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3.1 Gli esordi cremazionisti: Milano e la Massoneria come spinte iniziali

che dedico la sua vita all’idealismo e all’anticonformismo rimase nella storia. (Davies,

Mates: 2005, 374-375). Shelley, protestante inglese sarà poi sepolto a al fianco della

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tomba di John Keats nel cimitero acattolico di Roma.

Si tratta di un episodio isolato, quasi fortuito e privo per molto tempo di alcun seguito,

la morte di un libertino, artista, in quanto tale un’anomalia.

Passeranno 25 anni prima della cremazione di Alberto Keller con alle spalle una

struttura associativa e il fondamento scientifico di un crematorio ufficialmente

riconosciuto.

3.1. Gli esordi cremazionisti: Milano e la Massoneria come spinte iniziali.

Nel 1876, il Cimitero Monumentale di Milano è il teatro della prima cremazione

(ufficiale) della storia d’Italia e d’Europa, per la verità il caso italiano anticipa anche

gli Stati Uniti, dove la prima cremazione, quella del Barone de Palm che avverrà in

Pennsylvania nel dicembre dello stesso anno (Prothero, 2001:15) .

Un’avanguardia, quindi. È in realtà il traguardo di un sistema di lobbying cremazionista ben più datato. La salma di Alberto Keller, giace imbalsamata da due anni e il suo

incenerimento è accompagnato da una grande propaganda abilmente canalizzata per la

presentazione della nascente Società Crematoria di Milano. Ma andiamo con ordine in

una ricostruzione dove si notano molti elementi interessanti.

Il 22 gennaio 1874, muore a Milano l’industriale e commerciante di sete Alberto Keller. Affiliato alla massoneria, svizzero di origini nobili e di credo protestante. Fin

dal 1872, con una lettera indirizzata a Giovanni Polli, manifesta il desiderio che le

spoglie mortali vengano cremate (Conti, Isastia, Tarozzi, 1998: 18) stanziando una

somma di diecimila lire per sovvenzionare sperimentazioni tecnologiche per dare un

crematorio al cimitero comunale di Milano. Aggiunge altresì che chiunque manifesti

dopo di lui la volontà di essere cremato, contribuisca a versare una quota associativa

affinché le spese di mantenimento del crematorio possano essere sostenibili. Al

momento della morte di Keller nel 1874, né il Municipio e il Ministero dell’Interno concedono l’ autorizzazione: il Codice Sanitario Nazionale non è ancora promulgato e

la cremazione non è ancora legalizzata. Così, in attesa dell’autorizzazione governativa, il corpo di Keller venne provvisoriamente imbalsamato e definitivamente ubicato

nell’ala acattolica del Cimitero Monumentale di Milano.

Polli intanto, con l’ausilio di Clericetti, riprese gli esperimenti su cadaveri animali per mettere finalmente appunto un procedimento che consentisse di effettuare le

cremazioni con tutte le garanzie igieniche tecniche ed economiche. Si noti che, in

quegli anni, imbalsamazione e cremazione sembrano alquanto simili per gli uomini di

scienza: nella cremazione non avviene alcuna distruzione ma si crea un’ascesi minerale

del corpo. Il risultato di cremazione e imbalsamazione sembra equivalente in quanto

producono disidratazione. Nel 1872, sono due futuri apostoli della cremazione, Gorini

e Bertani (quest’ultimo fonda nel 1904 il Partito Radicale). Essi effettuano, presenti

anche Lemmi e Campanella l’imbalsamazione della salma di Mazzini. Né pare casuale

che uno degli ultimi scritti dello stesso Gorini, inventore del forno crematorio che porta

il suo nome, sia l’accorata difesa di Motta che aveva elaborato un processo di metallizzazione dei corpi. Accanto alle fascinazioni alchemiche, la cremazione viene

difesa da quanti sostengono la scienza e il progresso. Nella loro azione si coglie il

riflesso potente dei principi del materialismo naturalistico diffusi nelle élite intellettuali

del periodo: gran parte degli accademici, degli ingegneri e dei medici diventeranno

convinti cremazionisti. La materia, inorganica ed eterna, diventa la sostanza necessaria

a giustificare l’esistenza dell’universo. (Tartari, 1996:122)

