*#+$,-.)
#$%$&'(!)$*$'(+,!-&.$,/'$0$.(!,!)$%1+*('$%(2! &,3,&'4(+,!),++(!!56/)(7$6/,!8964'!:$';! !
DE!8FE#G!HAD!8@8GABI!8IH@GI#@E!HIJ@EHIDA! !"#$%&'((%(()#*)+%(%,)-#.'"%('/%)-#.*)/(%0)#1#,%0%,)#*1/# +2%".1/%31"()#$1++)#.*)/(#45'+1#.(/531"()#$%# */101"6%)"1#'++2%"(1/")#$1+#778#
<=>==!?@:ABC#A
!"#$%&'%()
Universo editoriale per Fondazione Sport City
EDITOR IN CHIEF
Francesca Romana Lenzi, Federico Serra
ASSOCIATE EDITORS
Livio Gigliuto, Fabio Pagliara, Chiara Spinato
EDITORIAL OFFICE EXECUTIVE MANAGER
Roberto Ghiretti
EDITORIAL BOARD
Daniela Sbrollini
Mario Occhiuto
SCIENTIFIC BOARD
Chair
Andrea Lenzi, Roberto Pella
Members
Riccardo Antiochia
Stefano Balducci
Gianfranco Beltrami
Marco Bernardi
Mauro Berruto
Stefano Capolongo
Michele Carruba
Annamaria Colao
Rossana Ciuffetti
Stefano da Empoli
Maurizio Damilano
Daniele Frongia
Francesco Landi
Antonio Gaudioso
Ezio Ghigo
Guido Martinelli
Antonio Nicolucci
Attilio Parisi
Carlo Signorelli
Guido Stratta
Ketty Vaccaro
Silvano Zanuso
EDITORIAL OFFICE STAFF
Roberto Lamborghini, Federico Pagliara, Elisabetta Sturlesi
CARATTERISTICHE:
Lingua: Italiano Periodicità: Semestrale (2 numeri all’anno)
Formato: 20 x 27 cm
Website: www.fondazionesportcity.it
FONDAZIONE SPORTCITY
Via Emilio Casa 7/2A 43121 Parma PR
Telefono: 0521531711
segreteria@fondazionesportcity.it
FOREWORD
Federico Serra
ACKNOWLEDGMENTS
Fabio Pagliara
DDL SENATO
Sen. Daniela Sbrollini
“Disposizioni recanti interventi finalizzati all'introduzione dell'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all'interno del Servizio sanitario nazionale”
EDITORIALE
Silvia Migliaccio1 , Andrea Lenzi2
1Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università del Foro Italico di Roma
2 Dipartimento Medicina Sperimentale, Sezione di Endocrinologia e Nutrizione, Sapienza Università di Roma
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE POLITICA
Daniela Sbrollini, Senatrice
Mauro Berruto, Deputato
Roberto Pella, Deputato
Mario Occhiuto, Senatore
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE SANITARIA
Luca Busetto, EASO
Linee Guida EASOEPCO per medici e pazienti
Gianfranco Beltrami, Medico Sportivo, Direttore Sanitario delle Terme di Monticelli, Vice Presidente Federazione Medico Sportiva Italiana
Luca D’Onofrio, Raffaella Buzzetti, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma
Tiziana Frittelli, Teresa Bonacci, Federsanità ANCI
Adriana Bonifacino, Sport e Salute
Giuseppe Fatati, IO NET
Silvano Zanuso1,2 , Luca Rebecchini1
1Thecnogym 2Edith Cowan University – Perth
Eleonora Selvi, SUMAI
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE SPORTIVA
Maurizio Damilano, TO WALK IN THE CITY LAB
Luigi Angelini, FIT.COMM
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE CIVICA
Rosaria Iardino, Eva Massari Fondazione The Bridge
Lina Delle Monache, Federdiabete Lazio
Marcello Grussu, ANIAD
Rosapia Farese, FareRete
Gilberto Stival, Pastorale Sport e Tempo Libero Albano
REVIEW LETTERATURA
Sostenibilità e prevenzione: aspetti sociali dell’attività fisica nel progetto happy bones
L'OMS evidenzia l'alto costo dell'inattività fisica nel primo rapporto globale
P
ndice
péçêí=`áíó I
Q péçêí=`áíó
FOREWORD
R péçêí=`áíó
Serra
Lo scopo di questo numero di SportCityJournal è quello di incoraggiare discussioni critiche sulle questioni politiche connesse al ruolo contemporaneo dello sport e dell'attività fisica nella salute pubblica. Ci sono prove di un rinnovato interesse dell'importanza dell'attività fisica nella politica della salute pubblica alla fine del ventesimo secolo. Ad esempio, sono disponibili raccomandazioni sempre più esplicite sui livelli di attività fisica nelle strategie sanitarie globali e nelle politiche nazionali sull'attività fisica e prese di posizione continue e aggiornate da parte di gruppi di lavoro di medicina specialistica e di esercizio fisico. Inoltre, si stanno intensificando la promozione, l'erogazione, la governance e il monitoraggio locali di programmi sportivi e di attività fisica individuali e comunitari. Sebbene esista un corpus consolidato di articoli di ricerca orientati alla politica sulla salute pubblica e sui fattori dello stile di vita, inclusa l'attività fisica, lo sport è notevolmente assente dall'agenda della ricerca sulla salute pubblica. Questa omissione è evidente nonostante il settore dello sport sia attualmente un'area prioritaria di salute pubblica attraverso l’aumento dei tassi di attività fisica della popolazione. Si sa molto poco sul contributo dello sport all'attività fisica e alla salute. Sebbene ci siano stati ampi e recenti investimenti negli aspetti politici e pratici dell'attività fisica, sia in Europa che nel mondo, le risposte a livello di popolazione hanno avuto un successo limitato nell'arrestare la tendenza al rialzo dell'inattività fisica e nel ridurre le disuguaglianze nei livelli di attività. I requisiti per una promozione individuale, comunitaria e nazionale di successo dei programmi sportivi e di attività fisica non sono ben compresi e c'è poco spazio per portare in primo piano il lavoro critico sull'im
patto e le conseguenze (sia intenzionali che non) di tali programmi per diversi gruppi di persone . Le relazioni tra sport, attività fisica e salute non sono neutre, ma riflettono complesse lotte temporali e spaziali su posizioni politiche, ideologie sociali, processi decisionali e attuazione delle politiche. È quindi opportuno e significativo che questo numero speciale sollevi interrogativi e presenti analisi critiche sulla politica e la politica della dinamica sport/attività fisica/salute.
La salute pubblica è un settore politico consolidato e potente a livello mondiale soprattutto in questa era pandemica dovuta al COVID 19. La definizione delle politiche di salute pubblica coinvolge diversi approcci connessi alla ricerca e alla costruzione di evidenze, alla messa in servizio e alla gestione, alla fornitura di servizi e alla partecipazione del pubblico a programmi intesi a prevenire le malattie, promuovere la salute e prolungare la vita a livello di popolazione (WHO 2007). Questa è ovviamente un'arena politica complicata. La salute pubblica coinvolge vari metodi di monitoraggio e valutazione, una gamma di interventi e molti professionisti sanitari che lavorano con persone diverse in contesti diversi (Douglas et al. 2007). C'è una crescente consapevolezza e un'intensificazione della moralità che circonda le potenziali minacce alla salute pubblica poste dalla mancanza di attività fisica, nonché i benefici di un impegno prolungato nell'attività fisica. Gran parte di questa narrazione è guidata dalla scienza medica e comportamentale. Tuttavia, alcune ricerche critiche hanno identificato le complesse relazioni tra sport, attività fisica e salute (Waddington 2000).
T péçêí=`áíó
Federico
Editor in Chief di Sport City Journal e Presidente dell’Osservatorio permanente sullo sport
Altre ricerche hanno affrontato le dimensioni politiche dell'attività fisica, della commercializzazione e del marketing (Piggin 2014, Piggin e Bairner 2014). Alcuni lavori hanno esplorato la complessa arena politica della medicina e della salute dello sport (Malcolm e Scott 2011) e un altro focus è stato sulla comprensione critica delle strutture, dei processi, delle esperienze e delle conseguenze sulla salute dell'attività fisica basata sul fitness (Markula 1995, Maguire 2008, Manfield 2011). Domande su invecchiamento, disabilità, stato socioeconomico, etnia e genere sono emerse anche nelle discussioni sulle politiche e le politiche dello sport e dell'attività fisica per la salute (si vedano, ad esempio, Wilkinson e Marmot 2003, Howe 2004, Wray 2007 , Phoenix e Grant 2009, Kay e Spaaij 2012). Nonostante tali critiche, derivanti da discipline tanto diverse come la gerontologia sociale, la sociologia dello sport, la psicologia sociale, gli studi di genere, lo sviluppo internazionale, gli studi politici e le scienze politiche, c'è spazio per discussioni più aperte sulla crescente rilevanza e complessità della politica e implicazioni politiche dello sport, dell'attività fisica e della salute pubblica.
Questo numero di SportCity Journal, includiamo articoli di una varietà di esperti che si impegnano in esami critici dello sport e dell'attività fisica alleati della politica della salute pubblica. I documenti selezionati coprono sia l'analisi della situazione attuale che l'analisi per di politica sanitaria , assicurando che un focus critico di politica che animi il dibattito. I contributi evidenziano questioni legate alla politica sulla salute pubblica e alla politica dello sport, dell'attività fisica concentrandosi su una serie di temi teorici da sviluppare attraverso la produzione di prove e conoscenze, le politiche nazionali e la promozione politica dello sport e dell'attività fisica per la salute, i megaeventi sportivi e salute pubblica, diversità sociale nello sport di comunità per la programmazione sanitaria, istruzione e formazione nei settori dell'educazione fisica e del fitness e prospettive critiche sul lavoro di partenariato nello sport e nella salute pubblica. Nel
complesso, gli articoli riflettono il dibattito sulle motivazioni dell'intervento del governo nazionale nel processo decisionale sulla salute pubblica che include il ruolo dello sport e/o dell'attività fisica, e la polemica sull'impatto che tali decisioni politiche hanno sulle persone e sulle loro comunità.
Il DDL presentato al Senato dalla Senatrice Sbrollini in XIX legislatura, nel solco da quanto fatto nella precedente legislatura sempre in Senato, e iniziative in atto anche alla Camera dei Deputati, apre un ampio dibattito istituzionale e sanitario, che SportCity Journal ha voluto cogliere, auspicando che si arrivi ben presto a considerare l’attività motoria e fisica essenziale come strumento di prevenzione, riabilitazione e cura all’interno del Sistema Sanitario Nazionale
U péçêí=`áíó
NM péçêí=`áíó
ACKNOWLEDGMENTS
NN péçêí=`áíó
U n anno di successi per la fondazione S portcity e nel 2023 già in programma due grandi eventi
Fabio Pagliara
Per la Fondazione Sportcity il 2022 si chiude con un bilancio entusiasmante. A poco piu di due anni dalla nascita, dovuta all'intuizione del presidente Fabio Pagliara, i tasselli inseriti nel mosaico sono davvero tanti per questo laboratorio indipendente di idee e progetti nato dalla necessita di studiare l’impatto dello sport e della cultura del movimento sul benessere delle aree urbane e sulla qualita della vita dei cittadini.
Il 2022, dunque, puo essere considerato l'anno della consacrazione della Fondazione che, si e accreditata definitivamente come punto di riferimento per Istituzioni nazionali ed internazionali, Amministrazioni di grandi, medie e piccole citta e le
massime autorita nazionali della governance sportiva. Un risultato ottenuto attraverso la realizzazione di progetti innovativi, eventi di successo, convegni, formazione, partnership strategiche e il lavoro costante al fianco di associazioni sportive che nei propri territori operano per la riqualificazione di spazi urbani destinati alla pratica sportiva destrutturata.
Entrando nel dettaglio, e ancora vivo il ricordo di domenica 18 settembre, quando in 35 citta italiane e andata in scena la seconda edizione dello Sportcity Day, l'evento che in soli due anni e riuscito a coinvolgere grandi e piccole citta di tutta Italia facendo praticare sport ad oltre 60.000 cittadini in una sola giornata.
Con oltre 250 associazioni sportive, Federazioni
ed Enti di promozione sportiva coinvolti, per un totale di 63 discipline praticate grazie ai 500 tecnici volontari scesi in campo, l'evento sostenuto e patrocinato dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha messo in evidenza il fenomeno delle “sportcity” che sta dilagando in molte nazioni europee.
Uno straordinario evento "figitale" viste le oltre 300.000 persone che hanno seguito in quei giorni i social di Fondazione.
Un altro tassello di rilievo e stata la nascita dell'"Osservatorio permanente sullo sport", un'attivita di ricerca strategica che sara decisiva per il futuro della nostra societa e dello sport, presieduto da Federico Serra che sin dall'inizio ha creduto nel lavoro della Fondazione ricoprendo anche il ruolo di editor in chief di questa rivista scientifica.
Un altro progetto di successo, stavolta partito dal basso, e stato quello delle “100 idee per lo sport”, il primo spazio libero di condivisione di idee senza alcuna restrizione di partecipazione o presentazione. Questo evento digital, e stato lanciato con l’obiettivo di creare uno stimolo nel dialogo nella sport industry. Centinaia di amanti dello sport
hanno inviato i loro contributi video raccontando la loro idea di sport. I contributi sono stati raccolti attraverso contatti diretti con gli stakeholders e con un questionario inviato a studenti dell'Universita La Sapienza di Roma e amministratori pubblici di tutta Italia. I video raccolti sono stati
NP péçêí=`áíó
trasmessi sui canali social della Fondazione in cinque live tematici che hanno visto la partecipazione per commentarli di dirigenti sportivi, amministratori pubblici, atleti olimpici, dirigenti di aziende della sport industry, influencer del mondo dello sport e giornalisti sportivi.
E poi il grande impegno dei dirigenti ed esperti volontari della Fondazione in oltre 50 citta italiane dove hanno partecipato in presenza o "on line" a convegni e giornate di formazione sulle tematiche dello sport come volano per incrementare la “felicita interna lorda”, un concetto alla base della filosofia della Fondazione.
In ultimo, tra le cento iniziative intraprese nel 2022, c'e anche l'aiuto concreto fornito per la realizzazione del film "La Maratona di New York" che sara distribuito nel 2023, un sostegno che rende bene l'idea di come la Fondazione sposi lo sport e la cultura a tutto tondo.
L'intenso lavoro della Fondazione proseguira quest'anno con decine di iniziative in cantiere e due grandi appuntamenti gia messi in calendario.
Il primo e la chiamata a raccolta a Salsomaggiore di tutte le forze attive dello sport italiano allo “Sportcity Meeting”. Le date del 1 e 2 aprile sicuramente rappresenteranno una tappa fondamentale per lo sviluppo e la diffusione della nuova filosofia e concezione dello sport promossa dalla Fondazione Sportcity. La mission che si vuole perseguire e quella di approfondire la ricerca e lo studio sui bisogni collettivi per il miglioramento della qualita della vita attraverso l’attivita fisica, con un sempre maggiore coinvolgimento delle citta, delle amministrazioni e dei cittadini sui reali valori dello sport. A Salsomaggiore si svolgera una due giorni di confronto durante la quale tutte le entita interessate ad essere parte attiva nel progetto potranno portare idee e proposte offrendo il proprio contributo alla crescita non soltanto degli eventi ma della stessa filosofia volta alla sportivizzazione delle citta, con l’obiettivo comune di costruire una legacy formativa e culturale ed una
strategia operativa condivisa.
Un qualificato parterre di ospiti e relatori, politici, amministratori locali, dirigenti del mondo dello sport, societa sportive, atleti di vertice, praticanti e amatori, porteranno il loro contributo per arricchire la progettualita ed accelerare un processo di rivoluzione culturale gia in atto. Al termine della convention sara firmata la “Carta di Salsomaggiore”, una sorta di manifesto programmatico sul tema delle sportcities, che potra costituire un prezioso documento che dettera le linee guida per i prossimi anni. Il secondo e la terza edizione dello Sportcity Day, la cui data e gia fissata per domenica 17 settembre 2023. Sara un evento senza precedenti, considerato che alla prima chiamata hanno gia risposto all'appello 42 citta, superando cosi, a sette mesi dall'evento, il numero di adesioni dello scorso anno. Le citta che hanno aderito sono: Cuneo, Bologna, Imola, Salsomaggiore Terme, Lucca, Riparbella, Viareggio, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Pisa, Castelnuovo di Garfagnana, Genova, Aci Castello, Catania, Siracusa, Palermo, Caltanissetta, Castelbuono di Sicilia, Gravina di Catania, Sant'agata li Battiati, Cagliari, Villasimius, Elmas, Venezia, Oderzo, Pavia; Lodi; Cassano d’Adda, Milano, Roma, Filacciano, Fondi, Catanzaro, Melicucco, Praia a Mare, Teramo, Bari,Termoli, Potenza, Foligno, Napoli e Ancona. Un numero importante che fa intuire l'enorme crescita dell'evento che, nel 2023 potrebbe superare il numero di 60 citta italiane coinvolte e puntare a sbarcare anche oltre confine, considerando che gia alcune citta europee e non solo hanno mostrato interesse per l'evento. Considerato il successo ottenuto nel 2022, anche per la prossima edizione saranno organizzati diversi eventi collaterali di avvicinamento all'evento principale, che vedranno il coinvolgimento di quella rete di associazioni sportive che quotidianamente lavorano per contribuire a sviluppare nelle citta la cultura dello sport destrutturato teso al benessere e alla felicita dei cittadini.
NQ péçêí=`áíó
NS péçêí=`áíó
DDL SENATO
NT péçêí=`áíó
Disegno di legge
Sbrollini
Disposizioni recanti interventi finalizzati all'introduzione dell'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all'interno del Servizio sanitario nazionale
Onorevoli Senatori. – Nei Paesi industrializzati la sedentarieta e divenuta il secondo piu importante fattore di rischio per la salute, dopo il fumo di tabacco. Esiste una stretta relazione tra l'inattivita fisica e le patologie cronicodegenerative, che rappresentano circa il 75 per cento delle cause di mortalita nei Paesi industrializzati.
Gli effetti positivi dell'attivita fisica sulla patologia cronica non trasmissibile, da quella cardiovascolare, al diabete, all'obesita, alla osteoporosi e ad alcune patologie neoplastiche quali il cancro del colon e della mammella, sono solidamente documentati in diversi studi internazionali.
Al riguardo appare opportuno evidenziare le «Physical Activity Guidelines Advisory Commit‐tee Report 2008 – U.S. Department of Health and Human Services», pubblicate nel maggio del 2008, che rivoluzionando la letteratura internazionale in materia, riassumono le principali evidenze sull'efficacia dell'esercizio fisico nelle diverse condizioni patologiche e forniscono le indicazioni per l'uso corretto di questo nuovo strumento nella pratica clinica.
L'attivita fisica appare, pertanto, un efficace strumento di prevenzione e come tale rientra nella strategia di intervento nei confronti di persone sane o affette da svariate patologie, al punto che l'esercizio fisico dovrebbe essere inserito nel normale iter terapeutico per il trattamento di diverse
patologie. Tuttavia, questa tipologia di intervento appare ancora largamente sottovalutata in ambito di Sistema sanitario nazionale.
Lo scopo del presente disegno di legge e, dunque, quello di definire principi e criteri generali al fine di introdurre una strategia complessiva relativamente alla «prescrizione dell'attivita fisica».
La stessa, infatti, deve riguardare sia persone che presentano fattori di rischio, quali ad esempio ipercolesterolemia, obesita, sia persone affette da condizioni patologiche, quali, a titolo esemplificativo cardiopatia ischemica, sindrome metabolica; entrambe queste condizioni, infatti, possono trarre sicuro giovamento attraverso un esercizio fisico correttamente prescritto, nonche svolto in modo controllato.
Un approccio integrato in materia sarebbe, inoltre, funzionale ad una reale implementazione del documento programmatico «Guadagnare sa‐lute», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 aprile 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2007, che tra le diverse ipotesi di intervento prevede interventi «volti ad affermare una concezione dell'attivita sportiva che va al di la della mera attivita fisica agonistica, divenendo invece un momento di benessere fisico e psicologico che coinvolge tutti i cittadini, giovani e meno giovani. Da qui, un'idea di sport come momento di aggregazione sociale, nonche come attivita formativa ed educativa dell'individuo»
Occorre, pertanto, che gli interventi di prevenzione mirati alla promozione dell'attivita motoria,
NV péçêí=`áíó
D 'iniziativa della senatrice Daniela
i programmi di sorveglianza sulla diffusione tra la popolazione dei fattori di rischio per malattie croniche, nonche la prescrizione controllata dell'attivita fisica nei pazienti a rischio rientrino nei livelli essenziali di assistenza (LEA).
Gli interventi di prevenzione individuale, da implementare sul singolo o su piccoli gruppi omogenei, sono destinati a soggetti che presentano fattori di rischio o affetti da condizioni patologiche sensibili all'esercizio fisico.
Particolare attenzione deve essere diretta alla patologia cardiovascolare ed a quelle correlate. Infatti, l'inattivita fisica influisce non solo sullo sviluppo della patologia conclamata, ma anche sulle condizioni predisponenti, quali l'ipertensione, la dislipidemia, l'obesita, la sindrome metabolica e il diabete di tipo 2. Altre condizioni che possono giovarsi dell'esercizio fisico includono le patologie osteoarticolari, la depressione, l'osteoporosi e alcune patologie tumorali.
In relazione a quanto esposto, appare di tutta evidenza la rilevanza del ruolo svolto dal medico di medicina generale e dal pediatra che sono il primo filtro di valutazione clinica della popolazione interessata. Essi possono farsi carico di interventi di prevenzione primaria su individui con livello di rischio basso e molto basso. Avendo identificato o sospettato la necessita di interventi su livelli di rischio piu consistenti, essi devono poter indirizzare il paziente verso una rete di strutture specialistiche, che a seconda dei livelli di rischio e delle modalita organizzative previste dalle singole regioni, possono essere dei centri territoriali all'uopo istituiti. Queste sono strutture ambulatoriali collegate all'assistenza sanitaria di base e si rivolgono a pazienti con livello di rischio fino a medioalto, sia clinicamente silenti, ma portatori di fattori di rischio, sia con patologia gia conclamata.
I centri territoriali opereranno in rete sul territorio regionale. Al riguardo il presente disegno di legge intende configurarli in maniera tale da farli coincidere con le strutture di medicina dello sport destinate, secondo i modelli organizzativi
in atto nelle diverse regioni, al rilascio delle certificazioni di idoneita alla pratica sportiva agonistica ricomprese nei LEA, all'evidente scopo di utilizzare al meglio la professionalita e l'esperienza che gia operano nell'ambito dei Servizi sanitari regionali. Nella loro opera le predette strutture si possono anche avvalere della collaborazione di nutrizionisti, psicologi e laureati in scienze motorie.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Finalita)
1. La Repubblica riconosce e promuove l'attivita motoria e sportiva quale strumento di realizzazione del diritto alla salute per la prevenzione in ambito sanitario e per la terapia e la riabilitazione delle persone affette da patologie croniche non trasmissibili, in condizioni cliniche stabili, o a rischio di patologie per le quali e clinicamente dimostrato il beneficio prodotto dalla pratica di un esercizio fisico strutturato e adattato sotto la supervisione di personale qualificato.
2. Al fine di introdurre l'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all'interno del Sistema sanitario nazionale, gli interventi di prevenzione che mirano alla promozione dell'attivita motoria e sportiva, i programmi di sorveglianza sulla diffusione tra la popolazione dei fattori di rischio per malattie croniche e la prescrizione controllata dell'attivita fisica nei pazienti a rischio rientrano nei livelli essenziali di assistenza (LEA).
3. La Repubblica promuove interventi destinati alla popolazione e finalizzati a promuovere l'attivita motoria e sportiva nelle persone di ogni fascia di eta, sia che presentino sia che non presentino condizioni tali da richiedere un intervento di natura clinica. Gli interventi destinati alla popolazione e finalizzati a promuovere l'attivita motoria e sportiva devono essere orientati ad aumentare la capacita dei cittadini di comprendere e controllare i fattori di rischio, nonche a ridurre
OM péçêí=`áíó
o a rimuovere, attraverso l'adozione di politiche favorevoli alla salute, i fattori ostacolanti la pratica di una regolare attivita fisica.
Art. 2.
(Interventi di prevenzione individuale)
1. Il Sistema sanitario nazionale assicura gli interventi di prevenzione individuale, da implementare sul singolo o su piccoli gruppi omogenei, che hanno come destinatari i soggetti che presentano fattori di rischio o affetti da condizioni patologiche sensibili all'esercizio fisico.
2. La prescrizione dell'attivita motoria e sportiva, effettuata da parte del medico di medicina generale (MMG) o dal pediatra di libera scelta (PLS), richiede l'individuazione tempestiva delle persone che necessitano di tale prestazione e, ove opportuno, il loro accesso a percorsi assistenziali strutturati; prevede inoltre la prescrizione personalizzata dell'esercizio fisico e lo svolgimento controllato e monitorato dello stesso.
3. Il MMG e il PLS operano la prima valutazione clinica della popolazione interessata e prescrivono gli interventi di prevenzione primaria sui soggetti con livello di rischio basso e molto basso.
4. Nei casi in cui il MMG e PLS individuino o sospettino la necessita di interventi su livelli di rischio piu consistenti, indirizzano il paziente verso una rete di strutture specialistiche costituita da centri territoriali di primo o di secondo livello, di cui agli articoli 4 e 5, a seconda dei livelli di rischio e delle modalita organizzative previste dalle singole regioni. Tali strutture ambulatoriali sono collegate all'assistenza sanitaria di base e si rivolgono a pazienti sia con livello di rischio fino a medioalto, sia portatori di fattori di rischio, anche se clinicamente silenti, sia con patologia gia conclamata.
5. I centri di primo e di secondo livello sono organizzati in modo da assicurare una distribuzione territoriale ottimale delle strutture in grado di prendere in carico tutti i pazienti loro indirizzati, garantendo nel contempo la presenza di strutture dotate di attrezzature e di personale di ele
vata esperienza, che possano offrire percorsi formativi, consulenze o presa in carico diretta delle situazioni di elevata complessita.
Art. 3.
(Compiti del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta)
1. Il MMG e il PLS:
a) partecipano ai programmi di sanita pubblica per la promozione dell'attivita motoria nella popolazione generale e li diffondono;
b) operano la valutazione della singola persona con presa in carico dei problemi minori;
c) operano la valutazione della singola persona con gestione del suo percorso specialistico.
2. Il MMG e il PLS propongono l'attivita fisica quale forma di prevenzione per la comunita per particolari obiettivi con riferimento al bambino, all'adulto e all'anziano sedentari, in assenza di patologie. Il MMG e il PLS gestiscono altresi il percorso diagnostico e terapeutico del proprio assistito in direzione dei centri territoriali di primo e di secondo livello, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 5, nonche del centro specialistico di terzo livello, di cui all'articolo 6.
Art. 4.
(I centri territoriali di primo livello)
1. Nei centri territoriali di primo livello si procede alla valutazione funzionale semplice del soggetto al fine di delineare uno specifico e personalizzato programma di esercizio fisico. Possono essere predisposte tabelle di allenamento individuali, in relazione all'eta e al rischio clinico potenziale, oltre all'esecuzione di analisi nutrizionali e diete personalizzate, in particolare per i soggetti diabetici o in sovrappeso, con attenzione anche agli aspetti psicologici al fine di evitare abbandoni dell'attivita.
2. I centri territoriali di primo livello assicurano la prestazione di analisi diagnosticovalutative semplici finalizzate:
a) alla definizione, a seguito di accertamenti clinici e strumentali, del profilo biologico del sog
ON péçêí=`áíó
getto, in modo da delineare uno specifico e personalizzato programma di esercizio fisico;
b) all'identificazione degli obiettivi specifici per ogni paziente;
c) alla determinazione del profilo personale del paziente per la selezione degli strumenti e delle strategie di intervento adeguati;
d) alla formulazione di un piano di trattamento individuale incentrato sull'attivita fisica;
e) al monitoraggio della risposta al trattamento proposto;
f) all'eventuale adeguamento del programma in funzione dei riscontri;
g) alla definizione del piano di mantenimento del programma proposto al fine di consolidare i risultati ottenuti e favorire l'aderenza a lungo termine garantendo la continuita assistenziale.
Art. 5.
(I centri territoriali di secondo livello)
1. Nei centri territoriali di secondo livello si procede alla valutazione funzionale approfondita in ambito ambulatoriale, con l'utilizzo di test specifici, e sono fornite indicazioni individuali sulla tipologia di attivita fisica da svolgere, adattando e personalizzando gli schemi di allenamento in funzione della condizione fisica del soggetto, dei fattori di rischio presenti e della eventuale patologia in atto.
2. I centri territoriali di secondo livello garantiscono le seguenti funzioni:
a) definizione, a seguito di accertamenti clinici e strumentali, del completo profilo biologico del soggetto avvalendosi dell'apporto di consulenti specialistici, di servizi di laboratorio biochimico, biomeccanico, funzionale e nutrizionale, nonche di indagini specialistiche;
b) identificazione degli obiettivi specifici per ogni utente;
c) determinazione del profilo di personalita del paziente per la selezione degli strumenti e delle strategie di intervento adeguati;
d) formulazione di un piano di trattamento individuale incentrato sull'attivita fisica e integrato in un contesto polispecialistico di supporto;
e) coordinamento della somministrazione e dell'esecuzione del piano di trattamento; f) monitoraggio della risposta al trattamento proposto;
g) eventuale adeguamento del programma in funzione dei riscontri;
h) definizione del piano di mantenimento del programma proposto, al fine di consolidare i risultati
ottenuti e favorire l'aderenza a lungo termine garantendo la continuita assistenziale.
3. Le regioni possono individuare, quali centri territoriali di secondo livello, anche le strutture intraospedaliere pubbliche gia operative, le quali abbiano nel loro mandato istituzionale la prescrizione dell'esercizio fisico e siano inserite all'interno della programmazione ospedaliera regionale, nel rispetto delle condizioni che le regioni definiscono per tali centri.
Art. 6.
(I centri specialistici di terzo livello)
1. Nei centri specialistici di terzo livello si eseguono gli interventi di prevenzione destinati a pazienti ad alto rischio, per i quali la prescrizione dell'attivita motoria e sportiva e il suo svolgimento costituiscono un elemento terapeutico fondamentale per il recupero fisico a seguito di eventi patologici maggiori o per prevenire nuovi eventi patologici, e che, per le condizioni di salute piu precarie e a rischio piu elevato, necessitano di ospedalizzazione.
2. Il centro specialistico di terzo livello dispone percorsi diagnostici e riabilitativi, in regime di ricovero diurno od ordinario, rivolti a pazienti con specifiche problematiche per le quali le evidenze scientifiche indicano l'utilita e la necessita di somministrare attivita fisica ma che, per la specificita della patologia primaria e le condizioni di rischio elevato, richiedono una struttura e un'or
OO péçêí=`áíó
ganizzazione che consentano un protocollo di assistenza e monitoraggio continuativi.
