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1.2. Le colonie penitenziarie e il fattore migratorio. Pag
“E’ vero che si sono fatti grandi progressi verso l’interno dell’Africa, ma sembra a me che sarebbe tempo di smettere le esplorazioni di singoli individui, che del resto hanno egregiamente servito per squarciare gran parte del velo che copriva questo paese, e far succedere a questi nobili sforzi parziali, l’azione comune dei capitalisti colla costruzione di vie ferrate nei luoghi più popolati e ricchi. Le spese che si dovranno fare per aprire queste vie saranno, non dubito, largamente compensate dai vantaggi che se ne ricaveranno.”
Quando finalmente realizza che la sua idea di libertà dai negrieri è un utopia e gli stessi egiziani si sostituiscono ai precedenti aguzzini, Gessi cerca di rientrare a Khartum con i suoi soldati e le relative famiglie, ma l’odissea del viaggio che ne segue termina con la morte di quasi tutti i protagonisti Gessi compreso.26
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La caratteristica comune dei tre viaggiatori che abbiamo citato è quella che tutte e tre le vicende esposte hanno carattere assolutamente individuale e che nulla hanno a che vedere con le fasi storiche che in questo periodo assillano gli italiani impegnati nelle varie fasi del Risorgimento. La lotta per l’indipendenza e l’unità nazionale è troppo impegnativa perché l’argomento della penetrazione in Africa possa far breccia nei governi nazionali.
Quelle che abbiamo affrontato finora possono definirsi vicende pre-coloniali e sono servite a darci un’idea di come il continente africano sia sempre stato una calamita nei confronti degli europei (nel nostro caso degli italiani) per diversi motivi: spirito d’avventura, ricerca geografica e scientifica, questioni politiche, interessi economici, motivi di prestigio hanno influenzato ed attratto molte persone del vecchio continente spingendole a compiere azioni che altrimenti difficilmente avrebbero compiuto. Da questo momento in avanti, ci occuperemo di persone e fatti collegabili direttamente a forme, anche embrionali, di colonialismo e più specificamente dell’attività coloniale italiana nel Corno d’Africa, che altro non è che il naturale proseguimento del sentiero tracciato da Piaggia, Miani e Gessi.
1.2. Le colonie penitenziarie e il fattore migratorio.
La domanda più pressante che rimbomba nella testa di chi si avvicina all’argomento del colonialismo italiano è sicuramente questa: perché un paese di così recente formazione, con gravissimi problemi al suo interno, quali la non ancora completata e faticosa unificazione nazionale, una disastrosa disparità economica tra il nord ed il sud del paese ed un’economia per il 75% legata ad un’agricoltura arretrata, decide di intraprendere un avventura costosa in termini di risorse e con risultati positivi tutt’altro che certi? A questo quesito si è risposto spesso, almeno fino al termine del secondo conflitto mondiale, che le motivazioni principali che spinsero questi uomini della metà del XIX secolo alla ricerca di una colonia erano