Il 26 maggio 1874 la periodica “assemblea costituente” delle logge massoniche del

Grande Oriente d’Italia (GOI) approvano un ordine del giorno che impegna le logge stesse a promuovere la cremazione. Nel corso del 1875 una modifica del regolamento

sanitario nazionale rende possibile, sia pure in casi eccezionali, l’esercizio della

cremazione. Infine, a due anni esatti dalla morte, il 22 gennaio 1876, a Milano, la salma

di Alberto Keller viene cremata nel corso di un’imponente cerimonia. Keller è un uomo molto conosciuto in città per le sue attività filantropiche. Per le sue esequie

intervengono vari oratori, fra i quali il pastore evangelico Paira che tiene un discorso

in francese, sottolineando gli aspetti positivi della cremazione dal punto di vista

religioso. (Comba, Vigilante, Mana: 1998, 191). Secondo quando ci riferisce Felice

Dell’Acqua, Paira parlò della cremazione in rapporto colla religione, dimostrando

come questa non è attaccata alle forme transitorie dei funerali, e non potea ripugnare

quella forma inusitata che nella rapida dissoluzione del corpo gli offriva l’immagine

della fugace esistenza della materia, e nella fiamma struggitrice poteva vedere il

simbolo dell’anima che sciogliendosi dal corpo si slancia verso il cielo purificata e immortale. (Filippa: 2001, 83)

Si noti che, la Massoneria, terminato il suo ciclo entropico per la profusione del

Risorgimento Italiano in favore di una cospirazione per l’Unità d’Italia, per restare in auge si appiglia a nuove battaglie, questa volta, affermando i principi di laicità e scienza

sulla società di cui fa parte anche l’implementazione della cremazione.

È da notare che la Massoneria in Italia assumerà toni anticlericali nei confronti della

Chiesa Cattolica Romana pur tollerando in generale tutte le religioni pur ribadendo una

laicizzazione della società. In particolare, la Massoneria, si scinde in due

macrotipologie: quella di rito simbolico dal laicismo più radicale e quella di rito

scozzese che ammette tutte le religioni e le considera eguali. In particolare si noti che

nel protestantesimo italiano fra fine Ottocento e primo Novecento, Teofilo Gay,

valdese di nascita, prima pastore metodista e poi attivo nella sua comunità originaria,

si è fatto iniziare nel 1877 dal supremo Consiglio di Torino. La Chiesa metodista

episcopale in Italia, emanazione della Chiesa episcopale americana, favoriva

sistematicamente l’iniziazione di tutti i suoi pastori, quindi il suo caso non deve essere isolato. (Tartari: 1996, 203).

In occasione della cremazione di Keller, viene creata a Milano la prima Società per la

cremazione italiana sfruttando l’onda propagandistica delle esequie dell’industriale svizzero: la maggior parte dei primi soci – circa 300 nel 1881, 705 nel 1893 - sono di

sesso maschile, sono in particolare membri che si rispecchiano in un’ideologia democratico-radicale. Le cremazioni passano dalle 8 del 1877 alle 66 della media

annuale degli anni Novanta. La Massoneria è presente al vertice della Società di

Milano. Infatti sia il presidente, il medico Malachia De Cristoforis (fratello del

garibaldino Carlo), che il segretario, Gaetano Pini, impegnato nella lotta contro il

rachitismo ne furono membri (Della Peruta in Conti, Isastia, Tarozzi: 1998, XIV).

Per avere un’idea dei primi apprezzamenti della pratica crematoria, riportiamo qui le parole di Cesare Goldman, il promotore della costruzione del Tempio crematorio di

Torino:

Nel settembre del 1881 era morto il mio unico fratello. Era quello il primo lutto

che, me vivente, colpiva la mia famiglia. Al dolore che ne provai si aggiunse in

me una vera angoscia pensando allo strazio che il corpo del mio fratello

avrebbe dovuto subire prima di essere, per anni ed anni, distrutto dalla lenta

corruzione della terra […]. Per calmare la mia disperazione mi recai un giorno ad assistere ad una cremazione nel cimitero di Milano, dove già era sorto, per