3. In conformita con la programmazione delle singole regioni, i centri specialistici di terzo livello possono anche fungere come centri territoriali di secondo livello per le attivita ambulatoriali e le attivita di monitoraggio del paziente non ricoverato presso il centro specialistico di terzo livello medesimo.
4. Le strutture complesse pubbliche che hanno nel loro mandato istituzionale la prescrizione dell'esercizio fisico e siano inserite all'interno della programmazione ospedaliera regionale, di cui all'articolo 5, comma 3, qualora non raggiungano le caratteristiche previste per i centri specialistici di terzo livello, possono essere riconosciute come analoghe dei centri territoriali di secondo livello in ambito ospedaliero.
5. Il centro specialistico di terzo livello opera con un'area per degenza ordinaria e una di day ho‐spital e dispone di specifici laboratori per indagini diagnostiche e valutazioni funzionali, nonche di aree attrezzate per l'effettuazione dell'attivita fisica in condizioni di monitoraggio clinico continuo. In esso opera inoltre personale con documentata esperienza e conoscenze nel settore medico dell'esercizio fisico e dell'attivita sportiva.
OQ péçêí=`áíó
EDITORIALE
OR péçêí=`áíó
Silvia Migliaccio1 e Andrea Lenzi2
Il miglioramento delle condizioni di vita che si sono manifestate dalla metà del secolo scorso ha prodotto un significativo allungamento della vita media nella maggior parte dei paesi industrializzati. Molteplici fattori, tra i quali il veloce progresso tecnologico, le condizioni lavorative migliori, l’alimentazione adeguata e più abbondante, gli ambienti più salubri hanno comportato una diminuzione della mortalità e morbilità per malattie trasmissibili migliorando la possibilità del mantenimento del benessere della maggioranza della popolazione con un incremento delle decadi di vita.
Tuttavia, lo sviluppo tecnologico e i fattori menzionati hanno anche contribuito all’aumento significativo della sedentarietà in tutte le fasce della popolazione con un mutamento dello stile di vita. Questo mutamento dello stile di vita, caratterizzato principalmente da sedentarietà e scorretta alimentazione, spesso eccessiva in rapporto al dispendio energetico degli individui, insieme all’aumento delle decadi di vita ha comportato lo sviluppo e il drammatico aumento di patologie metaboliche croniche non trasmissibili quali obesità, diabete mellito, malattie pneumocardiovascolari, osteoporosi. L’aumento di queste patologie metaboliche croniche influisce in maniera significativa sia sulla qualità della vita degli individui, peggiorando il loro stato di salute, ma anche aumentando in maniera significa
tiva i costi sociosanitari delle singole nazioni. Da qui l’esigenza di un’inversione di tendenza e la necessità di instaurare importanti misure correttive quali interventi strategici che, attraverso l’esercizio fisico e un’attività fisica adattata (AFA), possano consentire un recupero ottimale dei pazienti, migliorandone la qualità di vita, dal punto di vista metabolico, funzionale, psicologico e cognitivo e soprattutto permettano loro di svolgere attività fisica come intervento non solo di svago, ma anche preventivo e terapeutico. Ma cosa s’intende quando usiamo il termine attività fisica adattata (AFA)?
È bene infatti chiarire che questa consiste in una serie di programmi di attività motoria, nella maggioranza di casi svolti in gruppo e disegnati in maniera specifica, ma anche personalizzata, per persone con una serie di condizioni patologiche croniche, quali l’obesità, l’osteoporosi, il diabete mellito, broncopneumopatie croniche, ma anche per individui con esiti stabilizzati di disturbi neuromotori conseguenti sia a incidenti cardiovascolari, quali ictus, che a patologie neurologiche come per esempio il Parkinson.
Questo tipo di attività fisica dovrebbe essere prescritta dal medico (medico specialista, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta), se e quando la normativa lo consentirà, il quale sulla base della valutazione del soggetto, la concorda in forma mirata con lo Specialista in Attività Mo
OT péçêí=`áíó
Disposizioni recanti interventi finalizzati all'introduzione dell'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all'interno del Servizio sanitario nazionale
1Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università del Foro Italico di Roma
2Dipartimento Medicina Sperimentale, Sezione di Endocrinologia e Nutrizione, Sapienza Università di Roma
torie Preventive e Adattate (SAMPA) un piano terapeutico. Dovranno quindi essere valutate le diverse specifiche esigenze, e saranno richieste periodiche valutazioni sanitarie. Il vantaggio di questo tipo di intervento per essere efficace deve essere effettuato con regolarità e in maniera prolungata e persistente: la somministrazione deve quindi essere effettuata con una frequenza adeguata, deve essere disegnata in maniera individualizzata, anche se svolta in piccoli gruppi, e dovrebbe avvenire in ambienti anche non sanitari e in gruppi selezionati di pazienti divisi sulla base delle caratteristiche cliniche ed eventuali diverse patologie, così da ottimizzare l’efficacia dell’intervento.
A tal proposito, un’alimentazione appropriata e un’attività fisica adeguata devono essere considerate a tutti gli effetti un intervento terapeutico che spesso può affiancarsi, amplificandone l’efficacia, alla prescrizione farmacologica. Infatti, l’intervento terapeutico non deve necessariamente portare alla ipermedicalizzazione di tutti i soggetti e talora un intervento appropriato sullo stile di vita, mirato a prevenire e a diminuire la patologia cronica può ovviare, o ritardare, la prescrizione del farmaco. Ad esempio una diminuzione del peso corporeo ed un’adeguata attività fisica possono, per esempio, ritardare lo sviluppo del diabete mellito, ridurre i fattori di rischio cardiovascolari (12) e prevenire l’osteoporosi (3).
Ed è per tutti questi motivi descritti che il disegno di legge della Senatrice Sbrollini inerente gli “interventi finalizzati all’introduzione dell’AFA come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale” era quanto mai atteso e auspicabile. Infatti, inserire l’AFA in un disegno di legge permetterebbe che questa possa essere riconosciuta come una terapia a tutti gli effetti ed è un importante passo avanti per stabilire che il medico, sia esso di medicina generale, pediatra di libera scelta o specialista possa indirizzare e prescrivere un intervento terapeutico non solo farmacologico, ma improntato su un intervento ed un cambiamento dello stile di vita, un vero piano terapeutico integrato personalizzato.
Ma alcuni punti importanti devono essere sottolineati per la loro peculiarità ed importanza. È fondamentale ricordare che questo tipo di attività fisica è, come detto, un vero e proprio intervento terapeutico, non farmacologico, ma che può agire in maniera similare al farmaco (compresi effetti collaterali e dannosi) e deve essere quindi prescritta da specialisti competenti con una preparazione specifica e mirata, non tanto al sano e allo sportivo, ma a soggetti con un alterato stato di salute. Il prescrittore deve essere un medico affiancato da laureati in attività motorie preventive e adattate e/o in fisioterapia, in maniera similare ad un farmaco deve essere prescritta da un medico. Infatti un’attività fisica non adeguata al soggetto, sia come prescrizione che somministrazione, può non ottenere l’efficacia terapeutica attesa per il tipo d’intervento o addirittura danneggiare o peggiorare la salute del soggetto.
Per ottimizzare l’efficacia dell’AFA è importante stabilire che questa deve essere somministrata in maniera personalizzata e individualizzata e soprattutto ribadendo il concetto che questo tipo di attività fisica permette di ottenere risultati che prevedono un eventuale adeguamento farmacologico delle terapie in corso e una costante interazione medicopaziente. Quindi, i programmi specifici di AFA devono essere prescritti e, quindi, seguiti da un laureato in Scienze motorie (L22) con Laurea Magistrale in Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate (LM67) o da un Fisioterapista del Servizio Sanitario Regionale (SSR) in collaborazione con SAMPA.
Infine, è auspicabile che l’attuazione del disegno di legge sul territorio nazionale del progetto, porti alla creazione di gruppi interdisciplinari che possano prendere in carico il paziente in maniera olistica considerando tutti i diversi fattori coinvolti quali le diverse patologie e le esigenze dei pazienti.
Solo un approccio unitario mirato alla correzione di uno stile di vita porterà al miglioramento dell’approccio terapeutico delle malattie croniche, al miglioramento della qualità della vita delle persone e alla riduzione significativa dei costi socio
OU
péçêí=`áíó
economici che gravano sui sistemi sanitari nazionali.
Referenze
1. Sheard NF. Moderate changes in weight and physical activity can prevent or delay the development of type 2 diabetes mellitus in susceptible individuals. Nutr Rev. 2003 Feb;61(2):769.
2. LopezJaramillo P, LopezLopez JP, Tole MC, Cohen DD. Increasing muscular strength to improve cardiometabolic risk factors. Clin Investig Arterioscler. 2022 Dec 15:S02149168(22)00136X.
3. Chang CF, Lee JI, Huang SP, Geng JH, Chen SC. Regular Exercise Decreases the Risk of Osteoporosis in Postmenopausal Women. Front Public Health. 2022 Jun 15;10:897363.
PM péçêí=`áíó
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE POLITICA
PN péçêí=`áíó
Daniela Sbrollini
L’attività fisica riduce del 30 per cento il rischio di morte prematura, di malattia cardiovascolare e ictus, di diabete tipo II, di cancro al colon e al seno e di depressione,1 per questo è fondamentale il suo riconoscimento come mezzo terapeutico e di prevenzione attraverso la possibilità di prescrizione medica. Questo il tema al centro del DDL con l’Atto Senato n. 135 della XIX Legislatura del 13 Ottobre 2022 su “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale.Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età, per questo, già durante la diciottesima legislatura, erano state fatte proposte nel riconoscere il valore formativo, sociale, di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva. Per continuare quanto iniziato e favorire la considerazione dello sport come strumento per investire sul miglioramento del Paese, recentemente ho presentato, per dare la possibilità a pediatri, medici di medicina generale, specialisti di inserirlo in ricetta medica, così che le famiglie possano usufruire delle detrazioni fiscali. La speranza è che, recuperando attraverso il 730 parte dell’investimento, le persone siano incentivate a impegnarsi in attività positive per la propria salute.
Di pari passo è fondamentale che le città e il governo promuovano un’urbanizzazione focalizzata sulla cura e sulla salute dei cittadini. Si deve sportivizzare le città così da garantire a tutti la possibilità di svolgere moto e attività fisica. Spesso sono proprio le barriere architettoniche come
l’assenza di parchi o la cattiva illuminazione a rendere difficile una passeggiata o una corsa. Si deve agire insieme per far sì che le città siano strutturate a misura di sport.
Lo sport è ampiamente riconosciuto come elemento cardine per la promozione e diffusione di comportamenti e stili di vita sani; eppure, dall’adolescenza in poi la percentuale di popolazione che svolge attività fisica diminuisce in modo drastico. Secondo gli ultimi dati del 2021, nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni il 46 per cento pratica sport in modo continuativo, tra i 1517enni diminuisce al 42 per cento, con valori più alti tra i maschi (47% dei maschi contro il 37% delle donne), percentuale che scende ulteriormente dai 18 ai 59 anni, in cui il 31 per cento degli uomini pratica sport, mentre tra le donne la quota si ferma al 23 per cento. Occorre attuare programmi di diffusione e sensibilizzazione in tutte le fasce di età, facendo emergere i fattori di rischio legati alla sedentarietà.
Grazie alla ricerca e all’innovazione, l’aspettativa di vita si è allungata oltre gli 80 anni, ma per usufruire di una buona qualità di vita è necessario preparare il nostro organismo con attività fisica costante e continuativa. È importante che nella realtà di oggi siano messi in atto interventi di prevenzione mirati a sensibilizzare la popolazione a svolgere attività sportiva fin dalla giovane età. Lo sport, oltre a rappresentare valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza, contribuisce all’invecchiamento attivo, fondamentale per aspirare quanto PP péçêí=`áíó
Lo sport, medicina per le persone e per la città: riduce del 30 per cento rischio di morte prematura e molte patologie
Senatrice e Presidente dell’Intergrupp Parlamentare Qualità di Vita nelle Città
più possibile ad un invecchiamento in salute della popolazione.
Svolgere attività fisica vuol dire fare una scelta a favore della propria salute. Infatti, ha importanti effetti sul fisico e sulla mente, contribuisce a migliorare la forza, la resistenza e la salute ossea, allo stesso tempo permette di mantenere il peso sotto controllo, contrastare la depressione e prevenire diverse malattie non trasmissibili come ictus, ipertensione, iperglicemia, iperlipidemia, cancro al colon e al seno ma anche diabete e obesità. A questo proposito già nel 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva pubblicato le Linee Guida sull’attività fisica e il comportamento sedentario per fornire raccomandazioni, basate su evidenze e studi scientifici, che i governi dovrebbero adottare nelle loro politiche nazionali, così da sostenere un aumento dei livelli di attività fisica nella popolazione.
Lo sport è un ‘farmaco’ che non ha controindicazioni, fa bene a tutte le età. A volte, a causa di difficoltà economiche, il genitore rinuncia a mandare il figlio a fare sport perché ci sono altre priorità.
Bibliografia:
1. Vuori IM, Lavie CJ, Blair SN. Physical activity promotion in the health care system. Mayo Clin Proc 2013; 88(12): 14461461.
PQ
péçêí=`áíó
PR péçêí=`áíó
PS péçêí=`áíó
Generare la cultura del movimento come strumento di promozione della salute
Mauro Berruto Deputato
Il Piano Nazionale della Prevenzione 20202025, come già quello precedente, riconosce l’utilità della promozione dell’attività fisica e della prescrizione dell’esercizio fisico come strumento preventivo e terapeutico a disposizione dei sanitari per contrastare l’insorgenza e l’evoluzione delle malattie croniche non trasmissibili che risentono positivamente dell’esercizio fisico (opportunamente prescritto e somministrato) e di un’adesione a uno stile di vita attivo. Nella letteratura scientifica vi sono evidenze ormai consolidate rispetto all’efficacia dell’esercizio fisico in queste fasce di popolazione. Il concetto d’attività fisica adattata (APA, activitè phisique adaptè) è stato introdotto nel 1973 contestualmente alla creazione della Federazione Internazionale Attività Fisica Adattata (IFAPA) ed è un termine “ombrello” usato in tutto il mondo per individuare un’area interdisciplinare di saperi, includente le attività d’educazione fisica, tempo libero, danza, sport, fitness e riabilitazione per individui con impedimenti, a qualunque età e lungo il ciclo della vita. Non si tratta, dunque, di un’attività riabilitativa, ma della possibilità di fare dell’esercizio fisico tarato alla propria condizione con caratteristiche che lo rendono idoneo ad ottimizzarne i benefici ricavati in termini di salute, minimizzando i possibili rischi. Nello specifico, l’educazione fisica adattata è rivolta a quelle persone che non sono in grado, per motivi di vario genere, di partecipare con successo o in condizioni di sicurezza alle normali attività d’educazione fisica. In soggetti in buone condizioni di salute la pratica sportiva è finalizzata prevalentemente al mantenimento della propria forma fi
sica e al divertimento; in soggetti affetti da determinate patologie l’attività fisica può diventare, invece, parte integrante di una terapia per la guarigione o quantomeno per il recupero delle migliori condizioni di benessere psicofisico, rappresentando, come dimostra l’ampia letteratura scientifica, una grande fonte di risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale. Le malattie croniche, infatti, rappresentano vere e proprie emergenze sanitarie che impongono di combattere la sedentarietà, sia quale fattore di rischio non trascurabile sia quale elemento di aggravamento della patologia già in atto. Ecco perché, in qualità di primo firmatario, ho predisposto una proposta di legge affinché l’Italia riconosca e promuova a livello nazionale l’attività fisica adattata quale strumento di realizzazione del diritto alla salute, previsto dall’art. 32 della Costituzione, per la prevenzione in ambito sanitario e per la terapia e la riabilitazione delle persone affette da patologie croniche non trasmissibili, in condizioni cliniche stabili, o a rischio di patologie per le quali è clinicamente dimostrato il beneficio prodotto dalla pratica di un esercizio fisico strutturato e adattato sotto la supervisione di personale qualificato. Alcune regioni (EmiliaRomagna, Veneto e Toscana) hanno già riconosciuto nel proprio ambito territoriale l’attività fisica adattata quale strumento di promozione, mantenimento e recupero della salute fisica e psichica. Ovviamente, per produrre un impatto favorevole sullo stato di salute in persone affette da determinate patologie, o in soggetti a rischio, l’attività fisica deve essere opportunamente controllata e una idonea «prescrizione» dell’attività fisica adattata deve essere PT péçêí=`áíó
direttamente ponderata da personale qualificato, attraverso appositi progetti dedicati, prescritti da personale medico adeguatamente formato e svolti, in spazi aperti o in idonee strutture, pubbliche o private, sotto il controllo di un laureato in scienze motorie con specifica specializzazione che sia in grado di eseguire valutazioni finalizzate alla calibrazione e alla personalizzazione dei programmi di attività motoria. In sostanza la prescrizione medica dell’attività fisica adattata mette in moto un circolo virtuoso dove tutti i soggetti coinvolti hanno un beneficio: il cittadino in qualità della vita e in detraibilità fiscale (esattamente come si fa con i farmaci), i soggetti erogatori del servizio alzando la qualità dell’offerta e diventando società sportive, palestre, piscine, ma anche parchi cittadini veri e propri hub della salute, i professionisti e operatori agendo in un nuovo (ampio e, vista la curva demografica e l’allungamento dell’aspettativa di vita, inevitabilmente destinato a crescere) mercato del lavoro, il Servizio Sanitario Nazionale in termini di risparmio. Questa proposta di legge, nelle mie intenzioni, va necessariamente accompagnata da altre (tutte già depositate nei primi due mesi di questa nuova Legislatura) come l’aumento della quota di detraibilità fiscale per l’attività sportiva e fisica, tutta non solo quella adattata, eliminando il vincolo dell’età (oggi ne possono usufruire solo gli Under 18, ma viste le premesse è doveroso e anche vantaggioso eliminare questo limite), oltre a una serie di disposizioni per favorire lo sviluppo e la diffusione capillare della pratica sportiva mediante la realizzazione o rigenerazione di impianti sportivi per lo svolgimento di attività sportiva all’aperto, un più razionale utilizzo delle palestre scolastiche in orario extracurriculare o, ancora, con progettualità specifiche per migliore l’accoglienza dei luoghi dello sport (impianti, palestre, spazi pubblici) per persone con disabilità. Insomma, se l’obiettivo irrinunciabile è quello di generare nel nostro Paese una vera e propria “cultura del movimento” servono azioni trasversali e di rapida attuazione. Sarà una splendida rivoluzione dolce e un grande vantaggio per tutti.
PU péçêí=`áíó
PV péçêí=`áíó
Una grande alleanza per prescrivere, e promuovere, la salute dei cittadini
Roberto Pella Deputato e Vicepresidente vicario ANCI
Il Disegno di Legge presentato dalla Senatrice Daniela Sbrollini, anche in qualità di copresidente dell’Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città” promosso in seno a questa XIX Legislatura insieme a me e al Senatore Mario Occhiuto, architetto e già sindaco di Cosenza, è un’iniziativa che va nella duplice direzione di riconoscere la funzione primaria dello sport come farmaco “senza controindicazioni” per promuovere la salute dei cittadini e come strumento formativo d’integrazione sociale e di dialogo culturale, praticato in tutte le sue forme e a livello agonistico e dilettantistico.
Tale iniziativa parlamentare si colloca in una fase di dibattito particolarmente fruttuoso rispetto alla centralità dello sport e del suo ruolo all’interno delle nostre comunità. In questo inizio di legislatura, infatti, il parlamento italiano sta ultimando l’iter di approvazione della norma che introduce lo sport in Costituzione, intervenendo con una modifica dell’articolo 33, che ad oggi ha ottenuto il via libera unanime del Senato. Attualmente l’unico riferimento allo sport è presente all’articolo 117 comma 3 che inserisce l’ordinamento sportivo, già presente nella legislazione ordinaria, tra le materie di legislazione concorrente, mentre la Carta non annovera alcun riferimento specifico all’attività sportiva o allo sport in generale. Altresì, sul finire della precedente legislatura, con l’ultima legge di bilancio, è stata introdotta l’obbligatorietà dell’educazione motoria nelle classi primarie, a partire dall’anno scolastico in corso e dalle classi quinte, con docente specia
lizzato. Una svolta storica, che certamente non raggiunge ancora gli obiettivi da noi auspicati, ma che finalmente imbocca la via giusta, comune alla maggior parte dei Paese europei.
Nel panorama mondiale, il nostro servizio sanitario nazionale si posiziona come una eccellenza per la cura dei bambini e della salute dell’infanzia, ma questo non deve spingerci a ignorare i divari territoriali e le criticità esistenti, che la pandemia ha contribuito ad accentuare ma che il disegno di salute territoriale e di reti di prossimità varato con il PNRR dovrà necessariamente mitigare e superare.
L’ultimo rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile (BES) evidenzia una differenza purtroppo sostanziale nel Paese rispetto all’aspettativa di vita in buona salute: ci sono oltre 12 anni di differenza, per esempio, tra chi nasce nella provincia di Bolzano (67,2 anni) e chi nasce in Calabria (54,4 anni). Tra le bambine la forbice è ancora più ampia, 15 anni in meno in Calabria rispetto al Trentino. Ancora: prima della pandemia, nel 2019, un bambino del Mezzogiorno che si ammalava aveva una probabilità di dover migrare in altre regioni per curarsi del 70% maggiore rispetto a un bambino del Centro o del Nord Italia. Un bambino o ragazzo su quattro non pratica mai sport (317 anni), con una ampia forbice che va dal 45,5% della Campania al 6,9% della Provincia Autonoma di Bolzano. Con la pandemia, i bambini tra i 3 e 10 anni in sovrappeso o obesi sono passati dal 32,6% (biennio 201819)
QN péçêí=`áíó
Save the Children ha pubblicato a novembre 2022 la XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischia rilevando che in Italia quasi un milione e quattrocentomila bambini vive in povertà assoluta e sottolineando che la pandemia ha amplificato l’intreccio tra disuguaglianze e salute, dalla nascita all’adolescenza. Le bambine, i bambini e gli adolescenti colpiti dalle disuguaglianze socioeconomiche, educative e territoriali, ne subiscono l’impatto anche sulla salute e il benessere psicofisico, penalizzando proprio chi maggiormente avrebbe bisogno, nel proprio territorio, dei servizi di cura, prevenzione e promozione della salute e del benessere psicofisico. Al tempo stesso, i dati dell’Atlante mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento, con una particolare attenzione al tema della salute mentale degli adolescenti, fortemente colpiti dalla pandemia. Questo impegno è ancor più urgente oggi, in un Paese che attraversa una difficile fase economica dovuta alla persistenza della crisi causata dalla guerra e dai rincari energetici.
Prescrivere lo sport in ricetta medica significa inserire la salute dei bambini nel medio e nel lungo periodo in un percorso di prevenzione e nella medicina di base, che sono fondamentali anche per la sostenibilità del servizio sanitario stesso. E tuttavia non è il solo sistema sanitario a dover assicurare la salute dei cittadini di oggi e di domani, bensì l’intero ambiente di crescita, che nei suoi vari aspetti educativo, sociale, ambientale può giocare un ruolo decisivo. Occorre dunque considerare la necessità di una grande alleanza per la prescrizione e la promozione della salute dei cittadini, che includa anche sindaci e decisori locali quali pianificatori di città in grado di incentivare la pratica sportiva e di mettere in pratica il concetto di “sport di cittadinanza”, lo sport per tutti a ogni età e per ogni livello di abilità, senza esclusioni predeterminate da barriere
all’accesso di tipo socioeconomico. È questa la via intrapresa ormai da moltissimi comuni, di ogni dimensione e latitudine, attraverso i cosiddetti “bonus sport”, uno strumento divenuto molto diffuso dopo il biennio pandemico, caratterizzato da chiusure e restrizioni, per prevenire l’abbandono della pratica sportiva, per stimolare la ripresa della partecipazione e l’inclusione sociale, per promuovere la salute, specie in età scolare. Uno strumento, però, che grava sui bilanci dei singoli comuni e che, quindi, ancora una volta, non è omogeneo e può essere letto, in termini generali, come non equamente accessibile ed esigibile su tutto il territorio nazionale.
La buona pratica deve, pertanto, diventare una politica strutturale, un principio per il quale l’impatto generato dall’operato virtuoso di singole prassi evolva in politiche pubbliche a vantaggio di tutti. È l’obiettivo che insieme a Fondazione Sport City e a tanti altri partner e amici perseguiamo e sviluppiamo sui territori per “sportivizzare le città”, come valore aggiunto alla sostenibilità e alla circolarità, un punto di svolta e di cambiamento per costruire una società più coesa e collaborativa. I comuni e i governi devono essere al centro di questo cambiamento poiché ora abbiamo la possibilità di rilanciare lo sport ed è nostro compito, nei ruoli che ricopriamo e con le competenze che abbiamo maturato, intervenire in maniera concreta per trasformare e mobilitare le città in questo senso.
Penso, ad esempio, anche al progetto “Sport nei Parchi”, nato in piena pandemia da una collaborazione tra Sport e Salute S.p.A. e ANCI, in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 10 novembre 2020, grazie al quale sono stati finanziati l’allestimento o il recupero, la fruizione e la gestione di attrezzature, servizi ed attività sportive e motorie nei parchi urbani. Il Progetto, rivolto a tutti i Comuni Italiani associati ad ANCI, ha visto la candidatura di oltre 1.300 enti con l’obiettivo di promuovere nuovi modelli di pratica sportiva all’aperto sia in autonomia che attraverso le ASD/SSD del territorio che siano facil
QO péçêí=`áíó
al 34,5% (202021).
mente replicabili con costi ridotti; promuovere l’utilizzo di aree verdi nei parchi pubblici per l’attività delle ASD/SSD offrendo allo stesso tempo un servizio gratuito alla comunità; promuovere sinergie di scopo tra i Comuni e le ASD/SSD, che andassero oltre il periodo di emergenza, per l’utilizzo di aree verdi.
Infine, in parallelo e con obiettivi complementari, ma nell’altro ramo del Parlamento, presso la Camera dei Deputati, ho recentemente presentato una proposta di legge per “la prevenzione e la cura dell’obesità”, riconosciuta come malattia cronica il 13 novembre 2019 tramite unanime mozione parlamentare, che contiene, tra gli altri, tre articoli riguardanti l’interazione tra salute e sport: quello relativo alla deducibilità dei costi per l’istituzione di impianti sportivi aziendali, alle detrazioni delle spese per attività sportive, alla modifica dell’aliquota IVA applicabile all’iscrizione alle attività sportive.
Il raggiungimento degli obiettivi di salute pubblica, che necessitano di strategie in grado di facilitare l’attuazione di comportamenti salutari, in termini sia di alimentazione, sia di promozione dell’attività fisica, si può conseguire solo attraverso adeguate politiche di prevenzione non disgiunte da una programmazione appropriata di gestione della materia, con approccio interistituzionale e transdisciplinare. Uno stile di vita sedentario, accompagnato da un’assunzione non appropriata di alimenti, come spesso accade nella nostra società, può determinare l’insorgere d diversi stati patologici, inclusa l’obesità, a sua volta correlata all’insorgenza di malattie croniche invalidanti. Al contrario un’alimentazione equilibrata, unitamente a un buon livello di attività fisica, a ogni età, contribuisce al benessere psicologico oltre che fisico. Concetti contenuti anche nelle “Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità” elaborate dai componenti del Tavolo di lavoro per la prevenzione ed il contrasto del sovrappeso e dell’obesità del Ministero della Salute, approvate in Conferenza StatoRegioni lo scorso 27 luglio 2022.
L’impegno del parlamento è, quindi, in questa fase storica, massimo e teso a concretizzare obiettivi di salute pubblica a lungo perseguiti da una forte alleanza di soggetti che fanno parte e agiscono nella nostra società: fare gioco di squadra è la migliore ricetta per assicurarci il successo che tutti auspichiamo!
QP péçêí=`áíó
QQ péçêí=`áíó
Le città motore di salute e benessere attraverso l’attività fisica e sportiva
Mario Occhiuto Senatore e Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città
In questo periodo di ripresa post Covid, in cui i governi sono concentrati nella riqualificazione e rigenerazione urbana, obiettivi ampliamente esposti nel PNRR, è fondamentale includere nelle strategie messe in atto la salute e lo sport, poiché sono fattori di crescita cardini del nostro Paese.
La città diventa quindi un bene comune in cui i cittadini hanno ruolo centrale, è compito delle istituzioni garantire il loro benessere psicofisico e sociale, plasmando un modello di cura e di benessere urbano all’altezza della sfida che stiamo vivendo».
Durante la pandemia è emerso quanto la città possa avere un ruolo di palestra a cielo aperto per i cittadini, tutti gli spazi urbani che lo consentivano sono stati infatti sfruttati per svolgere attività fisica individuale nel rispetto delle regole e del distanziamento, allo stesso tempo ha portato molte persone a riscoprire la bellezza di potersi allenare all’aria aperta, tanto che oltre il 70 per cento ha dichiarato che avrebbe continuato ad allenarsi così anche postpandemia
È nostro compito studiare e sviluppare città che operino nel rispetto e nella promozione dello sport, perché lo sport produce salute».
Purtroppo, sempre secondo l’OMS, a disincentivare, soprattutto tra i giovani, l’attività fisica, è proprio la città, la sua organizzazione e la sua struttura. I fattori principali sembrano essere la criminalità, il traffico, la bassa qualità dell’aria e l’inquinamento e la mancanza di strutture adatte. È necessario mettere in atto politiche e azioni per offrire a tutti la possibilità di praticare sport, ad esempio con spazi e strutture accessibili a tutti, favorendo la possibilità di passeggiare in città o la possibilità di andare in bicicletta in modo sicuro.
Oggi è nostro compito guidare a un cambiamento traducendo progetti e idee in attività e servizi per la
popolazione, e, in questo periodo postpandemia, le nuove forme di sport outdoor possono costituire un mezzo prioritario con cui farlo diventare protagonista della vita di tutti e Identificare lo sport come medicina preventiva da sfruttare, su cui fare affidamento e su cui modificare le proprie città vuol dire investire nella popolazione e nella salute di tutti.
Sportivizzare le città è un valore aggiunto alla sostenibilità, può essere un punto di svolta e cambiamento per costruire una società più coesa e collaborativa. I comuni e i governi devono essere al centro di questo cambiamento poiché ora abbiamo la possibilità di rilanciare lo sport ed è nostro compito intervenire in maniera concreta e immediata per trasformare e mobilitare le città.
QR péçêí=`áíó
QS péçêí=`áíó
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE SANITARIA
QT péçêí=`áíó
QU péçêí=`áíó
L ’attività fisica nella terapia dell’obesità
La riduzione della sedentarietà, il movimento e l’attività fisica strutturata sono da sempre considerati tra i cardini della terapia medica dell’obesità, sempre legati agli aspetti nutrizionali e comportamentali in quell’insieme di interventi che va sotto il nome ambizioso di “modificazione dello stile di vita”.
