



Con il contributo non condizionante di:
L’obesità è un problema di salute pubblic a L’obesità è una malattia cronica che interessa sia la popolazione adulta che pediatrica, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) uno dei problemi principali di salute pubblica. Secondo l’Italian Obesity
Barometer Report 2023 circa 23 milioni di persone in Italia sono in eccesso di peso, ovvero circa il 46,3% degli adulti e il 27,2% tra bambini e adolescenti. A livello globale, almeno 2,8 milioni/anno di decessi sono attribuibili all’obesità.
Le due facce dell’obesità
L’obesità è contemporaneamente malattia e fattore di rischio per malattie croniche altamente invalidanti, come le malattie cardiovascolari, metaboliche e il cancro. Dallo studio internazionale ACTION-IO che ha coinvolto 11 paesi è emerso che in Italia l’84% delle per sone af fet te da obesità ne è consapevole ma che solo il 60% la ritiene una malattia cronic a
L’obesità tra conoscenza e consapevolezza
Una caratteristica peculiare dell’obesità è la dif ferente distribuzione che si riscontra sia a livello territoriale che sociale In generale, vi sono più uomini con obesità che donne con obesità e in Italia si registra una maggiore prevalenza di persone malate nelle regioni del Sud e Isole rispetto alle regioni del Nord e nelle periferie rispetto ai centri metropolitani. Si assiste, inoltre, ad una differente distribuzione della patologia sulla base del livello di istruzione, secondo un rapporto inverso. Questi dati sottolineano l’importanza di dif fondere una corret t a conoscenza con l’obiet t ivo di accrescere la consapevolezza sull’obesità come malat t ia e le conseguenze che ne derivano.
Obiet t ivo
L’obiettivo del progetto Obesity net(to)work! è l’ ident if ic azione delle azioni ne cessarie per dare la giust a rilevanza e ot t imizzare la gest ione del paziente affet to da obesità a t ut t i i livelli compreso quello regionale, per arrivare alla definizione di un modello gestionale che rappresenti il filo conduttore tra le regioni, superando così il modello dei “silos” che impedisce nei fatti un utile travaso delle conoscenze e delle azioni finalizzate alla risoluzione del problema.
Dialogo
La creazione di un tavolo multidisciplinare permette il dialogo fra pazienti, specialisti che intervengono nella gestione del paziente con obesità da un lato e istituzioni regionali dall’altro.
Confronto
Gli “stakeholders” sono coinvolti nel prendere parte ad un confronto, identificando gli obietivi non raggiunti e discutendo sulle possibili proposte per la definizione del percorso più idoneo da intraprendere.
Azione
Il dialogo e il confronto verranno tradotti in azioni concrete mirate all’accrescimento della consapevolezza della malattia e all’individuazione di procedure di gestione del paziente affetto da obesità.
Michele Basile
Partner & Cofounder, ALTEMS Advisory Srl
Danila Capoccia
Ricercatore Università degli Studi di Roma la Sapienza, Dirigente Medico UOC Diabetologia Universitaria, Ospedale SM Goretti, Latina
Giorgio Casati
Direttore Generale ASL Roma 2
Lucio Gnessi
Professore Ordinario di Scienze Tecniche Mediche ApplicateCoordinatore Dottorato di Ricerca in Scienze EndocrinologicheResponsabile Centro di Alta Specializzazione per la Cura dell’Obesità (CASCO)-Policlinico Umberto I Dipartimento di Medicina
Sperimentale Università degli Studi di Roma LaSapienza
Valeria Guglielmi
Presidente SIO Lazio, Professore Associato di Medicina Interna, Dipartimentodi Medicina dei Sistemi, Università degli Studi diRoma Tor Vergata, UOC di Medicina Interna - Centro Obesità, Policlinico Tor Vergata.
