Urbes Magazine 1-2022

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URBES MAGAZINE N° 1 -2022


Nel 1960 Gianni Rodari, per Einaudi, pubblica questa poesia che oggi ci appare più attuale che mai. Sono diverse le lune sopra le nostre città? Tutti noi facciamo parte dello stesso Pianeta, senza barriere né passaporti. E il pensiero di ciascuno va inevitabilmente agli abitanti di Kiev, la cui luna si sta confondendo da troppo tempo con il bagliore dei bombardamenti. La Redazione di URBES

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LA

LUNA KIEV DI

di Gianni Rodari

La luna di Kiev Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella… “Ma son sempre quella! – la luna protesta – non sono mica un berretto da notte sulla tua testa! Viaggiando quassù faccio lume a tutti quanti, dall’India al Perù, dal Tevere al Mar Morto, e i miei raggi viaggiano senza passaporto”.

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Direttore Responsabile Mario Pappagallo Direttore Editoriale Andrea Lenzi Editore Edizioni Universo Editoriale Segretaria di Redazione Francesca Policastro Editorial Board Alessandro Cosimi Stefano da Empoli Maria Luisa Di Pietro Furio Honsell Antonio Gaudioso Roberto Pella Walter Ricciardi Paolo Signorelli Chiara Spinato Ketty Vaccaro Stefano Vella

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Magazine quadrimestrale ISBN 9788890963483


Editoriale Mario Pappagallo

INTEGRITÀ SCIENTIFICA E PROCESSO DECISIONALE Come garantire l’indipendenza della scienza nei confronti dell’ingerenza politica? Il problema è mondiale, emerso con forza durante questa pandemia, ma negli Stati Uniti è emerso in modo molto preoccupante con la presidenza Donald Trump. A tal punto che una delle prime azioni di Joe Biden, appena eletto, è stata quella di chiedere agli scienziati americani di analizzare quanto accaduto, e i danni conseguenti, per cercare di sanare la situazione. Ne è emerso un rapporto, subito all’attenzione dei media specializzati e no. “Le agenzie federali statunitensi devono rafforzare le politiche che proteggono la scienza utilizzata nel processo decisionale del governo. Dovrebbero anche creare un consiglio per l’integrità scientifica che tuteli molte agenzie nell’affrontare l’ingerenza politica da parte dei funzionari governativi”. In estrema sintesi, queste sono alcune delle principali conclusioni di un rapporto, a lungo atteso, stilato dalla task force insediata dall’Amministrazione Biden, dopo i quattro anni di scienza, e scienziati, minati nella credibilità dall’ex Presidente Trump. L’Office of Science and Technology Policy (OSTP) della Casa Bianca ha pubblicato il rapporto, consultabile sul sito ufficiale come “Protecting the Integrity of Government Science”, che affronta lo spinoso tema dell’integrità scientifica nel governo federale, l’11 gennaio scorso. Esempi di alto profilo di integrità scientifica violata includono, per dare un’idea del rapporto, un incidente del 2019 in cui Trump ha affermato che un uragano stava minacciando parti dell’Alabama, mentre un ufficio governativo di previsioni meteorologiche assicurava che non c’erano minacce. Allora, il capo facente funzione della National Oceanic and Atmospheric Administration è stato coinvolto in una dichiarazione che criticava quegli scienziati per aver contraddetto Trump. “L’intrusione politica nella condotta, nella gestione, nella comunicazione e nell’uso (o nell’abuso) della scienza ha un grave impatto sulla fiducia del pubblico nella scienza federale”, scrive il rapporto.

Il rapporto invita, perciò, le agenzie a criticare e porre in risalto la responsabilità (un limite del rapporto é il non avere chiesto possibilità di sanzioni) di coloro che hanno violato i principi di integrità scientifica. Raccomanda inoltre di aggiornare le politiche per incorporare tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico. “È davvero sorprendente vedere l’Amministrazione Biden prendere questo problema così seriamente, specialmente dopo quello a cui abbiamo assistito sotto Trump”, dice Jacob Carter, dell’Unione degli scienziati, che ha sede a Washington e studia l’integrità scientifica. La task force comprende circa 50 esperti di 29 agenzie governative, guidati da Alondra Nelson, vicedirettore dell’OSTP per la scienza e la società, e Jane Lubchenco, vicedirettore dell’ufficio per il clima e l’ambiente. È stata creata dopo che Biden ha pubblicato un memorandum nel gennaio 2021, una settimana dopo il suo insediamento, chiedendo di “ripristinare la fiducia nel governo attraverso l’integrità scientifica e il processo decisionale basato sull’evidenza”. La task force ha iniziato il suo lavoro nel maggio 2021 e, dopo incontri pubblici e sessioni di ascolto, ha pubblicato il suo rapporto. E gli autori affermano che questo è solo il primo passo: il lavoro futuro comporterà la messa in pratica delle raccomandazioni nei prossimi mesi. Uno dei principali problemi è che gli alti funzionari delle agenzie sono talvolta coinvolti in violazioni dell’integrità. Per esempio, nel 2017, Scott Pruitt, allora amministratore dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha dichiarato che l’anidride carbonica non era un contributo primario al riscaldamento globale. “Le violazioni che coinvolgono funzionari di alto livello sono le più problematiche e difficili da affrontare”, afferma la task force OSTP nel suo rapporto. Il rapporto raccomanda l’istituzione di un Consiglio formale per l’integrità scientifica, con membri provenienti da molte agenzie. Tale consiglio potrebbe affrontare meglio le possibili violazioni che coinvolgono alti funzionari, perché fornirebbe un meccanismo di inda-

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gine al di fuori dell’agenzia coinvolta. Altre modifiche suggerite includono la standardizzazione delle politiche tra le agenzie e l’espansione della formazione sull’integrità scientifica per includere appaltatori e scienziati che ricevono sovvenzioni da parte delle agenzie, i quali potrebbero aiutare a diffondere la consapevolezza dell’integrità scientifica in modo più ampio. E coloro che hanno violato le politiche di integrità scientifica devono essere chiamati a risponderne, dice il rapporto, con conseguenze paragonabili a quelle per la violazione delle regole etiche del governo. Il rapporto raccomanda anche di ampliare le politiche di integrità scientifica al di là delle agenzie scientifiche, come il National Institutes of Health e la National Science Foundation. Altri esempi del rapporto: i dipartimenti di giustizia e dei trasporti quando usano la scienza per informare su decisioni prese riguardo a questioni come l’incarcerazione e la pianificazione urbana, ebbene anche loro devono essere coinvolti “quando comunicano in base alla scienza”. Un database, il Silencing Science Tracker (gestito dal Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University di New York City e dal Climate Science Legal Defense Fund) ha rilevato che il governo federale ha intrapreso 339 azioni antiscientifiche durante l’amministrazione Trump. Solo nove di queste sono state riviste, o invertite, dall’Amministrazione Biden. Quindi occorre una legge che blindi le regole dell’integrità scientifica al di là di chi entra alla Casa Bianca, che può inficiare la scienza anche riducendo fondi e mandando a spasso nei campi ricercatori che politicamente non piacciono. Le agenzie governative hanno perso migliaia di scienziati durante l’amministrazione Trump. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e la Food and Drug Administration (FDA) stanno recuperando unità ma altre agenzie, come l’Environmental Protection Agency (EPA), che ha perso più di 700 scienziati sotto Trump, sta ancora lottando per recuperare il terreno perduto.

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Altro tema spinoso: la censura della scienza. In particolare, la censura della salute pubblica. Riguardo all’ondata di infezioni da COVID-19, per esempio, Trump aveva contraddetto le raccomandazioni fatte dai ricercatori di salute pubblica del CDC, e la sua amministrazione ha messo da parte quell’agenzia e si è intromessa nei suoi rapporti scientifici. “I dati possono aiutare i funzionari a formulare politiche, ma le politiche sono spesso basate anche su altri fattori, come mantenere i bambini a scuola e le imprese in attività”, dice Kenneth Bernard, epidemiologo e consulente per la Biodifesa degli ex presidenti Bill Clinton e George W. Bush. A volte, dice, il direttore del CDC Rochelle Walensky non è riuscita a rendere chiara questa distinzione al pubblico, il che mina la fiducia nel CDC e nella scienza. “Mai dire che stai seguendo la scienza quando non puoi indicare prove scientifiche”. Un rapporto che deve aprire riflessioni anche nel resto del mondo scientifico. In Italia, per esempio, durante questa pandemia si è assistito a una sorta di delirio scientifico-mediatico. E qui cito Walter Ricciardi che nel suo libro-analisi sulla pandemia, “Pandemonio”, scrive: “È stata sconcertante la leggerezza con cui alcuni clinici e virologi si sono avventurati in ricostruzioni e proposte di sanità pubblica che hanno contribuito ad alimentare la confusione dei cittadini. E non ha giovato, in questo contesto, la frequente (con poche encomiabili eccezioni) cattiva o inutile modalità informativa dei media che, pur dedicando molte ore al tema, non sono riusciti a far capire la gravità della situazione e soprattutto a spiegare la natura dei reali problemi. Molto spesso questa attività di infotainment (più intrattenimento che informazione) è stata spettacolare, distraente, inutile e, in molti casi, dannosa”.


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LA LUNA DI KIEV EDITORIALE AGORÀ ZIBALDONE CITIES SPEAKING VOCI DAGLI HCM RECENSIONI

TAKE AWAY IL NUOVO INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE MATTARELLA PAPA FRANCESCO RICEVE I SINDACI ITALIANI FLORENCE MEDITERRANEAN MAYORS' FORUM I SINDACI DI MILANO E JOHANNESBURG NELLO STEERING COMMITTEE C40 CITTÀ CAPITALI DELLA CULTURA E RIVITALIZZAZIONE DEI BORGHI NAZIONALI

INTERVISTE "PANDEMONIO, QUELLO CHE È SUCCESSO, QUELLO CHE NON DOVRÀ PIÙ SUCCEDERE", WALTER RICCIARDI UN'ALLEANZA ITALIANA PER L'URBAN HEALTH, C14+, ENZO BIANCO URBAN HEALTH E RICERCA: IL MODELLO HCI, ANDREA LENZI URBAN HEALTH IN PARLAMENTO, ROBERTO PELLA E DANIELA SBROLLINI

URBAN HEALTH COLUMNS

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A SAPIENZA LA CATTEDRA UNESCO SULL'URBAN HEALTH HCI ENTRA NELLA GREEN COMMUNITY DI RI-GENERAZIONE SCUOLA ENLIGHTENME: UN SUCCESSO LA PRIMA CONFERENZA INTERNAZIONALE SU ILLUMINAZIONE E SALUTE PROGETTARE POLITICHE DEL BENESSERE. DOBBIAMO TRASFORMARCI IN ‘MANAGER DELLA SALUTE’ SISMA 2016: LA RICOSTRUZIONE, LE COMUNITÀ, LA PARTECIPAZIONE SCUOLA E SALUTE: QUALE FUTURO PER LA MEDICINA SCOLASTICA? SENIOR ITALIA FEDERANZIANI URBAN ECO MOBILITY TREND QUALE VIA E QUALI TEMPI PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA?

FOCUS ON CITTÀ KIEV


INDICE FOCUS ON SPORT E CITTA IL VALORE DELLA SOSTENIBILITÀ PER LO SPORT (+BOX PESARO) LA CULTURA DEL MOVIMENTO E IL MODELLO PENTAGONALE TO WALK IN THE CITY LAB ANCI E CUSI PER 25 PROGETTI DI SPORT NON CONVENZIONALE

INDAGINI E STUDI I-COM B-HAVE

ARTICOLI GIORNATA MONDIALE DELL'OBESITÀ 2022 E LETTERA APERTA GRANDE FRATELLO O TRASPARENZA? IL NUOVO WATERFRONT DI TORONTO A EMISSIONI ZERO VENEZIA SI CANDIDA A CAPITALE MONDIALE DELLA SOSTENIBILITÀ L’INDUSTRIA HA ABBANDONATO LA CITTÀ? RIQUALIFICARE ENERGETICAMENTE LE SCUOLE DELLA CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO COME IL NET ZERO PLAN DI LONDRA FARÀ FELICI I LONDINESI (M. WATTS) IL PRIMO ARCHITETTO AFRICANO A RICEVERE IL PRITZKER LE PRIME 15 CITTÀ PIÙ “COLTE” D'EUROPA GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA DEL 22 APRILE 2022

ADVERTISING GNSBC 2022 - 2 LUGLIO MULTIPLA REGIA CONGRESSI

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Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri

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nuovo modello finanziario per un nuovo modello di sviluppo


Sir Ronald Cohen, presidente di The Global Steering Group for Impact Investment, a maggio dello scorso anno scriveva al Presidente del Consiglio Mario Draghi, quale Presidente del G20, dicendo “non troveremo risposte alle grandi sfide sociali e ambientali che ci attendono replicando vecchi schemi finanziari. Grazie alla sua profonda conoscenza dei sistemi economici, lei ha l’opportunità di aprire una nuova strada verso l’utilizzo di strumenti più potenti ed efficaci. Una profonda trasformazione sta attraversando le imprese e le organizzazioni finanziarie di tutto il mondo, che stanno ridefinendo il loro rapporto con gli investimenti e il profitto. È la rivoluzione dell’impact investment, un approccio alla finanza con cui politici, imprenditori, manager e investitori cercano di trovare soluzioni a problemi complessi e migliorare la vita delle persone. Questo enorme cambiamento ha fatto sì che, già oggi, oltre quarantamila miliardi di dollari all’anno vengano investiti alla ricerca di qualcosa di più del semplice profitto, attraverso strumenti che rispondono a criteri Esg (Environmental, Social and Governance).” Ronald Cohen illustra un processo economico produttivo che non si basa sulla mera necessità del profitto a tutti i costi, bensì in grado di generare benessere per le persone, migliorandone la qualità di vita. Ronald Cohen è un imprenditore e filantropo inglese, considerato il padre della teoria degli investimenti a impatto sociale, che recentemente ha ripreso il concetto, espresso nel suo libro Impact - best seller tradotto in dieci lingue, commentando l’intervento del Presidente Mattarella tenuto in occasione dell’insediamento alla Camera dei Deputati. Il Capo dello Stato ha ricordato con veemenza al Parlamento che non vi può essere un futuro migliore se non si combattono le disuguaglianze. Ronald Cohen ci fa riflettere sul fatto che la parola disuguaglianza ancora necessita di profonda comprensione da parte del mondo politico, economico e sociale,

perché se, da un lato, oggi il tema del cambiamento climatico è una priorità riconosciuta, non altrettanto lo sono, dall’altro, le profonde disuguaglianze di ordine economico, territoriale, culturale e di genere. Certamente la COVID-19 ha evidenziato profonde disuguaglianze, a livello globale, in tema di sanità e salute degli individui. Quando il Presidente Mattarella ricorda ai Parlamentari “le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita, ma una zavorra a qualsiasi prospettiva di crescita…” mi piace pensare, e sono certo che sia così, che qualsiasi prospettiva di crescita presupponga al primo posto la salute dei cittadini. Le vulnerabilità socio-economiche e culturali che, come ricercatori, notiamo tra quartieri ad alto reddito e livello di istruzione e quartieri periferici più degradati ci mostrano una dimensione di disuguaglianza che si riflette sulla quantità e sulla qualità della vita delle persone. Se oggi, all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si torna a parlare di medicina di prossimità e territorio è perché queste disuguaglianze sono ormai evidenti in una popolazione che invecchia, si cronicizza e si fragilizza e che, se non avrà strutture di riferimento atte alla prevenzione e alla presa in carico della persona e del paziente, si troverà a vivere una condizione di disuguaglianza inaccettabile. La lotta alle disuguaglianze non può essere un mero esercizio dialettico e di buoni propositi, ma, come ricorda Ronald Cohen, oggi anche le imprese sono chiamate a gestire e far parte di questa rivoluzione. Ci sono quaranta triliardi di dollari nel mondo che gli investitori stanno indirizzando verso imprese con una buona capacità di avere impatto sociale e ambientale e lo stesso Impact Investing, in senso stretto, vale più di due triliardi. Un modello di cambiamento sociale ed economico che deve dare risposte ai cittadini ed eliminare le disuguaglianze in atto.


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ZIBALDONE di Frederick Greenhouse

Jeff Bezos, fondatore di Amazon racconta… Ricevo spesso la domanda: cosa cambierà nei prossimi 10 anni? Questa è una domanda interessante molto comune. Non ricevo mai la domanda: cosa non cambierà nei prossimi 10 anni? E ritengo che questa seconda domanda sia la più importante fra le due… perché si può costruire una strategia di business attorno alle cose stabili nel tempo e quindi nella vendita al dettaglio sappiamo che i clienti vogliono prezzi bassi, e questo sarà così per i prossimi 10 anni, vogliono spedizioni veloci, vogliono una selezione ampia. È impossibile immaginare un futuro tra 10 anni dove un cliente viene e mi dice Jeff, adoro Amazon, vorrei solo che i prezzi fossero un po’ più alti… sai adoro Amazon… vorrei solo che spediste più lentamente… IMPOSSIBILE! Per un imprenditore di successo come Jeff Bezos il futuro sarà dominato dalla capacità di prendere decisioni veloci e in grado di rispondere alle esigenze di un cliente. Decisioni che vengono prese sulla base di due macro categorie. La prima basata sulla gestione dei dati di cui si dispone e che, una volta analizzati, portano a scelte veloci e oggettive che generano solitamente poche discussioni, comunque sempre in grado di soddisfare il cliente. Ma vi sono casi in cui la scelta deve essere necessariamente soggettiva, ed è lì che i dati non sono disponibili e non è possibile neppure condurre proattivamente degli esperimenti. In questi casi a fare da guida é la conoscenza del mercato di riferimento e l’esperienza in situazioni analoghe. Proviamo a immaginare le scelte di un membro del governo, di un amministratore di regione o di città con le stesse categorie di Jeff Bezos. Laddove si disporrà di dati, sarà in grado di prendere decisioni che generano soddisfazione e coinvolgimento; in questi casi, la scelta sarà veloce, oggettiva e foriera di poche discussioni, ovvero di consenso. Laddove non si disporrà di dati, dovrà necessariamente fare ricorso alla capacità di analizzare e conoscere il proprio territorio, di attingere alle buone pratiche e a quanto già fatto o emerso dal portato delle esperienze comparabili.

Oggi la raccolta di dati per amministrare il bene comune è deficitaria e si basa su parametri spesso distanti dalla comunità di riferimento. Le decisioni sono prese più in accordo a un pensiero personale che non basate su quello collettivo. Per questo bisogna concentrarsi su una strategia che consenta di semplificare il processo decisionale, anche in presenza di valutazioni soggettive che potrebbero sembrare difficili. Una strategia che si basi sul rendere edotti della propria filosofia aziendale. Jeff Bezos, alla fine di ogni anno, nella lettera agli azionisti, allega una copia della prima lettera scritta nel 1997, dove sono scolpiti i principi che definiscono la filosofia del processo decisionale in Amazon: • continueremo a focalizzarci incessantemente sui nostri clienti; • continueremo a prendere decisioni di investimento guidate da valutazioni di lungo termine, piuttosto che farci guidare dalla profittabilità di breve periodo o dalle reazioni di Wall Street; • continueremo a misurare l’efficacia dei nostri progetti in maniera analitica, eliminando quelli che non forniscono rendimenti adeguati e incrementando quelli che funzionano meglio; • continueremo ad imparare sia dai nostri successi che dai fallimenti; • faremo scelte di investimento coraggiose e mai timide, quando vedremo una probabilità sufficiente di guadagnare un vantaggio competitivo. Alcuni di questi investimenti avranno successo, altri no: in ogni caso avremo imparato una lezione di valore. Proviamo a immaginare questi principi come un impegno a prendere decisioni chiare, misurabili nel tempo e in grado di generare benessere. Ragionare da manager anche amministrando il bene comune significa fare riferimento alla costruzione di un mondo futuro ed essere in grado di gestire i cambiamenti.

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CITIES SPEAKING

di Frederik Greenhouse

SEOUL METAVERSE: SI COSTRUISCE LA PRIMA SMART CITY DEL FUTURO Il governo metropolitano di Seoul (SMG) ha annunciato a metà febbraio che la capitale sud-coreana sarà la prima grande città ad entrare nel metaverso. Chiamato provvisoriamente “Metaverse Seoul”, il progetto intende creare un ecosistema di comunicazione virtuale per tutte le aree della sua amministrazione municipale. Ciò includerebbe i servizi economici, culturali, turistico, educativo e civico, con uno sviluppo previsto in tre fasi a partire dal prossimo anno. Il metaverso si riferisce a un mondo virtuale condiviso in 3D in cui tutte le attività possono svolgersi utilizzando apparecchiature di realtà aumentata e virtuale. Queste piattaforme hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni, soprattutto nel corso della pandemia di COVID-19, poiché le persone hanno spostato le loro attività online. La capitale sudcoreana ha investito nel progetto 3,9 miliardi di KRW (circa 2,8 miliardi di euro) nell’ambito del piano Seoul Vision 2030, varato dal sindaco della città Oh Se-hoon e il progetto mira a rendere Seoul “una città inclusiva, leader globale, sicura e una città proiettata al futuro”, ha affermato. Se questo progetto diventerà realtà, i cittadini di Seoul potranno presto indossare i loro visori VR per incontrare i funzionari della città per consultazioni virtuali e potranno anche partecipare a eventi di massa. 14

Attraverso il Metaverse 120 Center, l’ufficio del servizio civile generale, gli utenti potranno incontrare comodamente e in maniera smart gli avatar di impiegati e funzionari per gestire denunce e consultazioni civiche. Il governo ha annunciato, altresì, l’apertura di un nuovo ufficio 3D dello stesso sindaco e l’offerta di servizi virtuali tra cui Seoul Fintech Lab, Invest Seoul e Seoul City Campus.

IL POTERE DI UNA FOTOGRAFIA: LA STORIA DI HUSSEIN E DELLA SUA VOGLIA DI IMPARARE Un’immagine commovente quella di Hussein, un bambino di 10 anni, che si gode un momento tranquillo con un libro mentre è seduto sul bordo di un cassonetto della spazzatura. Una immagine che dimostra il potere sorprendente di una singola fotografia di suscitare emozioni e guidare un cambiamento positivo, presentata alla sesta edizione di Xposure International Festival tenutosi all’Expo Center di Sharjah. Hussein, fuggito con la sua famiglia dalla Siria al Libano, ha dovuto abbandonare la scuola e raccogliere spazzatura, rottami e plastica dai bidoni della spazzatura per mantenere la sua famiglia. Un giorno, trovando un libro nella spazzatura, il ragazzo ha iniziato a leggere, come per sfuggire alla realtà che lo circondava. Un’immagine catturata dall’architetto Rodrigues Mghames che ha cambiato per sempre la vita del ragazzo. La foto, condivisa sulle piattaforme social media, è diventata virale in poche ore ed è diventata oggetto di discussione sui principali media arabi e internazionali in quanto simbolo della sete di conoscenza e della passione per la lettura di Hussein, nonostante la dura realtà delle sue circostanze di vita quotidiana. Mariam Al Hammadi, Direttore di TBHF, ha dichiarato: “Crediamo che la conoscenza e l’istruzione siano fondamentali per cambiare la vita delle persone e vogliamo soddisfare la passione di Hussein per la lettura. In collaborazione con i nostri partner in Libano, TBHF garantirà l’accesso all’istruzione a Hussein, con Xposure, che oggi rappresenta un esempio stimolante di come eventi e festival creativi possano sostenere cause umanitarie.


UNA SERIE DI C40 E BBC PER CONOSCERE MEGLIO LE POTENZIALITÀ DELLE CITTÀ PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO Con la portata della crisi climatica che diventa sempre più chiara e il suo impatto sulla disuguaglianza esacerbato da COVID-19, la necessità di soluzioni di vasta portata e trasformative non è mai stata così urgente. Gli effetti combinati delle crisi climatiche e pandemiche si fanno sentire più acutamente nelle città del mondo, in cui le sfide sociali e ambientali minano la qualità della vita dei residenti. Allo stesso tempo, queste città sono all’avanguardia nell’azione per il clima, usando la loro influenza e agilità per effettuare rapidi cambiamenti attraverso l’innovazione, le partnership e la politica. Guidate dai leader delle città insieme a un’ampia coalizione di parti interessate, queste città stanno utilizzando le risorse a loro disposizione per fornire una visione dell’azione per il clima che è radicata nell’equità e mira a costruire un futuro più resiliente ed equo per tutti. BBC StoryWorks produrrà una serie di pezzi approfonditi, prodotti audio e vividi cortometraggi per C40 Cities, mettendo in luce soluzioni innovative, di impatto e inclusive che emergono dalle città per aiutare a raggiungere obiettivi climatici vitali, migliorare la salute, il benessere e la felicità dei residenti delle città e costruire economie forti e più giuste, per tutti. La serie mostrerà alcune delle azioni più ambiziose intraprese dalle città di tutto il mondo portando casi di studio sullo schermo, scoprendo le storie non raccontate di

coloro che sono più colpiti dalla crisi climatica, insieme agli individui, alle comunità e alle organizzazioni ispiratrici che stanno offrendo un’azione significativa e ambiziosa per il clima. Nel loro insieme, le storie saranno una potente vetrina di come queste città si stanno muovendo verso un futuro verde e giusto. La serie sarà ospitata all’interno di un sito dinamico e immersivo su BBC.com che sarà lanciato al World Mayors’ Summit di Buenos Aires nell’ottobre 2022. Una campagna di un anno porterà nuovo pubblico, oltre i 130 milioni di utenti mensili della BBC.com, insieme alle comunicazioni coordinate dalle città di C40 e dalla loro rete. Il sito continuerà a essere aggiornato dopo il lancio della campagna, man mano che emerergeranno nuove storie. Le città all’interno della rete C40 e i loro partner saranno presto invitate a proporre storie di cambiamenti positivi in aree chiave di impatto: resilienza climatica, mobilità urbana, energia, ambiente costruito, sistemi alimentari, qualità dell’aria e gestione dei rifiuti. I racconti selezionati avranno l’opportunità di essere coinvolti dai team creativi di BBC StoryWorks Commercial Productions per sviluppare pezzi per la serie.