L’apparente ovvietà di questa affermazione nasconde però alcuni aspetti di realtà apparentemente contrastanti. Da un lato l’attività fisica è spesso presentata come la panacea nella prevenzione e nel trattamento dell’obesità, come se essa fosse sufficiente di per sé a risolvere una malattia cronica ad eziologia complessa che nasconde spesso problemi genetici, metabolici e psicologici. Questo può creare false aspettative nei pazienti, che di fronte all’assenza di risultati importanti, soprattutto in termini di calo di peso, possono sviluppare insoddisfazione, senso di fallimento e abbandono del trattamento. D’altro lato l’attività fisica viene spesso suggerita in modo superficiale, con la consueta frase “muoviti di più”, senza attenzione alle caratteristiche del paziente, agli obiettivi clinici e alle modalità, al tipo, all’intensità e alla durata. Questo contrasta con una moderna visione di medicina basata sull’evidenza in cui l’attività fisica dovrebbe essere prescritta con la stessa precisione con la quale si prescrive un farmaco (indicazioni, controindicazioni, posologia). Questa carenza di precisione nella prescrizione dell’esercizio è anche figlia di una scarsa preparazione della
classe medica riguardo agli effetti e alle caratteristiche dei vari tipi di attività.
Tenendo conto di queste considerazioni, come cocoordinatore della Obesity Management Task Force della European Association for the Study of Obesity (EASO), ho fortemente promosso la formazione di un gruppo di lavoro con lo scopo di compiere una revisione sistematica e fornire delle raccomandazioni di pratica clinica sul ruolo dell’attività fisica nella terapia dell’obesità nell’adulto. I risultati del lavoro di questo gruppo di esperti internazionali, coordinato dal professor JeanMichel Oppert dell’Université la Sorbonne di Parigi, è stato pubblicato in un supplemento della rivista internazionale Obesity Reviews. I contenuti principali ed i messaggi di questo grande sforzo possono essere così riassunti:
1) L’esercizio fisico strutturato favorisce il calo di peso, ma il suo effetto quantitativo è modesto e non deve essere enfatizzato, in modo da non creare false aspettative.
2) L’esercizio fisico ha viceversa effetti molto significativi sul miglioramento della composizione corporea (in particolare sul mantenimento della forza e della perfomance muscolare durante dimagrimento), sulla fitness cardiometabolica, sulla prevenzione ed il controllo delle complicanze dell’obesità, sulla qualità di vita e sul tono dell’umore. Questi effetti positivi sono in parte indipendenti dal calo ponderale e devono
QV péçêí=`áíó
Luca Busetto Presidente SIO, co‐chair of the EASO Obesity Management Task Force (OMTF)
essere enfatizzati.
3) Per ciascuno di questi outcomes possono essere identificati effetti diversi per i vari tipi di attività fisica. La prescrizione dell’attività fisica nel singolo individuo (in termini di modalità, intensità e durata) dovrebbe essere quindi basata sugli obiettivi da raggiungere.
I contenuti principali ed i messaggi del gruppo di lavoro Europeo sono stati condensati in due pratiche e chiare infografiche riassuntive (una rivolta ai professionisti sanitari e l’altra ai pazienti) delle quali la Società Italiana dell’Obesità (SIO) ha curato la traduzione in lingua italiana.
RM péçêí=`áíó
RN péçêí=`áíó
GUIDA PER I PAZIENTI
L’ESERCIZIO FISICO PER MIGLIORARE LA
SALUTE E OTTIMIZZARE IL TRATTAMENTO DEL SOVRAPPESO E DELL’OBESITÀ NEGLI ADULTI
TRAINING AEROBICO AD INTENSITÀ
Il respiro diventa intenso, ma si riesce a conversare facilmente
PASSI IMPORTANTI PER INIZIARE
ESERCIZIO DI FORZA AD INTENSITÀ
Si riescono ad eseguire tra le 10 e le 20 ripetizioni consecutive
HIGH INTENSITY
(HIIT)
Negli intervalli di esercizio la frequenza cardiaca supera l’85% del suo valore massimale
GOAL 1.
FORZA MUSCOLARE
EFFICIENZA CARDIORESPIRATORIA (FITNESS)
1 2 3 4 5
GOAL 2.
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
APPETITO E SAZIETÀ
QUALITÀ DELLA VITA
GOAL 3.
RIDUZIONE DEL GRASSO VISCERALE ED INTRAEPATICO
MIGLIORAMENTO DELL’INSULINO-SENSIBILITÀ
ABBASSARE LA PRESSIONE ARTERIOSA
GOAL 4.
PERDITA DI PESO E RIDUZIONE DEL GRASSO CORPOREO
GOAL 5.
PERDITA DI PESO ULTERIORE E RIDUZIONE DELLA MASSA GRASSA
MANTENIMENTO DEL PESO DOPO IL DIMAGRIMENTO
MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA FISICA E CONSERVAZIONE DELLA MASSA MAGRA
PRESERVARE LA MASSA MAGRA DURANTE LA FASE DI DIMAGRIMENTO
53 Sport City
L’ESERCIZIO FISICO NEL
TRATTAMENTO DEL SOVRAPPESO
E DELL’OBESITÀ DELL’ADULTO
obiettivi principali del loro allenamento quotidiano
Fornire raccomandazioni basate sull’evidenza per la scelta dell’esercizio nel singolo paziente
paziente
Fornire informazioni pratiche
GOAL 1.
RIDUZIONE DEL GRASSO VISCERALE ED INTRAEPATICO
Le nostre raccomandazioni sono e il loro grado va da “Molto Forte” a “Opinione di Esperti”
Raccomandazione Forte Raccomandazione Moderata Raccomandazione Debole una raccomandazione formale; indicazione basata sull’opinione di esperti
CONSIGLI PER L’ATTIVITÀ FISICA
PRESSIONE ARTERIOSA
INSULINO-SENSIBILITÀ
Spiegare ai pazienti che l’esercizio migliora i parametri cardio-metabolici ed aiuta a prevenire il diabete anche sei il calo ponderale ottenuto è limitato.
Cosa si intende per allenamento di forza ad intensità da
Cosa si intende per HIIT (high intensity interval
Cosa si intende per attività
GUIDA PER IL PERSONALE SANITARIO
GOAL 2.
PERDITA DI PESO E RIDUZIONE DELLA MASSA GRASSA
GOAL 3.
PER LA FITNESS CARDIO-RESPIRATORIA
MANTENIMENTO DEL PESO CORPOREO DOPO DIMAGRIMENTO
PER LA FORZA MUSCOLARE e sulla sua capacità di svolgere le attività della vita
MANTENIMENTO DELLA MASSA MAGRA DURANTE IL DIMAGRIMENTO
Le persone con sovrappeso o obesità che intraprendono un programma di esercizio volto al dimagrimento dovrebbero essere incoraggiate a focalizzarsi sul miglioramento del controllo del peso nel lungo termine piuttosto che nel breve termine.
GOAL 4.
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
APPETITO E SAZIETÀ
QUALITÀ DELLA VITA (COMPONENTE FISICA)
L’esercizio ha un effetto decisamente positivo sul l’esercizio. Effetti positivi sono osservabili anche sulla vitalità e sulla salute mentale.
GOAL 5.
ULTERIORE CALO PONDERALE E RIDUZIONE DELL’ADIPOSITÀ/MASSA GRASSA
MANTENIMENTO DELLA MASSA MAGRA
EFFICIENZA FISICA e la forza muscolare. L’esercizio è parte integrante della gestione a lungo termine dopo chirurgia bariatrica.
Ruolo dell’attività fisica come efficace mezzo di prevenzione e di cura delle malattie croniche non trasmissibili
Gianfranco Beltrami Medico Sportivo, Direttore Sanitario delle Terme di Monticelli, Vice Presidente Federazione Medico Sportiva
Sono ormai trent’anni che la scienza con una enorme mole di pubblicazioni scientifiche ha inequivocabilmente dimostrato l’importanza dell’attività fisica come efficace mezzo di prevenzione e di cura delle malattie croniche non trasmissibili. L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ,il Consiglio d’Europa ,le principali società medico scientifiche di ogni branca della medicina e anche il Ministero della Salute Italiano hanno pubblicato linee guida e strategie per rendere applicativo e fruibile ai cittadini un farmaco efficacissimo e a bassissimo costo come l’esercizio fisico ,che fino ad ora solo alcune regioni italiane hanno iniziato a sperimentare nella pratica. La sedentarietà è una emergenza mondiale e secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità un terzo degli adulti nel mondo non raggiunge i livelli di attività fisica necessari a mantenere un buono stato di salute, una percentuale che sale ad oltre l’80 per cento negli adolescenti. In Italia solo la metà degli italiani adulti raggiunge i livelli raccomandati di attività fisica e la situazione è ancora peggiore se guardiamo ai bambini e agli adolescenti fascie di età in cui meno del 10% raggiunge le raccomandazioni dell’OMS. Secondo dati recenti le aree del Nord sono quelle che presentano una più elevata quota di soggetti che praticano attività sportiva con il 42% della popolazione adulta che la pratica regolarmente a fronte di un 26,8% che la pratica saltuariamente. Queste quote sono pressoché invertite al Sud dove la pratica abituale interessa il 27,2% della popolazione a fronte di un 33,2% di sportivi sal
tuari. Un divario ancora più accentuato nel caso di minori: se la percentuale di sedentari è del 15% al Centro Nord, questa raggiunge quota 22% al Centro Sud, con una riduzione di ben 3 anni sull’aspettativa di vita. A pesare sulla differente diffusione della pratica sportiva non è soltanto una diversa disponibilità di strutture che al Sud risultano meno diffuse e più obsolete, ma anche le diseguaglianze socioculturali. A praticare sport sono circa il 50% dei laureati, il 35% tra i diplomati, il 20% di coloro che hanno il diploma di scuola media inferiore, per attestarsi sotto il 10% per coloro che possiedono la licenza elementare o nessun titolo di studio. Il quadro è significativamente peggiore nel sesso femminile oltre che nelle fasce deboli ed economicamente più svantaggiate. La sedentarietà rappresenta in Italia il quarto fattore di rischio di mortalità preceduto solo da ipertensione fumo e iperglicemia e secondo le statistiche è la causa del 14,6% di tutte le morti nel nostro paese. Di fronte a questa situazione bisogna assolutamente accelerare i tempi per favorire una pratica diffusa e ben organizzata dell’attività fisica su tutto il territorio nazionale coinvolgendo le istituzioni le Asl , la classe medica ed operatori qualificati del settore. Ma come agisce di fatto questo potentissimo farmaco che è l’esercizio fisico? E’ l’infiammazione cronica la matrice comune delle malattie croniche non trasmissibili come l’infarto il diabete,il morbo di Parkinson e la demenza senile, una condizione che suscita ogni giorno di più l’interesse dei ricercatori tanto da essere definita “il RT péçêí=`áíó
Italiana
male del secolo”. I meccanismi che causano l’infiammazione cronica non sono ancora del tutto chiariti e le cause sembrano essere molteplici e il più delle volte riconducibili al tipico stile di vita occidentale in cui la sedentarietà , la cattiva alimentazione e lo stress rappresentano i fattori più importanti. L’attività fisica combatte l’infiammazione potenziando il sistema immunitario, riducendo l’aumento ponderale e la massa grassa che sono causa di infiammazione, migliorando le capacità coordinative, la flessibilità, forza, la funzionalità cardiovascolare e respiratoria, mantenendo una buona massa ossea, aumentando quella muscolare e riducendo il rischio di rigidità articolare. Inoltre, migliora la qualità della vita, motiva ad adottare comportamenti salutari, facilita il miglioramento e il recupero dell’autonomia, favorisce la socializzazione, riduce gli stati ansiosi e depressivi. Ma il movimento può potenziare anche il cervello, rendendolo più plastico e capace di rallentare fenomeni degenerativi. L’attività fisica infatti aumenta il flusso del sangue al cervello contribuendo a irrorare quelle aree cerebrali, come l’ippocampo, che svolge un ruolo importante per la memoria e l’apprendimento ed agevola inoltre il rilascio del fattore neurotrofico di derivazione cerebrale, il Bdnf che ha un effetto neuroprotettivo e favorisce la formazione di nuovi neuroni e sinapsi. Sembra certo che l’attività fisica, migliorando la circolazione e quindi l’ossigenazione tissutale del cervello possa prevenire lo sviluppo di demenze ,di altre malattie neurologiche e del morbo di Alzheimer : sarebbe principalmente l’esercizio aerobico che porterebbe ad un aumento della materia grigia a livello della corteccia prefrontale e dell’ippocampo degli anziani, migliorando la memoria e la capacità di mantenimento dell’attenzione e di trattenere informazioni. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato come la scarsa attività fisica aumenti anche il rischio di ammalarsi di tumore e come questo legame sia matematicamente certo per le neoplasie del colon ,della prostata ,del polmone e dell’endometrio uterino ma anche per il tumore al seno per il quale si è di
mostrato che l’attività fisica praticata regolarmente (a qualunque età e indipendentemente dal peso corporeo ) è anche in grado migliorare la tollerabilità dei trattamenti e di ridurre il rischio di ricaduta di malattia dopo una prima diagnosi di tumore .Inoltre, l’attività fisica migliora la funzionalità del cuore e ritarda il progredire dell’arteriosclerosi con un conseguente calo del tasso di mortalità dovuto a infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e ictus. L’attività fisica migliora anche la sensibilità insulinica e l’assorbimento del glucosio nell’apparato muscolare scheletrico e nel tessuto adiposo riducendo drasticamente l’insorgenza del diabete tipo 2 in gruppi ad alto rischio e riducendo il tasso di mortalità nel diabete conclamato. Confrontando gli effetti dell’esercizio fisico rispetto all’inattività o l’erogazione di cure farmacologiche standard, i risultati hanno evidenziato come, l’esercizio fisico in queste patologie che sono le principali cause di morte nel nostro paese sia in grado di produrre un effetto significativamente positivo sulla patogenesi della malattia, sulla riduzione della morbidità e sulla spesa per i farmaci e le cure. E’ facile comprendere come una attività fisica correttamente strutturata nel nostro paese e somministrata come un farmaco potrebbe favorire un enorme risparmio della spesa sanitaria. E’ stato stimato infatti che una riduzione di solo l’1% dei sedentari farebbe risparmiare al nostro sistema sanitario circa 200 milioni di euro all’anno. Ma non sono sufficienti i semplici consigli dei medici che spesso rimangono lettera morta, occorre una programmazione e una organizzazione che non può che derivare da una azione legislativa a livello nazionale che faccia in modo che l’attività fisica diventi una prescrizione medica vera e propria con tanto di ricetta medica sulla scorta di positive esperienze gia condotte i alcuni stati europei come Inghilterra e Francia. Anche nel nostro paese sono state avviate positive esperienze in alcune alcune Regioni fra cui Piemonte, Lombardia EmiliaRomagna e Sardegna : progetti sperimentali a scopi preventivi e terapeutici col coinvolgimento dei medici di famiglia ,degli spe
RU péçêí=`áíó
cialisti in medicina dello sport e di palestre accreditate in cui l’esercizio fisico viene effettuato in sicurezza sotto la guida di laureati in Scienze motorie o diplomati Isef. Si è confermato come la riduzione del rischio mediante il ricorso all’attività fisica equivalga a tutti gli effetti a una terapia farmacologica. Il movimento è dunque da impiegare come un farmaco ai fini della promozione della salute, della prevenzione e della terapia . Un farmaco che necessita di una prescrizione e di una somministrazione individualizzata e non generica perché come ogni farmaco, anche l’attività fisica ha delle indicazioni precise di intensità e dosaggio e può presentare diversi effetti collaterali e qualche volta anche controindicazioni.
RV péçêí=`áíó
Rilevanza dell’attività fisica nella prevenzione e gestione del diabete mellito tipo 2
Il diabete mellito è una condizione clinica cronica estremamente eterogenea, causata da un deficit relativo o assoluto della produzione di insulina da parte delle cellule β del pancreas, associato ad un livello variabile di insulinoresistenza (1), caratterizzato da un conseguente aumento dei valori della glicemia nel sangue.
In particolare, il diabete mellito tipo 2 (DM2) è la forma più comune di diabete mellito rappresentando il 90% di tutti i tipi di diabete. L’eziologia del DM2 è multifattoriale, basata sia su fattori genetici che ambientali. Tra i fattori di rischio principali possiamo annoverare la presenza di una storia familiare per DM2, l’età avanzata, l’obesità e uno stile di vita sedentario. In particolare, l’insulinoresistenza e l’iperinsulinemia conducono prima ad una riduzione della tolleranza al glucosio e poi al diabete manifesto con sintomatologia evidente. Considerata l’insorgenza lenta ma cronica di queste condizioni, il momento della diagnosi clinica del DM2 spesso è ritardato rispetto all’insorgenza biologica della malattia (1).
La International Diabetes Foundation (IDF), nell’ultimo report redatto nell’anno 2021 ha stimato che circa 537 milioni di adulti di età compresa tra i 20 e i 79 anni sono attualmente affetti da diabete mellito, rappresentando circa il 10,5% della popolazione mondiale in questa fascia di età (2). Il dato più allarmante, tuttavia, è rappresentato dal fatto che si prevede un aumento del numero di persone affette da diabete mellito sino al raggiungimento di 643 milioni (11,3%) entro il 2030
e al raggiungimento di 783 milioni (12,2%) entro il 2045 (2). Queste stime preoccupano tutte le figure che, a diverso titolo, si occupano della gestione della malattia diabetica, da un lato per ragioni legate al carico clinico che questa malattia impone e dall’altro per l’impatto sulla qualità della vita delle persone affette da diabete. Inoltre, questa crescita risulterà estremamente gravosa per i sistemi sanitari in termini di costi.
Alla luce di questi dati, diventa quindi fondamentale applicare sia strategie terapeutiche a costi accessibili e di largo impiego, sia strategie efficaci nella prevenzione dell’insorgenza del diabete mellito, focalizzando l’attenzione in particolare sulla gestione dei fattori di rischio principali, quali soprattutto stile di vita ed obesità.
Per una efficace gestione della malattia diabetica, come sottolineato dalle linee guida nazionali ed internazionali, il primo step dovrebbe essere rappresentato dalla modifica dello stile di vita, questo ancor prima dell’introduzione di farmaci specifici. Appare quindi fondamentale che si applichi una corretta gestione sia della dieta che dell’attività fisica. Numerose rassegne e revisioni hanno sottolineato l’importanza della dieta, in particolare di quella Mediterranea. Meno noto e a volte sottovalutato è il significativo impatto dell’attività fisica nella gestione del diabete e del prediabete.
Dati raccolti da numerosi studi, hanno stabilito che la sedentarietà e la presenza di obesità sono associate ad un maggiore rischio di sviluppare il
péçêí=`áíó
SN
Luca D’Onofrio e Raffaella Buzzetti Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma
DM2, mentre uno stile di vita fisicamente attivo è associato ad una bassa incidenza della malattia.
In questo campo, fondamentali sono stati gli studi volti ad analizzare l’impatto delle modifiche della dieta e dell’attività fisica nella prevenzione del diabete mellito. In particolare, tra i primi possiamo annoverare il Malmö feasibility study (3), studio non randomizzato che ha confrontato due gruppi di soggetti volontari sottoposti a dieta ed esercizio fisico prefissato, rispetto ad un gruppo di soggetti di controllo. Dopo un followup di circa 5 anni, gli autori sono stati in grado di osservare una riduzione del rischio relativo del 59% e una riduzione del rischio assoluto del 17% di sviluppare diabete nel gruppo di intervento. Questo studio ha avuto il merito di mostrare, per la prima volta, la fattibilità di un programma di prevenzione del DM2 in un gruppo di volontari sani.
Successivamente sono stati condotti anche studi clinici randomizzati (RCT) che hanno valutato nello specifico il ruolo svolto dal cambiamento dello stile di vita nella prevenzione del diabete mellito, in particolare due grandi studi. Il Diabetes Prevention Study condotto su 522 soggetti con un indice di massa corporea medio (BMI) pari a 31 kg/m2 (4) e divisi in: gruppo di intervento, a cui è stato affidato un counseling personalizzato per il controllo del peso corporeo tramite una dieta specifica ed attività fisica, e gruppo di controllo. Il Diabetes Prevention Program invece, condotto su 3232 soggetti con un BMI medio di 34 kg/m2 (5) ha comparato i risultati dei soggetti divisi in tre gruppi di studio: un gruppo impegnato in un programma atto a modificare dieta e stile di vita (tramite l’introduzione di attività fisica mirata), un secondo gruppo a cui è stata somministrata metformina due volte al giorno ed un terzo gruppo trattato con placebo.
Per entrambi gli studi i risultati ottenuti dai gruppi che hanno sostenuto cambiamenti relativi a dieta ed attività fisica mostrano una riduzione di incidenza del DM2 pari al 58% in confronto ai gruppi di controllo. È da notare anche come nel Diabetes Prevention Program l’efficacia dell’uso di metfor
mina in confronto al gruppo placebo determini una riduzione di incidenza pari al 31% (5).
Le risorse da investire in questi tipi di intervento possono apparire eccessive, tuttavia rappresentano un investimento proficuo nel tempo per i benefici che comportano, come suggerito da studi di analisi economiche (6). Ma ciò non basta, per massimizzare i risultati è altresì importante implementare strategie di mantenimento che supportino la compliance dei soggetti che necessitano di questo tipo di intervento (7).
Importante è poi considerare la tipologia di attività fisica svolta. L’attività fisica di tipo aerobico (prevalenza della via ossidativa metabolico ossidativo) coinvolge grandi gruppi muscolari in attività dinamiche che comportano un aumento sostanziale della frequenza cardiaca e del dispendio energetico. La pratica regolare dell’esercizio aerobico determina effetti positivi a livello del sistema cardiovascolare e dei muscoli scheletrici, che si traducono in un aumento delle prestazioni di resistenza. L’attività fisica di tipo anaerobico implica un esercizio ad alta intensità che utilizza le scorte di glicogeno e di fosfocreatina per la per la maggior parte dell’energia fornita. Infine, l’attività fisica di resistenza che è un allenamento anaerobico progettato specificamente per aumentare la forza, la potenza e la resistenza muscolare.
La maggior parte degli studi fin qui analizzati è stata condotta con schemi di attività fisica prevalentemente di tipo aerobico. Nello studio Health Professionals Followup Study, più di 30.000 soggetti si sesso maschile sono stati seguiti per circa venti anni in America attraverso l’uso di questionari a cadenza biennale. I risultati dello studio hanno dimostrato che effettuare almeno 150 minuti di attività fisica di resistenza a settimana era associato ad una diminuzione del rischio di sviluppare DM2 del 35%, percentuale che saliva al 59% se le persone abbinavano esercizi di tipo aerobico e di resistenza (8). Evidenze successive hanno anche mostrato come la regolare esecuzione di attività fisica anaerobica si associasse ad
SO péçêí=`áíó
una riduzione di sviluppare valori di glicemia da alterato metabolismo del glucosio (ovvero alterata glicemia a digiuno, ridotta tolleranza ai carboidrati e neodiagnosi di diabete mellito).
Successivamente, un gran numero di studi è stato condotto per indagare il ruolo dell’attività fisica nei soggetti affetti da diabete mellito sin dalla fine degli anni ’80. Inizialmente i risultati non si sono dimostrati promettenti, mostrando miglioramenti ma senza il raggiungimento della significatività statistica, tale problematica era dovuta soprattutto al numero non sufficiente di soggetti arruolati per la tipologia di intervento utilizzato. Evidenze successive hanno invece raccolto importanti risultati dal punto di vista clinico, che possono essere riassunti in una riduzione non solo del peso corporeo, ma anche in un miglioramento in termini di gestione del diabete mellito (HbA1c e glicemia a digiuno) e di altri fattori di rischio cardiovascolare come l’assetto lipidico. Tali risultati sono stati anche confermati da metanalisi successive che hanno analizzato insieme i dati di tutti questi studi (9–11).
Nei primi anni 2000 sono stati poi condotti dei RCT specifici per valutare l’impatto dell’esercizio fisico nel trattamento del DM2. Il primo di questi il Diabetes Aerobic and Resistance Exercise (DARE), condotto negli U.S.A., è stato condotto su 251 soggetti affetti da DM2, di età compresa tra i 39 e i 70 anni, randomizzati a gruppo di intervento con allenamento aerobico, allenamento anaerobico, allenamento combinato e gruppo di controllo. Gli allenamenti sono stati eseguiti per tre volte a settimana per sei mesi e le sessioni erano supervisionate. A sei mesi è stato riscontrato un miglioramento significativo del controllo metabolico in tutti e tre i gruppi di intervento, ma maggiore per il gruppo di allenamento combinato (riduzione della HbA1c0.9%). Veniva inoltre riscontrato in tutti i gruppi di intervento una riduzione del grasso viscerale e della circonferenza vita. Inoltre, soprattutto l’allenamento combinato mostrava un miglior impatto sull’assetto lipidico (12). Il principale limite metodologico di questo studio è il diverso volume di attività fisica svolta
dai soggetti arruolati, nello specifico i soggetti del gruppo sottoposto all’allenamento combinato eseguivano un volume di attività fisica maggiore rispetto agli altri due gruppi.
Per superare questo limite è stato successivamente disegnato lo studio Health Benefits of Aerobic and Resistance Training in Individuals with Diabetes (HARTD), condotto sempre negli U.S.A. su 262 individui con DM2 con caratteristiche simili alle persone arruolate nello studio DARE (età compresa tra i 30 e i 75 anni). In questo studio venivano riproposti gli stessi gruppi di intervento (esercizio aerobico, anaerobico, combinazione dei due e gruppo di controllo), ma era previsto un minor volume di lavoro per i soggetti nel gruppo di esercizio combinato rispetto allo studio precedente. Anche in questo caso è stato confermato l’impatto positivo dell’attività fisica sul parametro HbA1c dopo un followup di nove mesi, in particolare l’esercizio combinato di attività fisica aerobica e anaerobica si è dimostrato il più efficace nella riduzione di tale parametro (riduzione di HbA1c 0.34%) (13).
Infine, dati simili sono stati anche riprodotti in Italia, con lo studio Italian Diabetes Excercise Study (IDES), in uno studio multicentrico condotto in 22 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale che hanno arruolato 606 soggetti con DM2. I soggetti arruolati sono stati allocati in due gruppi per 12 mesi: il gruppo di controllo riceveva solo attività di counseling, mentre il gruppo di intervento veniva sottoposto a sessioni di esercizio fisico combinato e supervisionato. Anche in questo studio è stata confermata la superiorità dell’esercizio fisico nella riduzione significativa del parametro HbA1c rispetto al gruppo di controllo (riduzione HbA1c del 0.42%). Dalle analisi secondarie si è anche valutato come nel gruppo sottoposto ad attività fisica si riducesse significativamente il rischio di sviluppare un evento cardiovascolare attraverso calcolatori di rischio specifici. Infine, nel gruppo sottoposto ad attività fisica veniva anche riscontrata una ridotta necessità di terapia farmacologica, insulinica e non, per migliorare i profili glicemici (14).
SP péçêí=`áíó
Queste evidenze hanno portato nel tempo a considerare l’attività fisica un pilastro determinante nella gestione clinica del DM2. In particolare, questi studi sono stati anche recepiti dalle linee guida nazionali ed internazionali determinando l’indicazione dell’attività fisica come strumento terapeutico nella gestione del diabete mellito. In particolare, le linee guida italiane SIDAMD pubblicate nel 2021 suggeriscono l’effettuazione di regolare attività fisica per le persone con DM2 e pongono l’attenzione soprattutto sull’ attività fisica che combini esercizio aerobico con esercizio di resistenza.
Altro elemento importante da tenere in considerazione è la compliance ai programmi di attività fisica, dovrebbero infatti essere implementate strategie in grado di garantire una maggiore aderenza, soprattutto a lungo termine e nei soggetti giovani, all’esecuzione dell’attività fisica per ottimizzare i risultati ottenuti.
In conclusione, quindi, è importante che nella realtà di oggi siano messi in atto interventi di prevenzione mirati a sensibilizzare la popolazione generale a svolgere attività sportiva fin dalla giovane età. Lo sport, oltre a rappresentare valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza, contribuisce all’invecchiamento attivo, fondamentale per aspirare quanto più possibile ad un invecchiamento in salute della popolazione.
Bibliografia
1. AMDSID. Standard di cura del diabete mellito AMDSID 2018. 2018;
2. IDF. IDF Diabetes Atlas, 10th edition. 2021;
3. Eriksson KF, Lindgärde F. Prevention of type 2 (noninsulindependent) diabetes mellitus by diet and physical exercise. The 6year Malmö feasibility study. Diabetologia [Internet]. 1991 Dec;34(12):891–8. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1778354
4. Tuomilehto J, Lindström J, Eriksson JG, Valle TT, Hämäläinen H, IlanneParikka P, et al. Prevention of type 2 diabetes mellitus by changes in lifestyle among subjects with impaired glucose tolerance. N Engl J Med [Internet]. 2001 May 3;344(18):1343–50. Available from:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11333990
5. Knowler WC, BarrettConnor E, Fowler SE, Hamman RF, Lachin JM, Walker EA, et al. Reduction in the incidence of type 2 diabetes with lifestyle intervention or metformin. N Engl J Med [Internet]. 2002 Feb 7;346(6):393–403. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11832527
6. Li R, Qu S, Zhang P, Chattopadhyay S, Gregg EW, Albright A, et al. Economic Evaluation of Combined Diet and Physical Activity Promotion Programs to Prevent Type 2 Diabetes Among Persons at Increased Risk: A Systematic Review for the Community Preventive Services Task Force. Ann Intern Med [Internet]. 2015 Sep 15;163(6):452–60. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26167962
7. Neamah HH, Sebert Kuhlmann AK, Tabak RG. Effectiveness of Program Modification Strategies of the Diabetes Prevention Program: A Systematic Review. Diabetes Educ [Internet]. 2016 Apr;42(2):153–65. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26879459
8. Grøntved A, Rimm EB, Willett WC, Andersen LB, Hu FB. A prospective study of weight training and risk of type 2 diabetes mellitus in men. Arch Intern Med [Internet]. 2012 Sep 24;172(17):1306–12. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2286869
1 SQ péçêí=`áíó
9. Umpierre D, Ribeiro PAB, Kramer CK, Leitão CB, Zucatti ATN, Azevedo MJ, et al. Physical activity advice only or structured exercise training and association with HbA1c levels in type 2 diabetes: a systematic review and metaanalysis. JAMA [Internet]. 2011 May 4;305(17):1790–9. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21540423
10. Umpierre D, Ribeiro PAB, Schaan BD, Ribeiro JP. Volume of supervised exercise training impacts glycaemic control in patients with type 2 diabetes: a systematic review with metaregression analysis. Diabetologia [Internet]. 2013 Feb;56(2):242–51. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23160642
11. Boulé NG, Haddad E, Kenny GP, Wells GA, Sigal RJ. Effects of exercise on glycemic control and body mass in type 2 diabetes mellitus: a metaanalysis of controlled clinical trials. JAMA [Internet]. 2001 Sep 12;286(10):1218–27. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11559268
12. Sigal RJ, Kenny GP, Boulé NG, Wells GA, Prud’homme D, Fortier M, et al. Effects of aerobic training, resistance training, or both on glycemic control in type 2 diabetes: a randomized trial. Ann Intern Med [Internet]. 2007 Sep 18;147(6):357–69. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17876019
13. Church TS, Blair SN, Cocreham S, Johannsen N, Johnson W, Kramer K, et al. Effects of aerobic and resistance training on hemoglobin A1c levels in patients with type 2 diabetes: a randomized controlled trial. JAMA [Internet]. 2010 Nov 24;304(20):2253–62. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21098771
14. Balducci S, Zanuso S, Nicolucci A, De Feo P, Cavallo S, Cardelli P, et al. Effect of an intensive exercise intervention strategy on modifiable cardiovascular risk factors in subjects with type 2 diabetes mellitus: a randomized controlled trial: the Italian Diabetes and Exercise Study (IDES). Arch Intern Med [Internet]. 2010 Nov 8;170(20):1794–803. Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21059972
Prevenzione primaria e stili di vita
Parlare e scrivere di Sport viene percepito, comunemente, come qualcosa di diverso rispetto al parlare o scrivere di attività fisica. Parlare e scrivere di Sport e di attività fisica è percepito, comunemente, come qualcosa che abbia poco a che vedere con l’essere in Salute. Eppure, la letteratura scientifica internazionale, il web, i mezzi di comunicazione di grande divulgazione, pongono ogni giorno massima attenzione al binomio sport/attività fisica salute. Ancora oggi ci sono molte resistenze verso l’attività fisica; circa il 30% della nostra popolazione non svolge alcuna attività, e, dati del 2020, solo il 36% della popolazione pratica almeno uno sport. Dati che con la pandemia da virus covid sono ulteriormente e sensibilmente peggiorati.