iniziativa di Alberto Keller, il primo crematorio in Italia. L’impressione che

provai assistendo alla austera cerimonia fu delle più confortanti, e mai

dimenticherò il senso di sollievo che sorse in me quando, a cerimonia ultimata,

vidi le bianche ceneri, chiare, nitide, pulite, quasi direi divinizzate rimanere

quale ultima traccia dell’Estinto, mentre il fuoco purificatore aveva, in breve ora, restituito alla natura tutta la parte meno attraente del cadavere sottraendo

le venerate spoglie all’ingiuria delle infezioni atroci. Fui allora veramente arso

dal desiderio di estendere a Torino – mia patria di elezione – la civile funzione

dell’incenerimento delle salme e, approvato dal nostro rapporto con Gaetano Pini e con Malachia De Cristoforis che furono veramente i valorosi precursori

della civile iniziativa per l’Italia. (Comba, Nonnis Vigilante, Mana: 1998, 5-6)

Per quanto riguarda il rapporto tra cremazione e politica, la questione appare alquanto

accesa: è il 1888 quando il Governo Crispi (il primo governo di Sinistra dell’Italia Unita) a promulgare il codice di leggi che promuove la cremazione. Ma nella

storiografia, è curioso notare che c’è la convinzione di accreditare l’idea che la cremazione abbia potuto diffondersi in Italia solo dopo l’ascesa al potere della Sinistra.

Con ciò tentando di dare fin da subito una connotazione ideologica progressista e

rivoluzionaria a una pratica che per la sua natura intrinseca non poteva evidentemente

trovare sostegno nelle vecchie classi dirigenti di stampo moderato e conservatore.

(Conti, Isastia, Tarozzi: 1998,19). Infatti, già nel 1877, Giovanni Nicotera, adatta un

primo provvedimento in favore della cremazione: attribuisce non più al ministro ma al

prefetto, la facoltà di autorizzare la cremazione accelerando così l’iter burocratico. Ma la retrodatazione dei meriti di Nicotera e della Sinistra operata da Pini e De Cristoforis

appare rivelatrice del preciso intendimento dei promotori della cremazione,

specialmente il gruppo originario lombardo, di dare un’etichetta politica progressista a

un movimento che altrove avrebbe raccolto consensi anche in ambienti

gerarchicamente liberali e in gruppi sociali e professionali non sempre orientati in

senso democratico e radicale. Sempre molto netta e decisa sarebbe stata invece la

connotazione laica dei cremazionisti, con punte qua e là di viscerale anticlericalismo,

che si sarebbero accentuate negli anni a venire con la condanna ufficiale da parte della

Chiesa del nuovo metodo di distruzione dei cadaveri. Ma anche l’impegno per la

laicizzazione della società italiana nello scorcio conclusivo dell’Ottocento e all’inizio

del Novecento non fu appannaggio esclusivo delle forze di sinistra e trovò anzi convinti

sostenitori in parecchi esponenti del mondo liberale che per le loro posizioni in campo

economico e politico potevano sicuramente essere definiti conservatori. (Conti, Isastia,

Tarozzi: 1998,20)

Il giorno stesso della cremazione di Keller, nelle strade di Milano circola un manifesto

in cui si incoraggia la volgarizzazione della riforma. L’8 febbraio successivo un’assemblea di circa duecento persone, per discutere e approvare lo Statuto che segnò la costituzione ufficiale della nuova società. Questo associazionismo, è sulla carta,

aperto alla partecipazione delle donne, ma strutturalmente, la loro presenza sarà sempre

minoritaria: su un elenco di 190 soci promotori dell’associazione milanese le donne risultavano essere appena 28 per 14 di esse erano legate a vincoli parentali

condividendo o accettando scelte del partner o della tradizione famigliare. Motivo per

cui, nel movimento cremazionista milanese non ci sono figure femminili ai vertici.

Per quanto riguarda la quota associativa, anche su base rateale, la tariffa rispecchia

matrice essenzialmente borghese, pressoché chiusa, almeno in questa fase, alla

partecipazione dei gruppi sociali più bassi. C’è dunque una consapevolezza di essere un movimento di nicchia, di una ristretta élite di idee che fronteggiava pregiudizi e

credenze delle masse (Conti, Isastia, Tarozzi: 1998, 26-28).