26 R. Battaglia, La prima guerra d’Africa, Einaudi, Torino 1973, Pag. 46-50.
semplicemente quelle di risolvere problemi come quello della emigrazione italiana all’estero, oltre alla gravosa situazione dell’ordine pubblico e delle carceri che assillavano l’amministrazione sabauda nei primi anni della raggiunta unità, nonché una maggiore penetrazione commerciale in aree prive di presenze italiane. Naturalmente non era certo assente l’idea di rendere il neonato paese più importante a livello internazionale e di elevarlo a potenza, come lo erano altri paesi europei, anche attraverso i possedimenti d’oltremare. Certamente per molti statisti dell’epoca questo rimaneva il fine ultimo dell’idea coloniale ma, soprattutto nella fase iniziale, la ricerca di territori al di fuori dei confini nazionali venne effettivamente compiuta nel tentativo di risolvere per lo meno alcuni dei gravi problemi che assillavano la nazione e che dopo l’unità del paese erano esplosi in tutta la loro virulenza. Una delle idee che spinsero il paese verso l’esplorazione ed il successivo tentativo di impadronirsi di territori molto lontani dall’Italia, volutamente lontani, fu quella delle colonie penali, non nuova in realtà dato che si parlava di deportazione dei detenuti più pericolosi già intorno alla metà dell’800 nei palazzo di governo piemontesi. Nel 1852, infatti, era stata nominata nello stato Sabaudo una commissione atta a definire l’opportunità della pena della deportazione e a consigliare il modo ed il luogo per applicarla. Nonostante il parere favorevole della commissione, il problema non fu più all’ordine del giorno per circa dieci anni fino al 1862 quando Bettino Ricasoli27, secondo Presidente del Consiglio del nuovo Regno d’Italia dopo la morte del conte di Cavour28, istituì una seconda commissione che diede un parere opposto a quello della prima. Quando il 14 marzo 1865 fu abolita la pena di morte, venne proposto in parlamento un progetto di legge per sostituire la deportazione alla pena capitale; un’ennesima commissione senatoriale invitava il governo a studiare un sistema completo di deportazione ma anche questo invito non ebbe seguito. 29
Naturalmente questi possedimenti d’oltremare (in linea di massima delle isole) non sarebbero dovuti servire esclusivamente da colonie penali e garantire una maggior sicurezza pubblica in patria ma avrebbero anche dovuto favorire una penetrazione economica italiana nell’area in questione, attraverso la popolazione civile inviata sul territorio, ottenere un’autonomia dei bisogni oltre al fatto di garantire alla madre patria un maggior prestigio politico in Europa, e, in ultima analisi, essere dei possedimenti in grado di trasformarsi nel tempo in vere e proprie colonie. Negli anni’60 e ’70 del XIX secolo furono quindi inviati diversi esploratori, soprattutto in Asia e nell’Oceano Pacifico nel tentativo di trovare delle
27 Ricasoli, Bettino, barone. - Uomo politico italiano (Firenze 1809 - Brolio 1880). La sua azione politica negli anni del 185961 lo pone tra gli artefici dell'unità nazionale. Esponente del cattolicesimo liberale, cercò di indurre il granduca di Toscana, Leopoldo II, a concedere le riforme. Dopo l'Armistizio di Villafranca (1859) assunse il potere e realizzò l'annessione della regione al Piemonte. Presidente del Consiglio del nuovo regno d'Italia (1861-62; 1866-67), affrontò il brigantaggio e la questione romana, sostenendo la pacificazione con il papato.
28 Cavour, Camillo Benso conte di. - Statista (Torino 1810 - 1861). Ufficiale del genio (1827-31), fece il suo ingresso in politica nel 1847, fondando il giornale “Il Risorgimento”. Deputato (1848, 1849), fu più volte ministro (1850, 1851) e presidente del consiglio (1852). Nel 1860 assunse il pieno controllo diplomatico dell’impresa garibaldina, che controbilanciò con le annessioni e i successivi plebisciti, cosa che gli consentì poi di far prevalere il suo punto di vista (unitario ma monarchico) e di attuare la trasformazione giuridica del Regno di Sardegna nel Regno d’Italia, facendo proclamare Vittorio Emanuele II re d'Italia (1861). Gettò poi le premesse di un’azione volta a sanare i rapporti tra Stato e Chiesa ma morì prima di essere riuscito a portarla a compimento. Animato da spirito liberale, C. fu tra le figure di maggior spicco del Risorgimento, tra i pochi uomini dell'Ottocento italiano dotati di statura europea.
29 E. de Leone, Le prime ricerche di una colonia e la esplorazione geografica politica ed economica, L’Italia in africa, Vol. II, Ist. Poligr. dello Stato, Roma, 1955, Pag. 32.
soluzioni confacenti ai bisogni italiani, bisogni che dovevano essere soddisfatti senza però andare ad infastidire le altre potenze europee (Francia e Inghilterra) già presenti in Polinesia, nel sud-est asiatico e nel subcontinente indiano. Peraltro una grave mancanza che si verificò nella classe dirigente italiana dell’epoca e che si sarebbe ripresentata durante le spedizioni nel Corno d’Africa fu la completa ignoranza sia geografica che politica dei territori d’oltremare la quale, unita alle già citate remore in ambito internazionale, avrebbe portato a decisioni o meglio a non decisioni che avrebbero condotto all’abbandono dell’idea delle colonie penali. Tra le zone visitate dai nostri esploratori ricordiamo le isole Nicobar nel Mar del Bengala, l’arcipelago della Nuova Guinea, l’isola di Sumatra e la costa del Borneo.