Vediamo, insieme, come poter spiegare quanto siano importanti gli stili di vita per la nostra salute. Portando anche esempi dalla letteratura scientifica.
Definiamo prevenzione primaria l’insieme di attività, azioni, interventi, che riguardano gli stili di vita (sana alimentazione, attività motoria, fumo, alcol). Scopo della prevenzione primaria è quello di ridurre o abbattere il rischio di ammalarci. La Commissione Europea per la Salute e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), richiamano l’attenzione periodicamente sugli stili di vita, in grado di modificare persino il nostro DNA (epigenetica), e in grado certamente di ridurre il rischio per numerose patologie; da quelle cardiovascolari a quelle neurologiche, da quelle metaboliche a quelle oncologiche. E per molte altre ancora. Se pensiamo alla epigenetica (cambiamenti ereditabili senza modificare la sequenza del DNA), noi possiamo modificare in meglio o in peggio la espressione genica di un nascituro un anno
prima che venga concepito! Chiaramente questo dipende dagli stili di vita che i potenziali genitori adotteranno da 12 mesi prima del concepimento. Pertanto è la scienza che parla e non i luoghi comuni.
L’attività fisica fa parte a pieno titolo dei 3 tipi di prevenzione: quella primaria della quale abbiamo spiegato il significato; quella secondaria, cioè quella che ci fa scorgere una eventuale patologia e ci consente di combatterla e anche vincerla; quella terziaria, che ci permette di controllare, stabilizzare, contenere, gli esiti complessi di una patologia che non prevede almeno al momento una guarigione completa.
L’attività motoria condiziona anche l’assorbimento dei farmaci. Se ci riferiamo ad esempio ai trattamenti farmacologici in oncologia, l’attività fisica può modificarne e migliorarne l’assorbimento, può far dismettere più rapidamente la quota di tossicità di alcune terapie, e di conseguenza, favorire la guarigione da molte malattie.
Fino a non moltissimi anni fa, si pensava che la persona affetta da una malattia, ad esempio di natura cardiovascolare o oncologica, dovesse osservare la massima attenzione nel non esercitare attività fisica, dovesse anzi risparmiare energie. Niente di più sbagliato. Negli anni la ricerca e la scienza ci hanno dimostrato come questo paradigma dovesse essere totalmente sovvertito. Basti pensare alla immediata riabilitazione successiva ad un intervento di natura cardiovascolare, ovvero sull’apparato locomotore (ossa, muscoli, articolazioni); anche dopo interventi importanti e demolitivi di ne
ST péçêí=`áíó
Adriana Bonifacino IDI‐IRCSS Senologia Clinica e Diagnostica, Presidente IO Donna Onlus, Componete del CdA di Sport e Salute SpA
cessità oncologica, la mobilizzazione del paziente è fondamentale per abbattere rischi di complicazioni. Con queste premesse possiamo affermare che movimento, attività fisica, sport, possono essere anche sinonimi tra loro, se per questi si intende un costante dedicarsi al benessere fisico e piscologico della propria persona.
E’ essenziale che ciascuna persona trovi le giuste modalità, l’attività più confacente alla propria età e stato di salute, che si affidi ad esperti di settore che possano consigliare, e che riesca a provare soddisfazione e percepisca il benessere fisico e mentale che lo sport produce per una serie di meccanismi biochimici. Quella che inizialmente si percepisce come fatica, con costanza e un buon programma di attività, si trasforma presto in un qualcosa del quale difficilmente si potrà poi fare a meno. In questa ottica si inseriscono problematiche anche di tipo economico, soprattutto laddove vi siano famiglie intere e numerose, per le quali l’impegno sportivo può diventare una spesa poco sostenibile, e, in alcuni casi, non sostenibile. Uno degli obiettivi di Sport e Salute S.p.A. azienda della quale mi onoro di far parte come CDA, è proprio quello di finanziare progetti per lo sport di base, oltre che per lo sport di vertice: sport nei parchi, adibire e attrezzare aree urbane per le attività motorie, affinchè lo sport sia di tutti e generi benessere. Lo sport come diritto della collettività. Sono circa 70.000 le associazioni e società sportive protagoniste dello sport quotidiano, lo sport di tutti. I progetti “Quartieri”, “Inclusione”, “Scuola Attiva” sono solo alcuni dei progetti diretti alla intera collettività, per migliorare il proprio stato fisico, psicologico, favorendo la socializzazione e promuovendo la qualità della vita. Le palestre a cielo aperto non sono un sogno, sono già una realtà, con una riqualificazione costante di aree verdi abbandonate, interventi edilizi per il recupero di impianti già esistenti.
Non posso esimermi dal sottoporvi anche alcuni esempi tratti dalla letteratura scientifica, rapportando i risultati a quelli che a volte sono dei luoghi comuni, e preconcetti. L’attività fisica, è ormai dimostrato da molteplici studi, comporta un netto miglioramento dei risultati scolastici e dell’apprendimento nei bambini e nei giovani. Uno studio della Università della Virginia,
pubblicazioni sulla rivista internazionale Clinical Journal of Medicine, e studi riportati da The Athletic, dimostrano tutti come vi sia correlazione fra attività fisica moderata/vigorosa e rendimento scolastico. I meccanismi che potrebbero produrre questo effetto positivo sono molteplici: incremento di flusso sanguigno e ossigeno al cervello, intervento sulla insulinoresistenza, stimolazione del lobo frontale dell’encefalo, aumento dei livelli di noradrenalina ed endorfine, un maggiore effetto dei fattori di crescita sullo sviluppo di cellule e fibre nervose.
Pertanto vengono a cadere tutti i preconcetti secondo i quali, ad esempio, un/una bambino/a o ragazza/o con scarso rendimento scolastico debba abbandonare l’attività sportiva per applicarsi maggiormente allo studio.
Sempre dalla letteratura scientifica (AIOM Società di Oncologia Medica e AIRTUM Registro Tumori) ci arriva la nuova edizione de I Numeri del Cancro 2022. Numeri allarmanti se non sconcertanti. Nell’anno 2021 circa 390.000 nuovi casi di carcinomi in Italia, dei quali 190.000 nel sesso femminile, e 200.000 nel sesso maschile. Nel 2021 anche a causa del covid (ritardo delle diagnosi) riscontriamo 14.000 casi in più rispetto agli anni precedenti. Un aumento che non riguarda solo il tumore del seno, del colon, dei tumori HPV (Papilloma Virus) correlati, ma anche di polmone, di stomaco, di prostata. Ebbene gli stili di vita potrebbero abbattere del 40% le diagnosi di cancro. E la mortalità potrebbe essere dimezzata, pari pertanto al 50%.
Un documento dell’OMS (World Health Organization), il Global action plan on physical activity, pubblicato in ottobre 2022 mette in evidenza il costo della inattività fisica fra il 2020 e il 2030 a livello mondiale, laddove oltre 500 milioni di persone svilupperanno patologie metaboliche (diabete, obesità), cardiovascolari, e altre tipologie incluse le oncologiche. I costi previsti per le cure sono di circa 27 bilioni di dollari per anno, che moltiplicati per 10 anni raggiungo circa i 300 bilioni di dollari.
Danni per la salute e danni per la economia si sommano. I Governi di tutti i Paesi sono chiamati a mettere in atto rapidamente politiche che favoriscano l’accesso alla attività fisica, campagne di sensibilizzazione, investimenti urgenti e ingenti per lo sport di massa, che riSU péçêí=`áíó
guardi le diverse fasce di età, dai bambini, agli adulti e agli over 65.
La chiave che potrà aprire le porte alla salute, al benessere fisico e psicologico, si chiama, ancora una volta, prevenzione primaria. Una sana alimentazione abbinata alla attività fisica, alla abolizione del fumo e alla riduzione drastica dell’alcol, sono gli ingredienti per un futuro migliore, libero di almeno il 50% delle patologie che oggi condizionano la vita delle persone, con ricaduta positiva sulla economia di ciascun Paese.
Ciascuno di noi può contribuire al proprio benessere, al proprio stare in salute, al migliorare lo stato di salute se compromesso, a metabolizzare meglio i farmaci se necessari, a vivere le proprie città, province, borghi, paesi, guardandoli con una diversa prospettiva. Contribuendo al nostro benessere fisico e psicologico, contribuiamo inevitabilmente al benessere in termini di salute e di economia dell’intera collettività. #mettiamociingioco potrebbe diventare il nostro slogan.
SV péçêí=`áíó
Lo sport lungo tutto l’arco della vita
Tiziana Frittelli e Teresa Bonacci Federsanità ANCI
Perché Federsanità si occupa di sport? Federsanità è la Confederazione delle Federsanità ANCI regionali che associa le Aziende Sanitarie Locali, quelle Ospedaliere e gli IRCCS insieme ai rappresentanti dei Comuni associati alle ANCI regionali di riferimento. Nasce nel 1995 come risposta al processo di aziendalizzazione in atto e per dare sostanza al tema dell’integrazione sociosanitaria. Il tema centrale è realizzare politiche condivise di prevenzione, di cura, di attenzione alla salute del cittadino intesa come uno stato di benessere completo o, come si dice in sintesi, in una prospettiva di One Health.
Comuni e Aziende sanitarie sono naturalmente coinvolte in un progetto che guarda al benessere dei cittadini. I primi nel creare le condizioni fisiche e logistiche per cui si possa avere una qualità della vita alta in stato di salute, le strutture sanitarie organizzando i processi di prevenzione e cura per prolungare al meglio anche gli stati di salute già compromessi.
Va da sé che in questo contesto il tema dello sport è centrale perché attraversa la nostra vita in salute, o nello sforzo di mantenerla in questa condizione, in attività che riguardano la prevenzione, la cura e la riabilitazione.
La prevenzione. Nelle diverse azioni che si possono mettere in atto per prevenire numerose patologie, lo sport è certamente quella più diffusa, più praticabile e, nella maggior parte dei casi, più economica.
Le attività sportive ci interessano dall’infanzia a quando il nostro fisico lo consente, modificando
la tipologia di sport negli anni, adattandola alle nostre condizioni e ai nostri interessi.
Nell’infanzia e nell’adolescenza lo sport contribuisce alla “costruzione” di un fisico in salute. Non è un caso che una forma di educazione fisica sia sempre stata prevista tra le materie scolastiche e che in molte città sia stata promossa una attività denominata “pedibus” (http://www.pedibusitalia.it/ ) che promuove il raggiungimento della sede scolastica a piedi dalla propria abitazione passando attraverso alcune “fermate” come accade con gli autobus. Questo perché spesso nei grandi centri urbani questa minima attività fisica viene eliminata dall’abitudine di molti genitori ad accompagnare i propri figli in macchina.
Ma l’attività fisica acquisisce maggiore peso sulla fase avanzata della vita e parte importante in quel fenomeno che viene definito come “invecchiamento attivo”. Una definizione che descrive come sia importante che se ci sono più anni a disposizione in vecchiaia, è interesse delle amministrazioni comunali e delle strutture sanitarie –oltre che dei cittadini, ovviamente – che questi siano vissuti il più possibile in salute e attività.
In questo contesto, soggetti come Rete Città Sane, promosso dall’OMS (https://www.retecittasane.it/chisiamo/progetti/ ), con la quale è stata firmata una convenzione per la promozione e la diffusione di buone pratiche sui corretti stili di vita, e l’Alleanza Happy ageing, di cui Federsanità è membro, rappresentano un pungolo e uno strumento per mettere a punto iniziative che fa
TN péçêí=`áíó
voriscano lo sport e il movimento in generale e in ogni condizione.
Sono nate così esperienze come i 10mila passi di salute (https://federsanita.anci.fvg.it/comunicazione/progetti/progettofriuliveneziagiuliainmovimento/view ) promosso da Federsanità ANCI del Friuli Venezia Giulia insieme alla Regione, ai Comuni, alle Associazioni e alle Università – per recuperare cammini e percorsi in aree interne, organizzando gruppi di cammino di persone anziane e corsi Attività Fisica Adattata nelle palestre delle scuole. Le Università hanno formato il personale per gestire i corsi e per monitorare gli effetti benefici che tali attività producono sullo stato di salute delle persone coinvolte.
Un’altra esperienza importante è stata quella di Happy ageing ( https://www.happyageing.it/muoviamociinsieme/ ) con la realizzazione di una mini serie di sette video che rappresentano semplici esercizi, pensati da un team di esperti della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa, nati con l’obiettivo di combattere i danni dell’inattività fisica negli anziani costretti a casa a causa della pandemia da COVID19. Poiché l’inattività fisica può causare rischi per la salute psicofisica degli over 65, i sette video sono stati organizzati in sequenza di difficoltà, per i principali gruppi muscolari del corpo e per l’equilibrio e possono essere svolti ognuno per ciascun giorno della settimana.
La cura. Il patrimonio di salute che ognuno ha a disposizione, e al quale lo sport contribuisce in modo importante, va dunque mantenuto durante tutto l’arco della vita. Una vita che, soprattutto nel nostro Paese – “complice” un Servizio Sanitario Nazionale universalistico adulto si prolunga sempre di più.
Se la speranza di vita è più ampia, è però anche inevitabilmente accompagnata da patologie croniche che via via aumentano e si complicano. E qui lo sport, l’attività fisica, contribuiscono alla cura delle patologie croniche che inevitabilmente
si sommano. Numerosi studi confermano gli effetti positivi sia sulla prevenzione che sulla gestione e cura di diverse patologie croniche come il diabete, l’ipertensione, l’osteoporosi, solo per citarne alcune. Patologie che traggono benefici misurabili dalla pratica di sport all’aria aperta. Praticare attività fisica con regolarità migliora i valori di queste patologie, contribuisce ad un uso minore di farmaci e riduce gli aggravamenti che possono portare, se non gestiti, al ricovero in ospedale e alla necessità di lunghe e costose attività riabilitative.
L’esperienza dell’adozione della “ricetta verde” in alcune ASL per la prescrizione dell’attività fisica con la medesima modalità e dignità terapeutica che è in uso per i farmaci è un esempio importante che andrebbe diffuso e standardizzato.
La riabilitazione. Il movimento è uno degli elementi alla base di molti processi riabilitativi. Alcuni sport, però, uniscono all’effetto riabilitativo del fisico anche gli effetti benefici per la psiche.
L’esempio del progetto “Sport Terapia integrata” promosso dalla Federazione Italiana Canottaggio in collaborazione con Federsanità per la diffusione nazionale del canottaggio come terapia riabilitativa ha lo scopo di creare un’opportunità innovativa per far scoprire la disciplina del canottaggio e le valenze positive ad essa connesse, sia in termini di salute che di esperienza di condivisione e di aggregazione. E’ inoltre un’occasione concreta di migliorare il proprio stile di vita durante e dopo i trattamenti oncologici, salvaguardando la qualità di vita ed il benessere psicofisico. Il Progetto promuove una nuova visione del canottaggio inteso non solo come sport, ma come disciplina completa con riconosciuti benefici fisicomotori, oltre che psicologici, generati dal contatto con la natura e che rappresentano la soluzione ideale per uno stile di vita corretto, in un giusto equilibrio tra mente e corpo.
Conclusioni. Lo sport va considerato come una parte importante del nostro quotidiano. Il pas
TO péçêí=`áíó
saggio culturale importante è quello di trasformarlo da un momento esclusivamente ludico o agonistico in una necessità, in un tempo fondamentale da dedicare alla “manutenzione” del nostro stato di salute ad ogni età, durante tutto l’arco della vita individuando e adeguando appositi spazi per praticarlo nelle città in cui viviamo.
TP péçêí=`áíó
Attività fisica e prevenzione dell’obesità
Giuseppe Fatati Presidente Italian Obesity Network
Introduzione
Sempre più spesso sentiamo parlare di esercizio fisico e del rapporto tra stile di vita attivo prevenzione e salute. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità ci ricorda che In ogni età e fase della vita, svolgere attività fisica con regolarità significa fare una scelta a favore della propria salute (1). L’attività fisica non deve essere considerato un concetto astratto. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce attività fisica qualsiasi movimento corporeo prodotto dall’apparato muscoloscheletrico che richiede dispendio energetico e include le attività che vengono praticate nella vita di ogni giorno sia durante il lavoro che nel tempo libero, i lavori domestici, gli spostamenti abituali a piedi o in bicicletta (mobilità attiva). In questo breve report cerchiamo di tratteggiare le componenti fisiopatologiche che giustificano e rafforzano tali affermazioni seguendo quelle che sono le più recenti evidenze.
Evidenze scientifiche
E’ opinione condivisa che il nostro peso corporeo rappresenti l’espressione tangibile del bilancio energetico tra entrate e uscite caloriche. L’energia viene introdotta con gli alimenti e utilizzata dall’organismo sia durante il riposo sia durante l’attività fisica. Quando si introduce più energia di quanta se ne consuma, l’eccesso si accumula sotto forma di grasso, determinando un aumento di peso. Valori troppo bassi di dispendio energetico rendono difficile mantenere l’equilibrio tra entrate e uscite caloriche e favoriscono l’accumulo di tessuto adiposo. Quantità eccessive di
grasso corporeo (obesità) costituiscono un pericolo per la salute. Nel Marzo 2021 la Commissione Europea ha emesso una nota (2) in cui ha definito l’obesità come una malattia cronica, progressiva, recidivante che a sua volta funge da porta d’accesso a una serie di malattie croniche non trasmissibili (NCD). Il brief fornisce all’obesità lo stato formale e vincolante di malattia cronica non trasmissibile al cui sviluppo concorrono sia fattori ambientali che genetici. Le malattie croniche non trasmissibili causano nel nostro paese il 92% di morti e più dell’85% degli anni persi per disabilità. Un obeso grave ha una aspettativa di vita ridotta di circa 10 anni ma ne passa ben venti in condizioni di disabilità (3). Purtroppo la vita moderna promuove stili di vita estremamente sedentari, con livelli assai ridotti di attività fisica e può essere una delle principali cause dell’aumento di peso della popolazione. Stare seduti molte ore durante il lavoro o nel tempo libero predispone all’obesità indipendentemente dall’età. Dai dati riportati nell’Annuario Statistico Italiano 2021(4), sappiamo che, nel 2020, solo il 36,6% della popolazione pratica almeno uno sport, il 27,1% lo fa in maniera continuativa e il 9,5% saltuariamente; i soggetti che non praticano nessuno sport ma svolgono qualche attività fisica sono il 28,1% (in diminuzione di circa un punto percentuale rispetto ai dati relativi al 2019). I sedentari (persone che non fanno sport né praticano attività fisica nel tempo libero) sono il 35,2%, quota che sale al 39,4% fra le donne e si attesta al 30,8% fra gli uomini, andamento invariato rispetto alla rilevazione precedente. L’An
TR péçêí=`áíó
nuario segnala che praticano sport in modo continuativo il 58% dei giovani tra i 6 e i 10 anni, il 60,6% di quelli tra gli 11 e i 14 e il 50,1% dei 1517enni, con valori più alti tra i maschi. L’abitudine a fare sport si riduce con il crescere dell’età e passando dalle regioni settentrionali a quelle meridionali. Una survey presentata recentemente (5) è ancora meno rassicurante; riporta che quasi il 50% degli Italiani adulti afferma di avere uno stile di vita francamente sedentario e sicuramente attivo solo il 13%. Non va meglio durante l’infanzia. La maggioranza dei bambini italiani trascorre mediamente, già all’età di 6 anni, oltre due ore al giorno di fronte alla televisione, pratica giochi passivi e trascura i giochi all’aperto di movimento e fisicamente più impegnativi. Pochi praticano regolarmente attività sportiva. Anche in relazione a tali comportamenti quote crescenti della popolazione infantile italiana sono in sovrappeso o francamente obese. Le nuove linee guida WHO (6) ribadiscono che l’attività fisica è un ottimo investimento per la salute pubblica e dovrebbe essere utilizzato per sostenere i governi ad implementare gli interventi nella politica e nella ricerca per promuovere e garantire che le opportunità di attività fisica siano disponibili per tutti. In pratica ipotizza una attività fisica equa e solidale. Tale invito è motivato dalle forti evidenze sull’associazione fra attività fisica e benefici per salute; i dati mostrano in maniera consistente una relazione inversa con una riduzione di circa il 30% nella mortalità per tutte le cause negli individui attivi, sia uomini sia donne, rispetto agli individui meno attivi. In modo molto riassuntivo possiamo dire che ci sono evidenze della riduzione di morbilità e mortalità da danno coronarico, stroke, pressione arteriosa e dislipidemia in coloro che svolgono attività fisica; tale riduzione sembra aumentare all’aumentare della quantità di esercizio fisico svolto. Per quanto riguarda le patologie metaboliche, è presente un’associazione fra attività fisica e protezione dal diabete tipo 2. L’attività fisica favorisce inoltre la riduzione delle fratture dell’anca e della colonna vertebrale e riduce di circa il 30% il rischio di sviluppare li
mitazioni funzionali severe o moderate negli anziani, sia uomini sia donne. Negli anziani che hanno già limitazioni l’attività fisica ha effetti positivi sulle abilità funzionali, mentre in quelli a rischio di caduta un’attività fisica regolare ne riduce il rischio. Infine è dimostrato un rapporto positivo tra attività fisica e prevenzione delle patologie neoplastiche (7).
Attività fisica e disabilità nei giovani e negli anziani
Nonostante i dati della letteratura scientifica dimostrino senza alcun dubbio i vantaggi di una corretta attività fisica non solo per quanto riguarda l’obesità ma anche le altre malattie croniche i nostri giovani appartenenti a quella che viene definita Generazione Z sono sempre più sedentari e meno attivi. Il termine Generazione Z (o Centennials), si riferisce alla generazione dei nati tra il 1997 e il 2012, i cui membri sono generalmente figli della Generazione X (19651980). Si tratta della prima generazione ad essersi sviluppata potendo godere dell’accesso ad Internet sin dall’infanzia, e perciò i suoi membri sono considerati come avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media e vengono definiti nativi digitali. Le loro esperienze non sembrano incidere positivamente sul processo di socializzazione e sui rapporti interpersonali. Sappiamo che i giovani, soprattutto quelli italiani, hanno un peso eccessivo; sottovalutiamo però i problemi psicocomportamentali. Depressione e ansia sono la principale causa di disabilità negli adolescenti e nei giovani adulti in tutto il mondo. La depressione è molto diffusa ed è molto probabile che abbia il suo primo esordio nell’adolescenza. Abitualmente si afferma che almeno un quarto dei giovani ha sperimentato un episodio di depressione prima dei 19 anni. Le conseguenze avverse di questo episodio possono durare tutta la vita e includere un aumento del rischio di recidiva, scarsa integrazione sociale, risultati scolastici ridotti e minore sicurezza sul lavoro nonché un maggior rischio di autolesionismo. La pandemia COVID19 sembra aver peggiorato la situa
TS péçêí=`áíó
zione tanto che un adolescente su quattro ha sintomi clinici di depressione e uno su cinque manifesta segni di un disturbo d’ansia come conferma un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Jama Pediatrics, che ha incluso 29 studi condotti su oltre 80mila giovani (8). I casi sono dunque raddoppiati rispetto al periodo pre Covid. I giovani e i giovanissimi stanno soffrendo a causa delle restrizioni, delle paure, della difficoltà a costruire una socialità e questa sofferenza rischia di essere un bagaglio pesantissimo che si trascineranno anche in età adulta. Si può ipotizzare, per spiegare quanto sta accadendo, l’effetto combinato di diverse situazioni legate alla pandemia e al lockdown come l’isolamento, la perdita di sonno, l’uso continuativo di dispositivi digitali e di internet, l’eccesso di videogiochi, il disagio familiare e la chiusura di opportunità di frequentazioni abituali come la scuola, i centri sportivi e qualsiasi altro spazio comune. I giovani sembrerebbero aver perso fiducia nel futuro; sono preoccupati per l’imprevedibilità dell’ambiente, insicuri e confusi sulle prospettive. Le metanalisi dei diversi report presenti nelle banche dati internazionali ci permettono di concludere che l’esercizio e l’attività fisica giuocano un ruolo molto importante nel prevenire lo sviluppo dei sintomi della depressione e che vi sia una relazione bidirezionale tra attività fisica, esercizio e salute mentale degli adolescenti. L’attività fisica e gli interventi atti a favorire l’esercizio possono essere particolarmente promettenti in quanto sono interventi non stigmatizzanti con pochi effetti collaterali (9). Sono accettabili e considerati utili nel trattamento della depressione da parte dei giovani in sondaggi su larga scala. I risultati dell’attuale revisione suggeriscono che l’attività fisica e i programmi di esercizio sono efficaci e possono essere di beneficio (10) contribuendo a mantenere e migliorare il benessere psicofisico, a ridurre i sintomi di ansia, stress, depressione e solitudine. Inoltre sembrerebbe esserci un effetto positivamente significativo dell’attività fisica sul rendimento e sui processi cognitivi degli studenti, soprattutto per quanto riguarda l’esercizio
aerobico. E’ stata recentemente pubblicata una revisione sistematica (11) degli studi sugli gli effetti dell’attività fisica sulle funzioni esecutive, attenzione e rendimento scolastico nei bambini preadolescenti (612 anni). Analizzando diverse tipologie di attività fisica (attività fisica singola o programmazione longitudinale) e la durata si è concluso che nella fascia di età analizzata:
• singole lezioni di attività fisica possono essere una strategia di successo per stimolare l’attenzione;
• programmi di attività fisica longitudinali stimolano maggiormente le funzioni esecutive e il rendimento accademico rispetto a un singolo incontro;
• i programmi di intervento per diverse settimane che includono attività fisiche con difficoltà cognitive sembrano essere più efficaci;
Uno studio ancora più recente (12) si è soffermato sulla correlazione tra attività fisica e risultati matematici nei bambini e negli adolescenti. L’attività fisica implementata in un contesto strutturato e perseguita per almeno due ore settimanali, è in grado di migliorare il concetto di sé matematico e il rendimento scolastico (12). E’ bene precisare che la necessità di avere uno stile di vita attivo copre tutto l’arco della vita dalla gioventù alla vecchiaia; per questo motivo sempre più spesso sentiamo parlare di attività fisica e invecchiamento sano. Con l’aumento dell’aspettativa di vita, più persone vivono oltre i 65 anni e fino a un’età molto avanzata. L’invecchiamento sano è la capacità di mantenere l’indipendenza, lo scopo, la vitalità e la qualità della vita fino alla vecchiaia nonostante condizioni mediche impreviste, incidenti e determinanti sociali. L’esercizio fisico, o attività fisica, è una componente importante di un invecchiamento sano, prevenendo o mitigando cadute, dolore, sarcopenia, osteoporosi e deterioramento cognitivo. Un programma di esercizi ben bilanciato include componenti giornaliere di aerobica, forza, equilibrio e flessi
TT péçêí=`áíó
bilità. La maggior parte degli anziani non rispetta i minuti attualmente raccomandati di regolare attività fisica settimanale. La consulenza da parte degli operatori sanitari può aiutare gli anziani a migliorare le loro abitudini, ma è anche importante sfruttare le opportunità di esercizio basate sulle risorse della comunità (13). Studi prospettici identificano la sedentarietà come uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer (AD). Una maggiore attività fisica può invertire questo rischio migliorando il flusso sanguigno cerebrale che promuove la neurogenesi. Un’attività fisica moderata aumenta anche il metabolismo del glucosio nelle aree del cervello che sono ipometaboliche nell’AD. La riduzione delle alterazioni cerebrali grossolane tipiche della demenza (macroinfarti, perdita neuronale nigrale e patologia della sostanza bianca) è correlata all’aumento dei livelli di attività giornaliera totale. l rafforzamento muscolare e l’attività aerobica migliorano le prestazioni nei test cognitivi e riducono il rischio di AD. Possiamo concludere che l’attività fisica non fa solo bene al corpo ma anche alla mente. L’Istituto Superiore di Sanità ricorda che non è mai troppo tardi per cominciare a muoversi e i benefici si percepiscono subito, non appena si inizia a essere un pò più attivi (15).
Conclusioni
In questo breve report abbiamo voluto delineare l’importanza dell’attività fisica nella prevenzione indipendentemente dall’età. Per questo motivo ci siamo soffermati sull’attività cognitiva nelle fasi estreme della vita, gioventù e vecchiaia. Abbiamo tralasciato argomenti di pregnante attualità quali le malattie neoplastiche e l’obesità sarcopenica. L’attività fisica può inibire la crescita neoplastica e lo sviluppo di metastasi, migliorare la tolleranza dei pazienti al trattamento e ridurne gli effetti collaterali influenzando positivamente la qualità della vita (16). Nel corso della ultima pandemia abbiamo verificato che lo sviluppo della sarcopenia acuta, ovvero la perdita progressiva di massa muscolare, correlata a COVID19 può influenzare
negativamente il decorso della malattia (17). D’altra parte la sarcopenia cronica è associata ad alterazioni fisiologiche che portano a una maggiore suscettibilità alle infezioni, patogenicità e trasmissione di COVID19 (18). L’attività fisica può aumentare l’espressione di miochine muscolari e interferire positivamente con la morbilità e la mortalità relativa (19). Prevenzione, corretto sviluppo e invecchiamento sano sono i nuovi paradigmi della salute che dobbiamo perseguire. ll concetto di polipillola sta ricevendo una crescente attenzione per prevenire le malattie degenerative del nostro tempo, non solo cardiovascolari, legate alla sedentarietà e alla cattiva alimentazione. Tuttavia, benefici simili, se non complessivamente superiori, sono ottenibili con un regolare esercizio fisico. Rispetto ai farmaci, l’esercizio è a basso costo e relativamente privo di effetti avversi: una polipillola ideale per tutti (20,21).
