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In Maremma, tra le pendici del Monte Amiata

IN MAREMMA

TRA LE PENDICI DEL MONTE AMIATA

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Questo antico vulcano spento alto 1738 metri e ricoperto dalla più estesa faggeta d’Europa, che sorge tra la Maremma e la Val d’Orcia, si staglia imponente su un meraviglioso angolo di Toscana e dalla sua vetta offre vedute spettacolari sulla Maremma, le colline senesi e sul lago di Bolsena. Località apprezzata in ogni stagione dell’anno, l’Amiata durante l’inverno è la meta ideale per tutti coloro che amano sciare, ma anche per chi vuole imparare o semplicemente passare del tempo in montagna. Passeggiare nei boschi, tra i castagni secolari, nei parchi e nelle riserve è un’esperienza unica. Nella Riserva Naturale del Monte Labbro non è raro vedere aquile e falchi che sorvolano in alto le cime dei monti oppure dei cervi e, se si è fortunati, anche i lupi dell’Appennino. Sono tanti i borghi sparsi tra le valli e le pendici del vulcano che meritano una visita tra castelli medievali, antiche chiese e le tracce onnipresenti delle miniere. L’Amiata offre infatti molti luoghi di interesse culturale, non molto noti alla cultura di massa. Come il Giardino di Daniel Spoerri e l’Oratorio di San Rocco a Seggiano, affrescato da Girolamo di Domenico, costruito nel 1490 e in cui sono presenti anche alcuni graffiti rilevanti dal punto di vista storico. Il borgo medievale di Semproniano con la Chiesa di santa Croce e la Pieve romanica dei Santi Vincenzo e Anastasio; il borgo di Santa Fiora dove sorge la Peschiera, la Pieve delle Sante Flora e Lucilla in cui sono custodite le terrecotte di Andrea della Robbia; o la Chiesa della Madonna delle Nevi il cui pavimento di cristalli permette di ammirare la sorgente sottostante. E poi il suggestivo e piccolo borgo medievale di Rocchette di Fazio e la Pieve di Santa Maria a Lamula, ad Arcidosso, entrambi legati all’ordine dei Cavalieri Tem-

plari, o la chiesa dei santi Pietro e Paolo a Roccalbegna, in cui è presente una pala d’altare realizzata da Ambrogio Lorenzetti. L’Amiata pullula di luoghi incantati e uno di questi è sicuramente il piccolo borgo di Seggiano. Immerso tra boschi di olivi e castagni, questo luogo incantevole è ricco di testimonianze artistiche e del passato, fiero delle proprie tipicità e del turismo consapevole che visita il paese per riscoprire le autenticità di un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato. Seggiano è noto per varie cose ed in primis per l’olio: qui si produce l’olivastra seggianese, una varietà di olivo particolarmente pregiata. Non è un mistero, che fin dall’antichità, l’olio abbia costituito un prodotto di prima necessità accanto al vino: simboli di ricchezza e prestigio, poi beni sempre più comuni, parte integrante dell’alimentazione e protagonisti del commercio marittimo. E non è un caso che qui sia nato uno dei più avveniristici musei in Italia dedicato proprio al suo prodotto principe: il Museo dell’Olivastra e della Terra di Seggiano.

Ai piedi del vulcano spento Amiata, nella zona della DOCG Montecucco, sorge a Seggiano l’azienda agricola Poggio Mandorlo, creata nel 2001 da 4 amici di provenienza diversa ma accomunati dalla voglia di provare e sperimentare le potenzialità di un territorio che hanno sempre vissuto ed amato. La tenuta si estende su una superficie di 38 ettari di cui 12 ettari coltivati con vitigni Sangiovese, Merlot e Cabernet Franc, e circa 1 ettaro di uliveto della cultivar locale Olivastra Seggianese Dop. I suoli si contraddistinguono per requisiti di ricchezza e complessità molto utili ai fini della personalità e della espressività del vino, e vedono prevalenza di marne argilloso\calcaree nelle zone inferiori, per arrivare alla predominanza del tufo o del galestro negli appezzamenti più elevati, con scheletro generalmente abbondante che include anche quarzo e pietra focaia. L’altitudine elevata, intorno ai 400 metri s.l.m., la presenza della montagna alle spalle dei vigneti, e la cornice di vegetazione boschiva, permettono alle piante coltivate di usufruire di una particolare freschezza, che viene trasmessa al vino, e deve essere preservata fino alla messa in bottiglia. Le vigne sono state impiantate per gradi e con cloni rari e unici di Merlot e Cabernet Franc di provenienza francese, dalla zona di Saint Emilion (Bordeaux), poi acclimatati in Italia grazie al lavoro di un vivaista privato altoatesino. L’immancabile Sangiovese invece proviene dalle ultime popolazioni di Sangiovese selezionate a Montalcino da Filippo Paoletti, firma di alcuni tra i migliori Brunello d’Italia, attualmente alla guida enologica dell’azienda. La produzione segue i criteri di una moderna enologia e utilizza pertanto strumentazioni di alto livello tecnologico. I vini “Poggio Mandorlo” e “Ombre” sono considerati dalla stampa specializzata internazionale dei Super-Tuscans di qualità superiore. La cantina è stata progettata con grande rispetto per l’ambiente con l’intento principale di integrare ben 1500 mq di struttura con il paesaggio incontaminato che la circonda. Recare un impatto ambientale minimo possibile è stato un must per gli architetti. Ecco perché la cantina si struttura su tre livelli per seguire l’andamento della collina che la ospita.

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