cadaveri e le connesse pratiche funerarie riesce ad esprimere un “antifascismo esistenziale”. Catia Sonetti documenta che nel periodo 1919-1945 la percentuale dei cremati rispetto al numero dei defunti è del 5,90 % a

fronte dell’1,41% del periodo 1885-1918. In più nel 1928, su venti membri del

consiglio d’amministrazione della Socrem, tredici venivano definiti nei rapporti della polizia politica ‘repubblicani e massoni’ e tre ‘socialisti’. (Conti in Sonetti: 2007,15).

A ben vedere poi, un nostro sopralluogo a Livorno rivela quanta militanza ci sia nella

contrapposizione dei cimiteri: alla Cigna, sulle lapidi dei defunti appaiono falce e

martello, sciarpe garibaldine e simboli massonici ma anche lapidi commemorative

delle vittime del nazifascismo (una presenza così esplicita appare un unicum di tutti i

cimiteri da noi visitati). Il tutto all’insegna della compostezza greca e di alcune statue

commemorative sobrie e candide in contrapposizione ad altri cimiteri cittadini, in

particolare al cimitero della Purificazione che ospita le tombe della famiglia Ciano e

Fabbricotti (una ricca famiglia di imprenditori marmisti legata al Fascismo), un

cimitero dove campeggia un’enfasi della morte fatta di pianto, dolore, aquile e simboli

militari.

La scelta cremazionista si rafforza dunque del suo connotato antagonista. Si apre così

dunque un nuovo capitolo di questa pratica. Come vedremo a breve analizzando il

periodo fascista, la pratica della cremazione viene si osteggiata dalla comunione tra

Fascismo e Patti Lateranensi ma rimase una pratica legale abbracciata sia da anti-

fascisti che da ebrei e il numero delle donne che scelgono la cremazione aumenta

sensibilmente. Le città internazionali degli esuli antifascisti sono tra l’altro, Parigi,

Lugano, Buenos Aires, Marsiglia, Basilea, Lione, Londra, Zurigo, New York, Londra.

È bene tenerlo a mente per verificarne gli andamenti crematori. (Filippa: 2001,132)

Riportiamo dunque delle immagini da Livorno dal cimitero La Cigna.

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