Bibliografia
1. Attività fisica. https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/
2. Talha B. European Commission classifies obesity as a chronic disease. Lancet Diabetes Endocrinol. 2021 Jul;9(7):418.
3. 4° Italian Barometer Report 2022. https://ibdofoundation.com/
4. https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/epidemiologiaitalia
5. Fatati G. I nuovi dati dell’Osservatorio Nestlé: abitudini e stile di vita degli italiani.1° Meeting Nazionale The concept of obesity traslation. Roma 2425/11/2022
6. van der Ploeg HP, Bull FC. Invest in physical activity to protect and promote health: the 2020 WHO guidelines on physical activity and sedentary behaviour. International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity (2020) 17:145
7. NIEbP. Linea guida. Lotta alla sedentarietà e promozione dell’attività fisica. https://www.ars.toscana.it/files/pubblicazioni/Rapporti_relazioni_si ntesi/attivita_fisica/
TU péçêí=`áíó
8. Racine N, Brae McArthur BA, Cooke JE, Rachel Eirich R, Zhu J, Madigan S. Global Prevalence of Depressive and Anxiety Symptoms in Children and Adolescents During COVID19. JAMA Pediatr. 2021;175(11):11421150
9. Bailey A, Hetrick SE, Rosenbaum S, Purcell R, Parker AG.Treating depression with physical activity in adolescents and young adults: A systematic review and metaanalysis of randomised controlled trials. Psychological Medicine 2018; 48(7): 1068–1083.
10. Pascoe MC, Parker AG. Physical activity and exercise as a universal depression prevention in young people: A narrative review. Early Interv Psychiatry 2019 Aug;13(4):733739.
11. de Greeff JW, Bosker RJ, Oosterlaan J, Visscher C, Hartman E. Effects of physical activity on executive functions, attention and academic performance in preadolescent children: a metaanalysis. J Sci Med Sport. 2018 May;21(5):501507.
12. Dapp LC, Roebers CM. The Mediating Role of SelfConcept between SportsRelated Physical Activity and Mathematical Achievement in Fourth Graders. Int J Environ Res Public Health 2019 Jul 25;16(15):2658.
13. Eckstrom E, Neukam S, Kalin L, Wright J. Physical Activity and Healthy Aging. Clin Geriatr Med. 2020 Nov;36(4):671683.
14. AlNakkash L, Mason D, Ismail N, Bowman T, Ahlert J, Rubin M, Smith E, Rosander A, Broderick TL. Exercise Training Prevents the Loss of Wall Thickness and Lowers Expression of Alzheimer’s Related Proteins in 3xTg Mouse Jejunum. Int J Environ Res Public Health. 2022 Oct 29;19(21):14164.
15. Attività fisica Guadagnare salute. https://www.epicentro.iss.it/guadagnaresalute/attivita/
16. Wang Q, Wenli Zhou W. Roles and molecular mechanisms of physical exercise in cancer prevention and treatment. Review J Sport Health Sci. 2021 Mar;10(2):201210.
17. Piotrowicz K, Gąsowski J, Michel JP, Veronese N. Post�COVID�19 acute sarcopenia: physiopatho
logy and management. Aging Clin Exp Res. 2021 Oct;33(10):28872898.
18. Silverio R, Gonçalves DC, Andrade MF, Seelaender M. Coronavirus Disease 2019 (COVID19) and Nutritional Status: The Missing Link? Adv Nutr. 2021 Jun 1;12(3):682692.
19. Barbalho SM, Flato UAP,Tofano RJ, Goulart RA, Guiguer EL, Detregiachi CRP, Buchaim DV, Araújo AC, Buchaim RL, Reina FTR, Biteli P, Reina DOBR. Physical Exercise and Myokines: Relationships with Sarcopenia and Cardiovascular Complications. Int J Mol Sci. 2020 May 20;21(10):3607.
20. FiuzaLuces C, Garatachea N, Berger NA, Lucia A. Exercise is the real polypill. Physiology (Bethesda). 2013 Sep;28(5):33058.
21. GarcíaSuárez PC, Rentería I, Plaisance EP, MoncadaJiménez J, JiménezMaldonado A. The effects of interval training on peripheral brain derived neurotrophic factor (BDNF) in young adults: a systematic review and metaanalysis. Sci Rep. 2021 Apr 26;11(1):8937. doi: 10.1038/s4159802188496x.
TV péçêí=`áíó
UM péçêí=`áíó
L’importanza di attività ad esercizio fisico nelle patologie croniche più comuni
Silvano Zanuso* e Luca Ribichini^
*Adjunct Associate Professor, Edith Cowan University – Perth (Australia); Direttore del Dipartimento Scientifico di Technogym
^Dipartimento Scientifico Technogym – Cesena
Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito ad enormi cambiamenti per quanto riguarda il livello di movimento: con lo sviluppo tecnologico abbiamo gradualmente ma inesorabilmente diminuito il movimento necessario per muoverci, procurarci e prepararci il cibo, per avere relazioni con gli altri.
Se ripensiamo alle energie consumate per mettere la cena in tavola solo due generazioni fa, dalle nostre nonne e bisnonne che raccoglievano le verdure nell’orto e le pulivano, tagliavano e mescolavano per preparare il pasto, osserviamo che tutto ciò è ben lungi dal prendere una manciata di verdure surgelate dal freezer e passarle al microonde come facciamo oggi. Oggi abbiamo aspirapolveri automatici e tagliaerba e molto tempo libero sedentario a tenerci occupati per ore.
Un’altra fonte di impatto sulla spesa energetica quotidiana è il lavoro: qualche decennio fa il lavoro nei campi, la manifattura e l’industria, prevalevano in gran parte mentre oggi la maggior parte di noi passa le giornate al lavoro seduta. Come ha affermato il Prof. Jerry Morris, apripista nel campo dell’epidemiologia dell’attività fisica: “Noi occidentali siamo la prima generazione della storia umana in cui la gran parte della popolazione deve fare esercizio appositamente per mantenersi in salute”. Non ritorneremo alla vita di metà del 20esimo secolo e alla necessità di un dispendioenergetico giornaliero molto superiore che la caratterizzava, pertanto, come asserito dal Prof. Morris, dobbiamo adattarci: ale a dire che dobbiamo
aggiungere l’attività fisica alle nostre vite, perché la sedentarietà è uno dei problemi di salute pubblica di maggior rilievo.
Dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano come l’inattività sia responsabile di milioni di decessi all’anno. I dati la inseriscono al quarto posto nella lista delle principali cause di decesso, preceduta solo dall’alta pressione, dal tabagismo e dall’eccesso di glucosio nel sangue. La forte incidenza di malattie e decessi causati da abitudini sedentarie rappresenta forse il problema di salute pubblica di maggior rilievo in molti paesi.
La soluzione al problema è nella cooperazione tra medici e tutte le figure coinvolte nella salute pubblica al fine di spingere la popolazione a diventare maggiormente attiva.
Ma cosa bisogna fare per poter essere considerati ‘attivi’?
Negli ultimi vent’anni un numero considerevole di studi si sono occupati sia ‘attività fisica’ che di ‘esercizio fisico’, due espressioni utilizzate spesso in forma intercambiabile, ma che andrebbero invece tra loro distinte.
“Attività fisica”, infatti, si riferisce a qualsiasi tipo di movimento che determini un aumento della spesa energetica rispetto alla condizione di riposo; con “esercizio fisico”, invece, si identifica una sottocategoria dell’attività fisica che comprende tutte le attività che richiedono il movimento del corpo umano, eseguito però con finalità precise (riabilitazione, forma fisica, estetica, performance) e seguendo precisi criteri in UN péçêí=`áíó
termine di durata, intensità, frequenza. Camminare, salire le scale, passeggiare con il cane, spostarsi in bicicletta sono quindi tutte forme di attività fisica; praticare cardiofitness, sollevare pesi per prepararsi a uno sport, fare cinquanta vasche in piscina sono forme di esercizio fisico.
Che cos’è meglio fare, allora? È preferibile seguire un programma di attività fisica strutturata con degli obiettivi specifici o è sufficiente muoversi in maniera “aspecifica”?
Lo studio degli effetti che attività fisica ed esercizio fisico determinano sull’uomo è una materia relativamente nuova che risale alla seconda metà del secolo scorso, ma, sebbene sia necessario approfondire ancora alcuni aspetti, ciò che è ormai chiaro è che il movimento è strettamene correlato con lo stato di salute generale e con la riduzione del rischio di mortalità, soprattutto per le patologie legate all’apparato cardiovascolare.
Un documento molto importante pubblicato negli Stati Uniti nel 1996, il “Report of the Surgeon General”, ha sancito per la prima volta che “l’inattività fisica determina un peggioramento dello stato di salute generale” (1). Il report affermava anche che, nei soggetti sedentari, il passaggio da un livello d’inattività assoluta a una modesta attività fisica determina significativi miglioramenti dello stato di salute. Dunque l’attività fisica generale ha un suo valore nel migliorare lo stato di salute, ma solo nei soggetti sedentari e solo per un periodo di tempo limitato; per continuare a ottenere miglioramenti costanti sia del livello generale dello stato di salute sia di alcuni parametri specifici, è necessario agire su alcune variabili quali intensità, durata, tipologia di esercizio. È necessario, quindi, passare dall’attività fisica all’esercizio fisico strutturato, pianificato e controllato, perché, come evidenziato dal cosiddetto effetto “dose/risposta”, maggiore è la “dose” di attività fisica e/o esercizio fisico e maggiori sono i risultati che si possono ottenere.
Ciò non significa ovviamente che l’attività fisica
generale sia inutile. È sicuramente utile per i soggetti sedentari, per i quali il passaggio dall’immobilità a modesti livelli di attività fisica porta dei benefici nell’immediato. Invece nei soggetti già normalmente attivi, che camminano e fanno le scale, per esempio, per ottenere ulteriori benefici non è sufficiente aumentare l’attività fisica, cioè essere più in movimento, ma è necessario integrarla con attività specifiche come cardiofitness, pesi, ma anche con attività che è possibile svolgere all’aperto come sci di fondo, ciclismo o jogging. Insomma, tutte attività che possono portare all’aumento della variabile “intensità”. L’ideale, dunque, sarebbe essere normalmente attivi, spostandosi a piedi o in bicicletta, o preferendo le scale all’ascensore, integrando queste attività di base con due o tre sessioni settimanali di esercizio fisico strutturato, preferibilmente seguiti da personale esperto e qualificato.
L’esercizio fisico nelle principali patologie
Vediamo adesso quali sono le evidenze che emergono dalla letteratura relativamente al ruolo dell’esercizio fisico nel trattamento delle principali patologie croniche. Ci soffermiamo brevemente solo sul ‘trattamento’ e non sulla ‘prevenzione’ perché, per quanto riguarda quest’ultimo aspetto i dati in letteratura sono chiarissimi: i soggetti fisicamente attivi hanno un rischio inferiore di sviluppare una condizione patologica e le relative complicanze per tutte le principali malattie croniche. Essere attivi si configura quindi come un eccellente comportamento preventivo con ricadute estremamente positive sia sul piano individuale (riduzione del rischio di sviluppare una condizione patologica) che sul piano collettivo (riduzione dei costi sanitari). Passiamo quindi ad analizzare gli effetti dell’esercizio nel momento in cui una patologia sia presente; la letteratura accumulata nelle ultime tre decadi è vastissima e, per ragioni di sintesi non faremo citazioni bibliografiche di dettaglio ma ci rifacciamo ad un documento estremamene ben fatto e rigoroso, pubblicato dal Department of Health and Human Services
UO péçêí=`áíó
degli Stai Uniti nel 2018 (2) nel quale viene fatta una attenta revisione della bibliografia di riferimento e si danno le indicazioni generali che qui riportiamo in forma sintetica.
Diabete Mellito
Il diabete mellito è una malattia caratterizzata da iperglicemia causata da un difetto nella produzione di insulina, nella sua azione o da entrambe le condizioni. Questa malattia contribuisce ad un elevato tasso di morbilità e mortalità perché incrementa il rischio di malattie cardiovascolari, di insufficienza renale ed altre condizioni metaboliche croniche.
I benefici dell’esercizio nel diabete
Nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1 i miglioramenti indotti dall’esercizio fisico includono la riduzione dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e la riduzione dei livelli di emoglobina glicata. Negli individui affetti da diabete di tipo 2 e in quelli con alterata tolleranza al glucosio numerosi studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico strutturato e supervisionato sia di tipo aerobico che di forza produce effetti positivi sia nella sensibilità all’insulina che nell’omeostasi del glucosio.
Sindrome metabolica
La sindrome metabolica è un disordine caratterizzato da alterata tolleranza al glucosio, ipertensione e dislipidemia che insieme sono associati ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.
I benefici dell’esercizio nella sindrome metabolica
Gli individui affetti da sindrome metabolica fisicamente attivi mostrano un minor rischio di malattie cardiovascolari rispetto agli individui affetti da sindrome metabolica sedentari, questo suggerisce un effetto protettivo dell’attività fisica. I dati suggeriscono che l’esercizio migliore preveda la combinazione di attività di tipo aerobico e di forza.
Ipertensione
L’ipertensione è una condizione cronica molto comune ed è definita da una pressione sanguigna sistolica maggiore di 139 mmHg o una pressione sanguigna diastolica maggiore di 89 mmHg. La pressione sanguigna alta aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, in particolare malattie delle arterie coronarie, malattie ai reni ed ictus.
I benefici dell’esercizio nell’ipertensione
La forma di esercizio più indicata sembra essere l’attività aerobica, che riduce la velocità con cui la pressione sanguigna aumenta in risposta ad un lavoro fisico sia negli individui ipertesi che negli individui ad alto rischio di sviluppare ipertensione. Nei soggetti affetti da ipertensione di stadio 1 e 2 l’esercizio aerobico produce una riduzione media di circa 5 mmHg fino a quasi 10 mmHg della pressione sanguigna a riposo.
Dislipidemia
La dislipidemia è caratterizzata da alti livelli di lipidi nel sangue. In questa condizione l’elemento più preoccupante è l’alto livello di colesterolo. Elevati livelli di colesterolo totale, di colesterolo LDL, e di LDL piccole e dense sono associati ad un aumento del rischio di malattie delle arterie coronarie. Un aumento di lipoproteina (a) oltre ad aumentare il rischio di malattie delle arterie coronarie è anche associato ad un aumento del rischio di sviluppare trombi. Al contrario il colesterolo HDL riduce il rischio di malattie delle arterie coronarie.
I benefici dell’esercizio nella dislipidemia
L’esercizio aerobico produce la riduzione di circa dal 5% al 10% del colesterolo LDL ed a un incremento del colesterolo HDL negli individui affetti da iperlipidemia. Altri benefici dell’esercizio fisico nei lipidi del sangue sono la riduzione della concentrazione delle particelle di LDL piccole e dense; un incremento del numero di particelle di LDL di grandi dimensioni; generalmente un incremento della concentrazione di colesterolo HDL;
UP péçêí=`áíó
la riduzione della concentrazione dei trigliceridi e della lipemia postprandiale.
Scompenso cardiaco cronico
Lo scompenso cardiaco cronico è definito come l’inabilità del cuore di trasportare adeguatamente l’ossigeno al resto del corpo, è una sindrome clinica che colpisce tutti i sistemi di organi. La sindrome si manifesta quando la gittata cardiaca è ridotta a riposo o in particolare sotto sforzo ed è attribuibile alla disfunzione sistolica o diastolica del ventricolo sinistro o ad entrambe.
Benefici dell’esercizio fisico nello scompenso cardiaco
Numerosi studi hanno documentato la sicurezza e l’efficacia dell’allenamento di endurance negli individui con scompenso cardiaco, questi studi hanno attestato miglioramenti dopo l’allenamento di endurance grazie al verificarsi di adattamenti periferici: miglioramento del metabolismo dei muscoli scheletrici; miglioramento della funzione endoteliale; miglioramento della capacità di vasodilatazione e redistribuzione della gittata cardiaca. I miglioramenti che si ottengono con l’esercizio prescritto e supervisionato nei soggetti con scompenso cardiaco cronico riguardano la funzionalità fisica; la qualità della vita; la morbilità e la mortalità. Per quanto riguarda i soggetti affetti da ‘Acutely decompensated heart failure’ il beneficio dell’esercizio fisico non è stato provato e quindi non può essere raccomandato.
Cancro
Il cancro è un accumulo incontrollato di cellule per le quali il normale ciclo di vita della riproduzione cellulare e della senescenza è compromesso. Il cancro può colpire qualunque tessuto del corpo. I tipi di cancro sono spesso raggruppati in base al tipo di tessuto sul quale si presentano, i sintomi variano ampiamente a seconda della sede.
Evidenza del beneficio dell’esercizio fisico:
In letteratura scientifica sono presenti molti studi che dimostrano come l’esercizio fisico sia efficace nelle persone affette da cancro, sebbene la maggior parte di questi studi siano stati condotti con pazienti sopravvissuti al cancro al seno. I benefici che si ottengono con l’allenamento nei soggetti affetti da cancro durante e dopo il trattamento includono miglioramenti nella qualità della vita; nella fatica; nella forza; nel fitness cardiorespiatorio; nella flessibilità; nella funzionalità fisica; nell’ansia o depressione; nel linfedema; nella composizione corporea; nel sonno e nel livello di energia.
1. Physical activity and health : a report of the Sur‐geon General. International Medical Pub., At‐lanta, Ga., McLean, Va., 1996.
2. 2018 Physical Activity Guidelines Advisory Com‐mittee. 2018 Physical Activity Guidelines Advisory Committee Scientific Report. Washington, DC: U.S. Department of Health and Human Services, 2018.
UQ péçêí=`áíó
Sport sani stili di vita e connessione con la salute
Eleonora Selvi
Responsabile Relazioni Esterne Sumai Assoprof
L’importanza dello sport per la sua capacità di essere veicolo di diffusione di sani stili di vita, per il suo impatto in termini di miglioramento della salute collettiva, per la sua funzione educativa nei confronti delle giovani generazioni, grazie al bagaglio di valori di sana e leale competizione che porta con sé, è ormai largamente riconosciuta. Lo sport è un investimento sulla salute, sui giovani, sulla longevità attiva, e ha un ritorno importante per l’economia, anche in termini di riduzione dei costi per il servizio sanitario nazionale proprio grazie alla sua funzione di prevenzione e miglior controllo delle tante cronicità che riguardano una fascia crescente della popolazione italiana. Eppure basta mettere a confronto la Costituzione Italiana con quella di altri Paesi per notare l’assenza di ogni riferimento allo sport nella nostra Carta, laddove altre ne riconoscono esplicitamente il valore. Non stupisce più di tanto, per esempio, trovare attenzione alla disciplina sportiva nella Costituzione della Grecia, della cui cultura sport e agonismo rappresentano un elemento fondamentale: nell’antica Grecia le gare sportive non avevano una semplice funzione di competizione ludica, ma assumevano spesso la funzione di celebrazioni religiose, legandosi a processioni, sacrifici, in molti casi destinati a celebrare la morte di personaggi importanti (si pensi ai giochi funebri organizzati da Achille per i funerali di Patroclo narrati nell’Iliade, una delle più antiche testimonianze di competizioni sportive che ci sia pervenuta). Ebbene, oggi la Costituzione greca valorizza quelle radici evidenziando la funzione pubblica dello sport, e stabilendo,
all’articolo 16, che «gli sport sono posti sotto la protezione e l’alta sorveglianza dello Stato. Lo Stato si farà garante e controllerà tutti i tipi di associazioni sportive specificate dalla legge. L’utilizzo dei sussidi, in conformità con i propositi e gli scopi delle associazioni beneficiarie, dovrà essere disciplinato dalla legge». Qualcosa di analogo accade in Turchia, dove l’articolo 59 della Carta Costituzionale definisce <<dovere dello Stato assumere tutte le misure necessarie per lo sviluppo della salute fisica e morale dei cittadini di tutte le età ed incoraggiare la pratica degli sport tra la popolazione». E Svizzera, Spagna, Portogallo non sono da meno. Anche nelle Costituzioni Russa e Ungherese si trovano riferimenti al tema. Per colmare questa lacuna, il disegno di legge Costituzionale 135 di Modifica all’articolo 33 della Costituzione in materia di attività sportiva, di iniziativa delle senatrici Sbrollini, Versace e Paita, vuole inserire un riconoscimento espresso e diretto del diritto allo sport nel testo della Costituzione, riproducendo il testo già approvato da entrambe le Camere in prima deliberazione e dal Senato in seconda deliberazione nella scorsa legislatura. Lo sport in Italia ha bisogno di riconoscimento e valorizzazione, affinché diventi una pratica ancor più diffusa, visto che ci sono ancora ampi margini di miglioramento in tal senso. Secondo l’indagine Eurobarometro 2022 sullo sport e l’attività fisica condotta su un campione di 26.580 europei provenienti dai 27 Stati membri, infatti, l’Italia non eccelle nell’abitudine alla pratica sportiva: il 56% degli italiani dichiara di non fare mai esercizio fisico, mentre il 34% lo pratica
UR péçêí=`áíó
almeno una volta a settimana a fronte del 10% che lo pratica meno di una volta a settimana. Un miglioramento, certamente (ben 6 punti percentuali in più) rispetto all’Eurobarometro 2018 quando in Italia era del 62% la quota di cittadini che non si muoveva affatto (64% uomini, 79% donne), ma ancora poco rispetto a quanto sarebbe necessario e rispetto alla volontà degli stessi intervistati, che confessano di essere costretti spesso a rinunciare alla pratica sportiva per mancanza di tempo (anche se la mancanza di motivazione è un’altra ragione non trascurabile che sta alla base della sedentarietà). Una buona leva motivazionale potrebbe essere rappresentata da una maggiore consapevolezza della capacità dell’attività fisica di ridurre il rischio di morte prematura (del 30%), di malattia cardiovascolare e ictus, di diabete tipo II, di cancro al colon e al seno e di depressione. Ma accanto a questa conoscenza, la leva economica potrebbe svolgere una funzione altrettanto importante per convincere le persone ad abbandonare il divano o la sedia (dove il 75% degli italiani sostiene di trascorrere dalle 2,5 alle 8.5 ore al giorno). Per queste ragioni è fondamentale il riconoscimento della pratica sportiva come mezzo terapeutico e di prevenzione, riconoscimento che dovrebbe essere istituzionalizzato attraverso la possibilità di prescrizione medica. Di questo si è parlato nel recente evento dal titolo “Lo sport come medicina: un patto per la salute e il benessere dei cittadini”, organizzata su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di Vita nelle Città”, con il supporto scientifico e istituzionale di Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Health City Institute, Fondazione SportCity, Osservatorio Permanente sullo Sport e con il patrocinio dell’ANCI, e svoltosi presso il Senato della Repubblica. La senatrice Sbrollini ha illustrato i contenuti del disegno di legge da lei presentato, l’Atto Senato n. 135 della XIX Legislatura del 13 Ottobre 2022 su “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”, che va proprio nella direzione di dare
la possibilità a pediatri, ai medici di medicina generale, agli specialisti, di inserire lo sport in ricetta medica, così che le famiglie possano usufruire delle detrazioni fiscali, puntando proprio su quella motivazione economica che, soprattutto in una fase di crisi come quella attuale, potrebbe spingere molte famiglie ad avvicinarsi allo sport, attratte dalla possibilità di recuperare la spesa attraverso il 730.
«Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età, per questo, già durante la diciottesima legislatura, erano state fatte proposte nel riconoscere il valore formativo, sociale, di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva», ha dichiarato la senatrice Sbrollini. «Di pari passo è fondamentale che le città e il governo promuovano un’urbanizzazione focalizzata sulla cura e sulla salute dei cittadini.
Si deve sportivizzare le città così da garantire a tutti la possibilità di svolgere moto e attività fisica. Spesso sono proprio le barriere architettoniche come l’assenza di parchi o la cattiva illuminazione a rendere difficile una passeggiata o una corsa. Si deve agire insieme per far sì che le città siano strutturate a misura di sport». Più attenzione alla dimensione urbana, dunque, sempre più importante per invogliare le persone a camminare, a correre, a vivere “sportivamente” e in modo salutare la città. Una vocazione che a quanto pare gli italiani hanno riscoperto proprio nel periodo del Covid, a seguito delle chiusure delle palestre e dei centri sportivi, della necessità di mantenere il distanziamento sociale praticando sempre più lo sport da soli, all’aperto. Una tendenza che ha riguardato anche altri Paesi europei: secondo Eurobarometro, in seguito alla pandemia sia in Europa che in Italia si preferisce praticare sport nei parchi e all’aria aperta. Dunque la città come una grande palestra a cielo aperto, spazi riscoperti nella lentezza, grazie a un rapporto diverso con il lavoro e con la mobilità.
Insomma, nella catastrofe, qualcosa di positivo, come evidenzia anche Fabio Pagliara, Presidente Fondazione SportCity.«Tutti gli spazi urbani che lo consentivano sono stati infatti sfruttati per svolgere attività fisica individuale nel rispetto US
péçêí=`áíó
delle regole e del distanziamento, e questo allo stesso tempo ha portato molte persone a riscoprire la bellezza di potersi allenare all’aria aperta, tanto che oltre il 70 per cento ha dichiarato che avrebbe continuato ad allenarsi così anche postpandemia. È nostro compito studiare e sviluppare città che operino nel rispetto e nella promozione dello sport, perché lo sport produce salute».
Quando le città non rispondono efficacemente a questo bisogno della popolazione, la loro organizzazione diventa al contrario un ostacolo. «Purtroppo, sempre secondo l’OMS, a disincentivare, soprattutto tra i giovani, l’attività fisica, è proprio la città, la sua organizzazione e la sua struttura. I fattori principali sembrano essere la criminalità, il traffico, la bassa qualità dell’aria e l’inquinamento e la mancanza di strutture adatte. È necessario mettere in atto politiche e azioni per offrire a tutti la possibilità di praticare sport, ad esempio con spazi e strutture accessibili a tutti, favorendo la possibilità di passeggiare in città o la possibilità di andare in bicicletta in modo sicuro», spiega Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio Permanente sullo Sport, Capo Segreteria tecnica Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città e segretario generale Health City Institute e C14+. «Oggi è nostro compito guidare a un cambiamento traducendo progetti e idee in attività e servizi per la popolazione, e, in questo periodo postpandemia, le nuove forme di sport outdoor possono costituire un mezzo prioritario con cui farlo diventare protagonista della vita di tutti – aggiunge Mario Occhiuto, Senatore, Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città – Identificare lo sport come medicina preventiva da sfruttare, su cui fare affidamento e su cui modificare le proprie città vuol dire investire nella popolazione e nella salute di tutti».
E i comuni in tutto questo? Sono perfettamente consapevoli del loro ruolo, a fianco dei governi nazionali: «sportivizzare le città è un valore aggiunto alla sostenibilità, può essere un punto di svolta e cambiamento per costruire una società più coesa e collaborativa. I comuni e i governi de
vono essere al centro di questo cambiamento poiché ora abbiamo la possibilità di rilanciare lo sport ed è nostro compito intervenire in maniera concreta e immediata per trasformare e mobilitare le città», ha dichiarato Roberto Pella, Deputato, Presidente Commissione Speciale della Camera dei Deputati, Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città e Vicepresidente Vicario di ANCI.
L’attività fisica, insomma, è un valore indiscusso, ma a molti appare ancora come un “lusso” che si fa fatica a concedersi per via di ostacoli che, come abbiamo visto, sono di natura personale (mancanza di motivazione e scarsa sensibilizzazione sui benefici, ragioni economiche), ma anche oggettiva (città poco adatte alla pratica sportiva), e talora di natura anagrafica e di genere. Passando dall’adolescenza all’età adulta, infatti, cala la percentuale di coloro che riescono a mantenere uno stile di vita sano e attivo, e alla variante dell’età si aggiunge quella di genere: le donne, già gravate da una maggiore difficoltà di conciliare vita familiare e lavorativa, sono quelle che sempre più spesso sacrificano l’attività fisica alle diverse esigenze pratiche delle loro vite. Lo spiega il Censis attraverso Ketty Vaccaro, Direttore Area Welfare e Salute della Fondazione CENSIS, secondo cui «dall’adolescenza in poi la percentuale di popolazione che svolge attività fisica diminuisce in modo drastico. Secondo gli ultimi dati del 2021, nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni il 46 per cento pratica sport in modo continuativo, tra i 1517enni diminuisce al 42 per cento, con valori più alti tra i maschi (47% dei maschi contro il 37% delle donne), percentuale che scende ulteriormente dai 18 ai 59 anni, in cui il 31 per cento degli uomini pratica sport, mentre tra le donne la quota si ferma al 23 per cento.» Non stupisce, visto che in Italia il divario di genere nelle ore dedicate ai lavori domestici è tra i più alti d’Europa (2 ore e 47 minuti di impegno domestico in più nella pulizia della cara e nella cura dei figli). Insomma, tra il lavoro, le ore passate sui mezzi pubblici e la preparazione dei pasti, non è semplice trovare il tempo per una corsa o di una sessione di pilates. Ecco che è necessario allora
UT péçêí=`áíó
mettere in campo << programmi di diffusione e sensibilizzazione in tutte le fasce di età, facendo emergere i fattori di rischio legati alla sedentarietà», ma anche per far comprendere come lo sport sia la ricetta ideale per invecchiare in salute, specialmente di fronte a un trend demografico che ci vede tutti potenzialmente “longevi”, e tenuti proprio per questo a coltivare per tutto l’arco della vita delle abitudini che ci consentano di vivere quegli anni in più che i progressi medici ci vanno via via regalando, in condizioni sane; dove l’obiettivo sia raggiungere quello che oramai viene definito un “invecchiamento di successo”, in cui sia ridotto il peso delle cronicità, e si riesca a mantenere l’autonomia sempre più a lungo.
UU péçêí=`áíó
UV péçêí=`áíó
VM péçêí=`áíó
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE SPORTIVA
VN péçêí=`áíó
Prevenzione e cammino
Maurizio Damilano Presidente TO.WALK IN THE CITY LAB
Dopo anni in cui il tema inerente l’inserimento nei LEA della prescrizione di esercizio fisico ha trovato sempre maggiore centralità nel dibattito degli addetti ai lavori in relazione al sistema salute nel nostro Paese, la discussione della proposta del disegno di legge della senatrice Sbrollini mi stimola ad alcune riflessioni che derivano anche da esperienze che in questi anni mi hanno visto coinvolto.
Parto da un concetto che nel tempo si è sempre più imposto, ossia come l’esercizio fisico abbia caratteristiche ben precise e che si differenziano dalla semplice attività fisica che include anche semplici attività della vita quotidiana.
Questa premessa è importante anche per comprendere come l’esercizio fisico, seppure in forma e dimensione diversa, abbia una correlazione stretta con il concetto di sport, ossia di un’attività già organizzata seppure non finalizzata all’agonismo.