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CITTÀ E LA SALUTE URBANA. LA SFIDA DEGLI HEALTH CITY MANAGER DEL COMUNE DI BOLOGNA LE

di L. Pirisi e A. Bartole (Health City Manager) e M. C. Zambon (Comune di Bologna)

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Di fronte agli stravolgimenti del Covid-19, della guerra e del cambiamento climatico, l’evoluzione delle Città Sane assume un valore vitale. La sfida in capo alle amministrazioni locali e agli HCM è gravosa e adesso serve una grande risposta a tutela della salute presente e futura di intere comunità. Dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale e con l’istituzione nel 1948 dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), a livello internazionale venne definito il concetto di salute come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Successivamente con la Carta di Ottawa (1986), si introdusse quello di promozione della salute ovvero un processo per rinforzare il controllo e migliorare il benessere delle persone, a partire dalla garanzia di condizioni essenziali come pace, casa, istruzione, cibo, reddito, ambiente, equità sociale. In Italia la tutela della salute fu riconosciuta tra i capisaldi della Costituzione, quale diritto universale dell’individuo e di interesse della collettività. Negli anni della ricostruzione l’assistenza crebbe con la proliferazione di enti mutualistici: in meno di 30 anni la copertura delle mutue passò da 15,3 milioni di assistiti (33% della popolazione) a 53,4 milioni (95%), facendo esplodere costi e disavanzo. La frammentazione e l’insostenibilità dell’assistenza divenne un’emergenza tale da portare all’emanazione della Legge 833/78 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il quale, oltre che su universalità e presa in carico dei malati, si fondava su integrazione socio-sanitaria e territorialità. Negli anni ‘90, a causa del perpetuarsi di alcune fragilità organizzative e diseconomie, il SSN fu oggetto di diversi processi di “riordino”, culminati nella riforma costituzionale del Titolo V in chiave federalista. Negli ultimi decenni, per compensare la rigidità del modello statale, il baricentro istituzionale si è quindi progressivamente spostato verso regioni ed enti territoriali. In particolare, vista la forte urbanizzazione e la crescente densità demografica, le città sono diventate il perno per l’articolazione delle politiche di promozione e tutela della salute, con oltre il 70% della popolazione concentrata tra grandi e piccoli centri abitati. In esse si materializzano le principali sfide demografiche (invecchiamento, denatalità), sociali (analfabetismo, povertà, migrazioni), sanitarie (malattie croniche, depressione), economiche (crisi produttiva e occupazionale) e ambientali (inquinamento, cambiamento climatico). In risposta alla crescente decentralizzazione e all’evoluzione olistica della salute, sono nati lo European Health City Network e successivamente la Rete Italiana

Città Sane dell’OMS, con l’obiettivo di mettere il benessere al centro dell’agenda politica comunale, per costruire un modello di governo partecipativo e solidaristico, fondato su collaborazioni intersettoriali (pubblico, privato e terzo settore) e alleanze civiche con le comunità locali, per impattare sulle determinanti di natura sociale, economica e ambientale. Processo recentemente rinforzatosi con la Urban Health Rome Declaration (2017), sottoscritta da Ministero della Salute e ANCI, all’interno della quale si propone l’istituzione della figura dell’Health City Manager (HCM), una figura specialistica ideata e creata da Health City Institute in grado di supportare le Amministrazioni locali per promuovere una gestione integrata delle diverse sfere di influenza della salute. In tale cornice si inserisce la sperimentazione dell’HCM presso il Comune di Bologna, dove oggi l’amministrazione è impegnata nell’attuazione delle linee di mandato 2021-26 del neo Sindaco Lepore, dal titolo “La Grande Bologna, per non lasciare indietro nessuno”. Uno dei cinque macro-ambiti di intervento ha ad oggetto il diritto alla salute e alla fragilità, per la cui tutela si punta sullo “sviluppo di un nuovo welfare di prossimità, che acceleri l’integrazione tra politiche sociali, sanitarie e abitative, a vantaggio di una concezione più ampia di promozione del benessere e della salute a livello metropolitano”. Strategia che, con il supporto attuativo degli HCM, mira al rafforzamento dell’Ufficio di Piano, all’evoluzione delle Case della Salute in Case di Comunità, alla connessione tra prevenzione e promozione sia in termini di macro-pianificazione che di attuazione degli interventi su nutrizione, stili di vita e attività fisica, architettura e pianificazione urbana, produzione e lavoro, energia e ambiente, trasporti e mobilità sostenibile. Di fronte agli stravolgimenti del Covid-19, della guerra e del cambiamento climatico, l’evoluzione delle Città in Salute assume un valore vitale. La sfida in capo alle amministrazioni locali e agli HCM è gravosa e adesso serve una grande risposta a tutela della salute presente e futura di intere comunità.

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Dieci gesti-barriera per il futuro Dieci proposte concettuali e operative per rendere le città grandi e piccole adatte a rispondere alle istanze del secolo e a resistere virtuosamente alla crisi dell’Antropocene: dieci strategie per cominciare a progettare, qui e ora, una realtà urbana più sostenibile, collaborativa, creativa e digitale, capace di comunicare con la comunità che la abita e con l’ambiente che la circonda, sensibile alle sfide del presente e aperta a quelle che ci aspettano. Perché a salvarci dalle patologie dell’attuale modello di sviluppo può essere solo un urbanesimo rinnovato, che guardi anzitutto alla sostenibilità ecologica, economica e sociale e che trasformi la città in ciò che dovrebbe essere: «dispositivo di valorizzazione della condizione umana» e alleanza generativa di futuro.

di Maurizio Carta Città aumentate 18


di Elena Granata PLACEMAKER A cura di Francesca Policastro

Gli inventori dei luoghi che abiteremo P come Placemaker. Dal politico-pedagogista, all’imprenditore-artista, dall’informatico-ambientalista all’architetto-giardiniere: gli innovatori dirompenti per pensare la nuova città. Artisti che si improvvisano scienziati per risolvere problemi di mobilità di una grande città. Architetti che individuano soluzioni innovative osservando piante e animali. Designer che lavorano sui comportamenti e la psicologia delle persone. Ciascuno di loro è capace di incursioni al di fuori del proprio campo, senza perdere di vista l’obiettivo iniziale. Un pugno di innovatori urbani sta operando nelle città, ripensando la relazione tra città e natura, tra spazi pieni e vuoti, sui servizi, le reti, la mobilità. Sono professionisti ibridi, capaci di conciliare bisogni con immaginazione, creatività quotidiana con la salute del corpo sociale che vive la città. Sono mossi da una curiosità libera e creativa e per questo trovano le soluzioni piú adatte. Osano pensare di poter fare qualcosa che non è mai stato fatto prima e soprattutto lo fanno. Elena Granata li ha chiamati «placemaker» perché la loro attitudine è saper trasmutare una buona idea in un progetto vivo che trasforma un luogo.

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TAKE AWAY

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“L’ITALIA È UN GRANDE PAESE”:

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IL PRESIDENTE MATTARELLA GIURA IN PARLAMENTO PER IL SUO SECONDO MANDATO


Il 27 febbraio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha giurato in Parlamento per il suo secondo mandato presidenziale. Un discorso carico di significati, centrato sul tema della riduzione delle diseguaglianze quale obiettivo comune. “…L’Italia è un grande Paese. Lo spirito di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci hanno permesso di ripartire. Hanno permesso all’economia di raggiungere risultati che adesso ci collocano nel gruppo di testa dell’Unione. Ma questa ripresa, per consolidarsi e non risultare effimera, ha bisogno di progettualità, di innovazione, di investimenti nel capitale sociale, di un vero e proprio salto di efficienza del sistema-Paese. Nuove difficoltà si presentano. Le famiglie e le imprese dovranno fare i conti con gli aumenti del prezzo dell’energia. Preoccupa la scarsità e l’aumento del prezzo di alcuni beni di importanza fondamentale per i settori produttivi. Viviamo una fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea. L’Italia è al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa. Siamo i maggiori beneficiari del programma Next Generation e dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione, nell’ambito della transizione ecologica e digitale. La stabilità di cui si avverte l’esigenza è, quindi, fatta di dinamismo, di lavoro, di sforzo comune. I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini. L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno. Forze politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati, amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone interne, comunità insulari e montane. Vi siamo tutti chiamati. L’esempio ci è stato offerto da medici, operatori sanitari, volontari, da chi ha garantito i servizi essenziali nei momenti più critici, dai sindaci, dalle Forze Armate e dalle Forze dell’ordine, impegnate a sostenere la campagna vaccinale: a tutti va riaffermata la nostra riconoscenza. Questo è l’orizzonte che abbiamo davanti.”

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PAPA FRANCESCO RICEVE I SINDACI ITALIANI, PUNTO DI RIFERIMENTO DEI

CITTADINI Lo scorso 5 febbraio Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano, presso la Sala Clementina, una delegazione di ANCI guidata dal Presidente Antonio Decaro

“Sono contento di accogliervi per un momento di riflessione sul vostro servizio per la difesa e la promozione del bene comune nelle città e nelle comunità che amministrate. Attraverso di voi, saluto i sindaci di tutto il territorio nazionale, con grato apprezzamento, in particolare, per ciò che state facendo e che avete fatto in questi due anni di pandemia. La vostra presenza è stata determinante per incoraggiare le persone a continuare a guardare avanti. Siete stati punto di riferimento nel far rispettare normative a volte gravose, ma necessarie per la salute dei cittadini. Anzi, la vostra voce ha aiutato anche chi aveva responsabilità legislative a prendere decisioni tempestive per il bene di tutti. Grazie!... Momenti di si affiancano tante difficoltà. Da una parte, infatti, la vostra vicinanza alla gente è una grande opportunità per servire i cittadini, che vi vogliono bene per la vostra presenza in mezzo a loro. La vicinanza. Dall’altra parte, immagino che a volte sentiate la solitudine della responsabilità… Spesso la gente pensa che la democrazia si riduca a delegare col voto, dimenticando il principio della partecipazione, essenziale perché una città possa essere bene amministrata. Si pretende che i sindaci abbiano la soluzione a tutti i problemi! Ma questi – lo sappiamo – non si risolvono solo ricorrendo alle risorse finanziarie. Quanto è importante poter contare sulla presenza di reti solidali, che mettano a disposizione competenze per affrontarle”.

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VESCOVI E SINDACI DEL MEDITERRANEO

UNITI NEL DISEGNARE FUTURI SCENARI DI PACE “Sono contento di accogliervi per un momento di riflessione sul vostro servizio per la difesa e la promozione del bene comune nelle città e nelle comunità che amministrate. Attraverso di voi, saluto i sindaci di tutto il territorio nazionale, con grato apprezzamento, in particolare, per ciò che state facendo e che avete fatto in questi due anni di pandemia. La vostra presenza è stata determinante per incoraggiare le persone a continuare a guardare avanti. Siete stati punto di riferimento nel far rispettare normative a volte gravose, ma necessarie per la salute dei cittadini. Anzi, la vostra voce ha aiutato anche chi aveva responsabilità legislative a prendere decisioni tempestive per il bene di tutti. Grazie!... Momenti di si affiancano tante difficoltà. Da una parte, infatti, la vostra vicinanza alla gente è una grande opportunità per servire i cittadini, che vi vogliono bene per la vostra presenza in mezzo a loro. La vicinanza. Dall’altra parte, immagino che a volte sentiate la solitudine della responsabilità… Spesso la gente pensa che la democrazia si riduca a delegare col voto, dimenticando il principio della partecipazione, essenziale perché una città possa essere bene amministrata. Si pretende che i sindaci abbiano la soluzione a tutti i problemi! Ma questi – lo sappiamo – non si risolvono solo ricorrendo alle risorse finanziarie. Quanto è importante poter contare sulla presenza di reti solidali, che mettano a disposizione competenze per affrontarle”.

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Il Forum del Mediterraneo, Florence Mediterranean Mayors’ Forum, svoltosi lo scorso 26 febbraio, si è chiuso con la firma della Carta di Firenze a Palazzo Vecchio. Un documento che vede, per la prima volta, Vescovi e Sindaci del Mare Nostrum uniti insieme nel disegnare scenari futuri di pace. I 60 vescovi e i 65 sindaci, a conclusione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, hanno espresso la speranza di un negoziato per una soluzione pacifica del conflitto tra Russia e Ucraina.

“I primi cittadini sono portatori di esperienze che ci auguriamo possano offrire un valido contributo all’opera cui siamo chiamati in questi giorni: interrogarsi sui temi che oggi ci chiamano in causa, come cittadini e come rappresentanti delle istituzioni. Temi che ritroviamo tra le premesse della Carta di Firenze – il documento che raccoglierà i risultati di queste giornate di lavoro – e che ci impegnano a una riflessione e a un’azione collettiva: il cambiamento climatico, la povertà e le disuguaglianze sociali, l’emarginazione, il diritto alla salute, la pace. […] Temi sui quali noi sindaci ci impegniamo quotidianamente. Cerchiamo di affrontarli e, laddove possibile, di risolverli sul piano locale, dando il nostro contributo a livello globale. Siamo consapevoli – noi amministratori locali – di dover assolvere a un compito arduo e ambizioso: determinare il cambiamento di rotta attraverso le piccole ‘azioni quotidiane’, le sole che possono fare davvero la differenza nelle grandi sfide mondiali. […] Abbiamo capito che di fronte al male e alla paura non esistono differenze di latitudini o ricchezze. Per questo motivo è ancora più importante impegnarci oggi per il riconoscimento di un diritto universale alla sicurezza sanitaria e alla protezione sociale che parta proprio dall’area Mediterranea. Allo stesso modo con cui abbiamo fronteggiato la pandemia, siamo pronti a fare la nostra parte rivendicando il diritto a partecipare alle decisioni che influiranno sul futuro delle nostre comunità e del pianeta intero”, ha evidenziato.


[…] Siamo consapevoli del ruolo al quale siamo chiamati, e pronti a promuovere iniziative condivise che puntino a mobilitare tutte le risorse materiali e immateriali per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile a favore della cooperazione internazionale, del dialogo tra culture, tra popoli e tra religioni, con l’obiettivo di una più equa ripartizione delle risorse. Siamo qui, a un crocevia tra il passato e il futuro, tra la paura e la speranza, tra la guerra e la pace. Tocca a noi, tutti, ognuno nel suo ruolo e per le sue possibilità, profondere ogni impegno affinché il mondo intero compia questa volta le scelte giuste.” Antonio Decaro, Sindaco di Bari e Presidente Anci


SINDACI DI MILANO E JOHANNESBURG NELLO STEERING COMMITTEE DI I

Giuseppe Sala, Sindaco di Milano, e Mpho Phalatse, Sindaco Esecutivo di Johannesburg sono stati eletti Vicepresidenti della Steering Committee di C40, l’organo di governo che fornisce la direzione strategica per la rete globale di 97 città impegnate ad affrontare la crisi climatica. Giuseppe Sala è stato eletto Sindaco di Milano per la prima volta nel giugno 2016 ed è stato rieletto per un secondo mandato nell’ottobre 2021. È stato Amministratore Delegato dell’Esposizione Universale di Milano da giugno 2010 a dicembre 2015 ed è stato eletto per la prima volta Vicepresidente del Comitato Direttivo C40 nell’ottobre 2016. Presiede anche la task force dei sindaci C40 per una ripresa verde e giusta ed è un membro fondatore del consiglio di amministrazione del Mayors’ Migration Council.

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In qualità di Sindaco di Milano, e nel suo precedente mandato come Vicepresidente C40, Sala ha sostenuto il lavoro della rete sui sistemi alimentari urbani, contribuendo a lanciare la dichiarazione C40 “Good Food Cities” e ampliando il “Milan Urban Food Policy Pact”. Questo Patto è un impegno che coinvolge sindaci di oltre 210 città in tutto il mondo nello sviluppo di sistemi alimentari sostenibili che siano inclusivi, resilienti, sicuri e diversificati, forniscano cibo sano e conveniente per tutti, riducano al minimo gli sprechi e conservino la biodiversità. La leadership di Milano sui sistemi alimentari è stata ulteriormente riconosciuta in occasione dell’assegnazione del Premio Earth Shot nel 2021. A nome di C40, il Sindaco Sala ha più volte chiesto finanziamenti diretti dell’UE per le città, sottolineando il ruolo che esse svolgono come alleate chiave dei governi nazionali nella realizzazione del Green Deal europeo. Attraverso la guida del sindaco Sala, Milano si è anche impegnata con C40 sui seguenti ambiti: zero rifiuti, mobilità sostenibile, qualità dell’aria, clima, migrazione.

Mpho Phalatse è diventata la prima donna sindaco esecutivo di Johannesburg, eletta nel novembre 2021. Dal 2016 al 2019 è stata membro del Comitato del sindaco (MMC) per la salute e lo sviluppo sociale, ruolo in cui ha sostenuto il programma di agricoltura urbana della città. Attraverso questo programma, i residenti di Johannesburg che soffrivano di scarsa sicurezza alimentare potevano coltivare il proprio cibo e venderne l’eccesso. Si é impegnata altresì in iniziative innovative di produzione alimentare, tra cui l’agricoltura sui tetti, idroponica e acquaponica. Una delle priorità del Sindaco Phalatse è creare una città che si impegni a collaborare con il settore privato e sfrutti le opportunità generate dall’economia verde, in particolare quelle legate alla mitigazione del cambiamento climatico. Da quando ha assunto la carica di sindaco esecutivo, Phalatse ha organizzato e ospitato una conferenza “Africa Energy Indaba”, volta a presentare i produttori indipendenti di energia alternativa e rinnovabile, al fine sia di aumentare la capacità di generazione sia di mettere la città su un sentiero verde. Ha anche sostenuto la necessità di costruire un’economia verde inclusiva incorporando attori del settore informale nella più ampia catena del valore, con particolare riguardo ai gruppi di popolazione più vulnerabili, da sempre al centro del suo mandato.

Nei loro nuovi ruoli all’interno del comitato direttivo del C40, i Sindaci Sala e Phalatse saranno la voce guida nella promozione e nella difesa di un’azione per il clima, audace e innovativa, nelle città di tutto il mondo, e nell’ispirare il cambiamento per un futuro migliore per tutti. In qualità di Vicepresidenti, entrambi i sindaci sosterranno la rete dei sindaci all’interno delle città C40 e accelereranno gli sforzi per garantire una ripresa verde e giusta dalla crisi COVID-19, sostenendo i governi nazionali affinché corrispondano all’ambizione delle città nel mantenere gli impegni presi alla COP26


di Glasgow. Il Sindaco Sala è stato eletto per rappresentare le città europee, mentre il Sindaco Phalatse è stato eletto per rappresentare le città africane di C40. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato: “Sono onorato di essere rieletto vicepresidente del C40 e, insieme al Sindaco Colau di Barcellona, rappresentare i miei colleghi della regione europea nella definizione della direzione strategica del C40 e nel riconoscimento alle città della leadership climatica. In qualità di vicepresidente continuerò a promuovere l’agenda dei sindaci C40 per una ripresa verde e giusta, oltre a sostenere gli sforzi per sistemi alimentari sostenibili e a sfruttare l’importante posizione nel mondo di Milano per continuare a servire la rete delle città C40. L’azione inclusiva per il clima e la transizione verso la neutralità carbonica rimangono al centro del mio secondo mandato, in cui non vedo l’ora di poter continuare a imparare dai miei colleghi sindaci del comitato direttivo di tutto il mondo”. Il sindaco esecutivo di Johannesburg, Mpho Phalatse, ha dichiarato: “È un grande privilegio essere eletta vicepresidente C40 per l’Africa. Nel mio prossimo mandato non vedo l’ora di lavorare a nome e insieme ai sindaci del C40 in Africa per contribuire a plasmare un’agenda C40 inclusiva che non solo assicurerà alle città africane una migliore ricostruzione, ma assicurerà un’eredità ambientale positiva e duratura. In qualità di sindaco esecutivo di Johannesburg, una città nota per gli alti livelli di disuguaglianza, il mio ruolo si concentrerà sul lavoro, insieme ai colleghi di tutta la regione, nel determinare il modo migliore per affrontare la dicotomia dell’emergenza climatica.


CITTÀ CAPITALI DELLA CULTURA E RIVITALIZZAZIONE DEI BORGHI NAZIONALI: LA QUALITÀ DELLA VITA AL CENTRO DELLA RINASCITA DEL PAESE

Diciassette e trecento milioni di euro sono l’ammontare che Parma Capitale Italiana della Cultura 20202021 ha veicolato sul territorio attraverso una partnership di gestione pubblica e privata. Nonostante la pandemia, sono stati organizzati oltre 1.000 eventi, coinvolte oltre 700 realtà istituzionali ed associative, pubblicati 72 libri in 24 mesi. Gestire un tale livello di complessità, considerata anche la rigidità dei processi della pubblica amministrazione italiana, è stato possibile grazie a un modello di governance pubblico-privato che ha reso flessibile e partecipato un percorso i cui ostacoli non erano neanche immaginabili. Dal giorno dell’assegnazione del titolo, il 16 febbraio 2018, Parma 2020+21 è diventata una metafora della rigenerazione sociale che il territorio intende realizzare da oggi al 2030, in linea con gli obiettivi dell’Agenda per la sostenibilità. Parma 2020+21 nei mesi segnati dall’emergenza ha proseguito il suo lavoro, ripensando ed integrando il suo ampio e sfaccettato programma, che si è confermato un grande cantiere di riflessione attuale e centrato anche rispetto all’emergenza sociale cui la cultura tutta è oggi chiamata a dare risposte. Un’esperienza che ha affrontato due anni complessi e che ha aiutato a consolidare il ruolo di Parma come città innovativa, oggi un modello virtuoso e all’avanguardia nella gestione del proprio patrimonio culturale e non solo.

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Un testimone per il 2022 che passa a Procida con “La cultura non isola”, un progetto che, secondo la giuria, “potrebbe determinare un’autentica discontinuità nel territorio e rappresentare un modello per i processi sostenibili di sviluppo a base culturale delle realtà isolane e costiere del paese. Il progetto è capace di trasmettere un messaggio poetico, una visione della cultura, che dalla piccola realtà dell’isola si estende come un augurio per tutti noi, al Paese, nei mesi che ci attendono”.

Era maggio del 2020, Bergamo e Brescia piangevano le migliaia di vittime del Covid. C’erano paura, dolore e sofferenza. Emilio Del Bono e Giorgio Gori, rispettivamente sindaci di Brescia e di Bergamo, mandarono al ministro Franceschini la candidatura delle due città a Capitale della Cultura. A luglio la risposta affermativa: designati dal Parlamento in deroga al regolamento. Un segnale forte per le città. “La città illuminata” è il titolo del programma di Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura 2023, un dossier presentato per la prima volta da due città congiuntamente e articolato su quattro punti, tutti mutuati dalle caratteristiche delle due simili comunità: la città come cura, la città natura, la città dei tesori nascosti e la città che inventa. Una “città illuminata” come di ampie vedute, come punto di riferimento, come viva e gioiosa, come fonte di energia. La stesa vitalità che si rivede nel logo


ufficiale in quel 3 a forma di molla rossa pronta a scattare. Il titolo promette un’azione in cui la politica culturale contribuisca allo sviluppo economico e sociale tramite processi duraturi di rigenerazione urbana. “Brescia e Bergamo non hanno quasi mai lavorato insieme, ma è una bellissima occasione: siamo simili a livello demografico, sociologico, produttivo”, racconta il sindaco di Brescia Emilio Del Bono. Bergamo e Brescia si sono riscoperte affini nel loro essere terre di lavoro – l’area manifatturiera che compongono insieme è la prima d’Europa – di solidarietà di matrice cattolica e laica, di memoria storico-artistica e di libertà (sono entrambe città Benemerite del Risorgimento). Alla base del progetto – che vuole anche colmare il laconico dato Istat per cui il 40% degli italiani non ha consumato cultura nel 2020, dato che sale al 70% in ambito museale – c’è l’idea di “una sola grande città metropolitana con solida base manifatturiera, affiancata dalla cultura, improntata a un’ottica di innovazione e caratterizzata dalla densità delle relazioni”, spiega il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che ha ricordato come la cultura sia “lo strumento per cogliere la complessità della realtà, che consente ai cittadini di non perdersi nel cambiamento”.

Ed è stata annunciata, lo scorso 16 marzo anche la Capitale Italiana della Cultura per il 2024 che è PESARO, nominata anche Capitale Italiana dei Giovani per il 2022. «Dedichiamo questa vittoria a Kharkiv, città che insieme a Pesaro fa parte del network delle città creative Unesco della musica. In questi giorni difficili abbiamo mantenuto contatti costanti con il sindaco di questa città e per questo motivo abbiamo voluto colorare il simbolo della nostra candidatura, la foglia del ginko biloba, con il giallo e il blu dei colori della bandiera ucraina. Questa pianta, l’unica sopravvissuta alla bomba atomica di Hiroshima, è divenuta emblema di pace: ora ne abbiamo più bisogno che mai». Così il Sindaco del Comune di Pesaro, Matteo Ricci, nel prendere la parola subito dopo la proclamazione della Capitale italiana della cultura per il 2024, avvenuta oggi alla presenza del Ministro della Cultura, Dario Franceschini, e dei Sindaci delle dieci città finaliste nella Sala Spadolini del Collegio Romano. “La natura della cultura” un progetto che vuole immaginare

insieme ai suoi cittadini la città che non c’è - dai quartieri urbani ai borghi dei dintorni, mettendo in collegamento arte, natura e tecnologia. Forte e ambizioso l’obiettivo: un nuovo concetto di cultura diffusa, inclusiva e in dialogo con l’ambiente. Il nucleo del progetto nasce quindi da una ‘visione collettiva’ che consente di declinare la natura mobile, ubiqua, imprevedibile, operosa e vivente della cultura in cinque linee tematiche che si articolano in un programma culturale fatto di 45 azioni di intervento e che coinvolge i 50 comuni della provincia dall’Appennino all’Adriatico, fin oltre la linea della riviera. La visione plurale e condivisa è nata durante l’anno di costruzione del percorso di candidatura, adottando il metodo dell’ascolto. Riprendendo l’idea della comunicazione utile di Massimo Dolcini - figura storica che con il suo lavoro ha segnato la grafica italiana e non solo -, Pesaro ha avviato ‘esercizi di cittadinanza culturale’, per incrociare la molteplicità di sguardi e desideri dei suoi abitanti sullo spazio urbano e ripensarlo in termini di prossimità, identità, mobilità sostenibile. Con questa finalità ha voluto rilanciare il suo modello di territorio policentrico che include in armonia centro e periferia, borgo e metropoli, verso un’idea rinnovata di provincia.

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Presentati i progetti per il rilancio di 250 borghi italiani previsto dal PNRR. Due linee di azione con 420 milioni di euro a 21 borghi individuati da Regioni e Province autonome e 580 milioni di euro ad almeno 229 borghi selezionati tramite avviso pubblico rivolto ai Comuni. “Ventuno borghi straordinari torneranno a vivere. Un meccanismo virtuoso voluto da dal Ministero della Cultura ha portato le regioni a individuare progetti ambiziosi che daranno nuove vocazioni a luoghi meravigliosi. Sul PNRR dobbiamo correre, c’è un cronoprogramma stringente e lo stiamo rispettando”. Così Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, intervenendo, insieme al Presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Massimiliano Fedriga, alla Coordinatrice della Commissione Cultura alla Conferenza delle Regioni, Ilaria Cavo, e al Professor Giuseppe Roma, componente del Comitato Nazionale Borghi del MiC, alla presentazione prevista dal Piano Borghi del PNRR. “L’obiettivo del piano Borghi previsto dal Pnrr - ha proseguito il Ministro - è quello di creare una crescita sostenibile e di qualità e di distribuirla su tutto il territorio nazionale. Da qui è partita questa idea che si è poi sviluppata attraverso un confronto con le Regioni, l’Anci e il Comitato Borghi”. La prima linea, alla quale sono stati destinati 420 milioni di euro, è finalizzata al rilancio economico e sociale di borghi disabitati o caratterizzati da un avanzato processo di declino e abbandono. Ciascuna Regione o Provincia Autonoma ha esaminato le candidature proposte dalle varie realtà territoriali e individuato il progetto pilota - con relativo borgo - a cui indirizzare l’investimento di 20 milioni di euro, per un totale di 21 interventi su tutto il territorio nazionale. Le risorse saranno utilizzate per l’insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca.

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La seconda linea d’azione mira invece alla realizzazione di progetti locali di rigenerazione culturale di almeno 229 borghi storici, integrando obiettivi di tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto allo spopolamento. Circa 1.800 sono state le candidature presentate dai Comuni, in forma singola o aggregata - fino a un massimo di 3 Comuni - con popolazione residente complessiva fino a 5.000 abitanti, secondo quanto predisposto dall’avviso, per poter disporre dei 380 milioni di euro previsti dal Piano. L’importo massimo del contributo sarà di circa 1,65 milioni di euro a borgo.


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INTERVISTE

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Si intitola “Pandemonio” (Edizioni Laterza) e racconta la pandemia. La firma è di uno scienziato, ma la scrittura è di un ottimo comunicatore. Una lettura che coinvolge anche i non addetti ai lavori, ma al tempo stesso inattaccabile scientificamente nei contenuti.

Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e docente di Igiene all’università Cattolica di Roma, già Organizzazione Mondiale della Sanità, già Istituto superiore di Sanità, e non solo, dipinge il quadro della situazione attuale partendo dalla storia: “Le pandemie del passato sono durate un paio d’anni con ondate successive come accaduto con la pandemia di Spagnola tra il 1918 e il 1921 che alla fine diventò un’influenza normale per poi sparire. Con i coronavirus la situazione è un po’ differente, abbiamo meno esperienza e stiamo imparando. Ci saranno delle ondate successive e dobbiamo prepararci”.

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Intervista a Walter Ricciardi, Presidente WFPHA e Mission Board for Cancer CE

Insomma, guai a cantare vittoria o credere che tutto tornerà normale con la fine dello stato d’emergenza. “Siamo in una fase positiva della pandemia che migliorerà in primavera e in estate ma dobbiamo farci trovare pronti per evitare un’ulteriore ondata pandemica nell’autunno e inverno prossimi”. Il 22 febbraio 2020, pochi giorni


dopo l’esplosione del Covid-19 in Italia, Ricciardi viene chiamato dal ministro Speranza a fargli da consulente nella drammatica lotta alla pandemia. Inizia così l’avventura professionale e umana raccontata in questo libro che incrocia l’esperienza più drammatica nella storia di questo Paese dopo la guerra. Ricciardi è stato chiamato a condividere decisioni difficilissime e spesso contestate, dalle modalità del lockdown nei diversi settori ai conflitti con le Regioni e alla chiusura delle frontiere. Racconta le riunioni concitate tra i responsabili della salute dei diversi Paesi europei e le polemiche tra clinici, virologi ed epidemiologi, il ruolo delle istituzioni, la difficoltà a veicolare attraverso i media informazioni chiare. In ultimo, la decisiva e molto complessa partita delle vaccinazioni, la cui riuscita è vitale. Ma questo libro è anche la presa d’atto che solo una buona sanità pubblica può salvare da una nuova pandemia. E in questo Ricciardi crede da sempre e predica a livello internazionale: “Questo dovrà essere l’impegno di tutti per il futuro”. Questo è prepararsi a previste future pandemia, confidando anche in un vaccino universale per tutti i coronavirus, varianti comprese. Da un osservatorio privilegiato, il racconto in presa diretta della lunga e difficile lotta al Covid-19. Dice Ricciardi: “Certo. Ma anche un accorato appello per una riforma che affronti i nodi cruciali del finanziamento e del funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale, senza la quale ogni risorsa aggiuntiva sarà insufficiente a prevenire e fronteggiare un futuro in cui le pandemie saranno eventi probabili. Dipende da noi o sarà di nuovo ‘pandemonio’ (citando il titolo del suo libro, nda)”. Nel libro parla di sindrome di Cassandra degli scienziati, in particolare quelli della sanità pubblica. Che cosa intende? Non penso alla vera patologia che porta a un comportamento eccessivamente pessimista e dallo sfondo ossessivo-maniacale, bensì quel particolare stato d’animo di chi sa di avere ragione ma sa anche che non sarà mai creduto. A dirlo oggi sembra esagerato e anche un po’ incredibile. Ma questa pandemia era uno degli eventi più prevedibili della storia, eppure al suo arrivo tutti erano impreparati: governi, politici, organizzazioni sanitarie. Che cosa andava fatto, in particolare in Italia? Per vincere questa sfida era necessario cambiare rotta su una serie di aspetti che avevano caratterizzato la politica sanitaria italiana dal 2001 in poi. La crisi determinata dalla pandemia deve diventare un’opportunità per introdurre delle riforme nel sistema sanitario e, più

in generale, nel sistema di sicurezza sociale. Dal punto di vista del benessere collettivo, la strategia ottimale deve prevedere il disegno di politiche sanitarie ‘dinamicamente efficienti’. In questo contesto il nostro SSN deve sganciarsi dalla prevalente logica ‘ospedalocentrica’ che tanto ha contribuito ad aggravare, soprattutto in alcune Regioni, l’impatto dell’epidemia da nuovo coronavirus e, finalmente, articolare il sistema su tre pilastri, tutti fondamentali ed equilibrati tra loro: l’ospedale, la medicina generale, la sanità pubblica territoriale. Sono emerse anche chiare pecche nella comunicazione, nel dilagare dell’infodemia paventata come pericolo dall’OMS già all’inizio della pandemia. Sarebbe stato importante continuare a informare e comunicare in modo chiaro e mirato sulle cose giuste da fare a livello sia individuale sia collettivo, ma nell’epoca dell’infodemia, cioè della circolazione eccessiva di informazioni, spesso non verificate, non è un’impresa facile. È stata sconcertante la leggerezza con cui alcuni clinici e virologi si sono avventurati in ricostruzioni e proposte di sanità pubblica che hanno contribuito ad alimentare la confusione dei cittadini. E non ha giovato, in questo contesto, la frequente (con poche encomiabili eccezioni) cattiva o inutile modalità informativa dei media che, pur dedicando molte ore al tema, non sono riusciti a far capire la gravità della situazione e soprattutto a spiegare la natura dei reali problemi. Molto spesso questa attività di infotainment (più intrattenimento che informazione) è stata spettacolare, distraente, inutile e, in molti casi, dannosa. Morale? Per nessuna ragione si può essere ingannevolmente consolatori con chi, comprensibilmente, è stanco di sacrifici e restrizioni. Farlo è rovinoso. È già successo tante volte nel passato provocando spesso danni gravissimi. È accaduto, ad esempio, nella più grande pandemia della seconda metà del secolo scorso, l’AIDS. I medici americani che diagnosticarono per primi la patologia la etichettarono come malattia degli omosessuali perché i primi casi erano stati identificati tra i gay, con la conseguenza che la malattia fu trascurata e i pazienti stigmatizzati fino a quando non si capì che l’intera popolazione mondiale era suscettibile di ammalarsi. È per questo che la medicina clinica, di laboratorio e di sanità pubblica devono sempre lavorare insieme, perché è solo dall’armonica sinergia di queste discipline e dal costante scambio di dati e informazioni che possono emergere le soluzioni più adeguate: divisioni e narcisismi individuali e corporativi denotano solo irresponsabilità e, soprattutto, sono dannosi per la vita delle persone.

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C14+, un’alleanza italiana per l’Urban Health Intervista a Enzo Bianco, Presidente C14+ e Presidente Consiglio Nazionale ANCI

Sempre di più salute, benessere e qualità di vita di‐ ventano parole chiave nell’agenda dei Sindaci. Quale può essere la via da seguire nei Comuni per intercet‐ tare i bisogni dei cittadini su questi temi e rendere le nostre città più sostenibili in termini di qualità di vita e benessere?

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Sicuramente la risposta risiede, oggi come mai prima, nella capacità di un Sindaco di guidare l’azione per il governo del territorio secondo un approccio olistico, tanto nella fase di ascolto dei bisogni dei cittadini quanto in quella di implementazione della risposta. Vi è la necessità di coinvolgere tutti i soggetti che, a vario titolo, si occupano di promozione della salute e qualità di vita all’interno della città, inclusi percorsi mirati per la partecipazione civica. Il Comune può diventare il punto di convergenza dei dati e delle mappe di salute, fulcro di decisioni innovative proprio in termini di so­ stenibilità che, diversamente, non sarà realmente per­ seguibile. Lo stiamo vedendo, purtroppo, in questo periodo di guerra in Ucraina, così come vi abbiamo assistito du­

rante la pandemia: il sindaco conosce i bisogni dei pro­ pri cittadini e li tutela fino alla fine, praticando l’acco­ glienza e con un impegno in prima linea che può anche costargli la vita, come è avvenuto al sindaco di Gostomel, Yuriy Prylypko, che stava distribuendo cibo e farmaci quando è stato ucciso da una raffica di pro­ iettili scagliati da militari russi. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo dovuta a COVID‐19 ha evidenziato come sia inutile e dannoso lavorare a silos e viene evidenziato come il territorio e le città debbono essere coinvolte, attraverso i Sin‐ daci e le amministrazioni locali, in un processo di presa in carico della salute e dei suoi determinati. Come coinvolgere Sindaci nelle politiche sulla salute? I Sindaci provenienti da ogni parte d’Europa e del mondo avvertono per primi tale necessità e urgenza. In questo senso la pandemia ci ha impartito una dura e dolorosa lezione, di cui oggi cominciamo a fare te­ soro grazie alla declinazione di tavoli di lavoro con­ giunto e a consultazioni permanenti tra livelli di governo ed enti interessati proprio in materia di inte­


grazione socio­sanitaria e promozione della salute. Una nuova modalità di lavoro e di relazione che, senza dubbio, porterà a una migliore presa in carico delle fragilità e delle emergenze, a livello locale, e, al con­ tempo, a una migliore pianificazione degli assetti ur­ bani in ottica di salute. Come ho avuto modo di affermare intervenendo al Florence Mediterranean Mayors Forum ­ l’incontro dei Sindaci e dei Vescovi del Mediterraneo di Firenze ­ serve una forte mobilita­ zione a partire da un municipalismo contagioso, che dia luogo a processi di rafforzamento delle comunità locali delle Associazioni dei comuni. A livello internazionale sono nati grandi network, come ad esempio il C40, sul tema dell’ambiente e oggi i Sindaci riescono a sviluppare proposte per la riduzione di C02 nell’ambiente che superano addirit‐ tura le politiche dei rispettivi Paesi. È possibile pro‐ muovere network simili sui temi della salute? Le città oggi si trovano nelle migliori condizioni per an­ ticipare, in qualche modo, le politiche nazionali e so­ vranazionali in favore della sostenibilità, in ogni sua forma, quindi anche in ottica di salute pubblica: per le competenze acquisite nelle progettazioni degli ultimi anni, per la capacità di attrarre fondi e di stimolare partenariati pubblici­privati sui territori, per una mag­ giore rapidità e flessibilità nel processo decisionale. Insieme allo sviluppo dei mezzi di comunicazione, questo aspetto ha fatto sì che si creasse una sorta di “richiamo” al confronto, alla buona pratica, alla nar­ razione degli impatti creati dalle città proprio grazie ai network. C14+ nasce come osservatorio e think tank nazionale nelle 14 aree metropolitane e in genere in tutte le re‐ altà urbane. Quale è l’obiettivo immediato di C14+ e se vede possibile un allargamento dello stesso a li‐ vello europeo. C14+ è proprio uno dei network nati per promuovere il confronto e la discussione tra città, al fine di consen­ tire ai decisori di attivare soluzioni migliorative per la salute e il benessere nei contesti urbani. Ha un proprio Osservatorio permanente, un punto di vista privile­ giato in grado di coniugare ricerca scientifica e valo­ rizzazione dal basso del contributo delle amministrazioni locali che abbiano realizzato impor­ tanti esperienze. L’obiettivo che stiamo perseguendo è di integrare la nostra governance e contribuire con il nostro impegno al raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi pre­ visti dalle Missioni del PNRR, con riguardo al tema della qualità della vita in ambito urbano, per poter fa­ cilitare il dialogo a livello nazionale e confrontarci pro­ prio in sede europea, grazie un linguaggio operativo condiviso, su una visione comune per costruire “l’Eu­ ropa della Salute”.

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HEALTH CITY INSTITUTE:

UN MODELLO PER STUDIARE LA SALUTE NELLE CITTÀ L’esponenziale sviluppo urbano, cui il mondo ha assistito, ha modificato profondamente lo stile di vita della popolazione e seguita a trasformare il contesto ambientale e sociale in cui viviamo molto rapidamente. L’urbanizzazione crea nuovi rischi: riduce l’equità, genera tensioni sociali e introduce minacce per la salute delle persone. La configurazione attuale delle città e, più in generale, l’urbanizzazione presentano per la salute pubblica e individuale tanti rischi ma anche molte opportunità. Infatti ove le città sono ben pianificate, ben organizzate e amministrate coscientemente, si può dare vita a una sinergia tra istituzioni, cittadini e professionisti in grado di migliorare le condizioni di vita e la salute della popolazione. Da qui il termine Urban Health che è diventato oggetto di studio e che in Italia impegna i ricercatori di Health City Institute nell’analisi dei determinati della salute in relazione alla crescente urbanizzazione. Andrea Lenzi, Professore di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma è il Presidente di questo innovativo Istituto che si occupa di ricerca. Sempre di più salute, benessere e qualità di vita diventano parole chiave nell’agenda dei Sindaci. Quale può essere la via da seguire nei Comuni per intercettare i bisogni dei cittadini su questi temi e rendere le nostre città più sostenibili in termini di qualità di vita e benessere? Come ricerca e università possono contribuire a questo?

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La salute non é più solo un “bene individuale”, ma un “bene comune” che richiama ciascuno ad adottare comportamenti virtuosi basati sul rispetto reciproco. Il bene comune è dunque un obiettivo da perseguire da parte sia dei Cittadini, sia dei Sindaci e degli Amministratori locali che devono ergersi a garanti di una sanità equa e armonica, facendo sì che la salute della collettività sia considerata un investimento e non solo un costo. L’organizzazione della città, e più in generale dei contesti sociali e ambientali contemporanei, è in grado di condizionare e modificare i bisogni emergenti, gli stili

di vita e le aspettative dell’individuo, fattori che dovrebbero essere considerati nella definizione e nell’orientamento delle politiche pubbliche grazie a una stretta cooperazione con il mondo della ricerca e dell’università, in grado di offrire dati, analisi ed evidenze funzionali al processo decisionale pubblico. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo dovuta alla COVID-19 ha evidenziato come sia inutile e dannoso lavorare a silos ed evidenzia la necessità di coinvolgere il territorio e le città, attraverso i Sindaci e le Amministrazioni locali, in un processo di presa in carico della salute e dei suoi determinati. Come coinvolgere i Sindaci nelle politiche per la salute e avviare un “patto cittadino per la salute” che coinvolga le Università? L’emergenza dovuta alla COVID-19 ha dimostrato come è folle e anacronistico pensare di affrontare problemi di salute e sanità pubblica lavorando a silos. La configurazione attuale delle città offre per la salute pubblica e individuale opportunità di sinergie locali tra le Amministrazioni locali, le autorità sanitarie, le Università e il mondo sociale che potranno essere la vera risposta alle sfide dell’urbanizzazione. A livello internazionale la ricerca sui determinati della salute nelle città sempre di più coinvolge Governi, Università ed Esperti. Qual è la situazione in Italia? Il tema dell’Urban Health in generale è relativamente nuovo, ma viene affrontato come tema culturale e non di ricerca. Questo è un fattore da superare rapidamente, dando centralità ai progetti di ricerca. Per questo come Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio, che ho l’onore di presiedere, abbiamo realizzato un tavolo di lavoro sull’Urban Health. Parimenti il Ministero della Salute, con il nostro contributo, ha realizzato un documento programmatico sulla salute urbana, approvato lo scorso novembre in Conferenza Unificata. Inoltre, mi sembra importante sottolineare l’ottenimento della Chair UNESCO da parte dell’Università Sapienza di Roma proprio sull’Urban Health.


Intervista ad Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute Fatti concreti che nascono da un’azione di forte sensibilizzazione realizzata in questi anni come Health City Institute, grazie alla sinergia con ANCI. Penso, per esempio, anche alla Giornata Nazionale per la salute e il benessere nelle città, che promuoviamo ogni 2 luglio, e alle Lettere Aperte che ogni anno, in occasione dell’Assemblea nazionale dei sindaci italiani, inviamo a istituzioni e governo per sensibilizzarli sul tema della ricerca dei determinanti della salute in ambito urbano. HCI nasce come istituto di ricerca che si interfaccia con istituzioni e università. Qual è l’obiettivo immediato di HCI e quali linee di ricerca si possono sviluppare? Health City Institute è un health tank indipendente, apartitico e no profit, nato come risposta civica all’urgente necessità di studiare i determinanti della salute nelle città. Health City Institute è costituito da un gruppo di professionisti, attualmente circa 240, distintisi nel proprio campo di appartenenza, che lavorano a titolo personale e pro bono per elaborare proposte attuali, fattive e d’impatto e per individuare le priorità sulle quali agire in tema di salute nelle città. A istituzioni e università vogliamo offrire un confronto permanente con competenze diversificate (orizzontali, verticali e di sistema) e accesso a best practice comparate e globali; una controparte professionale animata da senso civico, credibile e indipendente, disposta a lavorare su specifici progetti e azioni mirate per la promozione della salute. È con queste premesse che Health City Institute offre alle migliori energie intellettuali del Paese un’efficace piattaforma sullo studio dei determinati della salute nelle città e in particolare sull’invecchiamento, sull’obesità e la lotta alla sedentarietà, sulle malattie croniche non trasmissibili, in particolare il diabete, sugli effetti dell’inquinamento luminoso sulla salute, sulle correlazioni tra vulnerabilità socio-economiche e culturali e aspettativa di vita, buona salute, e certamente oggi altresì sugli aspetti correlati alle pandemie infettive e diffusive di origine virale.

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Inserire e declinare il trinomio salute, benessere e qualità della vita in ogni atto parlamentare per generare impatti positivi Sempre di più salute, benessere e qualità di vita diventano parole chiave nell’agenda politica. Quale può essere la via da seguire per intercettare i bisogni dei cittadini su questi temi e rendere le nostre città più sostenibili in termini di qualità di vita e benessere? Riattivare i territori e rivitalizzare la partecipazione attiva è indubbiamente il primo passo da compiere, è la missione che ci ha affidato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo in Parlamento, riunito in seduta congiunta, il giorno del suo insediamento per il secondo mandato. Le città saranno più eque se sapremo ascoltare i bisogni delle nostre comunità e saranno più sostenibili se sapremo creare alleanze multidisciplinari per studiare i determinanti di salute e predisporre politiche pubbliche atte a colmare i divari nell’accesso ai servizi - non solo di salute ma anche educativi, formativi e sociali, e a ridurre le disuguaglianze di salute. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo dovuta alla COVID-19 ha evidenziato come sia inutile e dannoso lavorare a silos; territori e città devono essere coinvolti, attraverso i Sindaci e le Amministrazioni locali, in un processo congiunto di presa in carico della salute e dei suoi determinanti. Come coinvolgere Parlamento e Sindaci nelle politiche per la salute?

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Con l’approvazione del Decreto PNRR e successivi provvedimenti si è inteso strutturare una cabina di regia e una struttura di consultazione costante e allargata a tutti i livelli di governo: siamo convinti che questo strumento sarà decisivo nel facilitare il dialogo, nel prevenire problemi nella messa a terra e per la gestione delle ingenti risorse a disposizione, nel favorire un monitoraggio costante ed efficace di traguardi e obiettivi del Piano. Inoltre, oltre le Regioni, anche le Province e i Comuni sono stati resi enti attuatori, un aspetto che comporterà responsabilità e, al contempo, opportunità di incidere su temi come la tutela e la promozione della salute e del benessere, prettamente in carico ai primi cittadini. D’altro canto, il Parlamento ha rafforzato tutti gli strumenti previsti per il monitoraggio, l’audizione e la produzione di documenti utili a supportare

la realizzazione di azioni e riforme, insieme a quelli propri, legislativi, naturalmente. A livello internazionale salute e benessere sono entrati a far parte delle agende di Governi e Parlamenti. Cosa realmente può fare il nostro Parlamento su questi temi? Può contribuire a mettere in luce le enormi opportunità che si offrono a cittadini, territori e imprese su questi temi, grazie alla straordinaria stagione di ricostruzione che abbiamo davanti a noi. Dobbiamo già imparare a guardare all’Italia del dopo PNRR e fare fin da ora uno sforzo di immaginazione del Paese e della società che vogliamo, e quindi dei relativi passi da compiere per pianificarli e costruirli. L’Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città” è un luogo di confronto istituzionale sui temi della salute e del benessere in ambito urbano: qual è l’obiettivo immediato dell’Intergruppo? Vedete possibile un allargamento dello stesso a livello europeo? Certamente, in questi anni, dal 2018, l’Intergruppo ha sempre rappresentato uno spazio di confronto su questi temi e di approdo di alcune istanze, pensiamo: all’inserimento dello studio della salute all’interno della materia di educazione civica recentemente re-introdotta a scuola o all’inserimento del settore del turismo sportivo all’interno della legge delega sul turismo o, ancora, alla più recente approvazione, da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato, della stessa parola “sport” in Costituzione. Moltissimi sono stati gli eventi cui abbiamo partecipato per promuovere la cultura del benessere nelle nostre città, e, purtroppo, altrettante sono state le occasioni, in questi ultimi due anni, in cui ci siamo fatti interpreti di richieste per superare la crisi sanitaria e socio-economica causata dalla COVID-19. Dobbiamo continuare questo percorso fino alla fine della Legislatura, puntando a inserire in ogni atto parlamentare utile una concreta declinazione di questo trinomio per generare impatti diffusi e positivi su tutto il territorio nazionale e, magari, europeo, grazie ai tanti tavoli di confronto fra Parlamenti nati all’indomani dell’approvazione del NGEU.


Intervista all’On. Roberto Pella e alla Sen. Daniela Sbrollini, Presidenti Intergruppo parlamentare “ Qualità di vita nelle città”

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URBAN HEALTH COLUMNS 45


A Sapienza la Cattedra UNESCO sull’Urban Health di F. Greenhouse

Da un accordo tra l’UNESCO e la Sapienza nasce la nuova cattedra di “Education and research for improved urban health and wellbeing in cities”, diretta dal Presidente Health City Institute, Professor Andrea Lenzi, Direttore del Dipartimento di Medicina Sperimentale. L’obiettivo della Chair UNESCO è promuovere un sistema integrato di ricerca, training e informazione sul tema della salute e del benessere urbano. L’iniziativa faciliterà la collaborazione internazionale tra ricercatori e docenti di università e istituzioni in Italia, Europa, Nord America, Africa, America Latina e nel resto del mondo. Nello specifico, la Cattedra si propone di fornire attività di supporto alle università negli studi e nel monitoraggio dei fattori di benessere che contribuiscono alla costruzione di città in salute; sensibilizzare gli studenti, a partire dai più piccoli, sul tema attraverso programmi e strumenti didattici nelle scuole; promuovere l’integrazione tra policy e programmi di livello nazionale e internazionale riguardanti la salute e il benessere; coinvolgere la cittadinanza e le comunità con la azioni di partecipazione attiva; infine, creare rapporti di cooperazione con UNESCO e le sue cattedre nella realizzazione di progetti e attività. L’accordo tra i due partner avrà una durata di 4 anni, con possibilità di rinnovo.

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Il Programma UNITWIN/UNESCO Chairs, lanciato nel 1992, promuove la collaborazione internazionale interuniversitaria e l’organizzazione in rete per rilanciare le capacità istituzionali attraverso la condivisione di conoscenze e il lavoro collaborativo. Le università, attraverso la Rete, mettono in comune le loro risorse umane e materiali per affrontare le sfide più pressanti e contribuire allo sviluppo della società. Spesso la Rete delle Cattedre è in grado di fornire esperti e mediatori

tra il mondo accademico, la società civile, le comunità locali, la ricerca e la politica, dimostrando la propria utilità nell’informare i decisori politici, stabilire nuove iniziative didattiche, generare innovazione attraverso la ricerca e contribuire all’arricchimento di programmi universitari esistenti promuovendo, allo stesso tempo, la diversità culturale. Sono 830 le UNESCO Chair/UNITWIN attualmente attive in 110 Paesi e, per la prima volta, anche la Salute Urbana troverà spazio all’interno di questa rete globale di saperi e confronto.


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Health City Institute entra nella

Green Community

di Ri-Generazione Scuola

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In seguito all’esame positivo del Comitato per la valutazione delle candidature alla rete nazionale denominata “Green Community”, Health City Institute è stato inserito nella grande “Comunità Verde” interessata a sostenere le istituzioni scolastiche verso il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. RiGenerazione Scuola è il Piano del Ministero dell’Istruzione attuativo degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU pensato per accompagnare le scuole nella transizione ecologica e culturale e nell’attuazione dei percorsi di educazione allo sviluppo sostenibile previsti dall’insegnamento dell’educazione civica. La scuola ha il compito di educare le studentesse e gli studenti ad abitare il mondo in modo nuovo e sostenibile e di renderli protagonisti del cambiamento. Con il termine “rigenerazione” s’intende superare il concetto di “resilienza”; infatti, non si tratta più di adattarci o resistere ai cambiamenti climatici, ma di generare un nuovo modo di abitare che guardi “lontano” nel tempo e nello spazio. Il Piano mira a stringere un legame di lungo periodo fra le diverse generazioni per insegnare che lo sviluppo è sostenibile se risponde ai bisogni delle generazioni presenti, ma non compromette quelle future. Il Piano intende valorizzare, mettere a sistema ed implementare i progetti e le attività già in essere nelle scuole e offrire un vasto repertorio di strumenti e di risorse, che le scuole potranno utilizzare per sviluppare le progettualità sui temi collegati allo sviluppo sostenibile. Con l’articolo 10 del D. Lgs 8 novembre 2021 n. 196 il Piano entra a far parte dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche. Nella fase di elaborazione del Piano dell’offerta formativa per il triennio 2022-2025 le scuole potranno inserire, a partire dal mese di settembre 2022, nel curricolo di istituto, le attività relative ai temi della transizione ecologica e culturale collegan-

dole ai quattro pilastri ed agli obiettivi di Rigenerazione. Il piano RiGenerazione Scuola intende affrontare il tema della sostenibilità in chiave sistemica. Vale a dire nella completezza delle diverse componenti dell’abitare la scuola che riguardano non solo i saperi e le conoscenze, ma anche i comportamenti che si acquisiscono all’interno degli ambienti scolastici, la qualità degli edifici e degli spazi che i nostri giovani vivono e infine anche rispetto alle opportunità che il nuovo modello abitativo porta con sé. Per questo il Piano si poggia su quattro pilastri: la rigenerazione dei saperi, dei comportamenti, delle infrastrutture e delle opportunità. La “Green Community” (GC) di cui HCI fa parte è una rete di soggetti pubblici e privati, amministrazioni pubbliche, istituzioni culturali, scientifiche, di ricerca, organizzazioni no profit e profit, anche di rilievo internazionale, che si è messa a disposizione delle comunità scolastiche per supportarle nella realizzazione delle iniziative di RiGenerazione. La rete è a disposizione delle Scuole per le attività non solo laboratoriali e progettuali ma anche per momenti formativi e di approfondimento scientifico. HCI offrirà contenuti e partnership incentrati sul concetto di “salute come bene comune”.

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ENLIGHTENme: un successo la prima Conferenza Internazionale su illuminazione e salute di C. Spinato È stato un grande successo “Shaping Light for Health and Wellbeing in Cities”, la prima Conferenza internazionale del progetto ENLIGHTENme, co-finanzaito da Horizon 2020 del cui consorzio Health City Institute è membro. Lo scorso 16 e 17 dicembre 2021 il progetto UE ENLIGHTENme ha ospitato la sua prima conferenza internazionale. Intitolata “Shaping light for health and wellbeing in cities”, l’evento virtuale ha riunito più di 100 partecipanti del mondo accademico, industriale e dell’amministrazione locale da tutta Europa, Stati Uniti e Australia. Dopo le presentazioni introduttive della coordinatrice del progetto, Prof.ssa Simona Tondelli dell’Università di Bologna, del Prof. Russell Foster dell’Università di Oxford e di Lucy Kimbell dell’Università delle Arti di Londra, si sono poste le basi per la due giorni di condivisione di conoscenze e risultati sulla teoria, metodologia e applicazioni in merito alle molteplici conseguenze che l’illuminazione per interni ed esterni ha sulla salute e il benessere delle città. Quasi 30 articoli accademici sono stati presentati e discussi sui seguenti temi: • “Illuminazione sociale e illuminotecnica per il benessere urbano” • “L’illuminazione artificiale e le sue implicazioni per la salute, il benessere e il ritmo circadiano” • “Urban analytics e politiche innovative di illuminazione urbana per la salute e il benessere” • “Aspetti etici legali e sociali dell’illuminazione urbana e relativi studi sanitari” La conferenza ha evidenziato come l’illuminazione urbana costituisca un argomento multidisciplinare che attinge da diverse discipline come scienze cliniche e biomediche, etica e ricerca e innovazione responsabili, pianificazione urbana e architettura, accessibilità e interoperabilità dei dati, nonché scienze sociali ed economia, tutti aspetti che forniscono elementi complementari ma anche contrastanti per ulteriori

esplorazioni. Un punto chiave delle presentazioni e delle discussioni è stata l’importanza di trasferire la ricerca nella pratica: mentre i vari strumenti, gli studi clinici e i principi etici, tra gli altri, hanno prodotto risultati inestimabili, il salto di qualità di questa ricerca verso l’implementazione di politiche urbane richiederà ancora maggiore consapevolezza e uno sforzo congiunto di tutti gli attori e le discipline. Questi sono l’obiettivo e la sfida del progetto ENLIGHTENme. Riunendo esperti di diversi campi e settori scientifici, il progetto ENLIGHTENme mira a raccogliere prove sull’impatto dell’illuminazione esterna e interna sulla salute umana, specialmente negli anziani che sono noti per essere particolarmente vulnerabili e per soffrire di disallineamento circadiano. Oltre a ciò, ENLIGHTENme si propone di sviluppare e testare soluzioni e politiche innovative che compenseranno le disuguaglianze sanitarie nelle città europee.



