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Lavoro e libertà
from ReStart
Aldo Corgiat
Lavoro e libertà.
La sinistra, priva di bussola sociale, ha preferito voltarsi o far finta di non vedere per evitare di svelare le contraddizioni di un sistema in bilico e sempre più insostenibile.
Si è preferito non vedere il lavoro nero, o a domicilio, o quello regolarizzato per metà delle ore effettivamente prestate con la consapevolezza di chi sa che il lavoro regolare e il sistema di tassazione che ne deriva è semplicemente incompatibile per quel genere di imprese e per quei settori economici.
Si è preferito ribadire concetti astratti di equità e giustizia sociale quando è evidente che occorrerebbe rimettere in discussione l’intero sistema fiscale e con esso l’organizzazione e il ruolo dello Stato e dei sistemi di governo sovranazionale per ottenere le risorse necessarie ed influire nel passaggio di fase che sta attraversando il sistema capitalistico.
Il cosiddetto “riformismo” della sinistra di governo è diventato l’alibi per fare politiche liberiste che nulla hanno a che vedere con il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei ceti più deboli della società.
Lo Stato è diventato lo strumento per imporre il pensiero unico e sistemico e metterlo al riparo dei propri fallimenti attraverso lo scambio tra consenso e benefici elargiti a gruppi e lobbies di pressione. I cosiddetti bonus sono le base di un voto di scambio prodotto su vasta scala.
Manca una rilettura onesta e critica dell’attuale fase di transizione, una analisi approfondita del rapporto esistente tra lavoro e sistema capitalistico.
Vorrei che si assumesse come punto di vista quello dell’obiettivo della liberazione delle persone dal lavoro alienato e dallo sfruttamento, e della progressiva riappropriazione del lavoro come fondamentale espressione e partecipazione alla vita sociale delle persone.
E’ in atto una risposta di destra a queste esigenze ed essa è caratterizzata da un maggior sfruttamento della mano d’opera immigrata (e dalla conseguente necessità di mantenere alta la tensione contro l’immigrato e il “clandestino” che ruba il lavoro e “merita” di essere messo ai margini del lavoro sociale), da un maggior sfruttamento delle risorse ambientali, da una finta chiusura nazionalista e familista con la quale riaffermare l’ideologia fascista dell’autarchia e rafforzare i ruoli di genere e il corporativismo delle professioni.
Una concreta prospettiva di sinistra può essere più coinvolgente se non si limita ad aggiustamenti di sistema ma è capace di proporre una diversa organizzazione del lavoro e della società.
Provo di seguito a proporre titoli di battaglie possibili che possono dare un contributo alla riconquista di credibilità della sinistra come forza a difesa dei lavoratori e dell’impresa sociale nella prospettiva di liberare l’uomo dal lavoro alienato e dallo sfruttamento.
E’ matura una richiesta generalizzata di riduzione di orario a parità di salario.
Dopo il fallimento del job act (mai rimesso in discussione e sottoposto a critica neppure dall’attuale gruppo dirigente del PD e da gran parte della sinistra esterna la PD), è matura la ripresa di lotte per l’estensione dei diritti dei lavoratori pre job act e per una nuova legge che tuteli la rappresentanza e la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni ai processi decisionali aziendali.
E’ urgente la detassazione generalizzata del lavoro vincolando i risparmi così ottenuti dall’impresa alla costituzione di un fondo previdenziale integrativo a favore dei giovani allo scopo di ricostruire le necessarie garanzie previdenziali a chi non le ha più.
Vanno sostenute tutte le forme di lavoro capaci di dare maggiore autonomia al lavoratore a cominciare dallo smart working e vanno sostenuti gli investimenti di automazione dei processi. La maggiore produttività ottenuta grazie all’introduzione di nuove tecnologie o la digitalizzazione dei processi e dei cicli lavorativi deve essere oggetto di tassazione separata e alimentare un fondo sociale di sostegno al reddito.
La titolarità dei contratti di lavoro discontinui, stagionali, ad intermittenza, ecc. deve essere posta a carico dello stato (centri per l’impiego) il quale assicura la redistribuzione del lavori e la continuità lavorativa per un minimo di quattro ore giornaliere.
Va ripristinato il diritto allo studio e agevolato l’investimento in capitale umano attraverso la totale gratuità dell’istruzione obbligatoria con l’estensione anche ai cicli scolastici superiori e all’Università.