Oltre al già citato timore di irritare altri paesi europei, l’Olanda elevò una, peraltro lieve, protesta al tentativo italiano di stabilirsi nella Nuova Guinea e la diplomazia inglese fece notare lo scarso gradimento di una presenza tricolore nel sub-continente indiano, la motivazione principale che fece probabilmente naufragare l’idea delle colonie penitenziarie fu la lotta politica che si svolgeva in patria tra due diverse correnti di pensiero in relazione allo status che avrebbero dovuto avere questi possedimenti d’oltremare. Da un lato, con alla testa Cristoforo Negri30, si schierarono i sostenitori della semplice espansione commerciale ed assolutamente contrari ad ogni qualsivoglia occupazione territoriale; dall’altro i fautori dell’acquisizione di territori coloniali nel tentativo di emulare le altre grandi nazioni europee con l’Inghilterra come esempio da seguire. Dato che entrambe le fazioni si rivelarono poco inclini a negoziare le proprie posizioni, tutti i tentativi di dare al paese un punto d’appoggio per una successiva espansione, commerciale o territoriale che fosse fallirono.31
Per quanto riguarda la questione dell’emigrazione, lo scarso interesse del popolo verso la questione coloniale non favorì certo lo sviluppo di quest’ultima. D’altronde una nazione con una percentuale di analfabetismo che negli anni ’60 dell’800 rasentava il 75% della popolazione, un’economia ancora principalmente agricola e grossissimi problemi di ordine pubblico dovuti all’esplosione del brigantaggio nel meridione, non poteva certo rivolgere la propria attenzione verso quelli che, in quel preciso momento storico, altro non erano che assurdi voli pindarici. Tra la classe dirigente dell’epoca ci fu chi si lamentò del fatto che gli italiani pensassero esclusivamente al proprio lavoro ed alla propria cena invece di pensare alla grandezza della nazione.
L’altra grande questione dalla quale i fautori dell’espansione italiana presero spunto per promuovere una campagna a favore del colonialismo fu quella dell’emigrazione dei nostri connazionali all’estero. Dal loro punto di vista il fenomeno migratorio era tutt’altro che un fattore negativo ma era anzi visto come un elemento propulsivo per l’economia della nazione.
30 Negri, Cristoforo. - Geografo, economista e diplomatico (Milano 1809 – Firenze 1896), prof. di scienze e leggi politiche nell'università di Padova, dopo il 1848 andò esule in Piemonte, dove fu alla direzione della divisione consolare del ministero degli Esteri. Dopo il 1859 fu incaricato di alcune missioni di ordine politico-economico. Partecipò alla conferenza per la costruzione del Canale di Panama e alla conferenza coloniale di del 1884-85. Fondò a Firenze (1867) la Società geografica italiana. Senatore del Regno dal 1890.
31 E. de Leone, Le prime ricerche di una colonia e la esplorazione geografica politica ed economica, L’Italia in africa, Vol. II, Ist. Poligr. dello Stato, Roma, 1955, Pag. 36.
17 Per personaggi come Jacopo Virgilio32, Francesco Ferrara33, Alessandro Rossi34 e Augusto Riboty35, le colonie sorte spontanee all’estero (in quel periodo soprattutto nell’America Meridionale) avrebbero potuto avviare delle proficue correnti di scambi che avrebbero portato sicuri benefici alla marina mercantile ed allo sviluppo commerciale del paese. Virgilio fu incaricato dal ministero di Agricoltura, Industria e Commercio di compilare una memoria sulla questione dell’emigrazione nella quale egli sostenne prima di tutto il sacrosanto diritto di qualsiasi uomo ad emigrare ed affermò che il fenomeno non avrebbe costituito un grave danno all’agricoltura italiana vista la carenza di capitali investiti e l’arretratezza tecnologica da cui era afflitta. Sul tema delle colonie intervenne anche Gerolamo Boccardo36 proponendo una classificazione dei tipi di colonie alle quali l’Italia avrebbe potuto essere interessata: le colonie miste, attuabili attraverso l’azione militare, politica, navale e commerciale; le colonie interne o all’americana attuabili in Sardegna, nell’agro romano o nel meridione; le colonie trans marine le uniche, secondo Boccardo, dove fosse praticabile l’equazione emigrazionecolonie e che avrebbero potuto costituire una base all’allargamento dei traffici commerciali.