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Progettare politiche del benessere. Dobbiamo trasformarci in

‘manager della salute’ di Tiziana Frittelli DG AO San Giovanni Addolorata e Presidente Nazionale Federsanità La vicenda del Covid ci ha insegnato che la salute pubblica va tutelata non solo nelle strutture assistenziali, governate dal Servizio sanitario nazionale, ma anche nelle strutture sociali gestite dai Comuni, come pure nelle strutture che si trovano su quei territori, come ad esempio le case di riposo. È il momento di monitorare integralmente questa rete e utilizzarla sia per la promozione di sani stili di vita, che per trovare intelligenti e integrali soluzioni di presa in carico, coinvolgendo in via diretta anche il terzo settore, le associazioni dei pazienti, i caregiver, con unica cabina di regia. È il momento di chiederci quali siano i margini di riforma dell’intero sistema dell’assistenza, quali gli ambiti di innovazione anche alla luce di quanto hanno registrato i sistemi locali di welfare a seguito dell’esperienza di gestione pandemica e alla luce di quanto Ministero della Salute e Agenas stanno tracciando con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Il punto di partenza è solo uno: entro il 2050 quasi due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle città, secondo la stima contenuta nel World Urbanization Prospects dell’OMS. Oggi le città occupano solo il 2% della superficie terrestre del Pianeta, ma ospitano già più della metà della popolazione mondiale e generano oltre l’80% di tutta la produzione economica. Questo significa che la sfida più impegnativa sarà la sostenibilità sociale, ambientale ed economica. In questo quadro comunicare, informare, alfabetizzare ed educare alla salute e ai suoi determinanti è determinate. La nostra categoria, quella dei direttori generali del servizio sanitario nazionale, deve passare dall’idea di manager della sanità a manager della salute, dando attuazione a scelte di benessere in un’ottica One Health. Siamo già in una stagione in cui il valore emergente è quello dell’alleanza, da tutelare e preservare. L’alleanza tra professionisti e istituzioni, tra ospedale e territorio

e, poi soprattutto, l’alleanza terapeutica con il cittadino, ritrovata in un momento difficile, dopo che questo Paese ha dovuto emanare una legge per la tutela degli operatori sanitari, troppo spesso vittime negli ultimi anni di episodi di violenza. Ecco allora l’importanza della riscoperta del senso di appartenenza e del superamento degli interessi contrapposti a favore del benessere proprio e altrui, nell’ottica di una visione di salute, appunto, One Health in cui non si può prescindere da un dovere individuale, teso a preservare la salute della comunità con un senso di responsabilità imprescindibile soprattutto in questo momento storico. È il momento di monitorare integralmente la rete dell’assistenza e utilizzarla, valorizzandola, sia per la promozione di sani stili di vita, che per trovare intelligenti e integrali soluzioni di presa in carico, coinvolgendo in via diretta anche il terzo settore, le associazioni dei pazienti, i caregiver, con unica cabina di regia. Gli obiettivi di ogni stakeholder coinvolto devono essere univoci: promozione di politiche che aiutino le persone a sviluppare le capacità e consapevolezza; rafforzamento di reti che tengano conto dei nuovi attori del welfare; capacità di leggere i nuovi bisogni e innovare le risposte sociali.

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SISMA 2016:

LA RICOSTRUZIONE, LE COMUNITÀ, LA PARTECIPAZIONE di Raniero Maggini, area “Ambiente e Territorio” di Cittadinanzattiva

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È ormai trascorso un lustro dal sisma che nel 2016 sconvolse l’Italia centrale, colpendo alcuni Comuni in modo così devastante che ancora oggi appare lontano il traguardo della ricostruzione, nonostante il lavoro svolto in questi ultimi anni dalla Struttura commissariale, volto a superare in particolar modo i limiti generati dalla burocrazia. Attraverso la redazione del Testo Unico per la Ricostruzione Privata, la Struttura guidata da Giovanni Legnini ha voluto snellire la stratificazione dei provvedimenti emessi nel tempo, portando a semplificazioni la normativa in materia. Un approccio metodologico che ha dato un impulso notevole non solo nell’ambito privato ma anche in quello pubblico, interessando settori strategici come quello scolastico. Accanto all’azione istituzionale, un ruolo importante nella ricostruzione lo hanno avuto le iniziative volte a facilitare la partecipazione attiva dei cittadini con l’obiettivo di riappropriarsi del territorio e guardare con fiducia al futuro delle loro comunità. Tale obiettivo è stato al centro di specifico Accordo siglato dalla Struttura commissariale con Cittadinanzattiva ed ActionAid agli inizi del 2021 per favorire il coinvolgimento delle comunità e del tessuto socio-economico locale nel processo di ricostruzione del Centro Italia, in particolare nei comuni più colpiti. Nell’ambito di tale Accordo, Cittadinanzattiva ha lanciato durante la scorsa estate un’indagine rivolta ai cittadini di quelle aree per conoscere le principali problematiche riferite a diverse tipologie di servizi; emergeva un dato significativo in relazione alla “mancata ricezione del contributo per la ricostruzione privata”, spesso determinato da una difficoltà di accesso o di non corretta comprensione delle informazioni. Da lì l’attivazione, nell’autunno 2021, di uno “Sportello di tutela” (tel. 06 36718005) dedicato ai cittadini dei Comuni del cratere. Prioritaria si è mostrata l’esigenza della capillare diffusione delle informazioni che,

proprio in considerazione della difficoltà che ancor oggi gravano sulle comunità colpite dal sisma, non sempre riescono a raggiungere tutti. Altrettanto rilevante si dimostra l’organizzazione del lavoro o meglio della effettiva capacità di risposta dei professionisti che seguono le numerose pratiche ancora in gioco. E in relazione ai professionisti impegnati nella ricostruzione, è lo stesso Commissario Straordinario alla Ricostruzione sisma 2016, Giovanni Legnini, ad intervenire a febbraio di quest’anno: “Sono 29mila quelli iscritti nell’elenco speciale mentre sono 2.700 circa quelli che hanno avuto incarichi. Dobbiamo allargare la platea sulla base di regole e iniziative condivise con la rete delle professioni tecniche. Ma vi è necessità che le progettazioni viaggino più speditamente. Fino a oggi sono stati avviati 12mila cantieri, di cui 5.200 nel solo 2021. Vorremo mantenere questo ritmo per ricostruire in tempi ragionevoli ma adesso il Superbonus 110% su tutto il territorio nazionale, i tecnici e le imprese che scarseggiano e i prezzi che sono esplosi, hanno generato una nuova difficoltà. Stiamo cercando di dipanare uno per uno questi temi. Ma abbiamo bisogno di progetti”. Le parole del Commissario Legnini lasciano intendere una eccessiva concentrazione degli incarichi sul singolo professionista o studio professionale e dunque il rischio che “non si riesca a smaltire la pratica” con successo. Pertanto ancora una volta occorre facilitare il dialogo, in questa circostanza tra cittadini e soggetti incaricati ai fini della ricostruzione, tentando di superare una situazione di stallo che pesa sul singolo come sull’intera comunità. In territori che nonostante la violenza del terremoto, mantengono bellezza del paesaggio e della natura straordinaria, un elemento non trascurabile ai fini della ripresa è rappresentato dagli attori che animano il mondo rurale e montano. Al pari della programmazione urbanistica delle città, si deve mettere in campo


una capacità di visione che permetta di utilizzare le risorse disponibili efficacemente, per sostenere le aziende agricole, gli operatori dell’ospitalità, le guide naturalistiche e gli altri interpreti del territorio, nel pieno rispetto dell’ambiente. I processi partecipativi sono particolarmente preziosi anche in questo ambito, al fine di facilitare l’incontro tra le parti e permettere agli Enti, locali e sovralocali, di confrontarsi proficuamente con i residenti, anche rimodulando indirizzi che non avessero tenuto adeguatamente conto dei bisogni della comunità. In questa direzione, un banco di prova rilevante è certamente dato dalle risorse che verranno destinate tramite le misure previste dal PNRR e che dovranno essere occasione di ricostruzione delle comunità e del loro futuro, di adeguato spazio alla partecipazione e agli strumenti che potranno garantirla. Con l’Osservatorio Civico sul PNRR, di cui Cittadinanzattiva è tra i promotori insieme a numerose altre realtà, abbiamo più volte ricordato che: “Non è immaginabile una ripartenza che non preveda un attivo e consapevole coinvolgimento di cittadini e cittadine. La trasparenza è una precondizione indispensabile per la comprensione ed il coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contiene e per il monitoraggio dei progetti che lo tradurranno in interventi concreti.” E la partecipazione è il tema che dovrà essere protagonista anche nell’ambito della discussione che si aprirà in merito al “Codice per la Ricostruzione”, un orizzonte nuovo per la disciplina “dell’emergenza oltre l’emergenza”, ma che difficilmente potrà essere raggiunto senza il ruolo attivo dei cittadini.

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Scuola e Salute: quale futuro per la

medicina scolastica? La consapevolezza che la salute umana, quella animale e quella dell’ecosistema siano strettamente legate è alla base del modello sanitario One Health che non solo è riconosciuto ufficialmente dal Ministero della Salute, dalla Commissione Europea e da tutte le organizzazioni internazionali come l’approccio ideale, e sempre di più l’unico possibile, per farsi trovare pronti alle sfide che si è chiamati ad affrontare, ma che si sta sempre più facendo spazio nell’immaginario anche dei non addetti ai lavori. Una declinazione più specifica di One Health è quella che riguarda l’Urban Health, ovvero, come suggerisce il nome, il forte impatto che l’urbanizzazione avrà viste le previsioni che indicano nelle città e negli ambienti metropolitani la presenza del 70% della popolazione mondiale entro il 2050 -, sulla salute pubblica. Il tema della salute urbana è trasversalmente impattante, e vi si ricollegano anche il documento Urban Health Rome Declaration, sottoscritto alla fine del G7 Salute del 2017 dal Ministero della Salute e ANCI per sottolineare proprio come cittadini, sindaci e amministratori locali debbano proporsi come garanti di una sanità equa, facendo sì che la salute della collettività sia considerata un investimento, e il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 che ribadisce l’approccio per setting e cioè scuola, ambiente di lavoro, comunità, servizi sanitari e città come strumento facilitante per le azioni di promozione e prevenzione della salute.

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Prendendo come target point proprio quello della salute nella scuola, appare evidente come quest’ultima sia da intendersi come luogo sicuro e sano per tutti gli studenti, e soggetto attivo nella promozione del benessere, e a questo proposito Fondazione The Bridge ha voluto capire come genitori, insegnanti e sindaci, ovvero i principali portatori d’interesse, intendano la medicina scolastica, ed è stata dunque realizzata un’indagine che ha coinvolto circa 600 intervistati tra i soggetti appena elencati.

Emerge come sia unanime il parere dei genitori circa l’utilità dei servizi sanitari scolastici e come vi sia un accordo generale nel ritenere la scuola un luogo in cui l’esigenza di salute e benessere degli studenti diventino reali priorità ma anche come, dall’altra parte, manchino i collegamenti con i servizi sanitari territoriali come il pediatra di libera scelta e le Aziende Sanitarie Territoriali. Per quanto riguarda il personale docente, il 97% pensa che la scuola sia un contesto che possa mettere in pratica un’efficiente promozione della salute a beneficio della comunità, anche se viene sottolineato come non sempre esistano gli strumenti adeguati affinché ciò avvenga, e rispetto ai sindaci, ben il 92% è d’accordo nel ritenere che la città rappresenti uno snodo cruciale per incidere sui determinanti della salute, e che rispetto ai temi in cui sarebbe interessante investire in ambito locale, al primo posto c’è sicuramente lo sviluppo di programmi per la prevenzione e di educazione sanitaria, seguito dall’integrazione tra politiche di gestione diretta della salute e politiche di altri settori dell’attività amministrativa, dal miglioramento degli spazi di vita delle città e delle comunità e dalla sostenibilità ed ecocompatibilità in edilizia dello spazio urbano. ll tema della salute nelle scuole è stato certamente rimesso al centro dell’attenzione con la pandemia da Covid-19 che ha risvegliato l’interesse per la medicina scolastica e per la sua messa in pratica, e anche inevitabilmente sollevato il ruolo attivo e cruciale che il sistema scolastico italiano ha nel contesto sociale; dopo una fase dettata dall’emergenza sarebbe importante poter ragionare in termini di programmazione, e in questo senso la lettura dei dati evidenzia quanto la scuola rappresenti un possibile snodo all’interno di una più ampia rete di servizi e figure professionali per la presa in carico e la tutela del benessere degli studenti, a garanzia di equità, prossimità e universalismo nell’acceso ai servizi sociosanitari.


di Rosaria Iardino, Presidente Fondazione The Bridge


Tra guerra e pandemia, ripensare la resilienza urbana


di Eleonora Selvi, Presidente Nazionale Senior Italia

Mentre scriviamo esce la notizia che l’UE sta incoraggiando gli Stati membri ad aumentare le scorte di pillole allo iodio e di tute contro le radiazioni nucleari per affrontare le possibili conseguenze di attacchi chimici e biologici, a seguito delle minacce di Vladimir Putin. Un’amica residente in Svizzera mi spiega come lì da loro le città siano da sempre attrezzate con una rete di bunker estesa sotto ogni casa e sotto ogni condominio. Al momento della costruzione di una casa se non vuoi il bunker devi firmare da qualche parte, mi dice, e a quel punto in caso di disastro vieni destinato a un bunker collettivo. Scopro così che al momento gli svizzeri possono contare su 360mila bunker costruiti al di sotto di abitazioni ed edifici, oltre a 5.100 rifugi pubblici. Una città segreta sotto ogni città, insomma. Una seconda piccola Svizzera sotterranea, capace di accogliere il 100% della popolazione in caso di disastro nucleare o attacco con armi chimiche o biologiche. In queste ore nelle farmacie di mezza Europa si scatena la corsa alle pillole di iodio, mentre chi fa seria informazione scientifica si affanna a spiegare come l’incauta assunzione preventiva di tali farmaci in assenza di una reale necessità possa essere dannosa per la salute, provocando rischi per la tiroide, senza peraltro proteggere dai più gravi effetti di eventuali radiazioni. Insomma, in uno scenario come questo l’inquinamento nelle città, il riscaldamento globale e le altre questioni che prima del conflitto in corso in Ucraina occupavano tanta parte delle nostre riflessioni sul futuro del pianeta appaiono se non obsolete perlomeno sospese, congelate nella paralisi collettiva del pensiero che esita ad abbracciare un orizzonte più ampio di quello che si stringe intorno al terribile momento presente, in cui lo spettro di un disastro nucleare torna ad aleggiare sull’Europa, sia pure come possibilità remota, come il meno probabile degli esiti, si spera, della guerra in corso. In ogni caso i temi della discussione non possono restare gli stessi, i termini non possono non subire una risignificazione. La parola “sicurezza” fino a un mese fa avrebbe evocato la possibilità di impiegare tecnologie al servizio della sicurezza urbana attraverso la diffusione di dispositivi tecnologici, sensori, infrastrutture che consentano di connettere oggetti e persone e rendere i sistemi più efficienti. Ora parlando di sicurezza nelle città non

possiamo non spostare l’accento su come quei sistemi possano essere impiegati nel rendere più sicure le città in caso di eventi naturali o catastrofi di altro genere. La preoccupazione non è nuova, e non è dettata solo dalla guerra in corso alle porte dell’Europa: secondo Openpolis, tra il 2013 e il 2020 solo in Italia lo “stato di emergenza” è stato dichiarato ben 100 volte. Allora ecco che le nuove tecnologie della Smart City divengono risorsa per gestire le situazioni critiche e per prevenirle. Ad esempio nella gestione efficiente delle richieste di soccorso in caso di evento critico, per la diffusione delle informazioni ai cittadini, per la rilevazione di criticità e guasti nelle infrastrutture e nel sistema dei trasporti, alle reti energetiche, ai sistemi sanitari e di assistenza. E infine le tecnologie sono essenziali nel governo dei rischi sismici e idrogeologici attraverso l’impiego di sistemi di sensori. Trasformare le città, insomma, significherà sempre più puntare sulla sicurezza urbana e non solo, guardando alla necessaria trasformazione delle Smart Cities in Safe Cities, anche con l’utilizzo di Droni, sistemi di Cloud Computing nella prevenzione, e molto altro. Il Safe City Index, l’indicatore globale creato dall’Economist Intelligence Unit, misura la sicurezza delle città in modo da poter sviluppare città sempre più sicure, individuando 76 diversi fattori per la misurazione della sicurezza urbana, riuniti in cinque pilastri: la copertura digitale, la salute, le infrastrutture, il personale, la sicurezza ambientale. L’Indice colloca al primo posto nel 2021 le città di Copenhagen, Toronto, Singapore, Sydney, Tokyo, esattamente in quest’ordine. Il Covid 19 è stata la prima sfida pandemica globale del nuovo millennio ed ha rafforzato ed esteso il bisogno di sicurezza dal punto di vista sanitario, ha messo sotto pressione le risorse dei sistemi sanitari e delle stesse città, stimolando ulteriormente i cambiamenti tecnologici e sociali già in atto, e ora la guerra in Ucraina e la minaccia di utilizzo di armi chimiche e batteriologiche e ancora più la minaccia nucleare impongono di accelerare il processo di trasformazione, per cambiare il nostro modo di pensare, di fronte alle nuove sfide, si tratti di guerre, pandemie o rischio di disastri nucleari, il concetto di resilienza urbana.

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URBAN ECO MOBILITY TREND di Federica Ascoli, Communication Consultant

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Il modo di muoversi in città sta cambiando grazie alle tecnologie digitali e sempre più spesso si parla di smart mobility, ovvero una mobilità intelligente e a misura di cittadino, che si serve di soluzioni digital - in primis le app - per rendere gli spostamenti nelle aree urbane più green, comodi e convenienti. Si perché la lotta all’inquinamento e ai cambiamenti climatici diventa prioritaria e i centri urbani devono fare rete, pensare in grande e soprattutto cambiare paradigma optando per soluzioni innovative, tecnologicamente avanzate, per una mobilità a basso impatto ambientale basata sull’elettrico, sui biocombustibili sostenibili e sulla micro mobilità. La smart mobility nello specifico è un sistema che comprende diverse forme di trasporto integrate tra loro, dall’ideazione di piste ciclabili, all’acquisto di auto elettriche, alla scelta del car sharing o quella di optare per la micro mobilità (biciclette, scooter e monopattini tutti disponibili anche in modalità sharing) per muoversi. Per l‘appunto un’esperienza a 360 gradi che coinvolge tantissimi aspetti della quotidianità e garantisce un approccio green ed eco friendly. Ripensare il sistema dei trasporti significa quindi andare verso una vita migliore, dove la salute del Pianeta si muove di pari passo con quella di tutti noi che lo abitiamo. I vantaggi di un sistema di trasporto a basso impatto ambientale infatti sono davvero tantissimi. A partire dalla qualità dell’aria che ne giova con una notevole diminuzione di agenti nocivi. Pensiamo infatti che se da un lato le auto elettriche implicano un potenziale inquinante ridotto ai minimi termini, anche le vetture plug-in hybrid e full hybird dal canto loro si rivelano valide alleate nella lotta contro l’inquinamento atmosferico. La silenziosità poi è uno dei pregi delle vetture elettriche, grazie al quale si riduce l’inquinamento acustico, spesso fastidioso e dannoso alla salute soprattutto nei contesti urbani. Naturalmente la transazione verso l’elettrificazione del sistema di trasporto, sia pubblico che privato, significa inevitabilmente ripensare le città, ridefinirne gli spazi e nel contempo modificare l’organizzazione e le regole della mobilità, con un impatto tangibile sulle abitudini e il modus vivendi dei suoi abitanti. Di fatto sembra ormai avviato il passaggio verso una mobilità full electric, molte case auto hanno già iniziato questo switch con l’obiettivo di arrivare nei prossimi

anni ad offrire un parco auto sempre più green. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) fissa a 6 milioni le auto elettriche che dovrebbero circolare in Italia nel 2030, a fronte delle attuali 70.000. Nel panorama italiano, Milano è destinata a diventare una delle città che più si rinnoverà dal punto di vista dei trasporti, classificandosi al sesto posto del Transforming cities Index. 552.000 residenti cambieranno le proprie abitudini di spostamento, da oggi al 2030, il che equivale al 17% della popolazione. Ci si aspetta che la bicicletta diventi il mezzo di trasporto in più rapida crescita, dal momento che sempre più persone rinunceranno alla propria auto in favore di alternative più sostenibili. Ma anche gli spostamenti a piedi saranno tra i favoriti. Già da ora a dire il vero, nella città meneghina è sempre più consuetudine muoversi noleggiando il mezzo di trasporto più adatto a seconda delle esigenze del momento e di dove ci si deve recare. In questo modo si bypassano tanti problemi, quali il pagamento dell’area B e C, dei parcheggi e del carburante. E ci si sente molto green e trendy: la maggior parte dei veicoli in sharing sono eco friendly e offrono sempre anche la possibilità noleggi più lunghi e flessibili per accontentare proprio tutti. Una vera è propria rivoluzione nelle abitudini che necessita di una buona apertura verso un approccio digitale e tecnologico nonché di un nuovo modo di organizzarsi, soprattutto per chi opta per il passaggio al full electrict. Perché se per coloro che vivono in una città con facile accesso alle stazioni di ricarica se istallate nel proprio garage (sono ancora piuttosto scarse quelle sperse nei centri urbani), il pendolarismo in un veicolo elettrico può essere un ottimo modo per aiutare l’ambiente, chi è orientato ad un viaggio più lungo deve necessariamente pianificarlo ed organizzarlo molto bene per individuare punti di ricarica veloci lungo il percorso evitando così di rimanere a piedi. Per fortuna i veicoli elettrici offrono batterie sempre più performanti con notevole autonomia e pensati per tutti i target. Troviamo proposte super giocose e divertenti per la città come Citroen Ami e Opel Rocks-e o soluzioni con percorrenze in elettrico davvero sorprendenti. Pensiamo ad esempio ai circa 500 Km della Kia EV6 vincitrice del premio The Car Of The Year 2022. Insomma tante nuove sfide e nuovi stili di vita. La eco mobility fa davvero strada!


La smart mobility è un’esperienza di mobilità urbana sostenibile. Una visione, un approccio, un modo di vivere totalmente nuovo, digitale ed ecologico


Quale via e quali tempi per Le scelte insostenibili del di Mariabenedetta Guastellini

Nel tempo del dubbio, in cui l’attenzione si è spostata dalla pandemia da Covid-19 all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, un tema su cui ci si è trovati a dibattere è l’approvvigionamento energetico. Coerentemente con gli obiettivi di cui ai Piani nazionali di ripresa e resilienza, la transizione energetica ha imposto ai governi delle maggiori potenze economiche di ripensare la composizione del mix energetico primario. In questo momento ci si trova in una situazione non semplice: un intervento da parte delle istituzioni sarà necessario; tuttavia, non è sufficiente, perché le cause profonde che hanno contribuito a determinare questa crisi non verranno meno nel breve termine. In questi ultimi anni sono stati commessi non pochi errori sul fronte degli interventi in materia di energia: ora si può certamente affermare che alcune scelte di natura politica ed economica prese in passato hanno portato a ciò che si intende per populismo energetico, le cui conseguenze saranno pagate dal consumatore finale, nonché contribuente. Occorre che gli interventi, a differenza che in passato, siano coerenti con gli obiettivi che si intendono perseguire: solo con l’analisi d’impatto della regolamentazione è possibile stabilire quali sono le politiche pubbliche efficaci. Tuttavia, il legislatore dell’ultimo quinquennio non sembra aver cambiato ancora rotta.

Ma come funzionano queste truffe? I problemi nascono con il decreto Rilancio del 2020, che non ha posto alcun limite alla possibilità di cedere i bonus edilizi: bastava, quindi, falsificare le pratiche o sfruttare dei prestanome per ottenere le somme rivolgendosi a Poste Italiane, alle banche o agli intermediari. Tramite il passaggio di diversi prestanomi si ottenevano le credenziali per accedere all’area riservata dell’Agenzia delle entrate nella quale si poteva inserire la comunicazione di cessione dei crediti d’imposta e relativi bonus. Una volta creati crediti d’imposta con dati finti, dichiarando di aver pagato canoni di locazione più alti del reale o dichiarando lavori mai effettuati, si attuava la truffa. La denuncia delle truffe allo Stato ha portato al blocco del sistema dei bonus per le imprese edilizie. Il premier ha affermato che senza superbonus l’edilizia non smette di funzionare e non si può pensare a un settore bloccato in questo senso. Eppure, sono numerose le attività ferme al momento. Gabriele Buia, presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), chiede al Governo di intervenire sul consolidato status quo: la proposta è che sia la Banca d’Italia a fare da garante sulle cessioni dei crediti, invece che i singoli istituti bancari e postali. Il mercato italiano dell’energia: liberalizzazione e dirigismo, di Giorgio Ferrigno

Superbonus e truffe, di Simona Giaquinto

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Le truffe messe a punto sfruttando Superbonus e altri bonus edilizi sono “tra le più grandi mai viste” nella storia della Repubblica. Il Ministro dell’Economia Franco ha però aperto uno spiraglio su possibili novità sulla cessione dei crediti, arginate dal Decreto Sostegni ter. Il Presidente Draghi e il Ministro Franco hanno presentato a febbraio i risultati emersi dalle indagini della magistratura: si parla di 2,3 miliardi di euro già sequestrati per operazioni indebite.