Da sportivo, che negli anni si è dedicato molto al tema del cammino, esercizio alla base anche della disciplina sportiva che ho praticato agonisticamente, e al suo utilizzo quale strumento di prevenzione ed affiancamento alle cure per tutte quelle patologie cosiddette “attività sensibili”, ritengo che un buon esercizio fisico come camminare a passo svelto possa essere veramente proposto a fette molto importanti di popolazione, mantenendo quel suo ruolo di semplicità di pratica indispensabile per poter accogliere tutti coloro che, in tutte le fasce di età, necessitano di muoversi maggiormente.
In un libro scritto negli ultimi anni, e in cui la parte sanitaria e trattata dal dott. Giuseppe Parodi, responsabile della medicina sportiva pubblica a Torino, e di cui io ho curato la parte sul cammino a passo veloce o, se vogliamo, del concetto del “camminare bene per stare bene, i temi contenuti in questo disegno di legge si evidenziano tutti.
Come ho detto, da ormai oltre 15 anni ho avuto l’opportunità, anche per via del progetto che con mio fratello Giorgio abbiamo lanciato in Italia, il fitwalking, di essere coinvolto sul tema dell’efficacia del cammino come esercizio fisico praticabile da tutti, ed utilizzabile per progetti di salute e sanità.
I numeri che le ricerche ci indicano sono particolarmente significativi. Sarebbe sufficiente pensare che la mancanza di esercizio fisico è una delle principali cause di mortalità al mondo e, inoltre, come questo dato sia percentualmente ancor più alto nei paesi industrializzati per capire come il camminare rappresenti la proposta/strumento più suggeribile per gran parte della popolazione.
Spesso si dice “italiani attaccati al divano”. Una espressione giornalistica per sintetizzare quanto il problema della sedentarietà in Italia sia cocente. Non ho mai amato – al di là dei dati oggettivi – questa sintesi. La colpa, a mio avviso, non è unicamente dei cittadini.
Purtroppo lo sport prima e lo stimolo a muoversi poi sono elementi che, al di là delle parole usate
péçêí=`áíó
VP
in convegni, dibattiti e articoli, ricevono scarsa attenzione dal lato pratico. Forse oggi, se questo disegno di legge giungerà all’obiettivo, potremo iniziare a parlare di fatti e non parole.
I giovani hanno necessità di sport per poter divenire degli adulti attivi. Gente che certamente nell’arco della vita camminerà perché culturalmente aiutato ad andare in questa direzione. Eppure lo sport è ancora marginale anche nella scuola. Le due ore di educazione fisica a settimana sono tra le più basse in Europa. Inoltre lo sport entra nella scuola solamente a partire dagli 11 anni in poi. Quando dico sport non intendo l’avviamento specialistico ad attività agonistiche, ma l’apprendimento dei gesti motori fondamentali che preparano il fisico e la mente ad un corretto equilibrio psicofisico. Poi naturalmente ci sta anche la conoscenza delle discipline sportive. Io, come altri campioni azzurri, sono un “figlio” dei Giochi della Gioventù, che mi hanno permesso di incontrare l’atletica leggera e la marcia in particolare.
Il tema però più rilevante, per numeri ed impatto sull’ambito sociale, è quello che riguarda gli adulti. Milioni di persone che non fanno alcun tipo di esercizio fisico. Le statistiche li contano in circa 24 milioni. Un numero impressionante che ci indica come sia necessario lavorare per un cambio di rotta.
La proposta della senatrice Sbrollini tocca quindi un nervo particolarmente scoperto nel nostro paese. Come sottolineato nella proposta di legge della senatrice si vuole guardare alla salute in termini generali, partendo dalla prevenzione per arrivare alla cura.
Qui si evidenzia un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: la città.
Forse qualcuno si domanderà cosa c’entra la città? Eppure sono convinto che è proprio da una nuova visione di città che si deve partire per affrontare il problema. Una città capace di dare risposte urbanistiche a questi temi. Una città sempre più vivibile a piedi significa attenzione
alla salute dei cittadini e una scelta di salute pubblica.
In questo contesto la proposta dell’utilizzo del cammino quale strumento di salute, ma anche di abitudine di vita – io spesso dico che usare il cammino a passo svelto e organizzato come elemento di esercizio fisico è una chiave di accesso per avere una popolazione più attiva nella quotidianità del loro vivere –, è la cosa più diretta e semplice da realizzare.
Credo che ognuno di noi facendo mente locale sulle città in cui vive capirebbe subito quante opportunità di offerte di percorsi per camminare siano possibili al loro interno. In attesa di città che migliorino le attrezzature sportive, quelle aggregative, i luoghi per far muovere le persone, o addirittura progetti per città con servizi essenziali a “portata di piede”, ossia raggiungibili camminando, sfruttare i percorsi urbani per promuovere movimento camminando è già lì sotto i nostri occhi.
Alcuni anni fa ho realizzato un progetto denominato “città per camminare e della salute”. Era nata anche un’applicazione apposita che aiutava i cittadini ad individuare percorsi per camminare in città. Questa App suggeriva percorsi, che io stesso descrivevo per il miglior utilizzo, e ne raccontava anche gli aspetti storici, architettonici e ambientali che si possono incontrare. L’idea era, e a mio parere rimane, vincente. Stimolare le persone a utilizzare la città per fare esercizio imparando anche a conoscerla meglio funziona. Spesso ciò significa riqualificare anche zone e aree della città in parte escluse dal ritmo quotidiano.
Il progetto “città per camminare e della salute” è giunto a coinvolgere oltre 200 città in Italia, a segnalare circa 600 percorsi urbani da compiere a piedi per un totale di oltre 2.600 Km di strade pedonabili.
Tutto ciò pensando semplicemente a come far camminare la gente.
VQ péçêí=`áíó
Poter mettere a disposizione del mondo della salute e della sanità una palestra a portata di mano di tutti i cittadini soprattutto in un paese dove palestre ce ne sono poche e non sempre di facile fruibilità per tutti pensando a farli camminare, magari nel modo più corretto possibile, sarebbe uno strumento essenziale, a partire dai medici di base che potrebbero veramente prescrivere esercizio alle persone indicandoglielo sotto casa.
Questo non è stato il solo progetto o ambito legato alla salute che ho realizzato. In questi anni ho collaborato con tante realtà della salute e della sanità. Ho trovato sensibilità forti e vive, ma anche tante difficoltà a poter veramente aiutare le persone a fare la cosa più semplice che possono fare per rimanere in salute: muoversi.
In tutti questi progetti si è evidenziato come il camminare, facendolo con attenzione agli aspetti biomeccanici, alla qualità dell’esercizio eseguito e alla continuità di pratica, offra realmente benefici molto importanti. Non solo perché migliora la qualità fitness nel livello salutistico, ma in quanto incide in ambito preventivo e di affiancamento alle cure in molte patologie croniche non trasmissibili. Quelle che oggi maggiormente preoccupano e colpiscono numeri sempre più rilevanti di persone.
Cosa si potrebbe fare? Ho scritto prima che la città è un nodo determinante per venire incontro a queste problematiche. Ma serve anche far crescere la cultura dell’attenzione delle persone alla propria salute. Far capire che siamo noi per primi ad incidere sul livello di salute, e di conseguenza di qualità di vita, che possiamo avere. A volte non pensiamo come un piccolo pezzetto di giornata dedicato al muoversi, al camminare in modo dinamico può cambiarci la vita dal punto di vista della salute. Non pensiamo, almeno finché non proviamo, come l’abitudine di una bella camminata quotidiana ci offre non solo salute ma serenità.
Proprio poco tempo fa una signora con diabete che partecipava ad un progetto incentrato sul far camminare con regolarità pazienti diabetici (in
gran parte di tipo II), aiutandoli anche dal punto di vista organizzativo, mi diceva: “non pensavo che tutto ciò potesse stravolgere la mia vita al tal punto da non poterne più fare a meno. Ho sempre sentito dire che fare sport è una sorta di stimolante che ad un certo punto ti rende dipendente dalla sua pratica, ma oggi posso dire che è qualcosa di più. Eppure non ho fatto molto altro che camminare. Ho imparato via via a camminare meglio e farlo con più ritmo. Ho però visto migliorare i miei parametri in modo molto soddisfacente per la malattia. Ho iniziato a perdere qualche chilo di peso. Ho percepito in modo sempre più evidente il sentirmi meglio, più in forma, più tonica, più dinamica. Ho allacciato amicizie che si sono trasformate anche in condivisione di questa passione. Insomma oggi dovessi consigliare a qualcuno cosa fare per sentirsi meglio gli dire: vieni a camminare”.
Camminare. Il movimento fondamentale dell’uomo. L’attività di maggior libertà che si possa offrire alle persone. Perché camminando si può andare ovunque, raggiungere ogni luogo (spesso anche dove i mezzi su ruote o a motori non riescono ad arrivare), semplicemente utilizzando le proprie gambe. Camminare come strumento di cultura e conoscenza. Camminare per migliorare l’ambiente. Camminare per ribadire la sostenibilità. Camminare per sentirsi bene.
Camminare bene, correttamente è importante affinché l’esercizio sia maggiormente efficace e senza traumi, ma anche poter usufruire di luoghi e progetti che ne aiutino e stimolino la pratica è determinante.
Un piede davanti all’altro ben messo, sfruttando l’energia delle gambe, sentendo il ritmo del respiro e la cadenza del movimento di piedi e braccia sono cose che appartengono a tutti. Possono appartenere a tutti per sempre. Ecco perché vorrei pensare che quanto ho scritto possa essere utile anche a rafforzare la discussione e l’iter della proposta di legge della senatrice Sbrollini.
Buon cammino e buona salute!
VR péçêí=`áíó
Promuovere la cultura dell’attività fisica nel SSN
Luigi Angelini
Secretary General Institutional Relations and Communication ‐ FIT.COMM
Non è passato molto tempo da quando accostare l’esercizio fisico a un farmaco, o proporne addirittura la prescrizione e la somministrazione, significava provocare reazioni oscillanti tra l’ironico e lo sdegnato. Oggi il “tabù” è per lo più superato, sia per le evidenze economiche del Sistema Sanitario Nazionale che per il progresso culturale maturato in gran parte degli attori coinvolti. Le evidenze economiche prima di tutto: se l’Istituto Superiore di Sanità ci dice che la sedentarietà da sola pesa sui conti della Salute pubblica per oltre 2 Miliardi e 300 Milioni di Euro ogni anno, l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (Università Cattolica del Sacro Cuore e FIMMG) evidenzia che questa somma tocca la cifra monstre di 67 Miliardi di Euro all’anno quando si uniscono cattiva alimentazione, fumo, abuso di alcool e cattivi stili di vita in generale.
Una montagna di denaro che serve a coprire i costi di visite mediche, accertamenti, ospedalizzazioni, cure, accessi ai pronto soccorso e medicinali. Tutte voci, prosegue la stessa fonte, che potrebbero conoscere risparmi fino a 11,4 Miliardi di Euro all’anno se si realizzasse un serio programma di educazione ai sani stili di vita a favore della popolazione nazionale. Non meno importante il cambio di paradigma culturale registrato in questi anni, che ha portato una parte più “avanzata” dei professionisti della salute a stringere rapporti di collaborazione sempre più stretti con il mondo dello sport e dell’esercizio fisico. L’approdo in Italia di una campagna di portata mondiale come “Exercise is
Medicine” e la nascita di una realtà istituzionale come Sport e Salute sono segni tangibili di questa evoluzione culturale.
Va anche detto, a onore del vero, che anche le Istituzioni hanno fatto significativi passi in avanti. Sintetizziamo i passaggi “chiave”: nel 2007 il programma “Guadagnare Salute – Rendere facili le scelte salutari” pone le basi per azioni forti di contrasto agli stili di vita non salutari, compresa l’inattività fisica. Qualche anni dopo, è il 2009, il Ministero della Salute finanzia quattro Regioni italiane perché realizzino dei progettipilota per l’inserimento concreto di percorsi di “esercizioterapia” all’interno dei propri sistemi sanitari regionali. L’esperimento ha conosciuto alterne fortune ma a cominciare dall’anno 2014 alcune Amministrazioni regionali hanno cominciato a rendere strutturali questi percorsi, mentre le altre si sono allineate nel tempo (alcune lo stanno facendo ora) seppure in rigoroso ordine sparso. Ad oggi si contano sulle dita di una mano le Regioni ancora sprovviste di almeno una Legge quadro sul tema. Nonostante ciò, questa opportunità è ancora distante dall’essere sfruttata appieno e dal produrre quindi tutti gli effetti positivi che sono nel suo potenziale.
Cosa fare, dunque, per tradurre in realtà tangibile la straordinaria mole di evidenze scientifiche sui benefici individuali e collettivi della prescrizione e della somministrazione dell’esercizio fisico? La partita è evidentemente complessa e, come tale, richiede un approccio a più livelli.
VT péçêí=`áíó
Il primo è quello della Cultura. È imprescindibile educare alla teoria e alla pratica dell’esercizioterapia tanto la classe medica quanto i professionisti dell’esercizio fisico. I primi, perché sono saldamente riconosciuti dagli italiani come gli “influencer” della salute: le parole del medico di famiglia, dello specialista o anche del farmacista rivestono ancora un ruolo chiave nell’orientare le scelte delle persone in termini sia di prevenzione che di cura delle patologie.
I secondi, gli specialisti dell’esercizio, perché devono adottare un nuovo approccio alla loro professione, meno incentrato sulla performance sportiva in senso stretto e più legato al benessere generale della persona. Serve un significativo sforzo delle Università nel contemplare all’interno dei Piani di studio questi temi al fine di avere presto una generazione di professionisti della Salute che hanno il tema dell’esercizioterapia come parte integrante della loro Cultura generale.
Un secondo livello di intervento non può che essere istituzionale e deve riguardare l’armonizzazione delle regole di prescrizione e di somministrazione. Dal punto di vista scientifico i protocolli di esercizioterapia sono ormai ampiamente disponibili e condivisi mentre ciò che si rende necessario con urgenza è la definizione a livello nazionale dei percorsi che i pazienti devono compiere per arrivare a fruire del farmaco esercizio fisico: è insomma una questione di processo da mettere in atto per garantire che le Regioni, pur nella loro autonomia, non continuino ad andare ognuno per i fatti propri.
Da ultimo, ma certamente non meno importante, serve un intervento fiscale che permetta ai cittadini italiani di ogni età di detrarre dalla Dichiarazione dei Redditi, al pari dei farmaci, le spese sostenute per svolgere attività fisica quando accompagnata da prescrizione medica.
Penso soprattutto ai costi sostenuti per gli abbonamenti a palestre e piscine e per i compensi riconosciuti ai professionisti dell’esercizio che seguono i pazienti.
Su questo punto non si può non segnalare l’iniziativa fondamentale dell’Intergruppo Parlamen
tare Qualità della Vita nelle Città, che ha preparato una Proposta di Legge che va proprio in questa direzione e che mira a realizzare quell’ecosistema culturale, sociale ed economico necessario a “spingere” le persone verso metodi di prevenzione e di cura innovativi. Questa è la strada per raggiungere la sostenibilità nel lungo periodo di un Sistema Sanitario Nazionale che, già per sua natura fortemente sbilanciato sulla cura, è ancora sotto pesante stress dopo quasi due anni di pandemia.
VU
péçêí=`áíó
VV péçêí=`áíó
NMM péçêí=`áíó
CONTRIBUTI DI PARTECIPAZIONE CIVICA
NMN péçêí=`áíó
NMO péçêí=`áíó
Sport come prevenzione
Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge
Eva Massari
Fondazione
The Bridge
Il disegno di legge, l’Atto Senato n. 135 della XIX Legislatura del 13 ottobre 2022, che lo scorso 16 novembre la Senatrice Daniela Sbrollini ha presentato sulle Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, unitamente ai compiti del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta e alle funzioni dei centri territoriali, consente una riflessione ad ampio spettro.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità “I bambini sotto i cinque anni devono trascorrere meno tempo seduti a guardare gli schermi, devono dormire meglio e avere più tempo per giocare se vogliono crescere sani”. Questo l’assunto contenuto nelle linee guida sull’attività fisica per i bambini sotto i 5 anni, il cui mancato rispetto è responsabile di oltre 5 milioni di morti a livello globale ogni anno in tutte le fasce d’età. Tra le raccomandazioni vi è il divieto assoluto di restare fermi davanti a uno schermo per i bambini da zero a due anni, mentre dai due ai quattro anni i bimbi non dovrebbero essere mai lasciati per più di un’ora a guardare passivamente lo schermo televisivo o di altro genere, come cellulari e tablet. Per i piccoli fino a un anno di età, invece si deve prevedere attività fisica diverse volte al giorno, compresa mezz’ora in posizione prona, mentre fino ai due anni occorrono almeno tre ore di attività fisica giornaliera per poi arrivare, dai due ai quattro anni di età a condurre almeno tre ore di
attività fisica giornaliera, di cui almeno una di forte intensità.
Il punto di partenza dunque è ben noto, e riguarda l’importanza dell’attività fisica come strumento di prevenzione soprattutto per le patologie cronico degenerative, in particolare per quelle cardiovascolari e loro correlate; il ddl impone che questo assunto finora perlopiù teorizzato venga finalmente applicato secondo criteri ben precisi, e tenendo conto di altrettanto precise evidenze.
In questa sede si intende focalizzare il tema sui ragazzi in età scolastica, in particolare su coloro i quali frequentano la scuola primaria e secondaria di primo grado, partendo dal presupposto che patologie correlate alla sedentarietà, a differenza di quanto si possa pensare, non riguardano solo gli adulti e anzi, sono disturbi che colpiscono anche i più piccoli.
A questo proposito la SISMED, Società Italiana Scienze Mediche, in un aggiornamento dell’estate 2022 rende noto che a livello globale si stima che un bambino su dieci sia in sovrappeso, e ricorda come l’obesità possa portare dislipidemia (colesterolo alto), ipertensione (pressione alta), diabete di tipo 2 e sindrome metabolica, tutti precursori delle malattie cardiovascolari. Fatte salve le condizioni congenite, che hanno alla base dei determinanti precisi, occorre sottolineare che, ad esempio, i bambini possono iniziare a sviluppare placche (aterosclerosi) nelle arterie persino a partire dall’età dell’infanzia, pro
1Guidelines on physical activity, sedentary behaviour and sleep for children under 5 years of age https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/311664/9789241550536eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y
NMP péçêí=`áíó
blema aggravato dall’aumento dell’obesità infantile e della sedentarietà.
Ma cosa significa essere obesi? L’Organizzazione Mondiale della Sanità è chiarissima in merito, e definisce sovrappeso e obesità come un accumulo anormale o eccessivo di grasso che presenta un rischio per la salute, rischio che oggi ha raggiunto proporzioni epidemiche con oltre 4 milioni di persone che muoiono ogni annoper questo. C’è un dato che impressiona, ovvero che dal 1975 al 2016, la prevalenza di bambini e adolescenti in sovrappeso o obesi di età compresa tra 5 e 19 anni è più che quadruplicata, passando dal 4% al 18% a livello globale.
Sono dati che richiedono una riflessione e soprattutto delle azioni poiché molte delle cause del sovrappeso e dell’obesità sono non solo prevenibili ma anche reversibili. Oggi però nessun Paese sembra aver invertito questa tendenza, e le diete in generale sono cambiate in peggio, ovvero con l’aumento di alimenti ricchi di grassi e zuccheri liberi che, oltre a essere gustosi, hanno un valore economico minore di altri alimenti sul mercato, e sono quindi merce facilmente acquistabile da ogni fascia di reddito. Se a ciò si aggiunge la sedentarietà che sembra permeare in ogni fascia d’età, va da sé che lo squilibrio tra le calorie assunte e quelle consumate vada a beneficio delle prime, con le conseguenze succitate. Rispetto a questo punto è interessante anche tenere in considerazione come nel tempo siano mutate le abitudini dei più giovani in seguito ai fenomeni di urbanizzazione che sia da un punto di vista di spazi disponibili, sia da un surplus di servizi che rendono i trasporti sempre più accessibili e comodi, hanno contribuito a modificare le abitudini anche dei più giovani.
“Siamo all’analfabetismo sportivo, che vuol dire che i bambini hanno perso confidenza, competenza e motivazioni nel fare attività fisica con interesse ed entusiasmo, i ragazzi moderni non hanno più l’argento vivo addosso”, recita in un report pubblicato nel 2020 sul Journal of the american college of sports medicine, e questa forma
di analfabetismo si traduce nella mancanza di fiducia, competenza e motivazione per impegnarsi in attività fisiche significative con interesse ed entusiasmo che restano nel corso della vita e che permettono una crescita sana dal punto sia fisico che mentale, secondo l’ottica olistica promossa dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità.
Bene, dunque, la promozione di interventi destinati alla popolazione e finalizzati a promuovere l’attività motoria e sportiva in ogni fascia di età sia come prevenzione primaria, che è la forma classica e principale di prevenzione e comprende tutti gli interventi destinati a ostacolare l’insorgenza delle malattie, combattendo le cause e i fattori predisponenti e che mira a cambiare abitudini e comportamenti scorretti, sia come prevenzione secondaria e terziaria, che si verifica nelle diverse fasi nelle quali la patologia è già presente. E benissimo che questi interventi nei pazienti a rischio rientrino nei LEA (Livelli Essenziali Assistenza) come programmi di sorveglianza.
Riguardo ai ragazzi, come e da chi deve essere fatta la prescrizione dell’attività motoria e sportiva?
Per i ragazzi, il ddl è chiaro, il riferimento è il pediatra di libera scelta [d’ora in poi PLS, nda], che può intercettare per primo la necessità tra i più giovani.
Ma se il PLS agisce come singolo, e non in sinergia con altre figure e altre reti, il lavoro potrebbe essere più lungo e forse meno efficace. E ancora: il luogo dove i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo è la scuola, e perché dunque non ragionare su come potrebbe essere possibile sfruttare questo ambito per potenziare i progetti di salute?
Un lavoro multistakeholder condotto a partire dal 2020 da Fondazione The Bridge, volto a individuare quello che potrebbe essere il ruolo della medicina scolastica nel suo ruolo di attività di prevenzione delle malattie e di promozione della salute destinate agli allievi della scuola dell’obbligo, e a quale sia, in quest’ottica, il ruolo del PLS, ben si inserisce in questo contesto.
NMQ péçêí=`áíó
La pandemia, anche in questo caso, ha avuto e continua ad avere una funzione di acceleratore: l’esperienza pandemica infatti ha contributo a rendere più concreto e chiaro a tutti il concetto di salute sia come bene individuale quanto di bene comune e collettivo, assunto come oggetto di politiche multidimensionali e trasversali in setting diversi, attraverso, ad esempio, azioni di prevenzione e promozione della vita sana di comunità, di rafforzamento delle relazioni e della solidarietà sociali, di attenzione alla salubrità degli spazi pubblici e ripensamento della progettualità urbanistica e tale approccio, rispondente all’idea dell’Health in All Policies, si inserisce nel contesto delle riforme e dei progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) volti a ridisegnare, in parte, il nostro sistema sanitario anche in tema di rivalutazione di ruoli e priorità nell’ambito della salute, è lo stesso approccio che si ritrova nel ddl in esame.
Entrando ora nello specifico del confronto multistakeholder sviluppato intorno alla medina scolastica si evince come questa potrebbe oggi assumere diverse sfumature e funzioni per rispondere alle evidenti carenze del sistema sanitario e sociosanitario emerse con chiarezza nell’ultimo biennio e a porsi, nel futuro, come setting privilegiato dove fare informazione e cultura della salute nell’ottica sopra esposta.
La funzione che la medicina scolastica potrebbe svolgere è dunque quella legata alla prevenzione e promozione dei corretti stili di vita in età infantile, e in modo specifico nelle fasi adolescenziali, funzione oggi non coperta in maniera continuativa né dal pediatra di libera scelta che ha in carico i minori solo fino ai 14 anni (o 16 in caso di cronicità o disabilità), né dal medico di medicina generale né dai servizi della rete sociosanitaria territoriale, tradizionalmente strutturata a canne d’organo per competenza specifica (consultori per relazioni e sessualità; SerD per dipendenze; neuropsichiatria Infantile sul versante del disagio mentale /o dei disturbi di apprendimento ecc.).
La medicina scolastica potrebbe inoltre contribuire proprio alla realizzazione di iniziative di pro
mozione della corretta alimentazione a livello individuale, che, se realizzata in un contesto caratterizzato per mission inclusiva ed educativa, avrebbe la potenzialità di produrre un impatto rilevante anche sulle famiglie e la comunità di riferimento.
Perché questo accada bisogna però necessariamente rifarsi anche al concetto di alfabetizzazione sanitaria, intesa come l’insieme delle strategie che consentono ai giovani di costruirsi una cultura sanitaria autonoma e consapevole e di assumersi – in questo caso nella prospettiva della promozione della salute responsabilità propositive riguardo la propria salute e di quella della collettività. Queste piste di lavoro potrebbero configurarsi sia come strumento per l’assimilazione di competenze e conoscenze in materia di salute sia come elemento di un più ampio progetto di educazione alla cittadinanza, come previsto dalle Linee Guida per l’insegnamento dell’educazione civica, che tra le altre cose tocca il tema del rispetto dei diritti fondamentali delle persone, primi fra tutti la salute e il benessere psicofisico.
E per quanto riguarda il ruolo specifico del PLS?
Il pediatra lavora in collaborazione con le diverse figure sul territorio attente, in ragione al loro ruolo formale (operatori dei servizi aggregativi culturali e sociali, esponenti del mondo del volontariato, ecc.) e/o informale, in quanto figure naturali di riferimento, alla salute dei giovani, per la maggior parte studenti, che assiste. In questa chiave il PNRR impone un progetto di ripensamento delle cure primarie e dei servizi sociosanitari territoriali e di prossimità, e in tale percorso la ridefinizione del classico concetto di medicina scolastica potrebbe diventare parte di un progetto concretamente innovatore. Al momento i pediatri di libera scelta, tranne sparute eccezioni, sono abituati a relazionarsi con la scuola in merito a specifiche problematiche sanitarie di singoli studenti, spesso in maniera informale e al di fuori di una organizzazione strutturata, ma il ruolo del pediatra delle cure primarie a scuola potrebbe svilupparsi positivamente nell’ambito di una azione concertata e condivisa tra il Ministero
NMR
péçêí=`áíó
della Salute e il Ministero dell’Istruzione e a livello territoriale tra gli assessorati alla salute e gli uffici scolastici regionali.
Con un tale sistema la dimensione della prevenzione assumerebbe un ruolo specifico e sarebbe possibile gestire meglio particolari situazioni a rischio sociale e sanitario, quale quello legato alla necessità di effettuare attività motoria e sportiva, dedicando inoltre un’attenzione specifica alle famiglie più vulnerabili, che, come è noto in letteratura, presentano patologie strettamente legate a condizioni di disagio socioambientale.
Oggi è dunque necessario immaginare nuove modalità di promozione della salute di comunità nel contesto scolastico in connessione con la rete territoriale, oltre che, vista l’attuale frammentazione delle risorse e competenze tra diversi attori, la necessità di avviare un percorso di attivazione di una rete che sia capace di connettere e che segua un modello di lavoro partecipativo. In quest’ottica l’integrazione della scuola nella comunità locale e il legame tra la comunità scolastica, le famiglie, gli enti locali e i servizi sanitari del territorio, per primi i Centri operativi territoriali cui il ddl fa riferimento, favorirebbe la disseminazione delle azioni realizzate a scuola contaminando gli altri setting comunitari. contesto.
La scuola potrebbe peraltro promuovere la cultura del benessere e del movimento per tutti favorendo l’apprendimento delle capacità di base, come peraltro già previsto dal programma ministeriale, orientando verso i benefici derivati dallo sport. In questo senso sarebbe utile un accordo con associazioni sportive del territorio, coordinato preferibilmente dal Comune, in modo che i ragazzi possano conoscere e provare i diversi sport per trovare quello preferito e più adatto, sulla scorta di quanto promosso da Sport e Salute, d’intesa con il Dipartimento per lo sport, e dal Ministero dell’Istruzione, per promuovere l’attività fisica e sportiva, oltre alla cultura del benessere e del movimento, nella scuola primaria. Iniziativa che, realizzata in collaborazione con le Federazioni Sportive Nazionali, vede peraltro il
contributo del Comitato Italiano Paralimpico per le attività relative all’inclusione dei bambini con Bisogni Educativi Speciali.
E ancora: la necessità di collaborazione sul territorio in ambito di salute si potrebbe sostanziare nella creazione di un raccordo con i servizi sanitari intesi come, tra l’altro, pls e Centrali Operative Territoriali, come strumento efficace per consentire alla scuola di promuovere la salute e rispondere al bisogno delle famiglie che abitano fuori dai grandi centri urbani. Nelle aree interne e remote il modello della medicina di gruppo in questi contesti potrebbe diventare la soluzione più efficace ed efficiente.
Il territorio peraltro è al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e in tale contesto l’ambito distrettuale va ad assumere una nuova centralità come declinazione delle aziende sanitarie locali, con una funzione di raccordo tra ospedali e territorio; in questo contesto si può inserire la medicina scolastica, sviluppandola secondo un approccio di rete e multidisciplinarietà nel quale la scuola può trovare i giusti riferimenti per poter essere supportata nella cura e nel benessere degli studenti. Eppure, il DM77, che pone al centro la comunità e il territorio, non fa se non due accenni, a un possibile ruolo della scuola in tale
La questione, dunque, non si esaurisce e rimane invece aperta, e tornando nello specifico del ddl, si pone soprattutto il tema delle risorse che in qualsiasi piano di prevenzione è fondamentale, non ultimo in termini di personale impiegato.
L’auspicio è che si possa costituire una cabina di regia che lavori proficuamente sul tema, e che coinvolga fattivamente il Ministero dell’Istruzione e del Merito, della Salute e dell’Economia e delle Finanze.
NMS péçêí=`áíó
NMT péçêí=`áíó
NMU péçêí=`áíó
L o sport come medica per una migliore qualità di vita nelle città
Lina Delle Monache Presidente Federdiabete Lazio
Introduzione
Le città possono rappresentare sia un determinante positivo di salute, che negativo per l’eccesso di traffico, rumore, inquinamento, violenza e isolamento sociale. Per tale motivo appare importante promuovere il concetto, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di “città sana”: città e reti che contribuiscono alla salute, allo sviluppo sostenibile ed al supporto dei politici, del settore pubblico e di altre agenzie nell’implementare strategie e azioni per affrontare le crescenti sfide sanitarie nelle città. “La buona salute è alla base dello sviluppo sociale ed economico e rafforza le politiche in tutti i settori dell’azione pubblica”. Secondo l’OMS la salute è un diritto fondamentale, coerentemente con l’articolo 32 della Costituzione italiana, nonché un formidabile fattore competitivo del Paese ed il termine “Healthy City” creato negli ultimi anni intende indicare una città consapevole dell’importanza della salute intesa come “bene collettivo” è non più solo come “bene individuale”.
In questa ottica tutti i responsabili delle istituzioni nazionali e locali, le aziende sanitarie, le imprese e la comunità sono chiamati a costruire partnership che permettano di adottare le misure specifiche per il miglioramento della qualità dello stile di vita, lo sviluppo delle città e il benessere dei cittadini.
