The Unnecessary Recycling

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sposti le proprie dinamiche da un contenuto all’altro senza liberarsi della propria struttura epistemologica. Così infatti si esprime ancora Baudrillard: “Non è quando si è levato tutto che non resta niente, ma quando le cose si capovolgono senza fine e l’addizione stessa non ha più senso [...] Bisogna spingere al consumo insensato dell’energia per distruggerne il concetto. Bisogna spingere alla rimozione massima per distruggerne il concetto. Quando l’ultimo litro di energia sarà stato consumato (dall’ultimo ecologo), quando l’ultimo indigeno sarà stato analizzato (dall’ultimo etnologo), quando l’ultima merce sarà stata prodotta dall’ultima forza lavoro restante, quando l’ultimo fantasma sarà stato spiegato dall’ultimo analista, quanto tutto sarà stato liberato e consumato 'con l’ultima energia', allora ci si accorgerà che questa gigantesca spirale dell’energia e della produzione, della rimozione e dell’inconscio, grazie alla quale si è riusciti a racchiudere tutto in una equazione entropica e catastrofica, che tutto questo non è altro in effetti che una metafisica del resto, e questa stessa sarà risolta di colpo in tutti i suoi effetti” (3). Esiste quindi una necessità di metabolizzare il resto, perché non rientri nel ciclo di ri-produzione e di riciclaggio (del pensiero e della forma), che lo faccia ricascare nelle condizioni stabili (4). Egli tenta quindi di definire una nuova e completa irreversibilità, di senso ovviamente, prima che di prodotto. 'Consumare il resto' perché esso possa scatenare nuove condizioni cognitive, lontane da ogni tentativo di ri-(uso, produzione, riciclo) delle logiche di pensiero e da ogni ribaltamento delle stesse, che non farebbero altro che ripresentarsi, secondo altre terminologie, ma nelle stesse dinamiche. Nuovamente, è la ‘presenza’ ad essere scartata, la permanenza dell’evento, dei suoi meccanismi ed i suoi poteri deduttivi e oggettuali. In un certo modo, come evidenziato da Paolo Pagani (5), si potrebbe accostare questa idea di resto con quella portata alla luce anche da Bataille, secondo il quale l’esistenza di un residuo improduttivo diventa focale per il pensiero intellettuale e poetico. Come afferma Mario Perniola: “Il recupero della poesia e dell’arte al positivo, secondo Bataille, non riesce mai completamente. Resta sempre un elemento residuale, marginale, inafferrabile, che non si lascia ridurre nel recinto assegnato a questa attività, che non può essere addomesticato. Questo elemento selvaggio è il desiderio, da cui la poesia e l’arte prendono origine, senza tuttavia riuscire a soddisfarlo […] La negatività desiderata, eccedente, sprecata, quel residuo ines-

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