Il viaggiatore Giovanni Battista Cerruti37 entrava più nel dettaglio in merito alle positività che le colonie avrebbero portato allo sviluppo economico del paese: secondo Cerruti la miseria che affliggeva la classe contadina italiana era dovuta alla sovrabbondanza di popolazione impiegata nel settore ed alla mancanza di capitali da investire da parte dei proprietari.
32 Virgilio, Iacopo. - Patriota, economista, giurista (Chiavari 1834 – Genova 1891); collaboratore di Q. Sella e F. Ferrara, fondò a Genova l'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali e vi diresse Il commercio di Genova, La Borsa, Il giornale degli operai. Contribuì a risolvere i problemi del porto di Genova e scrisse numerose opere di diritto e di economia marittima.
33 Ferrara, Francesco. - Economista e uomo politico italiano (Palermo 1810 – Venezia 1900). Di profonda fede liberale e di potente ingegno, è il più autorevole rappresentante della scuola classica in Italia. Le sue opere più importanti furono: Lezioni di economia politica (ed. crit. 1935), Della moneta e dei suoi surrogati (1858); La tassa sul macinato (1865); Il corso forzato dei biglietti di banco in Italia (1866) oltre alle prefazione alla Biblioteca dell'Economista (1850-1870).
34 Rossi, Alessandro. - Industriale (Schio 1819 - Sant'Orso, Schio, 1898), pioniere dell'industria laniera in Italia, senatore del Regno (1870). Succeduto nel 1839 al padre alla direzione di un modesto opificio a Schio, ne promosse uno straordinario sviluppo, trasformando poi nel 1873 l'azienda in società anonima (il lanificio Rossi, divenuto nel 1954 Lanerossi e acquistato dalla Marzotto nel 1987). S'interessò e contribuì alla realizzazione di numerose iniziative industriali e agricole, di scuole popolari, di società di mutuo soccorso tra operai e contadini. n Il figlio Giovanni (Schio 1850 - ivi 1935) ampliò l'attività e gli impianti dell'azienda. Cavaliere del lavoro (1902), senatore (1910).
35 Riboty, Augusto Antonio. - Ammiraglio (Puget-Théniers, Nizza, 1816 - Nizza 1888). Ufficiale della marina sarda, partecipò alla spedizione navale del 1849 in difesa di Venezia, poi alla guerra di Crimea (1855-56) e alla terza guerra di indipendenza (1866). Si distinse particolarmente nella battaglia di Lissa, quando al comando del Re del Portogallo attaccò la corazzata austriaca Kaiser danneggiandola e riuscì a disimpegnarsi contro tre navi nemiche. Per la sua condotta ottenne la medaglia d'oro al valor militare. Incaricato di sedare la rivolta di Palermo (1866) fu in seguito comandante in capo della squadra del Mediterraneo (1867), ministro della Marina (1868-69 e 1871-73), deputato (1867-70) e dal 1870 senatore.
36 Boccardo, Gerolamo. - Poligrafo e uomo politico italiano (Genova 1829 – Roma 1904), prof. (dal 1860) all'univ. di Genova, senatore (1877), socio nazionale dei Lincei (1878); contribuì alla diffusione della scienza economica con il Trattato teorico pratico di economia politica (1853), sulle linee di J. St. Mill, col Dizionario della economia politica e del commercio (1857-63), e dirigendo (1876-92) la 3a serie della Biblioteca dell'economista. Scrisse opere di economia, finanza, geografia (Sismopirologia, 1869), manuali scolastici, e diresse la 6a ed. della Nuova Enciclopedia Italiana o Dizionario di scienze, lettere, industrie, ecc. (1875-88).
37 Cerruti, Giovanni Battista. - Esploratore italiano (Varazze 1850 - Penang 1914). Dal 1881 nei mari orientali, visse a lungo fra i Sakai (Sumatra nord-orient.) di cui studiò lingua e costumi. Nel 1886 fu compagno di E. Modigliani nell'isola di Nias; visitò in seguito i Semang e i Batacchi; quindi viaggiò nella penisola di Malacca ove morì lasciando (museo di Penang) un manoscritto di memorie.