Silvia Iacovacci
Dipartimento di Prevenzione, Direttore f.f. UOC Prevenzione Attiva - Direttore RT Latina e Sorveglianze di Popolazione, ASL Latina
Frida Leonetti
Professore Ordinario di Endocrinologia Università degli Studi di Roma la Sapienza
Direttore UOC Diabetologia Universitaria, Ospedale SM Goretti,Sapienza Polo Pontino
Francesco Saverio Mennini
Professore di Economia Sanitaria e Microeconomia, DirettoreEEHTA-CEIS, Università degli Studi di Roma TorVergata
Francesca Migliaccio
Rappresentante Amici Obesi Onlus
Paolo Sbraccia
Professore Ordinario di Medicina Interna. Direttore UOC di Medicina InternaCentro Obesità, Policlinico Tor Vergata
Maria Franca Mulas
Dipartimento Medicina Sperimentale Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Paolo Sbraccia
Professore Ordinario di Medicina Interna.
Direttore UOC di Medicina Interna - Centro Obesità, Policlinico Tor Vergata
Il professore Paolo Sbraccia, Componente Executive Committee EASO e Vicepresidente Vicario IBDO, ha aperto il tavolo tecnico “Obesity: Net(to)work” della Regione Lazio, e ha trattato l’argomento “L’obesità è una malattia cronica: strategie sociosanitarie”.
Il professore Sbraccia ha rimarcato la differente percezione dell’obesità tra passato e presente, limitata prima ad una correlazione con un errato stile di vita, ad essere riconosciuta oggi dalla comunità scientifica quale patologia cronica, complessa, progressiva e recidivante, e che vi è un coinvolgimento genetico, biologico e neuroendocrino.
L’obesità, infatti è la prima causa di disabilità, morbosità e mortalità nel mondo occidentale. Questa definizione è stata riconosciuta dalla World Obesity Federation (WOF); inoltre, la Commissione Europea ha evidenziato che il 70% dei pazienti obesi è accomunato da una componente genetica. C’è anche una componente neurotrasmettitoriale, tanto che oggi viene definita una malattia neurologica indotta da un’alterazione del set point a livello dei centri che regolano la fame e la sazietà.
La prevalenza dell’obesità in Europa è in continua crescita e attualmente, confrontando i trend e le proiezioni dei tassi di obesità, non c’è aspettativa di stabilizzazione nel prossimo futuro. Si prevede che i tassi di obesità possano raggiungere il 30% nel 2060. Le stime si basano sull’attuale distribuzione dell’IMC e sulle future transizioni demografiche. Questo aspetto fa prevedere un raddoppio della prevalenza di obesità nei Paesi Europei rispetto al 2014.
L’obesità è associata a oltre 200 condizioni patologiche (come diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, osteoartrite, malattie respiratorie croniche, apnee notturne, steatosi epatica, infertilità femminile e neoplasie) e per le persone con IMC>30 il rischio di mortalità prima dei 70 anni aumenta fino a oltre il 50%.
È possibile incrociare i quattro pilastri dei sistemi sanitari nazionali attraverso l’analisi S.W.O.T. (forza, debolezza, opportunità e minacce):
1. Accesso alle cure: al momento risulta debole e minaccioso. Stilare i quaderni della salute sull’appropriatezza tecnologica e strutturale di diabete e obesità è fondamentale. Con l’adozione dell’ICD-11 (undicesima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie dell’OMS) il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore della Sanità hanno fortemente sostenuto la mappatura territoriale dei Centri dedicati alla cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, al fine di garantire migliori livelli di accesso ai pazienti affetti da tali patologie.
2. Appropriatezza: anche questo pilastro è debole e l’emanazione di linee guida specifiche potrebbe essere d’aiuto per migliorarne le prestazioni in tal senso;
3: Innovazione: al momento i nuovi farmaci rappresentano forza e opportunità. Di recente l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha partecipato ad un grande trial clinico che ha coinvolto pazienti ad alto rischio vascolare. Questi pazienti sono stati trattati con due farmaci antiaggreganti e l’aggiunta di un farmaco che riduceva il peso in modo significativo ha ridotto la mortalità cardiovascolare del 20%;
4: Sostenibilità: le analisi di costo-efficacia potrebbero aiutare a far comprendere che il costo del trattamento oggi può tradursi in un investimento e quindi in un risparmio futuro.