È da notare che, in particolare, l’esaurimento degli ideali risorgimentali, il nascente nazionalismo, un atteggiamento più morbido delle istituzioni statali nei confronti della

Chiesa, l’estensione del suffragio sono in Italia elementi che tendono a marginalizzare

le élites cremazioniste, la cui influenza scema gradatamente all’interno dell’apparato pubblico e della rappresentanza parlamentare. Ma più ancora una nuova concezione

della scienza e della natura, attraverso più evolute epistemologie, sconfessa la

possibilità di una visione ottimistica e lineare dell’evoluzione. Nella sensibilità estetica nascono infine nuove inquietudini che fanno apparire il mondo pieno di incertezze e di

contraddizioni insolubili. (Tartari, 1996:125)

In quest’ottica, anche una certa idea di abolire in toto i cimiteri, viene accantonata verso

una più conciliante visione dei cimiteri laicizzati. È così che quindi le idee del senatore

Morelli (Della Peruta in Comba, Isastia, Tarozzi: XIII) vengono ammorbidite e si

accetta l’idea di inglobare i templi crematori nei cimiteri.

A Milano, il Tempio Crematorio si trova nel Monumentale alle spalle del sontuoso

famedio e dell’ossario, in un cimitero dalla borghesia opulenta fatto di statue bronzee

e marmoree di personalità di spicco, il tempio crematoio si compone di colombari

stretti e discreti, quasi delle tessere di un mosaico, che nel loro insieme e nell’essere distaccate dalle altre tombe e vincoli familiari, hanno un’immagine militante, tutti lì riuniti acquisiscono il ruolo di testimonials per chi vorrà intraprendere la cremazione.

Una via che sembra più equa e igienica.

Eppure l’ostruzionismo sarà spesso forte. Tra le grandi occasioni mancate, la

cremazione di Garibaldi, che espresse la volontà testamentaria di essere arso (non

cremato) nell’isola di Caprera clamorosamente disattesa per l’opposizione della famiglia. Un problema questo, che la leadership cremazionista avrebbe riproposto più

volte negli anni a venire, consapevole che l’incenerimento della salma del generale,

come si poteva leggere in un documento del comitato centrale della Lega del dicembre

1882, avrebbe potuto “esercitare influenza grandissima sul movimento delle opinioni

morali del popolo nostro” (Conti, Isastia, Tarozzi:1998,54).

Dopo inter parlamentari interrotti, il governo di Sinistra di Crispi approntò nel 1888 il

testo sulla riforma sanitaria del Regno d’Italia che vedeva di fatto la legalizzazione della cremazione. Ciò fu una conquista malgrado la scomunica nel 1886 da parte della

Chiesa Cattolica ai cremati e ai movimenti connessi. Questo indebolisce alcuni soci

che non disattendono le volontà dei loro congiunti o che si defilano. Si radicalizza

dunque il rapporto antagonista tra Chiesa e cremazione, altrimenti declinato come

tradizione e progresso, credenze e anticlericalismo di forze radicali e massoneria.

Il surclassamento del divieto religione appare interessante. Come osserva Dino

Mengozzi, si nota sullo sfondo una convergenza intorno a una piattaforma

rivendicativa che punta all’introduzione nella legislazione dello Stato di principi laici,

a partire dalla legislazione, all’istruzione e a aspetti di costume quali battesimi, matrimoni e funerali civili, esercitando pressioni, in materia d’interramenti, affinché avvenissero senza tener conto di differenze religiose. Questa matrice anticlericale ma

sostanzialmente deistica evolveva negli anni ’70 sotto la spinta dell’internazionalismo verso posizioni antimetafisiche e atee miranti a porre fine all’influenza della religione sulla società e sullo Stato. Garibaldi, presidente della Società italiana del libero

pensiero, è il tramite dell’evoluzione della democrazia risorgimentale verso posizioni di contestazione della religiosità mazziniana. Il distacco si ha dopo la morte di Mazzini,

nel 1872, quando nel movimento repubblicano andarono accentuandosi il laicismo e

tendenze positivistiche, laiche e anticlericali. (Mengozzi, 2000:98)

Ad ogni modo, la legge sanitaria crispina, approva la concessione gratuita da parte dei

comuni delle aree per adibire i crematoi all’interno dei cimiteri, luoghi in cui è possibile custodire le urne cinerarie in colombari o in templi appartenenti ad enti morali

riconosciuti dallo Stato.

