DALLA BAIA DI ASSAB ALL'A.F.I.S. STORIA. DELLA COLONIZZAZIONE ITALIANA IN AFRICA ORIENTALE

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[…] “E’ vero che si sono fatti grandi progressi verso l’interno dell’Africa, ma sembra a me che sarebbe tempo di smettere le esplorazioni di singoli individui, che del resto hanno egregiamente servito per squarciare gran parte del velo che copriva questo paese, e far succedere a questi nobili sforzi parziali, l’azione comune dei capitalisti colla costruzione di vie ferrate nei luoghi più popolati e ricchi. Le spese che si dovranno fare per aprire queste vie saranno, non dubito, largamente compensate dai vantaggi che se ne ricaveranno.” […] Quando finalmente realizza che la sua idea di libertà dai negrieri è un utopia e gli stessi egiziani si sostituiscono ai precedenti aguzzini, Gessi cerca di rientrare a Khartum con i suoi soldati e le relative famiglie, ma l’odissea del viaggio che ne segue termina con la morte di quasi tutti i protagonisti Gessi compreso.26 La caratteristica comune dei tre viaggiatori che abbiamo citato è quella che tutte e tre le vicende esposte hanno carattere assolutamente individuale e che nulla hanno a che vedere con le fasi storiche che in questo periodo assillano gli italiani impegnati nelle varie fasi del Risorgimento. La lotta per l’indipendenza e l’unità nazionale è troppo impegnativa perché l’argomento della penetrazione in Africa possa far breccia nei governi nazionali. Quelle che abbiamo affrontato finora possono definirsi vicende pre-coloniali e sono servite a darci un’idea di come il continente africano sia sempre stato una calamita nei confronti degli europei (nel nostro caso degli italiani) per diversi motivi: spirito d’avventura, ricerca geografica e scientifica, questioni politiche, interessi economici, motivi di prestigio hanno influenzato ed attratto molte persone del vecchio continente spingendole a compiere azioni che altrimenti difficilmente avrebbero compiuto. Da questo momento in avanti, ci occuperemo di persone e fatti collegabili direttamente a forme, anche embrionali, di colonialismo e più specificamente dell’attività coloniale italiana nel Corno d’Africa, che altro non è che il naturale proseguimento del sentiero tracciato da Piaggia, Miani e Gessi.

1.2. Le colonie penitenziarie e il fattore migratorio.

La domanda più pressante che rimbomba nella testa di chi si avvicina all’argomento del colonialismo italiano è sicuramente questa: perché un paese di così recente formazione, con gravissimi problemi al suo interno, quali la non ancora completata e faticosa unificazione nazionale, una disastrosa disparità economica tra il nord ed il sud del paese ed un’economia per il 75% legata ad un’agricoltura arretrata, decide di intraprendere un avventura costosa in termini di risorse e con risultati positivi tutt’altro che certi? A questo quesito si è risposto spesso, almeno fino al termine del secondo conflitto mondiale, che le motivazioni principali che spinsero questi uomini della metà del XIX secolo alla ricerca di una colonia erano _______________________ 26 R.

Battaglia, La prima guerra d’Africa, Einaudi, Torino 1973, Pag. 46-50.


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