5. Per migliorare la gestione dell’obesità cosa sarebbe opportuno fare?
– Far riconoscere e trattare l’obesità come malattia cronica dall’opinione pubblica, dai responsabili politici, dagli operatori sanitari e dalle persone affette da tale patologia;
– Eliminare lo stigma del peso;
– Fornire alle persone in sovrappeso/con obesità cure basate sull’evidenza;
– Formare gli operatori sanitari alla cura dell’obesità;
– Implementare linee guida per la gestione dell’obesità;
– Ottenere il rimborso di cure per l’obesità, i farmaci antiobesità e la chirurgia bariatrica;
– Stanziare maggiori finanziamenti per la ricerca sull’obesità.
Nello studio di Leach et al. del 2020, 274 specialisti provenienti da 68 paesi diversi, tra gli ostacoli per un efficace cura dell’obesità, hanno identificato le seguenti cause:
– Mancanza di volontà, di interesse e di azione politica;
– Mancanza di formazione e di operatori sanitari formati;
– Costo elevato dei trattamenti;
– Scarsa alfabetizzazione e conoscenza dei comportamenti in materia di salute;
– Mancato riconoscimento dell’obesità come malattia;
– Mancanza di investimenti finanziari nell’obesità;
– Stigma;
– Costo e disponibilità del cibo;
– Norme/tradizioni culturali;
– Mancanza di prove, monitoraggio e ricerca.
Come evidenziato le criticità sono tante e bisogna affrontarle. L’EASO, di cui il Professor Sbraccia fa parte, sta spingendo affinché l’obesità rientri nel Non-Communicable Disease (NCD) framework. In Italia dal 2018 sono state attuate diverse manovre a favore delle cure dell’obesità, le ultime proposte a partire dal 2021 sono ancora in attesa, tra cui la richiesta al Ministero della Salute di includere l’obesità nel piano nazionale cronicità, l’inserimento nei LEA di alcune procedure e prestazioni chirurgiche che riguardano l’obesità, lo sviluppo di linee guida nell’ambito dell’Istituto Superiore della Sanità. Le proposte più recenti del 2023 riguardano due leggi nazionali, una sull’obesità e l’altra sulla prescrizione di attività fisica, entrambe sono in corso di valutazione, ma la loro approvazione potrebbe consentire un punto di svolta.
Sul tema della prevenzione, si ribadisce il coinvolgimento dell’ambiente nei confronti dell’insorgere della patologia e che è necessario prendere coscienza del problema evoluzionistico per risolvere il problema. Inoltre, bisognerebbe ragionare su come viene veicolato il messaggio di far prevenzione ai pazienti. A questo proposito un punto chiave è la formazione degli operatori sanitari, prima ancora che dei pazienti. Il trattamento della patologia è già complicato per tutti i limiti intrinseci, farmacologici ed economici, ma la stigmatizzazione più di tutto rende vani gli sforzi.
Riguardo al sistema a rete hub/spoke, dovrebbero essere
istituiti più centri spoke per rispondere realmente all’esigenza dei pazienti, per ingrandire la rete territoriale di servizi ambulatoriali, selezionare e gestire i pazienti ed inviarli nei centri di riferimenti adeguati a seconda della gravità clinico-assistenziale. Questo gap nel sistema hub/spoke è uno dei tanti unmet medical needs, tra cui ci sono anche il riconoscimento della malattia e lo sviluppo di centri della cura dell’obesità che abbiano queste caratteristiche di capillarità e dovrebbero essere integrati con la chirurgia bariatrica. La ricerca di questi centri da parte del paziente non può essere autonoma, ma deve essere guidata da figure professionali formate.