Il mercato italiano dell’energia vive un periodo di coabitazione di due visioni opposte: la tariffa tutelata, calcolata ogni tre mesi dall’Autorità competente (Arera) e le tariffe alternative offerte autonomamente dai player del mercato. L’Indice Prezzo Selectra a marzo 2022 non poteva essere più chiaro: la tariffa fissata dal mercato tutelato è la più alta. Decision-maker e regolatori si ostinano però a rimanere nella tradizione del dirigismo economico. Con l’articolo 16-ter del decreto legge 152/2021, la liberalizzazione del mercato energetico è


la transizione energetica? passato stata posticipata per la quarta volta, ponendoci in palese ritardo con gli obiettivi comunitari. Salvo ulteriori proroghe, si raggiungerà per tutte le classi di consumatori a gennaio 2024. Ci sono sicuramente giustificazioni oggettive e condivisibili per rallentare il processo: l’emergenza sanitaria (ormai utilizzata come causa omnibus), l’incertezza degli scenari internazionali, i livelli mediocri di tasso di switching e di uscite nette dalla tutela. Tuttavia, si registra anche una resistenza istituzionale: l’esempio più evidente è la lacunosa attività di informativa dell’Arera e del Ministero dello Sviluppo Economico che, secondo la legge sulla concorrenza del 2017, avrebbero dovuto promuovere la consapevolezza dei consumatori sul tema. Le classi di consumatori oggi meno informate sono sicuramente le utenze domestiche e le micro-imprese: due quote di mercato non irrilevanti. Nei prossimi mesi i costi di energia saranno il tema di tutti i giorni e l’attuale status quo, implicitamente accolto da Governo e Autorità di settore, stagna le dinamiche di mercato a causa della sua incertezza e sicuramente pregiudica i consumatori. Negli ultimi anni sono diverse le iniziative imprenditoriali impegnatesi nel risolvere i punti più critici, spesso quotidiani, dell’elettricità e del gas. Esistono ad esempio startup che sono emerse sul mercato semplicemente grazie ad un loro obiettivo dichiarato: rendere le bollette facilmente leggibili. Si tenga inoltre presente che la fornitura di elettricità e gas rappresenta solo un mercato a monte: i mercati a valle della manutenzione o dell’assistenza tecnica possono soltanto che beneficiare dall’apertura del mercato alle idee e innovazioni di nuovi soggetti. Crisi energetica: da problematica a (possibile) soluzione, di Matteo Lo Giudice Parlare di transizione ecologica ad oggi risulta più ostico del dovuto a causa delle crescenti tensioni tra gli

Stati UE e la Russia. Ad oggi l’energia del nostro Paese deriva da: 40% gas, 20% fonti rinnovabili (principalmente dall’idroelettrico), 33% dal petrolio ed un 7% da fonti secondarie. Ogni anno vengono utilizzati circa 70 miliardi di metri cubi di gas in Italia, di cui 66 miliardi importati dall’estero ed andando nello specifico circa il 38% dei 66 miliardi viene acquistato dalla Russia. (Dati ufficiali MISE) Ma se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere, quello che risulta evidente ai nostri occhi, è che queste gravissime tensioni dovute al conflitto in Ucraina possano essere di buon auspicio per velocizzare il processo di transizione verso un paese più green. Un passaggio rapido ed esponenziale alle fonti rinnovabili ad oggi risulta molto difficile, soprattutto considerando le tempistiche estremamente ristrette. Un passaggio massivo al rinnovabile richiede tempistiche estremamente lunghe e basterebbe ad oggi solo per soddisfare il bisogno delle attività domestiche della popolazione. Attualmente le soluzioni per tamponare la crisi energetica risiedono essenzialmente nell’utilizzo del Gas dello stoccaggio italiano, di fatto il nostro paese possiede una riserva di circa 17 miliardi di metri cubi di Gas che non possono chiaramente soddisfare il bisogno di tutta la popolazione ma potrebbero essere una soluzione nel breve periodo. Un’altra soluzione potrebbe essere un aumento dell’importazione di Gas Naturale Liquefatto via mare. Se i tempi si prospettavano lunghi per un passaggio verso una soluzione 100% green, l’attuale crisi ci deve servire da monito per capire che il tempo è scaduto. Vivendo nel periodo più incerto ed instabile degli ultimi 80 anni non ci si può più permettere di allungare i tempi, ma è necessario iniziare già da adesso ad attuare strategie che abbiano come obiettivo prima di tutto un’indipendenza energetica e soprattutto un’indipendenza completamente ecologica.

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FOCUS ON CITTÀ


COMFORT TOWN:

IL QUARTIERE COLORATO DI KIEV di F. Greenhouse Gli echi della guerra, che ci coinvolge tutti quali europei, ci consegnano le città ucraine martoriate dai bombardamenti e ci inducono tutti a riflettere sulla fragilità del nostro Pianeta. Vogliamo ricordare Kiev non come città ferita, ma colorata e simbolo di una architettura piena di gioia e speranza. Una città che era riuscita a costruire il quartiere di Comfort Town, uno dei progetti architettonici più straordinari del mondo. La vogliamo ricordare così: bella per natura e storia, proiettata in un futuro Kiev, città cosmopolita per natura e cultura, è storicamente la madre di tutti i popoli di origine slava. Una città vivace che conta 2,6 milioni di abitanti anche se il numero sale fino a 4 milioni, se si considerano tutti gli immigrati interni non registrati, che affonda le proprie radici nella storia. Fondata nel V secolo, da allora la capitale è sopravvissuta alle invasioni mongole, a incendi devastanti e alla pianificazione urbana del periodo comunista. La maggior parte delle opere artistiche e architettoniche di Kiev furono distrutte durante la seconda guerra mondiale, quando la città fu bombardata massicciamente; quello che rimase fu restaurato e riportato alla luce, grazie allo sforzo di tutti i cittadini, donando alla capitale ucraina un volto tra passato e futuro. Kiev è una città che si sviluppa su due livelli, con la città nuova che mostra ampi viali e immense piazze, mentre la città vecchia è costruita sulle colline che sovrastano il fiume Dnepr. Kiev è considerata la capitale dell’Europa orientale ed è stata, negli ultimi decenni, una meta turistica di elevato richiamo culturale. In questo modo è possibile spiegare perché Kiev, oltre a essere la culla della civiltà russa, è anche uno dei centri spirituali più importanti della chiesa ortodossa, un mix che la rende una città unica. Percorrendo il Boulevard Kreshchatik, viale principale della città, si giunge alla Cattedrale di Santa Sofia, dell’XI secolo, che ospita alcuni mosaici e che venne disegnata per emulare lo splendore delle chiese bizantine. 68

Nel quartiere di Pechersk ha sede lo storico centro ecclesiastico, dove è possibile ammirare il Monastero delle Grotte fondato nel 1051, un monumento divenuto per certi versi il simbolo della capitale, che si trova a pochi chilometri dal centro ed è costituito da numerose chiese che richiamano in modo palese lo stile bizantino con cunicoli sotterranei che custodiscono le spoglie mummificate dei monaci. La Chiesa di Mykola

Prytysko, che risale al 1631 invece costituisce un ottimo esempio di architettura del primo barocco ucraino congiuntamente alla Cattedrale della Dormizione, che risale all’XI secolo, ed è inserita nel complesso del Monastero. La zona più folcloristica della città si racchiude tra gli edifici e le piazze dello storico quartiere dei mercanti e sede del porto fluviale, il vecchio quartiere Podol dove è possibile ammirare la chiesa di St. Andrea, disegnata dal famoso architetto Rastrelli, la cattedrale di St. Michele, il Golden Gate, l’Università e il palazzo dell’Opera. Immerso tra le colline panoramiche di Kiev a soli 12 chilometri dal centro, si trova il Museo di Architettura Popolare, un’occasione unica per rivivere il passato tra cottage, chiese, fattorie e mulini a vento di legno dei secoli compresi tra il XVII e il XX secolo. Il Museo di Chernobyl testimonia la gravità dell’incidente nucleare avvenuto a pochi chilometri di distanza da Kiev, sul confine con la Bielorussia. Ed è in questo contesto storico, di una città ricca di tradizioni, che è stato creato uno dei progetti architettonici più interessanti al mondo: la costruzione del quartiere di Comfort Town. Un quartiere pensato per la felicità degli abitanti, con case modulari e colorate, ribattezzato Quartiere dei Lego, perché quegli edifici sembrano proprio costruiti con i celebri mattoncini colorati. Un quartiere dove gli architetti di Archimatika, Dmytro Vasyliev, Aleksandr Popov, Olga Alfiorovalo, si sono ispirati al principio di assemblaggio dei blocchi costruttivi per sviluppare Comfort Town, complesso residenziale che riporta il colore in un quartiere grigio di Kiev. Partendo dal compito assegnato di trasformare il quartiere in un posto dove le persone volessero effettivamente stare, vivendo felici, i progettisti hanno deciso di dipingere gli edifici alternando tinte accese e pastello, disegnando semplici forme geometriche per gli


edifici e facciate completamente piatte, senza balconi. Il quartiere si sviluppa su 40 ettari di terreno, di cui 3,7 di impianti sportivi outdoor, un enorme fitness club e oltre 14mila metri quadrati dedicati a spazi commerciali, al cui interno si trova ad esempio l’Academy of Modern Education, una struttura dedicata ai bambini che comprende un asilo da 160 posti, una scuola elementare da 140 posti e la scuola di classe energetica A+ da 600 posti. Questo nuovo quartiere è stato subito molto apprezzato dalle giovani famiglie e dalle nuove generazioni di professionisti, che hanno colto l’opportunità di vivere una nuova dimensione di Kiev, come città proiettata nel futuro, dove zone pedonali, parchi e spazi verdi insieme ad aree dedicate ai più piccoli si compenetrano per garantire vivibilità a tutti. Un vero mix di healthy, green e sport city.

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FOCUS ON SPORT E CITTÀ 71


Il valore sport

della

sostenibilità

per lo

di Federico Pagliara, Fondazione SportCity

Il connubio tra sport e sostenibilità va ben oltre il semplice concetto di sostenibilità ambientale e “green”. Spesso viene infatti generalizzato il tema collegandolo ad iniziative che sensibilizzano alla raccolta differenziata o alla riduzione dell’utilizzo della plastica. Lo sport e la sostenibilità devono invece prevedere uno studio di tre tematiche chiave: ambientale, sociale, economica.

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Sostenibilità ambientale Sono tante ormai le realtà sportive (brand, eventi, organizzazioni) che hanno introdotto delle politiche di sostenibilità ambientale ed implementato varie iniziative virtuose capaci di dettare le linee per il cambiamento. Questa crescente sensibilizzazione parte dalle conseguenze che l’alto utilizzo di materiali sta avendo sul nostro pianeta. Tra i grandi brand del mondo sport, molti hanno introdotto l’utilizzo di materiali riciclati nella propria catena di produzione. È così che Adidas ha lanciato sulle proprie piattaforme digitali la campagna “End Plastic Waste” che prevede la protezione del nostro pianeta creando articoli con materiali naturali, riciclati o che possano entrare nel circolo dell’economia circolare. I grandi eventi sportivi tengono sempre più in considerazione gli SDGS (obiettivi per lo sviluppo sostenibile) dell’agenda 2030 nel momento di progettazione ed organizzazione delle varie componenti che ne fanno parte. Questo dimostra come lo sport e gli eventi sportivi in particolare hanno un serio impatto su diversi componenti, non solo ambientali. Eventi come la Run Rome the Marathon (Maratona di Roma) stanno per esempio introducendo dei sistemi di progettazione che tengano conto degli OSS e del loro impatto. Una delle varie iniziative da loro introdotte è la creazione di una foresta in Guatemala tramite la piantumazione di alberi coinvolgendo le comunità locali. Non solo l’organizzazione ed i propri partner doneranno 3 mila alberi, ma i runner stessi potranno procedere con le proprie donazioni libere. Questo per compensare le emissioni

di CO2 generate dall’evento stesso. Organizzazioni internazionali come la FIVB inoltre hanno creato progetti specifici (Good Net Project) che prevedono il riutilizzo di vecchie reti da pesca in reti da volley installate nelle spiagge dove le comunità locali possono essere coinvolte in attività sportive e ricreative. In questo caso specifico l’intervento va oltre l’obiettivo ambientale, ed si colloca con un forte focus sociale in quanto i benefit di questo intervento si riflettono anche sulle comunità locali e le “strutture” messe a loro disposizione. Le varie attività sportiva che vengono praticate hanno loro stesse un particolare impatto ambientale. infatti lo sport all’aria aperta, quello che non richiede infrastrutture particolari o attrezzature per praticarlo, è tra i più sostenibili a livello ambientale e con un ridotto impatto sul territorio e la cittadinanza. Non solo realtà sportive, ma anche gli sportivi “destrutturati” iniziano a sentire la necessità di dare un loro contributo per migliorare le condizioni ambientali dei luoghi in cui praticano sport giornalmente. Dalla pulizia dei parchi cittadini e delle aree urbane tramite attività di plogging (corsa/camminata combinata alla raccolta di rifiuti) fino ad arrivare alla pulizia dei bacini d’acqua con attività di raccolta rifiuti mentre si pagaia in una canoa. Sosteniblità sociale Come anticipato precedentemente gli interventi promotori di sostenibilità ambientale sono spesso strettamente collegati anche ad aspetti di sostenibilità sociale. Per due semplici ragioni, la prima è l’impatto diretto che può avere uno specifico intervento come nel caso del “Good Net Project” delle FIVB. La seconda si riferisce all’impatto indiretto che iniziative come il plogging possono avere se presentate alle giovani generazioni. L’impatto sociale infatti che un’iniziativa del genere potrà avere è collegato alla formazione ed alla consapevolezza dell’impatto negativo che possiamo avere sul nostro pianeta e di come una semplice attività


fisica e virtuosa può migliorare le nostre condizioni di vita. Chiaramente lo sport è anche un generatore di felicità e benessere capace di migliorare la condizione psicofisica di chi lo pratica soprattutto all’aria aperta. A livello sociale uno dei principali elementi da tenere in considerazione è quello dell’inclusività. In qualsiasi settore sportivo deve essere garantita l’accessibilità e garantita la stessa possibilità di partecipazione a specifiche attività. Continuando a parlare di sport nelle aree urbane o nei parchi cittadini è fondamentale che non vi siano barriere di accesso per cittadini portatori di disabilità e che la progettazione dei vari interventi sul territorio rispettino sempre la cittadinanza nella sua totalità. Lo sport come produttore di benessere deve anche essere necessariamente accessibile sia per i giovani che per gli anziani senza alcuna discriminazione d’età. Di recente lo sport sta inoltre affrontando una nuova crisi sociale dettata dal conflitto scatenatosi in Ucraina. Lo sport e gli sportivi italiani e non solo si sono stretti in una campagna sociale e solidale che supporta in maniera concreta ed efficace le famiglie affette dagli orrori del conflitto. Donazioni, iniziative solidali, comunicazione su media e press, campagne di raccolta fondi sono solo alcune delle tante iniziative sociali da poco introdotte dalle società sportive, dagli eventi e dai grandi brand del settore. Gli aspetti sociali stanno diventando così importanti che spesso adesso si inizia a parlare di Ritorno Sociale sull’Investimento (SROI). Questo particolare indicatore è già introdotto in varie aziende ed organizzazioni non facenti parte del mondo sportivo, ma sicuramente in futuro potrà diventare un grande elemento di differenziazione tra le organizzazioni sportive virtuose o meno. Misurare il rendimento sociale degli sportivi di tutti i giorni, quelli che corrono al parco o che fanno yoga in spiaggia deve diventare una mission per il nostro sistema, così da poter comprendere l’effettivo impatto che lo sport ha sulla società italiana. Sostenibilità economica In un chiaro momento di difficoltà dello sport italiano soprattutto dal punto di vista economico e degli investimenti da sponsor è necessario ripensare la sostenibilità economica di eventi sportivi e società sportive tra le altre. Come si possono mantenere dei sistemi di gestione dello sport anche in periodi di forte crisi economica? Perché non proporre una piramide rovesciata dove sia proprio la base a finanziare lo sport? Dove la cittadinanza diventi a tutti gli effetti partecipe nel far crescere lo sport italiano.

Fondazione SportCity si fa promotrice a livello ambientale, sociale ed economico della sostenibilità, utilizzando proprio lo sport come leva di attivazione di processi di sportivizzazione delle nostre città. Fondazione cerca di diffondere le discipline sportive a tutti, in maniera accessibile, e tiene conto, negli interventi di rigenerazione sportiva urbana, dell’importanza di abbattere barriere architettoniche e sociali. L’impegno si estende anche alla promozione della sostenibilità ambientale ed economica, grazie all’introduzione di nuove tecnologie che sensibilizzano a queste tematiche, come, per esempio, Ustep, l’app che premia i passi percorsi all’aperto e calcola il risparmio di CO2 generato tramite le camminate.

A Pesaro il campo da basket realizzato con oltre 3.200 kg di gomma riciclata. Inaugurato il 18 febbraio 2022 e realizzato grazie all’impegno del Comune di Pesaro e Lega Basket, con il supporto di Ecopneus, la società senza scopo di lucro principale operatore della gestione degli Pneumatici Fuori Uso in Italia. Un’innovativa superficie hi-tech ad alte prestazioni grazie a un materiale versatile e dalle eccezionali prestazioni. L’impiego della gomma riciclata permette sia l’assorbimento degli urti che l’ottimizzazione del ritorno dell’energia elastica, e conferisce anche una perfetta risposta alle esigenze dell’atleta, una riduzione dell’affaticamento muscolare e l’attenuazione dei microtraumi. Le superfici in gomma riciclata Tyrefield per il basket nascono infatti dalla perfetta combinazione di ricerca scientifica, sostenibilità ambientale e di innovazione applicata allo sport.

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La cultura del movimento e il modello pentagonale:

i casi studio di Seregno, Legnano e Avigliana di Paolo Grosso, Wellink Le evidenze scientifiche sull’argomento sono unanimi: l’esercizio fisico è un potente farmaco naturale in grado non solo di prevenire, ma anche di intervenire, nella cura di numerose malattie non trasmissibili quali diabete, osteoporosi, ipertensione, depressione, patologie cardiovascolari e tutto quanto direttamente collegato al sovrappeso. Negli ultimi due anni l’evidenza è ancora più chiara: è stata sottolineata l’importanza dell’esercizio fisico per prevenire gli esiti acuti da infezione Sars Covid-19 in quanto fattore che contribuisce a rafforzare e migliorare il funzionamento immunitario e a ridurre il rischio di malattie virali (Nieman, Wentz 2019) e svolge un ruolo centrale nella prevenzione e nella gestione delle condizioni di salute cardiovascolari e metaboliche, nonché di alcuni tipi di tumori (WHO GAPPA, 2018) che possono aumentare il rischio di gravi esiti negativi del COVID-19. Tuttavia, nonostante la crescita di praticanti nel 2020, secondo l’ISTAT il 35,6% degli italiani risulta essere totalmente sedentario e il 29,4% svolge attività fisica solo in forma saltuaria. Per questo motivo sempre più enti ed istituzioni hanno iniziato un processo di sensibilizzazione sull’argomento e crescenti sono le iniziative e proposte, alcune delle quali hanno coinvolto direttamente aziende e società private, al fine di organizzare le attività ed amplificare il messaggio per raggiungere e coinvolgere un maggior numero di cittadini, sperimentando nuove modalità di creazione di una relazione o di un’esperienza educazionale. 74

Proposta però non è sinonimo di riuscita o di efficacia, quando si parla di movimento, e soprattutto non è detto che la quantità e profilazione dei partecipanti corrisponda alle aspettative dell’ente organizzatore. La motivazione alla pratica costante di sport ed esercizio fisico non è innata ed è necessario un processo di sostegno della stessa in quanto la natura dell’essere

umano nella società moderna tende al risparmio e quindi alla sedentarietà.

Un modello pentagonale di adozione Sono necessari alcuni interventi che possano intervenire nel processo di adozione e mantenimento del corretto stile di vita attraverso l’esercizio fisico che, sulla base della nostra esperienza, possiamo sintetizzare in cinque capisaldi: A. Prossimità: perché la pratica sia costante dev’essere comoda Le analisi sviluppate riportano come gli utenti siano disposti ad investire al massimo 15 minuti del proprio tempo per raggiungere il luogo in cui praticare esercizio fisico e quindi, in funzione della densità di popolazione nell’isocrona definita rispetto al parco o struttura sportiva identificata, sarà possibile determinare l’obiettivo di numerica di partecipanti e quindi stabilire a priori l’efficacia della location scelta. Il valore della densità di abitanti o utenti aiuta a stabilire a monte il potenziale obiettivo del tipo di soggetti per cui l’attività è pensata. Esiste infatti anche un tema di affinità tra protocolli di movimento di prossimità e utenti ingaggiabili, dato il massimale. B. Condivisione: la socializzazione sostiene la motivazione Le attività in genere, ma in particolare quelle motorie, riscontrano una maggior partecipazione e coinvolgimento quando effettuate in gruppo. Il piacere della socializzazione viene amplificato in un contesto in cui ci sia uniformità di abbigliamento ed informalità della situazione, permettendo il rinforzo motivazionale e favorendo il desiderio di ripetere l’esperienza stessa. Sono infatti maggiormente ingaggianti e con risultati crescenti nel tempo, le attività di ginnastica in gruppo


piuttosto che la libera, autonoma e solitaria fruizione di spazi destinati al movimento. C. Frequenza: per generare l’abitudine è necessaria la ripetizione dell’azione La sensazione di euforia e benessere che si percepisce grazie al rilascio delle endorfine, stimolato dall’esercizio fisico, può innescare un meccanismo di abitudine virtuosa che sfocia addirittura nella nascita di un vero e proprio stile di vita. Perché ciò avvenga è necessario che, soprattutto nella fase inziale di un percorso di avviamento all’esercizio fisico, ci sia una frequenza dello stimolo piuttosto ravvicinata, se non quotidiana. La proposta delle attività in termini di programmazione risulterà essere maggiormente interessante quanto più risulti frequente, soprattutto in fase iniziale. D. Autorevolezza: patrocinio di enti pubblici e sanitari sottendono sicurezza Nonostante la crescita professionale, ottenuta negli anni, da parte del personale impiegato in associazioni, palestre e piscine, il settore sportivo si trova in alcuni casi, purtroppo, a dover contrastare la percezione di bassa competenza e quindi relativa insicurezza da parte degli utenti. La possibilità per un ente privato di proporre iniziative territoriali di promozione dell’esercizio fisico avvalendosi del patrocinio di enti pubblici, ancor più se in ambito sanitario, contribuisce a conferire autorevolezza e quindi ad avvicinare un maggior numero di utenti. E. Continuità: le iniziative si concludono, il collegamento con i partecipanti rimane Con l’obiettivo di alimentare la motivazione innescata dalle iniziative territoriali e permettere alla pratica costante di sport, attività ed esercizio fisico di diventare una sana abitudine è necessario mantenere una costante comunicazione con gli utenti. Per questo motivo risultano essere particolarmente efficaci le azioni finalizzate alla creazione di un database di contatti con gli utenti ai quali fornire periodicamente consigli, informazioni, stimoli ed occasioni per mantenere le buone esperienze vissute. L’esperienza condivisa e il ricordo rappresentano due leve di persuasione molto forti nel riattivare i meccanismi di motivazione delle persone: poterle usare in modo diretto e quasi “riservato” rappresenta un canale di dialogo irrinunciabile. Quattro settimane di Sport a Seregno La prima edizione di Incontri di Sport, inserita all’interno della cornice di Seregno Sport Summer nell’estate 2021, ha permesso la nascita di una 28 giorni di sport, socializzazione, buon cibo e tempo libero, dal

24 giugno al 21 luglio all’interno della cornice del Parco 2 Giugno alla Porada. • 14 associazioni sportive del territorio coinvolte 210 h di attività sportive, prove, dimostrazioni • Un piano di pubblicazione fitto con 2 post quotidiani di aggiornamento • 210 famiglie iscritte al servizio newsletter e 64.000 persone intercettate • 16 giorni di food experience con l’esperienza di Dai Bravi Ragazzi • 1 area gonfiabili permanente • 1.000 mq coinvolti Molteplici gli attori coinvolti, tra cui anche il main sponsor Madama Oliva, azienda italiana specializzata nella distribuzione di olive di qualità, che ha fortemente creduto nel valore del ritorno ad una comunicazione territoriale fatto anche di eventi, momenti e relazioni. Il comune di Seregno, in provincia di Monza Brianza, conta circa 45.000 abitanti: il Parco 2 Giugno alla Porada costituisce una porzione importante del Parco Brianza Centrale con una superficie di oltre 50 ettari. Si tratta di un’area con valenze di carattere ambientale e ricreativo: la presenza di boschi naturali spontanei associati a boschi impiantati in tempi più recenti, affiancati ad ampi spazi di prato e dai percorsi ciclopedonali ne fanno un punto di incontro molto apprezzato. A. Prossimità: l’isocrona delle persone raggiunte nei 10-12 minuti a piedi e in auto dal Parco e dall’area di attività ha consentito un’amplificazione logistica della partecipazione, arrivando a 3.200 passaggi medi a settimana da parte di persone provenienti anche da altri comuni confinanti (Meda, Carate, Albiate, Giussano, Verano, Desio, Cesano Maderno) B. Condivisione: la creazione di calendari settimanali con organizzazione del palinsesto per fasce di età ha aiutato l’autoprofilazione degli utenti, garantendo afflussi diversificati e costanti in tutte le aree C. Frequenza: la vicinanza all’utenza anche abituale del parco ha favorito un incremento dei passaggi e una diversificazione delle esperienze di movimento e socialità D. Autorevolezza: la Conferenza stampa di apertura in sede della manifestazione, il fitto lavoro di coordinamento con l’ufficio stampa, la consegna dell’assegno di ringraziamento alle associazioni sportive protagoniste delle 4 settimane da parte del Sindaco del Comune, hanno mantenuta alto il valore della

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vicinanza alle persone anche in termini di originalità dell’offerta territoriale E. Continuità: lo svolgimento tra giugno e luglio ha permesso di attivare e far partecipare molteplici nuclei e persone, favorendo un’interazione legata al gioco e alle prove sportive come momento di richiamo e incontro condivisi Legnano Si Muove - 7 edizioni di ginnastica al parco Con il patrocinio del Comune di Legnano, in provincia di Milano, ASST Ovest Milanese e ATS Milano Città Metropolitana, nel mese di settembre 2021 si è tenuta Legnano Si Muove, edizione numero 7. Genesi Uno SpA, società del gruppo HISI, holding di Investimento in sanità e infrastrutture, ha organizzato e promosso il calendario di appuntamenti gratuiti di ginnastica al Parco Castello per i cittadini legnanesi e dei paesi limitrofi. La versione settembrina è riuscita a colmare e recuperare l’anno di stop, coinvolgendo nuove persone, ritrovando gli affezionati all’iniziativa e riscoprendo l’entusiasmo di condividere esperienze e momenti insieme, in sicurezza. Il gruppo di 3 insegnanti della Palestra Safe Gym dell’Ospedale Nuovo di Legnano, nello splendido scenario verde della città, è riuscito a presentare le nuove attività con professionalità, trovando il consenso nella partecipazione continuativa nel corso delle 4 settimane. Le novità di questa edizione – medical fitness e ginnastica respiratoria – non solo sono state vissute con curiosità ma sono state anche capite e apprezzate per la loro validità in questo momento storico. Riprendere contatto con il proprio corpo sentendo e prevenendo la ripetizione di movimenti errati e importanza del respiro per rientrare in connessione con se stessi, i due concetti chiave condivisi nel corso delle lezioni. Legnano è un come di oltre 60.000 abitanti, situato nell’Alto Milanese e attraversato dal fiume Olona, sorge a su della Prealpi Varesine. Società private e mondo istituzionali continuano a perpetuare un progetto atteso dalla comunità.