Secondo Cerruti se l’Italia avesse avuto delle colonie, queste avrebbero consentito un invio di capitali in patria consentendo così lo sviluppo dell’agricoltura. Così facendo in Italia si sarebbe liberata della nuova forza lavoro libera di essere assorbita in altri settori, principalmente alla creazione di infrastrutture necessarie alla modernizzazione del paese oltre che, naturalmente, alimentare un nuovo flusso verso le colonie. Il viaggiatore riteneva anche che i territori coloniali sarebbero stati importanti anche ai fini dello sviluppo industriale ed alla marina; oltre che assicurare nuovi consumatori alle manifatture nazionali avrebbero potuto rifornire la patria di quelle materie prime che tanto mancavano all’industria italiana. Per quanto riguarda la creazione delle suddette colonie, Cerruti sosteneva, in linea con il pensiero più comune dell’epoca, che il modo migliore di sviluppare l’idea fosse attraverso le colonie penali della quale già abbiamo parlato precedentemente.
Anche l’economista Leone Carpi38, noto per le sue posizioni saldamente moderate, scriveva nella sua opera più importante “Dell’emigrazione italiana all’estero, nei suoi rapporti coll’agricoltura, coll’industria e col commercio” che, nonostante l’emigrazione fosse ben lungi dall’essere definita un fattore positivo, considerava infatti i migranti «abbandonati a mendicare oltre Atlantico un lavoro giornaliero e fuggevole», altro non era che la cartina al tornasole di una infinita povertà in cui versavano le campagne italiane e l’evidente fallimento della politica liberale. Ciononostante il fenomeno avrebbe potuto avere aspetti positivi purché fosse regolato ed organizzato dallo Stato. Anch’egli pensava che solamente attraverso una fitta rete di stabilimenti commerciali e di colonie all’estero ci sarebbe stata la possibilità di estendere i commerci italiani e solo una rapida modernizzazione della marina avrebbe consentito tutto questo. Peraltro il problema della marina sarda ed in seguito di quella italiana era quello di avere una flotta principalmente a vela e con scafi di legno, problematica connessa con la scarsità di ferro e carbone nella penisola e all’altrettanto abbondanza di legname, oltre al fatto che gli armatori italiani ricevevano comunque sufficienti commesse per navi in legno, abbastanza da farli procrastinare nella conversione della produzione in battelli a vapore con gli scafi in acciaio. Carpi, riprendendo le tesi di Cerruti, riteneva che il modo migliore per la formazione delle colonie libere fosse quello di fondare colonie penali; segnalava inoltre la scarsezza di iniziative italiane in materia di viaggi scientifici e commerciali.39
A quest’ultimo problema cercò di dare una risposta Cristoforo Negri attraverso la fondazione il 12 maggio 1867 della Società Geografica Italiana, ente preposto allo studio di
38 Carpi, Leone. - Patriota ed economista (Cento, Ferrara, 1810 - Roma 1898). Nato in un’agiata famiglia israelita di sentimenti liberali, all’inizio del 1849 fu eletto deputato alla Costituente romana e si schierò su posizioni decisamente moderate vicine a quelle di Mamiani. Sorpreso mentre era in missione all’estero dalla caduta del governo repubblicano, fu bandito sia dallo Stato pontificio sia dai territori governati dall’Austria. Dopo aver soggiornato in vari paesi europei, si stabilì infine con la famiglia in Piemonte dove continuò la sua attività politica e di studioso. Dedicò numerosi scritti al tema dell’emancipazione degli ebrei e intervenne con saggi e articoli nel dibattito sulla politica economica, esprimendosi ripetutamente contro le scelte liberiste di Cavour. Nel 1860 fu deputato nella VII legislatura. Sostenute da una convinta ispirazione protezionista, sono le opere pubblicate negli anni Settanta: Dell’emigrazione italiana all’estero, nei suoi rapporti coll’agricoltura, coll’industria e col commercio. Studi (1871), Delle colonie e dell’emigrazione d’Italiani all’estero sotto l’aspetto dell’industria, commercio ed agricoltura (1873) e Statistica illustrata della emigrazione all’estero nel triennio 1874-76 nei suoi rapporti economico-sociali (1878).
39 D. Natili, Un programma coloniale. La Società Geografica Italiana e le origini dell’espansione in Etiopia, Gangemi, Roma, 2008, Pag. 29-32.