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Kate Crawford: «Abbiamo sopravvalutato l’intelligenza artificiale»
L’intelligenza artificiale (IA) è sempre più presente nelle nostre vite. Kate Crawford, una delle principali studiose internazionali delle implicazioni sociali e politiche della IA, ospite in ottobre del Wired Next Fest di Milano ha parlato della necessità di controllare e regolare maggiormente i sistemi di IA. Ecco per voi, dal Corriere, questa interessante intervista di Chiara Barison.
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Viviamo nell’epoca delle illusioni? Decisamente sì, almeno secondo Kate Crawford, ricercatrice e docente di Berkeley specializzata in intelligenza artificiale e co-fondatrice dell’AI Now Institute della New York University. Ma non è (ancora) tutto perduto. Nel suo libro “Né intelligente né artificiale” (in originale “Atlas of AI: Power, Politics, and the Planetary Costs of Artificial Intelligence”), edito da Il Mulino, offre una panoramica critica delle nuove tecnologie. Nel corso del suo intervento al Wired Next Fest ha ripercorso gli aspetti principali del suo viaggio illustrando soprattutto i costi. «Si parla di intelligenza artificiale come se fosse qualcosa di magico, come l’astrologia - ha esordito Crawford -. Mi sono alzata dalla scrivania per vedere con i miei occhi dove viene estratto il litio, le condizioni di lavoro dei dipendenti di Amazon e gli ettolitri d’acqua consumati dai data center». Alla fine del suo pellegrinaggio nei luoghi dell’innovazione è giunta a una conclusione netta: «Abbiamo creato una nuova industria estrattiva» al pari di quella mineraria che credevamo di esserci lasciati alle spalle. «Dobbiamo fare qualcosa», ha esortato. «L’impatto rischia di essere devastante per l’uomo e le democrazie».
[…] IA: ne abbiamo proprio bisogno? Assistiamo in continuazione a furti dell’identità digitale, a sistemi di riconoscimento facciale che non sono accurati con gravi ripercussioni sulla libertà delle persone. Abbiamo visto come tramite Facebook possono essere manipolate le elezioni ed è arrivato il momento di aprire gli occhi e diventare più realisti riguardo all’invasione della tecnologia nelle nostre vite. Quindi appena realizzeremo ciò di cui abbiamo davvero bisogno, credo che rimarremo molto colpiti nello scoprire che abbiamo sopravvalutato l’intelligenza artificiale. A proposito di Facebook, la correlazione tra social media e IA non è così immediata per la maggior parte degli utenti, ma c’è. Le società che gestiscono i social media sono di-


ventate le più grandi compagnie di IA nel mondo. Credevamo che Facebook fosse un modo innovativo per condividere foto e rimanere in contatto con amici lontani. Invece è diventato il sistema di riconoscimento facciale più sofisticato al mondo. Stesso discorso per TikTok e Instagram: le persone credono di usarli per intrattenimento, in realtà forniscono migliaia di dati personali di cui perdono il controllo senza avere la minima idea di come vengono usati. Si ha meno la percezione che questa sia IA, ma lo è a tutti gli effetti. La Commissione europea sta cercando di implementare la tutela dei consumatori danneggiati dall’intelligenza artificiale. Stiamo andando nella direzione giusta? Dobbiamo aspettare, l’approvazione delle normative ha bisogno di tempo. Anche dopo l’entrata in vigore gli effetti non sono immediati. Io credo che una legislazione in merito sia necessaria, solitamente gli Stati Uniti in questo sono più veloci e credo che l’UE non farà fatica ad adeguarsi. L’Unione Europea è avanti rispetto agli Stati Uniti, che per ora si sono limitati ad approvare un provvedimento non vincolante privo di carattere normativo. Si parla tanto di NFT (Non Fungible Token): rivoluzione dell’arte o buco nell’acqua? Ho collaborato con diversi artisti che se ne occupano. È un modo per raccontare un lato dell’IA che non si conosce e per mettere in luce i veri costi della tecnologia con un altro tipo di narrazione che non sia accademico. Riguardo agli NFT, quelli di prima generazione erano parte del problema e causavano un dispendio di energia notevole attraverso la blockchain. Adesso quelli di seconda generazione sono meno energivori. Dobbiamo essere più critici a proposito della struttura che viene utilizzata per riprodurre gli NFT, anche perché non abbiamo più tempo. Secondo Lei Intelligenza artificiale e sostenibilità non sono coniugabili? Pensiamo all’IA come a qualcosa di immateriale fatta da algoritmi nel cloud senza renderci conto che sono la causa di tonnellate di emissioni di gas serra. Secondo i ricercatori Lotfi Belkhir e Ahmed Elmeligi il settore tecnologico contribuirà al 14% delle emissioni globali entro il 2030 (poco più di 7 anni, ndr). Anche gli studi di Emma Strudbell non sono incoraggianti: i modelli di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) possono produrre circa 300mila chili di anidride carbonica. È quanto emettono 125 voli di andata e ritorno da New York a Pechino. Per non parlare dei data center, che al momento sono i maggiori consumatori di elettricità al mondo.