Frida Le onet t i
Professoressa Ordinario di Endocrinologia, Università degli Studi di Roma la Sapienza, Direttore UOC Diabetologia Universitaria, Ospedale SM Goretti, Sapienza Polo Pontino
La professoressa Frida Le onet t i conferma l’importanza della prevenzione ma che al momento, guardando ai numeri dell’obesità non è una strategia sufficiente per contrastarla, e che in futuro potrà essere efficace nel ridurre la prevalenza di eccesso ponderale. Inoltre, si dovrebbe puntare sulla formazione sanitaria: nell’ambito di un progetto pilota di nutrizione clinica di cui la professoressa Leonetti fa parte, ha riconosciuto che i vari programmi delle facoltà di medicina non sono molto diversi rispetto a quelli di 40 anni fa; pertanto, ha ribadito che la formazione deve essere in continuo aggiornamento al fine di sostenere le necessità che ci troviamo ad affrontare oggi.
Lucio Gnessi
Professore Ordinario di Scienze Tecniche Mediche Applicate Coordinatore Dottorato di Ricerca in Scienze Endocrinologiche Responsabile Centro di Alta Specializzazione per la Cura dell’Obesità (CASCO)-Policlinico
Umberto I Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università degli Studi di Roma La Sapienza
Il professore Lucio Gnessi ha affrontato il tema di alcune delle conseguenze per la salute dovute all’obesità, sottolineando in particolare la correlazione esistente tra indice di massa corporea (IMC) e aspettativa di vita. Infatti, è dimostrato che all’aumentare dell’IMC diminuisce proporzionalmente l’aspettativa di vita, fino al punto che i pazienti affetti a da obesità severa con un IMC>40 la speranza di vita si riduce di 8-10 anni rispetto ad un individuo normopeso.
Inoltre, il prof. Gnessi ha illustrato il lavoro svolto in passato per redigere un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) in collaborazione con la regione Lazio. A fronte di un lodevole sforzo per produrre questo documento il professore ha sottolineato come la rapidità dell’avanzamento delle conoscenze sulla malattia obesità impone già una revisione del PDTA obesità. Infatti, ad esempio, solo pazienti con obesità (IMC>30) e sovrappeso (IMC 2729.9) con fattori di rischio ulteriori sono eleggibili al PDTA, per cui il percorso assistenziale basandosi esclusivamente su un parametro utile ma clinicamente insufficiente come l’IMC, non tiene conto della complessità della patologia gravata da componenti aggiuntive mediche, comportamentali e funzionali che non vengono tenute nel debito conto nella selezione dei pazienti. È necessario quindi ridisegnare un PDTA che tenga nel dovuto conto ad esempio le nuove terapie farmacologiche e che inquadri tutte le altre opzione terapeutiche, com-
presa la chirurgia bariatrica, nella giusta prospettiva. Uno studio condotto nel 2020 sulla distribuzione geografica dei centri specializzati nella cura dell’obesità ha evidenziato che vi è una distribuzione inversamente proporzionale rispetto alla prevalenza regionale dell’obesità. A puro scopo esplicativo, ci sono molti più centri accreditati nel nord Italia, dove la prevalenza dell’obesità è più bassa rispetto alle zone del sud.
Per finire, il prof. Gnessi ha ribadito l’importanza della formazione dei medici di medicina generale sull’argomento obesità. Nelle programmazioni didattiche delle facoltà di medicina i capitoli su diagnosi e terapia dell’obesità sono trascurati, una carenza che può essere solo in parte vicariata da organizzazioni territoriali dedicate alla formazione permanente. Sarebbe utile inoltre sviluppare una più stretta collaborazione tra operatori sanitari e informatori scientifici che potrebbero avere un ruolo importante grazie alla loro rete capillare di contatti sul territorio.
Silvia Iacovacci
Dipartimento di Prevenzione, Direttore f.f. UOC Prevenzione Attiva
- Direttore RT Latina e Sorveglianze di Popolazione, ASL Latina
La Dott.ssa Silvia Iacovacci, Referente Regionale per Cronicità con focus sovrappeso/obesità della UOC prevenzione attiva di Latina, ha evidenziato che prevenzione ed emergenza sono due aspetti distinti. La prevenzione è un segmento del percorso che deve prevedere un approccio multidisciplinare. Non ci si può limitare solo all’educazione della popolazione, servono azioni concrete che abbiano un fondamento scientifico e un’efficacia dimostrata.
