1.7. Verso il fascismo “Alba Trentina” intanto continua le sue pubblicazioni, anche se non mancano i chiari di luna. Eja eja alalà, proclama l’editoriale che apre il settimo anno. «Ci sia lecito salutare l’aurora del nuovo anno con questo augurale grido, col quale, non senza lieto auspicio, l’anno scorso abbiamo salutata un’era nuova. E l’era nuova è spuntata, all’ombra del fatidico fascio littorio, che Roma rediviva solleva, sopra le piccole e dilaniatrici lotte di parte, nel lume della vittoria, L’Alba Trentina, adunque, che fu sempre sopra e fuori d’ogni partito, esulta nella trionfale marcia del fascismo, perché in esso vede l’Italia nuova che sorge alla conquista del suo legittimo posto fra le grandi nazioni sorelle. È questa la via segnata dalla Provvidenza a questa nostra benedetta e diletta Italia, che unica depositaria della grande anima romana, fatta di equità e di magnanimità, è la più degna di amore e di rispetto tra le dominatrici del mondo. All’ombra adunque del fascio littorio, l’Alba Trentina saluta festosamente il suo settimo anno di vita. Essa è conscia dell’alta sua missione che è base al suo programma, come delle gravi dificoltà che troverà sul suo cammino. Ma tutto vince l’amore, e quel sacro amore alla nostra Patria, che nella sua onorata povertà, fu sempre l’unica sua ricchezza, l’animerà a tutti i cimenti, che specie quest’anno non mancheranno»135.
Dopo i giorni della guerra e della redenzione il percorso del sacerdote e dei suoi accoliti trova dunque esplicita convergenza in quello del fascismo, nel «fatidico fascio littorio» che riecheggia «i fatidici vati» verdiani, a conferma della saldatura che Rossaro ha da tempo teorizzato fra risorgimento e redenzione, una redenzione insita nella storia segnata dalla provvidenza, che si manifesta nella romanità rediviva, nell’Italia nuova, nel sacro amore per la Patria, nella trionfale marcia del fascismo, per riprendere alcuni tasselli verbali già sperimentati e ora più chiari. Abbiamo infatti più volte evidenziato i prodromi di questo percorso, sottolineando l’affabulazione sacra e profana, le parole d’ordine del patriottismo interventista, le posizioni radicali in riferimento all’Alto Adige, l’idea di preparare «un’Italia nuova per l’esercito che tornerà vittorioso» riecheggiata dal “Popolo d’Italia”, e dall’uomo che la provvidenza chiamerà a guidare i destini della nazione. La tematica della valorizzazione della guerra contro i sovversivi, gli ex neutralisti, i tiepidi, i disposti a rinunce sul piano della politica estera doveva coinvolgerlo, per così dire, «naturalmente», scrive lo stesso Rasera. «Il suo non fu un fascismo di comodo, un aggancio opportunista al carro del vincitore. Fu l’adesione motivata di un nazionalista “di conine”, che vedeva nel 135 [a. rossaro], “Alba Trentina”, VII/1-2 (1923), pp. 1-2.
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