Il regolamento della polizia mortuaria del 11 gennaio 1891 fissa i parametri per il nulla

osta alla cremazione con l’autorizzazione dell’ufficio dello stato civile del luogo del decesso, la presentazione di un certificato medico escludente il sospetto di delitto, ed

un estratto di disposizione testamentaria lasciata dal defunto (o, in sua mancanza, una

domanda dei parenti più prossimi). (Della Peruta in Conti, Isastia, Tarozzi: XV) in più

con il periodo di osservazione dei cadaveri dalle 24 alle 48 ore è reso obbligatorio per

scongiurare l’eventualità della morte apparente, che in quel periodo era una narrazione

molto frequente tra le credenze della comune morale. (Tartari, 1996:119).

L’unica incongruenza che ancora si può obbiettare, è di natura medico-legale. Secondo

Ferdinando Coletti (Professore Ordinario di Farmacia presso l’Università di Padova).

Egli sostiene che la quasi totale distruzione dei cadaveri mediante la cremazione,

avrebbe di fatto impedito tutte quelle indagini medico-legali necessarie ai fini

investigativi che venivano reputate utili per accertamenti dilazionati nel tempo

successivo al decesso. E questa può essere un’obiezione decisiva per le argomentazioni della cremazione (Conti, Isastia, Tarozzi: 1998, 8). Contro questa lecita obiezione si

legifera con il successivo regolamento mortuario del 1892, prescrivendo in caso di

cremazione di una dichiarazione del medico curante congiunta a quella del medico

necroscopo, per sgombrare ogni residua perplessità.

Sullo sfondo, le condizioni igieniche in Italia appaiono ancora retrograde dal punto di

vista dell’igiene a confronto con altre realtà europee. C’è una netta divisione tra il nord e il sud del paese, ma anche l’industrializzazione del nord non aiuta a sanare certe criticità. Per avere un quadro della situazione, Della Peruta nota che (in Conti, Isastia,

Tarozzi:1998,XI) la mortalità resta elevata fino al 1886, quando inizia a migliorare

timidamente. Nel 1851 muoiono 30,5 morti per ogni 1,000 abitanti, il quoziente fu di

31,06 nel 1862, di 29,84 nel 1870, di 30,57 nel 1880, per scendere poi a 26,32 nel 1890

e a 22,25 nel 1903: le performance peggiori sul declino si attestano soprattutto al Sud.

In generale, a morire sono soprattutto i bambini fino ai 5 anni che rappresentano il

48,8% dei morti complessivi nel triennio 1863-65, percentuale che resta stabile fino al

1890. Un’inchiesta governativa del 1885-86 sancisce che questi deficit sono dovuti

soprattutto ad una scarsa qualità della medicalizzazione: persiste ancora un carattere

ascientifico in molte pratiche mediche e si riscontra un’arretratezza delle strutture

ospedaliere e assistenziali e soprattutto la condizione primitiva del paese in fatto di

infrastrutture igieniche.

Lontano dalle élite cittadine, il lavoro di sensibilizzazione appare lungo. Emerge infatti

che, con la circolare del 14 luglio 1910 la Direzione generale della sanità pubblica

interroga i prefetti del Regno sulle pratiche della cremazione adottate. In 37 province

su 69 emerge che il principio cremazionista è completamente sconosciuto: si tratta di

tutte quelle del Mezzogiorno e delle isole con l’eccezione di Napoli, mentre all’opposto nel centro-nord la diffusione è abbastanza capillare, in quanto mancano associazioni o

impianti crematori municipali solo in alcune province dell’area lombardo veneta

(Sondrio, Belluno, Rovigo e Treviso), dell’Emilia-Romagna e delle Marche (Parma,

Reggio-Emilia, Pesaro e Macerata), della Toscana (Massa, Lucca e Grosseto). In

alcune di queste città sono state attive in passato società o comitati, che però avevano

cessato di esistere, mentre in altre erano tuttora presenti dei sodalizi più o meno

numerosi che non erano tuttavia riusciti ad edificare alcun impianto crematorio (è il

caso di Vicenza, Piacenza, Forlì, Ancona e Napoli). Undici associazioni infine avevano

ottenuto il riconoscimento giuridico (Arezzo, Bologna, Genova, Livorno, Milano,

Napoli, Novara, Pavia, Pisa, Torino e Venezia), e due, quella di Alessandria e

Bergamo, lo avevano chiesto e mai ottenuto. (Conti, Isastia,Tarozzi: 1998,82).