Relativamente alla regione Lazio, il 42% della popolazione adulta è in eccesso ponderale e i giovani tra i 18-34 anni mostrano una quota di obesità pari al 6%. L’obesità aumenta con l’età, è maggiore negli uomini ed ha una forte correlazione con le condizioni socioeconomiche, per cui la popolazione più soggetta all’obesità presenta difficoltà economiche ed una bassa istruzione. L’alimentazione svolge un ruolo fondamentale, è stato osservato che il consumo di frutta e verdura è veramente basso: l’1.7% della popolazione del Lazio non assume nessuna porzione, la metà della popolazione ne assume 1-2 porzioni/giorno, il 40% ne assume 3-4 e solo l’8.1% assume il livello raccomandato di 5 o più porzioni al giorno. Questa abitudine è migliore negli over 50, nelle donne, in coloro che hanno maggiore istruzione e nessuna difficoltà economica. Un altro problema legato alle condizioni socioeconomiche è la sedentarietà, un terzo della popolazione laziale ha dichiarato di non fare nessun tipo di sport. La sedentarietà aumenta con l’età, ma è legata anche a problemi di vita sociale, coloro che vivono da soli sono risultati infatti più sedentari. Tra i bambini il 30.8% presenta un eccesso ponderale che comprende sia sovrappeso che obesità. Riguardo l’autopercezione del proprio peso corporeo l’8.6% dei pazienti ritiene di avere un peso ideale e l’1.4% di avere un peso troppo basso. Entrano nuovamente in gioco gli operatori sanitari e la loro importanza a diffondere consapevolezza attraverso uno stile comunicativo adatto. Un altro interessante dato è che il 77%
dei pazienti obesi e il 42% dei soggetti sovrappeso ha ricevuto un consiglio da parte del medico di perdere peso. Percentuali più basse sono state rilevate riguardo ai consigli di praticare attività fisica, 42% nei soggetti obesi e 38% in quelli sovrappeso. Questi numeri fanno comprendere che le azioni da parte dei medici non sono sufficienti a veicolare il paziente verso la giusta direzione.
Nel 2005 è stato istituito il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) che fornisce obiettivi obbligatori e uguali per tutte le regioni, solo con delle differenze nell’attuazione di alcune linee guida, che si adattano alle realtà locali. Nel Lazio è stato quindi istituito un Piano Regionale della Prevenzione 2021-2025 (PRP) che racchiude i principi degli interventi di sanità pubblica, con particolare attenzione al profilo di salute e all’equità. Il PRP include diversi contesti come quello scolastico (alunni, genitori, insegnanti, ecc.), lavorativo (aziende private e pubbliche), sanità (case della salute, consultori, ecc.) e comunità (interventi intersettoriali realizzati a livello locale con coinvolgimento Comuni/ASL). Questo piano regionale si articola in 15 programmi per promuovere sicurezza/salute e per contrastare/prevenire malattie infettive e croniche. Tra le azioni proposte dal PRP, la PL14A4 “Guadagnare salute nel Lazio” è stata messa in atto per creare delle equipe di prevenzione, che coadiuvano il Dipartimento di Prevenzione su tutto il territorio, al fine di aumentare la copertura della popolazione.
Michele Basile Partner & Cofounder, ALTEMS Advisory Srl
Il Dott. Michele Basile con il tema “Burden economico dell’obesità” affronta la problematica della sostenibilità dal punto di vista economico, considerando che si è passati da un framework (1990) in cui si stabiliva che tutti i trattamenti efficaci dovevano essere garantiti ai cittadini che ne avevano di bisogno, ad un contesto in cui - per la ristrettezza delle risorse economiche che ci troviamo ad affrontare - i trattamenti costo-efficaci sono quelli che devono essere garantiti al cittadino con un determinato bisogno. La metodologia che nell’ultimo periodo fa da padrone è quella dell’Health Technology Assessment (HTA), un approccio multidisciplinare che ha lo scopo di valutare, sotto vari punti di vista, le nuove tecnologie che man mano si rendono disponibili per rispondere ad un determinato bisogno di salute.