Diabete e obesità: impatto sulla salute e sulla comunità
Le città influiscono sul modo in cui le persone vi
vono, mangiano, creano relazioni e viaggiano, fattori questi che hanno impatto sul rischio di sviluppare malattie croniche.
Si tratta di un ampio gruppo di patologie, che comprende le cardiopatie, l’ictus, il cancro, l’obesità, il diabete e le malattie respiratorie croniche. Ci sono poi anche le malattie mentali, i disturbi muscoloscheletrici e dell’apparato gastrointestinale, i difetti della vista e dell’udito, le malattie genetiche.
Diabete e obesità rappresentano due dei principali problemi di salute pubblica nel mondo. Alla base di queste malattie ci sono fattori di rischio comuni e modificabili, come alimentazione poco sana, consumo di tabacco, abuso di alcol, mancanza di attività fisica.
Il diabete è una malattia in forte crescita in tutto il mondo, che desta preoccupazione per gli effetti negativi sia sulla salute delle persone sia sull’attuale e futura sostenibilità dei sistemi sanitari.
Il Diabetes Atlas dell’International Diabetes Federation (IDF) evidenzia come il diabete causi quasi 750 morti al giorno in Europa, 73 in Italia. Il dato appare ancora più allarmante se affiancato a quanto evidenzia l’Istituto nazionale di statistica (Istat) che conta nel nostro Paese 3 milioni 200 mila persone affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione.
Nel Lazio sono 388.900 le persone che dichiarano di avere il diabete secondo i dati diffusi dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO). Si tratta del 6,6% della popolazione, un NMV péçêí=`áíó
Indicazioni innovative sulla possibile prescrivibilità dell’esercizio fisico per la prevenzione di diabete e obesità
dato ben superiore alla media nazionale.
La responsabilità di agire per ridurre l’impatto delle malattie croniche, nonché del diabete e obesità sulla comunità e sulla salute pubblica è innanzitutto dei governi, che devono impegnarsi a porre in essere azioni volte a promuovere forme di informazione ed educazione di più consapevoli comportamenti (sociali, ambientali, alimentari) e favorire stili di vita e alternative di consumo più salutari
Le malattie corniche, infatti, sono legate anche a determinanti impliciti, definiti come “cause delle cause”, quali la globalizzazione, l’urbanizzazione, le politiche ambientali, la povertà, la sedentarietà e l’invecchiamento progressivo della popolazione.
Pertanto le questioni di salute pubblica più pressanti possono essere comprese e risolte solo se si effettua un’analisi dei determinanti sociali, culturali, economici e ambientali dei fattori di rischio che hanno un impatto sulla salute.
I leader mondiali hanno adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che comprende una serie di 17 obiettivi di sviluppo sostenibile per eliminare la povertà, combattere la disuguaglianza e l’ingiustizia e affrontare i cambiamenti climatici.1
Al punto 11 si evidenzia la necessità di realizzare città sostenibili. Attualmente più della metà della popolazione mondiale vive nelle aree urbane. Entro il 2050, questa cifra salirà a 6,5 miliardi di persone due terzi dell’umanità. Lo sviluppo sostenibile non può essere raggiunto senza trasfor
1 I 17 punti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
1. No povertà;
2. Zero fame nel mondo;
3. Buona salute e benessere;
4. Istruzione;
5. Uguaglianza di genere;
6. Igiene;
7. Energia pulita (rinnovabile);
8. Crescita economica;
9. Industria, innovazione e infrastrutture;
10. Ridurre le ineguaglianze;
11. Città sostenibile;
12. Consumo e produzione responsabile;
13. Azione per il clima;
14. Preservare flora e fauna marina;
15. Preservare flora e fauna terrestre;
16. Promuovere la pace e la giustizia;
17.
mare in modo significativo il modo in cui costruiamo e gestiamo i nostri spazi urbani.
Per questo è fondamentale rendere le città sostenibili, migliorando la pianificazione e la gestione urbana, investendo nel trasporto pubblico, creando spazi pubblici verdi, alloggi sicuri, strade ben collegate.
Nel 2017 i rappresentanti del Governo italiano e dell’ANCI, i sindaci italiani, gli esperti nazionali ed internazionali si sono riuniti a Roma per discutere di urbanizzazione e salute e porre l’attenzione sulla necessità di adottare misure specifiche per la salute dei cittadini.
Tutti, infatti, possono diminuire in modo significativo il rischio di sviluppare queste malattie adottando abitudini salutari, in particolare avendo un’alimentazione corretta, limitando il consumo di alcol, evitando il fumo e svolgendo un’attività fisica regolare.
La salute delle persone è un obiettivo raggiungibile, tenendo conto di questi punti:
• le amministrazioni dovrebbe offrire un contesto sociale, economico e ambientale che faciliti le scelte più salutari della popolazione;
• i servizi sanitari dovrebbero aumentare le opportunità di promozione della salute;
• la prevenzione va considerata un vero e proprio investimento in salute e sviluppo.
Tutti gli elementi sono anche ritrovabili nel Manifesto “La salute nelle città: Bene Comune dell’Health City Institute, quale riferimento per lo sviluppo della collaborazione interistituzionale nell’ambito della prevenzione e nell’attuazione di progetti di studio sull’impatto dei determinanti della salute nei contesti urbani.
Il documento contenga linee guida utili al potenziamento della comunicazione tra i diversi attori della rete sociosanitaria, al fine di elaborare strategie e programmi strutturati di miglioramento degli stili di vita e dello stato di salute delle persone.
NNM péçêí `áíó
Favorire le partnership per il raggiungimento degli obiettivi.
In questo scenario di inserisce il Disegno di Legge della senatrice Daniela Sbrollini “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale” che promuove una serie di misure per migliorare la qualità di vita delle persone ed aumentare l’attività fisica praticata.
Parola d’ordine dell’iniziativa legislativa: prevenire il diabete, l’obesità e le loro conseguenze, secondo un concetto di prevenzione inteso come promozione della pratica sportiva.
L’innovazione della proposta è dare la possibilità a pediatri, medici di medicina generale, specialisti di inserire lo sport in ricetta medica, come fosse un “farmaco” che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età. Tale passaggio consentirebbe così alle famiglie di usufruire delle detrazioni fiscali e recuperare attraverso il 730 parte dell’investimento, quindi essere maggiormente incentivate a impegnarsi in attività positive per la propria salute.
Lo sport rappresenta, infatti, un elemento cardine per la promozione e diffusione di comportamenti e stili di vita sani e dell’invecchiamento attivo, oltre che riproduce valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza.
Come risulta evidente da quanto esposto, sono diversi gli attori che devono e possono ricoprire un ruolo propositivo e attivo per ridurre significativamente la portata del problema del diabete e obesità nei territori.
La città è il primo nucleo aggregativo sul quale lavorare per garantire alle persone risposte che incidano sulla prevenzione della salute, limitando i fattori di rischio ed offrendo loro opportunità per uno stile di vita migliore.
Fondamentale che le città e le amministrazioni promuovano un’urbanizzazione focalizzata sulla cura e sulla salute dei cittadini. Da qui “sportivizzare” gli spazi urbani così da garantire a tutti la possibilità di svolgere attività fisica.
Per affrontare efficacemente le malattie croniche e patologie multifattoriali come il diabete e l’obesità è necessario proporre un approccio globale per agire in modo coordinato su più fronti, attraverso l’utilizzo di politiche, strumenti ed iniziative inserite in un programma integrato.
Mettere al centro la prevenzione e il controllo del diabete è interesse di tutti. Ai governi dei sistemi sociosanitari spetta la responsabilità di aiutare i cittadini a vivere sani e più consapevoli.
FONTI
Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, 2015.
Annuario Istat Il diabete in Italia, 2016.
Dati Progetto Okkio alla Salute, 2016.
Presidenza del Consiglio dei Ministri. Habitat III Italy’s National Report, 2016.
Manifesto “La salute nelle città: bene comune”, 2017. Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, 2018. Rapporto ARNO Diabete, 2019.
NNN péçêí=`áíó
NNO péçêí=`áíó
persone con diabete
Marcello Grussu Presidente ANIAD
In questi ultimi trent’anni alla luce dell’incremento esponenziale delle cosiddette Malattie Non Trasmissibili fortemente correlate ad alcuni determinanti sociali e alla sedentarietà che contraddistingue le nostre società, si è sviluppato un notevole interesse verso l’attività fisica e sportiva.
Sport e attività fisica per fortuna sono oggi riconosciuti in modo universale e trasversale come potenti mezzi di prevenzione e cura.
Se guardiamo al contesto del diabete di qualche decennio fa, occorre ricordare che il dibattito sui benefici introdotti dall’attività fisica e sportiva come supporto alla gestione della malattia si riduceva ad una serie di limitazioni e divieti. Non potendo contare infatti in particolari evidenze scientifiche, e nel dubbio che i rischi (soprattutto legati alle possibili Ipoglicemie), potessero essere superiori ai vantaggi, era pressoché scontato che non si venisse avviati a nessuna pratica sportiva, tanto che, chi soffriva di Diabete di tipo 1, ancora negli anni 70/80 non otteneva il rilascio del certificato per l’attività sportiva agonistica.
Come ANIAD abbiamo ben presente quel periodo perché siamo nati, allora, proprio con l’obiettivo dichiarato di promuovere l’attività fisica e sportiva a favore delle persone con diabete, sensibilizzandole, e supportandole affinché potessero acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per migliorare il proprio stato di salute.
Oggi fortunatamente a fronte di maggiori e consolidate conoscenze possiamo classificare come superati i pregiudizi di quegli anni, tanto che il tema non è più rappresentato dal non sapere come e cosa consigliare in termini di pratica sportiva ad una persona con una patologia cronica già conclamata o a rischio di ammalarsi. Oggi semmai il problema è come fare ad incrementare, sia tra la popolazione già colpita da una malattia cronica, ma soprattutto tra la popolazione in generale, il livello di attività fisica per arginare l’insorgenza delle cosiddette malattie croniche non trasmissibili.
Il fenomeno della sedentarietà, che l’OMS ha definito come quarto fattore di rischio di mortalità a livello globale, è infatti oramai risaputo che sta alla base dell’insorgenza del 23% di casi di tumore alla mammella ed al colon, del 30% delle malattie cardiache, e sul diabete di tipo 2 incide per il 27% dei casi.
Dal punto di vista del benessere e della salute l’AF praticata secondo i livelli raccomandati offre una buona percentuale di protezione verso l’insorgenza delle MNT e riduce anche del 20/30% il rischio di morte prematura.
La soluzione pertanto risulterebbe apparentemente semplice perché per allontanare il rischio di sviluppare una malattia tra quelle elencate si tratterebbe quindi di modificare il proprio comportamento e l’approccio verso una vita più attiva e salutare. Ed effettivamente nella stragrande NNP péçêí=`áíó
P romuovere l’attività fisica e sportiva a favore delle
maggioranza dei casi questo è confermato, ma purtroppo il problema è più complesso perché sulla questione insistono ed hanno un notevole peso una serie di condizioni che impediscono alle persone di svolgere una vita più attiva e svolgere AF.
A titolo di esempio l’OMS evidenzia che nella grande maggioranza dei Paesi non risultano ancora implementate a dovere:
• Le politiche nazionali sugli spostamenti a piedi e in bicicletta
• Protocolli nazionali sulla gestione dell'inattività fisica nell'assistenza sanitaria primaria
• Promozione dell'attività fisica nelle strutture di assistenza all'infanzia
• Iniziative di promozione dell'attività fisica sul posto di lavoro
• Promozione dell'attività fisica attraverso iniziative sportive e comunitarie
• Promozione dell'attività fisica negli spazi aperti pubblici
• Promozione dell'attività fisica come parte dell'invecchiamento attivo
• Educazione fisica di qualità nelle scuole
• Promozione dell'attività fisica per le persone disabili
In Italia, dove registriamo un livello di sedentarietà pari a circa il 35% della popolazione, sostanzialmente identico al resto d’Europa, abbiamo però un problema in più rappresentato dall’enorme divario tra Nord e Sud. Segno evidente del persistere di uno squilibrio socio economico e culturale tra aree geografiche e che tra le tante conseguenze, determina anche un forte impatto sulla prevalenza delle malattie. Sul Diabete per esempio mentre la prevalenza media nazionale è attestata a circa il 6%, in alcune regioni del Sud o nelle Isole il dato arriva persino a superare l’8%.
Occorre anche sottolineare che se in alcuni territori si registrano miglioramenti seppur lievi sulla riduzione della sedentarietà rispetto a 20 anni fa, questo purtroppo non si registra nel Mezzo
giorno (quindi Sud Italia e Isole), dove nello stesso periodo di riferimento il dato peggiora fino anche ad interessare anche oltre il 50% della popolazione.
Una nota positiva, come già accennato è che in generale nel corso degli anni fortunatamente c’è stata maggiore consapevolezza sui benefici introdotti dall’attività fisica e sportiva, anche grazie all’opera di sensibilizzazione e informazione proveniente dal mondo associativo, e dalla diretta testimonianza di persone che seppur affette da patologie importanti hanno raggiunto traguardi sportivi eccezionali.
Nella terapia per il Diabete, l’attività fisica e sportiva gioca un ruolo fondamentale, tanto da poterla considerare a tutti gli effetti una evidenza medica
Questo ci fa sostenere che la promozione dell’attività fisica e sportiva, tesa soprattutto ad orientare la popolazione al rispetto di corretti stili di vita e ridurre la sedentarietà sono azioni di sanità pubblica di assoluta urgenza se si vuole garantire salute e benessere a tutte le età, prevenire le malattie non trasmissibili e migliorare la qualità della vita delle persone e nelle diverse condizioni patologiche.
Troviamo che vada assolutamente in questa direzione l’importante azione intrapresa dalla Senatrice Daniela Sbrollini (presidente dell’IPOED), che nei giorni scorsi ha presentato un Disegno di Legge attraverso il quale poter finalmente regolamentare la prescrizione dell’Attività fisica come un qualsiasi farmaco, e defiscalizzare alcuni costi per promuovere e facilitare l’avvio alla pratica sportiva di una fetta più ampia di popolazione.
Ovviamente, anche in questo caso se la soluzione è semplice, l’attuazione resta comunque complessa.
Immaginiamo soltanto gli aspetti legati all’aderenza e all’inerzia terapeutica che sono elementi caratterizzanti le prescrizioni mediche. Occorrerà inserire le varie figure sanitarie (Specialista, MMG, PLS, Infermieri), in percorsi di formazione specifici, e coinvolgerne di nuove (come il LSM,
NNQ péçêí=`áíó
il nutrizionista e lo Psicologo), per garantirsi il raggiungimento di un risultato ottimale Ma perché l’attività fisica e sportiva non dovrà essere praticata solo nel rispetto dei differenti livelli di intensità in funzione dell’età, occorrerà anche un concreto e specifico coinvolgimento della Medicina Sportiva proprio perché in base alle diverse età occorre essere consapevoli che l’approccio, gli obiettivi e le motivazioni personali sono diversi. Verosimilmente l’AF e lo sport per un bambino dovrà essere soprattutto gioco. Per un adolescente e un giovane sarà l’occasione per soddisfare le proprie passioni perseguendo una gratificazione anche sul piano del successo personale. Per un adulto/anziano sarà il modo per mantenersi in forma, occupare il proprio tempo libero e colmare eventuali esigenze di socializzare.
Per tutti naturalmente la pratica di una qualche forma di attività fisica e sportiva dovrà rappresentare una forma di prevenzione che deve pertanto trovare una adeguata attenzione anche nell’attuazione delle scelte da realizzare in coerenza con la Missione 6 del PNRR, e il DM77/2022.
Il punto di approdo ancora una volta ci viene indicato dall’OMS attraverso il Piano di azione Globale sull’attività fisica per il periodo 20182030, con il quale invita tutti i Paesi a consolidare e intensificare le azioni poste in atto fino ad oggi, e contemporaneamente allargare il coinvolgimento ad un numero maggiore di stakeholder, compreso il settore privato, per giungere ad una riduzione della sedentarietà del 10% entro il 2025 e del 15% entro il 2030.
In Italia possiamo contare su un numero imponente di luoghi e fonti (soprattutto Istituzionali), dai quali trarre le giuste informazioni e indicazioni.
Il Ministero della Salute e l’ISS senz’altro sono in prima linea sul fronte della raccolta e analisi dei dati che riguardano il fenomeno. il programma
“Guadagnare salute” e il sistema di sorveglianza
“PASSI” sono solo un esempio.
Ma possiamo anche contare sulle Linee di indi
rizzo e le raccomandazioni sull’attività fisica per specifiche patologie emanate dal Ministero della Salute nel 2020.
Il Piano Nazionale della Prevenzione 20202025 sempre a cura del Ministero della salute
I vari Piani di Prevenzione Regionali, gli innumerevoli documenti prodotti dalle Istituzioni Sportive, CONI, Sport e Salute. Le linee guida delle Società Scientifiche di Diabetologia
Ciò nonostante però, come abbiamo già espresso, i risultati non sono tali da poterci di‐chiarare soddisfatti e in linea con le attese.
E’ un po' come se avessimo creato una rete assolutamente funzionante, alla quale però per essere completamente funzionale ed efficiente manca il classico “ultimo miglio” per raggiungere tutti.
In definitiva abbiamo acquisto negli anni delle straordinarie conoscenze e competenze, ma fatichiamo ad essere particolarmente incisivi nel raggiungere un obiettivo primario, non più rimandabile, che è appunto quello di arginare l’avanzata delle MNT attraverso una efficace prevenzione.
Cosa possiamo fare che già non facciamo?
• Certamente mantenere e consolidare tutte le iniziative messe in campo fino ad oggi, con particolare riguardo alla comunicazione e informazione a tutti i livelli sui benefici prodotti dalla pratica di AF e sportiva. Non disdegnare il ricorso alle nuove piattaforme di comunicazione social e ai cosiddetti influencer.
• Incrementare il coinvolgimento delle Amministrazioni locali, affinché sviluppino maggiori politiche per incrementare l’AF, favorendo la mobilità dei cittadini attraverso la realizzazione di piste ciclabili, di spazi destinati a svolgere esercizio fisico.
• Incrementare il coinvolgimento del mondo del lavoro, affinché si sviluppino politiche di promozione dell’AF, anche attraverso facilitazioni e benefit di natura economica. NNR péçêí=`áíó
• Incrementare la conoscenza e la formazione degli Operatori Sanitari, con particolare riguardo all’area dell’assistenza medica primaria (MMG e PLS).
• Incrementare gli investimenti nell’ambito delle Società Sportive affinché sviluppino programmi per una maggiore inclusione e adesione dei giovani alla pratica sportiva.
• Incrementare l’utilizzo dei dati e il monitoraggio degli stessi a favore del Governo Centrale, Regionale e Locale, e per questo investire nel maggior coinvolgimento dell’Università e delle Società Specializzate in analisi e indagini.
• Incrementare il coinvolgimento del Terzo settore, con particolare riferimento alle Associazioni di Pazienti con Malattie Croniche NT perché attraverso queste è possibile far emergere particolari informazioni sui bisogni insoddisfatti della popolazione, e nel contempo favorire proprio il contatto e il raggiungimento dei cittadini localmente.
Ma soprattutto occorrerebbe mirare alla costituzione di un tavolo di coordinamento nazionale permanente che possa garantire la comunicazione tra chi stabilisce le politiche e chi le attua, restituendo a tutti gli attori lo stato di avanzamento delle attività e delle iniziative per rendere concretamente efficaci le soluzioni ideate.
L o sport nelle grandi città come strumento di inclusione sociale
Rosapia Farese Rosapia Farese
LE PERIFERIE DELLE GRANDI CITTA'
La struttura di una città è collegata alle sue funzioni: il centrocittà è il luogo più frequentato verso il quale convergono i flussi di persone, capitali e mezzi, a Napoli ad esempio e presente il “centrodirezionale” centro degli affari, vicino il centro storico, ovvero la parte più antica della città. Il centro è distinguibile grazie al fatto che attorno ad esso vi è un’elevata concentrazione di popolazione attiva, un’elevata densità di beni immobili e dallo sviluppo degli edifici in altezza.
La parte esterna della città che circonda il centrocittà è la periferia; questa è molto estesa e in essa si possono trovare zone industriali, quartieri residenziali e quartieri destinati a uffici e aree per il commercio.
Nella periferia vi è un mutamento del tessuto urbanistico e sociale in quanto queste sono costituite prevalentemente da grandi condomini e semplici palazzine, raramente da villette unifamiliari.
L’evoluzione organizzativa, tecnologia e dei servizi per la popolazione hanno reso le metropoli interconnesse tra loro, favorendo lo scambio tra i sistemi urbani, non tenendo conto però dell’enorme crescita demografica che ha portato purtroppo, ad un aumento del divario fra popolazione agiata e disagiata, tra ricchi e poveri.
La malvivenza, intesa sia come degrado sociale e che del non rispetto delle regole, è un triste esempio, che mette in evidenza il divario della qualità della vita dei cittadini.
E’ necessario quindi che le città ritrovino gli stimoli per creare una comunità funzionante e non regredire o creare differenze sociali. E’ anche vero che le città sono il prodotto delle nostre azioni, in quanto cittadini, ognuno ha il dovere di “prendersene cura”. Se si vuole creare una città ideale del futuro, è necessario lavorare meglio soprattutto solo il punto di vista etico e sociale. La città deve essere un punto di ritrovo per le persone e non un punto di disorientamento.
CITTA' E PERIFERIE
Nelle grandi città il ritmo frenetico risulta stressante e nel tempo crea una disunione fra rapporti sociali e lavoro. E’ ancora possibile creare comunque nuove metropoli, che siano avvantaggiate non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche da un punto di vista sociale, con un “nuovo tipo di umanità”.
Lo sport da sempre strumento di esperienza e crescita personale e di squadra, oggi deve essere letto come elemento di accettazione “Lo sport è uno strumento di inclusione”.
Da qui parte la riscoperta del valore educativo di tante iniziative come quelle messe in campo dall’Associazione FareRete innovAzione BeneComune APS (**)
Perché lo sport «è un diritto da garantire a tutti», aggiunge Rosapia Farese presidente di FareRete innovAzione BeneComune APS ** «Ed è proprio nelle periferie che serve costruire spazi accessibili per contrastare esclusione sociale che sovente caratterizza il volto dei quartieri. Per questo abbiamo accolto con grande entusiasmo la scelta della Fondazione SportCity e dell’Osservatorio Permanente sullo Sport di costruire, un programma che ci permette di rafforzare la relazione tra le diverse fasce di popolazione, i più piccoli, adolescenti, giovani, famiglie, e comunità».
Il Progetto “Sport e Integrazione: 10 passi per la vittoria più bella”.
Tutto ciò ruota attorno ad un obiettivodesiderio e cioè che i destinatari del progetto possano sperimentare e sperimentarsi in un contesto dinamico e positivo. Attraverso le attività sportive e momenti di condivisione d’esperienza le barriere sociali si abbasseranno grazie a piccoli obiettivi comuni
“Le attività che abbiamo pensato servono a creare integrazione attraverso lo sport, far sì che i partecipanti acquisiscano la conoscenza e consapevolezza delle regole, dei compagni di squadra e degli avversari”.
NNT
péçêí=`áíó
La dimensione sociale dello sviluppo sta ricevendo crescente attenzione, in particolare per l’aumento di povertà e disuguaglianza. Poco però si indaga sul contributo che le dinamiche sociali offrono alla tenuta e alla crescita del Paese. Noi come associazione di tipo “trasversale” vogliamo porre per l’anno 2023 l'attenzione sulla necessità di includere #salute e #sport nelle strategie di crescita e riqualificazione del nostro Paese:
"La città è un bene comune in cui i cittadini hanno un ruolo centrale.
Compito delle istituzioni è quello di garantire il loro benessere psicofisico e sociale, plasmando un modello di cura e di benessere urbano all’altezza della sfida che stiamo vivendo".
Far crescere l’attenzione considerando lo sport come un vero e proprio strumento educativo può, ai nostri giorni, sembrare alquanto scontato, ma una rapida valutazione del ruolo che l’attività sportiva ricopre all’interno della nostra cultura – sociale, familiare, scolastica – deve necessariamente indurre ad una riflessione.
Per questo motivo lo strumento di un’”OSSERVATORIO
PERMANENTE dello SPORT”, è definito come un cantiere aperto che ricomprende, come operai del bene comune, tutti gli attori partecipanti: Istituzioni, politici, società civile, comunità sociali, responsabili, coordinatori docenti, e gli stessi beneficiari. Infatti, tra i beni comuni da tutelare vi sono beni intangibili, ma non per questo non concretamente presenti nella collettività come lo sport, il decoro, il rispetto, il prendersi cura delle persone e delle cose, e tangibili come l’aria, l’acqua, il verde: tutto ciò che costituisce l’ambiente in cui viviamo.
“Partecipare attivamente alla vita delle comunità in cui si vive come per l’impegno e la cittadinanza attiva, genera nelle persone un livello di benessere superiore. Come essere cittadini attivi produce effetti positivi nella ricerca del senso della vita, così essere coinvolti nei processi di cittadinanza attiva, genera un clima di benessere maggiore nei luoghi in cui si abita: riconoscersi come parte di qualcosa più ampio, crea un effetto positivo che ricade anche sulle performance economiche del Paese e sullo sviluppo della comunità locale”.
Riteniamo che si deve far partire l’opera d’ inclusione sociale, dalle periferie di Roma, in particolare nel quartiere esternamente al Grande Raccordo Anulare. Queste aree urbane, negli ultimi anni hanno visto aumentare il numero di abitanti di diverse etnie e culture, provenienti dall'Europa dell'est, dall'Asia e dall'Africa, coincidendo con fasce di reddito e medio bassa, esponendo i territori a criticità di inclusione diffidenza negli altri.
L’attività sportiva proposta rappresenta uno degli elementi che permette di crescere i ragazzi e far conoscere le fami
glie abbattendo quelle barriere sociali ed economiche che oggi sono presenti nella vita quotidiana.
Gli aspetti su cui vogliamo lavorare sono il rispetto della diversità culturale e l'inclusione del diverso e per poterlo fare proponiamo il Progetto “10 passi la vittoria più bella”
diffondere nei giovani atleti la cultura sportiva come veicolo per combattere ogni forma di intolleranza, razzismo e promuovere una cultura della non discriminazione, del rispetto e della valorizzazione delle differenze e delle pari opportunità;
promuovere la pratica sportiva, quale strumento di inclusione sociale, anche al fine di incentivare i valori delle pari opportunità, il contrasto ad ogni forma di discriminazione e aumentare l'integrazione, con particolare riferimento agli atleti di origini straniere e/o appartenenti ad altri gruppi vulnerabili, garantendo al tempo stesso l'unità e la coesione della comunità;
sensibilizzare al superamento reciproco degli stereotipi legati all'appartenenza a categorie sociali, ossia combattere negli ambienti sportivi la formazione di pregiudizi, che riguardano sia i gruppi di cittadini italiani che i gruppi di cittadini di origine straniera;
Obiettivi specifici
Lo sport può essere una preziosa agenzia educativa al servizio del bene comune; per esserlo realmente ha bisogno di volontà e consapevolezza, di impegno e determinazione.
Coinvolgere tutti i giovani atleti e le loro famiglie in attività che li aiutino a comprendere i valori di rispetto e inclusione, non che attuare comportamenti virtuosi per l'inclusione e coesione nella comunità del territorio in cui si vive, al servizio della persona e della città. Lo sport – senza troppe parole, ma attraverso una pratica di vita coinvolgente e appassionante – può insegnare l’importanza della disciplina e della tenacia, il gusto della sfida, la bellezza della fatica condivisa, dell’amicizia, dell’accoglienza.
Affinché la pratica sportiva possa esprimere il suo potenziale formativo – allenando virtù utili sul terreno di gioco, ma ancor più preziose nella vita – è necessario che la valenza pedagogica dello sport venga riconosciuta e incoraggiata. Abbiamo quindi bisogno di allenatori (e di dirigenti e di federazioni!) di Istituzioni che se ne fanno carico, abbiamo bisogno di sensibilità e competenze sotto il profilo educativo e sotto il profilo di responsabilità.
L’attività sportiva è in grado di deporre nell’organismo dei giovani, ma anche delle famiglie, il germe di qualità fisiopsicologiche estremamente preziose: tenacia, coraggio, sicurezza, disciplina, ecc. Qualità, però, che restano circoscritte all’esercizio fisico che le ha generate se non sono
NNU
péçêí=`áíó
diffuse a tutto “l’organismo personale” e sui territori soprattutto delle città e periferie. Tali virtù, invece, dovrebbero diventare risorse preziose con le quali affrontare, anche fuori dal campo, le sfide della vita. Imparare ad apprezzare il senso della fatica.
Abbiamo quindi bisogno di sostegno, da parte delle Istituzioni, anche per un’attività di prevenzione e cura per “GUDAGNARE SALUTE”, abbiamo bisogno di leggi che tutelino un approccio integrato di stili di vita, abbiamo bisogno di educatori intelligenti e competenti, che allenino il corpo e l’animo dei nostri ragazzi e che insegnino loro come mettere pienamente a frutto queste risorse interiori e fisiche, che vada al di là della mera attività fisica agonistica, lo sport deve divenire un momento di benessere fisico, psicologico, relazionale e socioeducativo che coinvolga tutti i cittadini, le famiglie, i corpi intermedi, le scuole, la comunità intera.
Giocando si può imparare che i risultati importanti non sono mai gratis, ma richiedono sacrificio, pazienza e attesa. Questa lezione, poi, può (dovrebbe) essere trasferita nell’ambito delle relazioni amicali e affettive, della maturazione della propria vocazione professionale, della conquista di ciò che più ci sta a cuore. Ciò che vale davvero richiede impegno e dedizione, ma regala anche le gioie più grandi. Sembra retorica, ma guardare una città, una comunità sempre più a misura di sport, ci conferma che la verità dell’umano passa attraverso la via stretta di una fatica sensata.
Bibliografia
La città ideale 2.0
Dal centro alle periferie. Dinamiche di una città (https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/diritto_e_societa/Periferia/SSAS_Dal_centro_alle_periferie.html )
Lido Pola BeneComune: una prospettiva di trasformazione https://commonsnapoli.org/2021/11/22/lidopolabenecomuneunaprospettivaditrasformazione/
Una città Giusta (A partire dalla Costituzione) http://casadellacultura.it/1125/unacittagravegiustaapartiredallacostituzione
NNV péçêí `áíó
NOM péçêí=`áíó
S port inclusione sociale e partecipazione
Responsabili: “ I giovani rappresentano il futuro di una comunità”
Gilberto Stival
Riabilitative delle professioni sanitarie ‐Scienze Motorie ‐ Insegnante di Sostegno
In un piccolo territorio di periferia, diviso tra i comuni di Albano e Castel Gandolfo, all’incrocio tra la via Nettunense e la via Del Mare, si trova Pavona.