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A. Prossimità: l’isocrona delle persone raggiunte nei 10-15 minuti in auto dal Parco Castello ha consentito un’amplificazione logistica della partecipazione, arrivando a 680 iscrizioni al portale e all’iniziativa di età compresa tra i 25 e i 65 anni. B. Condivisione: il gruppo ha visto il consolidarsi di 3 cluster intorno alle 3 tipologie di attività orga-

nizzate (Pilates, medical fitness, ginnastica respiratoria), favorendo la creazione di appuntamenti ricorrenti tra individui accomunati dalla stessa preferenza C. Frequenza: la continuità e l’omogeneità di programmazione della 4 settimane nel mese di settembre hanno favorito l’acquisizione e l’abitudine alla partecipazione. La semplicità legata ad un cronoprogramma ordinata – tutti i giorni alle 18.00 – è stata utile leva comunicativa ed organizzativa D. Autorevolezza: il patrocinio multiplo da parte di enti istituzionali di valore, che condividono anche per proprio oggetto organizzativo il fine dell’iniziativa, ha da sempre favorito l’adesione alle attività. La coerenza percepita è immediata. E. Continuità: la community dei partecipanti a Legnano Si Muove esula quella dei solo iscritti e partecipanti all’iniziativa specifica. La ripetizione nel tempo della manifestazione ha creato uno zoccolo duro di sostenitori, fan ma anche ex partecipanti aperti al dialogo, costantemente collegati attraverso l’infrastruttura digitale e diretta di comunicazione (che comprende oltre alla vetrina web e i social, l’utilizzo di un servizio di mailing list che oggi conta circa 2.000 iscritti) garantendo, edizione dopo edizione, un accorciamento significativo dei tempi di diffusione e promozione. Non si tratta di lanci comunicativi ma di riattivazioni progettuali e di costo contatto molto meno elevati.

L’appuntamento con la traversata in acque libere Nuota in Comune ad Avigliana Domenica 11 Luglio 2021 si è svolta la traversata non competitiva gratuita del Lago Grande di Avigliana, manifestazione giunta alla 13a edizione, nata per promuovere la balneabilità e il lago come giusto specchio d’acqua per nuotare, mantenersi attivi ed in contatto con le possibilità offerte dal territorio. Ricercare uno stile di vita sano sfruttando le potenzialità di un contesto aspirazionale ed amplificando il valore dello sport anche amatoriale. Un evento organizzato dall’Assessorato allo Sport del Comune di Avigliana, supportato dai circoli nautici del territorio in partenza ed arrivo, due gestioni private attente e collaborative che continuano a supportare questo territorio, i cui esiti sono stati: 150 persone partecipanti, per rispetto delle normative vigenti in materia di distanziamento; 45 nuove presenze rispetto agli anni precedenti; passaparola sempre più orientato


alle condivisioni; pagina Facebook e un sito internet dedicato all’iniziativa; 1 community e 1 comunità di persone che continuano a condividere un’esperienza in cui ognuno mette in gioco se stesso, la voglia di raggiungere una meta e di farlo con serenità. A. Prossimità: l’isocrona delle persone raggiunte si allarga ai 25 minuti, accogliendo anche persone dalla cintura della città Metropolitana di Torino, vista la particolarità dell’evento. Gli amanti del territorio però hanno preparato la partecipazione accedendo al Lago e nuotando anche grazie alla vicinanza della location. B. Condivisione: appassionati, nuotatori indoor o sperimentatori in acque libere ma anche famiglie hanno partecipato al momento. La portata amicale ed esperienziale del momento, l’assenza dell’elemento competitivo e la comunicazione incentrata sulla traversata personale del singolo come obiettivo sono state le leve di condivisione utilizzate. C. Frequenza: la partecipazione all’evento è stata preceduta nel tempo da un avvicinamento al momento, attraverso la comunicazione con il database di iscritti e partecipanti alle edizioni precedenti, fan e abitanti del territorio, di consigli di preparazione stilati con esperti di nuoto in acque libere. D. Autorevolezza: l’organizzazione fortemente sentita da parte dell’Assessorato allo Sport del Comune di Avigliana ha visto nel tempo evolvere l’organizzazione dell’evento, prevedendo anche un momento di apertura ufficiale con il Sindaco e la creazione di un banchetto finale per i partecipanti. E. Continuità: l’attesa per questo appuntamento estivo, l’entusiasmo e il senso di appartenenza sono testimoniati, edizione dopo edizione, dal dispiacere di chi non è riuscito a iscriversi per tempo. La ripetizione favorisce un passaparola positivo, creando anche in questo un database di utenti tra partecipanti ed iscritti al servizio di mailing di 500 persone.

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Le nostre città sono pronte a essere camminabili? di Maurizio Damilano, TO Wallk in the City LAB

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In questi ultimi anni la sensibilità della gente nei confronti della necessità di movimento è molto cresciuta. La pandemia, che da un lato ha costretto tutti a fare i conti con il rimanere chiusi, bloccati e a tratti soffocati dalla preoccupazione di infettarsi uscendo e muovendosi (ricorderete tutti la caccia agli untori nei confronti di chi al muoversi non rinunciava), ha dall’altro lato aumentato la voglia di fare attività appena è stato possibile farlo in sicurezza. La gente ha capito sempre più che il messaggio che da anni veniva lanciato dal mondo sanitario nazionale e dall’OMS non era un semplice appello a muoversi, ma era la via e la strada per garantire a tutti maggiore salute e una qualità di vita migliore. Oggi finalmente si intravedono i primi risultati reali. È sufficiente battere le aree verdi delle nostre città, le aree extraurbane dei medi e piccoli centri per incontrare sempre più persone che camminano, corrono, vanno in bicicletta. Sui rotocalchi e sui quotidiani non mancano le rubriche che parlano dell’efficacia del movimento, che raccontano come farlo, che sport o attività motoria scegliere, e consigliano tecniche e programmi per svolgerla al meglio. È certamente un inizio incoraggiante ma che comunque non ci esime dal porci altre domande: le nostre città sono preparate ad offrire le giuste opportunità in questa direzione? L’uomo è ancora abituato a camminare a sufficienza? Non sono domande banali. Difatti se da un lato è aumentata la voglia e la necessità nelle persone di dedicare a se stessi il giusto tempo anche per mantenersi in

forma, per dare attenzione alla protezione della propria salute, è altrettanto importante pensare che esiste la necessità di avere luoghi, organizzazione e tempi per poter praticare. Inoltre ci dobbiamo chiedere se questa ritrovata voglia di muoversi a piedi è sufficiente, oppure ancora troppo scarsa. In passato i nostri antenati percorrevano circa 20 Km al giorno a piedi. Nel 2019 l’umanità ha camminato per 1.573 miliardi di chilometri. Pari a circa una media di 200 Km all’anno a persona. Quindi la miseria di meno di 7 minuti al giorno. E’ evidente che viene utilizzato troppo poco il camminare dalle persone, e ci accorgiamo quindi della necessità di orientare città e territori ad un maggiore uso del muoversi a piedi. L’involuzione in termini di chilometri percorsi a piedi dall’uomo ha certamente una stretta correlazione tra salute, stili di vita, evoluzione delle città e dei territori in termini di urbanizzazione e organizzazione della mobilità. Da anni mi dedico alle tematiche del camminare come strumento non solo di sport e di esercizio motorio, ma di indispensabile mezzo per garantire salute alle persone e all’ambiente in cui viviamo a partire dalle nostre città. Ho lanciato l’idea di un laboratorio multidisciplinare che possa offrire agli amministratori, ai decisori politici, ai nostri Sindaci delle grandi, medie o piccole realtà strumenti ed idee per arrivare ad avere sempre più “walkable city”, ossia città pedonabili, dove il muoversi, non solo sportivo o terapeutico, le possa proiettare verso il futuro. Un futuro che vedrà sempre più forte la necessità di vivere la propria città attraverso una mobilità leggera, sostenibile e in sicurezza.


“TO WALK IN THE CITY Lab” è il nome di questo esperimento. TO non sta solo per la composizione del verbo all’infinito nella lingua inglese, ma come la sigla di Torino, la prima città a cui ho pensato e che è il capoluogo della mia Regione. Parlando di Torino è importante ricordare che stiamo menzionando la prima città italiana per percentuale di verde pro-capite, esattamente 24 mq per ogni abitante. Ma una città veramente orientata a una mobilità leggera e sostenibile non può contare unicamente sulla disponibilità di zone verdi. Esse rappresentano certamente un’opportunità ma non possono essere slegate dal tema della mobilità quotidiana. Quel potersi muovere a piedi all’interno della città per svolgere le attività di ogni giorno: quelle legate al lavoro, al ménage familiare, alla socializzazione. Oggi la mobilità attiva per i lavoratori e gli studenti è ancora troppo bassa. Solo 11,9% delle persone sceglie di andare al lavoro o a scuola a piedi o in biciletta (10% a piedi l’1,9 % in bicicletta). Il 77,9% sceglie l’uso di mezzi a motore pubblici o privati. Inoltre la messa in sicurezza di strade e percorsi cittadini che permettano di utilizzare la Città per le esigenze quotidiane di vita è ancora molto scarsa. Torino è un esempio che potrebbe essere utilizzato per ragionare su questi temi. In fondo è una città grande ma ancora dimensionata per godere di spostamenti realizzabili attraverso una mobilità leggera. Come vedo la Torino orientata ad una mobilità nuova capace di offrile un volto più green, smart e healthy? Non sono un urbanista, non sono un medico e neppure un amministratore pubblico, pertanto guardo alla Torino da far muovere dal punto di vista di chi opera nel settore dello sport e del movimento fisico. Intanto vorrei dire che oggi parlare di sport e di esercizio fisico non può più prescindere dal pensare ad un insieme di sistemi: quello del semplice movimento quotidiano che ci accompagna nella vita di tutti i giorni e che definirei il divenire persone attive. Quello della scelta di programmare un impegno di esercizio fisico per mantenersi in salute, e a volte proprio per terapia. Vi è poi lo sport. Questo è il campo in primis dei più giovani. Devono essere accompagnati a scegliere lo sport giusto, ma soprattutto ad acquisire la passione per lo sport in generale, praticandolo e godendolo. Anche i meno giovani possono guardare allo sport come mezzo di soddisfazione ed impegno. È però giusto lo facciano con uno spirito diverso. L’esasperazione agonistica non è più per questa fascia di età. Ne sono convinto ogni giorno di più. Un conto è mettersi in gioco e misurarsi con sé stessi nei limiti giusti; un’altra cosa è l’esasperazione agonistica che diventa “malattia”. Lo sport deve essere innanzitutto ricerca di benessere, di equilibrio psico-fisico e divertimento. Questa è la miglior strada per stare in salute via via che gli anni avanzano. Cosa serve quindi ad una città, in questo caso parlo di Torino, per soddisfare queste esigenze? Non è solo un problema di impiantistica sportiva e di zone verdi. Il tema è quello di guardare ad una città che porta vicino alle persone l’opportunità di muoversi. Servono percorsi di quartiere che aiutino tutti a camminare, correre o pedalare. Trovare sotto casa le opportunità per muoversi è il primo grande obiettivo di una città che si pedonalizza. Questi percorsi non servono solo per il movimento organiz-

zato, sportivo o di esercizio fisico, ma diventano “strade di benessere” dove l’abitudine ad una mobilità leggera aiuta a vivere meglio la quotidianità spostandosi a piedi per gli acquisti, e per le attività di vita (lavoro, andare in banca, alla posta, a scuola ecc…). Rivedere la città in questa direzione è quindi compito di chi la governa e che si avvale di chi la ripensa dal punto di vista urbanistico, dei servizi, della sicurezza. La sicurezza è certamente un tema centrale. Diversi studi raccontano di come le persone indichino nella mancanza di sicurezza a muoversi a piedi o in biciletta il primo motivo per cui usano poco o per nulla questi mezzi di mobilità. Rendere Torino più pedonabile è quindi un andare incontro alle esigenze delle persone. Questo nell’immediato è il cardine di un ragionamento che va in questa direzione, ma serve anche un percorso culturale. I giovani sono i cittadini del futuro, quelli da abituare a stili di vita più attivi, che imparano a fare sport e a muoversi con le proprie gambe nella vita di ogni giorno. Qual è allora il luogo più adatto per far crescere questa cultura del muoversi a piedi? La scuola. Io penso che si potrebbe iniziare da dei “cordoni scolastici”. Strade chiuse sui lati di accesso a 500 mt dalla scuola (naturalmente tenendo conto delle necessità dei residenti). Di lì in avanti si va solo a piedi per raggiungere l’edificio scolastico. Poche decine di minuti di chiusura al traffico che diverrebbero un segnale fortissimo. Un primo inizio che, insieme a percorsi sicuri nel quartiere, potrà aiutare i ragazzi e le famiglie – spesso impaurite proprio dai pericoli della strada nell’invogliare i figli ad andare a scuola camminando – a usare ogni giorno i propri piedi per recarsi a scuola. Vedo poi una Torino smart. Una città intelligente che usa la tecnologia per facilitare la mobilità leggera delle persone. Strumenti tecnologici che aiutano tutti a muoversi all’interno della città su percorsi suggeriti e preparati. Percorsi che aiutano a trovare a “distanza di gamba” la banca, la posta, l’ambulatorio medico, il negozio di vicinanza, i servizi comunali. Un primo passo per andare incontro alla ormai famosa e annunciata città in 15 minuti. Un progetto lanciato a Parigi e che oggi è un riferimento per molte città che desiderano cambiare. Io credo che un migliore e più forte utilizzo della tecnologia può cambiare ulteriormente questo concetto. Essere guidati all’interno della città da strumenti che facilitano gli spostamenti tra tratti a piedi e tratti su mezzi pubblici potrebbe ridurre fortemente il traffico privato e rendere la città più vivibile e più ecologica, oltre ad ampliare il concetto dei 15 minuti. Vedo una Torino che unisce ai suoi numerosi parchi, zone verdi e aree già oggi di pratica motoria una vocazione ad essere vissuta a piedi con semplicità ed intelligenza. Una Torino capitale della mobilità leggera e sostenibile. Una Torino che accompagna i cittadini a sentirla sempre più loro, perché non vi è altro modo più vero che conquistare una città attraversandola a piedi.

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ANCI E CUSI PER PROMUOVERE LO SPORT NON CONVENZIONALE SPONC! - Venticinque CUS in tutta Italia impegnati in sport non convenzionali nelle piazze delle proprie città: è questo il nuovo progetto di sport inclusivo promosso dal CUSI, realizzato con il contributo del Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in collaborazione con ANCIcomunicare.

Grazie alla partnership con ANCIcomunicare, “SPONC!” sarà attivato in tutta Italia da venticinque CUS che, in collaborazione con le Amministrazioni locali, realizzeranno, fino a fine novembre 2022, attività sportive inclusive non convenzionali come footgolf, dodgeball, ultimate frisbee e baskin, sport di squadra misti come il calcio a cinque, il basket e la pallavolo ma soprattutto giochi della tradizione come il tiro alla fune, il ruba bandiera, la campana e la corsa con i sacchi. “Con SPONC! intendiamo allargare il concetto di sport, che possa letteralmente far uscire di casa i non praticanti, gli inattivi, incentivandoli a fare movimento con giochi non convenzionali, ma soprattutto facendo vivere a tutti le proprie città” – dice Antonio Dima, Presidente del Centro Universitario Sportivo Italiano – “Con l’apertura fortemente voluta al target delle persone con disabilità e dei migranti, le attività dei nostri CUS mireranno fondamentalmente alla promozione della pratica sportiva come modello di un corretto e sano stile di vita, che favorisca l’inclusione sociale e la tutela della salute per i giovani, e non solo”.

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Per il Capo Dipartimento per lo Sport Michele Sciscioli: “Questo progetto promosso dal CUSI dimostra la continuità, l’attenzione e il supporto che il Dipartimento assicura al mondo dello sport, anche a livello di sport di base. Promuovere sport non convenzionali significa incentivare l’attività sportiva all’esterno e ricreare così il senso di comunità e socialità che durante la pandemia abbiamo perso. Il governo continua a dare

sostegno alle associazioni sportive, fortemente colpite prima dalla situazione pandemica, ora dal caro energia” – ha concluso Sciscioli – “La Sottosegretaria Vezzali ha illustrato in commissione Cultura della Camera quelle che saranno le direttrici del PNRR che coinvolgerà direttamente i comuni chiamati a presentare i progetti per la costruzione di nuovi impianti sportivi o per la riqualificazione e la rigenerazione di impianti già esistenti”. “Il Protocollo firmato solo pochi mesi fa tra ANCI e CUSI trova già il primo importante risultato con l’attività di SPONC!” – per il Vicepresidente vicario ANCI, Roberto Pella – “Sono certo che la nostra Associazione, insieme a tutti i Comuni coinvolti dalle azioni di progetto, saprà fare squadra per promuovere lo sviluppo di spazi pubblici a misura degli sport non convenzionali e a beneficio di un sempre maggior numero di cittadini, grazie all’apporto qualificato del mondo sportivo universitario”. Punto di forza del progetto sarà appunto il connubio tra la pratica sportiva open air e la voglia di far rivivere i propri territori giocando nelle piazze, nei parchi, sulle spiagge. Le progettualità individuate per l’attuazione di “SPONC!” possono essere orientativamente focalizzate in tre grandi filoni: le attività sportive innovative come il plogging del CUS Venezia che prevede non solo la raccolta di rifiuti effettuata correndo ma anche in acqua sui canali, i giochi della tradizione come nel caso del CUS Cagliari che ripropone la storica lotta sarda S’Istrumpa, e gli sport adattati quali discipline già molto diffuse come basket o volley ma rivisitate con regole che favoriscono l’inclusione e la pratica allargata come avverrà presso il CUS Palermo. “Ci sono aspettative elevate sui progetti proposti dai Centri Universitari Sportivi” – ha commentato Antonio Dima – “Vi è stata a monte una grande partecipa-


zione con un numero di proposte al di sopra delle previsioni, e non è stato facile individuare i venticinque progetti attuatori. I CUS che realizzeranno SPONC! sono collocati in grandi città, capoluoghi di provincia ma anche in piccoli centri urbani, a testimonianza del fatto che lo sport universitario in Italia è capillare e ben radicato. Vivremo un anno di sana attività sportiva ed aggregazione”.

Il Progetto “SPONC! – Sport non convenzionale per tutti” si realizzerà a:

CUS Bergamo (PROGETTO SPONC! – Sport Non Convenzionale per tutti, CUS Bergamo!), CUS Bologna (CUSB ALL INCLUSIVE 2022 SPONC!), CUS Cagliari (AteneiKa SPONC 2022. Aggregazione, integrazione ed inclusione attraverso lo sport e la cultura), CUS Camerino (A TUTTO SPORT…non convenzionale), CUS Catanzaro (DIVERTISPORT CUS CATANZARO 2022), CUS Cosenza (Fenomeni diversi sotto un’unica bandiera), CUS Foggia (Sport Innovation 2022), CUS Genova (BA.T.ON.G. Baskin, Tennis, Orieentering, Gozzi), CUS Insubria (CUS INSUBRIA: cuore delle attività motorie della periferia di Varese), CUS Lecce (Beach and Water games), CUS Molise (OLIMPICUS), CUS Padova (All aRoundnet), CUS Palermo (Divertiamoci insieme), CUS Pavia (La passione e il risultato: SPONC! – Lo sport non convenzionale per tutti del CUS Pavia), CUS Piemonte Orientale (CUSPOlimpiadi), CUS Pisa (Fuori dagli schemi), CUS Salerno (RelAzioni sportive non convenzionali), CUS Sassari (Tutti a bordo…giochi stra-ordinari), CUS Trieste (Oltre le Barriere), CUS Udine (Baskin “wet e dry”), CUS Brescia (Crescere insieme sportiva-mente CUS), CUS Modena e Reggio Emilia (CUS Mo.RE for inclusion), CUS Siena (Insieme), CUS Torino (SPORTiamo), CUS Venezia (Sport per Ottenere Nuove Conoscenze).

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INDAGINI E STUDI

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Prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico: un cambiamento culturale che diventa operativo?


di Eleonora Mazzoni, Direttore Area Innovazione Istituto per la Competitività, I-Com

La Missione Salute del Piano nazionale di ripresa e resilienza parla di definire entro la metà del 2022 un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio One Health. Un obiettivo che dovrà essere raggiunto attraverso una serie di azioni che rendano il Servizio sanitario nazionale un sistema integrato, incentrato sul bisogno di assistenza e cura della persona e flessibile al cambiamento della domanda di salute, nel quale processi clinici, prevenzione, stili di vita, scelte alimentari e sostenibilità ambientale siano connessi tra loro. Uno dei primi passi in questa direzione è stato compiuto con la trasmissione alle regioni del testo del decreto ministeriale contenente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza territoriale. Il testo condivide il concetto di OneHealth e dal punto di vista della programmazione si fonda sull’idea che i servizi sanitari debbano tutelare la salute dell’intera popolazione, piuttosto che prendere in carico solo coloro che si attivano per richiedere una prestazione sanitaria. Inoltre, prevede un’attenzione particolare per i pazienti cronici con il modello della sanità di iniziativa, che

deve considerare le determinanti biologiche, culturali e socio-economiche per definire trattamenti differenziati, equi e appropriati. Alle attività di prevenzione e promozione di stili di vita salutari viene riconosciuto un ruolo prioritario e trasversale rispetto alle strutture e agli standard definiti. In particolare, però, il Dipartimento di Prevenzione sarà la struttura deputata a promuovere azioni capaci di individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale. Lo standard indicato prevede un dipartimento ogni 500.000 abitanti e le funzioni direttamente afferenti alla prevenzione primaria e al controllo dei determinanti di salute dovranno operare in rete con gli altri nodi dell’assistenza. In primis con quella territoriale e con le Case della Comunità. Il riconoscimento della prevenzione come attività che deriva da un approccio di sistema nella valutazione e nel controllo delle determinanti derivanti da pressioni ambientali, climatiche e di contesto è certamente virtuoso. Tuttavia, il punto è l’unico che resta privo di standard e criteri di esito ma anche di una definizione operativa di processi, risorse professionali e strumenti. Anche se non rassicurano i tempi di approvazione da parte della Conferenza Stato – regioni, con il timore di trovarci di fronte a un altro caso in cui la normativa non si concretizza nei risultati e nei tempi sperati, si auspica che l’intesa possa recepire con miglioramenti la spinta culturale al cambiamento contenuta nel decreto.

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SMART HEALTH CITY IN UNA PROSPETTIVA SOSTENIBILE


Lucio Corsaro1, Lorena Trivellato2, Gianluca Vaccaro3 1 Founder and Advisor at Bhave 2 Researcher at Bhave 3 Methodological Advisor at Bhave

La “Datasfera” Le profonde e rapide trasformazioni che stanno interessando la nostra società negli ultimi decenni, e l’accelerata impressa a questa dinamica dai due anni appena trascorsi, interessano da vicino il modo di intendere e progettare la salute e l’assistenza sanitaria nel contesto urbano. Tali progettualità pongono un’attenzione crescente sul ruolo dei dati al servizio della società, e il loro declinarsi nel settore sanitario necessita di essere riconsiderato criticamente , evidenziando le potenzialità e le questioni aperte insite in tali sviluppi. Nel contesto attuale, l’importanza di un’ottica datacentrica è resa evidente dalla quantità di dati che viene prodotta ogni giorno nel mondo, un volume che nel 2018 è stato stimato intorno ai 2.5 quintilioni di byte e che rispetto ad allora non è diminuito. A partire da queste premesse, si stima che entro il 2025 lo spazio totale di archiviazione dei dati prodotti nel mondo conterrà circa 150 trilioni di gigabyte, una quantità difficile da visualizzare se pensiamo alle dimensioni con cui quotidianamente abbiamo a che fare, quando inviamo un’email o scarichiamo un file. L’influenza e l’ingerenza dei big data, dati cioè che si caratterizzano per quantità, velocità e varietà, nella vita dell’uomo è resa evidente dalla necessità emersa negli ultimi anni di coniare una nuova sfera, la “datasfera”, da aggiungersi alle altre quattro storicamente classificate. Essa permette di visualizzare lo spazio che i dati occupano nel mondo ed è, al tempo stesso, dinamica e immanente, poiché ne registriamo e conserviamo ogni mutamento (o non mutamento) nel tempo, che può essere sempre richiamato. Di questa mole di dati, un’ingente quantità viene prodotta e conservata dalle aziende. Non si può dire lo stesso invece per quanto riguarda l’utilizzo di tali informazioni da parte delle stesse: è stato stimato come soltanto tra il 60% e il 73% di questi dati vengano effettivamente utilizzati dalle aziende, mentre il restante rimane attualmente inutilizzato.