In un’ottica di sostenibilità economica, guardando alle alternative terapeutiche disponibili e all’approccio di gestione e cura che necessità il paziente affetto da obesità, tutte queste considerazioni dovrebbero prevedere un approccio HTA.
Di recente è stato introdotto nell’ambito di un progetto europeo un nuovo approccio, il fiscal impact. Con questo approccio bisogna capire qual è l’impatto di una patologia, come ad esempio l’obesità, sulla produttività; il paziente meno produttivo ha un impatto sulla prestazione generale, ci saranno meno risorse per l’economia di riferimento per andare a finanziare dei programmi sanitari che rispondono ad uno specifico bisogno di salute. Il fiscal impact può essere definito come la diminuzione del gettito fiscale, che deriva dalla riduzione del reddito individuale, per il fatto di essere affetto da una determinata malattia. Introdurre una politica sanitaria che riduca una determinata patologia, fa sì che si generi questo circolo virtuoso, per cui se i pazienti sono maggiormente produttivi (perché c’è una politica a monte più efficace) genereranno maggiore reddito, creeranno
maggiori entrate dal punto di vista fiscale e quindi più risorse a disposizione per promuovere politiche sanitarie ad ampio raggio.
Le evidenze disponibili sui costi sociali dell’obesità sono insufficienti, la conoscenza risulta incompleta e la maggior parte degli studi si concentra nel setting degli Stati Uniti d’America dove l’incidenza, per le abitudini alimentari scorrette, è maggiore. C’è una eterogeneità dal punto di vista degli approcci a questi studi che non li rende tra loro comparabili, perché prendono in considerazione elementi differenti e non è possibile generalizzare questi risultati in una valutazione di costi indiretti. Per quanto riguarda il contesto americano, emerge che il costo annuale di un paziente obeso si aggira intorno ai 34.000 $/anno di cui 20 mila sono costi diretti sanitari; in una valutazione life-time, alcuni studi arrivano a stimare un costo per paziente superiore a 170.000 $. L’incidenza di questi costi sul totale delle spese sanitarie varia da Paese a Paese, anche per effetto delle differenze nella prevalenza dell’obesità, e si registra un intervallo che va da 0.7 a 6%. La spesa sanitaria associata al sovrappeso in Italia è intorno al 6%. Se valutiamo l’impatto che il sovrappeso ha sulla spesa sanitaria correlata alle malattie, il 90% è associato alla condizione di diabete.
I programmi che possono impattare positivamente sul burden economico della gestione dei pazienti sovrappeso o obesi possono essere suddivisi in quattro categorie: politiche che influenzano gli stili di vita attraverso una appropriata informazione/educazione;
– politiche che ampliano il numero di opzioni di scelta salutare;
– politiche per ridurre il costo delle scelte legate agli approcci sanitari;
– politiche per regolamentare o limitare la promozione di opzioni di scelta non salutari.
Relativamente al ritorno sugli investimenti, nel contesto americano è emerso che per ogni dollaro speso in campagne di prevenzione mirate a ridurre l’obesità, ci sarà un ritorno medio fino a 5.6 $ sottoforma di benefici economici totali (PIL).
Giorgio Casat i
Direttore Generale ASL Roma 2
Interviene il Dott. Giorgio Casati, guardando al differente contributo del medico di medicina generale e dello specialista. Infatti, è necessario che il MMG fornisca gli input legati alla prevenzione, quindi allo stile di vita e ai comportamenti, e dovrebbe avere un punto di riferimento dove indirizzare il paziente, per stabilire un piano mediante una valutazione più particolare, articolata e approfondita.