Per avere un’idea geografica della cremazione, riportiamo qui le associazioni aderenti

alla federazione italiana per la cremazione e il numero degli iscritti (1907) (Conti,

Isastia,Tarozzi: 1998, 76) in base alla popolazione residente nelle città in esame sui

dati del censimento del 1901.

Associazioni Iscritti Tasso di iscritti sulla

Asti

Bergamo

Bologna

Ferrara

Firenze

Genova

Mantova

Modena

Monza

Novara

52

53

750

90

436

304

93

123

70

149

popolazione totale

residente (per 1.000 ab)

2,8

1,2

6,0

2,5

2,7

1,9

3,1

4,3

2,5

5,5

Pistoia

Torino

Venezia

200

525

130 9,6

1,8

0,8

Scendendo nei particolarismi dei dati amministrativi, ci è possibile censire in molti casi

le professioni dei cremati. In una prospettiva alla Durkheim, la divisione funzionale dei

lavoratori ci permette di evidenziare i gradi di penetrazione negli ambienti urbanizzati

dove, la differenziazione delle società permette lo sviluppo di nuove professioni e il

cambiamento. In questo quadro, la formula vincente della cremazione dovrebbe

avvenire tanto più se aumentano le classi meno abbienti alla pratica cremazionista. Il

quadro appare per la verità ancora elitario, per quanto, molti commercianti e piccoli

liberi professionisti si avvicinano a questo rito come pure bohémiens e salariati dello

stato di estrazione alto-borghese.

Tra il 1876 e il 1910 dunque in particolare troviamo tre grandi raggruppamenti pro-

cremazione:

 possidenti e benestanti costituiscono il 22,4% del totale

 gli impiegati, gli insegnanti e i pensionati il 16,1%

 commercianti, negozianti ed esercenti il 12,4%.

A questa larga base possiamo aggiungere alcuni casi minori, il 7,5% di professionisti,

il 2,9% di professioni minori (farmacisti, geometri, ragionieri, periti, dentisti,

veterinari, levatrici, pubblicisti e commercialisti), il 2,3% di funzionari e burocrati, il

2,7% di imprenditori e banchieri e il 4,4% di militari, per lo più ufficiali di grano

relativamente elevato.

Da questa indagine risulta che è la fascia medio alta della gerarchia sociale a detenere

l’ideologia cremazionista con una prevalenza di impiegati pubblici e detentori di rendita.

Il restante 30% si ripartiva fra un 8% di artigiani, un 4,2% di operai e lavoratori

manuali, un 4,4% di addetti a servizi tipicamente urbani, quali i domestici in genere, le

lavandaie, i birocciai, i fiaccherai, i portalettere, i facchini, i cuochi, i fattorini, eccetera.

Molto nutrito, il 7,8% del totale, era anche il gruppo dei senza professione, nel quale si

sono inseriti i bambini, ma anche e soprattutto le massaie, le casalinghe, le attendenti

in casa, i civili e i ricoverati. Studenti e artisti, rispettivamente con l’1,5 e l’1,6 per cento, costituivano un nucleo relativamente esiguo ma capace di rendere testimonianza

del discreto successo che la cremazione. Non mancano alcuni sacerdoti: a Bologna,

Firenze e Livorno si trattava di pastori evangelici; negli altri due, entrambi registrati a

Milano, i cremati erano preti cattolici, anche se per uno di essi si usava la duplice

significativa definizione di “sacerdote e fisico”. Dai numeri non c’è insomma particolare defezione dal mainstream delle posizioni centrali della Chiesa di Roma,

anche se d’altra parte minoranze come quella protestante ed ebraica abbracciarono i riti cremazionisti anche per avvalersi di posizioni progressiste in contrasto con la

tradizione cattolica. Clamoroso è soprattutto il caso ebraico che pure si distacca da una

certa tradizione conservatrice sposando ventate di ebraismo riformato proveniente

dagli Stati Uniti. (Conti, Isastia,Tarozzi: 1998,92) Infatti, a differenza di quanto

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