I SENTIERI DELLA RICERCA RIVISTA STORICA DICEMBRE 2010

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storia nazionale

La lotta politica degli insegnanti nel primo dopoguerra di Vanni Clodomiro

Nell’aprile del 1920, a Napoli si tenne il congresso del Partito Popolare. I popolari decisero di concedere il loro appoggio esterno, o anche di assicurare la loro collaborazione con responsabilità di governo, a quel ministero che, fra i nove punti proposti dai popolari, accettasse anche quello sulla scuola, e cioè «l’introduzione dell’esame di Stato per le licenze delle scuole medie e abolizione delle disposizioni regolamentari che tendono ad impedire lo sviluppo dell’insegnamento privato», secondo la formula di Stefano Jacini1. Queste proposte divennero ancor più pressanti, allorché le nuove elezioni portarono al Parlamento una ben nutrita schiera di popolari e di socialisti. In queste condizioni i liberali avevano scarse possibilità di governare, ove non avessero trovato totale appoggio nei popolari o nei socialisti (i liberali avevano 185 deputati su 508). I socialisti erano però contrari alla collaborazione: «I socialisti – dice Chabod – non si risolvono a conquistare il potere con la forza e non vogliono nemmeno dividerlo con i borghesi»2. L’appoggio esterno dei popolari, quindi, era ineluttabile. «In tal modo – osserva proprio a questo proposito il Borghi – l’esistenza dello Stato liberale inì col dipendere dal sostegno di quelle forze cattoliche che, nella seconda metà del secolo precedente, erano state il suo principale avversario e l’oggetto della sua politica di discriminazione»3. Pur tuttavia restavano notevoli incomprensioni tra liberali e cattolici, soprattutto tra i liberali e cattolici di sinistra (i «bolscevichi bianchi» di Miglioli). Lo stesso Sturzo, più tardi, riconobbe «la fondamentale mancanza di comprensione» tra popolari e liberali democratici4. Ebbene, fu proprio il ministero Giolitti del 1920 ad avere nelle sue ile un rappresentante della ilosoia idealistica: Benedetto Croce. Quando Giolitti formò il suo gabinetto del dopoguerra, nel giugno 1920 e fu salutato come un salvatore dalla classe dirigente italiana, egli chiamò Benedetto Croce 91


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