Quindi si ribadisce la necessità di costruire una rete che possa prendere in carico efficientemente i pazienti obesi.
Il sistema dovrebbe subire un processo di c ambiam e n t o ra d i c a l e , b i s o g n e r e b b e l avo ra r e s u d u e strade: sul tema della cronicità e sul piano individuale del riconoscimento della patologia. Se l’obesità entra nel piano nazionale delle cronicità, il paziente obeso sa che rivolgendosi al medico di medicina g e n e ral e s arà in d ir iz z a t o in u n p e r c o r s o c h e l o p r e n d e r à i n c a r i c o e d a q u e s t o p o t r à t ra r r e l e migliori risposte, possibilmente con empat ia.
Bisognerebbe costruire i percorsi in modo ragionato, con la creazione di una rete efficace e la gestione integrata di percorsi sperimentali, anche in ottica interaziendale, coinvolgendo pubblico e privato. Attualmente è in sperimentazione un applicativo che è stato creato per gestire, con i medici di medicina generale, la presa in carico digitale del paziente, con la definizione del piano individuale che è costruito sulla base degli elementi HTA. Una volta inseriti i dati del paziente in questo applicativo, esso sarà categorizzato per patologia, per severità e saranno proposti un piano di controllo e un piano di terapia, che andranno adattati ai bisogni soggettivi di quella persona. Il corretto funzionamento di questo applicativo potrebbe mettere a disposizione i piani individuali degli assistiti e garantirebbe una pianificazione controllata delle attività ambulatoriali. Avere i piani individuali di questi pazienti, significa poterli mettere a confronto, vedere quali sono gli spostamenti e sulla base di questi stratificarli per condizioni patologica, per poi scrivere normative in modo mirato.
Francesc a Migliaccio
Rappresentante
Amici Obesi Onlus
La Dottoressa Francesca Migliaccio focalizza l’attenzione sul percorso che devono intraprendere i pazienti, i quali nel momento in cui prendono consapevolezza del proprio stato di salute, comprendono la necessità di dover chiedere un aiuto concreto e realizzano che non sempre è facile reperire le informazioni corrette per intraprendere un percorso di cura. Quando il paziente percepisce che il percorso da affrontare è complesso, a causa della cronicità della patologia, talvolta non inizia neppure la cura per paura di non poter sostenere tutti i costi e l’impegno che comporta. Di fatto rimandare le cure necessarie nel tempo fa sì che il grado di obesità aumenti, così come aumentano i costi per curarla, a me no che diventi un paziente con obesità di terzo grado e quindi candidabile alla chirurgia bariatrica che è convenzionata dal SSN. Cosa manca per migliorare questo sistema?
Un’informazione strutturata a partire dal medico di medicina generale, che dovrebbe essere la prima figura professionale ad allertare il paziente qualora esso non abbia la consapevolezza;
– Centri specializzati di primo livello che possano accogliere e assistere il paziente con programmi di screening e procedure diagnostiche;
– Centri strutturati multidisciplinari, che mediante il SSN possano guidare e indirizzare il paziente;
– La creazione di figure professionali istruite per consigliare ed accompagnare il paziente nelle pratiche burocratiche per l’ottenimento dei diritti che gli spettano, che dovrebbero essere concessi alla stregua di altre patologie;
– Equipe riconosciute ed organizzate per bloccare la diffusione, ormai dilagante, dell’utilizzo errato ed indiscriminato del web e mondo social per la ricerca di cure miracolose, dannose, onerose non solo per il paziente ma anche per il SSN. Non dimentichiamo che il turismo medico apporta pazienti che una volta
tornati in Italia, necessitano di assistenza e spesso sono portatori di complicanze che vanno gestite in regime di urgenza;
– Il riconoscimento della malattia, ormai non più rimandabile, che porti ad una legge che istituisca un piano nazionale di azione e alla creazione di centri di cura nazionali. –
L’inserimento nei LEA di piani di cura e procedure diagnostiche necessarie a tutti i pazienti di qualunque grado di obesità essi siano e non solo a pazienti di obesità di terzo grado candidati alla chirurgia bariatrica.