Nella frazione di Pavona di Castel Gandolfo (RM) sorge la scuola media succursale dell’IC CASTEL GANDOLFO. All’ingresso del plesso scolastico, tra la palestra comunale e le aule didattiche, è affissa alla parete una targa commemorativa:
“I giovani rappresentano il futuro di una comunità, se sapremo educare i giovani di Castel Gandolfo a diventare cittadini responsabili, il futuro della città sarà certo e fecondo. Nel giorno dell’inaugurazione. Addi 11.12.1999. L’amministrazione comunale.”
Chissà quante persone, fino ad oggi, avranno attraversato quell’entrata, chissà quanti tra alunni, atleti, allenatori, arbitri, insegnanti, nonni e genitori, avranno interpretato nel loro ruolo queste parole. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti, tutti siamo educatori come tutti siamo figli; quello che cambia nel percorso della nostra vita è come viviamo il nostro essere figli o educatori. Ciò che rimane invariato, invece, è la dualità della relazione, imprescindibile sia nell’educazione che nella condizione di essere figli. Questo significa che volenti o nolenti deriviamo da altri, e siamo quel che siamo grazie (o a causa) al nostro rapporto con l’altro, ai nostri livelli di attività e partecipazione, alla nostra interazione con l’ambiente.
Si pensi che la Classificazione Internazionale del Funzionamento e della Disabilità (ICF) (OMS 2001) considera nella descrizione della salute e degli stati ad essa correlati come l’istruzione, il lavoro, lo sport, il tempo libero sia il punto vista corporeo (Body Functions and Structures), sia il punto di vista dell’Attività e
Partecipazione (Activities and Participation /activity limitations and participation restrictions). Inoltre, l’ICF elenca i fattori contestuali che interagiscono con tutti questi costrutti.
Tra i fattori contestuali troviamo sia quelli ambientali (Environmental Factors), come le “policy”, sia i fattori personali (Personal Factors), come gli atteggiamenti, le norme sociali, i costumi e le ideologie.
Proprio in questi giorni ricorrono i 23 anni dall’ inaugurazione della palestra comunale: la struttura è un grande vanto per la scuola e un gran vantaggio in termini di spazio per la didattica. Il tempo non sembra averla danneggiata, anzi è mantenuta viva dai ragazzi che frequentano la scuola e da quelli che partecipano alle attività sportive del pomeriggio, con le rispettive Associazioni Sportive Dilettantistiche del luogo.
Il tempo però, ha danneggiato le persone. Dal 1999 ad oggi, il mondo è cambiato, “Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere”.
Gli eventi hanno cambiato soprattutto i giovani: molti danno la colpa ai social network e alla pandemia, ma non possiamo affrettarci a dare risposte semplici, senza analizzare le complesse evoluzioni sociali.
“Dati e percezioni segnalano l’aumento di ragazze e ragazzi in difficoltà a pensare il proprio futuro, a desiderare, progettare, investire nella propria crescita.
La rinuncia del futuro, si legge in queste pagine, è un fenomeno generazionale dai tratti paradossali e violenti, benché si manifesti nelle forme del silenzio, del vuoto di significati e dell’assenza di narrazioni. Com’è possibile che nella fase della vita in cui massima è la
NON
péçêí=`áíó
Scienze
forza biologica, ideativa e sessuale, in cui si dovrebbe correre, scoprire, trasformare, tante/i adolescenti si spengano per senso di inadeguatezza, si chiudano per non guardare o essere guardati, si rintanino in luoghi sempre più angusti per ritrovare quel minimo di sicurezza che non li faccia annichilire? È la domanda che accumuna genitori, insegnanti, educatori professionali, psicologi, neuropsichiatri, operatori sociali e culturali, chiamati al difficile compito di capire come sostenere il senso di speranza di questa generazione.”
Solo dieci anni prima l’inaugurazione della palestra, nel 1989, era caduto il muro di Berlino. La caduta del muro di Berlino fu, riportando le parole della presidente Meloni, un “spartiacque nella storia, non solo in quella d’Europa e dell’Occidente, ma in quella del mondo intero”. Infatti, ha dato il via alla piena vittoria del capitalismo, all’espansione della globalizzazione e del “neoliberismo che ha permesso il raddoppio del PIL mondiale in poco più di due decenni, ma che allo stesso tempo ha portato con sé l’affermazione di un io senza obbligazioni se non verso se stesso e il proprio desiderio”. Tanto che, alla fine degli anni ‘90, Zygmut Bauman definì il concetto di società “liquida”, in cui le relazioni sono aperte e funzionali, cioè perfette nella loro occasionalità. Società in cui si è fatto strada il “realizzare sé stessi” come stile di vita. “Gli psicoterapeuti dell’Osservatorio nazionale adolescenza, presenti ormai da numerosi anni negli istituti scolastici di ogni ordine e grado sul territorio nazionale, hanno accolto numerose richieste all’interno delle attività svolte in ambito scolastico e online. Nei colloqui svolti con circa 300 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, tra gennaio e maggio 2021, all’interno dei progetti di sportello di ascolto psicologico, è emerso che circa 1 adolescente su 4 ha sperimentato nell’ultimo anno vissuti depressivi, circa 1 su 5 ha manifestato problematiche legate all’ansia, in particolare disturbi di panico e fobia sociale, e il 25% ha messo in atto condotte autolesive.”
Tutto è dunque legato solo al Covid? Dal 1999 ad oggi, il pensiero di una crescita economica illimitata è stato messo fortemente in dubbio da eventi che hanno minato le nostre certezze, sia economiche che psicologiche. Tutto era possibile, per tutti, ed apparentemente lo è ancora, pur pagando il non semplice scotto di dover stare al passo di un mondo che corre veloce, che spinge sempre avanti, in cui l’imperativo è “performare”: “la produttività lavorativa, l’eccezionalità delle vacanze, la qualità biologica dei cibi, le calorie ingerite, il numero di persone/ incontri/ comunicazioni, i follower sui social, i risultati scolastici, l’eccellenza nello sport o nelle arti, il successo affettivo, il numero di passi giornalieri.”
L’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, la crisi economica finanziaria nel 2008 con il crollo della Lehman Brothers, il Coronavirus nel 2020 e ora “alle vulnerabilità economiche e sociali strutturali, di lungo periodo, si aggiungono adesso gli effetti deleteri delle quattro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta in Ucraina, l’alta inflazione, la morsa energetica. E la paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili. […] Così, il 66,5% degli italiani (oltre 10 punti percentuali in più rispetto al 2019 preCovid), dopo gli eventi che hanno stravolto il quotidiano, si sente insicuro pensando al futuro proprio e della propria famiglia: due italiani su tre sono pervasi dall’insicurezza.”
Dall’attuale situazione emerge un vissuto di fatica, talvolta di disperazione. I giovani rappresentano il futuro di una comunità. Sapremo educare i giovani di Castel Gandolfo a diventare cittadini responsabili? Come far sì che l’incertezza nel futuro si trasformi nel desiderio di esserci?
In una società in cui si è liberato il desiderio, decontestualizzandolo dalla realtà, trasformandosi in pura pulsione, sempre più guidata dai socialmedia, in cui la Fomo (Fear Of Missing Out) e Fobo (Fear of a Better Option) si diffondono velocemente in un mondo iperconnesso, iperve
1https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/november/documents/papafrancesco_20151110_firenzeconvegnochiesaitaliana.html,
2Brano tratto da articolo Sostenere la speranza nelle adolescenze oggi a cura di Animazione Sociale nr 356/2022. Autori Katia Pravatini, psicoterapeuta; Stefano Laffi, sociologo; Michela Marmo, pedagogista.
3Supersocietà. Ha ancora senso scommettere sulla libertà? di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti. Ed. Il Mulino, 2022
4Articolo Osservatorio dell’adolescenza: preoccupano i dati sulla salute mentale dei ragazzi de Il Sole 24 ore, 8 ottobre 2021
5Idem nota 3
6Rapporto sulla situazione Sociale del Paese 2022, CENSIS
NOO péçêí=`áíó
loce, ipercompetitivo e ansiogeno, noi educatori come ci comporteremo? Saremo in grado di accompagnare, in particolare i giovani, verso quei sentieri che promuovono la ricerca di senso nella vita, non solo nelle azioni, ma anche nel corpo, nell’anima e nello spirito?
Lo sport potrebbe essere uno di quei “sentieri erranti” di Heidegger che “errano, ma non si smarriscono.” Lo sport ha subito molte trasformazioni nel corso della storia, ma la più pericolosa è che lo sport diventi autoreferenziale e fine a sé stesso: “lo sport è troppo importante per lasciarlo agli sportivi. Lo sport deve essere educazione, l’educazione deve attingere alla forza dello sport”
Cento anni fa lo sport educativo preparava i giovani alla vita militare; durante la guerra fredda lo sport viene per lo più ricordato come il confronto tra il modello sportivo liberale degli Stati Uniti e quello statocentrico dell’Unione Sovietica, anche se “così facendo si tende infatti a negare il fatto che lo sport fu a lungo uno dei pochi terreni in cui i rappresentanti dei paesi a est e ad ovest della “cortina di ferro” potevano incontrarsi regolarmente. La pretesa apoliticità delle istituzioni sportive offriva infatti un prezioso terreno neutrale, in cui le due superpotenze, oltre a rivaleggiare pacificamente, potevano anche incontrarsi, conoscersi, dialogare, cooperare e lanciarsi dei segnali.”; altri hanno poi sostenuto che lo sport educativo fosse quello capace di tenere lontani i giovani dall’ozio e dal vizio. Insomma, ogni epoca ha le sue istanze, giuste o sbagliate. Lo sport educativo è quello che “mette al centro la persona”, a differenza dello “sport commercio” che mette al centro lo spettacolo, e dello “sport dei trofei”
che guarda soltanto alla vittoria.;
Lo sport mette al centro la persona, considerandola nella sua totalità: attraverso lo sport la persona “esprime la totalità dell’essere umano nei suoi tre campi integrati: corpo, anima e spirito, aggiungendo il primato dello spirito, con l’atto essenziale della persona ai presupposti dello psicofisico. Proprio per la completezza della sua azione, dal momento che coinvolge la persona nella sua totalità, lo sport possiede un immenso valore testimoniale: è capace di rispecchiare, nel comportamento, ciò che siamo, come trattiamo gli altri e persino ciò in cui crediamo.”
Lo sport rappresenta un universo parallelo o alternativo, dove possiamo rifugiarci per sottrarci al peso o alla noia di un’esistenza ripetitiva. Perché nel gioco c’è sempre qualcosa di imprevisto, di spontaneo che sperimentiamo come liberatorio.
Lo sport riporta il desiderio in tensione con la realtà, e prende forma attraverso il confronto con il limite, con la legge, l’altro da sé. «La pratica sportiva è in grado di innescare con immediatezza e semplicità dinamiche relazionali, facendo leva sulla propria capacità di aggregazione innescata da una duplice molla: il gioco e la competizione. La dimensione ludica, da un lato, permette di intercettare il bisogno di leggerezza e divertimento dello stare insieme; la competizione (da “cum petere” cioè “cercare insieme”) si basa sul confronto ed è generatrice di uno spazio del noi, piuttosto che di uno spazio dell’io.»
Lo sport, quindi, non è solo un’attività che impegna sul piano dell’agonismo oppure dell’esercizio individuale o collettivo le capacità psicofisiche.
“Lo sport è emblematico della gratuità, dell’en
7Sport: Regni (Lumsa), “deve essere educazione. Risponde a un bisogno di bontà e bellezza” di Raniero Regni, 6 Giugno 2017. https://www.agensir.it/quotidiano/2017/6/6/sportregnilumsadeveessereeducazionerispondeaunbisognodibontaebellezza/ 8Lo sport internazionale al tempo della guerra fredda di Nicola Sbetti, 30 giugno 2021. http://www.novecento.org/lastoriadellosport/losportinternazionalealtempodellaguerrafredda7122/
9Uno sport per l’uomo aperto all’Assoluto di Edio Costantini et al. Ed. Ave, 2013
10Padre David Murray in “MISSIONE SPORT spirito e visione dell’attività sportiva”. Autore P. David G. Murray Missionario Identes e Angela Teja. Prefazione di Mons. Vescovo Gualtiero Isacchi e la collaborazione di A. Bigari, M. Castrovillari, P. Di Benedetto, G. Lombardi D’Aquino , M. Monti , G. Pasquini , M. Raffaeli, F. Ruscito, A. Spolti, G. Stival. Effatà Editrice, 2022
11Laudato sì, sport! Orientamento per una ecologia integrale attraverso lo sport di Daniele Pasquini. Ed. AVE, 2021
NOP péçêí=`áíó
tusiasmo, quasi nel perdersi nella donazione di sé”12, per questo può essere considerato una cura per il cittadino, ma anche per la città, mette in relazione reciproca ambiente e persona. In questo campo di relazione con il territorio si devono impegnare anche le associazioni e le società sportive, che non devono e non possono, a rischio della loro stessa esistenza, rimanere autoreferenziali, ma creare, in ottica inclusiva ICF (International Classification of Functioning and disability) e di partecipazione, alleanze con le famiglie, le scuole, le università, il mondo del lavoro, le parrocchie, le asl, le amministrazioni comunali e tutti i stakeholder presenti. Questo non solo per reggere il peso della crisi economica, del calo demografico e delle trasformazioni culturali, ma soprattutto per dare nuova linfa relazionale vitale alle persone e alla società. In questo mondo complesso, neppure una singola realtà sociale, seppure ben strutturata, può bastare a sé stessa. “D’altra parte, non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni. Ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia”13
Apriamoci, ascoltiamo e accogliamo, ripartiamo dalle numerose risorse civili e religiose della città, facciamo in modo di «rendere reciproca la città: più attiva, più partecipe e più unita. Una città aperta a tutti, giovani, adulti e anziani, donne e bambini, che sappia andare incontro ai bisogni di relazione fra generazioni, alle insicurezze di solitudini, ai problemi connessi all’invecchiamento della popolazione e alle richieste, spesso del tutto nuove, che vengono da adolescenti, giovani e famiglie»14
Lo sport combatte l’individualismo che non ci rende più liberi, più uguali e più fratelli. Lo sport
va oltre la libertà individuale e l’uguaglianza e promuove la fraternità perché attraverso il gioco dello sport ci si può rendere conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, (sempre e in qualunque circostanza) e mettendo in luce l’identità aiuta ad esprimere la diversità e ti fa sentire membro attivo e responsabile del territoriocomunità.
I giovani rappresentano il futuro di una comunità, se sapremo educarci anche attraverso lo sport a diventare cittadini responsabili, il futuro della città sarà certo e fecondo.
Roma, 16 dicembre 2022
Gilberto Stival
Dott. In Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie e in Sc. Motorie
Insegnante di Sostegno Scuola Secondaria di I grado Direttore Pastorale Sport e Tempo Libero Diocesi di Albano e referente sport Diocesi Lazio.
ASSOCIATO di FareRete Innovazione il Bene Comune il benessere e la salute in un mondo aperto a tutti
Michele Corsaro
Lavoro svolto in COLLABORAZIONE con il Consigliere
Emanuele Corsaro
per la pubblicazione sulla testata: SPORTCITY JOURNAL
Rivista semestrale digitale della Fondazione SportCity e dell’Osservatorio Permanente sullo Sport
12Idem nota 10
13Fratelli tutti. Lettera enciclica del Santo Padre Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale. (2020) 89, 97
14“Lettera alla città” alle
e
NOQ péçêí=`áíó
donne
agli uomini che vivono a Roma. Cardinale Vicario Agostino Vallini e il Consiglio Pastorale Diocesano, 2015.
NOR péçêí=`áíó
NOS péçêí=`áíó
REVIEW LETTERATURA
NOT péçêí=`áíó
B ones
https://www.mdpi.com/2071‐1050/15/1/480
L’obiettivo del lavoro è quello di rilevare gli effetti, positivi o negativi, dell’attività fisica svolta in gruppo sul luogo del lavoro. La presente ricerca, inoltre, ha come scopo quello di approfondire alcuni aspetti sociali e relazionali connessi al progetto Happy Bones, di matrice medica.
Molti studi hanno dimostrato l’importanza degli aspetti sociali ma anche relazionali dell’attività fisica, un argomento che ha una notevole rilevanza nell’ambiente di lavoro, con importanti implicazioni per la salute. Premessa fondamentale della ricerca presente è quella di sottolineare la dimensione di sostenibilità riguardante la natura preventiva del progetto Happy Bones. Il concetto di prevenzione è strettamente legato alla sostenibilità. Prevenzione significa controllare per quanto possibile le conseguenze di un rischio e quindi agire per ridurre sia i costi economici delle cure che i costi umani della malattia.
Il progetto europeo Happy Bones “Physical Activity in women in menopausa: a collaborative partnership for active lifestyles for the prevention and treatment of osteoporosis” è stato finanziato con il sostegno della Commissione Europea (G.A. 613137EPP120191ITSPOSCP – ERASMUS+ SPORT). Coordinato dall’Università di Roma “Foro Italico”, il partenariato è composto da 1 partner italiano e 4 europei: Istituto per lo Sviluppo SocioEconomico – ISES (IT) (Partner); Associazione bulgara per lo sviluppo dello sport – BSDA (BG) (Partner); Università Alexandru Ioan Cuza di Iași – UAIC (RO) (Partner); Gazi University
– GU (TURCHIA) (Partner); Fundaciò Salut i Envelliment UAB FSIE (SPAGNA) (Partner).
Il progetto HB si propone, in primo luogo, di promuovere l’attività fisica delle donne di età compresa tra i 50 e i 65 anni attraverso un innovativo protocollo di esercizio fisico, finalizzato al benessere psicofisico delle partecipanti e ad aumentare la partecipazione e la consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica. Inoltre, il progetto valuta la conformità attraverso il numero di presenze di ciascun partecipante alle 72 lezioni supervisionate previste dal protocollo HB. La conformità è espressa come percentuale delle lezioni complessive. È stato registrato il possibile abbandono dei partecipanti e la tempistica di questo abbandono.
Il protocollo di allenamento HB, sviluppato da due ricercatori nel campo della PA preventiva e adattata, è un protocollo di allenamento complesso e innovativo che mira a prevenire e ridurre la perdita ossea, soprattutto nella colonna lombare e nel collo del femore, nelle donne in postmenopausa. Il programma include l’allenamento a casa (5 giorni alla settimana) e l’allenamento supervisionato (3 giorni a settimana) svolto nelle strutture universitarie, che include un allenamento di gruppo, un allenamento di forza e un allenamento cardiovascolare, spiegato di seguito (Tabella 1).
I partecipanti sono tenuti a svolgere due esercizi
péçêí=`áíó
NOV
S ostenibilità e prevenzione: aspetti sociali dell’attività fisica nel progetto H appy
a casa, il “Single leg Standing” e lo “StarExcursion Balance”. La formazione supervisionata si compone di tre diverse fasi: 1) formazione di gruppo; 2) allenamento della forza; 3) allenamento cardiovascolare, che inizia con un riscaldamento e termina con un defaticamento dei principali gruppi muscolari coinvolti nel protocollo. L’allenamento della forza e l’allenamento cardiovascolare devono essere eseguiti 3 giorni a settimana, mentre l’allenamento di gruppo solo in 2 dei 3 giorni.
Il presente lavoro riporta i risultati preliminari del protocollo combinato sperimentale HB eseguito in Italia.
In linea con l’angolazione qui assunta, il percorso di ricerca ha previsto l’utilizzo di un metodo qualitativo (Corbetta, 1999) o nonstandard (Marradi, 2007). L’obiettivo cognitivo presentato in precedenza richiede tale metodo di ricerca, poiché solo tale impostazione metodologica è potenzialmente in grado di esplicitare ciò che i soggetti pensano relativamente alla loro realtà di riferimento (rappresentazioni, valori, atteggiamenti, sapere esplicito e tacito, intuizioni, ecc.). In questo caso particolare il metodo scelto è quello dell’Intervista non strutturata (Montesperelli, 1998). Il ricorso ad uno strumento appartenente alla famiglia delle tecniche non direttive è dovuto al fatto che esse sono le più indicate a raccogliere narrazioni e storie di vita, perché consentono all’intervistato di esprimersi con forme di comunicazione che gli sono più proprie (Montesperelli, 1998; Addeo e Montesperelli, 2007).
Il campione si compone di 28 donne tra i 47 e i 67 anni, dipendenti del Foro Italico, in menopausa, inattive e valutate da screening medico con osteoporosi o principi di osteoporosi.
Le intervistate sono state divise in due gruppi da 14 elementi ciascuno. Il primo gruppo, formato da dipendenti dell’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, sia come personale tecnicoamministrativo che come personale docente, è il gruppo che ha partecipato al progetto Happy
Bones e svolto attivamente le attività ad esso connesse (d’ora in avanti nominato “gruppo Happy Bones”).
Il secondo gruppo, quello di controllo, è invece formato da donne, sia dipendenti del Foro italico che esterne all’istituzione, accomunate dal fatto di non aver preso parte protocollo di attività fisica adattata (d’ora in avanti nominato “gruppo di controllo”).
La partecipazione da parte delle intervistate è stata volontaria.
Dallo studio effettuato emergono convergenze, ma anche elementi di disaccordo tra i due gruppi di intervistate e tra le due rilevazioni. Il gruppo Happy Bones, ad esempio, ha individuato nei social media il motivo principale legato al cambiamento della percezione della società nei confronti dell’immagine corporea, un punto di vista espresso sia nella prima che nella seconda rilevazione. Il gruppo di controllo invece ha evidenziato il benessere e l’estetica tra i motivi che hanno indirizzato il cambiamento. Emergono conferme, invece, nel rapporto tra la società e l’attività fisica, a cui è attribuita un’importanza maggiore rispetto al passato dalla totalità delle intervistate e in entrambi i gruppi emergono la ricerca del benessere e il concetto dell’estetica quali motivazioni primarie.
Alcune divergenze si affermano invece nell’analisi relativa all’attività fisica svolta in gruppo. Le intervistate che hanno partecipato al progetto Happy Bones, le quali hanno costruito il loro percorso di formazione professionale all’interno dell’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, evidenziando l’importanza dell’appartenenza all’istituzione nella loro carriera, hanno sottolineato l’utilità dell’attività fisica in gruppo come componente importante per rafforzare o creare nuovi rapporti di amicizia. Nel gruppo di controllo, invece, sono emersi pareri in disaccordo con questo punto di vista: le intervistate hanno espresso la preferenza nello svolgere attività fisica da sole. Questo punto fa emergere un bias NPM péçêí=`áíó
della ricerca, consistente nell’appartenenza del gruppo Happy Bones all’istituzione Foro Italico, ad alta componente vocazionale e, dunque, ad alto impatto sul piano dell’identità (Tajfel 1979, Melucci 1989), del senso di appartenenza e della gruppalità.
Entrambi i gruppi nelle due rilevazioni hanno espresso pareri positivi in merito all’attività fisica svolta sul luogo di lavoro, sottolineando i vantaggi dettati dall’azzeramento dei tempi di percorrenza per raggiungere il luogo dove fare attività. Tra i due, il gruppo Happy Bones ha evidenziato l’importanza del fare attività fisica al Foro Italico, rimarcando il legame tra il proprio ambito lavorativo e l’ambiente sportivo evidenziando le sensazioni di benessere sia fisico che psicologico percepite dopo aver svolto attività fisica.
Socialità, cura del proprio corpo e nuovi stimoli positivi per affrontare i rischi della salute presentati dall’età rappresentano, invece, le convergenze espresse in merito al progetto Happy Bones, che ha raccolto pareri positivi legati agli obiettivi del percorso da entrambi i gruppi e in entrambe le rilevazioni.
Infine, va rilevato il grado di motivazione che ha determinato la partecipazione all’attività. in questo caso è stato possibile rilevare diversi atteggiamenti che hanno spinto le intervistande a prendere parte al progetto di Happy Bones.
Bibliografia
Addeo, F. & Montesperelli, P. (2007). Esperienze di analisi di interviste non direttive. Roma: Aracne Editore.
Allport, G. W. (1954). The Nature of Prejudice. Cambridge : Perseus Books.
Arnau, J. & Bono, R. (2008). Longitudinal studies. Design and analysis models. Barcelona: Escritos de Psicología / Psychological Writings.
Cooley. H. C (1900). Personal Competition: Its Place in the Social Order and the Effect upon Individuals; with Some Considerations on Success. Londra: Macmillan Company.
Corbetta, P. (1999). Metodologia e tecniche della ricerca sociale. Roma: Il Mulino.
Marradi, A. (2007). Metodologia delle scienze sociali. Roma: Il Mulino.
Melucci, A. (1989). Nomads of the present Social movements and in dividual needs in contemporary society. Philadelphia: Temple University Press.
Montesperelli, P. (1998). L’intervista ermeneutica. Milano: FrancoAngeli.
Tajfel, H., & Turner, J. C. (1979). An integrative theory of intergroup conflict. In W. G. Austin, & S. Worchel (Eds.), The social psychology of intergroup relations (pp. 3337). Monterey, CA: Brooks/Cole.
Visser, R. A. (1985). Analysis of longitudinal data in behavioural and social research. Leiden: DSWO Press
NPN péçêí=`áíó
Quasi 500 milioni di persone svilupperanno malattie cardiache, obesità, diabete o altre malattie non trasmissibili (NCD) attribuibili all’inattività fisica, tra il 2020 e il 2030, costando 27 miliardi di dollari all’anno, se i governi non intraprendono azioni urgenti per incoraggiare una maggiore attività fisica tra le loro popolazioni.
Il rapporto sullo stato globale dell’attività fisica 2022, pubblicato oggi dall’Organizzazione mondiale della sanità, misura la misura in cui i governi stanno attuando raccomandazioni per aumentare attività fisica in tutte le età e abilità.
I dati provenienti da 194 paesi mostrano che, nel complesso, i progressi sono lenti e che i paesi devono accelerare lo sviluppo e l’attuazione di politiche per aumentare i livelli di attività fisica e quindi prevenire le malattie e ridurre l’onere per i già sopraffatti sistemi sanitari.
Meno del 50% dei paesi ha una politica nazionale sull’attività fisica, di cui meno del 40% è operativo
Solo il 30% dei paesi ha linee guida nazionali sull’attività fisica per tutte le fasce d’età
Mentre quasi tutti i paesi segnalano un sistema per monitorare l’attività fisica negli adulti, il 75% dei paesi monitora l’attività fisica tra gli adolescenti e meno del 30% monitora l’attività fisica nei bambini sotto i 5 anni.
Nei settori politici che potrebbero incoraggiare il trasporto attivo e sostenibile, solo poco più del 40% dei paesi dispone di standard di progetta
zione stradale che rendano più sicuri gli spostamenti a piedi e in bicicletta.
“Abbiamo bisogno che più paesi aumentino l’attuazione delle politiche per sostenere le persone ad essere più attive attraverso camminate, ciclismo, sport e altre attività fisiche. I benefici sono enormi, non solo per la salute fisica e mentale degli individui, ma anche per le società, gli ambienti e le economie...” Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, ha dichiarato: “Speriamo che i paesi e i partner utilizzino questo rapporto per costruire società più attive, più sane e più giuste per tutti”.
L’onere economico dell’inattività fisica è significativo e il costo del trattamento di nuovi casi di malattie non trasmissibili prevenibili (NCD) raggiungerà quasi 300 miliardi di dollari entro il 2030, circa 27 miliardi di dollari all’anno.
Mentre le politiche nazionali per affrontare le malattie non trasmissibili e l’inattività fisica sono aumentate negli ultimi anni, attualmente il 28% delle politiche non è finanziato o attuato. Considerato un “best buy” per motivare le popolazioni a combattere le malattie non trasmissibili, il Il rapporto ha mostrato che solo poco più del 50% dei paesi ha condotto una campagna di comunicazione nazionale o organizzato eventi di attività fisica di partecipazione di massa negli ultimi due anni. La pandemia di COVID19 non solo ha bloccato queste iniziative, ma ha anche influenzato altra attuazione delle politiche che ha ampliato le disuguaglianze nell’accesso e nelle opportunità di impegnarsi nell’attività fisica per molte comu
NPP péçêí=`áíó
L'OMS evidenzia l'alto costo dell'inattività fisica nel primo rapporto globale
nità.
Per aiutare i paesi ad aumentare l’attività fisica, il piano d’azione globale dell’OMS sull’attività fisica 20182030 (GAPPA) stabilisce 20 raccomandazioni politiche, comprese le politiche per creare strade più sicure per incoraggiare trasporti più attivi, fornire più programmi e opportunità di attività fisica in contesti chiave, come l’assistenza all’infanzia, le scuole, l’assistenza sanitaria di base e il posto di lavoro. Il rapporto sullo stato globale di oggi valuta i progressi compiuti dai paesi rispetto a tali raccomandazioni e mostra che molte più esigenze da fare. Un risultato critico nel rapporto sullo stato globale dell’attività fisica è l’esistenza di lacune significative nei dati globali per monitorare i progressi su importanti azioni politiche, come la fornitura di spazi pubblici aperti, la fornitura di infrastrutture pedonali e ciclabili, fornitura di sport ed educazione fisica nelle scuole. La relazione chiede inoltre di affrontare anche le debolezze di alcuni dati esistenti.
“Ci mancano indicatori approvati a livello globale per misurare l’accesso a parchi, piste ciclabili, percorsi pedonali, anche se sappiamo che i dati esistono in alcuni paesi. Di conseguenza, non possiamo segnalare o tracciare la fornitura globale di infrastrutture che faciliterà l’aumento dell’attività fisica “, ha affermato Fiona Bull, capo dell’unità di attività fisica dell’OMS. “ Può essere un circolo vizioso, nessun indicatore e nessun dato porta a nessun tracciamento e nessuna responsabilità, e poi troppo spesso, a nessuna politica e nessun investimento. Ciò che viene misurato viene fatto e abbiamo ancora molta strada da fare per monitorare in modo completo e robusto le azioni nazionali sull’attività fisica”.
Il rapporto chiede ai paesi di dare priorità all’attività fisica come chiave per migliorare la salute e affrontare le malattie non trasmissibili, integrare l’attività fisica in tutte le politiche pertinenti e sviluppare strumenti, orientamento e formazione per migliorare l’attuazione.
“È un bene per la salute pubblica e ha senso dal punto di vista economico promuovere più attività fisica per tutti”, ha affermato il dottor Ruediger Krech, direttore del Dipartimento per la promozione della salute, OMS. “Dobbiamo facilitare programmi inclusivi per l’attività fisica per tutti e garantire alle persone un accesso più facile ad essi. Questo rapporto lancia un chiaro appello a tutti i paesi affinché un’azione più forte e accelerata da parte di tutte le parti interessate lavorino meglio insieme per raggiungere l’obiettivo globale di una riduzione del 15% delle la prevalenza dell’inattività fisica entro il 2030”.
I dati per il rapporto sono tratti dall’indagine sulla capacità nazionale delle malattie non trasmissibili dell’OMS (2019 e 2022) e dalla relazione sullo stato globale dell’OMS sulla sicurezza stradale (2018).
Il costo dell’inazione sull’inattività fisica ai sistemi sanitari manoscritto su Preprints with The Lancet (versione peerreviewed di prossima pubblicazione su The Lancet Global Health).
NPQ péçêí=`áíó
péçêí=`áíó