Allargando la prospettiva ci rendiamo conto di come questi dati, al contrario di quanto il nome possa lasciar intendere, siano in realtà “costruiti” più che “forniti” o “raccolti”: lungi dall’essere delle realtà oggettive e non situate, rispondono al contrario ad una logica specifica di costruzione, raccolta, selezione ed analisi. Ci troviamo a vivere quindi in un’epoca fortemente influenzata da dati (data-driven) i quali possono risultare illusoriamente oggettivi. È a partire da queste considerazioni, e dunque riammettendo il “dato” - o meglio, questa enorme quantità di dati - come prodotto umano non-increato, che si può volgere lo sguardo ai vari utilizzi che oggi le amministrazioni, le aziende e gli individui stanno facendo di queste informazioni grezze all’interno degli spazi urbani e, nello specifico, in relazione alla gestione della sanità pubblica. Gli strumenti di raccolta di tali dati sono molteplici e talvolta silenti, in quanto utilizzati dai soggetti senza che essi abbiano piena consapevolezza dell’avvenuta raccolta, o perché inseriti in meccanismi d’abitudine o perché apparentemente non visibili. È questo il caso degli scontati e sottovalutati cookies, frammenti di dati su utenti, acquisiti e preferenze, memorizzati e utilizzati per migliorare la navigazione; dei pixel tag, piccole immagini che consentono la marcatura dell’utente e dell’azione informatica legata alla visualizzazione della schermata; degli U-beacon, suoni non udibili dall’utente i quali permettono al mittente di riconoscere quali dispositivi sono collegati tra di loro, o di strumenti come il riconoscimento facciale e le impronte digitali. Dalla Smart City alla Smart-Health City La raccolta e l’interpretazione dei dati ha oggi un ruolo determinante nella progettazione della città del futuro. La città è un sistema che integra sistemi complessi, attraversato da una rete multi-layer di flussi interconnessi e in quanto tale deve essere interpretato con l’apparato concettuale e gli strumenti operativi della “scienza della complessità”. Al centro dei progetti contemporanei in

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campo urbanistico ricorre oggi il concetto di Smart City, un’area urbana in cui l’utilizzo di tecnologia avanzata consente il miglioramento in termini di efficacia e sostenibilità di infrastrutture e servizi. Affinché tale progetto si concretizzi sempre più in proposte realizzabili e con ricadute effettive in termini di utilità pubblica, è necessario dunque riuscire a padroneggiare tale complessità insita nel contesto urbano contemporaneo tramite il supporto di big data, data analytics, machine learning e intelligenza artificiale20, in grado di restituirci in tempo reale un’immagine dei processi in corso che sia il più vicina possibile alla realtà, pur consapevoli dello scarto che inevitabilmente si produce. Tra i vari campi di applicazione di queste nuove logiche, il settore sanitario è uno dei contesti con caratteristiche di maggiore potenzialità e urgenza. In campo digital, la grande rivoluzione nella raccolta dei dati che sta avendo risvolti importanti nel campo sanitario, riguarda gli sviluppi nel settore del cosiddetto internet of things (IoT), in cui sono cioè gli oggetti a raccogliere e trasmettere numerose informazioni in base a quanto raccolto dal loro utilizzo e dall’ambiente circostante. Guardando al tema della salute, il processo di “accorciamento” della distanza tra lo strumento e il field nella fase di raccolta del dato è ancora più evidente: negli ultimi anni, grazie a supporti indossabili come gli smartwatch, i dati vengono raccolti direttamente dal corpo. Sono proprio i dispositivi wearable quelli che più di tutti possono fornire un valido aiuto nella prevenzione o nelle cure precoci, poiché se indossati costantemente tracciano i segni vitali del soggetto e possono fornire informazioni molto importanti sulla sua salute. In ambito sanitario dunque, grazie all’elaborazione e interpretazione di big data, sta avvenendo un radicale cambiamento in ottica smart health, in particolare per quanto riguarda i processi di diagnosi, cura e gestione dei pazienti. Gli usi più importanti in questo campo procedono verso l’obiettivo di sviluppare e incentivare pratiche cliniche personalizzate. Queste ultime possono essere definite come quelle azioni volte al conseguimento dello stato di benessere del paziente, che tengono in considerazione entrambi gli aspetti genotipico e fenotipico della persona, includendo nell’approccio medico informazioni sul contesto sociale, lo stile di vita e le relazioni che il soggetto intrattiene3. Muovendosi in questa direzione, oltre che l’avvento dei dispositivi smart indossabili, altri quattro fenomeni legati all’analisi dei dati stanno portando importanti vantaggi nel settore sanitario: La digitalizzazione della diagnostica per immagini, per prevenire e identificare più precocemente segnali di malattia, sta vedendo l’affermarsi di nuove potenti tecnologie diagnostiche digitali. La proliferazione di questi strumenti ha determinato da tempo la creazione

dello standard DICOM (Digital Imaging and Communication in Medicine) che definisce le regole per l’archiviazione e la condivisione delle immagini. La reportistica digitale dei pazienti (cartelle cliniche e fascicoli elettronici), in grado di velocizzare e integrare la raccolta dei dati, contribuendo alla creazione di un “rapid-learning health system”. Lo sviluppo di biotecnologie impiegate nel campo delle scienze “omiche”, discipline che hanno per oggetto uno studio molto approfondito della cellula, attraverso un’analisi dettagliata dei processi biologici osservati a diversi livelli, nello stesso intervallo di tempo. Le sofisticate tecnologie di biologia molecolare utilizzate, portano a una produzione di dati estremamente elevata. L’obiettivo ultimo è quello di fornire terapie personalizzate, mirate alle caratteristiche del singolo individuo, a cui si ispira la medicina di precisione. L’implemento della telemedicina, come insieme di tecniche mediche ed informatiche che permettono la cura di un paziente a distanza o, più in generale, l’erogazione di servizi sanitari a distanza. L’obiettivo ultimo dello sviluppo di una sanità connessa beneficia degli sviluppi recenti in campo IoT: grazie ai dispositivi indossabili è infatti possibile rendere più efficace la gestione del paziente, che può essere monitorato in maniera continuativa con dati in tempo reale ottenuti dai dispositivi indossabili ed App in grado di rendere i dati disponibili per il medico in ogni momento. La telemedicina è inoltre un valido supporto per la gestione delle emergenze e dei relativi trasporti d’urgenza, grazie alla trasmissione dei dati in tempo reale a bordo delle ambulanze e all’integrazione di servizi di teleconsulto in fase di chiamata e durante il trasporto. Il progetto Smart city necessita dunque di una prospettiva olistica e multidisciplinare che consideri le ricadute positive in termini di salute urbana, non solo strettamente relative al campo del delivery della salute, ma rivolte anche alla facilitazione di azioni apparentemente tangenti al campo sanitario, ma che su di esso hanno importanti ripercussioni: si tratta del passaggio necessario e urgente volto all’integrazione del concetto di Smart Health City. Alcuni passi in questa direzione sono stati compiuti ed altri immaginati. Innanzitutto, molti dati indiretti relativi alla salute urbana vengono costantemente prodotti attraverso strumenti di rilevazione della città moderna: sensori, sistemi di monitoraggio dell’inquinamento aereo, del traffico o di rilevamento dell’attività sismica. Inoltre, alcune trasformazioni nel campo dei trasporti possono avere benefici a lungo termine sulla salute dei cittadini: i big data possono diventare un valido strumento per incoraggiare il passaggio verso modelli di trasporto urbano non-motorizzato, con un


impatto positivo in termini di abbassamento dell’inquinamento aereo e acustico, oltre che di incremento dell’attività fisica. A ben vedere, il beneficio che si può’ ottenere dalla diffusione all’interno degli spazi urbani di dispositivi smart e di progetti in ottica di sostenibilità è in realtà circolare: l’utilizzo crescente di strumenti in grado di rilevare, predire e anticipare aspetti relativi alla salute dei cittadini e la loro integrazione nei servizi di telemedicina può avere come esito la riduzione del numero di accessi, visite ed esami sostenuti dai pazienti. A ciò corrisponde un calo in termini di spostamenti e di utilizzo dei trasporti per recarsi negli ambulatori e negli ospedali, garantendo in questo modo effetti positivi relativi al risparmio energetico e alla riduzione dell’inquinamento. Inoltre, nella Smart City la salute pubblica si muove nella direzione della smart health grazie all’implementazione delle tecnologie derivate dall’IoT. Le città intelligenti del futuro puntano ad ampliare ulteriormente la portata di questa innovazione, trasformando oggetti di uso comune in dispositivi medici, in grado di rilevare sintomi e fattori di rischio. Questo movimento getta un’ombra che solleva alcuni quesiti etici che non possono essere rimandati e che riguardano la progressiva medicalizzazione della società e degli spazi sociali, oltre che questioni urgenti legate alla privacy dei dati raccolti e che necessiteranno di ulteriori approfondimenti. Prospettive e limiti È ormai una prospettiva globalmente condivisa quella di portare il tema della salute e del benessere al centro di un piano per lo sviluppo urbano sostenibile. I dati sanitari, se ben raccolti e interpretati, costituiscono un tassello importante per avvicinarci all’obiettivo di città vivibili e sostenibili, una condizione che passa attraverso l’avanzamento, anche in direzione smart, del settore sanitario. Tuttavia, all’interno di di queste progettualità, la relazione fra salute urbana e dati risulta circoscritta, spesso limitata solo alla raccolta di dati infrastrutturali, e disconnessa rispetto agli avanzamenti del settore medico: i big data necessitano perciò di essere allineati con le pratiche cliniche moderne, attraverso l’integrazione delle conoscenze mediche all’interno dei processi di pianificazione e attuazione del progetto Smart City e Smart Health City. È in questo scenario che si è mosso lo studio condotto da Bhave, un lavoro predittivo e prospettico in ottica bayesiana che attraverso il collegamento dei diversi determinanti di salute con la salute urbana ha identificato dei possibili indicatori di outcome circa il benessere degli individui, della comunità e del tessuto urbano (sulla base degli indicatori BES). Nel corso dell’analisi diacronica e dinamica sono stati attenzionati indicatori sintetici, di tipo strutturale (statici e dinamici), relazio-

nale e soggettivo in grado di intercettare dinamiche macro, meso e microsociologiche. Obiettivo dei costrutti di sintesi è stato di registrare e rappresentare il dinamismo tra una situazione iniziale e una successiva, seguendo una logica processuale e generativa specifica che segua una logica multilivello micro-macrosociologico e usando degli schemi formali in grado di integrare indicatori diversi e produrre sulla base di una cornice causale delle ipotesi prospettiche. Tramite la costruzione di indicatori compositi e indici di sintesi, la ricerca ha perciò portato ad individuare in Bologna, Bari e Milano le città con oltre 200.000 abitanti che hanno maggiormente investito sul proprio territorio in tema di Urbanizzazione, Benessere e Salute, sulla base di dati puntuali, serie storiche, attività e interventi realizzati. Questo lavoro rappresenta un punto di partenza sulla cui base strutturare un percorso di analisi ad ampio raggio, in grado di integrare indici predittivi e big data per intercettare e valorizzare contesti in cui l’utilizzo dei dati per l’efficacia ed efficienza del settore sanitario sta procedendo nella giusta direzione. Un altro aspetto da tenere in considerazione quando si parla di dati, riguarda l’esistenza di differenti tecniche di raccolta che non comprendono soltanto quei dati veloci, ampi e variegati che abbiamo appena considerato. Nel campo sanitario sono infatti inclusi sia processi di generalizzazione, che appartengono nello specifico alla ricerca clinica, che processi di personalizzazione, che sono invece alla base della pratica clinica. La sfida è proprio nel saper coniugare analisi effettuate su larga scala, con gli effettivi benefici che possono trarre i singoli pazienti, un risultato che è possibile ottenere soltanto mediante l’integrazione dei due ordini di grandezza: big e small data. La distinzione è puramente fittizia, come è ben rappresentato dall’incontro medico-paziente, in cui la ricerca clinica si unisce alle pratiche di cura e anche in questo senso lo sguardo metodologico necessita di essere olistico e omnicomprensivo. Nei successivi lavori di ricerca e sempre in un ottica operativa sarà perciò fondamentale tenere presenti alcuni requisiti fondamentali, che riguardano in particolare l’attenzione specifica da rivolgere alla qualità del dato, la necessità di costruire dati integrati e, a sua volta, di integrare i dati prodotti all’interno di analisi che sappiamo produrre interpretazioni veloci e azionabili rapidamente all’interno del progetto Smart Health City della città contemporanea.

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ARTICOLI

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Giornata mondiale dell’obesità 2022

“EMERGENZA OBESITÀ, È ORA DI AGIRE.” L’obesità è causa diretta di 340.000 mila morti ogni anno in Europa, è associata allo sviluppo di numerose malattie croniche non trasmissibili ed è un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, anche fatali, da COVID-19, eppure non è ancora riconosciuta come malattia cronica. Il messaggio chiave della Giornata Mondiale dell’Obesità 2022 “Everybody Needs To Act” ossia “è arrivato il momento di agire e fare un passo avanti nella lotta a questa malattia”, è stato il tema al centro dell’incontro al Senato su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, organizzato con il supporto scientifico dell’Intergruppo Parlamentare Obesità & Diabete, World Obesity Federation, SIO - Società Italiana dell’Obesità, IO NET - Italian Obesity Network, OPEN ITALY - Obesity Policy Engagement Network ITALY, in collaborazione con il programma Driving Change in Obesity Durante l’incontro illustrata la lettera aperta per richiamare le Istituzioni a un’azione sinergica e rapida, dando priorità agli investimenti per la lotta all’obesità. Con 800 milioni di persone che ne sono colpite al mondo, l’obesità è una priorità sociale, sanitaria, economica e clinica e non c’è tempo da perdere, è arrivato il momento di agire. Per questo motivo, la Giornata Mondiale dell’Obesità 2022, promossa dalla World Obesity Federation e che si celebra ogni anno il 4 marzo, ha come messaggio chiave “Everybody Needs To Act”, un invito allo sforzo di tutti per affrontare l’obesità e trasformare la consapevolezza diffusa in un’azione globale efficace. 92

Di questo si è parlato durante l’evento tenutosi presso il Senato su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, organizzato con il supporto scientifico dell’Intergruppo Parlamentare Obesità & Diabete, World Obesity Federation, SIO - Società Italiana dell’Obesità, IO NET - Italian Obesity Network, OPEN ITALY - Obesity Policy Engagement Network ITALY, in collaborazione con il programma Driving Change in Obesity e

con gli auspici di Fondazione ADI - Associazione Italiana di Dietetica e nutrizione clinica, Amici Obesi, IBDO Foundation - Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, SICOB - Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche, SIE - Società Italiana Endocrinologia, SIEDP - Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, SIMG -Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie. In questa occasione è stata presentata la lettera aperta sottoscritta dai rappresentati degli stessi enti organizzatori e partner dell’evento indirizzata ai rappresentanti del Governo, del Ministero della Salute, del Parlamento e ai presidenti di Regione, ai Sindaci e alle autorità sanitarie nazionali e locali per richiamare l’esigenza di considerare l’obesità una priorità sociosanitaria e sollecitare a un’azione sinergica e rapida, dando priorità agli investimenti per la lotta all’obesità. “È necessario agire urgentemente sia a livello nazionale che internazionale. Basti pensare che in Europa il 53 per cento della popolazione è affetta da sovrappeso o obesità e che annualmente sono circa 340.000 le morti causate da questa malattia. Inoltre, l’obesità grava sull’economia con dei costi diretti, sociali, economici e clinici pari a circa 70 miliardi di euro, questo senza considerare i costi indiretti legati alla perdita di produttività”, spiega Luca Busetto, Co-chair Obesity Management Task Force della European Association for the Study of Obesity – EASO. “Per questo motivo è fondamentale investire nella prevenzione e nella cura dell’obesità, in quanto problema rilevante di salute pubblica e di spesa per il nostro sistema sanitario. Basti pensare che in Italia rappresenta il 9 per cento della spesa sanitaria annua e porta a una riduzione del PIL del 2,8 per cento. Se non affrontiamo l’obesità, la spesa medica diverrà per noi insostenibile”. “L’obesità è una malattia cronica multifattoriale che necessita di cure e trattamenti adeguati, è associata allo


sviluppo di malattie croniche non trasmissibili come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, malattie del fegato e almeno 12 tipi di tumori. Nell’ultimo anno è stato osservato come l’eccesso di peso sia inoltre un fattore predittivo significativo dello sviluppo di complicanze, talvolta fatali, da COVID-19”, afferma Paolo Sbraccia, World Obesity Federation. “Per questo nella Giornata Mondiale dell’Obesità chiediamo che le Istituzioni politiche e scientifiche italiane collaborino tra loro a creare percorsi assistenziali chiari e implementare le strutture specialistiche multidisciplinari a sostegno del trattamento dell’obesità, ma anche della diagnosi e della cura delle sue complicanze per portare a un reale cambiamento”. “Secondo i dati Istat, in Italia, circa il 46 per cento delle persone sopra i 18 anni sono in sovrappeso o con obesità, ma il dato più preoccupante riguarda l’obesità infantile che interessa un bambino su tre sotto gli otto anni, una percentuale decisamente superiore alla media europea che fa collocare il nostro Paese al quarto posto in Europa”, commenta Andrea Lenzi, Presidente OPEN ITALY e Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri. “Ma non tutto è negativo, possiamo ancora cambiare questa situazione. Se ci uniamo tutti, possiamo ottenere grandi risultati. Il prossimo passo in avanti necessario è l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), traguardo fondamentale per garantire un pari accesso alle cure su tutto il territorio nazionale”. “È necessario incrementare la capacità del Sistema Sanitario Nazionale di erogare e monitorare i servizi per la persona con obesità e un aiuto in questo senso potrebbe venire attraverso l’istituzione della Rete Regionale per la Prevenzione e la Terapia Integrata dell’Obesità, che coinvolgerà diversi centri specialistici locali e medici di medicina generale per formare professionisti sanitari in grado di assistere pienamente la persona con obesità e garantire supporto personale, familiare, scolastico e lavorativo”, commenta Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network - IO

NET. “Le reti regionali sono efficienti e portano a dei risultati positivi, a testimonialo la Rete Obesità Veneto, che è riuscita a garantire un approccio multiprofessionale e multidisciplinare andando incontro alle esigenze del singolo e mettendo in luce una più facile gestione degli aspetti logistici e organizzativi. Quindi, pur nel dovuto rispetto della differenziazione regionale, è utile sfruttare questo esempio per creare un sistema di rete assistenziale dedicato alla prevenzione e alla cura dell’obesità in tutte le realtà regionali”. “Il 13 novembre del 2019 è stata approvata la Mozione sul riconoscimento dell’obesità come malattia presso la Camera dei deputati, ma a causa del Covid19, che, oltre ad aver rallentato la presa in carico di obiettivi prefissati, ha evidenziato ancora di più la fragilità delle persone con obesità, poco è stato fatto per incrementare l’assistenza e fornire un adeguato supporto professionale. Infatti, ad oggi, la chirurgia bariatrica è l’unico trattamento rimborsato e non vi è un numero sufficiente di centri per l’obesità per supportare efficacemente le persone che ci convivono. Investire nella cura e nella prevenzione di questa malattia deve essere una questione prioritaria e richiede l’azione e l’impegno di tutti, su tutti i territori, in una fase storica in cui molto favorevoli sono le condizioni per perseguire tale obiettivo”, interviene l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete. “La lettera aperta inviata alle Istituzioni di interesse è volta a ottenere il riconoscimento governativo, clinico, sociale e sanitario dell’obesità come malattia cronica, così da inserire le prestazioni riguardanti l’obesità nei LEA, creare una rete nazionale di cura per l’obesità e anche un Piano Nazionale sull’obesità: è il momento di agire con azioni concrete nella lotta all’obesità. Se non affrontiamo l’obesità, la spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano finirà per condizionare le generazioni future con conseguenze importanti sul sistema sanitario”, conclude la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete.

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L’obesità è causa diretta di 340.000 mila morti ogni anno in Europa, è associata allo sviluppo di numerose malattie croniche non trasmissibili ed è un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, anche fatali, da COVID-19, eppure non è ancora riconosciuta come malattia cronica. Il messaggio chiave della Giornata Mondiale dell’Obesità 2022 “Everybody Needs To Act” ossia “è arrivato il momento di agire e fare un passo avanti nella lotta a questa malattia”, è stato il tema al centro dell’incontro al Senato su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, organizzato con il supporto scientifico dell’Intergruppo Parlamentare Obesità & Diabete, World Obesity Federation, SIO - Società Italiana dell’Obesità, IO NET - Italian Obesity Network, OPEN ITALY - Obesity Policy. Engagement Network ITALY, in collaborazione con il programma Driving Change in Obesity. Durante l’incontro illustrata la lettera aperta per richiamare le Istituzioni a un’azione sinergica e rapida, dando priorità agli investimenti per la lotta all'obesità.

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Con 800 milioni di persone che ne sono colpite al mondo, l’obesità è una priorità sociale, sanitaria, economica e clinica e non c’è tempo da perdere, è arrivato il momento di agire. Per questo motivo, la Giornata Mondiale dell’Obesità 2022, promossa dalla World Obesity Federation e che si celebra ogni anno il 4 marzo, ha come messaggio chiave “Everybody Needs To Act”, un invito allo sforzo di tutti per affrontare l'obesità e trasformare la consapevolezza diffusa in un'azione globale efficace. Di questo si è parlato durante l’evento tenutosi presso il Senato su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, organizzato con il supporto scientifico dell’Intergruppo Parlamentare Obesità & Diabete, World Obesity Federation, SIO - Società Italiana dell’Obesità, IO NET - Italian Obesity Network, OPEN ITALY Obesity Policy Engagement Network ITALY, in col-

laborazione con il programma Driving Change in Obesity e con gli auspici di Fondazione ADI - Associazione Italiana di Dietetica e nutrizione clinica, Amici Obesi, IBDO Foundation - Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, SICOB - Società Italiana di Chirurgia dell'Obesità e delle malattie metaboliche, SIE - Società Italiana Endocrinologia, SIEDP - Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, SIMG -Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie. In questa occasione è stata presentata la lettera aperta sottoscritta dai rappresentati degli stessi enti organizzatori e partner dell’evento indirizzata ai rappresentanti del Governo, del Ministero della Salute, del Parlamento e ai presidenti di Regione, ai Sindaci e alle autorità sanitarie nazionali e locali per richiamare l’esigenza di considerare l’obesità una priorità sociosanitaria e sollecitare a un’azione sinergica e rapida, dando priorità agli investimenti per la lotta all'obesità. “È necessario agire urgentemente sia a livello nazionale che internazionale. Basti pensare che in Europa il 53 per cento della popolazione è affetta da sovrappeso o obesità e che annualmente sono circa 340.000 le morti causate da questa malattia. Inoltre, l’obesità grava sull’economia con dei costi diretti, sociali, economici e clinici pari a circa 70 miliardi di euro, questo senza considerare i costi indiretti legati alla perdita di produttività”, spiega Luca Busetto, Co-chair Obesity Management Task Force della European Association for the Study of Obesity – EASO. “Per questo motivo è fondamentale investire nella prevenzione e nella cura dell’obesità, in quanto problema rilevante di salute pubblica e di spesa per il nostro sistema sanitario. Basti pensare che in Italia rappresenta il 9 per cento della spesa sanitaria annua e porta a una riduzione del PIL del 2,8 per cento. Se non affrontiamo l'obesità, la spesa medica diverrà per noi insostenibile”. “L’obesità è una malattia cronica multifattoriale che necessita di cure e trattamenti adeguati, è associata allo


sviluppo di malattie croniche non trasmissibili come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, malattie del fegato e almeno 12 tipi di tumori. Nell’ultimo anno è stato osservato come l’eccesso di peso sia inoltre un fattore predittivo significativo dello sviluppo di complicanze, talvolta fatali, da COVID-19”, afferma Paolo Sbraccia, World Obesity Federation. “Per questo nella Giornata Mondiale dell’Obesità chiediamo che le Istituzioni politiche e scientifiche italiane collaborino tra loro a creare percorsi assistenziali chiari e implementare le strutture specialistiche multidisciplinari a sostegno del trattamento dell’obesità, ma anche della diagnosi e della cura delle sue complicanze per portare a un reale cambiamento”. “Secondo i dati Istat, in Italia, circa il 46 per cento delle persone sopra i 18 anni sono in sovrappeso o con obesità, ma il dato più preoccupante riguarda l’obesità infantile che interessa un bambino su tre sotto gli otto anni, una percentuale decisamente superiore alla media europea che fa collocare il nostro Paese al quarto posto in Europa”, commenta Andrea Lenzi, Presidente OPEN ITALY e Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri. “Ma non tutto è negativo, possiamo ancora cambiare questa situazione. Se ci uniamo tutti, possiamo ottenere grandi risultati. Il prossimo passo in avanti necessario è l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), traguardo fondamentale per garantire un pari accesso alle cure su tutto il territorio nazionale”. “È necessario incrementare la capacità del Sistema Sanitario Nazionale di erogare e monitorare i servizi per la persona con obesità e un aiuto in questo senso potrebbe venire attraverso l’istituzione della Rete Regionale per la Prevenzione e la Terapia Integrata dell’Obesità, che coinvolgerà diversi centri specialistici locali e medici di medicina generale per formare professionisti sanitari in grado di assistere pienamente la persona con obesità e garantire supporto personale, familiare, scolastico e lavorativo”, commenta Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network - IO NET. “Le reti regionali sono efficienti e portano a dei risultati positivi, a testimonialo la Rete Obesità Veneto, che è riuscita a garantire un approccio multiprofessionale e multidisciplinare andando incontro alle esigenze del singolo e mettendo in luce una più facile gestione degli aspetti logistici e organizzativi. Quindi, pur nel dovuto rispetto della differenziazione regionale, è utile sfruttare questo esempio per creare un sistema di rete assistenziale dedicato alla prevenzione e alla cura dell’obesità in tutte le realtà regionali”. “Il 13 novembre del 2019 è stata approvata la Mozione sul riconoscimento dell’obesità come malattia presso la Camera dei deputati, ma a causa del Covid19, che,

oltre ad aver rallentato la presa in carico di obiettivi prefissati, ha evidenziato ancora di più la fragilità delle persone con obesità, poco è stato fatto per incrementare l’assistenza e fornire un adeguato supporto professionale. Infatti, ad oggi, la chirurgia bariatrica è l'unico trattamento rimborsato e non vi è un numero sufficiente di centri per l'obesità per supportare efficacemente le persone che ci convivono. Investire nella cura e nella prevenzione di questa malattia deve essere una questione prioritaria e richiede l’azione e l’impegno di tutti, su tutti i territori, in una fase storica in cui molto favorevoli sono le condizioni per perseguire tale obiettivo”, interviene l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete. “La lettera aperta inviata alle Istituzioni di interesse è volta a ottenere il riconoscimento governativo, clinico, sociale e sanitario dell'obesità come malattia cronica, così da inserire le prestazioni riguardanti l’obesità nei LEA, creare una rete nazionale di cura per l’obesità e anche un Piano Nazionale sull’obesità: è il momento di agire con azioni concrete nella lotta all’obesità. Se non affrontiamo l'obesità, la spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano finirà per condizionare le generazioni future con conseguenze importanti sul sistema sanitario”, conclude la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete.

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GRANDE FRATELLO O TRASPARENZA?

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Nonostante gli sforzi di garanti della privacy, di giudici a difesa dei diritti e contro obblighi più o meno ingiustificati, di criminali tecnologici di eludere la legge impossessandosi di identità sanitarie e bancarie altrui, oggi il Grande Fratello sa tutto di noi tramite dati a 360 gradi (salute compresa), wi-fi, foto e video che riversiamo nello spazio informatico.

precedente l’inizio della pandemia.

La trasparenza degli inconsapevoli, e la loro tracciabilità 24 ore su 24, è continua. Se a qualcuno interessasse sapere quanti soldi preleva al bancomat ogni settimana Pinco o quante volte va al bagno ogni giorno Pallino lo si può sapere. A Singapore si può vedere che cosa ha fatto Tizio a New York quel dato giorno tramite le innumerevoli telecamere collegate via Internet, i selfie e i GPS dei nostri smartphone controllano ogni nostro passo.

Considerato che alcune persone hanno dovuto comunque recarsi al lavoro e che alcune attività all’esterno erano permesse, ciò significa che la maggior parte delle persone ha trascorso la maggior parte del proprio tempo seguendo scrupolosamente le regole, ovvero restando a casa. Il tempo trascorso al lavoro è diminuito di circa il 55% in quella settimana rispetto al solito, visto che in molti lavoravano da casa.

Un esempio? Uno studio (interessante e “innocente” fin quando si rispetta l’anonimato) sulla settimana intorno al 20 maggio, a Londra, quando Boris Johnson si dedicava ai party a Downing Street. La domanda dello studio investigativo era: davvero tutti gli inglesi rispettavano il lockdown, mentre il loro premier se ne fregava? Mentre il personale di Downing Street si riuniva per “l’evento di lavoro” (così Boris Johnson l’ha definito) attualmente sotto inchiesta come potenziale violazione del lockdown? Ecco cosa ci dicono i dati. Gli spostamenti registrati da Google parlano chiaro: nella settimana intorno al 20 maggio i cittadini britannici hanno passato la stragrande maggioranza del proprio tempo a casa. Pur non essendo disponibili dati precisi, Google ha potuto dare una stima dei movimenti delle persone in quel periodo basandosi sugli spostamenti registrati dai dispositivi Android o da altri software di Google, come per esempio Google Maps. Il ricercatore Sotiris Georganas, docente di Behavioural Economics alla City University of London è l’autore dello studio che si basa proprio sui dati di geolocalizzazione forniti da Google. I dati analizzati riguardano il tempo trascorso dagli Inglesi nella settimana del 20 maggio in sei categorie di luoghi: casa, uffici e altri luoghi di lavoro, parchi, stazioni e fermate di trasporto pubblico, negozi di alimentari e farmacie, luoghi di vendita al dettaglio e ricreativi. Gli stessi dati sono stati confrontati con un periodo di cinque settimane che va dal 3 gennaio al 6 febbraio 2020, di poco

I dati mostrano che nei sette giorni intorno al 20 maggio, le persone hanno trascorso il 20% di tempo in più a casa rispetto al solito. Quindi, invece di trascorrervi mediamente 12 ore, come prima della pandemia, sono rimasti in casa 14-15 ore al giorno.

È stato, inoltre, constatato che i cittadini britannici passavano più tempo a fare la spesa rispetto a quando erano in lockdown, ma comunque meno di prima della pandemia. Nel marzo 2020, le incursioni nei negozi erano diminuite del 35% rispetto al solito. A maggio erano 19% in meno del normale, anche se, ricordiamolo, erano aperti solo i negozi considerati essenziali. La gente ha inoltre trascorso pochissimo tempo, quasi zero, in centri commerciali, ristoranti, bar e altri luoghi di svago per lo più chiusi a causa del lockdown. “Sembra abbastanza chiaro dai dati sugli spostamenti registrati da Google che gli Inglesi hanno rispettato le regole nel periodo in cui a Downing Street si tenevano i famigerati party. In quella settimana, il distanziamento sociale era ancora la norma. E venire a sapere che le stesse persone che avevano stabilito quelle regole non le stessero rispettando così scrupolosamente quanto i cittadini britannici nel loro insieme è apparsa offensiva a molti di loro. Dal punto di vista della disciplina nota come behavioral economics, certe violazioni erodono la fiducia della gente nelle istituzioni rendendo così la lotta contro questa pandemia, o altre emergenze in futuro, molto più difficile”, conclude Sotiris Georganas. Interessante studio, anche nell’ottica dell’inchiesta “Partygate”, ma chiediamoci anche quanto è diventata “trasparente” la vita dei singoli. Non certo quella di Boris Johnson, visto che serve un’inchiesta per appurarla.