L a Dot toressa Migliaccio ribadisce l’impor t anza e la ne cessità del riconoscimento della patologia, perché occorre dare un messaggio chiaro alla comunità e all’opinione pubblic a. Un riconoscimento giuridico por terebbe la per sona malat a di obesità ad un rispet to alla stregua di altri malat i Darebbe forza alla convinzione che non si tratta di pazienti di serie B e contribuirebbe alla costruzione di un pensiero positivo: non si tratta di persone senza volontà che necessitano di cure e non meritano discriminazione a causa dell’aspetto fisico. Lo stigma sociale e clinico è dolore psicologico inflitto gratuitamente nella persona con obesità e porta ad un aggravamento della patologia. Come è stato richiesto dall’associazione pazienti, subito dopo la ripresa delle attività post pandemia, occorre agire in fretta per fornire al paziente obeso le cure e il rispetto che merita.
Francesco Saverio Mennini
Professore di Economia Sanitaria e Microeconomia, Università Tor Vergata, Past President SiHTA, nonché membro HTA internazionale
Il Prof. Francesco Saverio Mennini sottolinea come oltre alla necessità di identificare l’obesità quale malattia, l’approccio che si deve adottare, soprattutto in presenza di trattamenti farmacologici che sono efficaci nel trattare l’obesità è quello dell’HTA che permette di valutare con un approccio multidisciplinare, se il percorso individuato per il paziente obeso è efficace e sostenibile a lungo termine. L’approccio HTA dovrebbe essere applicato anche alla programmazione e creazione del PDTA. Al tavolo tecnico hanno partecipato anche Valeria Guglielmi (Professoressa associata di Medicina Interna presso l’Università di Roma Tor Vergata e Presidente della sezione regionale della SIO), la Dottoressa Danila Capoccia (ricercatore presso l’Università Sapienza di Roma ed endocrinologa presso il Rome Obesity Center) e la Dott.ssa Maria Franc a Mulas che ha un ruolo preminente sullo sviluppo dei PDTA. La Dott.ssa Mulas ha raccontato che, sotto la direzione del Dottor Quintavalle, al Policlinico Tor Vergata, sono stati organizzati dei PDTA sia interni che rivolti al territorio, per la presa in carico dei pazienti affetti da patologie oncologiche e croniche. A conclusione di questo incontro, le figure che hanno presieduto la tavola rotonda, tra cui economisti, direttori generali, pazienti, e clinici, hanno espresso all’unanimità la volontà di non essere silos che lavorano indipendentemente, ma piuttosto risorse che collaborano insieme per il raggiungimento degli obiettivi comuni emersi da questo incontro:
– Includere l’obesità nel Piano Nazionale Cronicità;
– Eliminare il problema dello stigma sociale;
– Puntare sulla formazione delle figure professionali che devono accompagnare il paziente, sia a livello universitario che dei MMG, per fornire consapevolezza ai pazienti;
– Istituire una rete capillare sul territorio attraverso l’identificazione e l’implementazione dei centri di primo livello, specializzati e ben collegati con i medici di medicina generale, che possano guidare il paziente alle cure basate sull’evidenza e indirizzarlo allo specialista.
– Includere la digitalizzazione del percorso di cura del paziente.
Lucio Gnessi
Professore Ordinario di Scienze Tecniche Mediche ApplicateCoordinatore Dottorato di Ricerca in Scienze EndocrinologicheResponsabile Centro di Alta Specializzazione per la Cura dell’Obesità (CASCO)-Policlinico Umberto I Dipartimento di Medicina Sperimentale Università degli Studi di Roma LaSapienza
Paolo Sbraccia
Professore Ordinario di Medicina Interna. Direttore UOC di Medicina Interna - Centro Obesità, Policlinico Tor Vergata
Con il contributo non condizionante di:
Segreteria Scientifica e Organizzativa: Catania - Roma academy@essecieffe.it