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A marzo 2021, la società Waterfront Toronto ha bandito un concorso internazionale per riprogettare il quartiere di Quayside, nella città canadese, al fine di trasformarlo in un quartiere a zero emissioni. Nel nuovo quartiere, che si estenderà per circa 4,9 ettari sul lungomare di Toronto, troveranno posto 800 alloggi a prezzi accessibili, un ampio parco urbano da 8.000 metri quadrati, uno dei più grandi edifici residenziali in legno del Canada ed una fattoria urbana. Efficienza energetica, mobilità sostenibile, architettura altamente efficienti ed ampi spazi pubblici, faranno del quartiere un fiore all’occhiello per Toronto. Tra le architetture più attese l’edificio in legno firmato da Adjaye Associates, che, oltre a divenire una delle più grandi strutture in legno del Canada, sarà sormontato da una fattoria urbana, per puntare tutto sull’economia circolare e sulla produzione a km zero. “Questo è un importante passo avanti nel futuro del nostro lungomare e un passo cruciale nella ripresa economica di Toronto”, ha affermato il sindaco John Tory in una nota. “Sono così determinato che l’economia di Toronto tornerà più forte che mai sulla scia del COVID-19 e questo progetto sarà una parte importante di questa importante ripresa”. Come si legge da un comunicato stampa pubblicato da Waterfront Toronto il progetto sarà la prima comunità completamente elettrica a zero emissioni di carbonio su questa scala.

IL

WATERFRONT DI

TORONTO PRESTO

QUARTIERE A

ZERO EMISSIONI


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Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità Presentata a marzo a Palazzo Ducale la Fondazione “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità”. Il progetto, volto a realizzare un piano di interventi funzionali alla crescita economica, ambientale, tecnologica e sostenibile di Venezia, in linea con la strategia delineata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha formalizzato lunedì 14 marzo 2022 la sua costituzione. Nato dalla collaborazione tra Regione Veneto e Comune di Venezia, con il duplice sostegno di istituzioni nazionali e aziende private (Università Ca’ Foscari e IUAV di Venezia, Conservatorio Benedetto Marcello, Accademia di Belle Arti, Fondazione Cini, Confindustria Veneto e alcune realtà di rilievo nazionale tra le quali, Generali, Snam, ENI, ENEL e Boston Consulting Group), il progetto ha ottenuto, il 21 maggio 2021, l’adesione del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che ne sarà il Presidente, insieme ai due Vicepresidenti Luca Zaia e Luigi Brugnaro.

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Dopo l’avvio formale della costituzione della Fondazione, avvenuto il 20 luglio 2021 nell’ambito della Conferenza Clima al G20 Economia, alla presenza del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, il progetto “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità” può prendere il largo. Esso nasce con l’obiettivo di promuovere un modello ambientale, economico, sociale e urbanistico per lo sviluppo sostenibile del Comune di Venezia e della Laguna Veneta. Nell’anniversario dei 1600 anni dalla fondazione della Città, Venezia diventa un laboratorio a cielo aperto che guarda al futuro, un luogo di innovazione e d’avanguardia culturale e tecnologica in chiave sostenibile. Tra i primi interventi: Transizione energetica e sostenibilità ambientale: si prevede la creazione di un Polo dell’Idrogeno che troverà sede nell’area industriale dismessa di Porto Marghera a Venezia, con ricadute positive su tutto il

territorio veneto mediante la creazione di una filiera dell’idrogeno, una “Hydrogen Valley”; la decarbonizzazione e la circolarità dei rifiuti; la promozione di VeniSIA (Venice entrepreneurial international Sustainability Innovation Accelerator) quale centro di innovazione e accelerazione sui temi della sostenibilità. Biennale della sostenibilità: si candida Venezia a polo di riferimento mondiale per il dibattito scientifico, accademico e culturale sui temi relativi alla sostenibilità ambientale e sociale attraverso l’organizzazione periodica di una “Biennale della Sostenibilità” a cui far partecipare istituzioni, accademici, esponenti del mondo dell’arte e delle scienze, e imprese, per la discussione costruttiva di argomenti inerenti al cambiamento climatico e, più in generale, alla sostenibilità. Education: si promuove il rilancio dell’offerta formativa e dei servizi e la residenzialità per studenti, per caratterizzare Venezia come una “Città Campus” di livello internazionale. Turismo Sostenibile: si incoraggia l’evoluzione verso un modello turistico sostenibile attraverso il ricorso alle tecnologie digitali nella gestione dei flussi e dei servizi offerti. Piano strategico per il rilancio di commercio e residenzialità locale: si programmano azioni e interventi ad ampio raggio volti a favorire l’inclusione sociale e la vitalità della comunità veneziana.


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L’industria ha abbandonato la città? L’industria ha abbandonato solo in parte i centri urbani in Europa e quella che si pensava fosse una reliquia del 20esimo secolo continua a caratterizzare il tessuto economico con nuove caratteristiche che le analisi tradizionali non riescono a rilevare, afferma il progetto MISTA, realizzato dal programma di cooperazione europea ESPON, specializzato in analisi regionale. In particolare, le grandi aree urbane continuano ad essere un luogo privilegiato per la produzione: oltre la metà (54%) della forza lavoro dell’industria europea, pari a circa 19,8 milioni di persone, è impiegata nelle regioni metropolitane e genera un valore aggiunto di circa 1,7 miliardi di euro e quasi due terzi (64%) della produzione industriale dell’intera UE.

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ed è caratterizzato da un’elevata integrazione con i servizi e il terzo settore”, aggiunge Fedeli. Insomma, per una parte dell’industria che è migrata, un’altra parte è arrivata e cerca nelle aree urbane la sua base di riferimento. Il nuovo tipo di industria urbana si basa su una produzione creativa e personalizzata, ad alta intensità di conoscenza, ma non solo. “Ci sono settori fondamentali come la logistica urbana o la fornitura di servizi - acqua, energia, trattamento dei rifiuti, per esempio - che funzionano come veri e propri settori manifatturieri avanzati”, continua la Professoressa.

All’interno di queste regioni, le città più grandi e densamente popolate sono luoghi fondamentali per la produzione industriale: qui, 8,4 milioni di lavoratori dell’industria generano circa il 30% della produzione industriale europea.

Si tratta di un cambio di paradigma che si ripercuote anche sull’occupazione: chi lavora in questo tipo di industria non è più operaio, ma operaio più specializzato, ed è difficile reinserire persone con competenze diverse da quelle richieste dalla nuova manifattura.

L’importanza delle aree metropolitane come sedi industriali non sembra essere diminuita nell’ultimo quarto di secolo: la percentuale di lavoratori manifatturieri occupati nelle regioni metropolitane è diminuita di appena il 3% dal 1995, a fronte di un aumento della produzione industriale dell’1%.

“Il che” - conclude Fedeli – “rappresenta una delle sfide più grandi per le città, soprattutto quelle con un grande passato manifatturiero.”

“Le analisi tradizionali” - spiega Valeria Fedeli, docente di pianificazione e politiche urbane al Politecnico di Milano – “non riescono a cogliere questo quadro per diversi motivi. In primo luogo, si riferiscono alla città principale e non all’area urbana circostante: se allarghi lo sguardo e consideri anche quest’ultima dimensione, ti rendi conto che l’industria è rimasta.” In altre parole, c’è una più stretta relazione funzionale tra i centri urbani e le aree circostanti che sta alla base di un modello industriale più diffuso nei territori. “Il manifatturiero, inoltre, è molto diverso dal passato


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Riqualificare energeticamente le scuole di Milano: l’alleanza fra pubblico e privato Sono 142 gli edifici scolastici nell’area della Città Metropolitana di Milano che, grazie a un impegno congiunto tra pubblico e privato, verranno riqualificati energeticamente.

Per istruire e formare i giovani al risparmio energetico è fondamentale farli vivere in edifici riqualificati energeticamente dove le buone pratiche e l’efficienza si notino ogni giorno. Per questo si deve riqualificare l’enorme parco immobiliare, finora rimasto abbandonato a sé stesso per troppo tempo e al quale si mette mano soltanto in occasione di clamorosi incidenti. La Città Metropolitana di Milano si è mossa per tempo questa volta e ha presentato ai dirigenti scolastici delle scuole superiori milanesi un progetto di riqualificazione energetica degli istituti scolastici, con partenza dei lavori prevista per maggio 2022. Sono stati quindi aggiudicati i tre contratti per la riqualificazione energetica e la gestione dei 142 edifici scolastici di competenza di Città metropolitana. L’investimento complessivo previsto è di circa di 62 milioni di euro, di cui 14 finanziati con un contributo pubblico e 48 da parte dei privati, e porterà, unitamente ad avanzati modelli di gestione, al superamento dell’obiettivo minimo di un risparmio energetico del 36%. Ma quali risparmi in termini di impatto ambientale porteranno questi investimenti? La stima è: riduzione di 56.898.000 kWh/anno; riduzione di 8.062 tonnellate di petrolio equivalenti/anno (Tep); riduzione di 20.000 tonnellate di CO2/anno. Si tratta di numeri equivalenti a 267 autotreni di petrolio all’anno.

Per Roberto Maviglia, consigliere delegato al risparmio energetico e all’edilizia scolastica della Città metropolitana, “è un risultato importante. Queste azioni si tradurranno in un risparmio energetico pari al 40% con una riduzione significativa di CO2 l’anno. L’entità economica e la ricaduta ambientale di questo intervento pongono la Città metropolitana all’avanguardia italiana ed europea in materia di riqualificazione energetica”. È stata aperta una gara per la selezione di Energy Service Company (Esco) ai fini dell’affidamento di tre contratti di rendimento energetico (Epc) della durata di 15 anni. In questa tipologia di contratto di servizi, il fornitore si obbliga al compimento di una serie di servizi e di interventi integrati per la riqualificazione e il miglioramento dell’efficienza di un sistema energetico (un impianto o un edificio) di proprietà di altro soggetto, in questo caso la Città Metropolitana di Milano, verso un corrispettivo correlato all’entità dei risparmi energetici (preventivamente individuati in fase di analisi di fattibilità) ottenuti in esito all’efficientamento del sistema. Le tre imprese coinvolte sono Cns, il Consorzio nazionale servizi, Rti (Siram, Betasint e Arcoservizi) e Carbotermo Spa. Fondazione Cariplo ha supportato la Città metropolitana attraverso il progetto Territori Virtuosi fornendo un team di consulenti. 105


COME IL NET ZERO FARÀ FELICE I In un rapporto pubblicato a gennaio, NET ZERO PLAN, si analizza in modo analitico la strada intrapresa da Londra per raggiungere zero emissioni in questo decennio e le scelte politiche che devono essere fatte nei prossimi mesi e anni per raggiungere questo obiettivo. Sadiq Khan, Sindaco della capitale britannica, indica gli standard che ogni amministratore deve sviluppare per creare benessere e prospettive bella propria comunità. Un esempio di leadership politica necessaria, soprattutto in questo momento, per garantire la ripresa delle città dopo a pandemia e per dare anche un’opportunità per affrontare la crisi climatica sempre più urgente. Il rapporto del sindaco Khan mostra che il traffico automobilistico a Londra deve essere ridotto di almeno il 27% in questo decennio, insieme a un passaggio molto più rapido dai veicoli a combustibili fossili al trasporto attivo, al trasporto pubblico e a veicoli più puliti e meno inquinanti. Attualmente, solo il 2% dei veicoli sulle strade di Londra sono elettrici. Inevitabilmente questo cozza con coloro che hanno interessi acquisiti nelle industrie dei combustibili fossili o delle vecchie automobili e che cercano di confutare le tesi di questo piano.

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“La realtà è che non possiamo permetterci di non ripulire l’aria della città e, ancora più importante, di non porre fine all’inquinamento, è una questione di giustizia sociale, poiché i londinesi che vivono nelle aree più colpite dall’inquinamento atmosferico sono gli stessi che hanno meno probabilità di possedere un’auto”. Il rapporto suggerisce che il raggiungimento della necessaria riduzione dei veicoli sulle strade richiederà provvedimenti di tariffazione differenziata in base al grado di inquinamento dei veicoli. Per la maggior parte delle persone a Londra ridurre il

numero di veicoli sulle strade è visto come un vantaggio per tutti. Si prevede che il passaggio da stili di vita dipendenti dall’auto a una mobilità più attiva migliorerà la salute delle persone, ridurrà gli incidenti stradali, la congestione cittadina e migliorerà la connettività sociale. La congestione è costata a Londra l’anno scorso 5,1 miliardi di sterline. Tutto sommato, i costi dell’inazione sarebbero di gran lunga maggiori dei costi dell’azione. Il Sindaco mira anche a una riduzione del 40% del riscaldamento abitativo negli edifici di Londra, richiedendo l’adeguamento di oltre 210mila case e 15mila edifici pubblici o destinati ad uffici ogni anno, installando 2,2 milioni di pompe di calore entro il 2030 e collegando 460mila edifici alle reti di teleriscaldamento. Non si fa illusioni sulle decisioni politiche difficili necessarie, affermando: “Abbiamo visto troppo spesso misure per affrontare l’inquinamento atmosferico e l’emergenza climatica ritardate in tutto il mondo perché considerate troppo difficili o politicamente scomode, ma non siamo disposti a rimandare l’azione che dobbiamo mettere in atto qui a Londra”. Avere visione del futuro significa guardare concretamente al presente.


PLAN DI LONDRA I LONDINESI

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A Diébédo Francis Kéré il “Nobel” dell’architettura primo architetto africano a ricevere il Pritzker

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Palazzo del Parlamento in Benin

Nato nel 1965 a Gando, in Burkina Faso, Kéré è stato scelto dalla giuria guidata da Alejandro Aravena, a sua volta premio Pritzker nel 2016, per l’attitudine dimostrata nel “trovare modi brillanti, stimolanti e rivoluzionari” ad alcuni dei quesiti cruciali dell’architettura contemporanea. Figlio maggiore del capo del suo villaggio, Kéré ha raccontato di essere “cresciuto in una comunità dove non c’era un asilo, ma dove la comunità era la tua famiglia”. L’assenza di una scuola nella sua Gando lo costringe, a sette anni, ad allontanarsi dal nucleo d’origine. Inizialmente resta in Burkina Faso per studiare, ma nel suo destino c’è l’Europa. È in Germania che avviene la sua formazione tecnica: una borsa di studio gli consente di frequentare la Technische Universität Berlin negli anni Novanta. Si laurea nel 2004, ma già da tre anni ha ultimato il primo edificio scolastico della sua carriera, promuovendo anche la raccolta fondi per la sua costruzione. QUOTE: “Penso, semplicemente, che se l’architettura non viene fatta per le persone, per cos’altro la facciamo? È una messa a servizio per l’umanità”. “In un mondo in cui gli architetti stanno costruendo progetti nei contesti più diversi – non senza polemiche – Kéré contribuisce al dibattito incorporando le dimensioni locale, nazionale, regionale e globale in equilibrio molto personale tra esperienza di base, qualità accademica, low tech, high tech e reale multiculturalismo”. Un lavoro il suo, sottolinea la motivazione, che “ci ricorda anche la lotta necessaria per cambiare gli insostenibili schemi di produzione e consumo”, sollevando in parallelo riflessioni sul “significato di permanenza e durabilità del costruire”. Secondo la fondazione che assegna il premio, Kéré ha la capacità di “dare forza e trasformare le comunità attraverso il processo dell’architettura. […] Grazie alla sua dedizione per l’impegno e la giustizia sociale, e all’uso sapiente dei materiali locali per connettersi e

adattarsi al clima naturale”, continua l’annuncio, Kéré “è intimamente consapevole che l’architettura non riguarda l’oggetto ma l’obiettivo; non il prodotto, bensì il processo”. il nuovo palazzo del Parlamento in Benin, un progetto che sta realizzando e che richiama un baobab “sotto il quale le persone si riuniscono per prendere le decisioni” ha spiegato l’architetto: Serpentine Pavilion @ Iwan Baan

Surgical Clinic and Health Center courtesy Francis Kèrè

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Le prime 15 città più “colte” d’Europa L’Europa è sempre stata rinomata per le sue profonde radici artistiche. Ma con l’abbondanza di attrazioni e il tempo limitato, gli amanti della cultura dovranno inevitabilmente fare alcune scelte difficili quando decideranno a quali luoghi dare la priorità. Uswitch, società internazionale di comparazione di mutui, ha creato un indice basato sul numero totale di teatri, musei, monumenti e tour culturali in ogni città d’Europa per calcolare un punteggio culturale. Ad ogni città è stato quindi assegnato un punteggio da uno a dieci. Lo studio ha quindi preso in considerazione fattori aggiuntivi come le recensioni e la dimensione della popolazione, per determinare le città più culturali d’Europa. Con un punteggio culturale di 9,85 su 10 possibili, Praga sarebbe risultata la città più “attrattiva culturale” d’Europa. 1. Praga - 9.85 su 10. Rinomata per la sua bellezza e cultura, Praga è al primo posto tra le città più colte d’Europa. Una passeggiata per la città può portarti attraverso uno dei 200 parchi storici offerti e giardini sparsi in tutta la città. Ci sono anche molti punti di riferimento dove fermarsi, come l’iconica Dancing House, con quasi 15 per 100.000 persone. 2. Amsterdam - 9.81 su 10. Amsterdam è una città d’arte e ci sono molti musei in cui vederla. Il Rijksmuseum, il museo nazionale dei Paesi Bassi, è solo uno dei quasi otto musei per ogni 100.000 persone. Amsterdam è anche conosciuta per i suoi monumenti, edifici e parchi come il Palazzo Reale, Rembrandtplein e il Vondelpark. In effetti, ci sono 9,3 punti di riferimento per 100.000 persone.

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3. Dublino - 9.48 su 10. Dublino ha ottenuto il suo punteggio più alto in punti di riferimento per 100.000 persone, con un impressionante 8,5. Questi includono cattedrali come Christ Church e St Patrick’s, e edifici storici come il Kilmainham Gaol Museum. 4. Roma - 9.26 su 10. Roma è un gioiello della corona culturale italiana. Ha icone storiche come il Colosseo che offre una rara possibilità di stare a terra una volta calpestato da gladiatori e imperatori. Questi tipi di punti di riferimento fanno parte di 14 per 100.000 persone, più del doppio del risultato di Monaco al quinto

posto. Puoi anche fare un viaggio nella storia in uno dei tour culturali disponibili in tutta la città in quanto ce ne sono quasi sei disponibili per ogni 100.000 persone (il più alto nella top 15). Roma è anche sede e sede di una varietà di festival ogni anno, dalla musica al cibo. Accade sempre qualcosa di culturalmente eccitante. 5. Monaco di Baviera - 8.60 su 10. Che tu sia appassionato di festival stagionali o della ricca storia della zona, Monaco ha qualcosa per tutti. La Marienplatz è stata la piazza principale della città per più di 800 anni, ma in tutta la città, ci sono oltre sei punti di riferimento per ogni 100.000 persone. Dopo aver visitato questi punti di riferimento, puoi fare un viaggio in uno dei tanti musei della città, ce ne sono quasi tre ogni 100.000 persone. 6. Copenaghen - 8.56 su 10. Copenaghen è la città più felice del mondo, ed è facile capire perché. Ricca di arte e cultura, è impossibile annoiarsi. Se il tempo lo permette, puoi partecipare a un tour culturale della città (ce ne sono 1,7 disponibili per ogni 100.000 persone) per goderti tutti i siti che ha da offrire. Copenaghen è anche sede di una serie di musei (3,5 su 100.000 persone), come il Museo Nazionale di Danimarca che non solo ha una vasta collezione permanente, ma anche visite guidate per darti tutti i dettagli sulle opere d’arte. 7. Budapest - 8.49 su 10. Dopo una lunga giornata trascorsa esplorando la città, ci si può rilassare nei bagni Szechenyi: uno degli 8,7 punti di riferimento per 100.000 persone in città. Ci sono più di 1.000 sorgenti termali naturali in Ungheria, e questa è la più famosa, con 21 piscine di diverse temperature tra cui scegliere. 8. Londra e Berlino - 8,38 su 10. C’è un pareggio per l’ottavo posto: Londra e Berlino. La città di Londra esiste, anche se non come la conosciamo ora, da più di 2.000 anni. Con circa 30 milioni di turisti che la visitano ogni anno, Londra è un crogiolo di culture, che potrebbe spiegare i numerosi musei e gallerie, come il British Museum e la Tate Modern, così come le luci brillanti di Thearteland nel West End. Simile a Londra, Berlino ha una vivace vita notturna. C’è anche una vasta gamma di teatri, dove si può godere di qualsiasi


cosa, dai circhi alle sale da concerto, spettacoli seri e stand-up comedy. 10. Milano - 8.27 su 10. Milano è al decimo posto per i luoghi più colti d’Europa con un punteggio complessivo di 8,27 su 10. Una passeggiata culturale attraverso la città (0,6 disponibili per 100.000 persone) può portarti dal gotico al futuristico solo nell’architettura. 11. Vienna - 8.05 su 10. Vienna, situata nel cuore dell’Europa, è piena di storia e arte. Ci sono più di 1.000 punti di riferimento in tutta la città che sono aperti al pubblico e oltre 100 teatri. Accanto a tutto questo, Vienna è nella top 10 per le città europee con le case più belle. Ci sono anche oltre 150 musei a Vienna, che coprono quasi tutto ciò che si vuole conoscere. 12. Madrid - 7.75 su 10. Madrid è piena di parchi e spazi aperti. Probabilmente la più impressionante di queste è la Casa de Campo, che si può visitare durante una delle tante passeggiate culturali disponibili in città (quasi una ogni 100.000 persone). Si può anche imparare tutto sulla storia di Madrid in uno dei 100 musei di questa capitale. 13. Lisbona - 7.57 su 10. Con sette colli, Lisbona è una delle città più antiche del mondo, superando Londra e Roma di centinaia di anni. Lisbona è ricca di storia con siti come il Monastero dei Geronimiti e la Torre di Belém (patrimonio mondiale dell’UNESCO, così come altri monumenti europei). Ci sono due musei e quattro punti di riferimento come questi per ogni 100.000 abitanti in città. 14. Varsavia - 7.54 su 10. Varsavia è al quattordicesimo posto nella classifica delle città più culturali d’Europa, con un punteggio di 7,54 su 10. Ha il punteggio più alto per il numero di punti di riferimento sparsi per la città, quasi cinque per 100.000 persone. Varsavia è anche la casa di Chopin. C’è il museo Chopin, dove i visitatori possono conoscere la sua vita e le sue opere. Alcuni dei teatri della città (un totale di 0,4 per ogni 100.000 persone) suonano la sua musica la sera e ne celebrano la grande eredità culturale. 15. Parigi - 7.53 su 10. A completare la nostra lista c’è Parigi al quindicesimo posto. Dall’iconica Torre Eiffel al Louvre di fama mondiale, ci sono molti punti di riferimento da sperimentare in questa città: tre punti di riferimento per ogni 100.000 persone. Parigi è anche la patria della moda e lo celebra con i suoi numerosi musei (oltre uno ogni 100.000 persone). Il più iconico di questi è il Palais Galliera, che ospita the Gabrielle Chanel Rooms.


GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA Il 22 aprile 2022 è la giornata mondiale della Terra Earth Day, la più grande manifestazione ambientale del pianeta, l’unico momento in cui tutti i cittadini del mondo si uniscono per celebrare la Terra e promuoverne la sua salvaguardia. L’obiettivo 2022 è “Mobilitare il Pianeta per dire una sola cosa: la Terra non aspetta”. Ma il tema è “Investi nel nostro pianeta”, secondo quanto annunciato da EDO (EARTHDAY.ORG), l’organizzatore globale della Giornata della Terra. L’Earth Day 2022 si concentra sull’accelerazione delle soluzioni per combattere la nostra più grande minaccia, il cambiamento climatico, e per attivare tutti (governi, cittadini e imprese) a fare la propria parte. Tutti sono responsabili. Si parla del coinvolgimento di oltre un miliardo di persone, tra governi, istituzioni e imprese, per riconoscere la nostra responsabilità collettiva e per aiutare ad accelerare la transizione verso un’economia verde equa e prospera per tutti. L’obiettivo della campagna di EDO è di spingere da parte le barriere erette dall’antica e “sporca” economia dei combustibili fossili e dai loro co-cospiratori (le vecchie tecnologie dei secoli passati) e di reindirizzare l’attenzione alla creazione di un’economia del 21° secolo che riporti la salute nel nostro Pianeta, proteggere la nostra specie e offrire opportunità a tutti.

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Dopo la COP26 di Glasgow, è ancora più evidente che i governi non risolveranno da soli questa crisi. Né stanno intraprendendo azioni sufficienti per creare un’economia equa che consentirà a tutte le persone in tutti i Paesi di partecipare all’economia verde in espansione. Scrive EDO: “Nonostante l’inazione globale e persino l’ostruzione, il cambiamento storico economico e scientifico verde sta accelerando. Dall’energia alla tecnologia, dalla filosofia alla salute, dall’ingegneria ai trasporti, governi nazionali e locali lungimiranti, attivisti, artisti, innovatori, inventori, scienziati, università, individui e investitori stanno sviluppando alternative e soluzioni verdi per ripristinare il Pianeta e accelerare una transizione economica equa. Gli educatori di tutto il mondo chiedono che l’educazione climatica fornisca scienza, abilità civiche e ispirazione per creare una nuova generazione di leader in ogni campo che guide-

ranno i loro Paesi, imprese, fedi e altre istituzioni in questa inevitabile evoluzione”. E ancora: “Come le rivoluzioni industriale, spaziale e dell’informazione, tutti i settori della società possono e devono svolgere ruoli importanti, questa volta con le straordinarie responsabilità di farlo bene. Il bisogno sta convergendo con l’inventiva e l’innovazione, ma tutti devono avere un ruolo”. In realtà, i governi possono “aprire nuove porte” incentivando cittadini, imprese e istituzioni a creare e innovare. Possono creare un sistema economico globale equo per attuare queste innovazioni e cambiamenti senza rinunciare al loro ruolo per far avanzare, e proteggere, gli interessi della società in questa transizione. E i singoli cittadini (in quanto elettori, guardiani e consumatori) hanno il dovere ora di indicare le responsabilità (se ci sono) di imprese, di governi e istituzioni e di sostenere i loro sforzi quando, invece, agiscono nel modo giusto. Come altre rivoluzioni economiche, inventori, innovatori, imprese e investitori hanno maggiori probabilità di guidare un cambiamento significativo. Spetta a tutti e tre i settori sfruttare il potere di questi agenti del cambiamento e dei mercati finanziari verdi in crescita e richiedere che creino valore sia per sé stessi sia per la società mentre guidano l’innovazione verde. “Nel 2022, dobbiamo tutti entrare in un’unica partnership per il Pianeta. Le persone, i governi e anche la maggior parte delle aziende temono il cambiamento, ma lo status quo - il modo in cui viviamo oggi - sta cambiando davanti ai nostri occhi. Nella costruzione del nostro futuro, individui, aziende e governi hanno ciascuno un ruolo unico: dobbiamo agire individualmente e insieme”, afferma Kathleen Rogers, Presidente di EARTHDAY.ORG. “A differenza di altre rivoluzioni economiche storiche, questa volta ci sono due ulteriori imperativi: il primo è salvarci dalla crisi climatica, e il secondo è costruire nuove economie verdi in ogni Paese in modo che tutti possano condividere i benefici di questa rivoluzione verde. Questo sarà possibile solo se investiamo insieme nel futuro del nostro pianeta”.


Denver Earth Day 22 Aprile 1970.

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